Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
INDAGINE SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE
Sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione, audizione della prof.ssa Ida Angela Nicotra, ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza) e del prof. Roberto Zaccaria, già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università di Firenze.
Nicotra Ida Angela , ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza) ... 3
Tabacci Bruno , Presidente ... 5
Zaccaria Roberto , già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università di Firenze ... 5
Tabacci Bruno , Presidente ... 10
Cataldi Roberto ... 10
Colucci Alfonso (M5S) ... 10
Giorgis Andrea ... 11
Tabacci Bruno , Presidente ... 12
Nicotra Ida Angela , ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza) ... 14
Tabacci Bruno , Presidente ... 16
Zaccaria Roberto , già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università di Firenze ... 16
Tabacci Bruno , Presidente ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE DELLA CAMERA BRUNO TABACCI
La seduta comincia alle 17.30.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione, audizione della prof.ssa Ida Angela Nicotra, ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza) e del prof. Roberto Zaccaria, già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università di Firenze.
IDA ANGELA NICOTRA, ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza). Ringrazio il Presidente per questo invito a prendere parte a questa indagine conoscitiva, che ha per oggetto l'illustrazione di eventuali misure di rango legislativo e/o regolamentare, volte proprio a correggere le disfunzioni del procedimento legislativo e a migliorare la qualità della produzione normativa.
Innanzitutto, in premessa, bisogna constatare che le cause di una legislazione scadente si radicano in un contesto particolare, che non è favorevole a una legislazione di qualità. In primo luogo, mi sento di segnalare il sistema di bicameralismo paritario, che rende l'iter di formazione della legge particolarmente lento e farraginoso, e costituisce certamente una delle cause maggiori della circostanza che gli esecutivi utilizzino sempre più di frequente la decretazione di urgenza.
In realtà, l'abuso del decreto-legge è un problema antico e lo sviamento della decretazione d'urgenza dalla dimensione e dalla lettera della Costituzione è un fatto ormai risalente nel tempo, un problema che non trova soluzione, che si aggrava sempre di più, se è vero che anche nella attuale legislazione i dati ci dicono che, su un centinaio di leggi o poco meno, la metà è legge di conversione di decreto-legge.
La Corte costituzionale su questo punto è intervenuta con un'ordinanza ormai famosa, l'ordinanza n. 17 del 2019, in cui ha sottolineato come Governi di ogni composizione politica abbiano fatto ricorso, a partire dagli anni '90, di prassi che hanno sostanzialmente distorto i meccanismi di produzione normativa, perché tali Esecutivi erano e sono tutt'oggi in cerca di risposte alle esigenze di governabilità.
All'abuso del decreto-legge si aggiunge l'abuso della questione di fiducia e del maxiemendamento, e in tempi più recenti, dalla crisi sanitaria in poi, anche la prassi del monocameralismo alternato è diventata molto frequente. Questo ovviamente mette i parlamentari, che ricevono dall'altra Camera il testo di legge, nella impossibilità di partecipare attivamente ai suoi cambiamenti, e questo è già un profilo di dubbia costituzionalità.
Come si può fare a invertire questo trend certamente non favorevole della legislazione nel nostro Paese? Verrebbe da pensare, innanzitutto, a delle modifiche che riguardano il livello costituzionale, prima fra tutte la possibilità di incidere (ci sono anche disegni di legge della precedente legislaturaPag. 4 in questo senso) rendendo il bicameralismo più fluido, più al passo dei tempi rispetto alla questione della rapidità delle decisioni, per esempio attribuendo al bicameralismo paritario o perfetto alcuni provvedimenti di particolare importanza (penso a quelli racchiusi nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, come i disegni di legge in materia costituzionale, le leggi elettorali, la delegazione legislativa), e per tutti gli altri, invece, realizzare un bicameralismo non paritario.
Questo dal punto di vista dei grandi sistemi, delle grandi riforme, che parimenti potrebbe riguardare anche la possibilità di contenere e riportare nei binari costituzionali l'utilizzazione dei decreti-legge, magari facendo assurgere il principio di omogeneità dei decreti-legge anche a livello di fonte costituzionale.
L'omogeneità è stata ribadita più volte dalla Corte costituzionale, ma anche dal Presidente della Repubblica, e comunque è contenuta nell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
Queste le questioni macro, che riguarderebbero la possibilità di una modifica costituzionale. Ci sono poi meccanismi che potrebbero essere resi operativi in maniera più semplice, come il voto a data certa, come la legge annuale di semplificazione, che prevede anche la valutazione di impatto generazionale all'interno della analisi di impatto sulla regolazione, i codici di settore.
Perché questa tendenza si possa correggere, a mio modo di vedere dovrebbe essere valorizzata l'esperienza dei Comitati della legislazione, da una parte, e del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, il DAGL, dall'altra, nel senso che questi organismi, in particolare il DAGL, per la specifica competenza che hanno i funzionari in materia di drafting legislativo, potrebbero essere preziosi, costruendo a monte una normazione di qualità, nel senso di evitare leggi basate ad esempio su un solo articolo, con centinaia o decine di commi, porre in essere leggi che non prevedano ripetizioni e frasi ridondanti e che quindi non mettano il cittadino nelle condizioni di non comprendere esattamente il significato della norma, quindi aiutare la collettività, che si trova a dover ovviamente rispettare le leggi, ad averne una comprensibilità.
Un esempio che potrebbe aiutare in questo senso mi sembra le modalità di redazione del nuovo Codice dei contratti pubblici contenuto nel decreto legislativo n. 36 del 2023. In quella occasione la scelta, come tutti sappiamo, è stata di affidare a una Commissione speciale, costituita presso il Consiglio di Stato e presieduta dal compianto presidente Frattini, il compito di realizzare le norme del nuovo Codice dei contratti pubblici.
La Commissione speciale era costituita da Consiglieri di Stato, da professori universitari, da esperti nella materia. La novità probabilmente più significativa, che potrebbe diventare prassi consolidata nel futuro anche da parte delle Commissioni parlamentari, è quella di inserire anche un esperto, un accademico della Crusca, per rendere intellegibile il testo normativo.
La contaminazione di saperi non giuridici con i saperi giuridici potrebbe essere un punto di forza per la nuova legislazione e per una migliore qualità.
Un altro tema che va sicuramente preso in considerazione è il tema delle lobby, perché, attraverso l'ascolto degli estranei, i Parlamenti nazionali potrebbero acquisire una conoscenza per ciascuno degli interessi in gioco ed elaborare una legislazione qualitativamente pregevole e rispondente alle attese dei cittadini.
D'altra parte, il lobbying rappresenta un veicolo finalizzato ad attuare il principio pluralistico. Esiste un tavolo in Parlamento per provare a rispondere alle sollecitazioni dell'Unione europea, che ci chiede una regolamentazione del fenomeno lobbistico, e potrebbe essere anche un sistema per supplire alla crisi dei partiti politici, che svolgevano la fondamentale funzione di definire i programmi politici e le priorità delle agende del Governo e del Parlamento.
Questo perché la natura delle decisioni, a mio modo di vedere, deve essere sempre più proiettata in una dimensione negoziata. Si dovrebbe abbandonare, cosa che in parte sta già avvenendo, l'idea di criteri di unilateralità, di verticalità, che sono sempre Pag. 5stati le caratteristiche fondamentali della funzione legislativa tradizionale, per approdare invece a coordinate diverse, come quella della competenza e della circolarità delle informazioni.
Perché tutto questo possa realizzarsi e quindi possa rendersi normale la costante interlocuzione con i portatori di interesse particolare, occorrerebbe una forma strutturata e trasparente di partecipazione dei cosiddetti stakeholder ai processi decisionali posti in essere dal Parlamento, quindi abbandonare l'autoreferenzialità che ha distinto per secoli i procedimenti legislativi.
Questo perché vi è anche una realtà sociale molto complessa, sempre più frammentata, sempre più pluralistica, e probabilmente chi svolge l'attività di lobbying ha anche la possibilità di apportare delle conoscenze nuove, quindi una partecipazione effettiva alla formazione della legge.
Il tema è strettamente correlato, d'altra parte, alla necessità di un'opera di codificazione, che non può essere affidata soltanto alla politica, ma che deve avere accanto una classe dirigente e funzionari, in questo caso della Camera, particolarmente preparati in tema di drafting, che potrebbero essere anche aiutati dai sistemi di intelligenza artificiale.
Ovviamente, bisogna essere molto cauti quando si parla di intelligenza artificiale a proposito delle decisioni politiche. L'idea è quella di sistemi algoritmici che potrebbero aiutare nell'istruttoria e a comporre un testo chiaro, intellegibile, lasciando ovviamente alla discrezionalità politica le scelte fondamentali da compiere. Un utilizzo dell'intelligenza artificiale quindi che abbia sempre al centro la politica, l'uomo, la persona, e che può comunque essere un grande ausilio per quanto riguarda la capacità della legislazione di rispondere a principi di trasparenza e di chiarezza.
D'altra parte, bisogna ricordare che le regole del drafting formale hanno trovato copertura nella nota sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n. 110 del 2023, in cui per la prima volta la Consulta si cimenta nel verificare il contrasto di una legge radicalmente oscura rispetto al principio di ragionevolezza e in particolare all'articolo 3 della Costituzione.
Il discorso che fa la Corte si muove nel solco del principio di eguaglianza sostanziale: i cittadini devono essere messi nelle condizioni di conoscere il dettato normativo, visto che lo devono applicare e deve essere «messo a terra» non solo dai cittadini ma anche dalla pubblica amministrazione. Questo è uno dei motivi per i quali, ad esempio, all'interno di una materia complessa come quella della contrattualistica pubblica, anche l'Unione europea chiede agli Stati membri di ridurre al massimo i livelli di normazione che non sono necessari.
Il divieto del gold plating mira proprio a rendere più chiare le normative che toccano dei settori molto tecnici e complessi dell'ambito sociale ed economico, ed è per questo che anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza sottolinei come la legislazione ipertrofica e incomprensibile sia un problema serio, che ostacola la vita dei cittadini e delle imprese.
L'errore rispetto alla comprensibilità tocca il tema più importante, che è quello della trasparenza delle decisioni pubbliche, che si declina nel modo più attento e più preciso nella semplificazione linguistica, che è un tratto qualificante delle moderne democrazie.
Questi sono i temi e il mio auspicio è che si possano realizzare questi piccoli accorgimenti perché la legislazione possa migliorare. Mi riprometto di mandare un testo scritto di quanto ho esposto oralmente, ovviamente in maniera molto riassuntiva e molto breve, vi ringrazio per l'attenzione e sono a disposizione se ci sono domande o considerazioni che possano essere svolte.
Grazie, presidente, grazie a tutti voi.
PRESIDENTE. Grazie, professoressa Nicotra.
Diamo la parola al professor Zaccaria per il suo intervento e poi raccoglieremo eventuali domande e questioni poste dai colleghi presenti.
ROBERTO ZACCARIA, già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università Pag. 6di Firenze. Grazie, presidente. Vi ringrazio naturalmente dell'invito.
In queste audizioni conviene sempre parlare per primo anziché parlare verso il fondo, perché naturalmente bisogna leggere quelle degli altri per non ripetersi in maniera inutile. Sono state relazioni di grandissimo interesse, che sono disponibili e che io ho avuto la possibilità di consultare.
Io penso di capire anche la ragione per cui avete invitato molti costituzionalisti ed esperti di prima grandezza sulla materia. Infatti, il diritto costituzionale, dove si studiano ordinariamente i problemi delle fonti, ha al suo interno specialisti in tema di drafting, che è una parte molto importante della compilazione tecnica delle norme.
Io ho avuto occasione di parlare di questi argomenti durante il Convegno annuale dell'Associazione dei costituzionalisti, dove sono stato invitato a parlare del linguaggio del legislatore della Corte costituzionale. Mi invitato a parlare anche del linguaggio dalla magistratura, ma ho declinato perché il tema sarebbe stato smisurato. In ogni caso, quello che viene fuori abbastanza chiaramente è che, quando si parla di chiarezza del linguaggio legislativo, tutti capiscono immediatamente un concetto.
Si tratta di un concetto riportato tecnicamente nella guida alla redazione dei testi normativi, che risale al 2001 e che precisa cosa vuol dire chiarezza e precisione. In particolare, ci sono tre livelli per quanto riguarda la legge: il primo riguarda la sua chiarezza e precisione, il secondo riguarda la sua intellegibilità, e il terzo riguarda la sua divulgazione.
Io ricordo che una volta ebbi a risentirmi leggendo un articolo del collega Cassese, in cui prendeva un testo normativo e lo leggeva davanti ai giornalisti, suscitando una certa ilarità per la incomprensione di questo testo.
In quel testo, infatti, erano contenute diverse novelle. Voi sapete che la novella è una tecnica legislativa per emendare in maniera appropriata un testo precedente, perché non si può semplicemente andare a briglia sciolta e dire: «ogni disposizione contraria risulta abrogata». Ciò susciterebbe nel legislatore e negli interpreti un problema immenso.
Una corretta tecnica legislativa rende meno intellegibile il testo, però dal punto di vista dell'interpretazione è perfetta.
Ho sottomano un testo scritto ma ho una certa idiosincrasia a leggere direttamente le cose che scrivo. Non perché non mi piacciano, ma perché tutto sommato mi pare che non serva. Farò successivamente il solito testo scritto che vi consegnerò, che sarà comodo per i presenti e per quelli che non ci sono.
Rispetto ad alcune delle persone audite io ho una caratteristica particolare: sono da un certo punto di vista un teorico e da un altro punto di vista un pratico. Nei nove anni che ho passato in questa Camera, nella XI, XV e XVI legislatura, mi sono trovato a lavorare nella Commissione Affari costituzionali. Si tratta di un lavoro importante perché, come sapete, la Commissione Affari costituzionali, insieme a quella Bilancio, è la Commissione filtro: la maggior parte dei provvedimenti legislativi passa da queste Commissioni per ragioni abbastanza comprensibili.
Anche quando vi è eterogeneità dei testi, come succede frequentemente, le due Commissioni che più frequentemente intervengono sono queste.
Oltre ad occuparmi della Commissione Affari costituzionali, però, sono stato per due volte presidente del Comitato per la legislazione e naturalmente questa esperienza è quella che oggi mi torna utile e giustifica più di altre la mia presenza qui.
Io non vi parlerò tanto del fatto che il bicameralismo paritario, come hanno detto tutti, compresa la professoressa Nicotra, è uno degli ostacoli che impediscono una produzione normativa appropriata. Era contenuto in una riforma costituzionale, che però aveva tantissime altre cose oltre a questo, quindi non è andata in porto.
Non vi parlerò neanche del monocameralismo alternato, che è una prassi più recente, introdotta con riferimento all'esame dei testi normativi. Vorrei invece parlarvi dei temi che si pongono di fronte a chi opera nei Comitati, perché voi state raccogliendoPag. 7 una serie di materiali che poi torneranno utili, ma la cosa rilevante in materia è un sostegno più forte da parte della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale, rispetto al periodo in cui ero in queste Aule, è intervenuta più frequentemente con riferimento al tema della omogeneità dei decreti-legge, ma soprattutto delle leggi di conversione, perché è lì che nascono problemi molto seri. Qui è inutile che richiami quanto ha detto la professoressa Cartabia, tra gli altri, citando le sentenze della Corte costituzionale. Vorrei sottolineare non soltanto il problema della omogeneità e anche la professoressa Nicotra ha parlato, come altri, dall'esigenza di costituzionalizzare i principi contenuti nella legge n. 400 del 1988, ma la Corte ha posto dei paletti.
Ricordo, in proposito, il solenne richiamo del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale. Ci fu addirittura un caso in cui la sentenza della Corte costituzionale citò un parere del Comitato per la legislazione. Quello è stato un fiore all'occhiello che ci siamo portati per molto tempo. Anche le sentenze che riguardano l'oscurità della legge diventano un problema che si ripercuote sull'articolo 3.
Vorrei provare a vedere cosa possiamo porre alla nostra attenzione. Prima di tutto incominciare a considerare questi tre livelli di osservazione, cioè il livello della chiarezza e della precisione, il livello del drafting e quello della divulgazione. Qui non parliamo specificatamente della divulgazione, ma ricordo molto bene che alcuni costituzionalisti (mi pare Ceccanti e Ainis) avevano ipotizzato una cosa che in alcuni ordinamenti stranieri c'è, cioè che lo stesso legislatore, approvata una legge, desse il compito di farne una redazione più intellegibile per i comuni cittadini.
Questo è un elemento molto importante che riguarda la divulgazione, che naturalmente è un problema. Come vi dicevo, però, bisogna andare ad analizzare, e noi lo abbiamo fatto abbastanza a lungo, il motivo per cui la buona qualità della legge urta contro esigenze che a volte sono fisiologiche, a volte patologiche.
Tra le esigenze fisiologiche, vi sono i casi in cui l'ambiguità linguistica è voluta dal legislatore, in quanto solo in tal modo, e cioè con una formula linguistica ambigua, è possibile il raggiungimento di un compromesso politico, necessario a consentire l'approvazione di quel testo normativo.
Quando questo succede, il legislatore è ben consapevole che quell'ambiguità è necessaria al compromesso politico, e il compromesso è alla base di qualsiasi sintesi politica. Da questo punto di vista, quindi, non è una cosa che si può contrastare oltre misura.
Ci sono poi le ragioni patologiche, che sono derivanti da processi di produzione normativa che si sono consolidati negli anni, e quindi il famoso tema dei decreti-legge, maxiemendamenti e fiducia.
Come sempre, quando si dice che l'hanno fatto tutti, sorgono dei problemi, perché bisognerebbe porsi la domanda successiva: l'hanno fatto tutti nella stessa misura o c'è un fenomeno di una recrudescenza, che va moltiplicandosi e appesantendosi? Ciò è molto importante. Se lo schema dei maxiemendamenti – che ha problemi di compatibilità con la Costituzione, ovviamente con riferimento all'articolo 72, e cioè all'esame articolo per articolo – è stato adottato una volta cinque volte, un'altra volta dieci, un'altra volta sempre, questo problema cambia. Anche il suo peso, cioè, cambia e quindi bisogna farsene carico.
C'è un problema che è nuovo e non è nuovo: le cosiddette «catene» dei decreti-legge e cioè quando i decreti-legge vengono innestati in altri decreti-legge. Qui mi rimetto a quello che aveva detto Luciani in maniera molto chiara e cioè che dal punto di vista del costituzionalista questo meccanismo contrasta con l'articolo 77 della Costituzione.
Vi dico queste cose perché quando i costituzionalisti o la Corte costituzionale rilevano alcuni difetti, a volte li rilevano con riferimento alla catena dei decreti. Sulla questione è intervenuta la Corte con un obiter dictum, senza dichiararli incostituzionali. La Corte costituzionale, però, a volte interviene in maniera più soft, per poi Pag. 8successivamente intervenire in modo più corposo.
Un problema che mi ha sempre suscitato turbamento è l'aumento straordinario dei decreti-legge. L'ultimo documento sulla produzione normativa – cioè uno di quei dossier molto ben fatti – dice che praticamente la legge non esiste più. Se uno trova in una materia una legge importante è un miracolo, perché l'attività complessiva è dedicata per il 50 per cento, come diceva Nicotra, ai decreti-legge e relative conversioni, per un buon 40 per cento alle ratifiche dei trattati internazionali e quindi altre attività sulle quali il Parlamento non mette molto mano. Inoltre, c'è anche il problema dell'aumento delle deleghe legislative.
Su questo problema ho i numeri, che voi avrete in maniera più aggiornata. La delega legislativa lascia al Parlamento il compito di emanare la legge delega e dove troviamo il grosso delle deleghe legislative? Abbiamo un numero limitato di deleghe legislative, di cui le deleghe europee sono quelle che contengono il maggior numero di attuazioni collegate alle direttive europee.
Credo che sia tuttora presente il fenomeno delle deleghe contenute nelle leggi di conversione. Qui il concetto è che il Governo teoricamente se la suona e se la canta, detto in maniera rudimentale. Perché dico ciò? Perché se il decreto-legge è un atto normativo del Governo – e ne abbiamo una quantità molto alta con le caratteristiche che abbiamo visto – la delega teoricamente è un atto complesso, frutto delle attività del Parlamento che pone la delega e del Governo che emana i decreti legislativi. Se la conversione del decreto-legge, che è un atto parlamentare, vede inserite alcune deleghe legislative, il problema diventa molto serio, perché questa prassi alla Camera non è praticabile. Al Senato, invece, lo è e mi ricordo che il Comitato per la legislazione interveniva su questa prassi.
C'è stato un caso che vi ricorderò, nel quale, era Ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti, non c'era la possibilità di modificare il testo – e anche questo è un problema molto serio perché se il testo non è modificabile lo spazio di intervento di un ramo del Parlamento e quindi del suo Comitato diventa complicato – e i membri del Comitato alla Camera posero una condizione nel parere che espressero riferita ad una delega inserita al Senato, che quindi giunse all'esame della Camera.
Come componenti del Comitato facemmo un ordine del giorno – atto che normalmente ha un valore relativo – e il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ne prese atto, lo accolse e si impegnò a non esercitare la delega prevista al Senato. C'è stato quindi un dialogo tra il Comitato per la legislazione e il Governo, e il risultato almeno in quel caso è stato eccellente.
Vorrei segnalarvi anche – mi limito soltanto al titolo, poi dirò qualcosa di più – che nell'ordinamento si riscontra la duplice fuga dalla legge e dai regolamenti. Si dice infatti che un decreto-legge si fa in un paio di mesi, al massimo tre, tra l'elaborazione e l'emanazione. Un regolamento richiede a volte un tempo che si avvicina all'anno, quindi i regolamenti – almeno ai miei tempi – erano una merce più rara. C'è quindi una fuga dalla legge e dal regolamento, mentre c'è una grande utilizzazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Noi li avevamo già considerati in precedenza – hanno poi avuto un'espansione molto rilevante durante la pandemia, come è noto, e la Corte costituzionale li ha giustificati – in una chiave costituzionale, in cui possa esserci una concentrazione di poteri in capo al Presidente del Consiglio dei ministri.
Il DPCM è un atto che il Presidente del Consiglio dei ministri emana da solo. È anche molto snello dal punto di vista operativo e, pertanto, io mi porrei questo problema sul piano delle fonti: noi scappiamo dalle fonti che l'ordinamento democratico prevede, ossia la legge e i regolamenti come norme secondarie – questi ultimi hanno il parere del Consiglio di Stato e quindi sono abbastanza complessi – per utilizzare atti più snelli, ma che sono comunque in grado Pag. 9di incidere anche sulle posizioni soggettive dei cittadini.
Vado decisamente alla fine, parlandovi della mia esperienza dei Comitati per la legislazione. Ai miei tempi c'era il Comitato per la legislazione qui e non c'era al Senato, che è stato introdotto successivamente.
Secondo me sono degli organi particolari: è nella loro particolarità, ossia quella di essere organi sostanzialmente paritari, la loro forza ma anche la loro debolezza. Il fatto di essere organi paritari significa che non si decide quasi mai a maggioranza. Infatti, almeno alla Camera, decidevamo quasi sempre all'unanimità, e qualche volta il relatore poteva registrare un voto diverso.
Questo carattere di non decisione a maggioranza sembra un elemento che facilita la decisione. Io ho sempre approvato i suoi pareri, ma avevo la consapevolezza che significava dare ai tecnici un ruolo importante con riferimento al processo politico. I membri del Comitato per la legislazione sono membri anche di altre Commissioni, quindi non hanno il tempo di prepararsi come può fare un relatore nella Commissione di merito, che, al contrario, si prepara sugli atti, prende i documenti dagli uffici, li guarda, li rielabora, li pensa, li inserisce nella strategia politica.
Nel Comitato per la legislazione questa tecnicità è un elemento che crea sospetto nelle altre Commissioni e anche nell'Aula. L'elemento importante è che il relatore o il presidente – il presidente è più impegnato, quindi il relatore potrebbe farlo di più – deve seguire il provvedimento, in questo caso il parere, nelle Commissioni di merito fino all'Aula. A volte, infatti, si sottovaluta l'effetto pratico delle cose, ossia se in un parere a volte c'è una condizione in più e un'osservazione in meno; se la condizione è un vizio essa vincola di più il relatore e la Commissione di merito e quando nell'Aula c'è la possibilità di fare le modifiche è più facile, sulla base delle condizioni, fare degli emendamenti, e molte volte ho parlato in Aula a nome del Comitato.
È chiaro che se il presidente del Comitato in quel momento è di un orientamento politico diverso da quello della maggioranza che sta elaborando un testo, bisogna veramente avere molta autorevolezza, perché è chiaro che si possa pensare che, sotto la forma di un'osservazione tecnica, si voglia cambiare un indirizzo politico. Credo però che bisogna analizzare bene la caratteristica paritetica a prevalenza tecnica che caratterizza i Comitati.
Ho parlato sia di forza che di debolezza. I Comitati, cioè, non sono paragonabili a un'Autorità giurisdizionale all'interno della Camera ma sono un organo formato da soggetti politici, che, però, fanno in modo che nel parere che esprimono non prevalga un elemento maggioritario. Bisogna tener conto di questo elemento.
Rinvio ad alcune cose sul drafting dette da Enrico Albanesi con cui lavoro spesso, che ha fatto molti interventi e suggerimenti anche dal punto di vista tecnico. Ha detto cose importanti anche Valerio Di Porto, sempre su come utilizzare questo insieme di materiale delle audizioni. È chiaro che il circolo virtuoso potrebbe essere quello di promuovere accordi interistituzionali e protocolli d'intesa.
Abbiamo ancora ordinamenti diversi per lo Stato e per le regioni – cosa molto strana sul piano del drafting –, abbiamo normative che non sono state aggiornate, e che quindi richiederebbero un aggiornamento di Camera e Senato. Si potrebbero quindi fare identici atti di indirizzo delle due Camere e, quindi, tutto il materiale opportunamente filtrato potrebbe arrivare a questo risultato.
Sono molto importanti anche i rapporti di fatto con il DAGL, con la Corte costituzionale, con soggetti come la Conferenza delle regioni. Si tratta di rapporti che possono essere interlocutori, cosa che ritengo molto importante.
Durante il mio periodo delle due Presidenze, ho curato gli Atti dei seminari promossi dal Comitato per la legislazione all'Università di Firenze, Genova, Perugia, LUISS di Roma. Questo è un primo volume, e il secondo volume che si chiama Fuga dalla legge?. Io lo avevo fatto senza un punto interrogativo ma quando andai da Fini, che era in quel momento Presidente, Pag. 10a chiedere se potessimo presentarlo insieme alla Camera, lui mi disse «se ci metti un punto interrogativo, posso anche presentarlo». Misi quindi un punto interrogativo però poi lui non venne alla presentazione. Anche questo volume contiene una serie di seminari nelle università italiane.
Da ultimo, c'è La buona scrittura delle leggi, a cura mia (io sono sempre stato curatore, ma il lavoro era fatto da altri), che abbiamo fatto 12 anni fa ed è ancora molto utilizzato.
Vi consiglio un paio di testi, uno di Antonio Placanica, Fattori linguistici nella scrittura degli atti normativi (Placanica è un consigliere che lavora ai testi normativi ed è raffinatissimo oltre che molto discreto), e uno di Valerio Di Porto, L'elogio del ciarlatano.
Oltre alle audizioni che fate qui – che secondo me sono molto utili – in cui i professori vengono da voi e vi dicono tante cose, ho trovato molto utile andare nelle università a parlare con professori e studenti di questi argomenti. La dottrina, andando a trovarla a casa sua, può essere molto utile per ciò che dovete fare. Quindi non vi lascio i libri ma spero di avervi fatto venire il desiderio di acquisirli. Grazie mille.
PRESIDENTE. Grazie al professor Zaccaria.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.
ROBERTO CATALDI. Signor presidente, vorrei fare due domande agli auditi. Intanto volevo sapere se questo problema dell'abuso della decretazione d'urgenza sia un problema solo italiano o se, al di là del fatto che possano non chiamarsi decreti-legge, altri Stati europei abbiano registrato la stessa problematica. Insomma, ci sono anche in altri Paesi problemi simili a quelli che sta registrando l'Italia con la decretazione d'urgenza o quantomeno con l'abuso della decretazione d'urgenza?
La seconda domanda, invece, è se questo abuso della decretazione d'urgenza si possa ritenere compatibile con lo stato di diritto. Grazie.
ALFONSO COLUCCI. Grazie, presidente.
Fuga dalla legge e, in qualche modo, anche fuga dalla legalità. Non possiamo non dirci che questa audizione si svolge in un momento molto buio della nostra vita parlamentare, considerando che l'approvazione di questa autonomia differenziata in via definitiva alla Camera si sta svolgendo nella forma peggiore che possiamo immaginare, in ragione dell'assenza totale di qualsiasi interlocuzione non con la maggioranza, ma da parte della maggioranza.
La possibilità che il monocameralismo di fatto, che ormai si è affermato, possa funzionare è comunque subordinata a un'effettiva volontà, da parte soprattutto della maggioranza, di una riflessione che possa essere correttiva, migliorativa, perfezionativa del testo normativo, soprattutto laddove il testo normativo riguardi elementi essenziali, costitutivi dell'organizzazione del nostro Stato, come ad esempio nel caso dell'autonomia differenziata. Una riforma, questa, non di rango costituzionale, ma fondativa in maniera completamente nuova e innovativa del nostro ordinamento giuridico.
Abbiamo visto qui alla Camera come sia nella Commissione Affari costituzionali che nell'Aula non si sia potuto svolgere alcun approfondimento della materia stessa. Soprattutto lei, presidente Tabacci, che è in Aula costantemente, avrà notato come la maggioranza anche sugli emendamenti – peraltro segnalati, quindi con una forte restrizione del loro numero – non abbia mai interloquito.
Non solo già c'è, da parte delle opposizioni, una compressione sia della potestà emendativa che dei tempi di discussione – perché anche quelli sono stati contingentati – ma poi vediamo come su queste proposte emendative non ostruzionistiche non si apra alcuna forma di dibattito. Vediamo cioè una maggioranza silente, oserei dire mummificata, che avvilisce completamente il senso stesso del lavoro parlamentare, laddove Parlamento ha in sé la radice di parola, di dialogo.
Possiamo costruire, come è giusto che sia, tutte le nostre speculazioni dogmatiche – e io sono di carattere speculativo – per Pag. 11cui apprezzo moltissimo gli interventi della professoressa Nicotra e del professor Zaccaria. Però, e lo dico in un momento di scoraggiamento, vediamo come tutto questo sia assolutamente inutile e, addirittura, si assista a gravissimi episodi di violenza che contraddicono il concetto stesso di dialogo e sviliscono completamente le istituzioni parlamentari.
Da questo punto di vista mi chiedo se si possa intervenire ponendo un obbligo di interlocuzione tra le forze di maggioranza e le forze di opposizione e se si possa farlo anche attraverso i regolamenti parlamentari. Infatti, la qualità della norma cui sono preposti i Comitati per la legislazione può essere assicurata solo in forza di uno scambio e di un approfondimento che sia proficuo.
Molto pregevole è anche la proposta che il relatore per il Comitato per la legislazione sia presente nel Comitato dei Nove o nelle Commissioni che lavorino in funzione referente. È evidente però che, se assistiamo a questa sorta di mutismo totale e alla necessità solo di rispettare un formalismo parlamentare – una procedura parlamentare – avremo svuotato dal dentro il Parlamento, la funzione legislativa e anche la democrazia.
Questo per dire, con un intervento un po' appassionato – per non dire patetico, nel senso etimologico della parola e senza voler negare l'importanza assolutamente fondamentale di tutte le tematiche che sono state sollevate in questo importante ciclo di audizioni – che alla radice il problema è ancora più profondo: è un problema interno alla stessa concezione del Parlamento, alla concezione della democrazia oggi in Italia.
A mio avviso, questa è una slavina cui davvero non saprei – questo il senso sconsolato delle mie parole – come porre un argine. Grazie.
ANDREA GIORGIS. Rivolgo due domande molto brevi, una alla professoressa Nicotra e una al professor Zaccaria.
Mi hanno colpito nell'intervento della professoressa Nicotra le considerazioni che ha svolto verso la conclusione del suo intervento, nelle quali ha richiamato il Comitato per la legislazione e tutti noi presenti a riflettere su quelle che dovrebbero essere, a suo giudizio, le caratteristiche di fondo della legislazione nell'attuale contesto sociale, economico, politico, culturale.
Se ho ben inteso, la professoressa Nicotra richiama l'importanza di abbandonare un'idea e una pratica della produzione legislativa come decisione autoreferenziale che si consuma sulla base del principio di maggioranza, a fronte invece di una produzione normativa che dovrebbe essere ispirata al criterio del coinvolgimento dell'interlocuzione, della mediazione e della ricerca di una sintesi non solo tra le forze politiche, ma tra i diversi interessi coinvolti in ogni procedimento legislativo.
Ha richiamato un aspetto dell'attuale realtà a cui tengo molto, che è il pluralismo. Se ho ben inteso, la professoressa Nicotra dice che in un contesto pluralista – dove i profili di differenziazione, di eterogeneità crescono, aumentano – la produzione legislativa dovrebbe attenta a farsi carico di questo faticoso, ma necessario processo di mediazione, di sintesi, di coinvolgimento, di interlocuzione.
Io condivido, se ho ben inteso, la seguente analisi e trovo quindi in essa una ragione ulteriore per considerare l'abuso della decretazione d'urgenza, e il progressivo spostamento del potere della funzione normativa dal Parlamento al Governo, un fattore di violazione di fondamentali principi costituzionali, di principi democratici basilari. Spostando la funzione relativa dal Parlamento al Governo – fino a quando il Governo non è direttamente eletto dai cittadini – si solleva, infatti, un problema di democraticità.
In questa considerazione, però, trovo un argomento ulteriore di interesse generale, cioè di utilità, di corrispondenza tra la funzione legislativa e l'interesse generale. In altre parole, un argomento che richiama alla ragion d'essere stessa della funzione legislativa in questo contesto sociale, economico e culturale, caratterizzato dal pluralismo.
Se è così, questo argomento suggerirebbe di indagare rimedi alla concentrazionePag. 12 del potere, alla semplificazione del procedimento legislativo, all'abuso della decretazione d'urgenza e soprattutto alla tendenza – che in altre occasioni e da altri auditi ho sentito giustificare in termini ideologici – alla necessità di accettare un progressivo spostamento della funzione legislativa verso gli Esecutivi, perché, si dice, e diversamente da quello che ho sentito, che c'è un'esigenza di velocità, di decisione, di semplificazione e, per corrispondere a questa esigenza, è anche giusto che la democrazia subisca una inevitabile riduzione.
Io condivido invece molto questa analisi, che parte dalla necessità di considerare le esigenze del pluralismo. Se è così, chiedo se la professoressa Nicotra non condivida la necessità – oltre naturalmente al voto a data certa, ad una razionalizzazione della forma di Governo parlamentare e a una riforma del bicameralismo paritario – di intervenire con istituti che garantiscano ulteriormente questo progressivo spostamento verso gli Esecutivi di ogni funzione normativa.
Al professor Zaccaria, di cui condivido molto alcune indicazioni, dico che il Comitato per la legislazione, nella breve esperienza che abbiamo svolto in questo anno e mezzo al Senato, ha dato prova di una certa efficacia per quanto riguarda il drafting, la pulizia dei testi. Anche se il tempo di vista del Comitato è breve, si infatti consolidata la prassi di trasformare le osservazioni in emendamenti e fare sì che questi passino prima in Commissione e poi in Aula. Nonostante il grado di recepimento si aggira intorno al 50 per cento, cioè la conferma di un'utilità dal punto di vista della chiarezza e della semplificazione, anche perché vengono segnalati aspetti veramente macroscopici.
Il Comitato però è del tutto impotente nel segnalare aspetti di sistema molto più rilevanti, come, per esempio, quelli che attengono alla illegittimità del decreto-legge o degli emendamenti. C'è quindi un grande tema di come non sovraccaricare la Corte e, dall'altro lato, di garantire che i principi che la Corte ha costantemente affermato in maniera sempre più esplicita non trovino un drammatico tradimento, giacché i casi di eterogeneità dei decreti-legge e i casi di emendamenti, a loro volta palesemente eterogenei, si sono moltiplicati.
Essi si sono moltiplicati in una legislazione nella quale non esiste un problema di instabilità della maggioranza. Si sono moltiplicati, al contrario, in una situazione in cui il Governo dispone di una maggioranza parlamentare quasi senza precedenti. Eppure, i casi da un punto di vista quantitativo sono aumentati a dismisura.
Altri professori hanno detto che un eccessivo ricorso alla Corte potrebbe risultare deleterio e nocivo per la stessa Corte costituzionale, però, dall'altra, c'è chi ha considerato indispensabile immaginare un ricorso individuato dal singolo parlamentare; una maggiore apertura cioè delle vie di accesso alla Corte.
Questo è un grande tema, che non so se i Comitati da soli potranno svolgere.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Giorgis.
Vorrei semplicemente aggiungere che siamo ad un punto di svolta. Questi incontri del lunedì sono importanti, perché consentono di tirar fuori delle cose che naturalmente non emergono. Quindi, almeno per chi ha passione e vede le cose come sono, è un passaggio dovuto, come una seduta con caratteri psicanalitici.
Come si fa, ad esempio, a non vedere che il parere nelle Commissioni di merito prende nota di quanto scritto nei documenti approvati dal Comitato per la legislazione della Camera? Facendo parte della Commissione Finanze, ho visto come viene interpretato: c'è una lettura formale nell'ultimo gesto, prima di dare la parola al relatore. Intervengono poi, per i rispettivi pareri, le varie Commissioni e il Comitato per la legislazione. La parola va al relatore: chi approva alzi la mano.
Il punto dove sta? Sta nel fatto che la caratteristica di questo Comitato – che è quella che voi avete individuato – è un punto di debolezza, ma potrebbe anche essere un punto di forza. Il problema è che questo Comitato emana dalla figura del Presidente dell'Assemblea, nel caso della Pag. 13Camera il Presidente della Camera, in quello del Senato il Presidente del Senato.
Il problema è che la caratterizzazione della terzietà di questa figura è fondamentale per dare una impostazione più appropriata del ruolo di questi Comitati. Se infatti il Comitato si limita a fare constatazioni che non interessano nessuno, non solo si butta via un sacco di tempo, ma si sprecano anche energie, e io penso che questo sia sbagliato.
Ciò andrebbe approfondito nell'analisi dei regolamenti delle due Camere, perché ci può essere anche un ruolo ulteriore da affidare a questi Comitati, che deve essere, però, qualcosa di condiviso. Poiché non è sempre stato così, e i Comitati sono un'esperienza più recente, farei notare che la storia della Repubblica nel nostro Paese è passata da fasi diverse nei rapporti tra le grandi maggioranza del tempo e le grandi opposizioni del tempo. C'è stata una fase che ha visto il punto più alto nella redazione della Carta costituzionale, in cui c'era una colleganza e una collaborazione sulle grandi questioni.
Ho sentito dire delle parole ammirevoli sia da parte di Togliatti che da parte di Moro in alcuni passaggi assai decisivi e delicati della redazione della Carta, in cui si esaltava il raggiungimento di un compromesso politico alto e nobile. Ora in questa fase noi siamo lontani anni luce, perché nel frattempo la politica si è avvitata su sé stessa, al punto di passare successivamente ad una fase di sostanziale incomunicabilità e ora ad una sorta di intolleranza reciproca.
Probabilmente è nata anche dalla conoscenza delle forze che sono in campo e delle loro storie, per cui si esaltano le cose che sono più lontane dal tema della collaborazione naturale. Quando il contrasto era molto più radicale sul piano interno e sul piano internazionale – penso al ruolo di due grandi partiti come la DC e il Partito Comunista, che tenevano insieme oltre il 75 per cento, o qualcosa di simile, dell'elettorato del Paese – il problema del condizionamento reciproco era tenuto in grande evidenza, non era considerato come qualcosa di spregiativo.
Siamo nella fase in cui il problema non è la passione o il calore che si mette. Se io potessi dire che ciò che abbiamo visto l'altro giorno alla Camera è frutto della passione, direi che possono esserci anche degli eccessi nella passione. Non c'era però passione in quegli atteggiamenti, ma qualcosa di molto più grave, pesante, politicamente distruttivo.
Mi interessano le opinioni dei professori ma non ho molto da aggiungere, per cui mi domando: dove colloco tutto questo? Lo colloco nel peggioramento del clima politico, da un lato, e, dall'altro, nella qualità della rappresentanza, perché le leggi elettorali che abbiamo messo in campo hanno via via allontanato il rapporto tra rappresentanti ed elettori. C'è quindi un problema assai delicato di cui prima ci accorgiamo e meglio è, perché anche la credibilità delle Istituzioni, ovvero quello che la gente pensa di noi, è andata via via impoverendosi.
Ricordo di aver fatto un viaggio in treno nel lontano 1969 – era forse il primo viaggio che facevo a Roma, accompagnato da un deputato di Mantova, l'onorevole Cesare Baroni, che non era un leader di prima grandezza, ma godeva di una stima diffusa – e quando siamo saliti sul treno la gente si è alzata in piedi.
È vero che partivamo da Mantova, che è una città di provincia, ma è una cosa che non ho più dimenticato. Era il 1969, c'era il congresso della DC, era la prima volta a cui partecipai, ero un ragazzino.
Adesso bisogna stare attenti in treno a manifestarsi e a tirar fuori il tesserino e quindi è chiaro che c'è qualcosa che non va, perché non è un problema che riguarda la mia persona, le nostre persone. È un problema di considerazioni di carattere complessivo.
È evidente che da qui non può che derivare una qualità della legislazione che non è solo un problema di escamotage – giustamente prima si è parlato delle novelle, quindi si capisce che anche tecnicamente possono avere una loro giustificazione – perché ci sono altre forme che hanno dato vita a compromessi che sono solo di facciata come, ad esempio, i concerti tra ministeri che vengono introdotti in Pag. 14maniera sistematica all'interno di un procedimento di conversione dei decreti-legge. Quando infatti non c'è un'intesa si dice «di concerto tra il ministero interessato e il Ministero dell'economia», avendo detto fino all'ultimo che le due opinioni erano diverse e separate.
Quella cosa non vedrà mai la luce. Non c'è un tempo in cui entro 60 giorni si mettono lì e fanno il concerto – dobbiamo andare alla Scala per sentire un concerto – ed infatti non si fa, tant'è che poi c'è tutto un elenco di cose che abbiamo lasciato indietro.
Se riuscissimo a fare chiarezza su questo tema della decretazione d'urgenza, sarebbe già un grande passo in avanti, perché qui è avvenuta la rottura sostanziale, e non è colpa di un Governo o di un altro. Ciò ha praticamente travolto gli equilibri della funzione legislativa, che non sono più in capo al Parlamento per i numeri. Prima il professor Zaccaria ha citato dei numeri. Noi abbiamo qui una tabellina in cui si dice che le leggi di ratifica valgono il 22 per cento, quelle di conversione il 43, le leggi costituzionali lo 0,8, le leggi di bilancio il 3,5, le leggi collegate al bilancio il 4,2, le leggi europee lo 0,8, altre leggi ordinarie il 26.
Bisognerebbe andare a vedere la qualità di queste leggi ordinarie. Si tratta della costituzione di Commissioni speciali d'inchiesta – leggi che abbiamo fatto in questa legislatura massimamente, ma era avvenuto già in altra – oppure di feste o cose strane. L'ultimo provvedimento che abbiamo fatto individua 450 teatri meritevoli di tutela perché storici, tutte balle che non c'entravano nulla.
Se invece di fare delle leggi di programmazione importanti e di respiro, sei costretto a fare una discussione di questo livello, viene fuori un quadro davvero desolante. Ci penserà Giorgis che va avanti più di me, ma bisognerà dedicarsi molto alla fase della stesura e cercare di allargare il respiro del documento conclusivo.
Tra l'altro, voi professori che siete venuti qui avete un taglio abbastanza convergente. Ogni Gruppo ha indicato dei professori, però c'è una maniera di pensare preoccupata del quadro che è venuta fuori.
Penso che questo possa portare ad un mutamento. Certamente deve essere accompagnato da un mutamento del clima politico e da qualche altra decisione che dovrà essere assunta. Penso che anche la Corte dovrà essere incentivata a fare qualche passo ulteriore e non a ritirarsi per vedere come finisce la zuffa tra le componenti interessate.
Diamo la parola alla professoressa Nicotra e poi al professor Zaccaria per la replica, ringraziando tutti gli intervenuti.
IDA ANGELA NICOTRA, ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Catania (in videoconferenza). Grazie, presidente, e grazie a tutti i parlamentari che sono intervenuti.
Sulla prima questione posta dall'onorevole Cataldi, non c'è dubbio che dal punto di vista del quadro comparato, se guardiamo la Francia, la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti, vi è una tendenza della funzione normativa di spostamento verso strumenti differenti rispetto alla legge.
Questo probabilmente è dovuto al fatto che la necessità di risposte rapide e veloci porta, all'interno delle Istituzioni, a scegliere uno strumento più facile.
Questa tendenza, a mio modo di vedere, si è aggravata con l'emergere della pandemia. Durante la pandemia mi sono occupata non solo del tema delle fonti normative, riprendendo le redini di questioni già emerse nel dettato costituzionale italiano, ma ho fatto anche un'indagine di carattere comparato. Quelle tendenze sono presenti già dagli anni '70 nel nostro ordinamento, ma sono certamente esplose con l'emergenza da COVID-19.
I colleghi sanno che uno studioso come Carlo Esposito, nella voce decreti-legge, diceva che questa fonte normativa deve essere usata per dare una risposta efficace (leggo testualmente) «in casi eccezionali e straordinarissimi». L'istituto del decreto-legge doveva avere quindi quella funzione ma purtroppo già dagli anni '70 è stato assolutamente snaturato.
Questo è, secondo me, un grande tema, che porta, come diceva l'onorevole Cataldi, a creare una distonia rispetto allo stato di diritto e soprattutto al rapporto equilibrato Pag. 15che vi dovrebbe essere tra legge e decreto-legge. I casi straordinari di necessità e di urgenza, come recita l'articolo 77 della Costituzione, sono diventati ormai l'ordinarietà e cioè il decreto-legge è lo strumento attraverso cui si legifera. Ciò da una parte perché i Governi hanno un canale preferenziale per l'immediata entrata in vigore dell'atto normativo e dall'altra parte per i parlamentari che, con i loro emendamenti al decreto-legge, possono ottenere le stesse finalità di celerità. Questo è quindi certamente il grande tema da affrontare. Quei correttivi che abbiamo proposto, che sono stati suggeriti, di mettere in Costituzione il criterio dell'omogeneità dei decreti-legge, la possibilità di evitare la confluenza di un decreto-legge in una legge di conversione precedente, di utilizzare un decreto-legge con oggetti completamente disomogenei fra di loro e quindi vietare espressamente questa prassi – che è certamente una prassi fuorviante e negativa rispetto al dettato costituzionale – mi sembrerebbe l'unica via.
Con riferimento all'intervento dell'onorevole Colucci: ho scritto il volume Pandemia costituzionale ma anche un manuale di diritto pubblico e costituzionale in cui ho trattato il tema del Parlamento e in cui faccio cominciare la parte relativa alle Camere con una frase di Vezio Crisafulli: «il Parlamento è la casa di tutti, dove maggioranza e minoranza devono parlare, si devono confrontare e devono arrivare a una sintesi».
In ogni caso, anche se la sintesi non si realizza, l'aspetto fondamentale di una democrazia è l'ascolto, il confronto. Da lì si deve partire per giungere a un sistema realmente liberaldemocratico.
Cosa si può fare? Io penso che si dovrebbe cominciare a rispettare dei principi che sono scritti nei Codici etici di tutti i funzionari pubblici (i parlamentari sono funzionari pubblici), di svolgere cioè le loro funzioni con disciplina ed onore e ascoltare l'altro anche quando non sei d'accordo, anche quando quello che dice non ti piace, anche quando sei in assoluto disaccordo. Il rispetto dell'ascolto e del confronto è fondamentale, e questo non lo può portare nessuna legge ma lo può portare un'integrità, una etica all'interno delle Istituzioni, pensando sempre che chi oggi, in una democrazia, è maggioranza domani potrà diventare opposizione e viceversa.
Questo è l'elemento che discrimina i regimi che democratici non sono da un regime liberaldemocratico, che pretende l'ascolto di tutti.
Con riferimento a quanto diceva il professore Giorgis: ha compreso esattamente quello che volevo dire e dove volevo portare il mio ragionamento. L'idea del pluralismo vale non solo con riferimento a maggioranza e opposizione. Infatti, il grande tema che io vedo oggi ancora irrisolto è quello della capacità di coinvolgere i Parlamenti con l'ascolto degli estranei. Per questo tengo moltissimo a una legislazione – e mi auguro che il Parlamento possa esitare una norma – che è quella della regolamentazione delle lobby. È importante, infatti, la capacità dei portatori di interesse di portare dentro le Aule parlamentari, in regime ovviamente di parità di condizioni e di assoluta trasparenza, quello che c'è fuori in una complessità del reale che, se non viene in qualche modo intercettato dalle Aule parlamentari rischia di produrre quello che noi stiamo vivendo, e cioè l'allontanamento dei cittadini dalle urne, la disaffezione dal voto, proprio perché il cittadino sente lontanissime le Istituzioni. Così come sente lontano, quindi anche con una questione di credibilità, il fatto che il Parlamento scriva delle leggi incomprensibili, perché le leggi rappresentano quella voce amica che il cittadino dovrebbe avere.
Il professor Giorgis parlava di rimedi, di strumenti che possono migliorare il rapporto tra maggioranza e opposizione. Non è la prima volta che mi occupo di questi temi anche davanti alle Commissioni parlamentari. Il tema del ricorso preventivo delle opposizioni alla Corte costituzionale penso sia un elemento che può certamente migliorare il rapporto tra maggioranza e opposizione, così come la scrittura di uno Statuto dell'opposizione anche in Costituzione e nei Regolamenti parlamentari. Credo che questi siano elementi indispensabili.Pag. 16
L'ultima riflessione è scaturita dalle parole del presidente Tabacci. È vero che la credibilità delle Istituzioni sta sfumando nei cittadini, però io ho assistito all'ingresso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al teatro Massimo di Palermo, dove c'era un evento scientifico, e gli applausi, la vicinanza che le persone hanno espresso nei confronti del Capo dello Stato è un piccolo grande segnale che le Istituzioni possono farsi voler bene e apprezzare e che, attraverso questo esempio, si possa anche tornare al passato, con questa vicinanza e con questa credibilità che le Istituzioni possono nuovamente guadagnare nei confronti dei cittadini.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie, professoressa.
Gli omaggi al Presidente della Repubblica sono anche in parte la cattiva coscienza di un Paese che non sa come fare ad abbracciare qualcosa per rafforzarsi nelle sue debolezze. Vi ho assistito anch'io non solo a Palermo, ma anche a Milano – l'ho visto recentemente anche ad Asti, in una situazione molto più limitata – e so che il Presidente della Repubblica per fortuna è un'ancora di sicurezza, quindi le sue parole mi hanno rasserenato.
Do la parola al professor Zaccaria.
ROBERTO ZACCARIA, già ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università di Firenze. Vi ringrazio e cercherò di farvi perdere poco tempo. Non perché sia tempo perso, ma perché approfitto del fatto di parlare dopo la professoressa Nicotra e ho il vantaggio che la presenza dà sempre di una più diretta interlocuzione.
Io insisto che in merito a questo fenomeno della decretazione d'urgenza non dobbiamo rassegnarci a pensare che debba essere sempre così. Come ho già detto prima, se ci abituiamo a certi fenomeni, la tappa successiva sarà peggiore.
La professoressa Nicotra citava Esposito e parlava della considerazione dei decreti-legge nella dottrina di allora, ma i decreti-legge erano strumenti di straordinaria necessità e urgenza. Lasciatemi fare questo esempio molto banale: il decreto-legge è come un Frecciarossa – una volta si diceva un Eurostar – perché non si ferma in tutte le stazioni. Anche se in molte stazioni ci sono dei parlamentari che vorrebbero emendarlo non hanno la possibilità di farlo, vedendoselo passare davanti.
Si discuteva molto in passato della modica quantità. Probabilmente se arrivassimo a pensare che a un certo punto questa straordinaria necessità ed urgenza è come la modifica che si fa nelle corsie preferenziali nel voto a data certa, si dovrebbero inserire delle norme che mettono un numero limitato di possibilità.
Qui c'è il problema del rapporto maggioranza-opposizione. Lo diceva Colucci, che ha fatto riferimento a due aggettivi insieme (ce ne sono tre, uno che ha usato il presidente Tabacci), appassionato e patetico. Io non avrei usato nella stessa espressione appassionato e patetico, ma capisco lo spirito di questo intervento. Non dobbiamo rassegnarci all'idea che le cose dovranno essere sempre così, perché prima del 1996 c'era l'abitudine di reiterare i decreti-legge – era una catena, si passava a due, tre, quattro reiterazioni, un fenomeno impressionante – ma ad un certo punto la Corte costituzionale disse che la reiterazione non era più possibile.
Ci eravamo in qualche modo abituati ma ad un certo punto la Corte ha detto basta. Dobbiamo riflettere su questa attività perché una cosa è il dibattito generale una cosa è il dibattito tecnico. Dobbiamo pensare quindi che, come diceva Cataldi, l'ordinamento italiano è un unicum, perché anche in Francia esiste una ripartizione tra la funzione legislativa e il potere di regolamento, ma abbiamo interpretato sempre in maniera originale questa cosa.
I decreti-legge nei dati che vengono citati in quel rapporto non vanno contati, vanno pesati. Così come una volta si diceva che il voto va pesato anche il decreto-legge va pesato, perché questi oggi sono sempre di più, come i treni merci che passano durante la notte che hanno 50 vagoni.
È chiaro che, al di là della possibilità di andare in Corte con una minoranza parlamentare, ossia il modello francese, credo che il Comitato per la legislazione (vengo Pag. 17alle cose che diceva Giorgis) possa cercare di costruire.
La Corte costituzionale fa i viaggi nelle carceri, forse qualche viaggio in Parlamento potrebbe farlo. Se la Corte non viene al Parlamento, può essere il Parlamento che va alla Corte. Intendo dire guardandosi in faccia. Certo, non si faranno dieci riunioni al mese, ma una o due riunioni l'anno con i giudici della Corte. I Comitati sono attività frequenti, ma i rapporti sullo stato della legislazione a volte serve inviarli, altre serve di più parlarne.
Io insisto molto con riferimento alla mia esperienza. Se voi riflettete, il Parlamento fa le leggi, ma chi si occupa dell'attuazione delle leggi? Quando voi parlamentari approvate una legge, che vi piaccia o non vi piaccia, cosa sapete della sua attuazione nella pubblica amministrazione? Questo è un grandissimo problema.
Io dico che il relatore dovrebbe avere un ruolo molto superiore a quello che ha attualmente. Oltre a quella distratta elencazione dei pareri presentati alle Commissioni di cui parlava Tabacci, il relatore, secondo me, potrebbe proseguire la sua attività, riferendo alle Camere sull'attuazione delle leggi che le Camere hanno fatto. D'altronde, ci sono tante leggi o decreti-legge che poi vengono lasciati in uno stato di inattuazione molto elevati mentre i decreti legislativi sono seguiti solo a livello tecnico e governativo, ma il Parlamento non ha un soggetto parlamentare. Perché il relatore non può sporgere la sua testa al di fuori dell'approvazione del provvedimento, al quale è molto legato, e riferire sulla sua attuazione?
Questo vale per il Comitato. Risponderei quindi a Colucci dicendo quello che ha detto la professoressa Nicotra: i rapporti tra maggioranza e opposizione vanno disciplinati nello statuto dell'opposizione. Se non si fa uno statuto dell'opposizione, nessuno viene per cortesia a concedere qualcosa. Ci deve essere un vincolo, un dovere, una condizione di non procedibilità.
Quando seguivo il Comitato per la legislazione mi turbava il fatto che, al momento di andare in Aula, portavamo gli emendamenti e gli ordini del giorno per dare seguito ai provvedimenti e ai pareri. Il rituale che mi faceva una terribile invidia è che si diceva «parere contrario o favorevole del Governo e della Commissione bilancio», cioè i due elementi che veramente preoccupano i parlamentari prima del voto.
Avrei voluto pensare che in un mondo ideale anche il parere del Comitato della legislazione potesse essere considerato un elemento, che magari poi l'Aula poteva disattendere. Bisogna lavorare anche su questo, cioè arrivare in Aula con quello che dice il Comitato per la legislazione.
Ha ragione Tabacci, che ha usato un'espressione anche qui abbastanza divertente, parlando di sedute psicoanalitiche. Non sono affatto sedute psicoanalitiche. Questo tipo di attività è da inquadrare in uno spirito di collaborazione istituzionale. Voi non fate soltanto i vostri pareri. Quando fate delle audizioni, così come quando fate la relazione conclusiva, dovrete avere la consapevolezza di cercare di trarne un senso.
Mi chiedo: perché con la legge elettorale uninominale, quando il parlamentare eletto nel suo collegio va in Commissione, si permette di fare delle mediazioni con i parlamentari dell'opposizione? Perché è portatore di un interesse personale, diretto, che gli deriva dal suo mandato. Certo, se il parlamentare è eletto in una lista bloccata di un partito, non avrà alcuna legittimazione a fare delle mediazioni con l'altra parte, perché si troverà prigioniero di questo schema.
Abbiamo mosso diverse cose. Io credo, però, che l'evoluzione della funzione dei Comitati verso la terzietà, intesa come elemento di forza e non debolezza, può aiutare in molte delle cose che ci siamo detti.
Grazie mille.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti.
In questo documento c'è anche il numero delle leggi approvate e il numero di parole delle leggi approvate riportate per iniziativa. Il 3,8 per cento per cento è di iniziativa parlamentare, il resto è del Governo: 30,6 per cento più 65,11 per cento.
Ringrazio i professori.
Il seguito dell'indagine conoscitiva è rinviata a lunedì 24 giugno alle ore 17.30 Pag. 18presso la Camera per l'audizione del professor Enrico Al Mureden, ordinario di Diritto privato presso l'Università di Bologna, e la professoressa Elisa D'Alterio, ordinario di Diritto amministrativo presso l'Università di Catania, quindi grazie anche a questi due professori che sentiremo.
La seduta termina alle 19.