Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
INDAGINE SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE
Audizione del prof. Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
Celotto Alfonso , ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma ... 3
Tabacci Bruno , Presidente ... 6
Cataldi Roberto ... 6
Colucci Alfonso (M5S) ... 6
Giorgis Andrea ... 7
Tabacci Bruno , Presidente ... 8
Celotto Alfonso , ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma ... 9
Tabacci Bruno , Presidente ... 11
Celotto Alfonso , ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma ... 12
Tabacci Bruno , Presidente ... 12
Giorgis Andrea ... 12
Colucci Alfonso (M5S) ... 13
Tabacci Bruno , Presidente ... 13
Celotto Alfonso , ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma ... 14
Tabacci Bruno , Presidente ... 15
(La seduta termina alle 18.50) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE DELLA CAMERA
BRUNO TABACCI
La seduta comincia alle 17.45.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del prof. Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma.
(Svolgimento e conclusione).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma Tre, sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione.
Cedo quindi la parola al professor Celotto per lo svolgimento del suo intervento.
ALFONSO CELOTTO, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma. Grazie e buonasera. Per me è sempre un onore essere chiamato in audizione, per cercare di dare un contributo accademico al lavoro del Parlamento, ancor più su un tema a me particolarmente caro come le fonti del diritto.
È un tema complicato, mi fate una domanda difficilissima, perché il nostro sistema si basa sul modello della Rivoluzione francese, quindi sull'articolo 6 della Costituzione del 1789 «La Loi est l'expression de la volonté générale», quindi l'idea di Montesquieu, cioè l'idea che deve essere l'Assemblea rappresentativa dei cittadini a prendere le grandi decisioni, a stabilire la volontà generale.
In questo modo la legge resta il centro del nostro modello, tutte le Costituzioni dell'800 si fondano sulla legge e la legge poi viene caricata di una serie di compiti ulteriori, proprio per dare al Parlamento questa sua centralità, se pensiamo che ci sono tante leggi anche nella nostra Costituzione che non sono direttamente a contenuto normativo.
La legge ha perso nei decenni questa sua grande centralità normativa, anche perché si è caricata di compiti non propri. Sono nate (c'è il famoso saggio di Santi Romano) le leggi di approvazione, cioè la legge è stata utilizzata per far controllare dal Parlamento atti del Governo, perché i trattati internazionali, che sono l'esempio più classico, e il bilancio vengono approvati con legge. Ovviamente non sono leggi a contenuto normativo, non sono leggi che disciplinano la vita dei consociati, ma sono leggi che servono ad approvare degli altri atti. Perché? Perché il Parlamento è al centro del sistema, la sovranità appartiene al popolo e quindi il popolo in forma rappresentativa la esercita attraverso il Parlamento.
La nostra Costituzione repubblicana carica ancor più la legge di compiti ulteriori: articolo 8, l'approvazione delle intese, articolo 43, la legge provvedimento di espropriazione, e una legge di cui si discute tanto in queste settimane, l'articolo 116, terzo comma, l'approvazione delle forme di autonomia speciale. La legge perde il suo Pag. 4contenuto normativo e acquista anche il contenuto approvativo. Inoltre, la conversione del decreto-legge (su cui poi torneremo). Se andiamo a leggere i vecchi scritti di Sandulli – siamo a fine anni '60, quando ancora non era iniziato l'abuso del decreto-legge – si diceva che la legge di conversione del decreto-legge quale legge meramente formale non potesse contenere emendamenti, dovesse essere una legge prendere o lasciare.
Ancora la legge di delega: la legge di delegazione è in parte una legge meramente formale, e poi l'articolo 80, l'articolo 81, l'articolo 82. La legge che approva le Commissioni d'inchiesta ha un contenuto normativo? No, però viene fatto con legge. Perché? Perché l'atto proprio del Parlamento è la legge, la legge non è più solo normativa: questo è il primo fenomeno di crisi, di erosione della centralità della legge nel sistema delle fonti; la legge perde il suo spazio, perché la legge diventa anche altro, non serve più solo a regolare la vita dei cittadini.
Dall'altra parte, togli competenze alla legge (vado rapidamente perché sono cose che sappiamo) verso il basso, le regioni, e verso l'alto, l'Unione europea. Ancora, ti accorgi che il procedimento legislativo diventa sempre più difficoltoso, ma diventa difficoltoso – credo – per ragioni politiche, oltre che per ragioni giuridiche. Proprio in questi giorni ricordavo l'approvazione della legge sul divorzio, l'ultima settimana di novembre del 1970 una seduta durata sette giorni interi, con il Presidente Pertini che non riusciva a tenere l'Aula, erano i tempi dell'ostruzionismo, di questi grandi discorsi, poi arriverà il contingentamento dei tempi, però la legge non sempre riesce a decidere le cose, quindi già dagli anni '70, proprio in quelle settimane, comincia l'abuso del decreto-legge, il decretone Colombo, il primo grande decreto-legge reiterato, omnibus, siamo sempre lì, a fine 1970. Perché? Perché con il procedimento ordinario non riesci a disciplinare rapidamente le cose.
Da allora, fin dagli anni '70, restando nell'ambito Parlamento e Governo, il circuito democratico principale, il peso della produzione normativa, inizia a spostarsi sul decreto-legge e sul decreto legislativo, perché decreto-legge e decreto legislativo diventano – uso una metafora – le due corsie preferenziali per consentire il rapido svolgimento dell'attività legislativa.
Predieri, 1975: che cos'è il decreto-legge? Iniziativa legislativa rinforzata dall'urgenza. Siamo nel 1975, quindi ci dice quello che poi abbiamo scoperto in questi 40 anni successivi, che se il Governo vuole avere la sicurezza che un disegno di legge venga votato entro 60 giorni, conviene fare un decreto-legge, e siamo negli anni in cui si istituisce il Ministero dei beni culturali con decreto-legge. Sull'articolo 77 in Assemblea costituente vi fu una discussione per specificare che il Governo non adotta decreti, ma adotta provvedimenti, quindi misure concrete, misure puntuali, non certo istituire un Ministero, che è una norma, e ci fu un emendamento apposta su questo, proprio per capire cosa dovesse essere il decreto-legge, e questo lo leggiamo anche scusatemi nella struttura sintattica degli articoli 76 e 77, che sono scritti come eccezioni e sono tutti in negativo.
Invece, proprio dagli anni '70 si comincia da una parte con il decreto-legge, comodissimo strumento (Manzella, treno rapido che attraversa le paludi dei lavori parlamentari), dall'altra con la delega, perché la delega, che inizialmente era stata pensata soltanto per i codici, per i grandi Testi unici, diventa lo strumento quando non c'è tempo di mettersi d'accordo.
Negli anni '70 e negli anni '80 si continua ad approvare tantissime leggi ordinarie soprattutto sui piccoli problemi, le cosiddette «leggine», leggi approvate in Commissione deliberante, spesso con contenuto banale: un monumento nazionale, una festa, poi, andando avanti negli anni, la Giornata dei nonni, la Giornata del dono. Lo si fa con queste piccole leggi approvate in Commissione. E tutto si carica sul decreto-legge. Non serve che vi ricordi la reiterazione in quegli anni, cioè negli anni '80 e '90 si facevano 40 decreti-legge al mese, che erano diventati la misura principale di produzione normativa, con una gravissima lesione della certezza del diritto (come affermòPag. 5 la sentenza della Corte costituzionale che dichiarò incostituzionale la reiterazione).
Anche dopo allora, anche dopo il 1996, quando finisce la reiterazione, noi ci troviamo ad avere una produzione legislativa non costituzionalmente corretta come quantità. Diciamo che ogni anno (cito un numero grossolano) ci sono mille nuove norme, mille nuovi atti; tra questi abbiamo gli atti comunitari, gli atti regionali, poi abbiamo una serie di atti su cui lo Stato non riesce più a entrare, come la regolazione di internet (chi decide dentro Google cosa si fa o come funziona il profilo Instagram?). È quello che noi chiamiamo il soft law, quest'area sempre più ampia in cui gli Stati nazionali non riescono a mettere bocca, quindi hai una buona parte della produzione normativa che va proprio al di fuori del controllo del Parlamento, perché o è competenza di altri organi o è competenza di questi mercati sovranazionali, la vecchia lex mercatoria, in cui i Parlamenti non riescono ad entrare.
Fatto cento quello che resta, oggi metà non è leggi ordinarie, cioè ormai stabilmente, da circa vent'anni, hai un numero dei decreti-legge e decreti legislativi che sono di più rispetto alla legge ordinaria, quindi oggi è un sistema delle fonti, e poi abbiamo tutta una serie di altri atti ancora, regolamenti delle Autorità indipendenti, statuti comunali e provinciali e così via. Quindi cos'hai? Un sistema delle fonti disordinato; la vecchia piramide di Kelsen pulita, legge, regolamento, consuetudine non c'è più, è un sistema fatto ad arcipelago, fatto ad isole, quindi un sistema disordinato di produzione normativa, in cui, secondo me, la cosa più grave è la perdita di centralità del ruolo del Parlamento.
Il Parlamento come dovrebbe – domanda che mi faceva il presidente – recuperare la sua centralità? Innanzitutto mettendo ordine nei lavori parlamentari, e lì basterebbe (mi permetto, da accademico è sempre più facile proporre) stabilire delle corsie preferenziali nei lavori parlamentari. Lo si può fare con regolamento. Sappiamo che c'è sempre la piena parità formale di tutte le iniziative legislative, però sappiamo che nella nostra forma di governo parlamentare ad oggi il Governo, l'Esecutivo, ha una plusvalenza, perché c'è la fiducia che lo lega, quindi i disegni di legge governativi si potrebbe dire che hanno una corsia preferenziale, cioè vengono necessariamente approvati o votati «entro il». Il tentativo di riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016 avrebbe scritto anche in Costituzione una cosa del genere, ma non serve scriverlo in Costituzione, bastano i regolamenti parlamentari e si può fare benissimo.
Seconda cosa, il Parlamento dovrebbe riappropriarsi delle grandi leggi di principio. Lo sollecita anche la relazione del Presidente della Corte costituzionale Barbera di un mese fa: il doppio cognome, l'eutanasia, aspettiamo la legge. So che sono temi difficili, però, tornando agli anni '70, in quegli anni così difficili il Parlamento riuscì a fare la riforma del diritto di famiglia, il divorzio, l'aborto, il transessualismo, temi ben divisivi, che però hanno bisogno di una legge, anche perché non c'è nulla da fare; in questo c'è un grande ruolo di supplenza della Corte costituzionale, che come paladina dei diritti riceve tutti questi inviti a intervenire su tutta una serie di nuovi diritti. Ma non spetta alla Corte costituzionale fare, e il caso Cappato, l'eutanasia, ce lo dimostra, il bilanciamento tra i diritti.
L'ultima parola spetta al Parlamento, il Parlamento deve intervenire, deve riappropriarsi di questo spazio e fare le grandi leggi di principio, perché ne abbiamo bisogno, perché, quando c'è un fenomeno sociale si ha la necessità della regolazione, poi io da cittadino posso decidere che non divorzio, non faccio l'aborto, però devo avere la gabbia normativa per poterlo fare, non posso restare a una sentenza della Corte costituzionale.
Probabilmente, con la corsia preferenziale per i disegni di legge governativi il decreto-legge tornerebbe al suo posto come atto d'eccezione, perché il decreto-legge nasce come atto di eccezione, e c'è una letteratura sterminata durante lo Statuto Albertino, quando nasce per consuetudine il decreto-legge.Pag. 6
La terza cosa importantissima è il ruolo del Parlamento sulla delega legislativa, perché ormai sappiamo che la delega legislativa occupa quasi metà della produzione normativa, i principali atti normativi, dal Codice degli appalti alle grandi riforme del pubblico impiego, vengono fatti con delega legislativa, le leggi di delega sono necessariamente vaghe, perché non possono andare a dettagliare più di tanto, il punto secondo me oggi importante è la natura dei pareri che vengono approvati dalle Commissioni parlamentari sugli schemi di decreti legislativi.
Abbiamo visto, a partire soprattutto dalla legge sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, questi meccanismi di rinforzare il parere, il doppio parere, il parere vincolato, il parere col termine, però sappiamo anche che alla fine, malgrado la differenziazione fra condizioni e osservazioni, motivando nella relazione il Governo può disattendere.
Io mi permetterei di proporre di pensare a una riforma costituzionale con un semplice secondo comma dell'articolo 76, per chiarire questi pareri che natura hanno e dargli un certo grado di vincolatività, anche perché nell'articolo 76 è scritto che la delega legislativa riguarda l'esercizio della funzione legislativa, non la funzione stessa, quindi significa che la funzione legislativa è del Parlamento, per cui è pienamente legittimo se il Parlamento rende vincolanti i suoi pareri.
Ovviamente questi rimedi non riescono a entrare sul governo di Internet, sul diritto all'oblio, sulle fake news, che oggi sono fenomeni che stanno prendendo tutta un'altra piega e tutta un'altra regolazione, vedremo cosa accadrà sull'intelligenza artificiale, ovviamente sono temi difficilissimi, tutti i temi soprattutto tecnici e tecnologici è difficile che oggi vengano regolati da atti parlamentari, però la vita dei consociati deve essere dettata dal Parlamento, cioè dobbiamo tornare all'idea «La Loi est l'expression de la volonté générale», dobbiamo riuscire a rimettere la legge al suo posto.
L'articolo 70 ce lo dice benissimo, e poi è l'idea del parlamentarismo inglese di fine '700, la legge può far tutto, salvo modificare l'uomo in donna, quindi quell'idea, l'onnipotenza del Parlamento. Gli inglesi avevano tagliato la testa anche a Carlo I per arrivare ad affermare questa prevalenza del Parlamento, però l'idea è quella, siamo una Repubblica parlamentare e la funzione normativa deve essere esercitata dal Parlamento.
Oggi la funzione del Parlamento è sbiadita, è sbiadita per tutta questa serie di ragioni, però la si potrebbe recuperare in maniera robusta anche con riforme non costituzionali, salvo forse quella dell'articolo 76, ma anche su quella sull'articolo 76, sulla delega, forse un intervento dei regolamenti parlamentari potrebbe già indirizzare la natura di pareri.
Forse sono stato un po' disordinato, ma il tema è veramente magmatico, però sono volentieri aperto a possibili domande.
PRESIDENTE. Grazie, professor Celotto.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.
ROBERTO CATALDI. Trovo molto interessante il suo intervento, professore, e vorrei capire, a questo punto, se il progetto di premierato sia compatibile con il sistema democratico, perché, ferma restando questa situazione in cui mi sembra di capire che il potere legislativo di fatto sia stato usurpato dal potere esecutivo, se non si mette mano a una riforma in tal senso passare questi poteri a un premier, che avrà anche la possibilità di decidere di dimettersi e imporre al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere, mi sembra poco compatibile con la democrazia.
Vorrei qualche riflessione su questo. Grazie.
ALFONSO COLUCCI. Professor Celotto, lei ci ha illustrato come il fattore tempo sia entrato drammaticamente nella qualificazione della norma e come il Parlamento non sia stato in grado di adeguare la propria attività ai tempi.Pag. 7
Ci ha anche spiegato come esistano forme di produzione normativa soft, che sono extraparlamentari, il mercato, e come il sistema delle fonti sia diventato un arcipelago ormai, si è quindi soffermato sulla necessità del recupero della centralità del Parlamento, ha accennato alla possibilità di fornire, attraverso modifiche regolamentari, una corsia preferenziale ai disegni di legge di origine governativa, alla luce dell'esigenza – teorica ancor prima che pratica – del Parlamento di riappropriarsi dei grandi temi fondativi. Ha infine evidenziato la necessità di una chiarificazione o addirittura una modifica costituzionale sulla funzione dei pareri parlamentari nei decreti legislativi.
Volevo chiederle, ma naturalmente queste riflessioni la impegneranno nelle prossime due ore, come posso immaginare, in questa Aula parlamentare, Presidenti consentendo, se lei non ritenga utile anche una revisione parziale del bicameralismo perfetto, nel senso di pensare che ci siano delle grandi leggi, ad esempio come la legge di bilancio, che possono essere istruite o alcuni atti importanti che possano essere deliberati dai due rami del Parlamento contestualmente, oppure un bicameralismo regolamentare, cioè un adeguamento al bicameralismo dei regolamenti, ad esempio mediante un esame congiunto da parte delle Commissioni competenti, due deliberazioni formali da parte delle Camere, ma un esame congiunto da parte delle Commissioni competenti.
Volevo chiederle anche una riflessione su un eventuale controllo della Corte costituzionale, che attualmente non è previsto ex ante, sul ricorso dei requisiti formali del decreto-legge (articolo 77, straordinari requisiti di necessità e urgenza), se lei consiglierebbe di adottare un metodo di questo tipo, come ad esempio previsto nella Costituzione francese.
Ultimo (e questo la impegnerà per un'ora), se lei ritenga necessaria una revisione della disciplina, anzi l'introduzione di una disciplina dei partiti politici e, in caso affermativo, quali linee guida detterebbe.
Mi rendo conto della complessità e soprattutto della ponderosità di questi temi.
ANDREA GIORGIS. Grazie, professor Celotto. La proposta che lei, professore, suggerisce, volta a garantire, attraverso una innovazione, regolamentare, corsie preferenziali all'iniziativa governativa è una ipotesi che i nostri regolamenti per molti versi già contemplano.
Si discute da molto tempo, ci sono anche dei disegni di legge che sono stati presentati sia nella scorsa legislatura, sia in questa, di riforma costituzionale che ripropongono la costituzionalizzazione dell'istituto che, con formula sintetica, viene definito «voto a data certa», ma in realtà i nostri regolamenti già contengono l'istituto del voto a data certa.
Il voto a data certa, se lo si costituzionalizzasse, forse avrebbe una maggiore cogenza, però dal punto di vista delle disposizioni regolamentari è già oggi possibile immaginare che l'iniziativa legislativa del Governo possa avere tempi relativamente certi.
C'è una domanda alla quale faccio fatica a trovare una risposta. A legislazione invariata il Governo potrebbe ricorrere a disegni di legge e avere più di una garanzia per il rispetto dei tempi definiti, tanto più che stiamo vivendo un'esperienza di legislatura nella quale la maggioranza dispone di numeri che le rendono possibile sostanzialmente definire ogni aspetto.
C'è inoltre un profilo che andrebbe forse maggiormente indagato, quindi non me la sento di affermarlo con quella certezza che è possibile solo dopo un certo studio, ma a me sembra che si stia verificando anche una certa flessibilizzazione delle norme regolamentari e che ci sia una tendenza – di per sé inevitabile, ma a mio avviso preoccupante – da parte della maggioranza di esercitare il potere che ogni maggioranza ha in quanto maggioranza, indipendentemente dai limiti che le norme regolamentari o le prassi consolidate pongono per quanto riguarda sia i tempi degli interventi, sia i tempi dell'Aula, sia l'applicazione di varie forme di tagliola.
C'è una tendenza in questa legislatura ad accelerare tutte le volte in cui si vuole accelerare, una certa insofferenza verso il rispetto di procedure, tempi e garanzie Pag. 8delle opposizioni, che mi rende ancora più difficile trovare la risposta alla domanda che mi sono posto e che pongo a lei, perché, a fronte di questo atteggiamento che dimostra una certa insofferenza verso i limiti, a fronte di una disciplina regolamentare, a fronte di una legislazione che presenta profili di scarsa qualità oggettivamente riconosciuti, e quindi non c'è un grande beneficio da questa proliferazione di decreti-legge in termini di risposta alle domande dei cittadini, alla fine non è tanto chiaro quale sia la spinta razionale che induce a un tale abuso della decretazione d'urgenza.
Le formule del treno rapido che attraversa le paludi parlamentari sono formule apparentemente molto efficaci, che sembrano dare una risposta razionale, ma, se poi guardiamo, queste paludi non ci sono, sono dei ruscelletti che si possono tranquillamente attraversare senza difficoltà, e, quando la maggioranza decide di attraversarli, non incontra alcun ostacolo, il calendario cambia, viene rivisto, la Conferenza dei Capigruppo lo ridefinisce.
La certezza di avere l'iniziativa legislativa dell'opposizione discussa in Aula (la cd. quota opposizione) non è stata per il momento assolutamente garantita, cioè se noi guardiamo i disegni di legge che sono stati discussi e quelli che sono stati portati in Aula, ci accorgeremo che non è stato discusso praticamente nessun disegno di legge, quando è stato discusso la discussione è durata nove minuti come nell'ultimo caso.
Penso alla proposta di riforma costituzionale degli articoli 116 e 117 della Costituzione, sette mesi di discussione della proposta di iniziativa governativa, nove minuti di discussione sulla riforma costituzionale, cioè dove sta questo ostacolo che il Parlamento frappone alla domanda di una risposta immediata e al desiderio del Governo di darla?
Lo dico perché temo che un pezzo di risposta stia soprattutto sul piano sostanziale e forse sul fatto che oggi nel rapporto Parlamento/Governo il baricentro del potere politico, al di là del sistema delle fonti, sia drammaticamente spostato sul Governo e non vi sia all'interno del Parlamento alcuna rivendicazione, alcuna consapevolezza di questa funzione.
Mi verrebbe da chiedere quindi se una misura oggi di effetti non immediati, però indispensabili sia attuare l'articolo 49. Io ne sono sempre più convinto. Senza un'attuazione dell'articolo 49, temo che ogni innovazione giuridico-formale non possa bastare. Naturalmente un'innovazione moderna, immaginando istituti che tengano conto delle modalità attraverso le quali oggi la partecipazione si dispiega, delle trasformazioni tecnologiche, delle trasformazioni sociali, perché altrimenti il Parlamento oggi non rivendica, non reclama, non c'è uno scontro tra Parlamento e Governo, non c'è una maggioranza di parlamentari che cerca di esercitare le proprie prerogative, o almeno io non lo avverto.
Non c'è alcun argomento razionale in questa modalità di legiferare, non si può dire che si sacrifica la partecipazione del Parlamento, ma in cambio si ha un'efficienza regolativa, perché la qualità della legislazione è una qualità che i decreti-legge non riescono ad assicurare, e lo dimostrano i tipi di materie che vengono deliberati, quindi è una questione veramente molto profonda.
PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Comitato per la legislazione del Senato.
Prima di lasciare la parola al professor Celotto, segnalo che l'esperienza che ho fatto io in questi anni dice una cosa molto evidente, cioè che l'equilibrio tra i poteri è totalmente scomparso e che perfino i regolamenti parlamentari sono fortemente intersecati dalla volontà del Governo, perché altrimenti non ci si spiega perché i regolamenti parlamentari non vanno nella direzione del voto a data certa. Il decreto-legge contiene l'immediatezza dell'entrata in vigore e questo ha creato il meccanismo per cui allora io oggi faccio il Consiglio dei ministri, vado incontro alle esigenze che ci sono nel Paese, decido domani una cosa che entra subito in vigore.
Non ci resta come Comitato per la legislazione che avviare una procedura di richiesta di pronuncia della Corte costituzionale, perché maggioranza e opposizione non c'entrano nulla, però se nel frattempo Pag. 9la funzione parlamentare è ridotta ai minimi termini, non tutti potrebbero avere la percezione esatta dei cambiamenti che sono intervenuti, perché magari sono arrivati da poco.
Lei ha citato Colombo e poi ha detto che da vent'anni i decreti-legge e i decreti legislativi sono più numerosi delle leggi ordinarie. È un fatto, però questa cosa si è andata così deteriorando che oggi altro che «leggine», lei dovrebbe vedere qual è la produzione legislativa per iniziativa parlamentare, evito di commentarla perché inorridisco, diciamo che ormai discipliniamo le sagre di paese.
Se è così, se la Costituzione deve essere violata sistematicamente, andando contro, anzi sbeffeggiando i padri fondatori, bisognerà mettere un freno, perché così non va bene, c'è uno squilibrio troppo evidente, e questo ha una conseguenza pratica; inoltre i partiti sono morti e non so a che cosa si potrà fare dal punto di vista legislativo per rianimarli, e poi c'è il dato concreto che una politica istituzionale fatta così porta alla sfiducia, perché altrimenti come si spiega il fatto che la gente non vuole più andare a votare? Perché pensa di non contare, ma mia nonna, che era analfabeta, andava a votare e non si sbagliava, adesso non è più così, quindi c'è un problema grosso che soprattutto studiosi del diritto costituzionale come voi dovrebbero porsi.
Io ho insistito molto per fare questa indagine conoscitiva, perché volevo che emergessero queste cose, perché altrimenti si fa finta che non ci siano, quindi lei oggi ha detto quello che già altri colleghi hanno detto, c'è una coralità di posizioni convergenti in tal senso, e non possiamo pensare che mettiamo il tappeto sopra la polvere.
Do la parola al professor Celotto per la replica.
ALFONSO CELOTTO, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma. Parto proprio da lei, presidente. Mi ha fatto venire in mente la famosa nota di Branca quando uscì dalla Corte costituzionale, il quis custodiet custodes? La Corte costituzionale, che doveva essere un organo di garanzia, è diventato sempre più un interlocutore del Parlamento, però se noi andiamo a vedere bene, la Corte costituzionale è diventato il grande interlocutore sui diritti, sulla parte prima, infatti nessuno parla mai di modifiche della parte prima dei diritti della Costituzione, perché la riservatezza e tutto il resto li ha creati la Corte costituzionale, che li ha messi nel tessuto costituzionale come interprete privilegiato.
La seconda parte non spetta alla Corte costituzionale, perché la Corte costituzionale, quando va a sindacare i presupposti del decreto-legge, lo fa sempre con grande cautela (le sentenze del 1995, la n. 29 del 1995), non dichiara mai che i presupposti non ci sono, casomai interviene a censurare la norma intrusa, cioè si cerca di arrivare di lato. Perché? Perché spetta al Parlamento, il bilanciamento dei poteri, secondo la Corte costituzionale, spetta al Parlamento. Ecco allora che non è compito suo andare a custodire il custode, perché nell'idea dei padri costituenti il Parlamento conta molto di più, perché domani mattina, con la sfiducia, manda via qualunque Governo.
Ci siamo accorti poi che invece si è capovolto completamente tutto, ma questo dagli anni '60 e '70, quindi è vero che c'è una preponderanza del peso governativo, ma come la combatti? Mi interessava molto l'intervento del senatore, professor Giorgis, perché la domanda era a sé stesso, perché io sono solo un accademico, lui è un accademico in Parlamento, quindi vede come funzionano le cose, io sono stato un accademico al Governo come Capo di gabinetto, quindi l'ho visto dall'altra parte, e anche da Capo di gabinetto ho visto cose interessantissime, forse mi mancherebbe un'esperienza in Parlamento per vedere anche come funziona dall'altra parte.
Cosa serve per ribilanciare la posizione parlamentare? Perché giustamente il Governo è insofferente dei limiti, gli istituti ci sono, non li applica, ma probabilmente per sciatteria, probabilmente per abitudine, probabilmente perché il decreto-legge sembra più comodo. Probabilmente servirebbe lo statuto dell'opposizione, tornando a vecchie cose più volte richiamate. Perché, senatore Cataldi, il premierato incide sulle Pag. 10fonti del diritto? No, non incide, apparentemente no, però incide pesantemente di fatto, e come fai a tutelare il Parlamento? Con lo statuto dell'opposizione, perché lo statuto dell'opposizione dovrebbe consentire di dire che a data certa vanno quattro disegni di legge di maggioranza, due di opposizione.
Dovrebbe essere una garanzia, poi sappiamo che le regole scritte non sempre vengono rispettate, come l'articolo 77 della Costituzione, lungo dibattito in Assemblea costituente, ma il decreto-legge lo vogliamo vietare e basta o ci mettiamo su quella che Ruini chiamò «la camicia di Nesso»? Meglio la camicia di Nesso, da cui non ci si riuscirà mai a liberare.
Eppure uno dei vizi più gravi e più evidenti del decreto-legge è la presentazione il giorno stesso al Parlamento, perché l'articolo 77 ci dice che il Governo approva e il giorno stesso lo deve presentare in Parlamento; e come la mettiamo con i famosi «salvo intese»? Ho capito poi stando dall'altra parte, dato che stiamo parlando in libertà, perché tu approvi oggi il decreto-legge, che molto spesso è un indice, poi fai 15 giorni di riunioni, quindi perché non torni in Consiglio dei ministri, lo riapprovi, sani il vizio e lo pubblichi il giorno dopo? Perché non hai la forza di reggere un secondo Consiglio dei ministri, nel senso che, se riporti quel testo in Consiglio dei ministri, ricominci da capo, perché dal condono edilizio all'immigrazione ci sono così tante cose da affrontare nei decreti omnibus che non ci riesci, quindi preferisci fare l'approvazione 15 giorni prima, lavorare su tutte le cose e poi a quel punto portarlo in Parlamento, ma, in questo modo la violazione dell'articolo 77 è gravissima: l'articolo 77 dice: «il giorno stesso».
Eppure la Corte costituzionale non lo vede, il Parlamento dovrebbe bocciare un decreto-legge solo per quella ragione, perché l'ha approvato 15 giorni fa. Perché non lo boccia? Perché il sistema è questo, quindi non puoi andare a vedere queste cose, ed invece le regole bisogna farle rispettare. Questa è proprio la più evidente, «il giorno stesso».
Servirebbe disciplinare i partiti politici? E allora i sindacati? Mentre ormai i sindacati siamo convinti che abbiano preso la loro disciplina fin dagli anni '60, per i partiti politici si torna a discutere sull'utilità di una legge, ma anche lì ormai il partito politico ha ancora il senso di Peppone e Don Camillo, che era il senso del partito politico di quando scrivi la Costituzione; oggi nel movimentismo non rischi il fenomeno di massa, non rischi il candidato su Instagram? Scherzando in questi giorni di premierato, stavamo facendo una chiacchierata il pomeriggio e ci chiedevamo se in Italia si facesse il vero presidenzialismo, se posso usare come capro espiatorio l'onorevole Colucci, alla fine vincerebbe l'onorevole Colucci o Fedez? Vince Fedez se fa una buona campagna su Instagram. Quindi devi anche capire quale deve essere la regolazione dei partiti e dei movimenti oggi che il pomeriggio le persone non vanno più in sezione di partito o in parrocchia, ma vanno su Instagram, e anche lì c'è la disaffezione. Sono provocatorio, ma che il sindaco di Roma si chiami Marino, Alemanno, Raggi, Gualtieri, a me cambia qualcosa? Le buche ci sono ancora, l'autobus arriva più puntuale? Non voto, e poi ci sorprendiamo che ancora si vendano i voti a 50 euro, sembra il comandante Lauro, le due scarpe. La bisnonna analfabeta, l'orgoglio della libertà, l'orgoglio di partecipare: in Italia fino agli anni '80 votava il 90 per cento delle persone regolarmente, perché l'appartenenza al partito era come l'appartenenza che oggi abbiamo solo per la squadra di calcio. Io sono romanista, tu sei laziale per sempre, io sono democristiano, tu sei comunista per sempre, oggi questo l'hai perso e, perdendo questa appartenenza, regoli i partiti politici? Sì, sarebbe utile, ma dovresti capire anche come oggi la rete possa creare tutto.
Non so se abbiate studiato bene il caso Cambridge Analytica, che è impressionante. Mentre se oggi devo candidarmi faccio un comizio e parlo a tutti e quindi cerco di essere cerchiobottista, con Cambridge Analytica Trump va a fare la differenziazione di 19.000 slogan diversi, perché fa lo slogan per il nord, per il sud, per i Pag. 11bianchi, per i neri, per gli alti, per i bassi, per quelli a cui piace il football, per quelli a cui piace la pallacanestro, ed è chiaro che quando arriva sul mio computer «se ti piace la pallacanestro vota Trump», mi sembra interessante, a me piace la pallacanestro, quindi devi capire anche il fenomeno politico, come vai a collegare la partecipazione con tutto questo? Inoltre ci arrivi con difficoltà a fare una legge sui partiti se non tieni conto del nostro terzo braccio, il monocameralismo. L'altra volta avevo fatto una statistica: nella scorsa legislatura 100 decreti legge convertiti, 94 hanno fatto solo un passaggio parlamentare effettivo, cioè sono arrivati dall'altra parte il penultimo giorno; delle ultime otto finanziarie, 7 sono state approvate da una sola Camera. È un fenomeno evidente ed è evidente che, al contrario, il bicameralismo non regge, non regge perché non ha i tempi, non regge perché puoi passare al monocameralismo, anche perché il pluricameralismo nasce dall'esigenza delle diverse rappresentanze, noi oggi abbiamo due Camere sostanzialmente omogenee, non abbiamo più il Senato delle regioni.
Potresti quindi passare a un monocameralismo, lo puoi fare, è un'altra scelta, a questo punto stiamo riscrivendo l'intera Costituzione. Prendi anche una scelta nitida sulle autonomie territoriali, perché sono vent'anni che stiamo a giocare con le province e con le regioni, più province e più regioni, meno province e meno regioni.
Abbiamo scritto il menu di riforme costituzionali per le prossime due legislature, però alla fine il bicameralismo non aiuta le fonti del diritto, il premierato non aiuta le fonti del diritto, modificare l'articolo 76, il voto a data fissa sono dei rimedi, possono anche essere dei pannicelli caldi, dipende da come li applichi, perché l'acqua occupa lo spazio che ha, non riesci sempre a contenerla, quindi hai bisogno di produrre norme.
L'altra cosa impressionante di questi ultimi dieci o vent'anni è la mancanza di leggi sistematiche, cioè fai queste leggi sporadiche, il pezzettino, per regolare questo o quello, e poi io stabilirei una regola – vi provoco – per cui le leggi restano in vigore dieci anni e non possono essere modificate, perché non è possibile che il Codice degli appalti in dieci anni subisca 800 modifiche, non è possibile, crea un'incertezza del diritto folle.
Questo nasce con i decreti legislativi integrativi e correttivi, perché tante volte l'ho visto stando al Governo, la delega sull'acqua scade fra due giorni, non sei pronto e butti lì un decreto legislativo, vediamo come va, tanto poi hai due anni di correzione. In questo modo, però, c'è una grande incertezza, cioè le leggi non dovrebbero essere corrette, dovremmo tornare ad Hammurabi, a scriverle sul marmo, a scriverle sulla diorite, per cui diventa più difficile correggere, anche se poi vai al British, anzi al Louvre (al British c'è la Stele di Rosetta), vedi il Codice di Hammurabi e ti accorgi che sul Codice di Hammurabi ci sono tre articoli su come si produce la birra possibile, resti incredulo, ma perché erano quelli i problemi di allora, il problema di chi fa la birra e come la fa.
Cosa voglio dire? Che sicuramente il Parlamento dovrebbe recuperare la propria centralità, nessuno di noi ha la bacchetta magica, soprattutto noi che siamo accademici e lo vediamo dall'esterno, però si sente che nel sistema il Parlamento ha perso qualcosa, e gli strumenti per farlo recuperare ci sono e il rimedio non è solo la mozione di sfiducia, deve essere un rimedio che parte dai Partiti, passa dalla partecipazione, passa dagli strumenti, passa dal ruolo della legge, perché la sfiducia è anche quella, cioè se ho un problema di eutanasia non deve passare dalla Corte costituzionale, mi serve una legge, anche facendo le grandi leggi il Parlamento difende la sua autorevolezza.
Sono stato anche qui disordinato, mi fermo per eventuali altre domande. Eraclito diceva che il disordine è meglio dell'ordine (frammento 54, se non sbaglio).
PRESIDENTE. Grazie, professor Celotto.
Che il Parlamento debba riappropriarsi del suo ruolo è fuori discussione, i parlamentari devono essere consapevoli della dispersione del loro ruolo. Se invece il Pag. 12grado di erosione è diventato più che accettato, è una cosa molto complicata.
ALFONSO CELOTTO, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma. Sono fenomeni che si sono stratificati negli anni, per questo ho citato Colombo, potrei citare per la questione di fiducia la «legge truffa», che poi forse tanto «truffa» non era.
PRESIDENTE. Era una cosa totalmente ragionevole, si riferiva a un premio molto ridotto a chi prendeva più del 50 per cento.
ANDREA GIORGIS. Faccio una considerazione che non voglio sia assolutamente interpretata come una polemica di carattere politico, che pure è nobile fare, ma non in questa sede, quindi vorrei che le mie considerazioni non fossero interpretate come un portare qui dentro, in questa sede, una questione che è oggetto di acceso scontro politico tra maggioranza e opposizione.
Vorrei invece sentire qualche considerazione del nostro ospite sul fatto che, al di là del come è fraseggiata, al di là delle tante critiche sollevate, dal punto di vista dell'orientamento, dell'indirizzo, la riforma del premierato cosa ci dice, qual è l'aspetto di carattere politico-culturale che a me sembra la caratterizzi, se vogliamo darle una caratura che prescinde dalla polemica politica, che pure è nobile ed è il sale della democrazia? Se uno volesse trovare un argomento per alzare il livello, nella riforma del premierato, secondo me, troverebbe immediatamente una radicale sfiducia nella possibilità che il Parlamento acquisisca o riacquisisca una sua centralità.
Quella riforma, secondo me, è una riforma che, al di là delle formule ad effetto, al di là del «decido io o decidi tu», sposta in termini formali, istituzionali ciò che nei fatti è già stato spostato, cioè la centralità della produzione normativa in termini di sovranità e legittimazione, sul Governo.
Qualcuno sostiene che questa riforma determinerà la marginalizzazione del Parlamento, determinerà un Parlamento per trascinamento, un Parlamento che diventa esecutore del Governo, del Presidente che vince, sarà un Parlamento composto come riflesso del risultato elettorale sul Presidente del Consiglio, un Parlamento non più dominus sul Governo, ed è esattamente così, perché il Parlamento non può più essere riattivato, e io vedo in questo una radicale sfiducia nei confronti di ciò che il Parlamento esprime, cioè il pluralismo politico e sociale.
Ci troviamo di fronte a un'epoca nella quale il problema del pluralismo, anziché essere affrontato assumendolo come un valore che comporta una grande fatica di mediazione e di sintesi per ricondurlo a unità, lo si nega, lo si esclude, lo si porta fuori, si fa come se non esistesse più, perché la verticalizzazione e la immediata legittimazione dell'Esecutivo ha delle ripercussioni sul sistema della partecipazione evidentissime e sul piano delle fonti significa certificare non più la sovranità della legge, intesa come atto di mediazione che testimonia un avvenuto processo di integrazione politica.
La legge nell'idea novecentesca è l'atto che dimostra che è avvenuto un processo di integrazione politica, cioè un momento in cui si è ricondotto a unità il pluralismo. La proliferazione del decreto-legge e la marginalizzazione del Parlamento cosa ci dice? Che il pluralismo non viene più ricondotto a unità attraverso un processo partecipativo, ma viene ricondotto a unità attraverso un atto autoritativo dall'alto, cioè l'integrazione non è più dal basso, è dall'alto. Il decreto-legge è questo.
Perché l'abuso della decretazione d'urgenza solleva un problema di forma di governo e di democrazia? Perché sposta, in maniera radicale, il processo di integrazione politica dal basso verso l'alto, dall'alto verso il basso. Migliora la qualità della regolazione? No. Produce maggiore efficienza? No. Quindi bisognerebbe mettere in discussione alcuni punti fermi che forse non andrebbero più considerati come tali, cioè che la modernità coincide con la velocità, che la modernità coincide con una produzione normativa sempre più immediata, sempre più consistente, perché lei ci ha appena detto che bisognerebbe imporre (era una provocazione) il vincolo di stabilitàPag. 13 per dieci anni, ma questa domanda di certezza e di stabilità è esattamente l'opposto di quello che invece si continua a ripetere in maniera acritica, per cui sarebbe invece necessaria una produzione sempre più veloce, sempre più capace di registrare le trasformazioni che quotidianamente si realizzano.
Qui bisognerebbe fermarsi e verificare quanto di ciò che viene costantemente ripetuto come bisogno istituzionale corrisponda davvero a un bisogno istituzionale, e la fase in cui ci troviamo è una fase in cui ho richiamato l'articolo 49, perché l'articolo 49 è un tentativo per riproporre il tema del pluralismo politico, economico e sociale, e di cercare di fare in modo che il pluralismo venga valorizzato e assunto come una a priori non rinunciabile.
Si apre poi il problema di come ricondurlo a unità. Qui noi siamo in una fase storica nella quale il tema del pluralismo è rimosso e si semplifica e si sposta tutto sul tema dell'unità, però questo è un grande tema che, secondo me, se riuscissimo a incrociarlo anche con l'aspetto più tecnico, ci aiuterebbe a meglio cogliere le ragioni per cui le soluzioni tecniche non sempre si dimostrano efficaci, se non si affronta l'aspetto di carattere più sostanziale.
ALFONSO COLUCCI. Condivido assolutamente le osservazioni fatte dal presidente Giorgis, che nel suo precedente intervento si chiedeva perché questa maggioranza o comunque una qualsiasi maggioranza, volendo astrarre, che abbia numeri così consistenti in Parlamento, si affidi a questa produzione di decreti-legge, a questa continua produzione di matrice governativa, e probabilmente qui c'è un fattore culturale alla base, esisto in quanto produco, il decisionismo come elemento qualificante dell'azione politica, prima ancora del contenuto dell'azione politica stessa. Questo è un problema fortemente culturale.
In secondo luogo, c'è un problema di pluralismo e di dibattito e scambio parlamentare, probabilmente non solo con riguardo alle opposizioni, ma anche all'interno della stessa maggioranza, per cui è più facile, secondo me, assumere le decisioni in un ristretto Gabinetto e poi portarle al Parlamento, che acriticamente dovrà approvarle.
La maggioranza si è sentita dire che questo provvedimento non è emendabile, la maggioranza non ha prodotto emendamenti su quel provvedimento, perché ha avuto l'input di non produrli, quindi potrei dire sinteticamente che forse tutto questo porta ad un allarme democratico, perché introduce elementi oligarchici nell'esercizio dell'attività legislativa, quindi non ha solo una funzione di rapporti con il Parlamento e di rivalutazione della dignità del Parlamento, ma ha anche un problema democratico, perché introduce un elemento oligarchico.
Io sono convinto che, se tutto questo avviene, avviene per un insieme di circostanze culturali, ma anche per una bassa o non idonea qualificazione del ceto politico, che in molti casi non è in grado di opporre all'idea «valgo in quanto produco norme» l'idea «in quanto decido contenuti che possano davvero rafforzare l'azione politica». Ecco perché introducevo l'elemento della riforma dei partiti.
PRESIDENTE. Volevo semplicemente aggiungere che di questo passo la lentezza delle democrazie e la velocità delle autocrazie porta ad una conclusione inevitabile.
Io ho fatto il Presidente della regione, perché si chiamavano e si chiamano ancora così, malgrado la forzatura di autodefinirsi e poi di autoproclamarli governatori, l'ho fatto nell'altro secolo ad elezione indiretta. Se io avessi marinato l'Aula consiliare, non avrei più trovato neanche la sedia, quindi è la dimostrazione pratica di cosa stiamo parlando, il Presidente della regione era incollato alla funzione legislativa, ma non era il dominus della funzione legislativa, il dominus era l'Aula consiliare.
Vada a vedere adesso cosa succede in quelle Aule consiliari, visto che c'è l'identificazione tra uomo forte che viene eletto direttamente, con tutta la funzione organizzativa e legislativa che ne consegue: non toccano palla, non c'è alcun consigliere regionale in grado di far approvare un'iniziativa sua.
Le vicende che ci stanno accompagnando in questi giorni e in queste ore sono Pag. 14frutto anche di questo, quindi non è che non sanno che il premierato è la derivazione concreta e la trasfigurazione del meccanismo dei governatori, lo sanno benissimo, mala tempora currunt.
ALFONSO CELOTTO, ordinario di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre di Roma. Un'altra cosa. Se pensiamo agli ultimi quindici anni della politica italiana, il pluralismo è stato garantito dal fatto che abbiamo avuto i Governi più diversi, cioè che si è riuscito, attraverso il meccanismo elettorale, a portare al Governo tutte le forze. Questa è una forma di pluralismo, certo, è una forma molto diversa di pluralismo, perché non passa più attraverso i partiti, ma passa attraverso un altro sistema. Lì poi andiamo al problema (parto dall'onorevole Colucci) del Governo dei migliori.
Alla fine, la patria della democrazia, l'Atene del V secolo, scelse il sorteggio, pensando che il sorteggio fosse un sistema migliore, e il grande padre della democrazia, Pericle, riuscì ad aggirare il sistema, perché si erano resi conto che non tutte le cariche potevano essere per sorteggio, quindi lo stratega militare doveva essere votato. Pericle riuscì a farsi eleggere per 29 anni consecutivi stratega militare, e giustamente Socrate criticava il padre della democrazia che aggirava il sistema, quindi il problema della scelta del modello è antichissimo e Platone parla della democrazia come lo strumento peggiore, che alla fine servirebbe le oligarchie.
La regolazione di Internet, di cui sto cercando di interessarmi, dimostra come oggi si torni verso le oligarchie, perché ci sono questi quattro o cinque enormi soggetti che non sai chi siano, Amazon, Google, che autoregolano il mercato al di là di ogni legge.
La legge in tutto questo cosa dovrebbe fare, come ci ricorda il senatore Giorgis? La grande mediazione. Negli ultimi mesi mi sono riletto bene la legge sul divorzio, che è stata una delle più grandi mediazioni della storia italiana, il tentativo di rendersi conto che era una legge che serviva, queste sedute parlamentari incredibili, le dichiarazioni di Togliatti che era lui stesso in violazione di legge, era concubino all'epoca, che dice «il divorzio fa male all'Italia, però è necessario».
Su quella legge vedi la grande mediazione dei Partiti, che arrivano da approvare una cosa così innovativa, perché è vero, in Assemblea costituente venne proposto il famoso emendamento La Pira ed altri di aggiungere «indissolubile» all'articolo 29, non passò per due voti, ma soprattutto fu la prima volta che l'Assemblea costituente fece il voto segreto, discutendo per tre giorni se poteva andare a voto segreto, eppure riuscì ad approvare cose come l'articolo 7 e l'articolo 8 a voto palese quasi all'unanimità, proprio perché il tema del matrimonio era un tema molto divisivo.
Pur non avendo scritto «indissolubile» all'articolo 29, il matrimonio di fatto è indissolubile, però ci si rese conto con una grandissima mediazione politica, che richiese dieci anni, che dovevi fare determinate cose e ci arrivasti.
Quello è il ruolo del Parlamento, soprattutto della legislazione per principi, perché quello che a me stupisce adesso è che tu vai a fare una norma sugli appalti, cerchi di farla dettagliatissima, poi passano due settimane e ti accorgi che non c'è l'appalto per gli impianti a fune, quindi aggiungi tre commi dettagliatissimi sull'appalto per gli impianti a fune. Ti accorgi poi che in quelli a fune non c'è la seggiovia e ne aggiungi un altro, e fai queste modifiche che si inseguono, quindi bisognerebbe ritornare a una legislazione per principi, invece in questa velocità, nell'esigenza della legislazione tecnica, che è un'altra cosa impressionante, metà del Codice dell'ambiente è illeggibile per un giurista sulle tipologie di rifiuti, sulle tipologie di sversamenti, perché devi cercare di andare a regolare bene queste cose, quindi bisogna utilizzare termini tecnici che per un giurista sono impossibili.
Serve regolarlo così o si dovrebbe rimanere al livello dei principi generali? Forse nella legge dovresti tenere i principi generali, nonostante il tentativo fallito di 30 anni fa, la delegificazione, che sembrava per anni il mito per sistemare tutto, poi ci si è accorti che nel nostro sistema approvare un regolamento governativo è molto più difficile che approvare Pag. 15un decreto-legge, quindi si è cominciato a modificare tutti quei regolamenti con decreto-legge sventrando completamente il sistema.
Il premierato. Sono stato in audizione qualche settimana fa, questo non è un premierato, è un mezzo premierato, perché in Italia sono già state fatte due riforme per un premierato, sindaci e Presidenti di regione, entrambi scelti come modello di presidenzialismo. Ovviamente abbiamo visto cosa è successo ai Consigli regionali, al ruolo rispetto ai cosiddetti «governatori regionali», certo, c'è una questione, l'identificabilità dell'eletto rispetto alle persone. Certo, legiferano anche, però il sistema di scelta è diventato per entrambi il sistema di identificazione personale, e sicuramente in questo modello leaderistico dei partiti che abbiamo è molto più comoda l'identificazione della persona.
Su questo tipo di non presidenzialismo non sono state prese tante scelte, perché non è ben chiaro quanti Governi puoi fare in una legislatura, non hai il potere di sciogliere il Parlamento se non al secondo Governo, non è chiara la questione della legge elettorale, che non dovrebbe essere in Costituzione, quindi è una scatola ancora da completare su tanti aspetti, per sapere il modello che vuoi, perché altrimenti ricordo sempre che la riforma costituzionale è una cosa così seria che spesso, appena fai una riforma costituzionale, ti accorgi che era meglio il testo precedente, e non cito il Titolo V, ma cito amnistia e indulto e immunità parlamentare (oltre al Titolo V, ovviamente). Anche lì riforme emozionali, l'immunità parlamentare «cambiamola, cambiamola», ma era meglio forse il vecchio articolo 68.
PRESIDENTE. Ringrazio molto di questa chiacchierata, non si fanno più queste chiacchierate, lei dovrebbe vedere come si svolgono i lavori nelle Commissioni ordinarie. Lasciamo perdere. Abbiamo dato vita solo a delle Commissioni d'inchiesta per stabilire chi ha ammazzato Rossi, ma le pare una cosa normale? Abbiamo 20 o 25 Commissioni d'inchiesta, dove questi deputati pensano di essere magistrati perché dicono agli auditi «lo giuri». Hanno invitato perfino i banchieri corrotti del Veneto, che ovviamente non hanno giurato, ma sono venuti a raccontare le balle della loro difesa, dicendo che la colpa è della Banca d'Italia, e andiamo bene se questa è la prima esperienza della Commissione banche di cui ho fatto parte, pur avendo detto che non la votavo.
Comunque, grazie per tutte le cose che ci ha detto. Il seguito dell'indagine conoscitiva congiunta è quindi rinviato a martedì 16 aprile, alle ore 13, presso il Senato della Repubblica, cioè a casa del professor Giorgis, per l'audizione del professor Sandro Staiano, ordinario di diritto costituzionale presso l'Università Federico II.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 18.50.