XIX Legislatura

Comitati Riuniti (Comitato per la legislazione della Camera dei deputati e Comitato per la legislazione del Senato della Repubblica)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Lunedì 12 febbraio 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE

Audizione del Prof. Francesco Saverio Marini, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata», e della Prof.ssa Marta Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Marini Francesco Saverio , ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» ... 4 
Tabacci Bruno , Presidente ... 14 
Cartabia Marta , presidente emerita della Corte Costituzionale ... 14 
Tabacci Bruno , Presidente ... 23 
Giorgis Andrea  ... 23 
Tabacci Bruno , Presidente ... 25 
Marini Francesco Saverio , ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» ... 29 
Tabacci Bruno , Presidente ... 30 
Cartabia Marta , presidente emerita della Corte Costituzionale ... 30 
Giorgis Andrea  ... 31 
Tabacci Bruno , Presidente ... 32

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE DELLA CAMERA
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 16.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la resocontazione stenografica, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Prof. Francesco Saverio Marini, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata», e della Prof.ssa Marta Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale.

  (Svolgimento e conclusione).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Francesco Saverio Marini, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata», e della professoressa Marta Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale, già Ministro della giustizia, sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione.
  Ringrazio il professor Marini e la professoressa Cartabia per aver accettato di partecipare all'odierna audizione.
  Inizierà il professor Marini, a seguire la professoressa Cartabia, poi i deputati e senatori che, in presenza o in collegamento, ritengano di svolgere un intervento o di rivolgere delle Pag. 4domande ai due professori auditi, dopodiché ci sarà l'eventuale loro replica conclusiva.
  Detto questo, cedo la parola al professor Marini.

  FRANCESCO SAVERIO MARINI, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata». Signor presidente, innanzitutto ringrazio per l'invito a questa audizione.
  Le brevi considerazioni che mi accingo a esporre su talune delle questioni più problematiche dal punto di vista costituzionalistico, che attualmente scaturiscono dal ricorso alla decretazione d'urgenza, richiedono una precisazione a titolo di premessa, per quanto questa possa apparire anche ovvia.
  È fin troppo noto che nell'ambito della produzione normativa statale, dunque nel sistema complessivo delle fonti del diritto, l'abuso del decreto-legge suscita un problema, ed è un aspetto oggetto di constatazione e di consapevolezza non solo da parte della dottrina costituzionalistica ormai da svariati decenni, ma in generale dal mondo istituzionale, al punto che ci si potrebbe anche chiedere, in parte provocatoriamente, se la nozione di abuso sia ancora utilmente spendibile nei riguardi di prassi così costanti e prolungate, le quali nel corso di un periodo di tempo tanto lungo non sembrano aver dato luogo a reazioni strutturalmente ed efficacemente contenitive o correttive.
  I dati a questo riguardo sono quanto mai indicativi. Per limitarsi alle ultime legislature, la percentuale di leggi di conversione rispetto alla totalità delle leggi approvate dalle Camere è abbastanza impressionante: è di quasi un terzo nella XVI Legislatura, il 27 per cento, il 21,9 nella XVII e poi sale addirittura al 33 e al 47,2 per cento nelle legislature successive, cioè nella legislatura in corso.Pag. 5
  Molteplici sono i fattori che hanno contribuito alla progressiva trasformazione in fonte ordinaria di uno strumento normativo che era stato concepito dal Costituente come uno strumento eccezionale o straordinario. Tra tali fattori, alcuni sono inquadrabili sul piano dell'organizzazione dello Stato (in particolare, mi riferisco all'ambito dei rapporti tra Governo e Parlamento), altri incidono più specificamente sul sistema delle fonti.
  Quanto ai primi, va rilevato che la tendenza del Governo a esondare nell'attività normativa primaria, erodendo de facto competenze che sono invece riservate alle Camere, emerge in una pluralità di istituti e di prassi. Mi riferisco alla delegificazione o all'elusione del limite dei principi e dei criteri direttivi nelle leggi delega. Si tratta tuttavia di una dinamica che trova riscontro nell'evoluzione delle forme di Governo della maggior parte delle democrazie occidentali e che è riconducibile alla trasformazione del Governo da organo meramente esecutivo ad organo direttivo della maggioranza parlamentare.
  Quanto al sistema delle fonti, assume primaria rilevanza l'emendabilità del decreto-legge in sede di conversione, ossia, paradossalmente, un potere che è stato esercitato proprio dalle Camere, che sono finite per essere le principali vittime dell'abuso della decretazione, emendabilità che un'autorevolissima per quanto minoritaria dottrina (mi riferisco in particolare a Carlo Esposito) tendeva invece a escludere o quantomeno a circoscrivere con nettezza, ritenendo che oggetto di conversione o di mancata conversione dovesse essere, in base alla lettera dell'articolo 77, l'atto decreto-legge e non le singole norme in esso contenute.
  L'affermarsi in via di prassi o, più correttamente, ormai in via consuetudinaria della tesi opposta, dunque l'ammissione del potere delle Camere di emendare il contenuto dei decreti-legge, Pag. 6sia pure con le forme di temperamento successivamente richieste dalla Corte Costituzionale, ad esempio nella sentenza n. 22 del 2012, ha indirettamente avallato e rafforzato la propensione dei Governi al ricorso abnorme a questo mezzo.
  La possibilità di emendamento, infatti, ha inserito il decreto-legge all'interno di una logica di scambio tra Governo e Parlamento. Come ha ricordato da ultimo Celotto, grazie all'emendabilità il decreto-legge risulta comodo al Governo, ma comodo anche al Parlamento, a fronte della condiscendenza nei confronti del protagonismo normativo del Governo, i parlamentari possono avvalersi dell'opportunità di introdurre disposizioni ulteriori, la cui eventuale approvazione beneficia dei tempi rapidi, costituzionalmente prescritti per la legge di conversione.
  È dunque all'interno di un quadro già caratterizzato da elementi di criticità annosi e perduranti che sono venute a inserirsi più o meno recentemente alcune tendenze altrettanto, se non ancor più problematiche, in termini di decretazione d'urgenza, come la confluenza e l'intreccio tra decreti-legge, i decreti-legge a contenuto multisettoriale e il connesso accentuarsi del cosiddetto «monocameralismo di fatto alternato».
  Per quanto in particolare concerne la confluenza e l'intreccio, si tratta di fenomeni che, pur avendo caratteristiche diverse, danno luogo a difficoltà che presentano aspetti comuni, i quali sono individuabili, in via di estrema sintesi, nella realizzazione di un andamento sostanzialmente disordinato della produzione normativa, nell'emersione di questioni dubbie di diritto intertemporale e, più in generale, nell'esaltazione delle potenzialità negative di una decretazione d'urgenza che, oltre a dipanarsi senza consistenti freni quantitativi, finisce con l'avvolgersi su se stessa, non senza danno per la qualità della normazione.Pag. 7
  Inoltre, la patologica fluidità e l'instabilità del risultato normativo in tal modo prodotto mettono in sofferenza già nel brevissimo periodo le esigenze connesse alla certezza del diritto e ad una relativa durevolezza della scelta regolativa. Non sempre, infatti, è agevole ricostruire nel periodo di conversione la normativa applicabile alle fattispecie in presenza dei decreti cosiddetti «matrioska», che potrebbero a loro volta essere modificati in sede parlamentare.
  Tali aspetti poi vanno a combinarsi con le ricadute negative che si determinano sul piano parlamentare nell'ambito del procedimento di conversione. Per quanto concerne la confluenza dei decreti, è evidente che le «matrioska» o i «minotauri», come pure vengono icasticamente definiti, che in tal modo si creano, accrescono la difficoltà delle Camere di realizzare nel tempo a disposizione un esame puntuale dell'atto posto in conversione, in ragione del tour de force imposto dalla proliferazione e stratificazione delle disposizioni.
  In aggiunta, il fenomeno della modifica da parte di un decreto successivo di un precedente decreto ancora in corso di conversione, o la presentazione di maxi emendamenti da parte governativa possono rendere di fatto inutile, in tutto o in parte, l'attività normativa di esame già svolta.
  Sul piano istituzionale si realizza in tal modo un ulteriore paradosso, poiché attraverso gli emendamenti il Governo finisce per appropriarsi anche dello strumento che le Camere hanno utilizzato per legittimare il carattere ordinario della decretazione d'urgenza, sottraendolo ancora una volta alla maggioranza parlamentare.
  Sul piano del sistema delle fonti, questa prassi è del resto coerente sviluppo della trasformazione di una fonte, che – ripeto – era stata concepita dal Costituente come extra ordinemPag. 8e che invece è diventata una fonte legale o secundum ordinem attribuita al Governo.
  Né appaiono maggiormente confortanti le conseguenze che vengono provocate sul piano parlamentare dai decreti-legge cosiddetti «omnibus» o a contenuto multisettoriale. A tacer d'altro, un decreto-legge incidente su settori normativi non omogenei richiede, in sede di conversione, il coinvolgimento di una pluralità di Commissioni a vario titolo, referente o consultivo. Ciò determina inevitabilmente una gestione del procedimento di conversione più complessa e tortuosa, che difficilmente resterà priva di conseguenze rispetto alla linearità dell'esame.
  Peraltro, la natura eterogenea di un decreto-legge non può non avere ricadute nella fase emendativa, con riguardo alla stessa valutazione dell'ammissibilità delle proposte di emendamento. È evidente, infatti, che in simili circostanze il criterio dell'estraneità della materia è destinato a subire uno sviamento e una torsione nel momento dell'applicazione.
  Il caso dei decreti multisettoriali, del resto, è particolarmente utile per mostrare la insoddisfacente adeguatezza della leva normativa primaria, al fine di contenere e correggere la decretazione d'urgenza. Come è noto, l'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, già stabilisce espressamente che il contenuto dei decreti deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Inutile dire che il grado di effettività raggiunto da questa prescrizione non appare molto elevato.
  Analoghe considerazioni valgono peraltro anche in relazione al restante disposto dallo stesso articolo 15, comma 3, in base al quale i decreti devono contenere misure di immediata applicazione. A rigore, ciò esclude, infatti, che i decreti-legge possano contenere norme programmatiche o disposizioni di principio, la cui piena efficacia sia subordinata a successivi Pag. 9interventi di attuazione, ma anche questo limite è andato e va incontro a ripetute trasgressioni.
  D'altro canto, il tema della necessaria omogeneità dei decreti e la stessa giurisprudenza costituzionale è sul punto meno univoca di quanto a prima vista potrebbe ritenersi. È certamente vero che nella sentenza n. 22 del 2012 si afferma che l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere e lo schema costituzionale del decreto-legge, disegnato dall'articolo 77, ma è altrettanto vero che nella stessa decisione, poche righe dopo, si osserva come i cosiddetti «decreti Milleproroghe», che in effetti pare arduo inquadrare come modelli di omogeneità, presentino comunque un accettabile livello di uniformità.
  La stessa Corte, peraltro, nella successiva sentenza n. 32 del 2014 assume un atteggiamento palesemente più timido nei riguardi dei provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo, limitandosi a osservare eufemisticamente che si tratta di atti che di per sé non sono esenti da problemi rispetto al requisito dell'omogeneità.
  Una posizione maggiormente decisa è stata invece assunta dalla Corte nei confronti della disomogeneità conseguente all'approvazione di emendamenti nel corso della conversione, ad esempio la sentenza n. 245 del 2022.
  L'insieme delle ragioni appena esposte e le altre che potrebbero aggiungersi non possono che indurre a esprimere una valutazione sfavorevole, anche dal punto di vista della legittimità costituzionale, verso la produzione di decreti-legge confluenti, intrecciati o eterogenei, tanto più quando essi si combinano con la presentazione da parte del Governo di maxi emendamenti, sulla cui approvazione viene posta la questione di fiducia.Pag. 10
  Si tratta di una valutazione sfavorevole che, oltre a essere diffusamente condivisa in dottrina, è stata per alcuni aspetti talvolta esplicitata anche dal Presidente della Repubblica, in sede di promulgazione di leggi di conversione, nonché già espressa in precedente occasione dai Comitati per la legislazione.
  Ciò non deve comunque far dimenticare all'interprete che all'origine di tali censurabili prassi si pongono esigenze non prive di dimensione oggettiva, le quali richiedono di essere considerate con consapevolezza, anche al fine di prospettare strumenti di neutralizzazione o quantomeno di riduzione di tali fenomeni, e che, oltre che sulle buone intenzioni, possono contare su una qualche aspettativa di efficacia.
  In particolare, va in ogni caso tenuto presente che, tra gli scopi perseguiti attraverso tali anomalie e non apprezzabili modalità di utilizzo della decretazione di urgenza, possono collocarsi le finalità di fornire all'azione di Governo lungo il versante normativo, un orizzonte certo e predeterminato in ordine ai tempi di decisione parlamentare, o di favorire forme di coordinamento tra provvedimenti di urgenza susseguenti, o, ancora, di agevolare la legittima aspirazione della maggioranza di pervenire a una decisione utile.
  Si tratta insomma di finalità non necessariamente deteriori o strumentali, che neppure possono essere relegate nell'angolo dell'irrilevanza. Proprio in quest'ottica può, anzi deve essere colta la connessione tra produzione normativa e forma di governo, su cui la dottrina peraltro ha già da tempo ampliamento riflettuto, connessione che, semplificando all'estremo, rileva l'interdipendenza tra una forma di governo efficiente e un adeguato assetto delle forme di produzione normativa.
  Quest'ultimo rilievo consente, a mio avviso, di impostare sul terreno che più le è proprio la questione relativa ai possibili Pag. 11rimedi alle storture, incluse le più recenti, che la decretazione d'urgenza ha mostrato nel corso dei decenni.
  Dubito infatti che soluzioni realmente adeguate possano conseguirsi attraverso l'introduzione di qualche aggiuntiva norma sul piano legislativo o sul piano regolamentare, né credo che possa farsi ricadere sulle spalle della Corte costituzionale, cui spettano compiti di altra natura, il compito di un ridisegno sistematico dell'assetto delle fonti del diritto, decretazione d'urgenza compresa.
  La strada maestra da percorrere, benché più impegnativa, a me pare quella della revisione costituzionale lungo due direzioni principali. Anzitutto è auspicabile un intervento sulla disciplina del raccordo Governo/Parlamento, per quel che attiene in particolare al rafforzamento della stabilità dell'Esecutivo attraverso l'introduzione di meccanismi che favoriscano una maggiore solidità della maggioranza parlamentare.
  Il ricorso smodato alla decretazione di urgenza e la prassi dei maxiemendamenti con apposizione della questione di fiducia in sede di conversione, infatti, non di rado vedono una delle loro cause principali nell'incertezza governativa di trovare nella propria maggioranza parlamentare una sponda sufficientemente salda per quel che concerne la produzione legislativa, un'incertezza che abbraccia sia l'an che il quando.
  Da questo punto di vista, il disegno di legge di revisione costituzionale, che ha da poco intrapreso il suo iter parlamentare, sembra muoversi, analogamente ai diversi tentativi di riforma costituzionale della forma di Governo che hanno caratterizzato le precedenti legislature, nella direzione di cui si parla.
  Una rafforzata coesione della maggioranza parlamentare nella sua relazione fiduciaria con il Governo da un lato è idonea a favorire il riacquisto da parte delle Camere di una congrua Pag. 12centralità nella produzione normativa primaria, dall'altro priva il Governo dell'alibi dell'incertezza.
  In altri termini, un contesto istituzionale che prefigura per il Governo un orizzonte temporale in media di poco superiore all'anno non può non indurre lo stesso Governo a utilizzare strumenti eccezionali e straordinari per realizzare il proprio indirizzo politico e, peraltro, con misure di corto respiro. Diversamente, un sistema in grado di assicurare adeguata stabilità ai Governi consentirebbe a questi ultimi di calendarizzare la realizzazione dei propri indirizzi programmatici in una prospettiva di legislatura, e dunque con strumenti quali la legislazione ordinaria, che richiedono tempi più lunghi di gestazione.
  All'interno di un contesto di questo tipo, tra l'altro, la mancata conversione di decreti-legge che fossero espressione, per un verso o per l'altro, di un atteggiamento abusivo del Governo, dovrebbe essere espressamente configurata e praticamente intesa come un'eventualità priva di drammaticità politica, un'eventualità cioè che di per sé non acquisisce rilievo sul piano del rapporto fiduciario.
  L'altra modifica costituzionale che, collocandosi nello stesso ordine di idee, potrebbe essere particolarmente proficua ai fini di cui si parla, consiste nell'introduzione della tipologia delle leggi da votare a data certa. Si tratta, come è noto, di un istituto già inserito all'interno del contesto modificativo amplissimo del fallito tentativo di revisione costituzionale della XVII Legislatura.
  In sostanza, sarebbe utile prevedere il potere del Governo di chiedere alle Camere che un disegno di legge, qualificato come essenziale per l'attuazione del programma, su cui è stata ottenuta la fiducia parlamentare, venga sottoposto alla votazione finale entro un appropriato termine stabilito.Pag. 13
  Salva l'opportunità di enumerare una serie di materie per le quali tale meccanismo resti inutilizzabile, la sua configurazione verosimilmente sortirebbe in ogni caso un effetto di strutturale contenimento nei riguardi dei decreti-legge, ponendosi come valido strumento per ottenere un ragionevole bilanciamento tra le esigenze di tempestività d'azione da parte del Governo e l'effettività dell'esame parlamentare.
  Per quanto infine concerne il cosiddetto «monocameralismo alternato de facto», derivante dall'iperproduzione dei decreti-legge, il drastico contenimento della decretazione d'urgenza, che è sensato attendersi dagli interventi ai quali si è accennato, determinerebbe prevedibilmente un corrispondente ridimensionamento anche di questo tipo di problematica.
  Questa problematica, a Costituzione vigente, potrebbe probabilmente ricevere una qualche forma di sollievo dalla previsione, nei regolamenti parlamentari, che la Camera presso cui il disegno di legge di conversione viene incardinato debba concluderne l'esame entro trenta giorni, per poi trasmetterlo all'altra, soluzione certamente non ottimale, considerata la compressione del tempo a disposizione della prima Camera che ne deriverebbe, ma comunque idonea quantomeno a ripristinare una doverosa forma di co-legislazione tra i due rami del Parlamento.
  In ogni caso, l'eventuale introduzione di un simile termine nei regolamenti parlamentari non potrebbe assumere carattere perentorio e il suo superamento non dovrebbe determinare effetti decadenziali equivalenti a quelli di una mancata conversione, perché tali effetti sono disciplinati direttamente dall'articolo 77 della Costituzione e sono riferiti al procedimento di conversione nel suo complesso. Pertanto, questo non sembra ammettere forme di parcellizzazione da parte di fonti sub-costituzionali.Pag. 14
  Una soluzione alternativa, forse maggiormente adeguata, potrebbe consistere nel prevedere una prima fase istruttoria in modalità congiunta da parte delle competenti Commissioni delle due Camere. È evidente che a subire una riduzione in questo caso sarebbe il principio di autonomia di ciascuna Camera. Tuttavia, nell'ottica di ristabilire la necessaria effettività del principio bicamerale di pari grado, questa modalità potrebbe rappresentare un compromesso a mio avviso ragionevole.
  Qui mi fermo, anche perché ho esaurito il tempo a mia disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Marini.
  Do ora la parola alla professoressa Cartabia.

  MARTA CARTABIA, presidente emerita della Corte Costituzionale. Signor presidente, la ringrazio per avermi dato la parola e per l'invito a intervenire nel corso di questa pregevole iniziativa, che intende approfondire temi che sono stati posti all'attenzione della dottrina ormai da molto tempo.
  Il programma dell'indagine conoscitiva mette in rilievo una serie di criticità che affliggono l'ordinamento italiano e che hanno, secondo me, un duplice effetto, da un lato la già evidenziata alterazione degli equilibri istituzionali, soprattutto tra Governo e Parlamento, dall'altro, però, non dobbiamo perdere di vista che si tratta di elementi critici, che mettono in difficoltà gli interpreti, le Amministrazioni pubbliche e, in ultima analisi ma non certo per importanza, i cittadini e gli operatori economici.
  I dati che sono allegati al programma dell'indagine conoscitiva e, più ampiamente, quelli che si possono evincere dai Rapporti sulla legislazione dell'Osservatorio della Camera dei deputati confermano che si tratta di fenomeni non contingenti, Pag. 15ma strutturali, che si stanno consolidando da molto tempo. Di qui l'importanza di una riflessione ampia, approfondita e anche svincolata da esigenze di immediata necessità politica.
  Se ho ben compreso il perimetro dell'indagine, l'obiettivo è quello di sfociare in proposte a livello soprattutto di normazione primaria e regolamentare, lasciando un po' in disparte interventi di revisione costituzionale, ma anche io mi rendo conto che ci sono alcune problematiche che invece potrebbero essere affrontate efficacemente soltanto con interventi a un livello più alto dell'ordinamento.
  In particolare, a me pare che difficilmente il segnalato problema del cosiddetto «monocameralismo alternato», di dubbia compatibilità costituzionale, possa risolversi senza un intervento di livello costituzionale. Non mi soffermo su questo aspetto, mi limito soltanto a segnalare che eventuali modifiche in questa direzione potrebbero anche essere pensate per addizione anziché per sottrazione, cioè, piuttosto che togliendo l'una o l'altra materia alla competenza di questa o quella Camera, aumentando invece le ipotesi in cui il Parlamento lavora in seduta comune o le sue Commissioni.
  Molte delle criticità segnalate non mi giungono nuove, soprattutto in virtù della mia pregressa esperienza istituzionale alla Corte costituzionale. Sono stati già riferiti da chi mi ha preceduto alcuni interventi della Corte costituzionale, soprattutto in materia di decreti-legge. Concordo anch'io sul fatto che la decretazione d'urgenza abbia ormai perso quel carattere straordinario, pur predicato dall'articolo 77 della Costituzione. Oggi, il decreto-legge è lo strumento principale di produzione normativa per in molti punti di forza che esso offre a chi deve governare il Paese.
  Credo che tuttavia oggi difficilmente il decreto-legge potrebbe essere sostituito da altri strumenti, comprese le procedurePag. 16 parlamentari con corsie preferenziali e decisioni a data certa, perché ci sono alcuni elementi, come l'entrata in vigore immediata, l'anticipazione del dibattito parlamentare, la spendibilità per le esigenze del dibattito pubblico, che fanno pensare che ormai quella straordinarietà dello strumento si sia irreversibilmente convertita in ordinarietà.
  Ciò non toglie – bisogna rassegnarsi a questa situazione – che ci sono molte anomalie della decretazione d'urgenza che possono e debbono essere corrette, in modo almeno da ridurre fenomeni più vistosi di frammentazione, di disomogeneità e inflazione normativa.
  Come intervenire? In passato, alcuni problemi sono stati risolti. Forse non lo ricordiamo più, ma per gli studiosi fu una svolta storica l'intervento della Corte Costituzionale sulla reiterazione dei decreti-legge, quando c'erano quelle catene infinite di produzione di decreti-legge che vanificavano la durata dei 60 giorni e rendevano stabili di fatto le normative. Nel 1996 la Corte intervenne e il problema fu risolto.
  Molto altro però resta ancora da correggere e da riportare entro gli argini costituzionali. Tuttavia, credo che, di fronte ai nuovi problemi che abbiamo davanti, su cui mi soffermerò tra un attimo, la Corte costituzionale non possa e non debba essere lasciata sola. Non può far tutto la Corte costituzionale, credo che una parte fondamentale debba essere giocata dalle Camere stesse, intervenendo precocemente nel corso della formazione degli atti normativi, senza lasciare scivolare a valle il compito di correggere i problemi procedurali al suo termine o dopo l'entrata in vigore della norma.
  I problemi che si affrontano in questa indagine conoscitiva, a mio parere, richiedono una maggiore sinergia tra le Istituzioni, una maggiore condivisione di responsabilità tra Parlamento, Governo, Corte costituzionale, oltre che naturalmente Pag. 17con la Presidenza della Repubblica che, invero, non si è risparmiata con moniti e richiami in questo ambito.
  Sempre rimanendo sul ruolo della Corte costituzionale, c'è un aspetto che mi preme in particolare sottolineare anche per i collegamenti che ha con i temi delle fonti del diritto e della produzione normativa, su cui mi soffermo tra un attimo. Noi ci siamo abituati e quasi rassegnati al fatto che molte sentenze della Corte costituzionale non abbiano un seguito negli interventi del legislatore, è una rassegnazione che a mio parere andrebbe un pochino riconsiderata.
  I presidenti della Corte costituzionale in molte relazioni hanno segnalato da tanto tempo che troppi sono i moniti, cioè gli inviti a legiferare rimasti inascoltati da parte del legislatore. Questa è un'anomalia che non ha eguali nel diritto comparato e che verrebbe considerata uno sgarbo istituzionale poco tollerabile.
  I regolamenti della Camera e del Senato hanno delle normative che prevedono interventi per dare seguito alle sentenze della Corte costituzionale, ma non sono sufficienti, e quello che a me pare che manchi è non tanto l'informazione, che ormai mi pare adeguatamente costruita, anche attraverso meccanismi tempestivi di collegamento fra le Istituzioni, ma l'iniziativa di proporre un seguito alle sentenze della Corte costituzionale.
  Mi permetto di suggerire di pescare in un modello già sperimentato proficuamente ad altri fini nel nostro sistema, cioè l'idea di una legge a cadenza annuale. Questo ci ha risolto problemi molto seri che decenni fa c'erano rispetto all'ordinamento comunitario, rispetto al quale noi eravamo perennemente in ritardo con tante inadempienze. Per carità, le situazioni sono diverse, mi rendo conto della differenza delle due ipotesi, tuttavia se è vero che quello che manca per sbloccare questa mancanza di sinergia fra Corte costituzionale e legislatorePag. 18 è il tema dell'iniziativa legislativa, forse immaginare un'iniziativa vincolata da parte del Governo, come avviene già per la legge comunitaria, la legge di bilancio, la legge sulla concorrenza, potrebbe essere di aiuto.
  C'è un tema di mancato seguito delle sentenze della Corte che riguarda direttamente la questione della produzione normativa. Mi riferisco in particolare a quel filone giurisprudenziale che ha avuto inizio con un'ordinanza del 2019, la n. 17, in cui la Corte costituzionale segnala i tempi troppo brevi lasciati alle Camere nell'ambito della sessione di bilancio.
  La Corte più volte ha ribadito la gravità di questo problema e fino ad oggi non ha dichiarato l'illegittimità costituzionale. Su un tema come questo sarebbe davvero necessario non arrivare a una dichiarazione di incostituzionalità, ma prendere sul serio i problemi segnalati dalla Corte costituzionale, perché sappiamo bene cosa può voler dire una dichiarazione di incostituzionalità per vizi procedimentali sulla legge di bilancio, che significherebbe travolgere l'intero atto.
  Di qui la necessità di questo ascolto reciproco e di questa sequenza più coordinata fra tutte le Istituzioni.
  Ci sono stati sicuramente degli esempi più positivi o almeno parzialmente più soddisfacenti di ascolto fra le due Istituzioni. Mi riferisco, per esempio, alla questione della disomogeneità dei decreti-legge, che è tuttora un problema, che sicuramente non è stato risolto, segnalato nelle sentenze già citate n. 22 del 2012, n. 32 del 2014 e la più recente, che riassume la posizione della Corte, la n. 215 del 2023, dove la Corte ravvisa un problema non solo di contrasto con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, ma direttamente con l'articolo 77 della Costituzione, nel caso di decreti-legge disomogenei o per oggetto oppure per finalità.Pag. 19
  La ragione per cui il Milleproroghe è salvato è che si ravvisa una finalità comune, anche se è evidentemente più che disparata l'ampiezza degli oggetti su cui si interviene.
  Provando ad articolare un po' di più il problema del vizio della disomogeneità, questa disomogeneità può emergere in momenti diversi. Io credo che il più grave e più difficile da estirpare sia quando il vizio è all'atto di nascita, cioè quando il decreto-legge alla sua prima approvazione, quando esce dal Consiglio dei ministri, già copre una pluralità disomogenea di interventi.
  Lì sarebbe necessario un intervento a monte, ovviamente, dagli uffici tecnici del Governo, in particolare un'attenzione da parte del DAGL. Il Parlamento stesso si trova già con le mani legate. Io ho provato a immaginare quali potrebbero essere i rimedi e me ne è venuto in mente solo uno, di cui ravviso immediatamente la difficoltà e la delicatezza politica, cioè l'idea di una conversione parziale per mantenere un'omogeneità di contenuti.
  La cosa più grave è che, quando il decreto-legge nasce disomogeneo, a sua volta moltiplica esponenzialmente disomogeneità, perché su ogni ramo si innestano degli altri rami, che a loro volta si riproducono.
  Più gestibili sono i temi di disomogeneità che invece si verificano nell'ambito della legge di conversione attraverso gli emendamenti oppure attraverso quelle prassi, che potrebbero ben essere bloccate a livello parlamentare, di intrecci, confluenze eccetera. Io credo che sia già in atto uno strumento, il controllo severo sull'ammissibilità degli emendamenti, che potrebbe dare un contributo importante almeno per sanare quella disomogeneità che si genera in ambito parlamentare.
  A mio parere, questo dovrebbe essere caldeggiato per due ragioni. Riprendo uno spunto del professor Marini, che diceva Pag. 20che il successo della decretazione d'urgenza non dipende solo dal fatto che fa comodo al Governo, ma che fa comodo anche alle Camere. È vero e si capisce la ragione di questa affermazione, tuttavia non posso non sottolineare che quel modo di legiferare attraverso emendamenti frammentati su testi elaborati altrove, con finalità diverse, sminuisce e riduce il ruolo del Parlamento a una funzione legislativa di tipo frammentario, interstiziale o correttivo rispetto a decisioni assunte altrove, quindi è vero che può far comodo per un obiettivo settoriale, ma alla lunga ha un effetto di svilimento della titolarità della funzione legislativa, che la Costituzione attribuisce in primo luogo alle Camere.
  La seconda, radicale ragione è che è molto più semplice bloccare questi vizi, queste anomalie dei decreti-legge prima della loro nascita che non a valle, attraverso gli interventi della Corte costituzionale che inevitabilmente hanno effetti più dirompenti, non solo perché tendono a travolgere interamente l'atto (ricordo bene la sentenza n. 32, che aveva determinato il ricalcolo di tutte le pene, ed era stato molto problematico), ma anche per i cittadini in termini di certezza del diritto.
  Se ho ancora qualche minuto, presidente, volevo segnalare rapidamente un punto, che a mio parere potrebbe utilmente essere sviluppato per ridurre la tentazione di sovraccaricare i decreti-legge di una serie di norme disomogenee.
  Ci siamo accorti tutti che dal nostro ordinamento sono quasi sparite le fonti regolamentari, soprattutto i regolamenti del Governo, e ne sappiamo bene la ragione, cioè la procedura immaginata dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, quando fu approvata quella legge, era stato salutato addirittura come uno spostamento eccessivo dell'ordinamento sulle fonti secondarie, c'era il timore dell'eccessiva delegificazione.Pag. 21
  Tutto questo non è accaduto e non sta accadendo, perché, per arrivare ad approvare un regolamento governativo, i tempi sono assai più lunghi e la procedura assai più impegnativa rispetto all'approvazione di un decreto-legge. Ci sono i pareri, ci sono tanti interventi che determinano quella cosiddetta «fuga dal regolamento», che ormai è quasi una realtà consolidata.
  Penso che forse ripensare a procedimenti di approvazione dei regolamenti dell'Esecutivo, eventualmente rafforzare l'uso di fonti secondarie diverse e anche decreti ministeriali potrebbe distogliere l'attenzione dal decreto-legge, che tante volte è una fonte in cui si ritrovano non soltanto normative di livello primario, ma anche tante norme che hanno il sapore di un'attuazione quasi di tipo provvedimentale o amministrativo.
  Avrei ancora due punti che vorrei affrontare velocemente per chiudere, ma l'importanza c'è. Uno è quello della frammentarietà della legislazione, frammentarietà che è molto alimentata da una legislazione che, soprattutto alle Camere, avviene soprattutto attraverso emendamenti.
  A me pare singolare e preoccupante il calo del ricorso alla delegazione legislativa, strumento che trovo abbia due importanti motivi di virtù. Il primo è che è uno strumento in cui la collaborazione tra Governo e Camere è più intensa: c'è la fase iniziale della delega, c'è la scrittura del primo draft del decreto legislativo, i pareri delle Commissioni e poi eventualmente ancora i termini per i correttivi. Mi pare che aver abbandonato questo strumento abbia privato l'ordinamento di uno strumento di collaborazione, ma anche di uno strumento di legislazione di medio e lungo periodo, necessario soprattutto per le riforme importanti, complesse, quelle da testare anche nel tempo.
  A mio parere, la questione della frammentarietà va affrontata anche perché c'è un problema di conoscibilità, di chiarezza, di comprensibilità della normazione, anche nell'ottica dei cittadini,Pag. 22 non solo per il lato istituzionale, ma anche sul lato degli operatori. Qui mi limito a richiamare una sentenza importante della Corte costituzionale del 2023, la n. 110 del 2023, che ha dichiarato l'incostituzionalità di una legge regionale del Molise per «radicale oscurità della legge». Il cuore di quella pronuncia riguarda proprio il profilo della incomprensibilità della legge, perché la Corte parla di «disposizioni radicalmente oscure, foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, norme radicalmente oscure che creano, tra l'altro, le condizioni per un'applicazione diseguale della legge».
  Di fronte a questo fenomeno di inflazione, frammentazione e instabilità delle leggi che creano questa oscurità, oltre ad auspicare sicuramente una più approfondita istruttoria legislativa, misure più meditate anche in un quadro organico, oltre a rispolverare la cultura del drafting normativo e tutte queste cose che sono segnalate puntualmente nel programma dell'indagine, chiuderei segnalando la necessità di provare a ripensare come recuperare quella chiarezza perduta in origine quantomeno a valle, attraverso un programma di elaborazione di testi unici.
  Non si tratta di decisioni politicamente particolarmente complesse, si tratta di un'attività tecnica che si proietta anche con un certo agio nel tempo, perché il testo unico di solito è una delega che ragiona in termini di più mesi o di anni, ma che potrebbe dare un grande contributo a questo problema dal lato dell'operatore, dal lato del cittadino.
  Tornando in questi ultimi mesi alla vita universitaria, per esempio, mi sono accorta che la legislazione universitaria è molto caotica e molto stratificata, e sicuramente non è l'unico settore, ma quello che ho sotto gli occhi in questo momento.
  Mi pare che, da questo punto di vista, un programma di questo genere sarebbe non soltanto un ritocco estetico all'ordinamento normativo, ma contribuirebbe davvero al rafforzamentoPag. 23 dello Stato di diritto, come auspicato anche dagli organismi internazionali, e risponderebbe a plurime esigenze di costituzionalità tra quelle da ultimo richiamate attraverso la sentenza della Corte costituzionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa Cartabia.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.

  ANDREA GIORGIS. Signor presidente, credo che anche la seduta di oggi confermi l'utilità di questo lavoro che lei ha voluto con tanta determinazione avviare, e penso che le parole che abbiamo ascoltato dai nostri due illustri ospiti meritino di essere adeguatamente approfondite.
  Condivido l'esigenza di cercare strade per avviare un virtuoso percorso di cooperazione tra i diversi organi istituzionali rappresentativi della sovranità popolare, e credo che bisognerebbe davvero impegnarsi per fare sì che, ad esempio, il tema dell'abuso della decretazione d'urgenza e il fatto che sia diventato una sorta di modalità ordinaria, fisiologica, il modo attraverso il quale il nostro ordinamento produce norme di rango primario, sia un tema che bisognerebbe cercare di affrontare, al di là delle dinamiche maggioranza/opposizione, in una dinamica di rinnovata consapevolezza dei parlamentari in quanto parlamentari, prescindendo quindi dalla specifica collocazione di maggioranza o di opposizione.
  La posta in gioco non è infatti il sostegno all'indirizzo politico del Governo, la posta in gioco è la tenuta di un ordinamento che alla fine produce conseguenze negative su tutti i cittadini, perché l'incertezza produce un danno alle maggioranze come alle opposizioni, l'incertezza arreca un danno al nostro tessuto economico e produttivo, l'incertezza in alcuni casi mette a rischio fondamentali diritti dei cittadini, indipendentementePag. 24 da quelli che sono stati il loro voto o le loro preferenze politiche, quindi è un tema che bisogna davvero cercare di trattare al di là della dinamica maggioranza/opposizione.
  Lo stesso vale per questo ultimo richiamo sui testi unici. All'inizio della legislatura, ricordo che da parte della Ministra Casellati ci fu un accenno all'intenzione di operare una risistemazione di molte leggi desuete, di molte norme non più applicate, che però in alcuni specifici casi rischiano di produrre incertezza e di essere richiamate in alcune decisioni, però poi non si è fatto nulla.
  Credo che una delega legislativa per la predisposizione di testi unici sarebbe molto utile, e, per quanto riguarda il Partito Democratico, posso dire che ci sarebbe piena disponibilità. L'unica richiesta è che i princìpi e i criteri direttivi vengano condivisi e siano stringenti, quindi non diventi un modo surrettizio per trasferire al Governo una delega in bianco, che alla fine, più che un testo unico compilativo, rischia di essere un testo unico innovativo, ma con queste garanzie minime piena disponibilità a sostenere un'azione volta a dare più sistematicità e certezza al nostro confuso ordinamento giuridico.
  C'è poi il tema del seguito delle sentenze, altro tema enorme che veniva ricordato. Il decreto-legge è l'esempio paradigmatico che la Corte Costituzionale non è strutturalmente in grado di risolvere il problema dell'abuso della decretazione d'urgenza.
  Al di là di preziosissime sentenze che sono state emanate e al di là anche di pronunce che in alcuni specifici casi sono arrivate a dichiarare l'illegittimità della legge di conversione e a esplicitare che la legge di conversione non sana i vizi del decreto-legge, non è immaginabile che una Corte costituzionale sia in grado di porre argine a un abuso della decretazione d'urgenza, se il tema non viene affrontato nelle sedi parlamentariPag. 25 e a livello quindi di rapporto tra gli organi, intanto perché la sentenza arriva ex post e per il decreto-legge è ancora più complicato che per tutte le altre fonti.
  Occorre peraltro tenere insieme questa strutturale inadeguatezza della Corte costituzionale a risolvere alla radice problemi diventati ormai serissimi con il fatto che tali problemi hanno assunto una dimensione che rischia di diventare alla fine non più percepita come un problema, questo è il grande rischio, il rischio è che alla fine ci si rassegni a ritenere che la decretazione d'urgenza sia la modalità normale nella modernità, e nei tempi della velocità sia l'unico modo.
  Da questo punto di vista, però, il dibattito aperto in sede di riforme istituzionali forse dovrebbe essere l'occasione per affrontare il tema del voto a data certa, per affrontare il tema della esplicitazione di alcuni limiti ulteriori all'utilizzo del decreto-legge. Questi sarebbero temi sui quali concentrare l'attenzione in maniera responsabile e condivisa tra tutte le forze politiche.
  C'è poi il grande tema del nostro tempo, cioè il problema del limite al potere. È in grado il Parlamento, è in grado la politica di adottare soluzioni che introducano limiti a quella che è la tendenza di ogni maggioranza ad andare oltre ogni limite, pur esplicitato in Costituzione? Questo è un tema enorme, che rimango convinto che non si debba mai rinunciare a trattare anche nei momenti nei quali sembra essere particolarmente difficile affrontarlo in sede politica.
  Anche per questa ragione penso che il lavoro di questa indagine e di questi due Comitati per la legislazione possa risultare utile.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri colleghi che intendano intervenire, vorrei aggiungere alcune considerazioni prima di lasciare la parola ai nostri illustri ospiti.Pag. 26
  Abbiamo voluto promuovere questa iniziativa parlamentare, perché secondo me abbiamo raggiunto su questi temi il livello di guardia. Che questo capiti anche nelle maggiori democrazie casomai appare come un elemento di aggravamento, non un elemento di sollievo, e basta guardarci attorno per capire che abbiamo un 2024 da affrontare che è pieno di difficoltà.
  Quello che ho visto nell'arco della mia esperienza trentennale è che il ruolo del Parlamento è andato via via svilendosi e tra l'altro ha seguito un esempio che ho vissuto in un'altra stagione, quello dei Consigli regionali.
  Se stiamo discutendo di premierato, deve essere chiaro che l'esperienza dei governatori eletti ha cambiato radicalmente la procedura legislativa che era in atto nei Consigli regionali, e sfido chiunque di voi a dimostrare se ci sono delle iniziative legislative che partono dalla dimensione del Consiglio regionale, tutto origina verticalmente dall'elezione diretta in giù, la Giunta a sua immagine e somiglianza e fin lì non c'è problema, ma il Consiglio regionale non è in condizione di svolgere nulla, tranne in questa recente vicenda siciliana, che però è legata a cose molto particolari, ma non credo che si veda nella esperienza dei Consigli regionali di questi ultimi anni qualcosa che vada nella direzione di un rafforzamento della qualità della legislazione e di una coerenza del lavoro complessivo. Casomai abbiamo visto la crisi profonda che abbiamo dovuto affrontare in occasione della vicenda del Covid, per cui si parla di un regionalismo in profonda difficoltà, in crisi, quindi non vorrei che dovessimo accertare la stessa cosa nell'arco di poco tempo nel rapporto tra il Parlamento e il Governo e le Istituzioni nel loro complesso.
  Pensando al ruolo del Comitato per la legislazione, io ne ho viste molte, ma credo che talvolta il nostro lavoro valga meno di un ordine del giorno. Qui giustamente si è parlato del ruolo della Corte costituzionale e del fatto che molte delle cose che la Pag. 27Corte decide è come se neppure le avesse affrontate, per gli esiti che si determinano.
  In più, questo meccanismo della decretazione d'urgenza trascina anche la figura del Presidente della Repubblica. Quella non è una firma notarile, è qualcosa di più, c'è un primo controllo, quindi se qui entra un decreto-legge con cinque articoli ed esce con cinquantacinque è la stessa cosa? Sugli altri cinquanta il Presidente della Repubblica non ha messo becco, e questo è il procedimento con cui si va verso la conversione.
  Dopodiché aggiungiamo quella che non è un'eccezione, ma è diventata la pratica. Si è detto che interessa al Governo, ma interessa anche al Parlamento, però io non me ne sono accorto, nel senso che la funzione parlamentare è molto diversa rispetto a quella di trent'anni fa, non me ne sono proprio accorto, quindi c'è la funzione dell'emendamento di per sé, che poi sfocia in un maxi emendamento che viene abbinato al voto di fiducia, ma dovete spiegarmi dov'è la funzione parlamentare, perché vedo che sfugge, che non è in grado di incidere.
  È evidente che la via sarebbe quella di una riflessione profonda sullo stato delle nostre Istituzioni, quindi concordo con il professore che dice che non possiamo pensare di fare qualche rammendo.
  D'altro canto, la professoressa Cartabia ha messo sull'avviso, perché, se si va su quella strada, bisogna andare in profondità, a parte il fatto che ci sono delle evidenze che la Corte non ha ancora fatto emergere fino in fondo, ma che in molti dei testi, delle sentenze, dei pronunciamenti della Corte si vedono: ad esempio che ne è dell'articolo 72, dove c'è scritto che il voto deve essere dato articolo per articolo? Se ho un maxiemendamento che contiene 500 vecchi articoli e lo voto in un colpo solo, è dentro le indicazioni dell'articolo 72? L'articolo 72 è preciso, dice come si deve fare il procedimento legislativo, noi fingiamo Pag. 28che queste cose non siano avvenute, ma sul tema dell'oscurità della legge l'altro giorno abbiamo fatto un convegno alla Sala del refettorio ed è emerso che l'impianto di quel richiamo della Corte a proposito dell'oscurità nella legge del Molise, che sembrava una comica di Totò, non è l'unico fatto di oscurità, ma riguarda anche la costruzione di alcuni decreti-legge.
  Da ultimo, abbiamo avuto modo di occuparci di questa storia del Piano Mattei, ma mi spiegate perché si dovesse fare un decreto-legge su una cosa che poteva essere risolta e che alla fine si riduce all'istituzione di un Dipartimento? Si poteva adottare benissimo uno strumento di altra natura. Qui c'è il problema della comunicazione, quindi dove c'è un problema noi ci saltiamo sopra con un decreto-legge, ma poi ci sono richiami ad azioni successive che competono all'attività del Governo, ad esempio a dei decreti attuativi che sono indicati come passaggi necessari, quindi non entra immediatamente in vigore, non è vero neanche questo.
  Queste cose portano ad una fuoriuscita dall'assetto parlamentare, perché questa è un'altra cosa, c'è addirittura chi sostiene che le esperienze non democratiche o autocratiche siano più efficienti di quelle democratiche, quindi posso capire che se la misuriamo sul piano dell'efficienza, è possibile qualsiasi ragionamento, quando c'è uno solo che decide magari si fa prima.
  Mi permetto di dire però che l'impostazione che i nostri saggi costituenti hanno dato era di natura diversa, casomai c'è un problema che riguarda la qualità della politica, che si è ridotta ai minimi termini, e questo è un fatto che ognuno di noi non può non caricarsi sulle spalle, perché trent'anni fa non sarebbe stato possibile che arrivasse un decreto-legge e che il Parlamento lo girasse senza dire neanche una parola, non sarebbe stato possibile perché la rappresentanza parlamentare Pag. 29era così radicata sui territori che c'era un richiamo della foresta, che alla fine portava a delle reazioni, quali che fossero le collocazioni di maggioranza o di opposizione, si poneva un problema istituzionale.
  Tutte queste cose messe insieme oggi, con questi due illustri professori che hanno dato anche delle indicazioni, devono essere sistematizzate, perché il discorso è ampio, ma presuppongono una riflessione di carattere complessivo sulla qualità della nostra crisi istituzionale, perché se non facciamo questo ragionamento, ci illudiamo che, mettendo il voto a data certa abbiamo risolto il problema, ma non è così.
  Vi sono molto grato per la disponibilità che avete manifestato e, poiché questa indagine andrà avanti nei prossimi mesi, vedremo anche molti dei vostri colleghi e di questo resterà traccia, altrimenti c'è un dibattito sommerso che non trova traccia. Quello che abbiamo fatto oggi è un atto formale, ci sarà lo stenografico, sentiremo che è stato detto qualcosa in questo senso come se fosse un campanello d'allarme.
  Nessuno di noi si erge a salvatore della Patria, la Patria andrà avanti per la sua strada, però almeno per il lavoro che facciamo era giusto mettere un punto fermo, quindi sono molto grato ai nostri due illustri ospiti ai quali lascio volentieri la parola, iniziando dal professor Marini, per poi lasciare le conclusioni alla professoressa Cartabia.
  Grazie.

  FRANCESCO SAVERIO MARINI, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata». Grazie ancora.
  In verità non ho molto da aggiungere e condivido gran parte delle cose che sono state dette. Solo due chiose. La prima è che, secondo me, per rafforzare il Parlamento occorre rafforzare i parlamentari, quindi forse un ripensamento della legge elettoralePag. 30 è indispensabile, perché più c'è un radicamento del parlamentare sul territorio e un rapporto con gli elettori, più il parlamentare ha una forza politica che altrimenti rischia di non avere.
  Il secondo aspetto è che su alcuni dei temi che sono stati affrontati oggi credo che ci possa essere condivisione generale tra maggioranza e opposizione, quindi, piuttosto che farli convergere in un procedimento di revisione, che almeno attualmente si presenta in una situazione difficilmente riconducibile ad unità, ipotizzare procedimenti diversi sui punti sui quali invece c'è convergenza, come può essere il voto a data certa o i limiti alla decretazione d'urgenza potrebbe essere un aiuto per tutte le Istituzioni, Governo e Parlamento.
  Piuttosto che ipotizzare di inserire norme nel disegno di legge sul premierato, probabilmente disegni legge separati potrebbero avere un esito favorevole. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Marini.
  Lascio la parola alla professoressa Cartabia.

  MARTA CARTABIA, presidente emerita della Corte Costituzionale. Solo una battuta, perché in realtà abbiamo già detto tante cose.
  Il dibattito e le osservazioni che sono emerse mi inducono a rafforzare l'esigenza che i problemi segnalati trovino innanzitutto una risposta nell'ambito delle Camere, nell'ambito politico e che giustamente consentano ai controllori di svolgere un ruolo soltanto di argine in casi eccezionali di violazioni della Costituzione.
  Avrete tutti fatto caso che nella giurisprudenza costituzionale, per esempio, partendo dagli anni '80, la Corte si poneva il problema se fossero sindacabili i presupposti dei decreti-legge, cosa che adesso è uscita dallo spettro delle attività della Pag. 31Corte: questa negli anni '80 aveva detto «solo in casi di evidente mancanza», così come oggi sull'oscurità dice «radicale oscurità» oppure sulla legge di bilancio usa espressioni analoghe, cioè soltanto quando c'è una conclamata violazione, ed è giusto che sia così, perché anche gli spazi, i tempi, l'uso delle fonti sono questioni che devono avere un loro margine di apprezzamento politico, da contenere soltanto in casi estremi.
  Per questo, a mio parere, è importante rafforzare semmai i controlli interni e, se ci fossero dei limiti all'uso della decretazione d'urgenza per materia o per altre ragioni, che siano accompagnati da un adeguato strumento di vigilanza all'interno delle stesse Camere, per evitare che anche questo si possa scaricare fuori con gli effetti indesiderabili che abbiamo detto.

  ANDREA GIORGIS. Se posso rubare mezzo minuto, lei giustamente ha detto che non saremo noi a risolvere con questi incontri in tempi brevissimi il problema, ma lasciamo traccia. Siccome io condivido molto le ultime considerazioni del professor Marini, vorrei fugare qualsiasi dubbio sul senso del mio precedente intervento.
  Non vorrei infatti che le sue considerazioni originassero dall'aver inteso il mio intervento come se il dibattito e il procedimento di riforma costituzionale sul premierato fossero il luogo nel quale affrontare questi testi. Assolutamente no. Penso anch'io che, se si vuole affrontare il tema dell'abuso della decretazione d'urgenza, il tema del rapporto tra Parlamento e Governo e il tema della certezza del diritto con i testi unici, sarebbe bene che ciò avvenisse attraverso un percorso del tutto esterno, estraneo, distinto da quello sul premierato, e che fosse avviato attraverso modalità diverse da quelle che hanno visto caratterizzare il procedimento sul premierato.
  La ringrazio e chiedo scusa di questo intervento.

Pag. 32

  PRESIDENTE. La ringrazio di questo utile aggiornamento della discussione di questa sera.
  Ringrazio il professor Marini e la professoressa Cartabia per il contributo. Il seguito dell'indagine è rinviato ad altra seduta e dichiaro conclusa l'audizione di oggi.

  La seduta termina alle 17.40.