Sulla pubblicità dei lavori:
Morrone Jacopo , Presidente ... 3
Audizione del presidente di EURISPES, Gian Maria Fara, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro:
Morrone Jacopo , Presidente ... 3
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 5
Morrone Jacopo , Presidente ... 14
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 14
Morrone Jacopo , Presidente ... 15
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 16
Morrone Jacopo , Presidente ... 16
Silvestri Rachele (FDI) ... 16
Cangiano Gerolamo (FDI) ... 17
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 17
Morrone Jacopo , Presidente ... 18
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 18
Morrone Jacopo , Presidente ... 18
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 18
Morrone Jacopo , Presidente ... 18
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 18
Morrone Jacopo , Presidente ... 18
Fara Gian Maria , presidente di EURISPES ... 18
Morrone Jacopo , Presidente ... 18
Omizzolo Marco , ricercatore ... 18
Morrone Jacopo , Presidente ... 26
Omizzolo Marco , ricercatore ... 26
Morrone Jacopo , Presidente ... 27
Omizzolo Marco , ricercatore ... 27
Morrone Jacopo , Presidente ... 27
(La seduta, sospesa alle 17.45, è ripresa alle 18) ... 27
Audizione del Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, Gen. B. Antonio Bandiera, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro:
Morrone Jacopo , Presidente ... 27
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 29
Morrone Jacopo , Presidente ... 40
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 40
Morrone Jacopo , Presidente ... 41
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 41
Morrone Jacopo , Presidente ... 41
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 41
Morrone Jacopo , Presidente ... 41
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 41
Morrone Jacopo , Presidente ... 41
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 42
Morrone Jacopo , Presidente ... 42
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 42
Morrone Jacopo , Presidente ... 43
Silvestri Rachele (FDI) ... 43
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 44
Silvestri Rachele (FDI) ... 45
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 46
Morrone Jacopo , Presidente ... 47
Bandiera Antonio , Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ... 47
Morrone Jacopo , Presidente ... 47
Sulla pubblicità dei lavori:
Morrone Jacopo , Presidente ... 47
Audizione del direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare», Massimo Ferraro, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro:
Morrone Jacopo , Presidente ... 47
Ferraro Massimo , direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare» ... 49
Morrone Jacopo , Presidente ... 54
Ferraro Massimo , direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare» ... 55
Morrone Jacopo , Presidente ... 55
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
JACOPO MORRONE
La seduta comincia alle 16.50.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del presidente di EURISPES, Gian Maria Fara, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di EURISPES, Gian Maria Fara, che saluto e ringrazio della presenza. Il presidente è accompagnato dal vicedirettore, Raffaella Saso, dal responsabile della comunicazione, Susanna Fara, e dal ricercatore Marco Omizzolo.
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
Avverto, inoltre, il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori potranno proseguire in seduta segreta. Segnalo che, in tal caso, per la parte di seduta sottoposta a regime di segretezza saranno sospesi tutti i collegamenti da remoto e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati, che saranno tempestivamente riattivati alla ripresa della seduta libera.Pag. 4
Al fine di assicurare il miglior svolgimento dei lavori, invito, inoltre, il nostro ospite a destinare, se possibile, l'illustrazione di eventuali contenuti riservati alla parte finale della seduta.
L'audizione odierna rientra nell'ambito delle materie oggetto di inchiesta ai sensi della legge istitutiva n. 53 del 10 marzo 2023, con particolare riguardo al filone di approfondimento relativo alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali, su cui la Commissione ha inteso avviare una specifica attività di indagine, secondo quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 28 febbraio scorso.
Ricordo che la Commissione è chiamata a svolgere indagini atte a fare luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari, anche con riguardo alla verifica di comportamenti illeciti nell'ambito della pubblica amministrazione centrale e periferica, ovvero da parte di soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti.
La Commissione ha anche il compito di individuare eventuali connessioni tra tali comportamenti illeciti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti all'interno dei territori comunali e provinciali e tra le diverse regioni.
Più specificatamente, con riferimento alle tematiche oggetto dell'audizione odierna, ricordo che la legge istitutiva n. 53 del 10 maggio 2023 attribuisce alla Commissione, al comma 1, lettera n), dell'articolo 1, la competenza ad indagare, tra l'altro, sull'esistenza di attività illecite nel settore agricolo e agroalimentare, comprese quelle connesse a forme di criminalità organizzata, commesse anche attraverso sofisticazioni e contraffazioni di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, compreso il loro traffico transfrontaliero. A tal Pag. 5fine, la Commissione acquisisce elementi di conoscenza utili anche ai fini dell'aggiornamento e del potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell'ambiente, nonché del contrasto del traffico illecito di prodotti con marchio made in Italy, contraffatti o alterati.
Infine, la Commissione ha anche recentemente avviato, per decisione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 27 giugno scorso, uno specifico filone di approfondimento riguardante le attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro, in virtù della competenza ad essa attribuita dal menzionato articolo 1, comma 1, lettera n), della legge istitutiva, anche alla luce delle recenti e tragiche notizie di cronaca relative al fenomeno noto come «caporalato» nel settore agricolo e agroalimentare.
Data l'attività che EURISPES svolge anche sotto tale profilo, saremmo grati se il presidente Fara dedicasse una parte della sua relazione a questo specifico tema.
Cedo, dunque, la parola al presidente Fara per lo svolgimento di una relazione introduttiva, al termine della quale i colleghi parlamentari potranno rivolgere eventuali domande o richieste di chiarimento.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Buonasera a tutti. Consentitemi di ringraziare il presidente e i componenti della Commissione per questa occasione di confronto e di discussione su temi che fanno parte della storia di EURISPES.
Fin dai primi anni Novanta l'Istituto è impegnato sul fronte del contrasto agli illeciti nel settore agroalimentare e ambientale. Premetto che ho chiesto all'amico Marco Omizzolo di partecipare a questo incontro perché credo lo si possa definire il maggior esperto di caporalato operante in Italia. Considerate che, per un anno e mezzo, lo abbiamo infiltrato nella comunità Pag. 6sikh della provincia di Latina, dove ha svolto e svolge ancora un ruolo importante, anche di collaborazione con la magistratura e le forze dell'ordine; se non sbaglio, è ancora sotto tutela e averlo qui oggi è certamente un fatto importante.
Proprio nel 1994, quando ancora l'individuazione dei reati legati all'ecosistema era una realtà in divenire – se ne parlava poco – appare per la prima volta il termine «ecomafie»; un termine che abbiamo coniato noi dell'EURISPES, insieme a Legambiente e al comando generale dell'Arma dei carabinieri, con i quali realizzammo la prima grande indagine sul tema delle ecomafie. L'idea era quella di cercare di capire, all'epoca, che cosa accadeva sul territorio e quanto la criminalità organizzata fosse coinvolta nella gestione di fenomeni malavitosi.
Nel corso degli anni sono stati diversi i dati e gli studi prodotti dall'Istituto, proprio sulla presenza criminale in agricoltura e nel settore alimentare, fino a quando, nel 2011, abbiamo deciso di sistematizzare questa azione di monitoraggio che era stata portata avanti nel tempo, con la stesura di un primo rapporto sulle agromafie.
La seconda edizione del rapporto ha visto l'avvio della collaborazione, molto stretta, nella realizzazione di uno studio con la Fondazione Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agroalimentare, promossa da noi e da Coldiretti, il cui comitato scientifico era – ed è ancora, grazie a Dio – presieduto da Giancarlo Caselli. Già nel primo rapporto sui crimini agroalimentari, l'EURISPES aveva denunciato il fenomeno dell'Italian Sounding – la commercializzazione di prodotti non italiani – con l'utilizzo di nomi, parole e immagini che richiamano l'Italia, inducendo quindi, ingannevolmente, a credere che si tratti di prodotti italiani. Dell'Italian Sounding, all'epoca, ne quantificammo il valore in circa 60 miliardi; Pag. 7quindi, 60 miliardi sottratti alle imprese, sottratti al sistema italiano.
Questa pratica scorretta, insieme alla contraffazione dei beni di largo consumo, tra cui gli alimenti, offre, naturalmente, a chi la pratica una serie di sicuri vantaggi rispetto ad altre attività malavitose, oltre a essere percepita meno negativamente dall'opinione pubblica, rappresenta un'ottima alternativa ad attività più rischiose. Con il primo rapporto sulle ecomafie descrivemmo le attività underground della criminalità organizzata. All'epoca, le mafie – come ricorderete – utilizzavano il territorio per interrare rifiuti e per interrare scorie più o meno pericolose; poi si resero conto – le mafie – che forse era più conveniente, invece che lavorare sul sottosuolo, lavorare in superficie; così cominciarono a monopolizzare attività e produzioni agricole, come la gestione della manodopera (di qui tutto il fenomeno del caporalato), la distribuzione e la commercializzazione delle produzioni. Insomma, passarono dal sotto al sopra: evidentemente si trattava di un'attività meno rischiosa e altrettanto redditizia. Di più, il quadro normativo dei reati agroalimentari era allora – e lo è ancora adesso, purtroppo – obsoleto e debole, principalmente per effetto della disordinata stratificazione di fonti diverse e della inadeguatezza dei rimedi tradizionali rispetto alla dimensione ormai transnazionale della criminalità del settore. A livello globale, il problema della contraffazione si scontra con la mancanza di una normativa, anche di contrasto, univoca per tutti i Paesi e con sistemi differenti per l'ammissione dei prodotti sul mercato e l'eventuale monitoraggio.
Le organizzazioni criminali, nel corso degli anni, hanno proiettato la loro azione, la loro attività, sempre più verso territori – diciamo così – vergini. In una prima fase si riteneva che l'attività criminale fosse concentrata a sud del nostro Paese; Pag. 8piano piano, invece, questa attività è risalita lungo la penisola e oggi si è espansa a livello europeo.
Un fatto che noi segnaliamo da sempre è che, purtroppo, a livello europeo, non si è ancora strutturata la convinzione della pervasività della criminalità organizzata e della pericolosità delle organizzazioni che operano sul territorio, ormai non più solo sul nostro. Io ho discusso, nel corso degli anni, in diverse occasioni, con amici francesi, tedeschi, olandesi, segnalando loro la presenza sempre più attiva delle organizzazioni criminali in Europa: essi mi hanno sempre risposto con un'alzata di spalle, pensando che la cosa non li riguardasse. I tedeschi hanno scoperto che esiste la 'ndrangheta dopo la strage di Duisburg. Si sono infatti resi conto che le organizzazioni criminali italiane avevano risalito la penisola e avevano cominciato a occupare zone sempre più ampie della Francia, della Germania, dei Paesi Bassi. Pian piano, si stanno quindi rendendo conto della pervasività e della pericolosità di queste organizzazioni criminali.
L'osservazione, all'epoca, era partita proprio dall'Italian Sounding, cioè dalla falsificazione dei marchi italiani che, come segnalavo prima, avevamo quantificato in circa 60 miliardi di euro l'anno di danno contro la nostra economia. Si è registrata, nel tempo, un'ulteriore evoluzione, anzi una sofisticata evoluzione: non si investe più solamente nella creazione all'estero di pseudo-aziende che imitano i nostri prodotti, ma si acquisiscono direttamente antichi e prestigiosi marchi legati alla storia e alla cultura dei nostri territori. Un tempo si falsificavano i nostri prodotti: adesso si comprano direttamente i marchi, le aziende e si vendono a livello internazionale prodotti che dovrebbero appartenere alla filiera e alla tradizione italiana. Una volta acquistati questi marchi, che sono legati alla storia e alla cultura dei nostri territori, li si svuota dei contenuti di Pag. 9conoscenza, tradizione, qualità e sapienza, e, attraverso questi marchi, si commercializzano prodotti e produzioni dall'origine incerta, ambigua, spesso pericolosa, così come ambigua è molto spesso la provenienza dei capitali utilizzati per queste acquisizioni. Insomma, si è passati dall'Italian Sounding all'Italian Laundering, con pezzi interi della nostra economia utilizzati per il lavaggio di denaro sporco. Si tratta di due fenomeni che non solo stanno mettendo a rischio e svuotando il marchio del Made in Italy, ma che, di fatto, ingannano e mettono anche a rischio la salute dei consumatori.
Le organizzazioni criminali sono impegnate a 360 gradi in questo business miliardario, controllano in molti territori la distribuzione e il trasporto dei prodotti agroalimentari e, attraverso l'estorsione e le intimidazioni, impongono la vendita di determinate marche e di determinati prodotti agli esercizi commerciali. In alcuni casi, addirittura si riuniscono in veri e propri cartelli e impongono i prezzi a frutta e verdura, cioè alla produzione agricola.
Noi abbiamo osservato il fatto che non vi sono zone franche rispetto a questi fenomeni: da un lato, le mafie continuano ad agire sui territori d'origine, perché attraverso il controllo del territorio si producono ricchezza, alleanze, consenso, specialmente nel Mezzogiorno, costretto ad aggiungere alla tradizionale povertà gli effetti di una crisi economica pesante e profonda, aggravata dalla vampirizzazione delle risorse sistematicamente operata dai poteri illegali; dall'altro lato, i capitali accumulati sul territorio dagli agro-mafiosi, attraverso le mille forme di sfruttamento e di illegalità, hanno bisogno di sbocchi, devono essere messi a frutto e, perciò, raggiungono le città, in Italia e all'estero, dove è più facile renderne anonima la presenza e dove possono confondersi infettando pezzi interi di buona economia.Pag. 10
La criminalità organizzata non solo continua a radicarsi nelle regioni meridionali, danneggiando l'economia già debole per altri aspetti, ma segna una massiccia espansione – come dicevo prima – anche nel Nord della penisola, in specie nelle grandi aree metropolitane, dove gruppi facenti capo a mafia, 'ndrangheta e camorra penetrano negli apparati degli enti locali per controllare le procedure di affidamento di appalti e di opere pubbliche.
Inoltre, in considerazione del fatto che la parte più cospicua dell'industria di trasformazione alimentare, per volume di produzione e fatturato, risulta localizzata nelle stesse regioni del Centro-Nord, non può essere omesso che la serie innumerevole di frodi commesse a danno dei consumatori, attraverso quello che potremmo definire il furto delle identità materiali e immateriali dell'autentico Made in Italy, abbia spesso luogo là dove più forti si elevano le invocazioni alla libera concorrenza del mercato e le censure alla disfunzione del sistema istituzionale dell'altro capo del Paese.
In questo senso, una delle figure più controverse è quella dei colletti bianchi, che operano nel settore alimentare e che stanno acquisendo un ruolo strategico per le organizzazioni criminali, interessate soprattutto a spostare l'asse dell'illegalità verso una zona neutra di confine, nella quale diviene sempre più difficile rintracciare il reato. Abbiamo rilevato, inoltre, nel corso degli anni, che gli interessi criminali sono rivolti anche alle forme di investimento nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione, nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni e esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull'origine e sulla tracciabilità della macellazione, della panificazione clandestina, dello sfruttamento animale, del doping nelle corse dei cavalli, e lucrano anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle Pag. 11gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per l'ambiente e la salute di tutti noi e delle future generazioni.
Un altro fenomeno interessante sul quale, nel corso degli anni, abbiamo pensato di dover approfondire e concentrare l'attenzione, è il cosiddetto «money dirtying», esattamente speculare al riciclaggio, nel quale i capitali sporchi affluiscono nell'economia sana; per contro, nel money dirtying sono i capitali puliti a indirizzarsi verso l'economia sporca. Ci sono molti operatori che trovano estremamente conveniente dirottare risorse, anche di una certa rilevanza ed importanza, verso organizzazioni che sono in grado di garantire un ritorno ben maggiore di quello che può garantire un'attività normale. Le due monete, quella sporca e quella cattiva, finiscono per ibridarsi, per confondersi, rendendo sempre più sfumati e incerti, fino a cancellarli, i confini tra l'economia sana e quella malata.
Nel 2018 stimavamo questo fenomeno in almeno 1,5 miliardi di euro che transitano annualmente sotto forma di investimento dall'economia sana a quella illegale, ovvero, circa 120 milioni di euro al mese, ovvero 4 milioni di euro al giorno. Siamo di fronte ad attività pulite che affiancano quelle sporche avvalendosi degli introiti delle seconde, assicurandosi, così, la possibilità di sopravvivere anche alle incertezze del mercato e alle congiunture economiche sfavorevoli, ma anche di contare su un vantaggio, rispetto alla concorrenza, dato dalla disponibilità di liquidità, di espandere gli affari. Ecco, quindi, anche sul versante agroalimentare, il profilarsi di un'economia parallela. Sempre più frequentemente si parla – ne abbiamo parlato anche noi – di mafia liquida, con riferimento all'economia mafiosa e alla capacità che i mafiosi hanno di propagarsi, proprio come l'acqua. Grazie ai notevoli vantaggi di cui godono rispetto agli imprenditori onesti, attraverso un'imbattibile concorrenza e alla disponibilità di flussi imponenti di capitali Pag. 12sporchi, i mafiosi destabilizzano il mercato e sempre più inquinano l'economia pulita.
Oltretutto, sempre sul versante agroalimentare, la criminalità fa incetta, con gli stratagemmi più svariati, di cospicui flussi di finanziamenti europei, tendenza, questa, ampiamente certificata dalle numerose operazioni condotte da magistratura e forze dell'ordine – in particolare, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza – che evidenziano il sequestro di una grande quantità di immobili e terreni a uso agricolo. Un'attenzione particolare, secondo noi, dovrebbe essere dedicata ai meccanismi di erogazione dei fondi comunitari, spesso alterati attraverso false dichiarazioni sostitutive o falsi documenti che attestano proprietà di terreni privati o pubblici in capo a soggetti non titolati. Il sistema di controllo amministrativo dovrebbe essere, secondo noi, rafforzato e, comunque, sostituito rispetto alla previsione attuale, basata sulle autocertificazioni, che non sono in grado di contrastare le storture presenti nelle procedure di assegnazione dei fondi. Come voi sapete, certamente meglio di me, molto spesso gli stessi beni che vengono sottratti alle organizzazioni criminali poi ritornano, in qualche maniera, alle organizzazioni criminali stesse.
Le specifiche caratteristiche imprenditoriali ed economiche del settore agricolo, unite alle difficoltà macroeconomiche dovute alla pandemia prima e alle crisi internazionali ed energetiche poi, hanno generato una forte esposizione al rischio di usura. A partire dal 2020, quella sanitaria si è trasformata in un'emergenza socioeconomica, in particolare a causa della sospensione delle attività. Tanti imprenditori, non potendo più fare affidamento sui propri ricavi per autofinanziarsi, hanno perso quelle risorse necessarie per coprire i costi non posticipabili, spinti dalla necessità di cercare nuove fonti di finanziamento e, troppo spesso, ci si rivolge anche all'usuraio.Pag. 13
Noi abbiamo notato, nel corso di questi ultimi anni, una crescita quasi esponenziale del ricorso all'usura, soprattutto nel mondo agricolo. L'usura, infatti, trova, in questo momento storico, caratterizzato da una diffusa crisi di liquidità di imprese e famiglie, le condizioni ideali per la sua espansione. Nelle nostre ultime rilevazioni sulla popolazione, il fenomeno risulta non marginale poiché il pericolo di scivolare nelle maglie dell'usura a causa di prestiti chiesti all'interno di circuiti non ufficiali né familiari, ha riguardato mediamente un cittadino su dieci.
L'imprenditoria agricola ha nel nostro Paese una struttura prevalentemente frammentaria, costituita da una miriade di piccole realtà di coltivatori diretti e di piccoli imprenditori non coltivatori diretti. Si tratta di una struttura che costituisce una delle principali vulnerabilità del settore, poiché fornisce ai singoli imprenditori uno scarso potere contrattuale sia nei confronti dei fornitori, sia dei distributori.
Io non vorrei annoiarvi oltre e vorrei concludere rapidamente segnalando come il settore agricolo, il settore della produzione e della trasformazione, sia uno dei più delicati e dei più importanti, considerando che la produzione agricola riguarda quello che noi mangiamo. Io dico, da sempre, che alle nostre tavole c'è sempre un convitato di pietra che non vediamo, ma che sta lì e ci gestisce in qualche maniera. Il convitato di pietra è la mafia, ovvero le diverse mafie che hanno trovato su questo terreno – e il caso proprio di dire «terreno» – un luogo di grande fertilità, quindi la possibilità di trarre enormi guadagni, che naturalmente vengono reinvestiti.
Pensate che non c'è un momento, dalla fase della produzione al momento del trasporto, a quello della distribuzione, fino alla GDO – la cosiddetta «grande distribuzione organizzata» – che detta ormai legge, che è sempre in mano alle organizzazioni Pag. 14criminali, nella stragrande maggioranza dei casi – anche se l'affermazione può sembrare azzardata – che possa escludere questa presenza: le mafie stanno dove ci sono i soldi, non stanno nelle catapecchie; nelle catapecchie attingono manodopera, come ben sa il nostro grande Marco Omizzolo.
Siamo di fronte a una crescita esponenziale del sistema mafioso e delle sue capacità di penetrazione. Noi, come Istituto, continueremo a tenerlo sotto osservazione. Insieme a Coldiretti, ogni anno, produciamo un rapporto proprio sulle agromafie. Dopo aver coniato, nel 1994, il termine «ecomafie», siamo riusciti a coniare anche il termine «agromafie». Siamo felici e soddisfatti del fatto che, finalmente, anche grazie al nostro lavoro, questo tema, questa fenomenologia, sia di fronte a tutti e sia entrata nell'attenzione dell'opinione pubblica, delle istituzioni e delle forze dell'ordine. Grazie.
PRESIDENTE. Se non ci sono colleghi che intendono fare delle domande, intanto le faccio io una domanda. Dagli studi condotti sulla criminalità in ambito agroalimentare, quali sono i reati più frequenti che sono emersi e qual è l'attuale evoluzione del fenomeno delle agromafie? Agromafie e caporalato: quali studi sono attualmente in corso da parte dell'EURISPES? Abbiamo qualche dato aggiornato sull'attualità? Esiste un elenco di questi marchi acquistati? Il marchio è simbolo di garanzia, quindi di italianità, di un prodotto di una certa qualità, ma, a tutti gli effetti, quando vengono acquistati da determinati gruppi – non in tutti i casi, naturalmente – la qualità del prodotto ne risente? Vorrei poi capire se c'è un elenco, una sorta di monitoraggio di questi marchi che vengono acquistati; penso che ognuno di noi conosca quelli all'interno della propria regione o di competenza. Queste sono le mie due curiosità.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Parto da quest'ultima osservazione. Ci sono due livelli: un livello ufficiosoPag. 15 e un livello ufficiale. Noi, attraverso le nostre indagini e le nostre ricerche – tenete conto che abbiamo un rapporto di strettissima collaborazione con la magistratura e con le forze dell'ordine – abbiamo fondati sospetti su alcuni marchi e su alcune attività. Tuttavia, un conto è avere dei sospetti, un conto è poter pubblicare nomi e cognomi, come ben si può capire, presidente.
L'attività di un istituto come il nostro è un'attività di analisi: noi non svolgiamo un'azione di polizia. Seguiamo l'attività delle forze dell'ordine, abbiamo contezza di tutto quello che le forze dell'ordine fanno, registriamo tutti i dati e tutte le informazioni delle quali entriamo in possesso e cerchiamo di capire al meglio l'andamento e l'evoluzione dei fenomeni criminali. Dati, nomi, cognomi e indirizzi emergono dalle attività investigative della magistratura e delle forze dell'ordine, e poi vengono acquisiti e sostanziati attraverso i processi.
PRESIDENTE. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, quindi potrebbe essere per noi anche un motivo su cui ragionare quello di analizzare determinati marchi che hanno fatto la storia del nostro Paese, ma per i quali oggi, passando in mani differenti, non viene mantenuta la stessa qualità. In fondo, ciò danneggia l'immagine dell'Italia nel mondo, in Europa. Non è detto che si tratti di attività criminali ma, abbassando lo standard di affidabilità del prodotto, di qualità del prodotto, si rischia comunque di danneggiare anche gli altri prodotti e questa buona nomea che ci siamo creati come italiani. Ciò è un qualcosa che potremmo anche approfondire o valutare. Per questo le ho chiesto – magari non oggi in sede di audizione pubblica – se ritiene utile avere anche un'audizione in sede riservata affinché rimanga solo ai commissari qualche dato specifico, sia per quanto riguarda il fenomeno del Pag. 16caporalato, che è un'inchiesta che stiamo approfondendo, sia per quanto riguarda le agromafie. Potrebbe essere utile qualche dato concreto, anche con nomi e cognomi, magari da ottenere in maniera riservata; dopodiché, provvediamo noi a fare le nostre inchieste o altro. Questa è la domanda.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Signor presidente, tenga conto che quando un marchio viene trasferito – penso a un brand o a un marchio importante e autorevole della produzione italiana – si tratta pur sempre di un'operazione finanziaria. Il marchio viene trasferito, non obbligatoriamente a Roma, a Milano o in Sicilia, attraverso l'utilizzo di un paradiso fiscale o di società estere. Per esempio, c'è un dato sul quale vorrei farvi riflettere: come è possibile, considerati i costi di estrazione e di produzione, trovare in un qualsiasi supermercato un olio extravergine d'oliva a 3 euro al litro? Secondo noi, non è possibile. Qualsiasi attività commerciale deve essere anche remunerativa, di conseguenza il consumatore che compra una bottiglia d'olio a 3 euro al litro deve sapere che non sta bevendo olio, ovvero, se sta bevendo olio, è la spremitura di qualche altra cosa.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
RACHELE SILVESTRI. Signor presidente, la ringrazio. Mi ricollego alla domanda che ha fatto lei, che principalmente era quella su cui mi volevo concentrare. Per la questione dei marchi, come il presidente ha detto, si potrebbe aprire un filone perché anche il Governo sta facendo un lavoro molto importante per quanto riguarda il Made in Italy, per evitare che al di fuori del Paese si venga a utilizzare la bandierina italiana su prodotti che non rappresentano l'italianità.Pag. 17
Voi fate un lavoro di controllo, con dati, ricerche, in base a quelle che sono effettivamente le azioni giudiziarie sul territorio, però le chiedo se ci può fare attualmente l'esempio di un marchio dove c'è stato un lavoro giudiziario concluso – un marchio magari chiuso – per farci capire un attimo anche l'entità. Le chiedo, quindi, se è possibile avere l'esempio di un marchio chiuso, rispetto al quale sia stata effettivamente rilevata questa operazione, laddove si è arrivati non dico a delle condanne, ma a un'effettiva conclusione della questione. Mi riferisco, quindi, all'ufficialità del percorso.
Inoltre, chiedo se sia possibile avere dati sul caporalato raccolti da voi in questi anni. Ci ha parlato di questa operazione sotto copertura, di infiltrazione: per noi sarebbe importante conoscere i numeri che voi avete raccolto, per renderci anche conto della situazione che avete riportato.
GEROLAMO CANGIANO. Signor presidente, la ringrazio. Il clan dei Casalesi è stato pioniere anche in questi reati agroalimentari, soprattutto con la fazione legata al clan Zagaria; Ricordiamo tutti le questioni legate al latte, alla Parmalat. Con la sconfitta del clan sul territorio, volevo chiedere se abbiamo informazioni in merito, se cioè i colletti bianchi sono sopravvissuti alla vittoria dello Stato sul territorio oppure se c'è ancora in giro qualcosa legato al clan dei Casalesi, che continua a creare problemi sul territorio nazionale e internazionale. Inoltre, volevo chiedere, sempre rispetto al territorio casertano, quanto la Terra dei fuochi, quanto la contaminazione dei nostri terreni possa in qualche modo incidere in tutto questo contesto.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Intanto, è molto complicato e molto difficile poter fare nomi e cognomi senza il rischio di vedersi recapitare un avviso di garanzia.
Pag. 18PRESIDENTE. Se voi avete dei dati o delle statistiche, li farete su dei nominativi, immagino? Questi nominativi ci saranno da qualche parte e qualcuno ve li tradurrà!
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Li facciamo su situazioni.
PRESIDENTE. È una domanda che mi pongo io.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Una volta che si apre un'inchiesta, l'inchiesta è seguita dalla magistratura, con i tempi della giustizia. L'inchiesta può dirsi conclusa solo quando si arriva a una condanna definitiva (primo grado, secondo grado, terzo grado). Nel frattempo, l'azienda, o il marchio messo sotto osservazione, ha cambiato la proprietà quattro-cinque volte.
PRESIDENTE. Noi, come Commissione, potremmo avere...
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Voi potete avere tutto. La procura nazionale antimafia, evidentemente, ha i dati e i risultati delle indagini: ha tutto.
PRESIDENTE. Bene. Grazie.
GIAN MARIA FARA, presidente di EURISPES. Noi non possiamo ancora sostituirci.
PRESIDENTE. Ci mancherebbe. Do quindi la parola al ricercatore Marco Omizzolo.
MARCO OMIZZOLO, ricercatore. Signor presidente, la ringrazio. Intanto, un ringraziamento alla Commissione per questa opportunità e all'EURISPES che mi conferma la fiducia. Io andrei subito sul caporalato, visto che è un tema di particolare Pag. 19rilevanza. Lo dico in maniera estremamente sintetica: inizio a occuparmene in maniera professionale nel 2008, proprio in provincia di Latina, che è il luogo che ha visto qualche settimana fa la tragedia di Satnam Singh compiersi in maniera abbastanza evidente e palese. Faccio ciò attraverso l'osservazione partecipata: abito e vivo un anno e mezzo con la comunità di braccianti indiani, h24, immergendomi completamente all'interno di questa complessa comunità e cultura. Vivo con loro nelle baracche, nei ghetti, nei container e poi lavoro, reclutato da diversi caporali indiani in diverse aziende agricole della provincia di Latina, come bracciante per tre mesi, trasformando un'attività di ricerca – io lo dico sempre – in un'attività di ricerca visuale, nel senso che io vivo esattamente la dimensione che, in maniera estremamente sintetica, possiamo dire ha vissuto Satnam Singh e molte altre persone, per poi seguire un trafficante di esseri umani in India per altri tre mesi, allo scopo di indagare e studiare il sistema di tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo. È un'attività di ricerca che, anche grazie all'EURISPES, da circa quindici anni continua quotidianamente e che continua quotidianamente grazie a rapporti continui e fecondi con lavoratori e lavoratrici, in una dimensione anche internazionale.
Badate bene: il caporalato è un elemento di uno schema molto più ampio. A volte la vittima di caporalato è anche vittima di tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo, che, lo ricordo, è un reato proprio della DDA (quindi stiamo all'interno di un settore ben specifico).
Lungo questo percorso organizzo iniziative che sono non soltanto di carattere culturale e d'inchiesta, ma anche di attivismo, allo scopo di determinare percorsi di emancipazione di migliaia di persone da una condizione di abbrutimento e, a volte, addirittura di schiavitù.Pag. 20
Volevate dei dati: ebbene, direi che alcuni sono estremamente interessanti da questo punto di vista, come abbiamo anche scritto e denunciato più volte in inchieste e in articoli con l'EURISPES. Nel 2014, vi è un dato che, peraltro, è stato riconosciuto anche dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, con il quale ho collaborato contro le nuove forme di schiavitù, nonché dal Consiglio ONU per il diritto al cibo, i quali hanno compiuto un'attività di inchiesta molto interessante su tutto il territorio nazionale, secondo cui è stato riconosciuto come vi sia stato un passaggio nel 2014, che ha interessato circa 130.000-140.000 persone, i quali vivevano condizioni che hanno definito «paraschiavistiche», ovvero di violazione quotidiana e sistematica dei diritti umani. Si tratta di uomini e donne ma, a volte, come Save the children ci ha ricordato, anche di minori, non soltanto nelle aree a tradizionale presenza mafiosa (Calabria, Sicilia, Campania eccetera), ma anche in luoghi prossimi alla capitale (penso all'Agro Pontino). Tuttavia, fenomeni analoghi sono stati trovati anche nel Nord del Paese, quindi anche in regioni particolarmente organizzate. È proprio di qualche giorno fa l'individuazione di un numero consistente di lavoratori di origine straniera nel trevigiano, i quali vivevano in condizioni di estrema marginalità, povertà, ricatto e sfruttamento. Quindi, parliamo di un fenomeno che non può essere circoscritto sul piano geografico a uno schema tradizionale, ma che è diffuso in maniera assai rilevante. Oggi quali sono i dati? All'epoca si parlava di 130.000-140.000 persone, mentre oggi l'ultimo dato ufficiale parla di circa 235.000 persone, quindi è un dato in aumento. Per onestà intellettuale devo precisare che si registra questo aumento per due ragioni: in primo luogo perché c'è un aumento in sé del numero delle persone che sono vittime di caporalato e di grave sfruttamento lavorativo; in secondo luogo perché nel frattempo il fenomeno è in parte emerso. Quindi c'è Pag. 21un'evidenza maggiore, che è determinata da numerose inchieste, in parte giornalistiche, ma soprattutto della magistratura, in Sicilia come in Veneto, dunque in tutto il Paese; addirittura anche a Milano la procura del luogo ha fatto, da questo punto di vista, operazioni estremamente interessanti. Quindi vi è un processo di emersione che permette di dire che il numero delle persone vittime di questa patologia criminale è in aumento.
In generale, il numero delle persone vittime di caporalato e di sfruttamento vario sono circa 450.000 (grosso modo come la sesta o settima città italiana, se dovessimo mettere i dati tutti insieme). Anche da questo punto di vista vi è un dato confermato dalle procure antimafia: circa ventisei clan sono direttamente interessati a questo fenomeno. Quando uso l'espressione «direttamente interessati», intendo dire che hanno un interesse specifico rispetto all'attività stessa dell'azienda che poi sfrutta o nell'attività di commercializzazione di quel bene, ovvero di intervento diretto, per esempio rispetto ai grandi mercati ortofrutticoli; tre, in particolar modo, con sentenze passate in giudicato, relative al Centro agroalimentare all'ingrosso di Fondi (MOF), che è il territorio dove è accaduta in termini provinciali quella tragedia.
Ricordo la sentenza passata in giudicato del processo «La Paganese», che ha riconosciuto come tutta la logistica di quel mercato, che era il quarto mercato ortofrutticolo più grande d'Europa, fosse gestita da una sola società – per l'appunto La Paganese – all'interno della quale vi erano tre grandi famiglie di mafia: la mafia di Reggio Calabria, con i Tripodo; i Casalesi, addirittura con gli Schiavone; e, addirittura, il fratello di Totò Riina, Gaetano Riina. Attraverso questo schermo essi riuscivano a condizionare completamente tutto il parco camion, che poi da quel mercato prendeva una dimensione internazionale.Pag. 22
Sappiamo che il business è estremamente rilevante: secondo i dati l'EURISPES, parliamo di 25,4 miliardi di euro, che, lo sottolineo sempre, è circa quanto una finanziaria del nostro Paese; è quindi è un business estremamente redditizio e conveniente. L'80 per cento delle persone vittime di sfruttamento e di caporalato è di origine straniera, mentre il 20 per cento è di origine italiana. Quindi, bisogna superare l'idea per cui questo è un fenomeno che riguarda soltanto i flussi migratori; certo, lo è in prevalenza, ma non in via esclusiva. Cito sempre il caso di Paola Clemente, nome italianissimo, che nel 2015, ad Andria, in Puglia, muore nella fase dell'acinellatura dell'uva, a causa di un'esposizione a uno stress lavorativo estremo, per cui ha avuto un infarto e lì è deceduta. C'è un elemento che reputo estremamente interessante per il vostro lavoro. Nel 2016, anche in ragione della morte della nostra connazionale Paola Clemente e dello sciopero organizzato proprio in provincia di Latina, con oltre 5.000 braccianti che protestarono rispetto alle condizioni di segregazione e di sfruttamento a cui erano condannati, è stata promulgata una importante legge, comunemente definita «legge contro il caporalato» ma, in realtà, è una legge contro lo sfruttamento in genere, non solo contro il caporalato. È la legge n. 199 del 2016, una legge che, dal punto di vista investigativo e repressivo, ha funzionato, ma non dal punto di vista preventivo, benché contenga anche questa previsione. Penso alla possibilità di costruire le cosiddette «reti del lavoro agricolo di qualità» a livello provinciale, in cui tutte le parti in causa possono «bonificare» il fenomeno e non solo dare la possibilità alle forze investigative e dell'ordine di reprimerlo. Questo elemento è mancato, ma considerate che quella legge è la stessa legge che è stata applicata rispetto a reati gravissimi, non solo in agricoltura ma anche in molti altri settori, tra i rider, nella logistica, nella cantieristica navale e via elencando. Pag. 23Ciò sta a dimostrare che gli elementi vitali e fondamentali di quella norma hanno assolutamente, ancora oggi, un senso notevole.
Molto interessante, sempre per il vostro lavoro, è far notare che, per esempio, con riferimento alla questione Pontina, molte delle persone che sono vittime di caporalato spesso sono anche indotte ad assumere in origine sostanze dopanti (metanfetamina, oppio, antispastici e oggi, addirittura, eroina), chiaramente non allo scopo di «sballarsi» ma allo scopo di reggere le fatiche legate allo sfruttamento. Da questo punto di vista vi è una notevole produzione accademica e di inchiesta che ha più volte sottolineato ciò. Io lo sottolineo nuovamente perché questo è un legame ulteriore che lega il fenomeno in sé del caporalato con chi gestisce quella partita criminale in termini di produzione delle sostanze. L'eroina, chiaramente, non è un bene che si compra in farmacia, ma è prodotta e gestita da organizzazioni mafiose. La saldatura tra le forme di sfruttamento e di caporalato e questo genere di fenomeno, è un ulteriore ponte che lega le mafie tradizionalmente intese a questa particolare condizione.
Bisogna fare attenzione perché questa organizzazione criminale, questo sistema – lo ripeto – comprende anche la questione di genere. Spesso si parla di braccianti uomini ma, in realtà, ci sono anche le braccianti donne, spesso di origine straniera, che subiscono forme varie di sfruttamento lavorativo, a volte anche più brutali. Per esempio, la retribuzione è inferiore del 10-15 per cento rispetto a quella già assai inferiore del proprio connazionale uomo solo in ragione del fatto che si è donna, per cui si prende una retribuzione ancora inferiore. A questo si aggiungono ricatti e violenze anche di natura sessuale. Uno dei casi più noti è quello di Vittoria, in Sicilia, dove non a caso c'è uno dei mercati ortofrutticoli più grandi d'Italia, Pag. 24laddove una famosa inchiesta giudiziaria ha messo in rilievo – all'epoca il procuratore nazionale antimafia era l'ex senatore Grasso, poi Presidente del Senato – per cui, addirittura, i camion che partivano, carichi degli ortaggi coltivati in questo modo, da Vittoria, arrivavano a Fondi e poi ritornavano indietro, in uno strano viavai: per ognuno di questi viaggi aumentava il prezzo del prodotto al quale quegli ortaggi venivano venduti sul mercato, moltiplicando i profitti illeciti di questo sistema criminale. Fu davvero un'inchiesta particolarmente interessante perché ci permise di uscire dalla dinamica strettamente del campo agricolo per entrare in quello dell'organizzazione della filiera anche commerciale, con interventi diretti dalle principali organizzazioni mafiose.
Un passaggio altrettanto importante si fa, sempre in riferimento al caporalato, laddove il caporalato è l'attività di intermediazione illecita, ovverosia è un soggetto – il caporale – che interviene su lavoratori e lavoratrici che hanno bisogno di lavorare, selezionandoli e reclutandoli per portarli a lavorare nell'azienda di un datore di lavoro. C'è anche un genere di attività – lo pongo come elemento di riflessione ulteriore – che noi definiamo «padronato», ossia l'attività diretta del datore di lavoro che recluta e stabilisce le condizioni di sicurezza, di lavoro e di impiego all'interno della propria stessa azienda, ed è esattamente quanto è accaduto nel caso del bracciante Satnam Singh. Egli non era vittima di un caporale: la gestione diretta era affidata al proprietario dell'azienda, tant'è vero che è stato costui a portarlo in quelle condizioni davanti alla sua abitazione e a buttarlo come un sacco di patate, in attesa inevitabilmente della morte.
Questo è un aspetto estremamente interessante perché, secondo me, se ci si concentra solo sul caporale, viene a mancare un pezzo di questo ingranaggio molto più complesso: Pag. 25chi lavora dentro un'azienda è, comunque, sotto la responsabilità e l'organizzazione di chi è proprietario di quell'azienda. Ve lo dico perché, avendoci lavorato per tre mesi, so perfettamente che all'interno di alcune aziende non si arriva se non c'è il pass del datore di lavoro che controlla e che osserva, soprattutto quando costui sa che quel genere di attività è pienamente illecita. Vi do dei dati da questo punto di vista: all'epoca vi erano ragazzi che venivano retribuiti 50 centesimi l'ora; io ho lavorato in aziende anche quattordici ore al giorno, tutti i giorni del mese, e questo avviene in gran parte ancora oggi. L'attuale retribuzione media nazionale si aggira intorno ai 4,50 euro l'ora (ovviamente questa è una stima molto ampia). Il contratto provinciale è pari a circa 9 euro lorde l'ora, per lavorare sei ore al giorno, per sei giorni a settimana: oggi stiamo a 4,50 euro l'ora, per lavorare dieci, dodici, quattordici ore al giorno, a volte anche sette giorni su sette. Se si fa un conto approssimativo, in alcuni casi il sistema agricolo si fonda più sullo sfruttamento che sulla produzione e la commercializzazione illegale del prodotto in sé. In altri termini, a volte in alcune aziende è più conveniente, in termini redditizi e di risultato economico, lo sfruttamento piuttosto che la buona coltivazione nel rispetto dei diritti del lavoro, a volte costituzionali e anche ambientali, perché c'è anche questo tema estremamente interessante.
Sottopongo alla vostra attenzione un ultimo passaggio che ritengo utile. Il territorio in cui è avvenuta la tragedia di Satnam Singh è estremamente interessante, perché Borgo Santa Maria è a pochi chilometri dalla discarica di Borgo Montello e lì c'è un territorio estremamente complesso, con la presenza, accertata dalle forze dell'ordine e dalla magistratura, dei Casalesi, in particolar modo di Francesco Schiavone (il famoso Sandokan) e di Carmine Schiavone, il primo pentito del clan dei Casalesi, i quali riuscivano a interrare rifiuti tossici. Costoro furono Pag. 26denunciati da don Cesare Boschin, che nel 1995 fu trovato incaprettato nella sua canonica. Quindi è un territorio dove la presenza mafiosa o camorristica è storicamente accertata ed è il legame esatto tra il sistema ecomafioso e agromafioso. Quindi, ciò che poi è emerso con il caso di Satnam Singh non è il corto circuito di un sistema che funziona, cioè l'incidente determinato dal caso, bensì il prodotto di un rapporto criminale tra interessi diversi che, come ha detto il presidente, intervengono anche su liberi professionisti. L'azienda dove lavorava Satnam Singh, mentre era sotto inchiesta da circa cinque anni da parte della procura della Repubblica, nel contempo continuava a prendere fondi pubblici per circa 131.000 euro, e questo è un altro tema interessante. Sono a vostra disposizione per eventuali domande.
PRESIDENTE. Solo una domanda velocissima – poi avremo modo di approfondire – dal momento che su questo apriremo un filone d'inchiesta. Lei ha anche i dati regione per regione? Ad esempio, rispetto a Sicilia, Toscana o Emilia-Romagna ha i dati della presenza del caporalato, con qualche dettaglio nello specifico regione per regione?
MARCO OMIZZOLO, ricercatore. I dati sono molto complessi perché bisogna distinguere tra l'impiego regolare e quello irregolare, ovvero di colui che non ha neanche un permesso di soggiorno ed è completamente lontano rispetto a ogni possibilità anche statistica di censimento. In più, l'impiego nelle campagne a volte è stagionale, quindi ciò che noi possiamo rilevare oggi in termini quantitativi, tra tre mesi cambia radicalmente. Ci sono delle stime da questo punto di vista, ma restano delle stime che vanno prese con attenzione, che sono divise a volte per regioni, a volte anche proprio per territori. Ovviamente, un conto è il comune di Roma, che è il comune agricolo più importante d'Europa, altro conto è la provincia di Pag. 27Latina, altro conto ancora è quella di Viterbo. Quindi, ciò riguarda anche le aree regionali.
PRESIDENTE. Se ci può fornire i dati, anche nei prossimi giorni o quando avrà modo, in maniera tali da poterli integrare alla sua relazione e acquisire agli atti della Commissione, la ringrazio.
MARCO OMIZZOLO, ricercatore. Assolutamente sì.
PRESIDENTE. Faremo una relazione su questo. Nel ringraziare nuovamente il presidente Fara e i suoi collaboratori, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 17.45, è ripresa alle 18.
Audizione del Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, Gen. B. Antonio Bandiera, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante del comando carabinieri per la tutela del lavoro, il generale Antonio Bandiera, che saluto e ringrazio della presenza. Il comandante è accompagnato dal luogotenente carica speciale dei carabinieri, Fabio Sbardella, effettivo al comando dei carabinieri tutela del lavoro in Roma.
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
Avverto, inoltre, i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che se lo riterrà Pag. 28opportuno, consentendo la Commissione, i lavori potranno proseguire in seduta segreta. Segnalo che in tal caso, per la parte di seduta sottoposta a regime di segretezza, saranno sospesi tutti i collegamenti da remoto e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera deputati, che saranno tempestivamente riattivati alla ripresa della seduta libera.
Al fine di assicurare il miglior svolgimento dei lavori, invito inoltre il nostro ospite a destinare, se è possibile, l'illustrazione di eventuali contenuti riservati alla parte finale della seduta.
Ricordo inoltre che la legge istitutiva n. 53 del 10 maggio 2023 attribuisce alla Commissione al comma 1, lettera n), dell'articolo 1, la competenza ad indagare sull'esistenza di attività illecite nel settore agricolo e agroalimentare, comprese quelle connesse a forme di criminalità organizzata commesse anche attraverso sofisticazioni e contraffazioni di prodotti enogastronomici di etichettatura e di marchi di tutela compreso il traffico transfrontaliero anche ai fini dell'aggiornamento del potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari a tutela della salute umana del lavoro e dell'ambiente, nonché del contrasto del traffico illecito di prodotti con marchio made in Italy contraffatti o alterati.
In tal senso, l'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento avviato, per decisione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 27 giugno scorso, sulle attività illecite nel settore agricolo, con specifico riferimento proprio alle condizioni di lavoro anche alla luce delle recenti tragiche notizie di cronaca relative al fenomeno noto come caporalato nel settore agricolo agroalimentare.
La Commissione intende, quindi, indagare sull'incidenza di tale fenomeno sul territorio nazionale verificandone l'ampiezza e le relative ricadute distorsive sul corretto funzionamento del Pag. 29sistema economico produttivo, nonché gli eventuali collegamenti con forme di criminalità organizzata.
Con riferimento agli aspetti concernenti il mercato del lavoro e le condizioni dei lavoratori in agricoltura, ricordo infine che la Commissione ha già avuto occasione di ascoltare in audizione il 9 gennaio scorso il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone.
Cedo dunque la parola al comandante Bandiera per lo svolgimento di una relazione introduttiva, al termine della quale i colleghi parlamentari potranno rivolgere eventuali domande o richieste di chiarimento.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Rivolgo un saluto a lei, presidente, e agli onorevoli membri di questa Commissione. Vi porto il saluto anche del nostro comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il generale di corpo d'armata Teo Luzi. Per me è un grande privilegio essere qui questa sera perché ho l'opportunità di poter parlare di quello che facciamo, di quello che fa il nostro comando carabinieri per la tutela del lavoro.
Sono accompagnato dal luogotenente carica speciale, Fabio Sbardella, un decano nel nostro comparto di specialità, già comandante di nuclei ispettorato del lavoro del comparto di specialità. Nasciamo nel 1926 e tra poco compiamo 100 anni: siamo il comparto di specialità più antico dell'Arma dei carabinieri e quindi affianchiamo gli altri tre comparti di specialità (tutela della sanità, igiene, ambiente e patrimonio culturale). Nasciamo all'interno di quelli che erano nel 1926 i circoli dell'industria del lavoro: iniziamo con tre militari in ogni circolo e, da allora, siamo sempre rimasti all'interno di sedi esterne ministeriali, per tutta la nostra storia. Quindi noi non siamo all'interno di caserme: la nostra è una natura del tutto peculiare, perché già i luoghi nei quali noi operiamo e lavoriamoPag. 30 sono luoghi nei quali condividiamo le nostre realtà, le nostre analisi, con ispettori civili.
Il nostro reparto è cresciuto veramente molto. Se pensiamo che fino al 2019 eravamo, in organico, 505 unità, mentre adesso, con l'ultimo incremento avvenuto quest'anno, con ulteriori 50 militari, arriviamo a 710. Inoltre, in questi ultimi cinque anni abbiamo anche avuto la realizzazione all'interno del comando di un reparto operativo, che ha una competenza investigativa su scala nazionale. Come siamo articolati? Abbiamo un comando centrale, con sede qui in Roma, che ha all'interno il reparto operativo di cui ho parlato poco fa. Da questo comando dipendono cinque gruppi: il gruppo di Venezia, di Roma, di Palermo, di Napoli e di Milano. Questi gruppi si articolano in nuclei ispettorato del lavoro. Quindi, mentre i gruppi hanno una competenza interregionale, su più regioni, i nostri nuclei ispettorato del lavoro – i nostri NIL – sono 101 e hanno una competenza provinciale. In realtà, quindi, in ogni provincia c'è un nostro nucleo ispettorato del lavoro.
I nostri compiti sono quelli di tutelare l'osservanza ed eventualmente la violazione di tutte le norme inerenti alla legislazione sociale, inerenti alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, inerenti alla tutela dei rapporti di lavoro, qualunque sia la tipologia di contratto adottato, sia esso un contratto tipico o un contratto atipico. Un'altra peculiarità è data dal nostro numero, con una forza di 710 unità e, a fine anno, faremo un bando di concorso per inserire altri sessanta militari nel nostro comparto. Questi 710 militari, in realtà, riescono a trovare un'ulteriore forza, un impatto veramente importante, grazie a quello che abbiamo alle nostre spalle, cioè la nostra organizzazione territoriale.
Pensate che pochi giorni fa abbiamo svolto un'attività – ne avrete sentito forse parlare dai media – di contrasto al caporalatoPag. 31 in agricoltura su tutto il territorio nazionale. In quella circostanza eravamo circa 380 ispettori del lavoro, con nostri carabinieri, ispettori del lavoro e altrettanti militari dell'Arma territoriale. Noi riusciamo, grazie al gruppo territoriale, a moltiplicare le nostre forze sia nelle attività ispettive, sia, come vedremo più avanti, in quelle investigative. Abbiamo, inoltre, un potere, una prerogativa operativa che risale addirittura al 1955. I nostri carabinieri sono anche ispettori del lavoro: si diventa ispettore del lavoro dopo un corso e un esame, per cui si consegue la qualifica di ispettore del lavoro. L'ispettore del lavoro ha un potere unico nel panorama nazionale: è sempre un ufficiale di polizia giudiziaria, indipendentemente dal grado. Il carabiniere che entra nel nostro comparto come ispettore del lavoro è un ufficiale di polizia giudiziaria. Non solo, ma egli ha un potere di visita e di accesso in qualunque luogo venga effettuata un'attività lavorativa – è una norma del 1955 – a qualunque ora del giorno e della notte (laboratori, opifici o cantieri). Questo per noi è veramente significativo.
Se poi vediamo le norme che regolano il nostro comparto, per noi il faro rimane e rimarrà sempre l'articolo 1 della Costituzione. Nella nostra simbologia ci rifacciamo alla ruota dentata, simbolo del lavoro nella nostra Repubblica, e agli articoli 35, 36, 37 e 38 della Costituzione, che sono per noi un faro. Tutta la legislazione che segue è, in realtà, una legislazione ovviamente successiva, che si ispira a quei principi costituzionali. Da chi dipendiamo? Come gli altri comparti di specialità, abbiamo diverse dipendenze. Partendo da quella di natura gerarchica, il nostro comando è inserito dentro l'organizzazione mobile e speciale dell'Arma dei carabinieri. L'Arma dei carabinieri è una grande istituzione, con oltre 100.000 unità, che si suddivide in organizzazioni, come quella territoriale. Voi vedete le nostre stazioni, vedete le nostre gazzelle, il radiomobile: Pag. 32quella è l'organizzazione territoriale, con tutti i nostri presidi, le stazioni e le compagnie. Poi abbiamo l'organizzazione della tutela forestale ambientale. L'organizzazione mobile speciale è quella all'interno della quale troviamo i reparti speciali. Quindi, tutti i comparti di specialità, compreso il nostro, fanno capo a questa organizzazione mobile e speciale.
Noi dipendiamo, quindi, dalla divisione unità specializzata. Per intenderci, in questa organizzazione speciale, ad esempio, c'è il raggruppamento operativo speciale, ci sono i carabinieri della tutela patrimonio culturale, cioè tutte le articolazioni speciali. Quindi, da un punto di vista militare, noi abbiamo una dipendenza gerarchica all'interno di questa organizzazione. Però, da un punto di vista funzionale abbiamo dipendenze differenti. Il mio comando centrale dipende funzionalmente dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. I gruppi, a livello interregionale, e i NIL, a livello provinciale, dipendono, invece, dalle diramazioni, dalle articolazioni dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Quindi abbiamo queste diverse dipendenze, ma non solo: nel momento in cui noi portiamo avanti un'attività di polizia giudiziaria o un'indagine, lì la dipendenza funzionale è data dal magistrato, che, secondo il codice di procedura penale, è il dominus dell'attività investigativa. Già questo rende l'idea di come i nostri militari siano, in realtà, cresciuti e siano abituati a operare in un contesto di per sé sinergico, in un ambito che già ci porta a pensare in maniera allargata, a trecentosessanta gradi, con team congiunti, con squadre congiunte, con campagne di contrasto ai malfunzionamenti, alle distorsioni del mondo del lavoro, che vengono effettuate in modo congiunto. Questa è un po' la filosofia.
Ho parlato dell'Ispettorato nazionale del lavoro. È un'agenzia che, sotto la direzione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha una propria autonomia e, per legge, coordinaPag. 33 tutte le attività di vigilanza svolte a livello nazionale. Quindi, c'è il coordinamento delle attività ispettive, ovvero la campagna sul contrasto al caporalato (coordinata dall'Ispettorato nazionale del lavoro). Quindi, l'Ispettorato non coordina solo le nostre attività, ma anche quelle degli altri ispettori del lavoro – dell'INPS, dell'INAIL – e quindi parliamo in realtà di un comparto che si aggira attorno alle 4.700 unità. Questo è un numero nel quale comprendiamo tutti gli ispettori, quindi anche noi, che nel breve termine sarà aumentato perché è previsto un inserimento di nuove realtà. Parliamo di circa 1.500 ispettori, che è un numero veramente importante per il nostro comparto; dentro questi 1.500 ispettori ci sono anche i 50 militari che andranno a rinforzare il nostro comando.
Noi abbiamo due anime: quella che ci ha contraddistinto dal 1926 fino a sei o sette anni fa, cioè quella dell'accesso ispettivo, quindi, più propriamente, il controllo di natura amministrativa, ovvero il controllo dell'ispettore del lavoro, soprattutto orientato a verificare la regolarità del contratto, la situazione inerente all'osservanza delle norme sulla salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Oggi non abbiamo perso assolutamente questa nostra particolare predisposizione all'accesso ispettivo, ma a questa abbiamo affiancato un'altra capacità: quella investigativa. Oggi abbiamo, nel nostro Paese, centinaia di attività investigative che sono in corso in questo momento per contrastare le più gravi forme di sfruttamento del lavoro. Abbiamo anche un metodo investigativo che trae origine dall'accesso ispettivo. Pensate cosa vuol dire un buon accesso ispettivo: noi entriamo in un'azienda agricola; in quella azienda agricola il nostro militare è preparato per fare quella che noi chiamiamo intervista al lavoratore. Intervistare il lavoratore significa capire questo lavoratore quanto effettivamente prenda mensilmente, se usufruisca o meno delle ferie, del riposo settimanale, se e Pag. 34come venga trattato dal suo datore di lavoro, se ha a disposizione dispositivi di protezione individuale, da dove e come sia avvenuto in Italia, se si tratti di stranieri o addirittura se si tratti di un clandestino, quale sia stato il suo percorso. Tutte queste domande possono avere qualsiasi tipo di risposta, ma ci sono alcune risposte che danno la possibilità, già nella risposta, di tramutare questo accesso ispettivo in un'attività di polizia giudiziaria. Quindi, spessissimo le nostre indagini partono da un'intervista, che poi diventa la denuncia di un singolo lavoratore. La nostra sensibilità deve essere rivolta proprio a questo, cioè a cercare quell'empatia con il lavoratore, perché, ovviamente, un lavoratore che collabora contro un datore di lavoro, che è un suo sfruttatore, un aguzzino, può ottenere benefici importanti, tra i quali anche il permesso di soggiorno: la norma consente questo.
Facciamo, quindi, attività ispettive e attività investigative. Tutte le nostre attività investigative, che svolgiamo in tutto il territorio nazionale, vengono analizzate dal nostro comando qui a Roma: tutte. Ciò avviene perché analizzare diverse attività e diverse procedure ci dà la possibilità di estrarre le pratiche migliori e di realizzare dei modelli operativi che possono essere replicati per contrastare, in altre parti d'Italia, dei fenomeni criminali. Questa è un po' la forza della nostra attività capillare sul territorio. In questo momento storico, su cosa ci stiamo concentrando? Sicuramente, il tema delle morti sul lavoro è un qualcosa di straordinariamente grave. Cerchiamo di contrastare e di prevenire, per quanto possibile, questi eventi, soprattutto con una duplice modalità, a partire dall'attività di prevenzione, secondo i numeri. Se vi dicessi che l'anno scorso abbiamo effettuato 16.886 ispezioni, questo è un dato vero, ma dietro a questi numeri cosa c'è? Dietro questi numeri c'è un dato ancor più importante: il fatto di aver sospeso delle attività per gravi Pag. 35violazioni in materia di salute e sicurezza. Andiamo in un cantiere, dove trovo degli operai senza dispositivi di protezione, dove trovo i ponteggi realizzati non a regola d'arte, non ancorati, rilevo la mancanza delle barriere contro la caduta nel vuoto. Sospendo quindi quell'attività perché ci sono più ipotesi previste dalla legge per poterla sospendere. Sospendere un'attività vuol dire che quella attività non potrà riprendere finché il datore di lavoro non avrà ottemperato e non si sarà messo in regola. Questo significa che io non so se quel giorno, grazie a quella sospensione – non lo saprò mai perché la prevenzione non è numerabile – avremo avuto un infortunio, anche non mortale, in meno, però mi piace pensare che questa sia la prevenzione vera. Fare, quindi, dei controlli mirati sulle aziende agricole o in edilizia, dove i rischi sono elevati, e arrivare alle sospensioni, penso che sia significativo. Così come significativo è fare quell'intervista che abbiamo detto prima e capire che quello non è un lavoratore formato: bisogna andare in fondo, approfondire e capire che c'è stato un diplomificio. Il datore di lavoro magari non ha formato il lavoratore in quanto la formazione costa. Non solo costa pagare la formazione, ma costa di più rispetto a un certificato falso. Costa anche non avere il lavoratore quel giorno in azienda per formarlo. Quindi, un lavoratore non formato è un lavoratore a grave rischio, un rischio maggiore, ovviamente, rispetto a un lavoratore formato. Cerchiamo di concentrarci, da sempre ma adesso ancora di più, nell'evidenziare queste gravi criticità in tutti i settori: aziende agricole, cantieri edili, industria. Quest'anno abbiamo controllato 766 aziende. Quante di queste erano irregolari? Il 61 per cento.
L'altro giorno, il 3 luglio, abbiamo controllato in tutta Italia: su 310 aziende, il 70 per cento era irregolare. Sono numeri importanti: su 2.000 lavoratori controllati pochi giorni fa, più di Pag. 36600 erano irregolari in agricoltura; 600 su 2.000. Di questi 600, 200 erano in nero, cioè erano dei fantasmi: erano cioè giuridicamente invisibili, inesistenti. Abbiamo questa situazione di una totale invisibilità giuridica. Poi, ovviamente, operiamo per contrastare le truffe in danno degli enti previdenziali e degli enti assistenziali (pensiamo all'assegno sociale). Ovviamente, operiamo anche per fare emergere e contrastare il lavoro nero, oltre che il lavoro irregolare.
Siamo coinvolti da obiettivi del PNRR. In particolare, come comparto – non solo noi ma anche come Ispettorato nazionale del lavoro – dobbiamo raggiungere un 20 per cento in più dei controlli ispettivi rispetto al triennio 2019-2021. Dobbiamo fare ciò entro quest'anno e siamo perfettamente in linea con questa tendenza.
Quando noi – e quando dico «noi» mi riferisco proprio ai presenti al tavolo e ai nostri collaboratori – ci mettiamo attorno a un tavolo pensando alla nostra missione, riflettiamo molto sulle forme più gravi di sfruttamento, che cerchiamo di contrastare con tutte le nostre forze.
Noi abbiamo due grandi ambiti: anzitutto, c'è una manodopera a bassissimo costo, che troviamo in diversi settori del caporalato. Il caporalato in agricoltura trova una grandissima attenzione: quasi il 50 per cento delle nostre attività di contrasto al caporalato riguardano l'agricoltura. Abbiamo però anche il caporalato in altri settori: in edilizia, nel terziario, nel lavoro domestico, nel turistico-alberghiero. Oggi abbiamo il caporalato nella cosiddetta «gig economy», cioè nei lavoretti, oppure abbiamo il caporalato digitale, che è l'ultima frontiera che negli ultimi due anni siamo riusciti a individuare. Stiamo aprendo in questo momento, mentre vi sto parlando, tredici indagini su tutto il territorio nazionale che riguardano caporali digitali. È un fenomeno che sta colpendo coloro che ci portano Pag. 37a casa il cibo, da parte di varie catene, ben note; molti di loro sono sfruttati da caporali.
Il caporalato, in realtà, è una forma di sfruttamento estremamente grave. Tutto parte da due grandi fenomeni, che sono stati affrontati dalla Convenzione di Palermo del 2000 contro il crimine transnazionale: il traffico di migranti (lo smuggling of migrants) e la tratta di esseri umani (il trafficking in human beings). Sono fenomeni importanti. Il traffico di migranti è contrastato dal Testo unico dell'immigrazione, all'articolo 12; l'altro, la tratta degli esseri umani, dall'articolo 601 del codice penale. Sono due forme gravi – e vedremo i collegamenti con il caporalato – che esistono nel nostro Paese. In merito alla prima – il traffico di migranti – c'è una richiesta da parte di un lavoratore, che sfugge magari a situazioni di estrema gravità dal proprio Paese, scendendo a patti con una organizzazione criminale che gli garantisce un viaggio dal suo Paese in Italia. A quella organizzazione non interessa nulla che il lavoratore arrivi in Italia e arrivi in salute: finisce lì il rapporto. È un rapporto nel quale c'è una dazione di denaro – tutti i risparmi – per cercare di arrivare in Italia. Questo è il traffico di migranti. Poi costui non arriva? Ai criminali ciò non interessa.
Nella tratta il discorso è completamente diverso, perché la tratta di esseri umani ha lo scopo di far arrivare in Italia il lavoratore in salute, perché deve essere sfruttato, o sessualmente, o a scopo lavorativo, o per accattonaggio. Vedete come è diverso il rapporto fra le organizzazioni criminali e le vittime, anche se potrebbe sembrare simile la condotta. Le condotte sono state distinte nel 2000 e ci sono poi due protocolli addizionali. Noi abbiamo poi una normativa interna al riguardo: esiste un piano triennale per il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato; esistono delle campagne nazionali. L'ultima è denominata «A.L.T. Caporalato Pag. 38D.U.E», dove con il D.U.E., oltre a farci capire che in realtà è una seconda campagna, si è voluto porre l'accento su Dignità, Uguaglianza ed Equità (D.U.E.). Questa è una campagna ancora in atto, che noi svolgiamo sotto la supervisione e la direzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
Abbiamo, poi, come comando, una importante attività in seno all'Unione europea, in particolare sulla piattaforma EMPACT (European Multidisciplinary Platform Against Criminal Threats). EMPACT è la piattaforma della Unione europea nella quale vengono discusse e affrontate le tematiche sulle più gravi attività criminali compiute nei Paesi dell'Unione. Noi siamo, come comando, co-leader per quanto riguarda il traffico degli esseri umani e quindi portiamo le nostre esperienze su quei tavoli. Poi abbiamo un'altra tipologia di cooperazione internazionale – importantissima – con Eurojust (quindi, una cooperazione internazionale di polizia) per le nostre attività investigative, perché non esistono, ovviamente, confini. A volte noi abbiamo confini, abbiamo competenze dei nostri tribunali – ci mancherebbe altro – di natura territoriale, ma le organizzazioni criminali no! Quindi, noi abbiamo bisogno di avere questi continui interventi e scambi, che sono veramente importanti. Il caporalato in questo momento è molto diffuso nel nostro Paese, non solo in agricoltura ma in tanti settori. La norma che abbiamo come riferimento – articolo 603-bis – è una norma che funziona. È stata una fortuna ed è stato un legislatore illuminato quello della legge n. 199 del 2016, perché ci ha dato la possibilità non solo di avere una norma su un delitto contro la persona, che vuole tutelare la dignità dei lavoratori, ma ci ha dato la possibilità di colpire chi recluta persone in stato di bisogno, approfittando dello stato di bisogno, consapevole di consegnare questa gente a colui che la impiegherà sfruttandola. Quindi, abbiamo due condotte: chi recluta e chi impiega. C'è chi Pag. 39cerca, attraverso dei faccendieri, attraverso intermediari, questi lavoratori che sono in situazioni di stato di bisogno, approfitta dello stato di bisogno, e chi si occupa della somministrazione di questi lavoratori a un datore di lavoro o a un altro caporale, che li impiegherà, sfruttandoli.
La norma funziona perché prevede degli indici di sfruttamento. Quando noi ci troviamo di fronte, in quella intervista, un lavoratore che ci dice di lavorare per dodici ore al giorno, abbiamo già uno degli elementi. La norma l'hanno costruita prendendo gli articoli della Costituzione di cui parlavo prima e hanno costruito l'articolo 603-bis. Leggo l'articolo 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro». Se andiamo a vedere l'indice di sfruttamento previsto dal caporalato, si dice la stessa cosa. Se mi trovo di fronte a una retribuzione non proporzionata alla quantità e alla qualità, non ho solo violato un principio costituzionale! La norma è stata costruita in maniera straordinaria, funzionale alle nostre esigenze. Quindi, il lavoratore ha diritto al riposo settimanale, ha diritto alle ferie, ha diritto all'aspettativa: sono dati che io già verifico nell'intervista e questo è un altro elemento. Il mio secondo giorno al comando tutela lavoro ci fu un evento tragico, che mi colpì: due lavoratori, stranieri e clandestini, morirono in un container per le esalazioni da monossido di carbonio. Eravamo nel Nord Italia, in provincia di Torino, dove faceva molto freddo e, per scaldarsi, essi erano stati messi ad alloggiare lì. Le condizioni alloggiative degradanti rappresentano uno degli indici di sfruttamento: già quello è uno degli indici di sfruttamento! Trovare il dormitorio che abbiamo trovato l'altro giorno a Latina durante questa attività, dove in una serra dormivano in nove su dei pagliericci, questo è un indice. Ciò è Pag. 40qualcosa di impensabile: vivevano in una serra senza finestre! Sono tutte situazioni che sono diffuse, di estremo degrado.
L'ultimissima operazione l'abbiamo compiuta a Teramo, due giorni fa. Abbiamo sottoposto a misure restrittive una donna e un uomo, madre e figlio, che, tramite i social, avevano fatto arrivare due lavoratori marocchini promettendo loro 500 euro al mese; lavoratori clandestini per lavorare in agricoltura, ma poi erano scesi a 250 euro; essi erano in condizioni alloggiative disastrose, in una vecchia e fatiscente roulotte, dove non avevano acqua. Ad essi davano la possibilità di lavarsi una volta a settimana. Uno dei due aveva nascosto, scavando sotto un albero, i soldi (quei pochi soldi che era riuscito a mettere da parte), perché aveva paura che la donna glieli rubasse. Abbiamo assistito a una situazione in cui, dopo che sono arrivati i nostri militari, lui ha mostrato dove erano i soldi. Adesso sono vittime tutelate dal nostro ordinamento.
PRESIDENTE. In merito a questo esempio, il fatto che «sono tutelate» cosa significa?
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Quell'uomo è una vittima protetta, in questo momento. Essendo una vittima protetta, adesso ci sarà – speriamo anche presto – una proposta, visto che ha collaborato anche alle indagini, e, ai sensi dell'articolo 18 del Testo unico dell'immigrazione, costui può usufruire di uno speciale permesso di soggiorno. Quindi, c'è una proposta da parte dell'autorità giudiziaria, che deve passare ovviamente per via amministrativa, quindi presso la prefettura competente e il Ministero dell'interno. È un po' quello che è successo, ovviamente mutatis mutandis, per la moglie di Satnam Singh, anche lei clandestina. Anche lei lavorava totalmente come irregolare, in nero, e per queste particolari situazioni ha avuto dallo Stato italiano il permesso di soggiorno.
Pag. 41PRESIDENTE. Bisogna stare attenti perché su questo ci può essere un risvolto della medaglia. Ci potrebbe essere una criminalità organizzata che importa queste persone, le mette in determinate condizioni per poi sfruttare anche questo escamotage. C'è di tutto nella criminalità organizzata!
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Assolutamente.
PRESIDENTE. Non mi sembra una soluzione.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Certo.
PRESIDENTE. È ovvio che essi vadano tutelati, difesi, curati e tutto quello che è necessario, ci mancherebbe altro, perché non è che possano vivere in condizioni non dignitose, e questo vale per qualsiasi persona, però non riesco a comprendere il secondo passaggio, quello del permesso.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. È prevista una premialità nel caso di collaborazione con le forze di polizia, oppure quando c'è una grave situazione di vulnerabilità da parte delle organizzazioni che hanno sfruttato. La norma è l'articolo 18 del Testo unico: questo è uno dei casi.
PRESIDENTE. Io le volevo fare alcune domande per andare un po' nel concreto, perché dopo abbiamo anche un'altra audizione. Noi siamo una Commissione d'inchiesta, quindi valuteremo insieme ai funzionari e ai consulenti come approfondire il tema del caporalato. Potremmo avere anche dei dati specifici, con particolari casistiche, per poter indirizzare la nostra inchiesta? Potremmo anche collaborare successivamentePag. 42 su questi argomenti, andando anche nel dettaglio di particolari situazioni, su particolari aree geografiche, al Sud come al Nord, sull'agroalimentare come su anche altri temi. Al tema digitale non ci avevo neanche sinceramente pensato e credo che ci abbia dato un ottimo suggerimento.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Certamente.
PRESIDENTE. Volevamo capire, con il magistrato che avrà in mano il filone, se è possibile una collaborazione o comunque anche poter approfondire determinati temi per capire dove indirizzare l'inchiesta.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Assolutamente. Al momento abbiamo 153 indagini aperte sul caporalato: di queste, 52 interessano il settore agricolo (solo noi come comparto di specialità); di queste, ne abbiamo 25 nel Sud Italia, 11 al Centro e 16 tra Nord-Est e Nord-Ovest (mi riferisco a questo momento storico).
Se guardiamo, invece, alle ultimissime indagini che abbiamo concluso nel settore, negli ultimi due mesi, per caporalato in agricoltura, abbiamo: Cuneo, Perugia, Lecce, Ragusa, Prato, Livorno, Bari Caserta e Teramo. Queste sono le ultimissime.
Dal punto di vista dell'incidenza percentuale del contrasto al caporalato da parte delle forze di polizia, l'Arma dei carabinieri procede, in media, per il 65 per cento di tutti i casi a livello nazionale. Questo, ovviamente, perché c'è un comparto di specialità e noi siamo, ovviamente, un po' il volano per tutte le attività in questo settore. Un'evoluzione normativa in corso, a nostro favore, in questo momento, vede la creazione – speriamo a breve, posto che c'è un decreto-legge che dovrebbe essere Pag. 43convertito entro la metà di luglio – del sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura. Sarà, riteniamo, una banca dati importante, perché sarà alimentata dal Ministero dell'Interno, dal MASAF, da INPS, INAIL, INL, ISTAT, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, insomma da tutti coloro che sono competenti nel settore. Così come verrà istituita dalla stessa norma anche la banca dati degli appalti in agricoltura. La stessa norma prevede che noi, come comando carabinieri tutela del lavoro, potremo avere accesso a tutte le informazioni e alle banche dati contenute sul portale dell'INPS. Queste sono un po' le ultimissime novità di questo momento storico. In questo momento storico ci sono lavori parlamentari in corso.
Avevo citato già la vigilanza straordinaria in agricoltura. Fornisco un ultimo elemento sulla norma 603-bis. Parliamo della legge n. 199 del 2016: da allora ad oggi, come comparto di specialità, abbiamo compiuto più di mille attività di polizia giudiziaria; quindi non parlo di ispezioni, ma parlo di indagini, più di mille; la metà riguardano il caporalato. Queste indagini ci hanno fatto individuare circa 7.000 vittime di sfruttamento da quando esiste questa norma. Tra imprenditori e caporali responsabili del reato di cui all'articolo 603-bis, abbiamo denunciato, solo per quanto attiene il contrasto in agricoltura, 1.097 caporali in stato di libertà e 284 in stato di arresto. È una norma che, in questo momento storico – anzi dal suo inizio operativo – ha funzionato e quindi continua a dare i propri frutti. Per noi, quindi, è veramente importante.
Noi operiamo con tutte le procure della Repubblica d'Italia nel contrasto a questa forma di sfruttamento.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
RACHELE SILVESTRI. Ringrazio il nostro ospite per la relazione. Comandante, le volevo fare una domanda proprio Pag. 44inerente alla legge n. 199, perché nell'audizione precedente anche il presidente di EURISPES ci ha detto che, comunque, questa è una norma molto ben fatta e che in questi anni ha dato i suoi frutti. Il presidente ha rimarcato però il fatto che questa norma è fatta bene per procedere nel caporalato, ma non è molto incisiva nella prevenzione, quindi ha delle carenze sulla questione della prevenzione al caporalato. Quali potrebbero essere, secondo il vostro giudizio, delle modifiche per migliorare l'aspetto preventivo in base alla legge n. 199 del 2016?
Vengo alla seconda domanda. Per quanto riguarda l'esempio che ha fatto lei sulla persona di Teramo, stavamo discutendo prima, anche con il presidente, di quel buco che si viene a creare per la tutela della persona che denuncia. Voi fate un'indagine, mettete in sicurezza la persona e poi, in base ai tempi amministrativi e giudiziari, arrivate a concedere il permesso di soggiorno «premio», che chiamo così per semplificare. Tuttavia, in quel tratto di tempo, in quella fase, la persona come viene tutelata, anche rispetto alla propria sicurezza personale? Comunque, se si va a fare una denuncia in quel senso, ci potrebbero essere anche dei risvolti pericolosi per la sicurezza della persona, perché magari ha denunciato un determinato sistema: come viene tutelata questa persona nel frangente in cui ancora non c'è la parte amministrativa?
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Parto dalla prima domanda, quella sulla prevenzione. La norma relativa all'articolo 603-bis non è stata scritta per prevenire, perché è una norma che vuole reprimere delle condotte criminali: non è con questa norma che possiamo fare prevenzione. Per fare prevenzione, se posso dire il mio pensiero, il mio pensiero è proprio un altro, nel senso che i fenomeni di questa natura non li possiamo «vincere» e sconfiggere solo con un intervento di natura robusta e soltanto Pag. 45aumentando i controlli: ciò non è sufficiente. Penso che ci sia la necessità di una crescita di natura culturale, che oggi manca completamente. Se io penso alla mia generazione e a me stesso, io non sono cresciuto con una cultura e con una sensibilità verso l'ambiente, verso il clima, verso la tutela e il rispetto della natura: ciò non c'era assolutamente. Se vediamo le nuove generazioni, già a partire da mio figlio, esse hanno una cultura per il verde, per l'ambiente, che è straordinaria. Oggi tutte le giovani generazioni sono cresciute così: siamo riusciti in qualcosa di straordinario. Dovremmo iniziare a parlare di sicurezza e di dignità del lavoro nelle scuole, perché ci deve essere una riforma epocale. Se abbiamo così tanti datori di lavoro che sfruttano in questo modo i lavoratori e il bracciante è solo, ciò significa che vi è un problema anche culturale. Secondo me, non è questa la norma per poter agire sulla prevenzione: noi agiamo sulla prevenzione sicuramente con i controlli e con le sospensioni, e quindi con attività mirate. Abbiamo adesso queste nuove banche dati: mettendo a sistema tutte le informazioni, già con le banche dati riusciamo a capire, ad esempio, se un'azienda ha la possibilità o meno di fare certe attività produttive. Così posso fare un intervento mirato su quell'azienda. Gli interventi devono essere il più possibile mirati. Probabilmente troverò delle situazioni per le quali dovrò sospendere quell'azienda per gravi violazioni della sicurezza. Quindi questa è veramente, secondo me, un'attività di prevenzione. Il dispositivo del 603-bis ci servirà e ci continuerà a servire per reprimere tutte le condotte. Certo, si può discutere sull'entità della pena, ci mancherebbe altro, ma questo non è ovviamente il mio compito.
RACHELE SILVESTRI. Era solo per puntualizzare. La mia domanda non era su come si può modificare la norma, ma era solamente mirata a capire di quali strumenti avete bisogno per Pag. 46fare, magari, oltre a un controllo di ispezione, anche un controllo di prevenzione. Ora c'è la questione della banca dati, con l'incrocio dei dati, e questo è uno degli strumenti, però le chiedo se magari lo Stato può mettersi nelle condizioni di darvi altri strumenti di cui avete bisogno. Questa era la domanda.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Per la norma di cui abbiamo parlato, l'articolo 18 di cui le stavo dicendo prima, abbiamo le situazioni previste per ipotesi di gravi delitti, quindi parliamo di delitti di tratta, di caporalato, di riduzione in schiavitù. Sono qui previsti interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali. Quindi, a livello periferico, con il coordinamento delle prefetture, abbiamo diverse realtà che riguardano, ad esempio, le situazioni di violenza. Pensiamo alle situazioni di violenza e pensiamo anche a queste situazioni, con diverse realtà di accoglienza che spesso si riferiscono agli enti locali e sono diverse da prefettura a prefettura, da provincia a provincia. Ciò che è importante – lo richiama anche la norma – è l'accertamento di situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero. Quindi, qualora «emergano concreti pericoli – sto riportando il testo – per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio», il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica, rilascia uno speciale permesso di soggiorno, per garantire a quello straniero di sottrarsi alla violenza e partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale, avvalendosi di quei servizi sociali degli enti locali di natura assistenziale che sono sotto il coordinamento del livello prefettizio. Poi, ci sono diverse realtà da provincia a provincia.
Pag. 47PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altre domande da parte dei colleghi, io ne avrei alcune che però le farei pervenire per iscritto, in modo da poter poi avere da lei un riscontro scritto, che ci può essere utile. Se oggi intanto ci vuole lasciare la sua relazione, la acquisiremo agli atti.
ANTONIO BANDIERA, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro. Senz'altro; l'ho inviata anche per mail.
PRESIDENTE. Va bene, perfetto. Nel ringraziarla per il contributo offerto, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta sospesa alle 18.40, è ripresa alle 18.50.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare», Massimo Ferraro, nell'ambito dei filoni di inchiesta relativi alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali e alle attività illecite nel settore agricolo, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare», Massimo Ferraro, che saluto e ringrazio della presenza.Pag. 48
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori potranno proseguire in seduta segreta. Segnalo che, in tal caso, per la parte di seduta sottoposta a regime di segretezza, saranno sospesi tutti i collegamenti da remoto e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati, che saranno tempestivamente riattivati alla ripresa della seduta libera. Al fine di assicurare il miglior svolgimento dei lavori, invito inoltre il nostro ospite a destinare, se possibile, l'illustrazione di eventuali contenuti riservati alla parte finale della seduta.
Ricordo, inoltre, che la legge istitutiva, n. 53 del 10 maggio 2023, attribuisce alla Commissione, al comma 1, lettera n), dell'articolo 1, la competenza a indagare, tra l'altro, sull'esistenza di attività illecite nel settore agricolo e agroalimentare, comprese quelle connesse a forme di criminalità organizzata, commesse anche attraverso sofisticazioni e contraffazioni di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, compreso il loro traffico transfrontaliero, anche ai fini dell'aggiornamento e del potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell'ambiente, nonché del contrasto del traffico illecito di prodotti con marchio made in Italy contraffatti o alterati.
In tal senso, l'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento avviato, per decisione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 27 giugno scorso, sulle attività illecite nel settore agricolo, con specifico riferimento proprio alle condizioni di lavoro, anche alla luce delle recenti e tragiche notizie di cronaca relative al fenomeno noto come «caporalato» nel settore agricolo e agroalimentare. La Pag. 49Commissione intende, quindi, indagare sull'incidenza di tale fenomeno sul territorio nazionale, verificandone l'ampiezza e le relative ricadute distorsive sul corretto funzionamento del sistema economico produttivo, nonché gli eventuali collegamenti con forme di criminalità organizzata.
Con riferimento agli aspetti concernenti il mercato del lavoro e le condizioni dei lavoratori in agricoltura, ricordo infine che la Commissione ha già avuto occasione di ascoltare in audizione, il 9 gennaio scorso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone.
Cedo, dunque, la parola al direttore Ferraro per lo svolgimento di una relazione introduttiva, al termine della quale i colleghi parlamentari potranno rivolgere eventuali domande o richieste di chiarimento.
MASSIMO FERRARO, direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare». Grazie, presidente. Il tema ricompare puntualmente quando ci sono dei fatti che ci riportano a una tragicità. Vi ricordo che l'anno prima dell'approvazione della legge n. 199 del 2016 si era verificato l'episodio di Paola Clemente, la bracciante che perse la vita nelle campagne di Andria. Oggi ne parliamo perché si è verificato un caso che, per alcuni aspetti, è ancor più grave: qui, oltre a esserci sfruttamento lavorativo ed esserci caporalato, c'è un atto criminale vero e proprio, su cui credo ci sia poco da discutere.
La Fondazione, dalla sua nascita, dalla sua costituzione, ha tenuto sempre in particolare attenzione il tema del caporalato e dello sfruttamento lavorativo, innanzitutto perché riteniamo che la dignità umana debba essere al centro di chiunque voglia fare legalità in un settore – cosa di cui si occupa in modo particolare la Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare» – ma anche perché Pag. 50solo un settore economicamente etico e virtuoso può continuare a essere un fiore all'occhiello dell'economia italiana, com'è il sistema agroalimentare italiano.
È proprio per questo che nel 2016 partecipammo alla definizione della legge, portando anche una nostra proposta. Ci confrontammo, allora, con i tre Ministeri che seguivano l'evolversi e la definizione della legge (i Ministeri dell'agricoltura, della giustizia e del lavoro), e, in quel caso, mettemmo al centro – ma non ci fu il tempo per modificare nulla della legge – l'idea che bisognava salvaguardare il bracciante che era stato oggetto di vessazione o, comunque, metterlo nelle condizioni di essere lui stesso a denunciare il caporale e lo sfruttamento lavorativo. Chiaramente, per fare questo, occorre un sistema che dia innanzitutto, per esempio, il permesso di soggiorno e che permetta a questa figura di essere formata e di poter seguire un percorso all'interno. Del resto, il vero problema dello sfruttamento lavorativo, almeno secondo noi, è che esiste una massa di invisibili in Italia – come da altre parti – e questi invisibili sono persone che qualcosa devono fare. Probabilmente non esiste neanche un caporalato settoriale, ma esiste un caporalato molto largo. Si può chiamare agricolo, ma si può chiamare anche del settore commercio o di altri settori. Non esiste un caporalato solo agricolo, dell'edilizia o delle costruzioni: esiste una serie di persone, purtroppo facilmente gestibili, che, conoscendo il loro mondo, ma non sapendo dove stanno, trovano nelle figure di caporali e di altri coloro che all'inizio pensano possano organizzare il loro futuro. Questo è un problema molto serio e bisogna lavorare su questa massa di persone. Diversamente, se non si lavora su queste persone, cercando di far emergere le loro situazioni, purtroppo ci sarà sempre il caporalato, ci sarà sempre lo sfruttamento lavorativo e ci sarà sempre tanto malaffare.Pag. 51
Ci sono persone che girano 365 giorni all'anno sul territorio e che, probabilmente, in agricoltura troveranno 90 giorni di lavoro, nel periodo stagionale estivo: e il resto? Questo, secondo me, è un dato molto importante, perché bisogna partire da queste considerazioni e soprattutto fare in modo che a chi denuncia sia riconosciuta in qualche maniera la sua figura. Noi, allora, proponemmo l'ipotesi del permesso di soggiorno o, comunque, di una forma di permesso oggi ripresa dal testo unico sull'immigrazione (se non ricordo male, l'articolo 18, comunque è tutto riportato nella mia relazione, che poi vi lascerò).
Ritorniamo, però, al settore dell'agricoltura. La Coldiretti, ad esempio, che ricordo è l'associazione che ha istituito la Fondazione Osservatorio Agromafie, per quanto riguarda questo fenomeno ha chiaramente detto che, qualora ci siano soci della Coldiretti che insieme ai caporali o direttamente loro facciano vessazione e sfruttamento lavorativo, perdono la qualifica di socio. Questo è il minimo e la Coldiretti ha detto che, se ci sono gli estremi, si costituirà parte civile nei processi. Che cosa abbiamo fatto noi, oltre a partecipare al disegno di legge? Abbiamo fatto una pubblicazione su questi temi, chiamandola «Agricoltura senza caporalato», in maniera ottimistica, dicendo che secondo noi quello è il tentativo dove arrivare. Ma noi non facciamo solo studi e abbiamo provato a fare anche un progetto su questo tema partendo proprio dalla seguente domanda: qual è una delle motivazioni che spingono queste persone a utilizzare il caporale? Alloggio e trasporto. Questi sono i due temi centrali per cui il caporale, o direttamente il datore di lavoro, ha facile accesso a persone, che, ripeto, nella maggioranza dei casi, tranne il caso di qualche italiano o di qualcuno con permesso di soggiorno, sono i cosiddetti «invisibili», i quali trovano qualcuno che offre loro alloggio e trasporto.Pag. 52 D'altronde, nel caso delle aziende agricole andare da dove sono alla singola azienda agricola è anche difficile da un punto di vista fisico. Abbiamo lanciato un progetto, in realtà, nel momento forse più negativo possibile, nel 2020, quando c'è stato il Covid. Poi abbiamo cercato di riprenderlo, ma c'è stata l'invasione russa in Ucraina, a cui si sono aggiunti altri problemi. Comunque, con Giovanni Salvi, l'ex procuratore generale della Cassazione, che è il responsabile del progetto per la Fondazione, ci siamo detti che forse era stata anche un po' la sfortuna, ma era giusto e doveroso riprovarci ancora. Ebbene, adesso stiamo provando a riproporlo: questo nostro progetto prevede la possibilità di fare un sistema integrato sul territorio partendo dai permessi di soggiorno (nove mesi), in cui garantire con le associazioni datoriali lavoro per nove mesi nello stesso territorio alle persone e con i comuni trovare housing sociale e trasporti per far muovere queste persone sui territori. Dovevamo partire a Saluzzo, ma forse partiremo in qualche altra provincia, comunque, l'idea c'è. Vogliamo cercare di fare delle prove e vedere se si può fare. Certo, ciò non va bene subito per l'emersione del lavoro e va bene per chi già c'è e ha una presenza, ma potrebbe essere un modello da emulare anche per figure molto meno protette.
Ci teniamo a dire – questo è un altro lavoro che svolge la Fondazione – che occorre parlare di prevenzione. La prevenzione è tanto importante rispetto a quello che dicevamo sinora, ma è anche importante all'interno della filiera agroalimentare. Il problema è che, spesso, nelle relazioni industriali e contrattuali lungo la filiera si realizzano situazioni che, oggettivamente, rappresentano un problema che deve necessariamente essere risolto, ovverosia aste a doppio ribasso, prezzi iper-scontati alla fine, prezzi non garantiti agli agricoltori. C'è un problema per cui, molto spesso, il problema del lavoro, che incide fortemente Pag. 53sul costo di produzione in agricoltura, diventa anche il problema degli agricoltori, che non vengono ripagati con le aste a doppio ribasso, che forse siamo riusciti finalmente a bloccare. Un esempio su tutti: in Italia è stata recepita la direttiva comunitaria sulle pratiche commerciali sleali e c'è stata una denuncia nei confronti del gruppo francese Lactalis, dal momento che non pagava e non ritirava il latte italiano. Se non si ritira il latte italiano e gli allevatori non vendono il latte, probabilmente hanno un problema anche dall'altra parte.
A tale riguardo, stiamo facendo uno studio sul principio di reciprocità e sugli accordi bilaterali, perché, molto spesso, importiamo prodotti dall'estero che hanno un costo del lavoro molto, molto più basso: pensate al lavoro minorile o al lavoro nero che si pratica in tanti Paesi, dalla Turchia alla Cina, al Myanmar per il riso. Tutto questo, obiettivamente, non facilita. L'unica cosa certa è che l'idea deve essere quella di non fermarsi mai e andare avanti fortemente per mantenere e sviluppare il migliore sistema economico italiano possibile.
La legge n. 199, secondo noi, è una buona legge, anzi è una legge che ha fatto fare un passo avanti notevolissimo. Ricordo anche che, da parte di tutte le forze politiche e imprenditoriali, ci fu un accordo comune a non entrare nel merito della legge, cioè a «farla passare», perché il momento era propizio, dato che finalmente si arrivava a parlare di una legge su queste tematiche. Ripeto: secondo me va aperto anche il discorso di come proteggere chi denuncia, soprattutto la figura debole, che è l'operaio, il bracciante, cioè la persona sfruttata. Su questo, in realtà, avevo pensato anche altre cose, di cui comunque parleremo successivamente. Vengo a un altro tema importante. Secondo noi devono funzionare meglio i protocolli d'intesa che si fanno. Esiste la cabina di regia presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ogni tanto si riunisce, ma ci si limita Pag. 54a prendere atto delle cose che si fanno: non c'è un coordinamento reale, secondo noi, su questa cosa. Penso, ad esempio, al progetto sui flussi migratori che avevamo lanciato, per cui si proponeva di garantire la presenza di nove mesi della persona sullo stesso territorio, garantendole alloggio e trasporto, con un accordo tra i vari mondi, per cui la persona può lavorare tre mesi in agricoltura, due mesi nel commercio e un mese nell'edilizia, con contratti veri, avendo la possibilità di avere un housing sociale, di spendere un euro per il contratto di casa in case comunali, qualora ci fossero. Quello era un modo per ripartire e questo protocollo è stato fatto dai Ministeri responsabili per agricoltura, lavoro e affari interni, in collaborazione con ANCI. Si prevedeva anche una cabina di regia, nell'idea di portare all'interno tutti i possibili progetti da attivare. La cabina di regia ha avuto come prima nomina quella del presidente Roberto Maroni, che poi, purtroppo, non ha potuto svolgere il suo ruolo, ma da allora la situazione è ferma. Quindi chiediamo che almeno questi protocolli, almeno queste possibilità vengano tenute aperte e possano rappresentare la possibilità di incrociarsi e confrontarsi su progetti reali. Grazie.
PRESIDENTE. La ringrazio, direttore Ferraro. Mi sono appuntato alcune domande, che potrei farle avere anche per iscritto. Comunque, ciò che dobbiamo analizzare è se possiamo apportare modifiche – in tal caso sono ben accetti suggerimenti – per quanto riguarda la norma, che potremmo studiare secondo la casistica, secondo quello che è accaduto e quello che sta accadendo, in modo da attualizzarla. Ripeto: mi sono annotato alcune domande, però reputo opportuno fargliele avere per iscritto, in modo da poterle trasmettere anche a tutti i commissari. La ringrazio per questa sua audizione, direttore Ferraro. È un filone d'inchiesta che abbiamo concordato con il vicepresidente di aprire, quindi dovremo lavorare anche in Pag. 55maniera piuttosto rapida e attenta su questo tema. Ripeto, laddove ci fossero suggerimenti, visto quello che sta accadendo, o consigli da dare, saranno molto ben accetti.
MASSIMO FERRARO, direttore della Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare». Grazie della vostra disponibilità. Siamo a disposizione per ciò che possiamo e vorremmo essere d'aiuto.
PRESIDENTE. Nel ringraziare nuovamente il direttore e i suoi collaboratori, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 19.10.