XIX Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 40 di Martedì 22 luglio 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA FRAGILITÀ EMOTIVA E PSICOLOGICA DEI PIÙ GIOVANI ANCHE DA UN PUNTO DI VISTA NEUROPSICHIATRICO, CON FOCUS SU DEPRESSIONE, AUTOLESIONISMO, DISORDINE ALIMENTARE FINO ANCHE ALLA FORMA PIÙ GRAVE, IL SUICIDIO

Audizione, in videoconferenza, dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Marina Terragni, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla fragilità emotiva e psicologica dei più giovani anche da un punto di vista neuropsichiatrico, con focus su depressione, autolesionismo, disordine alimentare fino anche alla forma più grave, il suicidio.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Terragni Marina , Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza) ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8 
L'Abbate Patty (M5S)  ... 8 
Marchetto Aliprandi Marina (FDI)  ... 9 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 
Terragni Marina , Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza) ... 9 
Di Biase Michela (PD-IDP)  ... 9 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Terragni Marina , Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza) ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione, in videoconferenza, dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Marina Terragni, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla fragilità emotiva e psicologica dei più giovani anche da un punto di vista neuropsichiatrico, con focus su depressione, autolesionismo, disordine alimentare fino anche alla forma più grave, il suicidio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Marina Terragni, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla fragilità emotiva e psicologica dei più giovani anche da un punto di vista neuropsichiatrico, con focus su depressione, autolesionismo, disordine alimentare fino anche alla forma più grave, il suicidio.
  Rinnoviamo le congratulazioni alla nostra ospite per l'incarico prestigioso e importante che ha assunto, che siamo certi che ricoprirà con grande professionalità. Già si è visto tutto ciò.
  A nome di tutti i commissari do il benvenuto alla dottoressa e la ringrazio per la disponibilità a intervenire all'odierna seduta.
  Avverto la dottoressa Terragni e la Commissione che abbiamo a disposizione trenta minuti perché poi ci sarà l'inizio dei lavori dell'Aula della Camera. La invito cortesemente a contenere il suo intervento nel limite dei venti minuti, dottoressa Terragni, in modo da consentire ai commissari di svolgere eventuali quesiti o osservazioni ai quali lei potrà replicare oggi o anche rispondere successivamente per iscritto. Le lascio la parola.

  MARINA TERRAGNI, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza). La ringrazio, presidente. Grazie a tutti gli esponenti della Commissione.
  In premessa, molto brevemente, specifico il ruolo dell'Autorità Garante sul tema in oggetto. La tutela della salute poggia sulle convenzioni internazionali, prima fra tutte quella di New York del 1989 su diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e nell'articolo 32 della Carta costituzionale.
  La Convenzione di New York impone agli Stati di garantire ai minori l'assistenza sanitaria senza alcuna distinzione, tutela che va oltre l'ambito strettamente sanitario per combinarsi a contesti più ampi che coinvolgono aspetti sociali e relazionali. La promozione della salute, intesa in senso ampio e non come assenza di malattia, è espressamente prevista dalla legge istitutiva dell'Autorità Garante. Inoltre, vi riferisco che per il 2025 l'ENOC (European Network of Ombudspersons for Children), che è la rete europea dei garanti per l'infanzia e l'adolescenza, ha scelto di occuparsi proprio del tema della protezione e della promozione del diritto dei minori alla salute. Pag. 4Se i minori europei godono in generale di un elevato standard di salute e benessere, vi sono grandi disparità tra i Paesi all'interno di essi.
  Sempre in premessa fornisco alcuni numeri non esaustivi, ma indicativi per inquadrare il tema, anche se senz'altro li avrete già a vostra disposizione e anche alcune ricerche.
  Secondo l'OMS nel mondo tra il 10 e il 20 per cento di bambini e adolescenti soffrirebbe di disturbi mentali e il 50 per cento delle patologie psichiatriche esordisce prima dei 14 anni di età. In Italia circa un minore su cinque, il 20 per cento, soffrirebbe di un disturbo neuropsichiatrico. Questo significa due milioni di bambini e adolescenti che presentano problemi che rientrano nell'ambito della neuropsichiatria infantile, dall'autismo, ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività), disturbi d'ansia, depressione e disturbi alimentari.
  In Italia tra il 2017 e il 2022, ultimi dati di cui l'AGIA dispone, il numero degli accessi di minori al pronto soccorso pediatrico-psichiatrico è passato da 108.000 a quasi 117.000, prevalentemente per sindromi nevrotiche, disturbi comportamentali, dipendenza o abuso, disturbi del comportamento alimentare.
  A titolo di esempio fornisco altri dati parziali, ma indicativi, ancora più severi. Al Bambino Gesù, ospedale pediatrico, le consulenze neuropsichiatriche presso i pronto soccorso sono passate da 237 del 2013 a 1.415 del 2023, con un picco di 1.824 nel 2021, con un aumento del 500 per cento, da una consulenza ogni giorno e mezzo in media a circa quattro al giorno.
  La salute mentale è un'emergenza, verificata anche da una ricerca promossa dall'Autorità Garante, in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità. Vi informo inoltre del fatto che è in via di istituzione un Comitato paritetico di esperti nell'ambito di un protocollo di intesa tra Autorità Garante, Ministero della salute e Istituto Superiore di Sanità proprio sul tema del neurosviluppo e della salute mentale dei minori.
  Il tema, come sapete, è già da tempo all'attenzione di tutto l'Occidente. Molti fra noi ne fanno quotidiana esperienza anche all'interno delle proprie famiglie. Come dice lo psicologo americano Jonathan Haidt, che è stato tra i primi a occuparsi di questa problematica, nel suo bestseller The anxious generation, all'inizio dell'anno 2010 le cose sono andate improvvisamente terribilmente «storte» per gli adolescenti. Per parlare degli americani, i tassi di depressione sono aumentati di oltre il 50 per cento in un decennio, il tasso di suicidio è aumentato del 48 per cento tra i 10 e i 19 anni e addirittura del 131 per cento fra le ragazze tra i 10 e i 14 anni.
  Secondo l'OMS, il suicidio è la quarta causa di morte più comune a livello mondiale tra gli adolescenti in età tra i 15 e i 19 anni, questo nel periodo che va dal 2018 al 2022.
  Poi, ancora, come abbiamo detto, ci sono i disturbi alimentari, l'autolesionismo soprattutto tra le ragazze, dipendenza dai videogiochi soprattutto tra i maschi e disturbi della sessualità in relazione all'accesso precoce alla pornografia violenta, aumento della solitudine, crollo del rendimento scolastico e poi timidezza, isolamento, avversione al rischio.
  Come sappiamo, l'assunzione del rischio è un aspetto cruciale del gioco fisico. L'adolescenza phone-based, come la chiama Haidt, ha meno amici, fa meno sport, studia di meno, dorme poco ed è disinteressata alla politica. È un'infanzia più sedentaria, solitaria, virtuale, disincarnata, lontana dai canoni di un sano sviluppo umano. Spesso si dà la responsabilità al Covid, ma, per esempio, molti test sull'apprendimento davano risultati già in caduta da prima.
  In sostanza, a partire dal 2010-2012 si osserva un aumento preoccupante della patologia psichica in età evolutiva. Nascono sempre meno bambini e quelli che nascono corrono un maggior rischio di ammalarsi di un disturbo psichiatrico.
  Due recentissimi studi pubblicati su riviste del gruppo JAMA (Journal of the American Medical Association e JAMA Pediatrics) evidenziando il legame tra un'esposizione continua agli schermi e problemiPag. 5 mentali. Sono molti gli studi in questo senso ormai. Uno di questi studi analizza l'evoluzione dell'uso compulsivo di smartphone, social media e videogiochi in oltre 4.200 bambini statunitensi ed evidenza che non sarebbe solo il numero di ore trascorse davanti allo schermo a determinare il rischio psicologico quanto piuttosto l'utilizzo compulsivo che interferisce con scuola, relazioni e attività quotidiane.
  L'utilizzo compulsivo comporta un rischio due o tre volte maggiore di sviluppare ansia, depressione e pensieri suicidari. Un secondo studio, sempre su JAMA, condotto dall'Università di Pittsburgh, ha esplorato l'impatto dell'uso degli schermi sulla qualità del sonno e sulla struttura cerebrale. Si è visto che il sonno interrotto è il principale meccanismo attraverso cui il tempo davanti agli schermi genera sintomi depressivi. Dimentichiamo spesso che per i bambini e gli adolescenti la semplice perdita di sonno è un fattore di rischio molto sottovalutato.
  Per ogni ora in più di esposizione agli schermi, dice lo studio, si è osservato un aumento dei sintomi depressivi mediato in gran parte dal sonno ridotto e da alterazione della sostanza bianca cerebrale, cioè la rete che permette una comunicazione fluida tra le diverse aree del cervello.
  Un altro studio italiano è quello svolto dall'équipe del professor Marco Gui presso l'Università Bicocca di Milano. Lo studio si chiama EYES UP e riguarda i nefasti effetti dell'accesso precoce al digitale per quello che riguarda l'apprendimento e le disuguaglianze educative, studio che ha confermato l'associazione negativa tra precocità dell'accesso agli smartphone e ai social media e performance scolastiche.
  È significativo il fatto che oggi si sia generato un digital divide al contrario. Mentre un tempo digital divide indicava lo svantaggio dei figli di famiglie meno abbienti e scolarizzate che non disponevano di device per accedere al web, oggi il digital divide indica il fatto che i bambini di famiglie svantaggiate accedono molto più precocemente – un classico è lo smartphone come regalo per la prima comunione – mentre i ragazzi di famiglie più colte e benestanti accedono più tardi con riduzione dei rischi connessi, compresi i problemi di apprendimento.
  Nella presentazione dello studio si spiegava come oggi siano proprio i ragazzi della generazione Zeta, cioè quelli nati dopo il 1996, i primi nativi digitali, a raccomandare oggi di non dare lo smartphone ai bambini piccoli.
  Se ci mettiamo in ascolto e aguzziamo le orecchie è proprio da questa primissima generazione nativa digitale che arrivano segnali molto interessanti, indizi di uno sviluppo di anticorpi come in un percorso di autoguarigione, perché nessuna generazione è perduta, ognuna è destinata a lasciare un segno di sé nel cammino umano.
  Molto interessante in questo senso è un sondaggio condotto dalla società di ricerche di mercato inglese GWI su 20.000 giovani in diciotto Paesi.
  Il numero di ragazzi tra i 12 e i 15 anni che prendono ormai abitualmente una pausa da smartphone, computer e iPad è aumentato dal 18 al 40 per cento dal 2022. Lo fanno per gestire meglio la propria salute mentale, la propria sicurezza personale, la propria capacità di concentrazione, ovvero reagiscono da soli assumendo il controllo di social media e smartphone, senza delegare agli adulti il compito di dare dei limiti.
  Sono esausti dall'essere costantemente connessi e fanno un passo indietro per la propria salvezza. I ricercatori dicono che molti di loro si stanno rendendo conto che queste piattaforme non sono neutrali, sono progettate per manipolare l'attenzione. Si stanno rendendo conto che il loro tempo, la loro concentrazione e la loro autostima vengono monetizzati da alcune delle più grandi aziende del mondo.
  Prendersi una pausa è diventato un atto di ribellione. I ragazzi ritengono che la generazione dei loro genitori non sia stata abbastanza consapevole e abbia concesso loro troppo presto l'accesso agli smartphone quando erano troppo giovani e molti hanno anche assicurato che ne limiteranno l'accesso ai figli fino alla tarda adolescenza. Sono ormai quindi molti i segnali di ribellione ai social nel mondo giovanile.
  Da un recente sondaggio realizzato dal quotidiano inglese The Guardian è emerso Pag. 6che quasi la metà dei giovani preferirebbe vivere in un mondo in cui internet non esistesse e una percentuale simile sarebbe favorevole a un coprifuoco digitale, mentre più di tre quarti hanno detto di essersi sentiti peggio dopo aver utilizzato i social media.
  Un altro studio dell'Università di Chicago, condotto dall'economista Leonardo Bursztyn, ha scoperto che il 58 per cento dei ragazzi preferirebbe vivere in un mondo senza Instagram o TikTok, piattaforme che oggi sono impegnate in veri e propri piani di rivergination.
  Per cogliere questi segnali si devono ascoltare i ragazzi che sul digitale possono dirci e anche insegnarci molto, ascolto che è una delle attività istitutive di AGIA.
  È interessante in questo senso la costante richiesta da parte dei ragazzi di safe spaces, spazi sicuri. Ci ho messo un po' a capire che cosa intendessero per sicuri rispetto a chi e a che cosa, qual era la minaccia dalla quale vogliono protezione. Poi ho compreso che per safe spaces intendono spazi e tempi sconnessi. Questo sarà un bel guaio per le Big Tech, ovvero spazi in cui non vengono giudicati ed eventualmente condannati senza appello per un minimo errore.
  Sui social un errore o una scarsa performance possono danneggiarti la reputazione per sempre. Così comincia l'ossessione delle micro aggressioni, la paura delle parole, eccetera; una modalità di difesa che, come dice Haidt, è incompatibile con la modalità di scoperta che è caratteristica dell'infanzia umana e forse di tutte le specie. Se oggi vediamo un bambino da solo all'aperto ci allarmiamo, mentre se si chiude in cameretta con il computer ci preoccupiamo molto meno.
  Uno dei progetti che ho voluto per AGIA è proprio quello di restituire a bambini e adolescenti quegli spazi liberi di aggregazione e di compresenza, incarnata senza la vigilanza degli adulti e soprattutto fuori dalla sorveglianza del digitale. Chiameremo i comuni, infatti, a elaborare progetti per garantire questi spazi aggregativi (safe spaces) sostenendo i più significativi.
  Quando solo pochi mesi fa sono stata chiamata a ricoprire il ruolo di Autorità Garante per l'infanzia ho subito chiesto maggiore attenzione sul tema del digitale. Ero convinta che gran parte delle problematiche di bambini e adolescenti afferissero all'accesso precoce e sregolato. Mi sono poi, però, resa conto del fatto che la vera questione, a cui si collega anche il tema del web, la questione madre, diciamo così, è piuttosto la fragilità dei nuclei familiari e che per un'efficace politica di prevenzione dei disturbi psichici ed emotivi di bambini e adolescenti non basta – anche se è necessario – lavorare sul digitale, ma si deve soprattutto lavorare su famiglie infragilite in ragione di molti fattori concomitanti: il rimpicciolirsi dei nuclei, la perdita del supporto da parte della famiglia più estesa – preziosissima quando nasce un bambino – lo sfarinamento della dimensione comunitaria, del «villaggio», il progressivo isolamento, a cui spesso si aggiungono problematiche di tipo economico e sociale.
  Come mi ha detto il professor Massimo Ammaniti, decano degli psicanalisti italiani, in passato i nuclei familiari si comportavano e si organizzavano in base a regole condivise nella comunità, i genitori si sentivano sostenuti da un sistema semantico comune, il che aveva aspetti positivi, ma, ovviamente, anche negativi. La struttura della famiglia era patriarcale. Oggi nella nostra realtà quel patriarcato non esiste più, mentre altrove esiste eccome. Ci troviamo ad affrontare gli effetti drammatici dell'incapacità di tanti, troppi uomini, di accettare la libertà femminile e di rinunciare alla postura del dominio. Mi riferisco a violenze e femminicidi.
  Anche le famiglie sono molto diverse. In più di metà dei casi si mette al mondo un figlio solo e i genitori, in un appiattimento generazionale, sono spesso incapaci di somministrare le necessarie frustrazioni ai figli per non perdere la loro amicizia. Si stenta, insomma, a trovare nuove posture al di fuori dei vecchi canoni patriarcali. Il figlio viene coinvolto fin dall'inizio nelle dinamiche della coppia e manca il sottosistema dei fratelli. L'assetto emotivo e psicologico si Pag. 7costruisce nei primissimi anni di vita, soprattutto nella relazione con la madre, e le famiglie più fragili vanno supportate in questa fase della vita del figlio, meglio ancora se a partire dagli ultimi mesi della gravidanza, specie in caso di condizioni socio-ambientali di svantaggio, quando si manifestino cattive dinamiche relazionali nella coppia o vi sia depressione materna.
  Anche l'abbandono dei bambini a un tempo-schermo sregolato, entra a far parte di questa fragilità genitoriale. Del resto se gli stessi genitori – come capita spesso – sono dipendenti dallo smartphone, le mamme guardano reel mentre allattano sottraendosi a quello sguardo nello sguardo che è decisivo per lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino, i padri non smettono di scrollare quando spingono i carrozzini, i bambini vengono affidati al baby sitting digitale e ai dispositivi touchscreen in modo che non disturbino al ristorante, è molto difficile pensare che possano svolgere quel ruolo di educazione e prevenzione che d'altro canto non si può pensare di delegare interamente alla scuola, perché la famiglia è e resta la prima agenzia educativa, come dice il professor Ammaniti, e su questo non ci possono essere dubbi.
  Quindi, il primissimo presidio per la salute mentale dei bambini è in famiglia e, se le famiglie non ce la fanno, è lì che dobbiamo concentrare il massimo dell'impegno a supporto e sostegno.
  Concludo dicendo che se è vero - ed è vero - che si registra una carenza di posti di degenza in neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza – oggi sono 403 in tutta Italia a fronte di una necessità di almeno 700 – se è vero che troppi adolescenti vengono ricoverati in reparti per adulti, è vero anche che il massimo dell'impegno va riservato al lavoro di prevenzione di questi disturbi, sostenendo le famiglie, a cominciare da quelle più fragili. Alla prevenzione in materia di salute mentale si fa, peraltro, riferimento anche nel 6° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, al quale l'Autorità Garante ha reso il proprio parere.
  È proprio al tema della fragilità della famiglia che AGIA dedicherà le sue iniziative del 20 novembre in occasione della prossima Giornata internazionale sull'infanzia e l'adolescenza. In quell'occasione punteremo lo sguardo anche sulla questione del tema delle cosiddette «neurodiversità» o «neurodivergenze», ovvero sull'aumento, in parallelo a quello dei disturbi gravi, dei bisogni educativi speciali a scuola e sull'aumento di neuro-diagnosi. Il settore è regolato da tre leggi. La più antica è la n. 104 del 1992, sulla disabilità, che una volta riguardava disabilità gravi come la sindrome di Down o lesioni cerebrali alla nascita. Oggi nell'80 per cento dei casi la norma si applica, invece, a problemi di tipo neuro-emotivo, disturbi dello spettro autistico, perfino a studenti plus-dotati. Per questi casi si prevedono insegnanti di sostegno (in Italia un insegnante su tre è di sostegno, siamo in cima alle classifiche mondiali), ma anche assistenti educativi «uno a uno» pagati dai comuni il cui bilancio è spesso prosciugato da queste necessità e non resta più nulla per la prevenzione educativa.
  Poi c'è la legge n. 170 del 2010, sui disturbi dell'apprendimento, dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia. In particolare, la dislessia è un disturbo serio, una deficienza neurologica che, secondo le statistiche mondiali, riguarda il 2-3 per cento della popolazione, ma oggi queste statistiche sono quasi triplicate.
  L'ultima norma è quella della direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 sui bisogni educativi speciali (BES), che riguardano in buona parte minori stranieri o in situazioni di disagio familiare. Nelle nostre scuole il numero di bambini e ragazzi cosiddetti «neuro-diversi» è in forte aumento. Spesso le scuole stesse, già dalla fine della materna, offrono gratuitamente screening neuropsichiatrici pre-scolastici, in genere organizzati da centri privati, alla ricerca del «problema» del bambino, screening che si basano sulla somministrazione di test e non sull'osservazione diretta, che invece è fondamentale. Capita, quindi, che difficoltà momentanee, perfino fisiologiche nella crescita del bambino vengano considerate l'incipitPag. 8 di un disturbo, siano oggetto di neuro-diagnosi precoci e non, invece, di un progetto educativo, che costituirebbe la vera prevenzione e perfino la vera cura.
  Capita che molti bambini siano etichettati come «neuro-diversi», etichetta che si porteranno addosso a lungo o per sempre. Di nuovo, in molti casi, una grande fragilità educativa della famiglia che abdica ai propri compiti educativi o, peggio, che fa crescere i bambini in situazioni fortemente conflittuali, fino alla separazione. A questo riguardo, segnalo due studi di AGIA recenti: uno sull'istituto della mediazione familiare, molto poco conosciuto, che merita di essere valutato nelle separazioni dove il conflitto non si sia ancora sviluppato; l'altro studio, invece, è quello sul maltrattamento di bambini e adolescenti, da cui si evince, purtroppo, che la stragrande maggioranza degli abusi (l'87 per cento) si verifica nella cerchia familiare ristretta e che un terzo di questi abusi è violenza assistita. Una ragione in più per dedicare attenzione e risorse al sostegno dei nuclei fragili, perché anche questo fa parte di quell'investimento sui bambini che il premio Nobel per l'economia James Heckman indica come l'investimento più redditizio in assoluto. I genitori sono la più grande risorsa che i bambini hanno a disposizione e vanno sostenuti nel loro compito prezioso. L'educazione deve diventare progetto di cura.
  Finisco con almeno un accenno a un tema che spero avremo modo di sviluppare in un'altra circostanza. Se è vero che la cosiddetta «disforia di genere» dal 2018 non è più classificata come «disturbo mentale», rientra, tuttavia, tra i disturbi della salute sessuale che richiedono tuttora diagnosi e terapie. Di più: la disforia di genere in bambini e adolescenti si accompagna molto spesso con comorbilità psichiatriche (autismo, ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, autolesionismo eccetera). Secondo la Società Italiana di Pediatria, l'incongruenza di genere nel suo complesso riguarderebbe ben l'8,4 per cento tra bambini e adolescenti. Oggi in 8 casi su 10 la disforia insorge in bambine prepuberi, ha un esordio rapido – si parla, infatti, di rapid-onset gender dysphoria – è oggetto di un vero e proprio contagio social, riconosciuto anche da WPATH, che è la più grande associazione per la salute transgender, si accompagna spesso ad automatonofobia interiorizzata e richiede attenzioni terapeutiche che vanno dall'accompagnamento psicologico alla cosiddetta «affermazione» farmacologica e chirurgica. Qualcuno, dato che si tratta quasi sempre di bambine, propone di cambiare la definizione da «disforia» in «angoscia da sessuazione pubertaria». Mi limito qui a porre il tema, che è molto sentito dalla popolazione. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Terragni, per il suo intervento.
  Do subito la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PATTY L'ABBATE. Grazie, presidente.
  La ringraziamo per questa relazione. Purtroppo, ci ritroviamo: quando si sta vicino alle comunità di giovani ci si rende conto che queste cose, ahimè, sono reali e lei ce le ha confermate.
  Vorrei subito passare a una domanda. Lei ha parlato di spazi sicuri: stiamo parlando di social, di tutto ciò che i nostri giovani hanno già nelle loro mani fin da piccoli. Le chiedo se è possibile fare qualcosa in più rispetto a quello che magari adesso non si è ancora fatto, effettuare proprio una formazione fin da piccoli. Come abbiamo portato avanti l'inglese o l'intelligenza artificiale, dobbiamo insegnare loro anche questo, ma insegnare anche come utilizzare questa tecnologia. La tecnologia, alla quale noi sicuramente dobbiamo aprire le porte perché si deve andare avanti, magari non è nota e dopo un po' di tempo ci rendiamo conto delle conseguenze negative che ha portato, oltre a quelle positive, che sicuramente ci sono.
  Lei ha appena detto che ci sono cose negative e che i giovani da soli hanno capito che devono allontanarsi dai social, dai telefoni, eccetera. È possibile effettuare progetti di formazione fin da piccoli? Anche all'utilizzo, al tempo dedicato a questo, da integrare al tempo che dovrebbe essere Pag. 9utilizzato per stare nel mondo reale, nella società reale, nelle piazze reali.
  Chiudo con un altro piccolo appunto, e questo glielo dico da madre di una ragazzina che ha usufruito della legge n. 104 e che adesso è grande: cerchiamo di fare anche formazione e di scegliere in modo adeguato gli insegnanti di sostegno. Le assicuro che ne ho conosciute tante, ma ne posso salvare una su cinquanta.

  MARINA MARCHETTO ALIPRANDI. Dottoressa, condivido pienamente quanto ha detto. Non mi soffermo sulla necessità fisiologica, biologica, umana della famiglia, perché non voglio essere ripetitiva.
  Lei parlava degli spazi aggregativi istituiti dai comuni, in base anche ai fondi. In maniera molto concreta le chiedo se ci sono dei bandi a cui i comuni si possono presentare per attingere a fondi economici.

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa, a lei la parola.

  MARINA TERRAGNI, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza). Onorevole L'Abbate, la formazione sull'intelligenza artificiale è senz'altro necessaria, però fa parte del lavoro in direzione della formazione anche ascoltare loro, perché loro – i ragazzi, quelli della Generazione ZETA, i primi nativi digitali – sono i veri maestri, quelli che ci possono dire quello che possiamo fare.
  Per quanto riguarda, invece, la formazione degli insegnanti di sostegno, proprio ieri ho incontrato la professoressa Iannantuoni, la presidente dei rettori italiani, e le ho posto il problema delle molte categorie che oggi hanno a che fare con bambini e adolescenti, a partire dagli assistenti sociali, per finire agli addetti dei tribunali e a tutti coloro che sono particolarmente vicini ai bambini e agli adolescenti, al fine di prospettargli la possibilità di rivedere la loro funzione, perché in troppi casi ci rendiamo conto che non è sufficiente.
  Per quanto riguarda i bandi relativi al progetto «Spazi Sicuri», usciremo con un bando, le relative informazioni le pubblicheremo sul sito di AGIA, bandi a cui i comuni potranno partecipare con i loro progetti, che poi AGIA finanzierà. È un'iniziativa simbolica, naturalmente non risolve il problema, ma indica che, se da un lato dobbiamo limitare il tempo schermo, dall'altro dobbiamo favorire il tempo incarnato per i bambini e gli adolescenti, che abbiamo avuto tutti, in verità. Tutti ricordiamo la libertà di passare del tempo con i nostri coetanei, che oggi è messa in discussione.

  MICHELA DI BIASE(intervento in videoconferenza). Signor presidente, ringrazio la Garante per la sua relazione. A tal proposito – naturalmente avremo modo di leggere la relazione, essendo piuttosto corposa – vorrei chiedere alla Garante ulteriori chiarimenti rispetto a questo aumento spaventoso dei casi. Abbiamo ascoltato, in audizione, molti interventi anche di professori dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù che ci hanno illustrato i dati che oggi ci ha riferito lei, anche con un certo pathos, perché di fatto questi dati stanno generando e ingenerando nella popolazione medica un senso di frustrazione, dal momento che non si riesce più a far fronte a tutte le richieste. Poiché lei ha giustamente citato i dati e li ha posti per assodati, le chiedo se su questo non sia il caso di fare un ulteriore sforzo anche rispetto a quelli che saranno gli atti futuri rispetto al numero dei posti mancanti. Del resto, è vero il tema della formazione, sono vere le valutazioni che sono state fatte, ma è altrettanto vero che nel nostro Paese abbiamo un problema legato ai posti letto, ovvero ragazzi e bambini – in alcuni casi parliamo di insorgenza già dai 9-10 anni – non si riescono a prenderli in carico nel modo dovuto. Quindi, su questo ci sarebbe la necessità di calcare la mano anche con i ministeri competenti per capire quali intendimenti e determinazioni si intendono prendere.
  Come lei sa – vado per flash, e mi scuso – c'è una proposta di legge bipartisan sulla vicenda dei social media, anche su questo mi interesserebbe conoscere la sua opinione, da approfondire magari anche in un'altra sede.
  In ultimo, desidero far presente che non reputo che il tema della disforia di genere Pag. 10e della identità di genere debba essere trattato in questa nostra indagine conoscitiva, che ricordo è un'indagine legata ai disturbi neuropsichiatrici. Collegare il tema della disforia di genere a lesioni e tentativi di suicidio francamente mi pare una forzatura, che a mio avviso dovremmo evitare. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Dottoressa Terragni, purtroppo devo chiudere la seduta, perché i lavori dell'Aula riprendono alle 14.15, quindi tra pochi minuti, per cui le chiedo di dare una risposta alla collega Di Biase il più possibile contenuta. Grazie.

  MARINA TERRAGNI, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza (intervento in videoconferenza). Grazie, presidente. Sarò velocissima. Sul numero dei posti letto AGIA ha condotto una ricerca, insieme all'Istituto Superiore di Sanità, e ha già espresso, come ho ribadito molto velocemente nella mia relazione, la necessità che venga incrementato il numero dei posti letto, che rappresenta una delle tante problematiche che oggi affliggono la nostra sanità.
  Per quanto riguarda la disforia di genere, come ho detto in precedenza, è un'esperienza che moltissime famiglie stanno vivendo, se si pensa che i dati della Società Italiana di Pediatria parlano dell'8,4 per cento dei bambini adolescenti, quasi tutte ragazze. È un fenomeno che merita di essere attenzionato. Peraltro, i genitori sono disperati, come lei saprà, non sanno dove «sbattere la testa» e, nel frattempo, cercano di tenere duro, anche perché è dimostrato che, normalmente, al completamento della pubertà l'85-90 per cento di queste storie si risolve con l'accettazione del proprio sesso di nascita. Comunque, ho premesso che la disforia di genere, seppur sia stata de-patologizzata nel 2018, rientra tra i disturbi della salute sessuale che richiedono diagnosi e terapie. Anche gli stessi sostenitori dei bloccanti della pubertà e degli ormoni ai minori parlano di terapia affermativa. Quindi, ciò che richiede terapia è con ogni evidenza un disturbo. Mi fermo qui e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Dottoressa Terragni, è stata molto chiara. La ringrazio di questo suo intervento. Ci rivedremo presto per le altre indagini della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.