XIX Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta n. 45 di Giovedì 10 aprile 2025
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bagnai Alberto , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI INVESTIMENTI FINANZIARI E SULLA COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO DEGLI ENTI PREVIDENZIALI E DEI FONDI PENSIONE ANCHE IN RELAZIONE ALLO SVILUPPO DEL MERCATO FINANZIARIO E AL CONTRIBUTO FORNITO ALLA CRESCITA DELL'ECONOMIA REALE

Audizione del presidente e di altri rappresentanti della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (COVIP).
Bagnai Alberto , Presidente ... 3 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 4 
Bagnai Alberto , Presidente ... 15 
Magni Tino  ... 16 
Bagnai Alberto , Presidente ... 17 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 17 
Bagnai Alberto , Presidente ... 19 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP ... 20 
Bagnai Alberto , Presidente ... 20 
Cattoi Vanessa (LEGA)  ... 20 
Bagnai Alberto , Presidente ... 21 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 21 
Cattoi Vanessa (LEGA)  ... 21 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 21 
Bagnai Alberto , Presidente ... 22 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP ... 22 
Bagnai Alberto , Presidente ... 23 
Lovecchio Giorgio (FI-PPE)  ... 24 
Bagnai Alberto , Presidente ... 24 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 24 
Bagnai Alberto , Presidente ... 26 
Mancini Paola  ... 26 
Bagnai Alberto , Presidente ... 27 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 27 
Bagnai Alberto , Presidente ... 29 
Pirro Elisa  ... 29 
Bagnai Alberto , Presidente ... 29 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 29 
Bagnai Alberto , Presidente ... 31 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP ... 31 
Bagnai Alberto , Presidente ... 33 
Camusso Susanna Lina Giulia  ... 33 
Bagnai Alberto , Presidente ... 33 
Camusso Susanna Lina Giulia  ... 33 
Bagnai Alberto , Presidente ... 33 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 33 
Bagnai Alberto , Presidente ... 35 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 38 
Bagnai Alberto , Presidente ... 38 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 39 
Bagnai Alberto , Presidente ... 39 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 39 
Bagnai Alberto , Presidente ... 43 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 43 
Bagnai Alberto , Presidente ... 44 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP ... 44 
Bagnai Alberto , Presidente ... 46 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 48 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP (fuori microfono) ... 48 
Bagnai Alberto , Presidente ... 48 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP (fuori microfono) ... 48 
Bagnai Alberto , Presidente ... 48 
Balzani Francesca , presidente f.f. COVIP ... 49 
Bagnai Alberto , Presidente ... 50 
Rinaldi Ambrogio Ivan , direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP ... 50 
Bagnai Alberto , Presidente ... 52

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO BAGNAI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione del circuito.

Audizione del presidente e di altri rappresentanti della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (COVIP).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente e di altri rappresentanti della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli investimenti finanziari e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali e dei fondi pensione anche in relazione allo sviluppo del mercato finanziario e al contributo fornito alla crescita dell'economia reale.
  Alla COVIP è stato chiesto di approfondire le questioni relative alle forme pensionistiche complementari (fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti, piani individuali pensionistici e fondi pensione preesistenti), con particolare riferimento all'asset allocation degli investimenti e alla loro localizzazione geografica, nonché ai costi e ai rendimenti degli stessi. COVIP ha presentato un documento, che è già stato trasmesso ai commissari e che, comunque, è in distribuzione.
  Per COVIP è oggi presente la presidente facente funzioni, Francesca Balzani, accompagnata dal direttore generale, Lucia Pag. 4Anselmi, dal direttore centrale dell'Area Studi, Statistiche e Affari internazionali, Ambrogio Ivan Rinaldi, e dal responsabile del Servizio Segnalazioni e Statistiche, Simone Ceccarelli.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità a partecipare ai lavori della nostra Commissione, do la parola alla presidente Francesca Balzani per lo svolgimento della relazione, che raccomando di contenere in circa 20 minuti. Al termine della relazione potranno intervenire i commissari che lo richiedano.
  Prego, presidente Balzani.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente. Oltre a salutare e ringraziare lei e i commissari, voglio esprimere il grande apprezzamento per questo importante lavoro che avete svolto in questa Commissione, che abbiamo seguito e apprezzato molto e che culmina oggi nella nostra audizione, con la quale speriamo di apportare ulteriori nuovi spunti di riflessione, come ci è stato chiesto.
  Anche alla luce delle audizioni che avete già svolto e che hanno visto il diretto coinvolgimento delle casse di previdenza, oggi concentreremo la nostra attenzione sui fondi pensione, partendo non solo da una panoramica generale, ma anche da alcune osservazioni che riguardano la performance di questo comparto, per capire dove ci sono – come sempre – potenzialità inespresse e ragionare su quali riflessioni prospettiche si possono sviluppare per liberare queste potenzialità. Ci soffermeremo anche su alcune tendenze, su alcuni spunti nuovi che un po' stanno emergendo negli anni nel comparto dei fondi, in particolare dei fondi negoziali; anche questi utili non solo per cogliere ciò che c'è di nuovo, ciò che c'è di prospettico, ma anche per valutare la sensatezza delle riflessioni che si possono fare proprio per liberare quelle potenzialità, che – come Pag. 5abbiamo visto – ci sono sempre e sono sempre quelle che si cerca di cogliere quando si fanno indagini conoscitive.
  Vi potrò anche anticipare un po' di dati relativi all'esercizio 2024. In questo periodo stiamo lavorando alla nostra relazione annuale, che tradizionalmente presentiamo a giugno. Quella sarà la sede nella quale sarà possibile una compiuta disamina dei dati relativi al comparto per l'esercizio chiuso al 31 dicembre 2024, ma intanto qui vi darò qualche breve ma significativa anticipazione, per sviluppare più il focus partendo dall'ultima relazione che abbiamo presentato l'anno scorso, sulla quale c'è compiutezza di dati, anche forti del fatto che – come potete vedere da una tabella presente nella relazione che vi abbiamo consegnato – il comparto dei fondi ha una strutturazione di investimenti tendenzialmente molto stabile nel tempo. Quindi, possiamo utilmente valorizzare le riflessioni che facciamo annualmente anche in un esercizio successivo a quello al quale afferiscono precipuamente.
  I fondi sono una realtà importante. Sappiamo che ormai coinvolgono – partirei proprio dalle persone – quasi 10 milioni di persone: un numero importante, tra lavoratrici e lavoratori, ma anche persone che attraverso i fondi aperti e i PIP entrano nel sistema della previdenza complementare in maniera sganciata rispetto alla propria attività lavorativa, e questo è un elemento importante.
  Il settore ha continuato la sua riorganizzazione, per cui c'è una contrazione dei fondi preesistenti (che, come abbiamo visto, sono quelli ante-1993) e alla fine del 2024 abbiamo 33 fondi negoziali, 38 fondi aperti, 69 PIP (piani individuali pensionistici) e 151 fondi preesistenti (qui è accaduta la più grande contrazione nel corso degli anni, come era connaturato nelle cose).Pag. 6
  Il valore complessivo delle risorse che gestiscono – un dato ancora non completamente definitivo, ma già molto significativo – è pari a 243 miliardi, quindi c'è la consueta e, se vogliamo, rassicurante crescita rispetto all'anno precedente, dove il valore era di 224 miliardi. Il 2023, quindi, si chiudeva con 224 miliardi e il 2024 – lo vedremo con calma nella relazione annuale – ha già questo miglioramento.
  La distribuzione delle risorse vede in primo luogo i fondi negoziali, che gestiscono 74,6 miliardi di risorse; poi ci sono i fondi aperti, 37 miliardi; i fondi preesistenti, 69 miliardi; i PIP, 61 miliardi. Le persone, invece, sono distribuite in maniera leggermente diversa: 4 milioni 200 mila persone nei negoziali e nei PIP; 2 milioni 100 mila persone – se non ricordo male – nei fondi aperti; 700 mila persone nei fondi preesistenti, che naturalmente interessano una platea più ridotta di persone.
  Il 2024 – vengo alla parte di anticipazioni che, come vi ho detto, condivideremo oggi – si è chiuso positivamente, come già positivamente era andato il 2023. Questa positività riguarda soprattutto i comparti azionari, dove i rendimenti sono stati per l'esercizio tra il 10 e il 13 per cento: il 13 per cento è il risultato degli azionari dei PIP e il 10 per cento il risultato dei fondi negoziali, risultati molto significativi in assoluto, oltre che, naturalmente, in comparazione con la rivalutazione del TFR, che è un po' il benchmark che abbiamo sempre in mente quando parliamo di previdenza complementare. Anche i fondi bilanciati sono andati molto bene, come potete vedere nella tabella (mi sembra sia la n. 2): si vede un rendimento tra il 6,4 e il 7 per cento, quindi un buon rendimento. Mentre i fondi azionari hanno una quota di azioni superiore al 50 per cento, i bilanciati hanno comunque una quota azionaria importante. È positivo anche l'andamento dei fondi obbligazionari e dei garantiti per il 2024, come lo era stato per il 2023. Poi Pag. 7torneremo su queste considerazioni di rendimento collegate alle diverse linee, ai diversi comparti che tradizionalmente vedono l'articolazione degli investimenti nei fondi (azionari, bilanciati, garantiti e obbligazionari) e faremo questa riflessione anche in prospettiva decennale. Troverete una tabella, che commenteremo, che ci racconta come è andato l'andamento in questi comparti non solo nell'esercizio chiuso all'ultimo 31 dicembre 2023, ma anche nell'orizzonte temporale, quindi 2014-2024. Scusate la pleonastica precisazione, ma è sempre importante: parliamo di un risparmio previdenziale, quindi un risparmio che ha connaturato un orizzonte lungo, più o meno lungo a seconda della condizione anagrafica dei diretti interessati. Anche questo è un punto cruciale: la previdenza complementare ha un orizzonte diverso a seconda dell'età della persona che entra nel sistema. È, questo, un fattore che dobbiamo tenere presente e che – come vedremo nello svolgimento di queste nostre riflessioni – ci può anche indurre a fare riflessioni in prospettiva nuove e diverse, considerazioni che in COVIP abbiamo già condiviso nelle nostre relazioni annuali. Oggi magari cercheremo di farlo in maniera un pochino più concreta, visto lo spirito di questa vostra indagine.
  Veniamo alla composizione degli investimenti, quindi torniamo un po' al focus 2023, che però, come vi dicevo, stante la stabilità dei dati, è utilissimo per fare questo ragionamento.
  Intanto facciamo una precisazione, che a volte non si fa, ma che è utile: nel 2023 ci sono 224 miliardi di euro di risorse; non dimentichiamo che a questi 224 miliardi dobbiamo «sottrarre» 35 miliardi di riserve tecniche presso le compagnie di assicurazione. Sono sempre risorse che servono a far funzionare il sistema della previdenza complementare, per cui non sono propriamente sottratte; però, visto che qui stiamo discutendo di investimenti, quindi di qualcosa che presuppone la possibilità di Pag. 8investire risorse, la quota delle risorse pienamente disponibile dobbiamo considerarla al netto di queste riserve tecniche. Abbiamo, quindi, 190 miliardi di euro. Questi 190 miliardi – e qui arriviamo alla tabella n. 3 – sono organizzati secondo linee (questa tabella lo racconta in maniera molto chiara) che ci consentono una prima lettura molto interessante. Gli investimenti sono allocati principalmente, lo vedete subito nella prima riga, in titoli di Stato e altri titoli di debito. Complessivamente queste due voci fanno il 56 per cento degli investimenti. Dentro trovate la scomposizione: i titoli di Stato sono il 38 per cento e gli altri titoli di debito sono il 17 per cento; seguono i titoli di capitale, con il 21,4 per cento, e gli OICVM, che arrivano al 12,4 per cento.
  Nell'ultima riga c'è un'informazione importante: l'esposizione complessiva in azioni per tutte le tipologie di fondi, includendo anche quella realizzata tramite OICVM, altri OICR e strumenti derivati, raggiunge il 28,8 per cento. Questa fotografia della tabella a pagina 3 ci consente già una prima articolazione e anche una prima considerazione, che sicuramente non vi è nuova: quando parliamo di investimenti dei fondi pensione e di titoli (che, come vedete, sono una parte molto significativa) dobbiamo sempre tenere presente che sono di gran lunga prevalenti gli investimenti in titoli di capitale e di debito quotati nei mercati regolamentari. Questo è un punto da tenere presente, che avrà un significato quando arriveremo in fondo a quegli spunti di riflessione, di novità, che emergono già da qualche tempo dal sistema.
  A pagina 6 la tabella n. 4 vi conferma quello che vi dicevo, cioè la tendenziale stabilità della conformazione degli investimenti.
  Arriviamo agli investimenti domestici. Gli investimenti domestici per l'intero sistema di previdenza complementare a fine Pag. 92023 erano pari a 36,6 miliardi di euro, quindi quasi un quinto degli investimenti. Trovate questi dati nella tabella n. 6 a pagina 8. La conformazione di questi investimenti domestici, in maniera coerente con la tabella che ci rende la fotografia generale degli investimenti, vede al primo posto i titoli di Stato e al secondo gli altri titoli di debito. I titoli di Stato hanno un importo significativo (pari a 26,7 miliardi di euro), mentre gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane – li vedete sempre qui nella tabella – sono pari a 2,8 miliardi per titoli di debito e 1,7 miliardi per titoli di capitale. Negli investimenti domestici, quindi, troviamo una certa coerenza rispetto alla tabella che abbiamo visto, che parla degli investimenti in generale.
  Arriviamo alla tavola più significativa, soprattutto in questo momento che stiamo vivendo, cioè la tavola n. 2, che ci racconta qual è il rendimento degli investimenti. Facciamo un passo indietro, perché la tavola n. 2 è a pagina 3. Abbiamo la fotografia del rendimento di tutti questi investimenti. È una tavola significativa: quando si parla di investimenti, il rendimento è sempre un fattore significativo, anche se è ovvio che con il mutare dei tempi le scelte di investimento non sono più solo condizionate dal rendimento atteso, ma ci sono sempre fattori nuovi e diversi. Avrete sicuramente parlato di ESG in questa Commissione. Vi è, poi, il tema – lo ripetiamo sempre anche nella relazione annuale – degli investimenti domestici. Insomma, ci sono vari fattori che è giusto condividere, soprattutto in questa sede, quando si parla di investimenti. Detto questo, un punto irrinunciabile è sempre quello dei rendimenti.
  La tavola n. 2 ci racconta quindi la gestione dei vari comparti nella prospettiva di un anno e nella prospettiva di dieci anni e ci rende evidente un aspetto. Se andiamo alla riga che precede quella del rendimento generale per ciascun comparto, Pag. 10questa tavola rende evidente che gli investimenti azionari sono stati quelli che hanno avuto la performance migliore: sull'anno, ve lo raccontavo prima, dal 10 al 13 per cento, ma anche sui dieci anni (4, 4,7 e 4,7), mentre la rivalutazione del TFR sull'anno è pari all'1,9 per cento e sui dieci anni è pari al 2,4. Gli investimenti azionari hanno sicuramente avuto i rendimenti più significativi non solo nell'ultimo anno, negli ultimi anni (ci mettiamo il 2023), ma anche in questo famoso orizzonte temporale decennale, che non possiamo mai perdere di vista quando parliamo di previdenza complementare.
  Torniamo dunque al punto in cui eravamo già arrivati (perché con la tavola n. 2 vi ho fatto tornare indietro) per scoprire, alla fine, cos'è che fa la differenza tra le linee azionarie che rendono di più e le altre linee, bilanciate, garantite e obbligazionarie: ovviamente – lo trovate nella tabella – la presenza di azioni, che nelle linee azionarie arrivano al 78,8 per cento, se non ricordo male. Il punto a cui siamo arrivati è chiaro: le linee che rendono di più sono quelle azionarie, le linee azionarie sono quelle che hanno più azioni, ma se arriviamo alla tavola n. 9 a pagina 14 scopriamo che, in realtà, al netto di quelle dei fondi preesistenti – per i quali non c'è questa possibilità di diversificazione così chiara e netta che vi ho illustrato (azionari, bilanciati, obbligazionari, garantiti) –, le risorse investite nei comparti azionari arrivano a 20 miliardi su 150. A 150 ci siamo arrivati perché i fondi preesistenti non hanno questa possibilità di strutturazione. Le linee azionarie, alla fine, sono linee sulle quali converge un importo sicuramente più ridotto rispetto alle risorse complessivamente disponibili per gli investimenti dal settore.
  Quali possono essere le ragioni di questa situazione, che effettivamente viene fuori con una certa chiarezza dai numeri? Un elemento forte è rappresentato dalla scelta individuale della Pag. 11comunità interessata, la propensione al rischio, che indubbiamente deve essere più intensa per gli investimenti azionari. Ciascuno di noi ha legittimamente il pieno e assoluto diritto di scegliere l'investimento che ritiene più confortevole per le sue esigenze. Dipende da tanti fattori, come quelli personali soggettivi e i fattori anagrafici, che rappresentano un tema importante. Parleremo spesso di life cycle, che vi ho accennato all'inizio di questa seduta. La posizione di un giovane che inizia a lavorare è una posizione di lungo orizzonte temporale. Lo abbiamo visto in questi giorni in Borsa: le cose cambiano da un giorno all'altro. Se davanti ho 30-40 anni di investimenti, naturalmente ho le spalle abbastanza larghe anche per sostenere con tranquillità momenti non sereni nel mercato azionario; viceversa, avvicinandosi al momento del pensionamento, le cose cambiano, anche per una questione pratica, e cambiano anche per chi gestisce le risorse, perché avvicinandosi il momento del pensionamento, dovendo liquidare o la rendita o il capitale, ho bisogno di poter disporre delle risorse. Quindi, mantenere i soldi in azioni diventa impossibile.
  Perché una quota così ridotta in azioni? Sicuramente per condizioni soggettive, che forse potranno cambiare negli anni se l'educazione finanziaria e previdenziale, che adesso entra un po' nel nostro patrimonio collettivo, potrà fornire alle persone più strumenti per riuscire a gestire in maniera più razionale la propria posizione personale (penso ai tanti giovani che entrano nel comparto garantito), ma anche – e qui forse è più forte il ruolo del decisore politico – per alcuni fattori immanenti nel sistema. Uno molto importante, che più volte abbiamo sottolineato come COVIP, è l'automatismo di legge al conferimento delle posizioni dei neoassunti nei comparti garantiti. I neoassunti silenti vengono iscritti ai comparti di previdenza nelle linee garantite. E qui si forma un cortocircuito: siccome sono Pag. 12silenti non possiamo sapere se sarebbe stata comunque una loro scelta, perché magari, anche se sono giovani, preferiscono un comparto garantito. In questa scelta, dove non c'è l'espressione del singolo, forse bisognerebbe fare una riflessione in più per indirizzarlo in una scelta non subottimale, ma ottimale. Con le persone giovani che iniziano a lavorare forse si potrebbe immaginare una scelta di default diversa. Più volte in COVIP ci siamo posti questa domanda: non è che questa scelta del legislatore fa da condizionamento collettivo? Mi spiego: se le persone vedono che, in fondo, il legislatore l'automatismo lo mette sul garantito, possono essere indotte a pensare che forse il garantito sia la scelta ottimale. Può esserlo, ma può non esserlo: può esserlo soggettivamente, può esserlo anche in una prospettiva life cycle (se non sono più giovanissimo), può non esserlo se la persona, opportunamente informata, è predisposta a sostenere più rischi per maggiori rendimenti e se è in un momento della sua vita, dal punto di vista anagrafico, che rende ragionevole questo tipo di scelta.
  C'è, poi, un altro tema che in COVIP abbiamo più volte sottolineato, quello che vi dicevo prima: avvicinandosi al momento della pensione, il sistema che oggi pone o rendita vitalizia o, se non si arriva a un certo ammontare, ritiro parziale o totale del capitale impone un precipitare della situazione con l'avvicinarsi di quel D-Day. Come COVIP abbiamo diverse volte fatto questa proposta: perché non consentire alle persone anche una terza via, cioè lasciare le proprie risorse presso il fondo, presso un gestore affidabile? Ragioniamo un attimo, adesso, sui fondi negoziali, che sono quelli che con l'ingaggio del mondo del lavoro forse hanno anche un meccanismo di entrata sul quale possiamo focalizzare più l'attenzione. Abbiamo visto i numeri: sono risorse molto importanti. Perché non consentire alla persona di rimanere con le risorse presso un gestore che ha Pag. 13costi molto competitivi, affidabili, di cui si è fidato tutta la vita e, anziché o rendita vitalizia o prelievo totale o parziale del capitale, di fare prelievi programmati in un orizzonte temporale che potrebbe essere quello dell'aspettativa di vita secondo l'andamento demografico? Oggi prelevo una somma «x» e quello che non ho ritirato rimane presso il fondo e continua così ad essere fruttuosamente investito e a rimanere come risorsa potenziale anche all'interno del sistema. Questa opzione potrebbe effettivamente – tra i tanti vantaggi, non solo questo – consentire una più lunga permanenza delle risorse all'interno del sistema, con una gestione cauta, affidabile, non onerosa, fruttuosa, e magari potrebbe anche consentire un'esposizione azionaria più vantaggiosa e più competitiva anche alle persone che sono in prossimità del pensionamento.
  Tutto questo contesto, che abbiamo cercato di tratteggiare, ruota intorno al tema azionario, che ha un potenziale impatto positivo anche negli investimenti del sistema Paese. Le azioni, tra l'altro, sono quel tassello, quell'intersezione più dinamica con gli investimenti nell'economia reale; questi ultimi sono elementi di novità che abbiamo visto essere crescenti all'interno dei fondi, soprattutto – come dicevo all'inizio di questa seduta – dei fondi negoziali. I fondi negoziali, infatti, stanno progressivamente incrementando – lo trovate in fondo alla relazione – la quota di risorse investite in fondi di investimento alternativi (FIA), sia tramite gestione diretta sia tramite gestori specializzati.
  Come potete vedere nella tabella a pagina 19, nel 2024, 22 fondi pensione negoziali su 33 (quindi una quota molto significativa) hanno nel proprio portafoglio investimenti in FIA, per un ammontare complessivo pari a 1,76 miliardi di euro, un peso che sale al 4,2 per cento, considerando anche gli impegni; di questi, un terzo sono FIA italiani. Una delle cose più interessantiPag. 14 di questa tabella che trovate in fondo a pagina 19 è che ci sono cinque e quattro fondi, a seconda dei progetti, che hanno fatto iniziative consortili: progetti Iride, Zefiro e Vesta, rispettivamente destinati al private equity, al private debt e alle infrastrutture, con l'obiettivo dichiarato di investire prevalentemente in Europa, prevedendo una quota significativa di investimenti in imprese italiane non quotate. È un meccanismo un po' in controtendenza rispetto a quello che vi dicevo, cioè della prevalenza indubbia di investimenti in titoli quotati. Altra rilevante iniziativa – la trovate sempre qui – è il progetto Economia Reale, promosso da Assofondipensione e Cassa depositi e prestiti, cui hanno già aderito 15 fondi negoziali – quindi quasi la metà di tutti i fondi negoziali –, che punta direttamente dichiaratamente a indirizzare le risorse dei fondi verso l'economia italiana: il primo progetto si rivolgeva a imprese italiane non quotate; questo invece è più ampio, con un orizzonte sull'intera economia italiana. Infine, arriviamo al progetto PMI Italia, partito nel mese di novembre 2024, promosso da quattro fondi pensione negoziali che hanno avviato un processo di selezione di un gestore finanziario a cui affidare il mandato di investire in imprese quotate italiane, caratterizzate da piccola e media capitalizzazione.
  Ci sono pertanto questi fermenti, questi nuovi progetti che cercano di creare un link tra le risorse dei fondi e l'economia europea e italiana delle realtà quotate (però di media e piccola capitalizzazione) e non quotate, in un percorso che potrebbe avere anche un rapporto d'ingaggio. Non solo ci può essere il risultato collettivo importante di avere una permeabilità del sistema, quindi risorse che vanno in Europa, nel primo panel di fondi che vi ho richiamato, economia italiana, quotate e non quotate, piccole, ma anche forse motivare – questa è una cosa che sta particolarmente a cuore alla COVIP – qualche persona Pag. 15in più a investire nella previdenza complementare, con l'idea di poter partecipare anche a un progetto che, oltre a essere personale, ha anche risvolti e ricadute sulla collettività, sulla sua comunità di appartenenza.
  Tutto questo naturalmente implica un buon impegno dei fondi e anche il nostro, che vigiliamo sui fondi, perché chiaramente vengono fuori gli aspetti più complessi dell'attività di investimento: la necessità di avere competenze, di avere professionalità, cosa sulla quale i fondi si sono misurati con successo, con impegno in questi anni, anche grazie alle novità normative che hanno imposto una governance più attenta alla gestione dei rischi. È sicuramente una sfida importante, alla quale i fondi arrivano dopo anni di lavoro normativo, di autoregolamentazione, di condivisione di percorsi, di processi di crescita con l'autorità di vigilanza, che naturalmente è il futuro di un nuovo linguaggio da proporre ai propri iscritti, che probabilmente così potrebbero anche sentirsi un po' più protagonisti dei loro investimenti. Non dobbiamo mai dimenticare – come ho detto all'inizio – che il punto di partenza e di arrivo della previdenza complementare è sempre la persona. È un risparmio che, come sapete benissimo, è garantito dalla Costituzione, è tutelato, proprio perché al centro ha la persona, che deve essere anche grande protagonista come informazione, come ingaggio, come consapevolezza degli investimenti nei quali vengono messi i propri faticati risparmi.
  Spero di aver detto tutto della relazione, che grazie al presidente siamo riusciti a farvi avere, spero in tempo utile, nella giornata di ieri. Restiamo a vostra disposizione per le domande.
  Grazie molte.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.Pag. 16
  Vedo il senatore Magni iscritto a parlare. Via via vedremo se emergono altre curiosità.
  Prego, senatore Magni.

  TINO MAGNI. Grazie, presidente.
  Ringrazio per l'esposizione e per la relazione. Io vorrei fare qualche domanda.
  Parto dalla prima. Lei ha detto che sono 4,2 milioni gli aderenti ai fondi chiusi. Presumo siano quelli contrattuali. Qual è la potenzialità, la dimensione potenziale? Siamo a un livello ancora molto basso dal punto di vista della potenzialità, almeno a occhio. Vorrei capire quanta potenzialità c'è.
  Seconda questione. Lei ha parlato di rendimento e capitale. Quando mi sono iscritto a un fondo ho usato il risparmio per il capitale, non per il rendimento pensionistico. Vorrei sapere qual è la dimensione, qual è la percentuale del rendimento e qual è la percentuale del risparmio.
  Terza questione. Non è che, ad esempio, rispetto a quello che diceva lei, il livello basso azionario è dovuto al fatto che ogni singola persona dice: «i miei soldi me li gestisco come voglio; il fondo preferisco che sia un impiego tranquillo». Nell'ottica italiana, credo non sia una cosa campata per aria, in qualche modo è così. Del resto, il fondo chiuso, il fondo contrattuale è un beneficio, perché se l'attivo c'è anche una quota contrattuale che partecipa, cosa che, se io non lo attivo, non ho. Questa è la motivazione per cui, quando facevo il sindacalista, spiegavo l'importanza di iscriversi, sennò laici un costo contrattuale all'impresa. Questo è un concetto molto banale in questo caso, ma anche molto concreto.
  Infine, un aspetto che – come diceva lei – potrebbe essere potenzialmente interessante è che i fondi si coordinino per intervenire direttamente sull'economia, in particolare quella italiana, dunque un risparmio italiano che viene reinvestito sul Pag. 17territorio italiano, che comunque è molto limitato, anche se, come diceva lei, ci sono dei segnali, se ho ben compreso.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Magni.
  Do la parola alla presidente Balzani.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente. Grazie, senatore. Lascerò poi la parola al dottor Rinaldi, che sicuramente potrà darle numeri più precisi di quanto possa fare io. Intanto le do una risposta, anche un po' strategica.
  Lei, giustamente, ha evocato la scelta individuale: non è escluso che ci siano delle scelte personali, legittimissime. E ha anche detto molto chiaramente e molto correttamente: i soldi che voglio «giocarmi» me li gestisco io, sul fondo voglio dormire sonni tranquilli. Infatti, io sono la prima grande sostenitrice dell'assoluta centralità della scelta della persona, in un contesto di informazione. Quindi, a noi deve stare sempre a cuore che la persona abbia gli strumenti per fare la scelta più appropriata per i suoi bisogni. Questo è sacrosanto. Non c'è assolutamente nessun automatismo, non c'è una scelta ottimale che vada bene per lei, per me e per il presidente Bagnai. Ci sono dei fattori personali che devono sempre avere la priorità.
  Questa è la cornice imprescindibile di ogni ragionamento. Detto questo, in questa cornice dobbiamo fare un discorso che si attagli a una collettività soprattutto – questa è una cosa che non dobbiamo dimenticare – quando ci sono degli automatismi legislativi. Se io faccio un automatismo a un aderente silente, lì mi devo porre un problema diverso. Quando enfatizziamo certi dati, abbiamo soprattutto a cuore che a tutti arrivi un'informazione corretta, quindi che tutti sappiano quali siano i rendimenti, che in prospettiva c'è l'anno in cui si può perdere, che Pag. 18nel decennio c'è un certo rendimento. Poi, ci sono i silenti. E ogni tanto torna il tema un po' carsico del conferimento del TFR non solo per i nuovi assunti ma anche per la platea dei lavoratori. Quindi, quando si parla di automatismi, diventa molto alta la necessità di avere una risposta adeguata, pur sempre in un contesto razionale, come il life cycle, che è l'unica cosa che possiamo sempre considerare come guida, se vogliamo immaginare delle soluzioni che funzionino per una comunità.
  Lei, giustamente, ha anche evocato i vantaggi, quindi il tema a volte di un ingresso che può essere motivato dalla necessità di avere un investimento più sicuro, perché io lì dentro entro non perché voglio speculare, ma perché voglio avvantaggiarmi di un vantaggio composto, il contributo che do io e il contributo che dà il mio lavoratore. Ricordiamo anche il beneficio fiscale, tema di cui oggi non abbiamo parlato: anche quello è un «rendimento» che dobbiamo pesare quando parliamo della previdenza complementare.
  Vengo, ora, alla questione relativa al numero delle persone che hanno aderito alla previdenza complementare. Le potenzialità sicuramente ci sono. Quando facciamo la fotografia dell'aderente al sistema della previdenza complementare, vediamo intanto che gli aderenti alla previdenza complementare, considerato che nel nostro sistema il peso del primo pilastro (la contribuzione obbligatoria) è molto importante e considerato che la capacità di risparmio si scontra, ovviamente, con la necessità di pagare l'affitto e di fare la spesa, non mi stancherò mai di dire che nel nostro Paese, in questo contesto di una previdenza di primo pilastro così importante, è veramente un grande risultato che il 36 per cento delle persone abbia una copertura di previdenza complementare. Quindi, andiamoci cauti quando diciamo «solo il 36 per cento», perché non è Pag. 19«solo», significa che siamo una comunità che ha una grande volontà e capacità di risparmio.
  Abbiamo un primo pilastro che indubbiamente ha un peso, anche nei momenti di crisi e di difficoltà. D'altronde, non siamo nati solo per risparmiare: quando usciamo la mattina, dobbiamo fare la spesa e quant'altro. Quindi, è evidente che questo è un risultato importante, che ho cercato di valorizzare già due anni fa, quando ancora si sentiva l'onda lunga del Covid e poi della guerra scoppiata in Ucraina. Anche nei momenti di difficoltà è un sistema che ha sempre continuato a crescere. Questo è importante, perché significa che è un sistema nel quale comunque le persone continuano a guardare con fiducia.
  Francamente, quando sento dire che il 36 per cento di iscritti non corrisponde a una platea di persone particolarmente numerosa, io replico sottolineando che, invece, è un grande risultato, che possiamo rivendicare anche con un certo orgoglio, perché significa che, nonostante il peso del primo pilastro – che è di tutto rispetto – e tutti gli sforzi che si devono fare (la previdenza, il prelievo fiscale e quant'altro), un 36 per cento di persone riesce ancora a fare uno sforzo di accantonamento per il proprio futuro previdenziale. Mi sembra che sia un buon risultato. Dieci milioni di persone – spero che festeggeremo a breve questo traguardo, manca davvero poco – sono una platea numerosa di persone, che con uno sforzo quotidiano costruiscono un pezzo del loro futuro e, comunque, ci consegnano anche un futuro migliore come comunità. Sappiamo benissimo, infatti, che le risorse nel proprio futuro previdenziale significano cittadini più attivi, cittadini più ingaggiati, cittadini che riescono, dunque, a essere una parte attiva e un patrimonio comune per tutto il Paese.
  Per i dati precisi lascerei la parola al dottor Rinaldi.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Rinaldi.

Pag. 20

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP. Grazie.
  In realtà non ho nulla da aggiungere. Il dato corretto l'ha già citato il presidente, il 36,9 per cento a fine 2023, che sarà ancora più alto nel 2024. A breve faremo i calcoli esatti.
  Il punto fondamentale è che, soprattutto per i fondi negoziali, il sistema, tutte le parti sociali e soprattutto i sindacati dovrebbero essere contenti dei risultati raggiunti in termini di adesioni, in un contesto che non è semplice, in primo luogo per il fatto che, anche facendo confronti con realtà internazionali, la dimensione della previdenza pubblica e il costo della previdenza pubblica in termini di contributi, in primo luogo, sono molto ampi. Quindi, non ci si può aspettare che il sistema nel suo complesso possa arrivare ai livelli di partecipazione che ci sono in Paesi dove la previdenza pubblica è molto più ridotta.
  Sui numeri, poi, si possono fare diversi ragionamenti. Ad esempio, si potrebbe dire che il 36,9 per cento comprende, anche grazie alle iniziative cosiddette «contrattuali» che ci sono state, che prevedono versamenti piuttosto bassi, almeno un 10 per cento di persone che sono iscritte ma che non stanno accumulando posizioni significative. Quindi, alcuni ragionamenti si possono fare e margini di espansione certamente ce ne sono. Però, visto il contesto in cui siamo, possiamo dichiararci piuttosto contenti e secondo me dovreste esserlo anche voi. Poi, per fare un salto di qualità bisognerebbe fare altri ragionamenti, che potrebbero coinvolgere anche l'assetto della previdenza pubblica, ma diventano troppo complicati.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore.
  Do la parola all'onorevole Cattoi, che interviene da remoto.

  VANESSA CATTOI(intervento in videoconferenza). Buongiorno a tutti. Ringrazio anch'io la presidente, dottoressa Francesca Balzani, per la relazione.Pag. 21
  Arrivo subito alle domande. Analizzando la composizione degli investimenti per area geografica (tavola 5, pagina 7) si può evincere che gli investimenti domestici passano dal 12 per cento circa al 21 per cento per i fondi aperti e al 39 per cento circa per i PIP di ramo I. Come valutate questi dati? Da cosa dipendono queste differenze? Avete svolto degli studi o delle analisi soprattutto su rischio e rendimento degli investimenti esteri rispetto agli investimenti nazionali? È maggiore o è minore?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cattoi.
  Do la parola alla presidente.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Sulla pagina 7, la sua domanda è relativa alle ragioni per questa conformazione degli investimenti?

  VANESSA CATTOI(intervento in videoconferenza). Esatto, come valutate i dati e, soprattutto, da cosa dipendono queste differenze.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Essenzialmente questi sono collegati ai titoli di Stato. Tra l'altro, ci sono delle oscillazioni – non è questa la tavola, era quella che pensavo lei stesse guardando – che vedono una discesa, ad esempio, degli investimenti dei titoli di Stato italiani a favore di titoli di Stato di altri Paesi, quindi sono un movimento all'interno dello stesso segmento dei titoli di Stato.
  Tendenzialmente abbiamo visto che sui fondi negoziali, anche per quel meccanismo di legge che dicevo, per cui il silenzio-assenso conduce con parti garantite, sicuramente c'è una spinta meno forte ad andare sulle linee azionarie e, quindi, un approccio più finalizzato a dare soddisfazione a questa Pag. 22configurazione legislativa. Soprattutto in prospettiva, se guardiamo all'indietro, c'è stata più enfasi sui fondi garantiti e obbligazionari. Tant'è vero – prima non l'ho detto, per cui colgo l'occasione della sua domanda per dirlo adesso – che non tutti i fondi negoziali hanno le linee azionarie. Questo è un portato di questo non favor legislativo nei confronti degli azionari e, invece, di favor nei confronti delle linee garantite. Per i fondi negoziali una delle cose già è questa: non avendo tutti l'azionario, gli investimenti sono più spostati sugli obbligazionari e sui titoli che non sono di capitale. Questa è una prima risposta che possiamo dare.
  Se il presidente Bagnai mi autorizza, chiedo al dottor Rinaldi di completare le osservazioni su questa tabella.

  PRESIDENTE. Naturalmente. Prego, dottor Rinaldi.

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP. Non c'è granché da aggiungere. Questa tabella è un po' difficile da leggere, perché il fattore che incide – come prima diceva la presidente Balzani – è la composizione in termini di importanza delle diverse linee di investimento esistenti per le diverse tipologie di forma pensionistica. Prima l'onorevole Cattoi diceva che i titoli di debito italiani raggiungono il 39 per cento nei PIP di ramo I, ma perché queste sono le famose linee garantite, che sono molto investite in titoli di Stato, mentre per altre forme la cosa è diversa.
  Il messaggio principale che volevamo dare con questa relazione è l'importanza nel nostro sistema di questa organizzazione tramite diverse linee di investimento. Quindi, più che sulla lettura delle differenze tra i negoziali aperti e i PIP – per quanto vi siano cose da dire anche su questo tema –, vorremmo focalizzare l'attenzione di questa Commissione sul fatto che la Pag. 23scelta delle linee di investimento è molto importante in termini di allocazione del portafoglio, ma anche in termini di rendimenti. Quindi, alcuni aspetti strutturali che incidono sulla scelta tra le diverse linee di investimento, come per esempio la linea di default per gli aderenti silenti e le possibilità che vengono date per la fase di erogazione in termini di avere o non avere la rendita, che comporta il trasferimento di una somma a una compagnia di assicurazione e, quindi, la liquidazione sostanzialmente della somma a un momento determinato nel tempo, sono fattori che incidono sulla composizione degli investimenti e anche sulla capacità del sistema italiano dei fondi pensione di poter investire nell'economia reale, anche quella italiana, senza avere un'attenzione troppo forte ai rendimenti di breve periodo.
  Il punto fondamentale è che i fondi pensione sono – come si dice – quegli investitori che possono permettersi di essere pazienti, che hanno molto tempo a disposizione. Questa possibilità deve essere sfruttata a favore degli iscritti. Se non lo si fa e, per esempio, nelle linee garantite non lo si fa abbastanza, in quanto una linea garantita determina un condizionamento degli investimenti molto forte e ci si limita a investimenti molto prudenziali, chiaramente nel lungo periodo questi investimenti non possono dare grandi risultati. È questo il punto che vorremmo porre alla vostra attenzione, perché non solo ci sono margini per i fondi e, forse, anche per noi, in termini di educazione finanziaria e così via, per incidere su questo e sulla capacità degli iscritti di fare le scelte più adeguate, ma ci sono anche margini strutturali sui quali si potrebbe intervenire.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore.
  Do la parola all'onorevole Lovecchio.

Pag. 24

  GIORGIO LOVECCHIO(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente. Ringrazio la presidente Balzani per la sua puntuale relazione.
  Vado subito alle domande. Ho notato che nel campo della previdenza complementare ci sono grosse differenze nei costi tra i vari strumenti: ad esempio, si va dallo 0,4 per cento dei comparti bilanciati all'1,5 per cento dei fondi pensione aperti e addirittura a oltre il 2 per cento per i piani individuali. Come mai c'è tutta questa variabilità? Cosa incide così tanto sui costi? Inoltre, guardando più in generale, se si confrontano i costi dei fondi pensione aperti e dei PIP con quelli di altri strumenti di risparmio, tipo gli OICVM, sembra che i primi abbiano costi più alti, anche se spesso seguono modelli gestionali simili (azionari, bilanciati, flessibili e via dicendo). Voi come leggete questa cosa? Come mai, secondo voi, ci sono queste differenze? Soprattutto, cosa significa costi così elevati per prodotti previdenziali, che in teoria sono investimenti a lungo termine e con un rischio di rimborso anticipato piuttosto basso?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lovecchio.
  Prego, presidente Balzani.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente.
  Intanto stiamo parlando di fondi che hanno una finalità molto diversa. Lei ha evocato i fondi negoziali e i PIP, ma abbiamo fondi che lavorano in un'ottica non di profitto e fondi che producono prodotti che hanno un'ottica di mercato e di profitto, che peraltro hanno meccanismi di distribuzione e di funzionamento diversi, la presenza o meno di una rete di collocamento. Questa è la ragione per la quale ci interroghiamo Pag. 25sempre sulla necessità/opportunità di valorizzare i rendimenti netti, perché alla fine ognuno fa il suo mestiere: chi fa profitti e chi, invece, lavora in una dimensione non-profit, con strumenti di ingaggio e, quindi, di sottoscrizione che sono indubbiamente diversi, nell'ambito di un contratto di lavoro ovvero con una rete che deve cercare di collocare un prodotto. Poi, ciò che fa la differenza e che cerchiamo sempre di enfatizzare in questo contesto – sicuramente non è di secondo piano – è che per avere un metro di misura che li renda comparabili valorizziamo sempre nella maniera più chiara possibile i rendimenti netti. Inoltre, in questo contesto abbiamo cercato – questo nella relazione annuale, non era questa la sede visto che il tempo e lo spazio disponibili nonché la finalità sono diversi – di valorizzare l'impatto che hanno avuto i diversi fondi, proprio con le diverse finalità, sull'allargamento della platea degli iscritti da un punto di vista non solo numerico, ma anche geografico e di genere. Quindi, scopriamo che ciascun fondo è non solo «complementare» rispetto alla previdenza obbligatoria ma anche complementare rispetto agli altri prodotti. Prendiamo i fondi negoziali, che sono quelli che sicuramente sono straordinariamente più competitivi rispetto ai costi. Prima facevo l'esempio relativo alla possibilità di una terza via, ovvero di continuare a mantenere le risorse investite nel fondo, che evoca proprio l'ipotesi della possibilità di continuare a mantenere le risorse presso un investitore, il che presenta vantaggi in termini di costi molto competitivi. Ci sono, poi, gli altri prodotti, che hanno uno scopo diverso, di profit, che hanno necessità di reti ed esprimono più costi, anche per la necessità di fare margini diversi, che, quindi, si devono industriare per riuscire ad avere rendimenti netti comparabili e che in questi anni sono riusciti a far penetrare il tema della previdenza complementare anche laddove, per esempio, le persone non hanno accesso al Pag. 26fondo negoziale semplicemente perché non hanno un contratto collettivo che consenta loro di accedere a questo prodotto. C'è anche tutto il mondo dei lavoratori autonomi, che potrebbero, altrimenti, rimanere sguarniti di previdenza.
  L'aspetto che abbiamo sempre cercato di evidenziare nelle relazioni annuali è che non bisogna quasi mai, quando ci si trova di fronte a un sistema, creare meccanismi di antagonismo all'interno dei vari soggetti ma cercare, invece, di valorizzare sempre la complementarietà. La cosa che sta più a cuore alla COVIP è la disponibilità per i potenziali iscritti e gli iscritti di tutti gli strumenti di valutazione e di giudizio. Infatti, nel nostro sito è stato implementato un comparatore di costi, uno strumento che serve proprio per poter disporre di questo elemento conoscitivo, che lei giustamente ha valorizzato, e fare di questo elemento conoscitivo uno strumento di decisione. L'importante è che ciascun soggetto del sistema possa svolgere una funzione complementare rispetto agli altri, perché uno solo non riuscirebbe assolutamente a soddisfare tutte le eventuali necessità di copertura di previdenza complementare che ci possono essere in una comunità e dare alle singole persone interessate gli strumenti per poter capire qual è lo strumento giusto. Non tutti sono accessibili per tutti. Tant'è vero che quelli che non sono negoziali, pur più costosi, hanno consentito di dare copertura a persone che, altrimenti, sarebbero rimaste fuori, pur indubbiamente con costi diversi.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Do la parola alla senatrice Mancini.

  PAOLA MANCINI(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente.
  Faccio una domanda abbastanza veloce. La presidente Balzani prima diceva che non dobbiamo lamentarci dei risultati Pag. 27ottenuti, allora le chiedo: avete fatto un'analisi su quali strategie normative potrebbero essere utili per incrementare l'utilizzo della rendita, dimodoché venga irrobustito il reddito pensionistico per i lavoratori che accedono alla pensione e, quindi, ci sia sempre più un dialogo armonizzato fra il primo e il secondo pilastro?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Mancini.
  Prego, presidente Balzani.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Devo dire la verità, io l'ho detto in positivo, non che non ci dobbiamo lamentare, ma che dobbiamo un po' tutti rivendicare il buon lavoro fatto in questi anni. Poi, cercare di migliorare e ottimizzare le cose deve essere il nostro mestiere quotidiano, partendo comunque da un sistema che gode – direi – di buona salute. Infatti, prima vi ho illustrato il dato più importante: la crescita costante anche nei momenti di crisi, quindi un sistema al quale il Paese guarda con fiducia. Questo è il fattore più importante, ancora più che dei rendimenti.
  Detto questo, certamente bisogna migliorare da un punto di vista dei rendimenti – come oggi abbiamo cercato di sottolineare –, quindi cercare, laddove è possibile, laddove il singolo interessato vuole, di indirizzare i suoi quattrini verso le linee che sono migliori per la sua posizione anagrafica (penso, ad esempio, a chi ha iniziato a lavorare da poco) e di dare a ciascuno tutte le informazioni affinché, ipotizzando di avere sul tavolo un tot di strumenti di investimento, sappia scegliere quello che è meglio per lui, cosa che non è assolutamente appiattita solo sul rendimento. Quindi, c'è un tema di informazione.
  L'ottimizzazione del sistema va anche un po' al di là di questo e va – come ho vagheggiato nella risposta precedente – Pag. 28nella direzione non solo di far crescere le risorse, le possibilità di investimento, i rendimenti, il contributo all'economia reale del Paese, ma anche di portare avanti un discorso quasi di giustizia sociale, ovvero cercare di ingaggiare nel sistema della previdenza complementare quante più persone possibili, quindi far sì che questo strumento di protezione coinvolga sempre più persone. In questa direzione va, ad esempio, la proposta di rendere quel terzo strumento tra la rendita vitalizia e il capitale tutto o in parte subito, ossia quello dei prelievi parziali programmati per un periodo parametrato all'attesa di vita secondo l'andamento demografico, quindi rendere più flessibili gli strumenti, perché si è notato che una flessibilità soprattutto in uscita potrebbe rendere più interessante l'entrata nel mondo della previdenza e, quindi, aumentare il numero delle persone che hanno una copertura di questo tipo. Quindi, quando ragioniamo sull'ottimizzazione del sistema le direzioni sono tantissime: sempre più informazioni, cittadini sempre più consapevoli, trasparenza, più strumenti a disposizione, non solo rendita e capitale ma anche prelievi programmati, possibilità di mantenere le risorse investite nel sistema, poi abbiamo evocato lo strumento fiscale, abbiamo parlato tante volte di bonus previdenziali.
  La cosa importante è che il sistema goda sempre di buona salute e continui a meritarsi la fiducia delle persone che guardano ad esso con attenzione, ma anche consentirgli di avere una capacità di intercettare sempre più persone, offrendo strumenti diversi, che alla fine rendano, producano valore, facendo sì che il semino interrato oggi poi possa effettivamente diventare qualcosa di significativo, che si incassa al momento del pensionamento, ma anche prima. Oggi non ne abbiamo parlato, ma la previdenza complementare consente anche – pur in un contesto di una cosa che deve funzionare per il pensionamentoPag. 29 – un accesso alle proprie risorse nei casi di emergenza.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Do la parola alla senatrice Pirro.

  ELISA PIRRO(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.
  Sento sempre più spesso parlare – l'ha citato anche la presidente – del meccanismo di investimento life cycle. Vorrei capire se fate delle analisi (o se le fanno gli investitori) per incrociare questo tipo di investimento con l'andamento dei mercati, in altre parole se queste strategie di investimento, nel definire l'esposizione alle diverse asset class, considerano o cercano di fare delle previsioni sulla presenza o meno di bolle speculative nel mercato.
  Vi è, poi, un aspetto che non mi è chiaro. Lei ha parlato di rendite vitalizie – lo chiedeva adesso la collega Mancini – e ha detto, se non ho capito male, che in caso di decesso del beneficiario non c'è un meccanismo per cui gli eredi possano percepire ciò che avanza del montante accumulato da chi ha versato in questo tipo di previdenza complementare. Vorrei che mi chiarisse questo aspetto.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Pirro.
  Prego, presidente.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente. Grazie, senatrice. Lascerò poi la parola al dottor Rinaldi, che è un grande esperto del meccanismo di life cycle, soprattutto perché ha una forte matrice internazionale (se non sbaglio, c'è uno studio dell'OCSE su questo tema).Pag. 30
  Io ho evocato il meccanismo di life cycle in maniera molto semplice, come cornice nell'ambito della quale dare un po' di raziocinio alle scelte: sono giovane, ero giovane, all'epoca, avrei potuto fare scelte di investimento anche più rischiose, quindi più remunerative (è questo il binomio importante, rischio e maggiore remunerazione), perché l'orizzonte temporale da lì al pensionamento – quindi al momento in cui precipita il risultato delle mie scelte e diventa un fatto che fotografa il rendimento finale del mio investimento –, quando si è giovani, consente di assorbire anche cicli, che sono inevitabili nel corso del tempo, negativi. Quindi, il life cycle nel contesto di questa relazione l'abbiamo utilizzato per dire in maniera semplice: quando si è giovani e si entra nel sistema della previdenza complementare, quindi si entra in un programma di investimento, forse vale la pena di sapere che le linee azionarie, che sono sicuramente più rischiose, sono più remunerative e che quel rischio, però, tu che sei giovane fai a tempo a smaltirlo, perché ti prendi l'onda infausta del 2009 e poi ti prendi il rimbalzo tre anni dopo, quindi hai il tempo anagrafico – che è un tempo finanziario prezioso – per assorbire i cicli negativi. Viceversa, nell'approssimarsi del momento della pensione, se ti trovi nel momento negativo – lo vediamo in questi giorni – è un problema, perché non si può dire: «rimando la pensione di qualche annetto così recupero l'andamento negativo di questo momento». Abbiamo quindi fatto questa evocazione del life cycle proprio per agganciare l'importanza della scelta previdenziale al momento anagrafico in cui si trova la persona che entra nel sistema della previdenza. La previdenza, come dicevamo prima, ha un fortissimo legame con la condizione della persona interessata proprio dal punto di vista della sua storia anagrafica personale.Pag. 31
  Il contesto, invece, più ampio, che è una cornice internazionale importante, fatta di studi significativi, lo lascerei – se il presidente Bagnai me lo permette – al dottor Rinaldi.

  PRESIDENTE. Certo.
  Prego, dottore.

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP. Grazie, presidente.
  Gli elementi essenziali, logici li ha già toccati la presidente. Il fondamento logico del life cycle è quello che dicevamo prima: se i fondi pensione hanno una prospettiva di lungo termine, perché hanno decenni nei quali possono accumulare risorse e rendimenti sui mercati finanziari, è logico che approfittino di questa situazione, però bisogna tener conto del fatto che le persone si avvicinano al momento del pensionamento, nel quale se, per esempio, bisogna trasformare in rendita il capitale accumulato c'è un momento in cui tale capitale deve essere liquidato per essere pagato dalla compagnia di assicurazione: se questo accade poco dopo una crisi finanziaria – come quella che stiamo vedendo adesso – ovviamente comporterebbe una caduta del valore della pensione, delle erogazioni. Il meccanismo del life cycle cerca di mitigare questo rischio approfittando di investire di più sui mercati finanziari, quando c'è più tempo per recuperare eventuali perdite, e avere un'esposizione al rischio inferiore dopo.
  L'idea fondamentale è che bisogna distinguere il rischio di lungo termine – quello rilevante per i fondi pensione, cioè il rischio di avere una pensione di un livello che può essere variabile rispetto all'andamento dei mercati finanziari poco prima del pensionamento – rispetto alla volatilità di breve termine, che può essere superata. I mercati finanziari sono esposti alla volatilità, sono esposti a bolle speculative, accadono Pag. 32crisi finanziarie, cadute della borsa, ogni certo numero di anni, non sono facilmente prevedibili, anzi sostanzialmente non sono prevedibili; però quello che ci dice l'esperienza, quello che ci dicono tutti gli studi internazionali, quello che ci dicono le raccomandazioni degli istituti, degli organismi internazionali (OCSE compreso) va nel senso di consigliare questa prospettiva di life cycle, nella quale c'è un investimento consistente di azioni almeno per una fase abbastanza lunga del periodo di accumulo del risparmio previdenziale.
  Aggiungo un'ultima cosa. È stato fatto un riferimento alla rendita vitalizia. A questo proposito, bisogna capire un aspetto tecnico fondamentale in merito a come funzionano le rendite. La rendita è un'assicurazione rispetto al rischio di longevità: addirittura viene considerato un rischio, dal punto di vista assicurativo, il fatto che la vita si prolunghi oltre quella attesa; se si prolunga, bisogna avere maggiori risorse per coprire anche gli anni della vecchiaia ulteriore che si verifica. Le persone sono fortunate, siamo sempre più fortunati di vivere più a lungo, però ci vogliono più risorse per coprire le pensioni per una lunghezza maggiore. Siccome le assicurazioni devono avere un equilibrio tra quello che loro incassano per poi offrire la rendita e le rate che pagano nel tempo, è ovvio che il meccanismo assicurativo funziona facendo una media tra quelli che vivono di meno e quelli che vivono di più. Quindi, è nella logica assicurativa che non ci sia, nel momento in cui una persona viene a mancare, nel momento della morte di una persona, un capitale residuo, perché il capitale residuo, che dovrebbe andare agli eredi, in realtà va a coprire quelli che vivono di più. Questo è il punto fondamentale. È questa la ragione per la quale le rendite vengono accettate con fatica da molti ed è la ragione per la quale stiamo cercando di suggerire anche altri meccanismi, come quello dei prelievi programmati, che non Pag. 33sono basati su questa logica assicurativa e che, in realtà, consentirebbero, attraverso prelievi di ammontare minore, di pensare di poter trasmettere agli eredi una parte del risparmio previdenziale accumulato. Questo è il punto fondamentale da chiarire e da considerare quando si pensa al meccanismo della rendita.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio per questo approfondimento tecnico, che mi rimanda a quando, studiando tecnica attuariale delle assicurazioni sociali, capii che era in generale conveniente vivere di più anziché vivere di meno. C'è anche una base tecnica per questa legittima aspirazione.
  Resta la senatrice Camusso tra gli iscritti a parlare. Poi, eventualmente, procederò a qualche richiesta di approfondimento anch'io.
  Prego, senatrice Camusso.

  SUSANNA LINA GIULIA CAMUSSO. Grazie, presidente.
  Parto da una domanda molto banale: quel 36,9 per cento su quale platea lo calcolate? Infatti i fondi, così come li abbiamo definiti, sono rivolti a platee tra loro differenti. Mi interesserebbe capire la platea e se all'interno di questo 36,9 vi è un'ulteriore disaggregazione che permetta di parametrarla alle diverse tipologie.

  PRESIDENTE. Quindi, la domanda è riferita, ovviamente, agli aderenti.

  SUSANNA LINA GIULIA CAMUSSO(fuori microfono). Sì.

  PRESIDENTE. Prego, presidente.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente. Grazie, senatrice.Pag. 34
  Questo quasi 37 per cento (36,9) è parametrato sulla forza lavoro, quindi sulle persone occupate e occupabili, in cerca di occupazione. Quando parliamo del 36 per cento, quindi, ci riferiamo alla forza lavoro. Sarebbe peraltro difficile un parametro diverso. Le faccio un esempio che rende conto di quanto sia frastagliato il panorama. Recentemente abbiamo valorizzato la leggera crescita – adesso non sto a dirvi i numeri, anche perché non me li ricordo, ma stiamo parlando dell'1-1,5 per cento; anche se il valore assoluto non è particolarmente significativo, lo abbiamo voluto valorizzare perché comunque è in crescita – della presenza di minori: aumenta il numero dei minori iscritti alla previdenza complementare. Si tratta, naturalmente, dei familiari a carico. Ci è sembrato un dato importante, perché significa che c'è l'intenzione di creare un salvadanaio previdenziale, che ha molti vantaggi familiari, ma naturalmente anche per il diretto interessato. Anche in quel caso, però, non sarebbe possibile fare un ragionamento di copertura potenziale. Stessa cosa per chi aderisce a forme di mercato, PIP piuttosto che fondi aperti.
  Alla fine, il baricentro fondamentale – forse non è troppo giusto, ma è inevitabile quando parliamo di previdenza complementare – restano i fondi negoziali, che sono la matrice di tutta la riforma della previdenza complementare, che ci consentono valutazioni con parametri, tipo questo, che sono oggettivabili, quindi ci consentono valutazioni anche in termini di crescita, di copertura un po' più valorizzabili e comparabili nel tempo.
  Quando invece parliamo della fotografia del mondo di coloro che hanno coperture di previdenza complementare, invece, spazziamo oltre, però quella è una fotografia al netto del margine, del contesto. Non ho la relazione davanti, quindi non vorrei dire inesattezze, vi chiedo scusa in anticipo, ma mi Pag. 35sembra che il 18 per cento siano persone sotto i 30 anni; il soggetto medio che ha la copertura previdenziale fa parte della fascia anagrafica mediana (quindi 45-50 anni), è residente al Nord, ha la fortuna di avere una continuità retributiva, lavorativa. Queste fotografie sono tratte dai valori aggregati. La percentuale, invece, deve per forza avere una fotografia del potenziale, quindi è misurata sulla forza lavoro.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Ci sono altre osservazioni? Io ho in mente due o tre questioni che mi interesserebbe approfondire.
  Intanto, vedo un paio di paradossi. Il primo paradosso è che abbiamo capitali più volte definiti «pazienti», ma che sono affidati a gestori che hanno clienti impazienti, se non capisco male. Questo è un paradosso che si potrebbe risolvere – dice qualcuno – con l'educazione finanziaria. Qui però, secondo me, sorge un altro paradosso: se una persona è «finanziariamente educata», nel senso che sa usare il coltello e la forchetta e sa investire, forse preferisce fare da sé, visto che oggi ci sono anche strumenti di gestione, tramite anche un banale telefonino, invece che sostenere gestioni che comunque hanno dei costi, sui quali dopo magari tornerei. È perfettamente noto che nel lungo periodo e anche in porzioni esistenzialmente significative del lungo periodo – ovviamente a nessuno interessa sapere se per due secoli i mercati azionari sono cresciuti più del reddito fisso; alle persone interessa sapere che cosa succede in una tranche tipica di un orizzonte temporale contributivo, che può essere un ventennio, magari non diciamolo perché non è più così, e poi è una brutta parola, quei 30-40 anni di contribuzione – si vede che, comunque si scelga il periodo iniziale, l'azionario performa meglio.
  Il problema è che, per esempio, vedo un primo aspetto psicologico se non si spiega la strategia di uscita. Se si dice Pag. 36«devi investire in azionari da giovane e poi da anziano ti blindiamo con il reddito fisso» la persona risponde «io scendo durante una crisi azionaria e mi prendo tutto lo storno del mercato». Secondo me – e ovviamente non è un rimprovero alla COVIP, che svolge un'attività di vigilanza – ci deve essere uno sforzo didattico maggiore da parte, probabilmente, della classe politica nel dibattito pubblico per ragionare su questo aspetto. Sicuramente avrete più e più volte fornito delle osservazioni: l'implementazione pratica del life cycle quali aspetti dovrebbe enfatizzare? Torno su questo aspetto.
  Vengo a un altro tema. La sintesi che vediamo è che i quattro quinti del risparmio previdenziale vanno all'estero. Questo ha un significato macroeconomico ovvio, nel senso che in questa fase siamo anche esportatori netti di merci, quindi contabilmente anche esportatori netti di capitali, d'accordo, però ci sono anche debolezze strutturali dell'industria del risparmio nel nostro Paese. A me interesserebbe sapere, anche come semplice indicazione di eventuali fonti internazionali, se una percentuale di fuoriuscita dal circuito del risparmio nazionale di questa entità si riscontra nelle altre realtà, per esempio quelle più simili a noi (Singapore o Colombia non interessano), se nel contesto dell'Unione europea o, comunque, dell'OCSE esiste una simile dispersione dal circuito nazionale del risparmio, tenendo presente che, naturalmente, tutti siamo consapevoli del fatto che una diversificazione internazionale del rischio ha senso, ma non so se una diversificazione internazionale del rischio giustifichi di per sé una simile fuoriuscita di risparmio dal circuito nazionale.
  C'è anche un altro aspetto che le chiederei, più pratico, più banale. Abbiamo quei famosi 5.164,57 euro: visto che abbiamo arrotondato tante cose, anche con il metodo sbagliato (mille lire per un euro), forse si potrebbe pensare quantomeno di arrotondarePag. 37 per renderlo più memorizzabile come numero. A beneficio del verbale, ricordo la deduzione dal reddito complessivo della contribuzione a forme di previdenza complementare. Mi interesserebbe una valutazione – penso anche di sapere quale sarà – sulla congruità di questa deduzione. A questo proposito, vorrei ricordare che l'anno scorso, intervenendo al Forum sociale europeo, il presidente Draghi ha fatto un'osservazione che si lega a un'osservazione che lei ha fatto e che vorrei valorizzare. Il presidente Draghi ha detto – e lo ha poi ripetuto qui in audizione al Senato – che all'interno in particolare dell'Unione economica monetaria gli Stati membri per un certo periodo hanno fatto concorrenza gli uni agli altri sui salari. Tutti ricordiamo il periodo in cui dalle riforme Hartz del 2003-2004 la Germania abbatté di oltre il 6 per cento i salari reali; poi, a ricasco, lo facemmo anche noi.
  La sintesi è questa: noi chiediamo ai giovani di aderire a un piano di previdenza complementare, quindi di essere possibilmente «aggressivi» dal punto di vista della strategia di gestione del rischio, ma dobbiamo anche renderci conto che il giovane è leggermente intimorito dal non avere spesso delle prospettive lavorative stabili e anche leggermente fragilizzato dal fatto di non avere risorse congrue per sostenere una contribuzione ulteriore a quella obbligatoria del primo pilastro. Questa è un'osservazione che mi sembra lei abbia fatto tra le righe e che volevo esplicitare. Volevo anche chiederle se questo adeguamento della deduzione – come immagino – sia da intendere al rialzo. Parliamoci chiaro: tutte le soglie riferite a grandezze nominali, se restano fisse nel tempo, determinano il noto fenomeno del fiscal drag, lo scorrimento degli scaglioni, tutte cose che sappiamo.
  Un'ultima questione. Lei ha valorizzato uno strumento presente sul sito della COVIP – che in un mondo di persone Pag. 38finanziariamente più consapevoli, più evolute, riveste, rivestirebbe e rivestirà un ruolo importante – che è il comparatore dei costi. L'indice sintetico dei costi è calcolato con una metodologia – me la sono andata a riguardare – che presuppone un tasso di rendimento delle forme pensionistiche fissato convenzionalmente al 4 per cento. Tuttavia, se guardiamo la tavola n. 2, le valutazioni fatte su un orizzonte decennale, il 4 per cento è un po' ottimistico, per una serie di motivi. Questo come impatta sulla valutazione dei costi? Potreste pensare di adeguare questo parametro? Perché avete scelto il 4? Magari era un mondo diverso quando questo parametro è stato scelto. Vorrei sapere che cosa comporterebbe l'adeguamento di questo parametro a valori che ex post potremmo ritenere più realistici sulla base dei dati che voi stessi ci fornite circa la valutazione complessiva dei costi, che comunque è importante, perché – ripeto – dall'altra parte, oggi come oggi, ci potrebbe essere anche la tentazione del «fai da te», che io non sto assolutamente sponsorizzando, dico che esiste come possibilità teorica.
  Spero di essere stato chiaro. La ringrazio.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente.
  Partirei dall'ultimo tema che ha evocato, quello della deduzione fiscale, intorno al quale poi possiamo, ad anelli concentrici, arrivare ai primi temi che lei ha sollevato. Anzi, la ringrazio molto di questo intervento, che va al cuore di tanti aspetti.
  Lei giustamente ha ricordato i famosi – anzi, le faccio i complimenti per la citazione puntuale – 5.164,57 euro, che sono i vecchi 10 milioni di lire.

  PRESIDENTE. Me li sono scritti. Non pensi che alla mia età possa ricordarmeli. Io sono già nell'età in cui bisogna fare investimenti prudenti.

Pag. 39

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Sono i vecchi 10 milioni di lire. Questo ci racconta subito che ormai inizia a essere una soglia un po' vintage, soglia spesso oggetto di dichiarazioni: la si aumenta, la si fa crescere, la si espande, si considerano anche persone diverse da quelle dello stesso nucleo familiare, per esempio i nonni (era uscita anche l'idea di consentire anche ad altri la deduzione degli investimenti previdenziali fatti a favore di altre persone). Sicuramente, come tutte le cose che riguardano il mondo fiscale, è un tema che ha un forte appeal e una forte valenza comunicativa.
  Qualunque intervento migliorativo di questa soglia la COVIP lo vedrebbe con favore, perché rappresenterebbe prima di tutto un segnale forte. Quando si usa lo strumento fiscale significa che quel pezzo lì è importante, perché si mobilita una risorsa preziosa: la risorsa collettiva. Lungi da me pensare che l'aumento di questa soglia non abbia un portato positivo forte.
  L'altra faccia della medaglia, però, è che, come sempre, quando parliamo di deduzioni fiscali parliamo di reddito, quindi parliamo di avere un reddito dal quale dedurre. Questo strumento funziona molto bene – naturalmente – per i redditi che ci sono, per i redditi capienti (più capienti sono meglio è).

  PRESIDENTE(fuori microfono). Una misura regressiva.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Il presidente ha evocato la regressività della misura e, ahimè, è andato un po' al cuore della questione. Se andiamo a vedere la contribuzione media in Italia alla previdenza complementare siamo sull'ordine quasi del 50 per cento della soglia della deduzione (circa 2.600 euro). Sono sincera: se domani si dicesse che aumenta la soglia, lungi da me dire che è sbagliato, perché comunque si accende un faro di attenzione, si manda un messaggio importante, si fa quell'operazione che è sempre importante, cioè Pag. 40parlare di previdenza complementare. Quindi, vi ringrazio ancora una volta per essere qui a parlare di una forma di risparmio che ha molto bisogno di essere oggetto di attenzione. Però obiettivamente il tema grosso è come ottimizzare l'uso di questi 5.164 euro. Per esempio, pensando a chi ha redditi discontinui – ne abbiamo qualche volta un po' vagheggiato, anche nella relazione annuale – oppure redditi bassi (io inizio a fare l'avvocato, i primi anni magari non guadagno come mi aspetto di guadagnare quando sono un avvocato grande), perché non rendere questo vantaggio fiscale suscettibile di essere portato avanti? Se non lo usi tutto non lo perdi, ma ti crei un piccolo credito: non è l'espressione tecnicamente più esatta, però il concetto è che mi porto avanti il credito.
  Abbiamo peraltro parlato qualche volta – non so se in occasione di qualche convegno o anche nella relazione annuale – dell'utilità che si potrebbe creare rovesciando il tema della deduzione fiscale. È un tema obiettivamente – sarò molto sincera – anche un po' divisivo, però abbiamo fatto tanti bonus e forse si potrebbe immaginare, in circostanze molto circoscritte, strettamente legate a situazioni di fragilità e di bisogno, ad un bonus, a qualcosa non che ti consento di dedurre (perché non hai la materia prima su cui dedurre), ma un bonus che ti ingaggia nel sistema all'interno del quale tu rimani dentro.
  Questo è per dire che lo strumento fiscale, pur essendo molto forte nell'intercettare l'attenzione e, quindi, avendo sempre un potenziale evocativo e significativo – perché ci fa parlare di previdenza, accende l'attenzione sulla previdenza e questo già è un valore aggiunto –, obiettivamente, la soglia così com'è (lo dicono i numeri, il contributo medio è 2.600 euro), è adeguata e, forse, si potrebbe immaginare ragionevolmente di creare qualche meccanismo che consenta a chi inizia la propria attività lavorativa o sta attraversando un momento di crisi di Pag. 41non perdere il vantaggio per incapienza, ma di portarselo in avanti.
  Mi scuso se sono andata un po' lunga sulla deduzione, ma è sempre un tema importante.
  Vengo al comparatore di costi; poi lascerò, se il presidente me lo consente, la parola al dottor Rinaldi, che ha partecipato alla sua elaborazione. Il comparatore, come tutte le cose che funzionano un po' come motore, chiaramente, deve semplificare e, a volte, lasciare fuori dei pezzi. Tante volte, quando siamo in Commissione ci troviamo a discutere perché ci sono delle difficoltà, ci sono dei costi che a volte è difficile far entrare. È uno strumento – non so se sia abbastanza chiaro nei vari warning che mettiamo – che deve un po' servire per dare un flash, per sgrossare un po' la comparazione. È peraltro molto importante – e su questo siamo sempre molto attenti – che nei prospetti che vengono forniti ai sottoscrittori, queste informazioni siano declinate in maniera chiara da parte dei fondi. Quello che invitiamo sempre a fare è non solo una comunicazione chiara nella fase di ingresso, ma anche cercare di motivare le persone e spingere i fondi in questo ad una relazione sana con gli iscritti, ad avere sempre e continuativamente delle informazioni chiare da parte del proprio fondo sull'andamento della propria posizione e su tutto quanto la riguarda, compresi i costi, che possono mutare come succede anche in altri rapporti. Il tema della comunicazione e il tema del prospetto informativo sono fondamentali.
  Andando a ritroso – poi, autorizzata dal presidente Bagnai, chiederei al dottor Rinaldi di andare un po' più in profondità sul simulatore dei costi –, passerei al tema dei quattro quinti del risparmio previdenziale italiano che vanno all'estero.
  Noi abbiamo un tema, una caratteristica, una peculiarità nel nostro Paese: il fatto che non abbiamo molte imprese quotate. Pag. 42Considerato che queste tipologie di risparmio hanno una forte propensione per i titoli di capitale di debito che sono quotati nei mercati regolamentati, chiaramente si rende meno facile per i fondi gestire nel nostro Paese, tant'è vero che quelle iniziative che ho raccolto e che ho un po' raccontato, da ultimo, relative ai FIA, evidenziano proprio dichiaratamente l'intenzione di raccogliere risorse per le imprese che non sono quotate oppure che sono quotate, ma hanno una media e piccola capitalizzazione oppure, in generale, sono indirizzate all'economia reale del Paese. Però, sicuramente è un tema importante. Devo dire la verità – e l'ho detto un po' prima –, in questa direzione vediamo che c'è proprio una volontà politica strategica dei fondi; è un tema che, soprattutto, potrebbe essere utilmente valorizzato dai fondi proprio per parlare un linguaggio più coinvolgente ai loro potenziali iscritti. È un tema sul quale penso che, insieme alle tematiche ESG – che sono diverse, però sono un linguaggio che viene ad accompagnare gli investimenti e che può arrivare ad intercettare l'interesse di un pubblico –, questo potrebbe essere un terreno sul quale i fondi potrebbero probabilmente anche arrivare ad esprimere un linguaggio e un'offerta più interessante, più ingaggiante per una potenziale platea. Il fatto di poter rivendicare che, per esempio, una quota delle risorse che raccolgono viene investita sul territorio nazionale, in imprese che sono economia reale nel proprio Paese di appartenenza, potrebbe essere anche una ragione di appeal, che penso sia poi forse anche una delle ragioni per la quale ci sono questi nuovi progetti che vi ho raccontato da ultimo sui FIA. Però, sicuramente, questo è un tema che si salda un po' alla struttura del nostro mercato e alla presenza di non molte aziende quotate. Questa indubbiamente è una condizione importante. Comunque su questo il dottor Rinaldi ci darà dei dati in più.Pag. 43
  Inoltre (forse era più da legare al tema della deduzione fiscale, ma ci arriviamo), il presidente giustamente ha detto che ci sono capitali pazienti, però poi alla fine ha anche detto – un po' come provocazione, ed è anche condivisibile – che il capitale difficilmente è paziente, è un po' un'astrazione il capitale paziente.

  PRESIDENTE(fuori microfono). Il detentore del capitale è paziente.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Per personificazione, la pazienza si declina un po' difficilmente con il concetto di capitale.
  Detto questo, perché io entro in un fondo pensione? Era un po' questo il senso del suo intervento, presidente, e mi corregga se sbaglio. Mi viene la tentazione di fare da me. Sicuramente ci sarà qualcuno che fa da sé. Qui forse il livello di preparazione, di educazione finanziaria deve essere già un po' più alto; quell'educazione finanziaria che adesso cerchiamo di far diventare un elemento fondante anche della nostra educazione civica sicuramente è quella che ci consente di avere degli strumenti informativi per operare delle scelte. Per fare da me sicuramente ho bisogno di una educazione finanziaria più intensa di quella base; ma soprattutto, se faccio da me, perdo tutti i benefici della partecipazione a un fondo pensione, che sono quelli che abbiamo un po' evocato: ci sono il beneficio fiscale (che non è un beneficio da poco), il beneficio del contributo che versa per me il datore di lavoro (e anche questo è un beneficio importante) e, poi, la possibilità – abbiamo parlato solo della deduzione fiscale – di avvantaggiarsi di un regime fiscale straordinariamente favorevole nel momento in cui io incasso, e questo non l'abbiamo detto (questo è colpa mia, non l'ho detto ed è importante). Alla fine della fase di accumulo Pag. 44ho un investimento che mi produce – speriamo – rendite adeguate e su queste rendite arrivo veramente ad un regime fiscale molto favorevole, che è tanto più premiante quanto più è lunga la mia permanenza nel sistema e che arriva – se sbaglio il dottor Rinaldi mi correggerà – al 9 per cento circa: è un bel vantaggio.
  Dunque, è vero che se sono così bravo da potermi gestire i miei investimenti da solo magari me li faccio, quello è fuori discussione; però non è che il vantaggio di essere dentro un fondo pensione è solo quello di essere dentro un sistema che, comunque, mi gestisce i quattrini anche a un costo, soprattutto per i negoziali, molto competitivo. Alla fine, invece, ho un vantaggio fiscale quando verso, mi avvantaggio dei versamenti il mio datore anche da un punto di vista fiscale, posso magari prendermi delle somme – senza strafare, perché comunque si chiama previdenza complementare – durante la permanenza del fondo e, poi, quando arrivo a incassare ho effettivamente un vantaggio fiscale che è molto forte rispetto agli altri rendimenti di capitale. Le ragioni sono molteplici.
  A questo punto lascerei, autorizzata dal presidente Bagnai, la parola al dottor Rinaldi per dare qualche elemento in più rispetto alla mia risposta.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Certo. Prego, dottor Rinaldi.

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP. Grazie mille.
  Per me c'è poco da aggiungere. Il presidente Bagnai nelle sue osservazioni ha peraltro sintetizzato tante delle nostre valutazioni, mi pare.
  Dico soltanto un paio di cose, partendo da un riferimento al fatto che il capitale dei fondi pensione è paziente perché ha un Pag. 45orizzonte temporale più lungo, ma le singole persone, i singoli partecipanti potrebbero essere meno pazienti. In realtà, almeno da quello che viene dalla nostra esperienza, anche i partecipanti ai fondi pensione italiani in tutte le crisi che ci sono state sono stati abbastanza pazienti. Ricordiamoci che il nostro sistema darebbe anche la possibilità ai singoli iscritti di cambiare linea di investimento, e di nuovo insisto sull'importanza di questa struttura che noi abbiamo per linee di investimento che, quindi, consente ai singoli di scegliere e anche di cambiare da una linea all'altra, da un'esposizione azionaria dunque al rischio maggiore o minore. Succede che anche in tutte le fasi di crisi – e ormai ce ne sono state tante nei venti-venticinque anni di vita dei fondi – questi switch non li abbiamo visti, cosa che tra l'altro è molto importante anche in relazione a una differenza rispetto ad altre esperienze. Al contrario, in altri Paesi, magari non proprio quelli con un livello di cultura finanziaria più alto, questo è stato un problema. Con riferimento ai fondi a contribuzione definita, dove è consentito il passaggio da una linea di investimento all'altro, in alcuni casi ci sono stati dei travasi emotivi che poi hanno inciso in modo molto negativo. Questa è una cosa da governare molto bene. I fondi italiani e anche, forse, le parti sociali questa cosa l'hanno finora governata abbastanza bene.
  Sull'aspetto tecnico del comparatore dei costi, dei calcoli che noi facciamo, in realtà il calcolo sugli indicatori di costo (l'indicatore sintetico di costo) forse lo dobbiamo vedere anche più in generale nel contesto del fatto che noi un'altra delle informazioni che vogliamo dare agli iscritti è la proiezione di quello che prenderanno, probabilmente, quando andranno in pensione. Anche lì c'è la stessa tipologia di ipotesi da fare per quanto riguarda i rendimenti. Noi abbiamo una struttura di ipotesi che vengono applicate anche in quel contesto lì e Pag. 46cerchiamo di mantenere una coerenza tra quello che ipotizziamo lì e quello che poi ipotizziamo per il comparatore dei costi.
  Questa materia di come trasmettere e di come comunicare il livello dei costi è un argomento che viene discusso anche in sede internazionale. Non è detto che sempre si usi quell'indicatore. Però, noi abbiamo un'esperienza abbastanza positiva su questo indicatore. Il fatto di mantenere costanti le metodologie è un valore. Noi siamo stati così abbastanza in dubbio per diversi anni, quando i tassi di interesse erano non a zero, ma addirittura negativi, se avessimo dovuto cambiare sia le ipotesi per quanto riguarda le proiezioni, sia magari il tasso di rendimento implicito negli indicatori dei costi. Un po' abbiamo esitato, alla fine non l'abbiamo fatto e adesso i tassi sono risaliti. Più o meno, in media, forse siamo contenti di non averlo fatto.
  È una materia interessante, questa, di come comunicare. In altri contesti si è anche pensato di comunicare il valore assoluto dei costi e non la percentuale rispetto al capitale, perché così si ha una percezione maggiore di quanto effettivamente costino l'intermediazione e il servizio di gestione. A volte si possono avere dei messaggi molto diversi. Però, è una materia da trattare con molta attenzione perché la stabilità in termini di comunicazione è molto importante.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Forse avrei due ulteriori curiosità, anche perché vedo che le risposte sono molto illuminanti.
  Torno un attimo sul «fai da te». Era chiaramente un paradosso. Siccome viene spesso evidenziato che fra le ragioni della adesione – che alcuni reputano ancora molto contenuta, io invece la penso abbastanza come la presidente Balzani, cioè tutto sommato, considerando il contesto macroeconomico, complessivo probabilmente potrebbe andare peggio: cerco in questo Pag. 47caso di vedere il bicchiere mezzo pieno –, fra le ragioni di questo dato viene evocata comunque la mancata educazione finanziaria. Da macroeconomista, abituato a lavorare con agenti rappresentativi perfettamente informati, eccetera, eccetera, dico che in quel mondo ideale e astratto ovviamente la gente farebbe da sé le sue scelte, perché così non dovrebbe sostenere i costi dell'intermediazione. È stato molto utile, invece, far vedere quali sono i vantaggi fiscali, che non si limitano alla fase di accumulo, ma si estendono alla fase di percezione raccolta del beneficio.
  A questo proposito avrei una domanda per la COVIP quale soggetto vigilante. Quando si arriva alla fase di erogazione e, quindi, di incasso della prestazione, questa fase viene gestita dall'industria assicurativa, che noi abbiamo anche sentito qui, sia con alcuni primari esponenti del settore che con la relativa autorità di vigilanza. Per quel che ne so, le convenzioni che disciplinano il rapporto fra i fondi e le imprese assicurative che poi si fanno carico di erogare queste prestazioni hanno durate relativamente limitate, cioè sono convenzioni che vanno sui quattro o cinque anni e quindi, ovviamente – prima dicevamo di qual è l'orizzonte temporale della contribuzione – sono molto più corte dell'ipotetico periodo della contribuzione. Questo mi fa pensare, ingenuamente (ma questo lo chiedo a voi che, invece, avete contezza diretta), che chi aderisce a un piano previdenziale complementare che preveda l'intervento di una azienda assicurativa per l'erogazione di una rendita, possa non avere chiaro, al momento dell'ingresso o dell'ingaggio – come giustamente lo definisce lei –, quali saranno poi le effettive condizioni di erogazione di questa rendita, anche in termini di coefficiente di trasformazione e che, magari, ci possa essere la tentazione, che comunque le imprese assicurative potrebbero ragionevolmente avere, di gestire queste convenzioni a queste Pag. 48condizioni magari a vantaggio del proprio conto economico – non sono imprese di beneficenza – anziché dell'iscritto alla forma pensionistica. Avete un'attenzione su questo aspetto o quello che vi sto dicendo è totalmente campato in aria?
  Un'altra osservazione riguardava la tabella che riportate sui rendimenti. Quei rendimenti sono rendimenti al fair value o netti?

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP (fuori microfono). Netti.

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP (fuori microfono). Al netto dei costi.

  PRESIDENTE. Al netto dei costi, che però poi non sono i rendimenti contabili che idealmente poi...

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP (fuori microfono). Rendimenti a valore di mercato.

  PRESIDENTE. Dall'altra parte, sul TFR, questo problema di valutazione ai prezzi di mercato non si pone. Siccome abbiamo visto spesso associazioni esponenziali del settore o operatori del settore fare questo tipo di confronto – qui vado per una seconda volta contro alcune linee politiche, ma qua faccio il controllore: per esempio, quando parlavo della deduzione è chiaro che se mi sentisse il Ministro Giorgetti non sarebbe contento di alzare qualche cosa che astrattamente se ci fosse capienza potrebbe ridurre il gettito –, anche qui noi abbiamo delle proposte che in qualche modo parlano di un coinvolgimento del TFR nei fondi, ma se vogliamo confrontare queste due cose possiamo farlo confrontando un tasso calcolato secondoPag. 49 una logica e un tasso calcolato secondo un'altra? Vi chiederei un approfondimento su questo aspetto.

  FRANCESCA BALZANI, presidente f.f. COVIP. Grazie, presidente.
  Questo suo ultimo intervento mi evoca una questione che lei aveva posto nel primo intervento, ovvero la strategia d'uscita. Anzi, le chiedo scusa perché è rimasta nella penna. Perché si salda questo suo intervento al tema delle strategie d'uscita e si salda anche a una cosa che abbiamo più volte evocato? Perché oggi le strategie d'uscita sono, ahimè, rigide e questo ha un impatto sicuramente non positivo in termini di motivazione all'ingresso; inoltre, ha un impatto anche in termini di costi potenziali, perché l'opzione finale rendita e capitale tutto in parte non è un'opzione libera. La rendita vitalizia è l'opzione. La rendita vitalizia – lo ricordava prima il dottor Rinaldi – è un'opzione assicurativa costosa perché copre contro il rischio di sopravvivenza, che è un rischio che naturalmente ha un costo assicurativo importante. Il tema delle strategie di uscita ha quindi una sua delicatezza particolare, perché interseca il sistema assicurativo e i suoi costi, interseca il tema motivazionale, perché più è rigido il sistema d'uscita e più ci sono resistenze ad entrare nel sistema stesso e, poi, crea anche una competitività diversa fra i diversi iscritti, nel senso che se sono così bravo da regolare alla fine il mio piano di accumulo in maniera tale da arrivare alla fine di avere l'opzione capitale, ho uno strumento in più che è alternativo alla rendita e che mi consente anche un'uscita con minori costi.
  È per questo che – lo ripeto ancora una volta – una riforma importante se vogliamo rendere più attrattivo e, potenzialmente (almeno per quanto riguarda anche questa fase di uscita), ridurre un costo, quindi un po' svincolarsi da questo strumento della rendita vitalizia che, poi – è anche stato ricordato prima Pag. 50–, ha un tema anche di eventuale possibilità di trasmissione agli eredi non del tutto irrisorio. Anche lì, come come sempre accade, si possono costruire anche percorsi diversi, ma allora ci sono costi aggiuntivi. Per questo uno strumento a cui bisognerebbe iniziare a pensare, che avrebbe anche probabilmente non un costo, ma un vantaggio, perché consentirebbe di lasciare le risorse investite più a lungo, è proprio quello di sganciarci un po' da questo mito della rendita vitalizia – che, capisco bene, ha un suo significato, ovvero per tutta la vita siamo sicuri che quella persona ha un reddito, però è un reddito che ha dei costi importanti – e, più pragmaticamente, immaginare a una rendita temporanea, quindi parametrata. Obiettivamente la demografia un po' ci aiuta a capire quale può essere l'aspettativa di vita. Non è la stessa cosa, mi rendo conto, però consentirebbe di ridurre i costi anche assicurativi, di mantenere le risorse investite e, forse, anche di dare un po' più di appeal a un sistema che, se uscisse da questo rigido binomio, probabilmente potrebbe anche attirare risorse nuove. Questo è un punto che avevo dimenticato di raccontare.
  Abbiamo visto l'introduzione nel nostro sistema della RITA (rendita integrativa temporanea anticipata), questo strumento importantissimo che va un po' in questa direzione; però non è strutturato, è uno strumento che ha una sua eccezionalità. Non può considerarsi, a tutti gli effetti una piena alternativa per la fase del pensionamento.
  Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici delle convenzioni, chiederei di poter dare la parola al dottor Rinaldi.

  PRESIDENTE. Certo. Prego, dottor Rinaldi.

  AMBROGIO IVAN RINALDI, direttore centrale Area Studi, Statistiche e Affari internazionali COVIP. Grazie.
  Le convenzioni, in effetti, sono riferite a un numero di anni abbastanza ridotto rispetto all'orizzonte temporale della contribuzione.Pag. 51 Per quanto riguarda le condizioni di rendita, in linea di massima le convenzioni prevedono che vengano applicati i coefficienti di trasformazione che saranno in vigore al momento in cui si va in pensione. Il rischio che i coefficienti di trasformazione tengano conto del fatto che la vita attesa si allunga c'è senz'altro. Dal punto di vista dell'autorità di vigilanza, quello che noi facciamo è stare ben attenti che tutto sia molto trasparente, nel senso che le condizioni sia chiaro quali sono. Se nelle convenzioni c'è scritto che si applicherà il coefficiente che sarà in vigore successivamente ci deve essere scritto. C'è qualche eccezione, ovvero qualche convenzione che prevede che, in realtà, si possano consolidare i contributi versati rispetto al coefficiente di trasformazione. Ripeto, sono eccezioni. In generale si applica quello che adesso diceva la presidente, che le compagnie assicurative devono tener conto del rischio di longevità che esiste e di tutto il regime prudenziale che esiste in termini di Solvency II, quindi di requisiti di capitale e così via.
  Le rendite sono dei prodotti costosi. Effettivamente, non sembrano tanto appetibili. Non è questa una situazione solo italiana, è una situazione che si rileva praticamente dappertutto. È una delle ragioni per le quali nel mercato più maturo (forse) del mondo in termini di rendite vitalizie legate alle pensioni, cioè il mercato del Regno Unito, qualche anno fa si è passati da avere le rendite come soluzione obbligatoria nel momento della fase di erogazione a lasciare libertà di scelta completa. Lì si può prendere il capitale integrale al momento del pensionamento, cosa che prima non si poteva fare. È un problema molto profondo in qualche modo, non facilmente risolvibile, in termini di voler assicurare il rischio di longevità e, quindi, mantenere una vera e propria rendita vitalizia legata ai fondi pensione. Dobbiamo tener conto che nel sistema Pag. 52italiano comunque c'è una rendita vitalizia pubblica non trascurabile, soprattutto rispetto ai confronti internazionali. La soluzione di andare – come la presidente di nuovo ribadiva – nella direzione di avere delle flessibilità maggiori e consentire un'opzione più legata ai prelievi programmati, quindi non di tipo assicurativo, potrebbe essere una cosa presa positivamente dagli interessati, dagli iscritti ai fondi pensione.

  PRESIDENTE. Grazie per questo ulteriore approfondimento.
  Ringrazio gli esponenti della COVIP intervenuti per il contributo che hanno dato alla nostra indagine conoscitiva, un contributo molto utile e molto apprezzato. Considerate che già dalle vostre tabelle si rileva che gli operatori di questo settore sono molti di più di quelli del settore, viceversa, del primo pilastro privatizzato. Quindi, sarebbe stato assolutamente impossibile, dal punto di vista materiale, convocarli tutti. Questo rende ancora più importante per noi poter contare sulla vostra esperienza e sul vostro quadro di sintesi.
  Nel ringraziarvi ancora, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.25.