XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 82 di Mercoledì 23 aprile 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 

Audizione della Referente per la Commissione Donne Cooperatrici di Confcooperative, Desirée Degiovanni:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 
Rinaldi Chiara , Rapporti parlamentari Confcooperative ... 2 
Semenzato Martina , Presidente ... 4 
Ruocco Raffaella , Consigliera nazionale Confcooperative ... 4 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
Sensi Filippo  ... 8 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
Ruocco Raffaella , Consigliera nazionale Confcooperative ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 10 
Degiovanni Desirée , Referente per la Commissione Donne Cooperatrici Confcooperative ... 10 
Semenzato Martina , Presidente ... 10 

(La seduta, sospesa alle 8.50, è ripresa alle 8.55) ... 11 

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 11 

Audizione della Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale, Annalisa Casino:
Semenzato Martina , Presidente ... 11 
Casino Annalisa , Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale ... 11 
Semenzato Martina , Presidente ... 15 
Casino Annalisa , Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale ... 15 
Semenzato Martina , Presidente ... 16 
Sensi Filippo  ... 16 
Casino Annalisa , Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale ... 16 
Semenzato Martina , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 8.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Referente per la Commissione Donne Cooperatrici di Confcooperative, Desirée Degiovanni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione della dottoressa Chiara Rinaldi, rapporti parlamentari Confcooperative, e della dottoressa Raffaella Ruocco, Consigliera nazionale Confcooperative e referente per la Commissione Donne Cooperatrici di Confcooperative, accompagnate dalla dottoressa Desirée Degiovanni, referente per la Commissione Donne Cooperatrici di Confcooperative.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audita che dei commissari, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari do il benvenuto alle dottoresse, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione.
  Confcooperative, che è la Confederazione delle cooperative italiane, è la principale organizzazione di rappresentanza, assistenza, tutela e vigilanza del movimento cooperativo delle imprese sociali italiane per numero di imprese (16.500), persone occupate (540 mila) e fatturato realizzato (82 miliardi di euro). I soci rappresentati sono oltre 3,2 milioni. Si tratta di un soggetto idoneo a svolgere una capillare azione di sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza economica, che costituisce il filone in cui si inserisce questa audizione.
  So bene che l'intero movimento cooperativo italiano è parte attiva per il contrasto alla violenza di genere. Risulta, ad esempio, un significativo bando denominato «Rompi il silenzio» promosso da Fondosviluppo Confcooperative in occasione della Giornata di contrasto alla violenza contro le donne. Il bando è rivolto alle cooperative e agli enti cooperativi aderenti a Confcooperative che gestiscono centri antiviolenza e case per donne maltrattate, che abbiano esperienza nella gestione dei servizi da almeno cinque anni.
  Mi fa piacere se nell'audizione di questa mattina potrà emergere qualche elemento di approfondimento sul tema, che è di profondo interesse per questa Commissione.
  Ciò premesso, rivolgo il mio ringraziamento alle dottoresse per la loro disponibilità a essere audite da questa Commissione e do loro la parola.
  Prego, dottoressa Rinaldi e dottoressa Ruocco.

  CHIARA RINALDI, Rapporti parlamentari Confcooperative. Signor presidente, vi ringrazio per l'invito. È davvero con grande onore che portiamo il nostro contributo.
  L'oggetto di questa Commissione è l'inchiesta sul femminicidio. Oggi focalizziamo Pag. 3il nostro intervento sulla violenza economica, un tipo di violenza rispetto a quella psicologica e rispetto agli abusi fisici sicuramente più subdola, però da porre all'attenzione di tutta la comunità e degli organi istituzionali perché radicata nell'educazione, nella cultura generale, nelle tradizioni familiari. Fondamentalmente, consiste nella limitazione dei propri guadagni, nel controllo delle spese, nell'accesso alle informazioni sul reddito familiare.
  Negli ultimi anni sono state condotte varie ricerche, dall'OCSE piuttosto che dalla Banca d'Italia, dalle quali emergono dati abbastanza inquietanti. Se pensiamo che il 37 per cento della popolazione femminile non ha un proprio conto personale o se quando vengono intervistate ragazze quindicenni – sia ragazze che ragazzi – ci rendiamo conto che parlano di questioni economiche solo quando si tratta di acquisti personali e non su valutazioni economiche su budget familiari, come avviene per i loro coetanei maschili, ovviamente ci dobbiamo porre delle domande e dobbiamo capire quanto la violenza economica, in realtà, sia un freno per l'emancipazione femminile e anche per l'autorealizzazione personale.
  Continuando a fornire qualche dato, una ricerca di WeWorld Onlus dichiara che il 33 per cento delle donne che si rivolgono a un centro antiviolenza è vittima di violenza economica; il 49 per cento delle donne intervistate ha dichiarato di averla subita almeno una volta nella vita; il 67 per cento di chi ha subìto un divorzio o una separazione ha anche subìto una violenza economica; una su quattro dichiara di aver subìto decisioni finanziarie da parte di qualcun altro.
  È interessante analizzare più in dettaglio alcune ricerche che sono state condotte associando tutto il tema della violenza economica ai dati sull'occupazione. Quando si intraprende un percorso di uscita dalla violenza, su circa 16 mila donne quasi la metà si è visto che non era autonoma. Occupazione e inclusione finanziaria sono strettamente legate. Ci rendiamo conto che il gap tra uomini e donne, nel caso in cui effettuino lavori autonomi, è meno rilevante rispetto a coloro che sono dipendenti. Questo per dire, sostanzialmente, che promuovere l'educazione della gestione del denaro è il primo passo per ridurre i divari di genere e per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza economica.
  Vorremmo portare anche un focus sul quadro normativo. Il legislatore italiano al momento ancora non ha dato una definizione di «violenza economica» in maniera specifica. Noi possiamo leggere della violenza economica solo se associata ad altri tipi di violenza. Per esempio, la legge n. 119 del 2013, all'articolo 3, comma 1, parla di violenza economica, ma connessa alla violenza domestica.
  Possiamo portare all'attenzione, quindi lo plaudiamo, l'intervento del legislatore sulla legge sulla parità retributiva, la n. 162 del 2021, perché sostanzialmente ha dato il via a una trasformazione culturale andando a scardinare stereotipi di discriminazioni indirette. La violenza economica al momento è definita solamente dalla Convenzione di Istanbul del 2011, quando abuso e discriminazione economica sono stati riconosciuti come forme di violenza. Anche l'Organizzazione delle Nazioni unite ha dato una definizione di «violenza economica» e ha apportato un ulteriore passo avanti, perché ha riconosciuto come la partecipazione a corsi scolastici e anche l'inclusione nel mondo lavorativo possano determinare strumenti di prevenzione.
  Richiamiamo la vostra attenzione su una sentenza che segna un po' uno spartiacque, una sentenza storica della Corte di cassazione, la n. 1268 del 13 gennaio scorso, dove per la prima volta viene individuata come forma specifica la violenza economica, quindi come fenomeno a sé stante rispetto agli altri tipi di violenza.
  Questo è il contesto in cui ci muoviamo ed è il contesto in cui si muove Confcooperative, che determina un panorama diverso, nel senso che le nostre associate possono contribuire alla lotta contro la violenza. Il 60 per cento dei lavoratori occupati sono donne, il 40 per cento della base sociale è rappresentata da donne, il 26 per cento della governance è rappresentato da donne e il 24 per cento di tutto il Pag. 4sistema Confcooperative ricopre posizioni apicali.
  Sulla base di questi numeri e di questi dati, la cooperazione è un ascensore sociale per le donne. Le cooperative – come voi sapete – si muovono in contesti, in territori di comunità, per cui rispondono ai bisogni delle comunità. Grazie ai dati che abbiamo raccolto, anche attraverso l'App che abbiamo costituito nel 2020, siamo riusciti a mappare tutte le cooperative e ci siamo resi conto che le cooperative femminili sono quelle che di solito risolvono problemi ed esigenze sociali ed economiche. Siamo riusciti a capire che di solito l'imprenditoria femminile si trova nei territori più fragili, per esempio quelli del Mezzogiorno.
  Due altre cose mi preme dire. Vent'anni fa al nostro interno è stata costituita la Commissione Donne Cooperazione, che si occupa di incentivare e valorizzare la presenza femminile nelle cooperative, agevolare il raggiungimento dei ruoli dirigenziali sia nelle imprese cooperative sia negli organismi di rappresentanza politico-sindacale: lo fa attraverso incontri e riunioni, lo fa a livello regionale, lo fa a livello nazionale ed è possibile misurare questo tipo di lavoro con i risultati che siamo riusciti a ottenere.
  Un'altra cosa che mi preme sottolineare è che noi siamo un sistema. Lei prima faceva riferimento a Fondosviluppo. Fondosviluppo è una delle società di sistema che fanno capo a Confcooperative, che si occupa non soltanto attraverso il suo centro studi di raccogliere questi dati e di elaborarli rispetto alle visioni e ai dati forniti dalla App, ma spesso contribuisce, a livello finanziario, insieme alle BCC, proprio per supportare le campagne istituzionali di cui lei prima faceva menzione.
  Il mondo di Confcooperative risponde dapprima con le cooperative sociali, che si occupano di accogliere le donne vittime di violenza, e lo fa anche con le cooperative di sanità, perché fondamentalmente si occupano anche di visite e di assistenza legale. Facciamo anche menzione dell'accoglimento delle donne migranti, perché anche loro hanno necessità di autodeterminarsi, trovare un lavoro e acquisire la padronanza della lingua italiana. Ci occupiamo anche di housing sociale nel momento in cui le donne escono da questi percorsi e cerchiamo di supportarle nella autoimprenditorialità.
  Vi abbiamo lasciato una memoria, che depositeremo formalmente, ma che potremo anche integrare rispetto ai temi che usciranno nel corso di questa audizione, anche sollecitati dalle vostre domande.
  Vi ringrazio moltissimo a nome di Confcooperative per questa opportunità e lascio la parola alla dottoressa Ruocco, presidente di una cooperativa, che fa parte della Commissione Donne Cooperazione. Essendo la persona che tutti i giorni si trova ad affrontare le problematiche di uomini maltrattanti e di donne vittime di violenza, può sicuramente portare un contributo grazie alla sua competenza, alla sua professionalità e al fatto di stare proprio sul pezzo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa.
  Prego, presidente Ruocco.

  RAFFAELLA RUOCCO, Consigliera nazionale Confcooperative. Signor presidente, da imprenditrice sociale impegnata anche nella gestione dei centri antiviolenza e delle case rifugio, voglio ringraziarla per il lavoro di ascolto e di sintesi che questa Commissione fa quotidianamente.
  In merito al tema, provo a dire anch'io qualcosa di più dettagliato. Sono circa 50 mila le donne che ogni anno si rivolgono ai centri antiviolenza e secondo gli ultimi dati forniti dall'ISTAT circa il 40 per cento di queste donne è vittima di violenza economica; la percentuale sale al 60 per cento tra le giovanissime donne, cioè tra i 18 e i 29 anni, che paradossalmente sono le più precarie.
  Registriamo che la violenza economica è una violenza assolutamente trasversale, cioè presente rispetto alle altre forme di violenza, e rappresenta uno strumento di manipolazione e di controllo molto forte. Come per tutte le altre forme, ha diversi orribili facce ed è caratterizzata anche da una escalation di forme violente: si parte dall'impedire alla donna di avere accesso al Pag. 5lavoro, il che significa impedire alla donna di manifestare quelli che sono i propri talenti, le proprie abilità, rinunciando ai propri sogni e alle proprie aspirazioni; si passa al volere un conto corrente cointestato, a cui, però, molto spesso la donna non ha accesso perché non ha possesso né di una carta di credito né di una carta di debito; per passare, poi, a un controllo ancora più accentuato, più manipolatorio, quello di dare un budget definito alla donna per le spese familiari.
  Spesso questa violenza ha la sua escalation nel momento in cui si trasforma in atti illeciti: l'uomo inizia a dilapidare il patrimonio familiare all'insaputa della donna piuttosto che a usare la donna come prestanome, facendole firmare atti di dubbia provenienza. Purtroppo questa forma di violenza non si ferma neanche davanti al divorzio o alla separazione, perché si trasforma in un adempimento degli obblighi familiari dovuti al mantenimento.
  Nonostante sia così presente e così radicato, è un fenomeno ancora sottovalutato proprio perché c'è un modello culturale familiare ancora molto aderente, presente nella nostra realtà, che vede la gestione delle finanze familiari attribuita al capofamiglia, che è un ruolo generalmente attribuito a un membro di sesso maschile della famiglia. Questo modello culturale, come tutti i modelli culturali, viene replicato. Basti pensare all'atteggiamento diverso che un genitore ha nell'attribuzione della paghetta settimanale nei confronti del figlio o della figlia. Questo spiega i dati di una ricerca OCSE del 2022, in base alla quale il 70 per cento delle adolescenti italiane intervistate manifesta quasi disagio a parlare di finanze, di soldi, essendo assolutamente poco coinvolte e considerate nel contesto familiare rispetto alla gestione.
  La Convenzione di Istanbul è intervenuta per darci una definizione puntuale della violenza di genere e della violenza domestica. Oggi sappiamo di poterla definire come violazione dei diritti umani, ma anche come una questione di sanità pubblica, come un ostacolo a una democrazia compiuta, come un freno allo sviluppo di questo Paese. La Convenzione di Istanbul ci ha indicato che quella economica tra le varie forme va annoverata, attribuendole la stessa radice culturale delle altre forme di violenza, quindi la sperequazione di potere tra uomini e donne, la storica, ma ancora attuale disparità di potere tra uomini e donne nella vita pubblica e privata.
  Non solo la Convenzione di Istanbul ha fatto notevoli passi avanti rispetto all'analisi dandoci una cornice culturale di riferimento, ma anche rispetto all'impianto strategico per l'azione di contrasto, con le famose quattro «P» che conosciamo bene. Questo per dire che anche rispetto alla violenza economica la prevenzione risulta centrale. È fondamentale agire in tal senso, il che significa tradurre la prevenzione in percorsi educativi rivolti ai bambini, agli adolescenti e alle adolescenti, che possano in qualche modo individuare e mettere in discussione i modelli relazionali convenzionali, gli stereotipi di genere, introducendo nei percorsi educativi l'educazione e l'alfabetizzazione finanziaria per lo sviluppo di competenze economico-finanziarie di base, rivolgendosi soprattutto, a mio avviso, alle giovani studentesse.
  Confcooperative ha sviluppato nel corso degli anni una partnership con le Banche di credito cooperativo, che hanno sostenuto progetti di alfabetizzazione finanziaria, che poi sono stati realizzati dalle cooperative attive nel contrasto alla violenza sulle donne nelle scuole e comunque in rete con la comunità educante, a favore dei giovani.
  Un ulteriore intervento che ci piace sottolineare è quello della campagna nazionale «Fatti sentire contro la violenza» voluta da Confcooperative e dalla Commissione Dirigenti Cooperatrici nel 2021, che ha inteso informare e sensibilizzare sul tema in maniera trasversale, come strumento social, dedicandosi in maniera particolare alla violenza economica, promuovendo webinar, focus group e incontri che, a seconda del target specifico di riferimento, ha inteso informare, fornire strumenti di lettura di questa forma di violenza e suggerire azioni per poterla consapevolizzare e denunciare.
  L'ultimo intervento – lo citava la dottoressa Rinaldi – è il bando «Rompi il silenzioPag. 6» voluto da Confcooperative, sempre come ulteriore azione all'interno di questa campagna sostenuta da Fondosviluppo, per sostenere la rete di cooperative sociali che si occupano di azioni di contrasto e che, nell'occuparsi di violenza, si occupano di violenza economica, sostenendo percorsi di inserimento socio-lavorativo per le donne che abbiamo in carico. Quando si parla di inserimento lavorativo, quindi di lavoro, dobbiamo immaginare questo: la violenza che hanno subìto per anni ha corroso la loro autostima e la consapevolezza di essere portatrici di valori, di aspirazioni, di competenze, hanno rinunciato ai loro sogni.
  Per cui, il lavoro che va fatto su queste donne, per poter favorire percorsi di inserimento lavorativo, è un percorso altro rispetto a quello già compiuto nell'accompagnamento e nel sostegno, dove c'è supporto psicologico, monitoraggi, accompagnamento, azione di empowerment per queste donne. È un intervento altro, specifico, che richiede altre professionalità specifiche. Poter garantire anche questo ulteriore intervento nel loro percorso di fuoriuscita, che ci piace definire di rinascita, determina la necessità di dare continuità, di dare sostanza all'azione dei centri antiviolenza. Che cosa facciamo noi per queste donne? Intanto le accompagniamo in un percorso di orientamento, che significa ripartire dalla motivazione, che dal latino significa muovere verso l'esterno, un esterno che è rimasto loro precluso per molto tempo e non per loro volontà. Hanno maturato anche delle grandi insicurezze verso questo esterno. In questo percorso di orientamento loro prendono confidenza nuovamente con questo esterno e riorientano la propria azione, i propri sogni e le proprie aspirazioni in virtù di un obiettivo professionale. È un cammino, è un percorso.
  Facciamo percorsi di formazione per l'upskilling e il reskilling di queste donne, percorsi di inserimento lavorativo, dalle borse lavoro ai tirocini ai contratti all'interno della vasta rete di Confcooperative. Per le donne che ne presentano le caratteristiche, e non sono neanche poche, prevediamo la possibilità di intraprendere un'attività imprenditoriale. Vediamo con molto favore il microcredito di libertà, che chiaramente dà la possibilità a queste donne che non avrebbero accesso facile al credito di vedersi riconosciuto un finanziamento a tasso zero fino a 50.000 euro e soprattutto sostegno nelle varie fasi di implementazione, nella fase di ammortamento.
  Riteniamo che il lavoro imprenditoriale delle donne vada sostenuto perché è sviluppo di nuove possibilità, di nuove opportunità per le donne, ma per questo Paese in generale.
  Riteniamo – siamo di parte – che il lavoro cooperativo, sociale in maniera particolare, possa rappresentare uno spazio di manovra e di nuovo protagonismo per le donne, non soltanto da un punto di vista imprenditoriale, ma proprio di partecipazione alla costruzione di quello che è il bene comune, quindi del nostro sistema Paese.
  Riteniamo anche che l'intrapresa imprenditoriale favorisca la leadership femminile e la leadership al femminile ci piace anche dire, che è una leadership che mette al centro il noi, che promuove un approccio olistico ai problemi e alle istanze decisionali e che ci rappresenta.
  Se me lo consente, presidente, vorrei aggiungere un aspetto. È chiaro che se la violenza economica è così forte, è così incidente, bisogna intervenire sull'occupazione femminile. Noi siamo fanalino di coda in Europa rispetto all'occupazione femminile. È un problema assolutamente atavico, quindi il tema necessita di essere continuamente migliorato e sviluppato. Anche quando le donne sono nel mondo del lavoro risultano essere i soggetti più vulnerabili. Due indicatori ce lo confermano, la tipologia di lavoro e il salario. Secondo i dati europei, le donne italiane, le donne europee guadagnano il 16 per cento in meno degli uomini. Rispetto, invece, ai settori occupazionali in Italia c'è una differenza sostanziale tra quelli maschili, le costruzioni, e quelli femminili, che sono legati all'istruzione, all'educazione, al turismo, alla cultura, che sono quelli a basso valore aggiunto. Questo noi non ce lo possiamo permettere.Pag. 7
  È chiaro che misure di conciliazione e l'accesso a servizi di qualità a sostegno delle donne possono fare la differenza. Intendiamo, però, suggerire che solo un sistema territoriale conciliante cioè che affronti il problema nella sua trasversalità e complessità, dalle pari opportunità alle politiche attive del lavoro, ai sistemi imprenditoriali, può dare un'efficace risposta a questa domanda, perché riteniamo che gli attori da chiamare in causa rispetto al tema del welfare in generale siano diversi; uomini e donne che certamente devono socializzare, nuovi ruoli di maternità e di paternità devono lavorare per una più equa distribuzione dei carichi di cura per il dovere di trasmettere anche dei codici diversi alle generazioni successive. Le famiglie devono chiaramente pretendere l'accesso ai servizi di qualità, ma – ancora una volta interviene la deformazione vocazionale – devono pensarsi anche come attuatori di azioni complementari e aggiuntive nell'ambito di un volontariato sociale. Penso ai micronidi di quartiere, penso all'assistenza domiciliare volontaria, agli anziani, ai disabili, quindi un sistema di welfare territoriale che vede tutti e ciascuno protagonista, anche le imprese.
  È, infatti, all'interno delle imprese che nascono i problemi di conciliazione. Le imprese, quindi, hanno, secondo noi, il dovere di investire in politiche di organizzazione del lavoro più flessibili e in progetti di welfare aziendale.
  Poi, ancora, se me lo consente, vorrei portare un contributo nel dibattito relativo all'intesa Stato-regioni riguardante il focus sui requisiti minimi per i centri antiviolenza e le case rifugio.
  Nel nostro variegato mondo che abbiamo rappresentato abbiamo cooperative ad oggetto esclusivo e specifico, che lavorano sui centri antiviolenza. Abbiamo anche cooperative multiservizi, quindi con un oggetto sociale plurimo, che nondimeno hanno sviluppato, nel corso di questi quindici anni, da quando in maniera più strutturale si inizia ad investire nelle politiche di contrasto alla violenza sulle donne, capacità e competenze. È una rete importante e vasta di competenze, di progetti nell'ambito della prevenzione e della protezione con la gestione dei servizi.
  Rispetto all'articolo 1, comma 7, lettere b), c) e d), nonostante l'importante tutela che offre questo articolo, offrendo spazi antiviolenza gestiti da soggetti che abbiano una consolidata esperienza nell'ambito della gestione e che noi difendiamo assolutamente come requisito, riteniamo che l'esclusività o la prevalenza dell'oggetto sociale di cui alla lettera c) non sia l'elemento su cui valutare e poggiare la valutazione concreta dell'azione degli enti che operano in questo settore.
  Riteniamo, invece, che debba essere fatta questa valutazione sui requisiti previsti, per esempio, dall'articolo 4 di questa intesa, cioè che i CAV abbiano un'adeguata sede operativa, che la gestione dell'équipe che interviene nella presa in carico delle donne sia al femminile, che sia garantita una adeguata formazione degli operatori. Sono requisiti che, tra l'altro, vengono fatti rispettare dai governi locali che si occupano della fase di autorizzazione e accreditamento di questi servizi.
  Ci preme sottolineare che le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 sono imprese sociali, sono enti del terzo settore che, di fatto, nonostante la natura multiservizi, sono riconosciuti come prevalenti di diritto per la loro funzione sociale che ci viene riconosciuta come sappiamo dall'articolo 45 della Costituzione.
  Riteniamo di dover chiedere rispetto alla modifica dell'articolo 1 – lo chiediamo in prossimità del fatto che la proroga dell'intesa è in scadenza per il prossimo settembre – che sia prevista l'esclusione del requisito dell'esclusività della prevalenza dell'attività.
  Un altro contributo velocemente lo portiamo in merito, invece, al Piano strategico nazionale. Noi siamo in regime di proroga del Piano scaduto nel 2023. Il Piano strategico che, a nostro avviso, deve essere ripromesso, avendo una funzione di indirizzo, fermo restando che lo si può sempre rivedere in itinere, potrebbe avere una cornice temporale anche più ampia. Sarebbe, però, importante e opportuno che venga sempre corredato da una programmazione Pag. 8operativa che in questo caso potrebbe vedersi realizzata in un arco temporale di un triennio, prevedendo uno stanziamento chiaramente di risorse adeguate a sviluppare il Piano e la programmazione operativa.
  In tal senso, visto che il Piano sostanzialmente esplora ed esplode l'impianto strategico della Convenzione di Istanbul, intendiamo sottolineare l'importanza di due cose, legandole alla punizione, quindi alla parte normativa.
  Solo la Spagna ha avuto l'intuizione di contemplare un unico testo normativo che preveda gli interventi dalla prevenzione alla protezione, adeguando anche il sistema processuale. Nel 2004, se non vado errando, sono stati previsti dei tribunali per la violenza di genere che trattano dell'aspetto penale come di quello civile, legato soprattutto al diritto di famiglia.
  Personalmente guardo con interesse e guarda con interesse a questa esperienza anche la Confcooperative, perché noi oggi, nonostante abbiamo un quadro normativo assolutamente valevole, corposo, che spesso però lascia l'interprete nel dubbio di una ricognizione non esaustiva, ci troviamo davanti a determinazioni riguardanti l'affido dei minori che troppo spesso sono sbilanciate, troppo spesso sono ispirate al principio della bigenitorialità anche quando questo non lo si può per niente consentire, anche quando ci sono delle misure cautelari nei confronti dell'uomo maltrattante.
  Se facciamo riferimento alle perizie di parte rispetto all'affido, ci troviamo in molti casi all'ispirazione di una teoria non teoria, che è quella dell'alienazione parentale che determina una vittimizzazione secondaria per le donne. Ci piacerebbe che si andasse nella direzione di un testo che facesse da sintesi e che potesse in qualche modo, ovviamente adeguandolo alla nostra natura, alla nostra specificità, aiutare a far sì che le cose camminino insieme a tutela delle nostre donne.
  Credo sia necessario intervenire sul tema della violenza economica, ma più in generale sul tema della violenza sulle donne, perché uno sviluppo che lascia indietro le donne è uno sviluppo che incide sull'infelicità di tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Ruocco.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO SENSI. Grazie molte. È stata una delle audizioni più interessanti che abbia seguito in questi anni in Commissione femminicidio, per il rigore, la chiarezza e la passione delle cose che avete detto.
  Volevo farvi un invito, se è possibile. Non ho visto la memoria che avete lasciato, ancora non ho potuto consultarla, però così come siete state molto chirurgiche sia sul Piano strategico nazionale sia più in generale anche sul tema della PAS, sulla parte prescrittiva, vi volevo invitare, se posso, con la licenza e l'autorizzazione della presidente, a essere chirurgiche altrettanto anche su quali possono essere non solo le aree e gli orientamenti, ma anche gli interventi legislativi, come avete fatto su Stato-regioni, per esempio, che la Commissione può facilitare in materia di formazione, in materia di occupazione e anche sulla questione della conciliazione.
  Ovviamente, non è solo il vostro compito, ci mancherebbe altro, ma tutto quello che – parlo personalmente, ovviamente – potrebbe aiutarci a facilitare, aiutarci a portare avanti dal punto di vista dell'intervento legislativo, ove voi lo ravvisate, per noi è molto prezioso.
  Concludo dicendo che sono rimasto molto colpito dai dati sulla violenza economica o sulle giovanissime, sul fatto che morda le più giovani, forse non soltanto per la fragilità economica, ma anche per quella di deficit culturale, di formazione e di educazione alla quale soprattutto la presidente Ruocco ha fatto riferimento.
  Volevo ringraziarvi e chiedervi aiuto. Grazie.

  PRESIDENTE. Non mi pare ci siano interventi da parte delle colleghe e dei colleghi collegati. Faccio io velocemente due domande.
  Già la dottoressa Rinaldi e anche la presidente Ruocco hanno risposto alla domandaPag. 9 qual era, secondo voi, l'intervento che è maggiormente riuscito in tema di sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere. Li avete raccontati.
  La seconda cosa forse è più indirizzata alla presidente Ruocco. Vorrei sapere se le donne vittime di violenza economica la sanno riconoscere e se sanno poi gli strumenti – lei prima ha parlato di microcredito d'impresa – che avrebbero a disposizione per uscire dalla situazione di violenza economica e se dobbiamo, invece, lavorare anche sul tema della consapevolezza, cioè il riconoscere la violenza economica, ovviamente non solo quella, ma siamo tutti d'accordo che forse all'inizio l'avvio di un percorso molto più drammatico e se c'è necessità anche di una consapevolezza degli strumenti che potrebbero ridurre i tempi di denuncia.
  Il documento che ci avete lasciato oggi è cartaceo. Farò come sempre in modo che tutta la Commissione abbia a disposizione la relazione programmatica che avete lasciato.
  Do la parola alla dottoressa Ruocco.

  RAFFAELLA RUOCCO, Consigliera nazionale Confcooperative. Come dicevo, è una violenza sempre presente, ma sottovalutata, sottostimata proprio dalle stesse donne per quel modello culturale di cui accennavo prima. La gestione delle finanze familiari è una prerogativa maschile. Per cui sembra tutto quasi normale, naturale all'inizio, così come sembra naturale non avere la necessità di avere un conto corrente proprio per gestire le proprie spese, le proprie finanze per l'attribuzione del proprio stipendio. Nella naturalità di questa gestione, di questo modello di intendere chiaramente anche il modo di vivere le relazioni interpersonali, si sfocia, quando la relazione diventa violenta, diventa tossica e abusante, in un isolamento. È esattamente questo quello che succede. La violenza economica inchioda. È la vera violenza che inchioda la donna nella sua situazione per molti anni.
  La dottoressa Rinaldi citava l'esperienza dell'housing sociale perché un'altra fragilità che non ho sottolineato, ma che mi piace dire perché è correlata alla violenza economica è quella abitativa. Quando noi allontaniamo le donne presso una casa rifugio c'è un dopo. Noi accompagniamo queste donne nella casa rifugio perché chiaramente devono essere allontanate, ma poi devono ritornare alla libertà, perché la casa rifugio non è la loro casa.
  Per favorire questo noi dobbiamo lavorare alla loro indipendenza economica. Quando una donna non arriva a voler essere collocata per una serie di infinite motivazioni, molte di queste, quelle veramente accorate sono legate alla vita dei propri figli. Non vogliono spostare i loro figli, non vogliono far cambiare loro le abitudini, il loro modo di vivere e quindi restano in molte situazioni o si allontanano se hanno la possibilità di un supporto della rete parentale. Quando poi ritornano a casa si dice e si narra questo, perché la narrazione è un altro tema rispetto al contrasto alla violenza sulle donne. Bisogna cambiare il linguaggio e favorire una nuova narrazione quando si parla di violenza sulle donne. Quando tornano a casa loro tornano a casa, non tornano dall'abusante. Tornano a casa perché l'alternativa è andare in una casa che non è la loro, in un territorio che non è il loro, che comunque è ostile rispetto a ciò che hanno costruito per se stesse e per i propri figli. Che cosa si può fare? Quello che in realtà i centri antiviolenza già fanno, aiutandoli a potenziare questo tipo di attività, cioè accompagnarle, orientarle, formarle, dare loro opportunità di lavoro e sostenerle, laddove ci siano le caratteristiche opportune, anche nell'attività di auto impresa, come dicevo prima.
  È un lavoro – mi piace sottolinearlo – diverso, più professionale, più attento, più specifico, che richiede la possibilità che nell'équipe antiviolenza fatta di psicologhe, assistenti sociali, avvocatesse siano inserite ulteriori figure professionali che specificatamente si occupino di accompagnarle e orientarle in questo percorso di inserimento lavorativo.
  È chiaro che abbiamo necessità che i servizi antiviolenza continuino ad esistere, che ce ne siano di più, perché chiaramente in Italia abbiamo solo un 20 per cento di Pag. 10quelli previsti dalla Convenzione di Istanbul e che siano sostenuti nella continuità.
  Un'altra cosa che chiediamo è che ci possa essere una programmazione almeno triennale dei fondi dedicati all'erogazione di questa tipologia di servizi.
  Faccio un cenno al tema della formazione. Solo recentemente nel 2019, con la legge n. 69 è stata recepita l'azione di formazione degli operatori che devono intervenire in una presa in carico integrata, perché la presa in carico della donna non viene effettuata solo dai centri antiviolenza, ma dai servizi sociali, sociosanitari, dalle istituzioni più in generale. Questo recepimento della formazione obbligatoria è stato previsto soltanto per la Polizia di Stato, non per le altre organizzazioni e istituzioni che pure devono intervenire.
  La Polizia di Stato ha fatto e fa un'ampia formazione. Anche le procure hanno raggiunto un buon livello di specializzazione. Non è così per i magistrati e non è così, perché non c'è stato un investimento, per i vari ordini professionali. Questo non lo dico io, ma lo dicono i dati alla portata chiaramente di tutti.
  C'è una generale sottovalutazione della formazione congiunta, come bene la definisce la Convenzione di Istanbul, di tutti gli operatori che dovrebbero essere chiamati in causa. In tal senso, quindi, bisogna ancora operare prevedendola all'interno dell'azione di prevenzione che può essere esplorata nel Piano strategico.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ricordo che c'è in coda anche un'altra audizione.
  Onorevole Ferrari, non la sentiamo. Magari ci può mandare la domanda e noi gliela riferiamo.

  DESIRÉE DEGIOVANNI, Referente per la Commissione Donne Cooperatrici Confcooperative. Posso aggiungere una cosa? Rispetto alla domanda che ha posto, dottoressa, se le donne hanno gli strumenti, una cosa importante da dirci è che la violenza economica non tocca solo le donne in una condizione precaria dal punto di vista economico-finanziario, ma tocca anche le donne in una condizione buona, anche ottima dal punto di vista finanziario, proprio perché è molto sottile la differenza tra il sentirsi protette dal marito, dal padre rispetto alle condizioni economico-finanziarie e alla gestione dei denari e l'essere, invece, impedite e controllate.
  È importantissimo parlarne, perché lo strumento non si ha. Lei chiedeva se le donne hanno gli strumenti: noi spesso non abbiamo gli strumenti, non perché siamo un minus, ma perché non abbiamo l'abitudine di decifrare alcuni codici. La cosa che ci può aiutare più di tutte è parlarne, portare sui tavoli il tema, far capire che ci sono elementi molto piccoli, ma che possono fare la differenza. Io mi sento libera, ho bisogno di un accompagnamento, ma non di essere preclusa ad alcuni movimenti. Questo vuol dire parlarne, capire di cosa si tratta, entrare a far parte dei termini legati alla gestione economica, quindi rendere tutto più semplice, più quotidiano e più accessibile. Questo lo facciamo attraverso una cultura della condivisione dei temi, rendendoli accessibili e comuni e non demoniaci, come delle volte il denaro viene considerato.

  PRESIDENTE. Dottoressa, io sono promotrice di una legge per l'educazione finanziaria di genere dalla materna, quindi mi trova d'accordo sulla sensibilizzazione al femminile dei temi finanziari ed economici.
  Ringrazio la presidente Ruocco, la dottoressa Rinaldi e la dottoressa Degiovanni. Se ritenete di integrare la documentazione, volentieri. Naturalmente condividerò la nutrita relazione che ci avete mandato con la Commissione, che farà parte dell'inchiesta non solo sulla violenza economica, ma sui tanti temi che affronta questa Commissione. Se il materiale ce lo fate avere anche in forma digitale sarà più facile condividerlo con tutti i commissari e tutte le commissarie.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

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  La seduta, sospesa alle 8.50, è ripresa alle 8.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale, Annalisa Casino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione della presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale, Annalisa Casino.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audita che dei commissari, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto alla dottoressa, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione. Prima di darle la parola, mi preme ricordare che la Lega nazionale delle cooperative e mutue, meglio conosciuta come Legacoop, è la più antica e una delle principali associazioni di tutela e rappresentanza delle cooperative italiane. Nata nel 1886, Legacoop riunisce oggi oltre 10 mila imprese cooperative attive in tutte le regioni d'Italia e in tutti i settori. Tali cooperative contano complessivamente oltre 450 mila dipendenti e 7 milioni 400 mila tra socie e soci, per un valore della produzione superiore a 86 miliardi di euro. Tra l'altro, nel 2011, insieme a Confcooperative e ANCI, ha dato vita all'Alleanza delle cooperative italiane.
  Richiamando le considerazioni già espresse di avvio delle precedenti audizioni in merito al ruolo del movimento cooperativo nel contrasto alla violenza economica, segnalo che la Commissione Pari opportunità di Legacoop opera per promuovere e diffondere nelle imprese cooperative, nell'organizzazione e nelle sue articolazioni territoriali e settoriali, ma anche all'estero politiche di pari opportunità di genere.
  Ciò premesso, rinnovo il mio ringraziamento alla dottoressa Casino per la sua disponibilità a essere audita da questa Commissione e le do la parola.

  ANNALISA CASINO, Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale. Grazie, presidente.
  Come Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale desideriamo prima di tutto ringraziare l'onorevole Martina Semenzato e le vicepresidenti, l'onorevole Cecilia D'Elia e l'onorevole Elena Leonardi, e tutti i componenti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere per questa importante opportunità di confronto sul tema della violenza economica, una forma di violenza più subdola, che spesso pone le basi per altre forme di abuso, ma che è importante riconoscere e prevenire perché non sia un freno alla piena emancipazione delle donne.
  Tutto passa per l'indipendenza economica, come ha ricordato proprio la presidente Semenzato in un video-intervento inviatoci per iniziativa di Legacoopsociali sull'impegno delle cooperative sociali, dai centri antiviolenza all'inclusione nel lavoro. Senza l'indipendenza economica nessun individuo raggiunge un livello sufficiente di dignità e autonomia di scelta.
  La violenza economica, infatti, come forma di abuso estremamente pervasiva, che colpisce soprattutto le donne e limita gravemente la loro autonomia e libertà, si manifesta – come purtroppo sappiamo – attraverso il controllo del denaro, l'impedimento all'accesso al lavoro, l'appropriazione indebita di risorse e può essere presente sia nei contesti familiari sia nei luoghi di lavoro.
  Secondo l'ISTAT il 25 per cento circa delle donne che subiscono violenza domestica subiscono anche episodi di violenza Pag. 12economica, ma la cifra reale potrebbe essere più alta a causa della difficoltà nel riconoscere e denunciare questo tipo di abuso.
  In un simile contesto, il mondo cooperativo rappresenta un baluardo di vera e propria resistenza, ma anche di costruzione di percorsi di autonomia per le donne, in primo luogo come modello imprenditoriale. Come ricordava la presidente Semenzato, la cooperazione è stata pioniera di cambiamento e ha avuto un ruolo fondamentale nel promuovere l'inclusione e l'autonomia femminile. Un esempio straordinario arriva dalla Cooperativa dei Probi Pionieri di Rochdale, fondata nel 1844, che non solo ammise tra i suoi soci Elisabeth Berkeley, garantendole il diritto di voto ben prima del suffragio universale, che nel Regno Unito arrivò nel 1918 e in Italia – come sappiamo – nel 1946, ma introdusse anche un principio rivoluzionario di autonomia economica per le donne. Infatti, i depositi nella cooperativa intestati alle donne non potevano essere ritirati dai mariti. Questo accadeva in un'epoca in cui le donne non avevano il controllo sui propri beni a causa della coverture, il concetto di common law inglese, in vigore dal Medioevo all'Ottocento, secondo cui lo stato giuridico di una donna sposata (la femme covert) era subordinato a quello del marito. La cooperativa, quindi, segnò già nel 1844 un passaggio straordinario verso l'indipendenza economica delle donne anticipando di decenni le riforme sui diritti patrimoniali.
  In secondo luogo, Legacoop, storica associazione di rappresentanza delle cooperative italiana, è in prima linea da anni con una serie di iniziative diffuse a livello nazionale e territoriale delle singole cooperative, mirate a contrastare la violenza economica e a promuovere l'inclusione lavorativa e sociale delle donne vittime di violenza. Moltissimi i progetti di inserimento lavorativo di donne che hanno subìto violenza, attraverso la rete delle cooperative sociali e di lavoro, accordi territoriali con i centri antiviolenza e i servizi sociali, sportelli di ascolto e consulenza economico-finanziaria, campagne di sensibilizzazione. Queste sono solo le macro-attività a supporto delle donne vittime di violenza economica, perché le cooperative associate a Legacoop collaborano stabilmente con i servizi locali offrendo opportunità di impiego protetto, supporto psicologico, percorsi di empowerment economico. Alcune cooperative, in collaborazione con gli enti del terzo settore, mettono a disposizione sportelli dove le donne possono ricevere consulenza gratuita per uscire da situazioni di dipendenza economica e ricostruire, in questo modo, un progetto di vita autonoma.
  Legacoop, quindi, promuove in senso generale la cultura della parità economica, attraverso eventi, seminari, pubblicazioni, in sinergia con istituzioni e università. Ricordo, tra queste iniziative e progetti, solo alcuni importanti, come Women Plus, un progetto promosso dalla Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale, in partnership con Legacoopsociali, finanziato da Coopfond, il Fondo mutualistico di Legacoop, in collaborazione con Conad, che è una vera e propria piattaforma digitale e interattiva nella quale sono mappate tutte le cooperative sociali aderenti a Legacoop che erogano servizi in tutto il territorio nazionale, quindi da nord a sud, proprio in favore delle donne vittime di violenza. In questa mappatura è emerso che vi sono oltre 18 tipologie diverse di servizi offerti alle donne vittime di violenza, in particolare quelli al sostegno all'autonomia lavorativa.
  Queste esperienze naturalmente sono molto importanti, in quanto riguardano un presidio e un supporto per tutte le donne e chiunque – anche i figli delle donne vittime di violenza – ne abbia bisogno. Questa piattaforma, che per noi è stato un importante lavoro di mappatura, ma anche di conoscenza e reale approfondimento del tema del supporto delle cooperative al contrasto alla violenza di genere, è stata inaugurata a novembre 2023, alla presenza anche della senatrice D'Elia. Non è solo uno spazio digitale che si propone come supporto al 1522, ma è un simbolo di coesione della forza che possiamo esprimere quando, come mondo cooperativo, ci uniamo per combattere la violenza di genere. In questa Pag. 13piattaforma ci siamo uniti come Nazionale, come tutte le cooperative, quindi una rete capillare su tutto il territorio, come fondo e, naturalmente, anche con un supporto importante come quello di Conad.
  Potrei narrare molte altre iniziative, ma ne cito solo alcune perché mi sembra importante far presente quanto la cooperazione possa incidere dal punto di vista del supporto e del contrasto alla violenza economica. Cito la premiazione da parte dell'ente nazionale del microcredito del centro antiviolenza «La libellula» di Sulmona, gestito da Horizon Service, società cooperativa sociale, come centro antiviolenza che in Italia più di tutti ha compreso la potenzialità dello strumento del microcredito di libertà, promuovendo tra le proprie beneficiarie il proprio microcredito. Questa premiazione è stata inserita anche nell'ambito dell'evento «Prevenire e superare la violenza economica: strumenti dalla parte delle donne» incentrato proprio sulla violenza economica e su tutti gli strumenti a disposizione delle donne per contrastarla.
  Procedo con una carrellata di ulteriori iniziative promosse, sia a livello territoriale che a livello settoriale, perché anche i settori di Legacoop sono attivi in questo importante impegno di contrasto, ma anche delle cooperative stesse. Cito il webinar promosso dalla Cooperativa Open Group «Tesoro mio. Riflessioni sulla violenza economica contro le donne» con ospite Barbara Setti, della Fondazione Finanza etica, proprio per affrontare questa tematica e fare una riflessione di concerto con i soci e le socie della cooperativa. Cito anche l'iniziativa della Commissione Pari opportunità di Legacoop Estense, che con il patrocinio del comune di Ferrara ha lavorato sul ruolo delle donne all'interno dell'economia, interloquendo con l'economista femminista Azzurra Rinaldi, partendo proprio da una panoramica sui dati che fotografano la partecipazione delle donne nel mondo economico e professionale. C'è anche il workshop «Quando i conti non tornano. Riconoscere, prevenire e contrastare la violenza economica» realizzato da WeWorld in collaborazione con EmilBanca e Newton Spa presso la Fondazione Barberini di Legacoop.
  Chiudo con due progetti molto interessanti. Uno è quello della Cooperativa Labirinto «Intorno alla violenza» – si chiama proprio così – che è stato svolto e si svolge nel territorio dell'ambito sociale numero uno di Pesaro. Questo progetto promuove, tra le sue principali attività e i quattro assi prioritari, misure di mitigazione della violenza economica sulle donne e per l'acquisizione di una visione positiva di sé stesse, quindi per l'empowerment femminile, proprio a partire dall'indipendenza economica e dal contrasto alla dipendenza economica.
  Chiudo, dicevo, anche se ci sono moltissimi centri, tutti meritevoli e degni di nota, con il centro antiviolenza «La Nara», un servizio attivo dal 1997, gestito da Alice Cooperativa Sociale, in convenzione con il comune di Prato. Questo centro – pensate – nasce in onore di Nara, una donna pratese, staffetta partigiana, che si è battuta a lungo per i diritti delle donne, proprio a partire dalla parità salariale. Le professioniste del centro «La Nara» affiancano le donne che fanno richiesta di un percorso di conquista dell'autonomia economica, quindi le supportano nelle scelte piuttosto che in come aprire una partita IVA, piuttosto che nella valutazione di strumenti per affrontare situazioni debitorie, tema anche questo da trattare, che le donne si trovano spesso a subire loro malgrado, perché coinvolte sotto costrizione di compagni maltrattanti.
  Tante, quindi, ne potrei citare molte altre, le iniziative, le progettualità, gli eventi e i progetti che vedono l'impegno delle cooperative e delle associazioni settoriali e territoriali di Legacoop, come pure delle sue Commissioni, sia quelle regionali che la Commissione nazionale, per contrastare la violenza economica e promuovere l'indipendenza e l'autonomia economica da parte delle donne.
  Abbiamo, quindi, un'evidenza: il movimento cooperativo rappresentato da Legacoop dispiega un impegno molto importante nel contrasto alla violenza di genere in tutte le sue forme, compresa quella economica. Le cooperative gestiscono con Pag. 14professionalità, formazione continua degli operatori e delle operatrici centri antiviolenza, sportelli di ascolto, case rifugio su tutto il territorio nazionale. Molte di queste sono, peraltro, presìdi storici del territorio. Infatti, secondo la ricerca effettuata da Legacoop proprio per la costruzione e la mappatura di Women Plus, il 77 per cento delle cooperative che gestisce un centro antiviolenza o servizi di supporto e contrasto alla violenza è nato prima del 2011, quindi c'è una storicità nell'azione cooperativa di contrasto.
  Riteniamo, dunque, che la cooperazione possa dare un contributo importante nella rete degli strumenti e delle opportunità a supporto delle vittime di violenza. Come Legacoop Pari opportunità e Legacoopsociali abbiamo più volte rappresentato le criticità e le limitazioni imposte alle cooperative dalla Conferenza Stato-regioni. L'importanza di accompagnare donne vittime di violenza in percorsi di autonomia e indipendenza economica non è soltanto un'opportunità di guadagno per le donne, ma un vero e proprio strumento di cura e di riabilitazione, di espressione delle proprie capacità e competenze. Le borse lavoro, ad esempio, sono uno strumento efficace per contrastare la violenza sulle donne e promuovere la loro autonomia e indipendenza. Non è un caso che tra i servizi gestiti dalle cooperative per il contrasto alla violenza di genere il 62 per cento corrisponde a servizi di sostegno proprio all'autonomia lavorativa, quindi all'indipendenza economica. Il lavoro è la forma di riabilitazione più elevata ed efficace per insistere sull'autonomia delle donne vittime di violenza, che denunciano oppure che non possono stabilire un termine a progetti di tale rilevanza.
  Come Commissione Pari opportunità di Legacoop Sicilia, ci è stato più volte segnalato che persistono alcune barriere burocratiche che ostacolano l'utilizzo delle borse lavoro. Si ritiene importante e necessario, invece, che le istituzioni proteggano questo strumento, che rappresenta una vera e propria àncora di salvezza, una risposta alle donne che dicono «basta» alle violenze, non con occasioni di progetti a termine, ma progetti senza scadenza, così da fare in modo che il lavoro, dunque l'autonomia, l'indipendenza economica e l'accoglienza protetta diventino fondamento portante delle politiche di contrasto alle violenze di genere.
  Non possiamo tacere un'altra criticità che riguarda, in questo caso, la sostenibilità delle case rifugio in alcune aree del Paese, dove esistono realtà che, pur offrendo un servizio essenziale, faticano a sopravvivere, non percepiscono, ad esempio, le rette previste per legge a causa di mancanza di priorità politiche da parte di alcune amministrazioni comunali. Al di là delle criticità che inevitabilmente sono legate a questo percorso e a questa rete di servizi a supporto delle donne vittime di violenza e violenza economica, è ormai noto che la dipendenza economica è un terreno fertile per possibili e futuri episodi di violenza di genere. Riteniamo, quindi, necessario investire sull'educazione finanziaria ed economica, a partire dalle scuole. Le donne hanno sovente un rapporto difficile con i soldi, lo sappiamo. Basti pensare alle difficoltà di accesso al capitale quando si parla di investimenti o al problema del gender pay gap. Per tale motivo la formazione e l'educazione finanziaria, come pure l'accesso al lavoro (vedasi le borse di lavoro) sono fondamentali per garantire crescita, processi di autostima, di consapevolezza ed empowerment femminile.
  Servono, quindi, interventi che siano multidisciplinari e in rete, capaci di potenziare e guidare tutti i soggetti attivi nel contrasto alle forme di violenza. Sono necessarie, tuttavia, più risorse da destinare ai centri antiviolenza e alla loro diffusione, ma anche – e mi avvio alla conclusione – alla realizzazione di strumenti operativi adeguati, rafforzando le misure di accompagnamento all'autonomia sociale ed economica post violenza.
  Il modello cooperativo basato su mutualità, partecipazione e soprattutto radicamento territoriale si rivela particolarmente efficace nel creare contesti lavorativi inclusivi che favoriscano l'indipendenza economica, ma anche il protagonismo femminile. Le cooperative sono spesso le prime Pag. 15realtà ad accogliere donne in uscita da percorsi di violenza, offrendo un ambiente sicuro e solidale. Il mondo cooperativo è anche proattivo nella diffusione, sensibilizzazione e formazione del proprio personale, ma anche delle cooperative ad esso correlate sull'educazione finanziaria.
  Affrontare, quindi, la violenza economica non è solo un dovere sociale per noi, ma una questione di giustizia e di sviluppo sostenibile. Il mondo cooperativo, con Legacoop in prima linea, dimostra ogni giorno che un'alternativa è possibile: costruire lavoro, indipendenza economica, dignità e futuro per chi è stata privata della propria autonomia e per tutte le donne.
  Con questo vi ringraziamo moltissimo ancora per il coinvolgimento in questa audizione. Saremo liete e lieti di poter contribuire attivamente su questo tema per noi importante e sul quale ci battiamo e siamo impegnati da molto tempo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Casino.
  Chiedo ai colleghi e alle colleghe collegate se ci sono delle domande, sennò intanto gliene rivolgo io due. Intanto, ringrazio della narrazione storica. Lei ha parlato di tantissimi interventi che fate, soprattutto in tema di prevenzione. Le chiedo se ritiene che qualcuno di questi percorsi sia stato più performante rispetto ad altri e abbia inciso e, se sì, quale.
  Vorrei chiederle, domanda che ho posto prima anche alle altre colleghe, se lei ritiene che le donne riconoscano la violenza economica e se conoscono gli strumenti che hanno a disposizione, economico-finanziari, per uscire da questa violenza e magari ridurre il tempo della denuncia, che tante volte viene procrastinato perché si teme di non poter uscire da questa situazione di difficoltà, non solo per loro, ma anche per i propri figli.

  ANNALISA CASINO, Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale. Grazie, presidente.
  Gli esempi che vi ho portato – ci tengo a sottolinearlo per non lasciare indietro nessuna cooperativa e nessuna associazione territoriale o settoriale – sono solo una piccola parte di quello che il mondo cooperativo fa. Certamente la mappatura per noi è stato uno strumento importante perché ha impattato tanto anche sulle persone, quindi sulle donne che hanno bisogno di un supporto. Abbiamo voluto dare un ulteriore riverbero a quello che già fanno le cooperative, attraverso questa mappatura, attraverso questa piattaforma, ma anche il premio che citavo – che naturalmente è solo un riconoscimento – che va a riconoscere l'attività della cooperativa Horizon Service con il microcredito di libertà, così come il grande lavoro che ormai da tantissimi anni compie la cooperativa «La Nara» di Prato proprio nel supporto operativo delle donne vittime di violenza, con uno sportello per il contrasto alla violenza economica. Sono azioni che ci permettono di dire che c'è un impatto vero, c'è un impatto effettivo che la cooperazione riesce a dare.
  Ci tengo sempre tanto a dire anche che la cooperazione lo fa attraverso delle professionalità e dei professionisti. Non ci si improvvisa, da questo punto di vista. La cooperazione sociale ci tiene moltissimo a che tutti gli operatori e le operatrici siano formati in modo specifico su questi temi. Ritengo sia il valore aggiunto, quindi, il fatto che ci si interfacci con persone consapevoli e pronte ad accogliere e a supportare donne vittime di violenza.
  Rispetto alla sua domanda, è molto difficile, invece, perché la consapevolezza delle donne – come sappiamo – va costruita in tanti contesti della vita della donna, tra i quali c'è anche quello della violenza economica. È difficile rendersi conto che si è vittime di violenza economica, anche perché spesso questa consapevolezza manca in quanto è mascherata da una forma d'amore, da una forma di protezione dell'uomo maltrattante, è mascherata da qualcosa che la donna sente come un supporto, mentre è una deprivazione. Su questo, per esempio, un percorso molto bello, fatto con una cooperativa che si chiama «Pro.Ges. Trento», mi ha fatto particolarmente riflettere. Questa cooperativa, in particolare la loro presidente, ha voluto fortemente che si lavorasse su questo tema con le giovani operatrici e lavoratrici, proprio perché, invece, ha notato che c'era difficoltàPag. 16 nella lettura – pensate – delle buste paga piuttosto che difficoltà di avere una totale autonomia e indipendenza (spesso, quindi conti cointestati). Anche quando la donna lavora, anche quando la donna è all'interno di un contesto lavorativo, magari anche strutturato, magari anche in rete, può purtroppo essere vittima di violenza di genere e non esserne consapevole. Quindi, l'informazione e la formazione sono fondamentali, dal nostro punto di vista.

  PRESIDENTE. Senatore Sensi, prego.

  FILIPPO SENSI. Grazie, presidente.
  L'onorevole Ferrari mi ha scritto e mi ha pregato di chiedere se attraverso la piattaforma e la mappatura è possibile capire quante delle loro cooperative multiservizi chiuderebbero in un'applicazione testuale dell'intesa Stato-regioni, che riserverebbe i finanziamenti a realtà che abbiano la violenza come obiettivo statutario esclusivo.

  ANNALISA CASINO, Presidente della Commissione Pari opportunità di Legacoop Nazionale. Sì, è assolutamente possibile valutarlo ed è possibile farlo proprio perché la mappatura va non solo a mappare i servizi offerti dalle cooperative, ma inevitabilmente, essendo cooperative aderenti a Legacoop, abbiamo a disposizione anche tutti gli altri dati che riguardano i requisiti della Conferenza Stato-regioni. Quindi, potremmo, naturalmente, saperlo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Casino. Se vuole, può mandare alla Commissione la relazione, in modo che sia disponibile per un'ulteriore lettura, che contribuirà ai lavori di questa Commissione d'inchiesta, specificatamente sulla violenza economica.
  Ringrazio i commissari e le commissarie collegate.
  Grazie, dottoressa Casino.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.