Audizione di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3 ... 4
Pinto Stefania , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio ... 4
D'Elia Cecilia , Presidente ... 12
Pinto Stefania , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio ... 12
D'Elia Cecilia , Presidente ... 13
Pinto Stefania , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio ... 13
D'Elia Cecilia , Presidente ... 13
Zanella Luana (AVS) ... 13
Pinto Stefania , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio ... 14
Zanella Luana (AVS) ... 14
D'Elia Cecilia , Presidente ... 14
Bilotti Anna ... 15
D'Elia Cecilia , Presidente ... 16
Ascari Stefania (M5S) ... 16
D'Elia Cecilia , Presidente ... 17
Testor Elena ... 17
D'Elia Cecilia , Presidente ... 17
Pinto Stefania , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio ... 17
D'Elia Cecilia , Presidente ... 19 ... 20
(La seduta, sospesa alle 12, riprende alle 12.05) ... 20
Audizione di Alexandra Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 20 ... 21
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 21
D'Elia Cecilia , Presidente ... 23
Zurria Alexandra , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 23
D'Elia Cecilia , Presidente ... 25
Ascari Stefania (M5S) ... 25
D'Elia Cecilia , Presidente ... 26
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI) ... 26
D'Elia Cecilia , Presidente ... 27
Sensi Filippo ... 27
D'Elia Cecilia , Presidente ... 28
Zanella Luana (AVS) ... 28
D'Elia Cecilia , Presidente ... 28
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 28
D'Elia Cecilia , Presidente ... 30
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 30
D'Elia Cecilia , Presidente ... 31
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 31
Sensi Filippo ... 31
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 31
Sensi Filippo ... 31
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 31
Zurria Alexandra , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 32
D'Elia Cecilia , Presidente ... 32
Zurria Daniela , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 32
Zurria Alexandra , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 32
Sensi Filippo ... 33
Zurria Alexandra , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio ... 33
Sensi Filippo ... 33
D'Elia Cecilia , Presidente ... 33 ... 34
(La seduta, sospesa alle 12.40, riprende alle 12.55) ... 34
Audizione di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 34 ... 35
Squatrito Vera , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio ... 35
D'Elia Cecilia , Presidente ... 42
Bilotti Anna ... 42
Squatrito Vera , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio ... 43
Ascari Stefania (M5S) ... 44
Zanella Luana (AVS) ... 45
D'Elia Cecilia , Presidente ... 45
Squatrito Vera , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio ... 45
Zanella Luana (AVS) ... 46
Squatrito Vera , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio ... 46
D'Elia Cecilia , Presidente ... 47
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
CECILIA D'ELIA
La seduta inizia alle 11.20.
Audizione di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio.
PRESIDENTE . Buongiorno. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio.
A nome di tutte le commissarie e i commissari do il benvenuto alla signora Stefania Pinto che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione. Saluto e do il benvenuto anche a Marco Morgillo, che è il figlio della signora Pinto, ed Alessandra Menelao che conosciamo e abbiamo anche audito in questa Commissione.
Ornella Pinto fu uccisa a coltellate nella notte tra il 12 e il 13 marzo 2021 dal compagno e padre di suo figlio che a quel tempo aveva tre anni. L'uomo sarà definitivamente condannato all'ergastolo e il piccolo sarà affidato alla zia Stefania che oggi è impegnata nel rendere testimonianza della sua drammatica esperienza e nel sensibilizzare i giovani su questo tema.
Ricordo che ai sensi dell'articolo 5 della legge istitutiva (l. n. 12/2023) i contenuti, gli atti e i documenti che emergeranno in questa seduta non possono essere divulgati né durante né dopo l'audizione. La violazione sarà oggetto di conseguenze di natura penale. In assenza di obiezioni, avverto che l'audizione si svolgerà in forma segreta e che non è prevista la trasmissione della seduta mediante circuito chiuso e Web TV, né sarà possibile parteciparvi in videoconferenza.
Do quindi la parola alla signora Pinto.
La Commissione concorda.
Pag. 4(I lavori proseguono in seduta segreta)(*) .
PRESIDENTE . Do quindi la parola alla signora Pinto.
STEFANIA PINTO , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio. Buongiorno a tutti. Innanzitutto volevo ringraziarvi per avermi dato la possibilità di portare qui le esigenze che realmente sorgono quando avvengono questi drammatici delitti, perché poi, laddove ci sono i bambini, abbiamo delle vittime secondarie, ma che per me sono principali, e sono i figli delle donne uccise.
Mia sorella, come è stato già anticipato, è stata uccisa nella notte del 13 marzo. Lei riuscì anche a contattarmi. Io abitavo, abito ancora, a 100 metri da casa sua e riuscì a telefonarmi. Io sentii solo delle urla disumane, delle urla piene di dolore, non saprei definirle, dolore, paura, era un misto, un concentrato di tutto ciò che è più orribile. Con mio marito scesi di corsa e mi prestai ad arrivare a casa sua. Quando arrivai lì trovai la porta aperta e un silenzio tombale. Sulla sinistra in fondo al corridoio c'era lei a terra in una pozza di sangue. In quel momento mi si è fermato il cuore e non so chi mi abbia dato la forza di poter comunque reagire. Forse la forza l'ho trovata in Daniele, il figlio di Ornella, che all'epoca aveva tre anni. Daniele non lo trovavo e non lo sentivo piangere, quindi il mio primo pensiero fu quello di pensare che magari il compagno di Ornella, papà del bambino, l'avesse portato via. Poi mio marito entrando in cameretta – era da pochi giorni che Ornella lo stava abituando Pag. 5 a dormire da solo in cameretta, per fortuna dico – lo trovò nascosto sotto le coperte. Era sveglio. Mio marito mi chiamò e quando arrivai lui mi allungò le braccia. Aveva lo sguardo spiritato e non piangeva né gridava, venne in braccio e mi disse «Papà ha ucciso mamma e ha rotto la casa».
Devo dire che le forze dell'ordine furono tempestive, così come i soccorsi. Ornella fu portata in ospedale e alle 10 di mattina, durante l'intervento chirurgico con cui cercavano comunque di salvarla, morì dopo il terzo arresto cardiaco. Uno lo ebbe in ambulanza, uno quando arrivò in ospedale e poi l'ultimo, dal quale non si è più ripresa, quello in sala operatoria.
Nel momento in cui accadono queste cose ci sono subito i mass media che ne parlano e la portano come notizia. Ovviamente fa scalpore, ma tutto finisce fondamentalmente in pochi giorni, ci si dimentica del fatto e non ci si rende conto che è da quel momento che comincia veramente il dramma, soprattutto, ripeto, quando ci sono dei bambini.
Mi fu affidato subito Daniele. Devo dire che, con riguardo alle Forze dell'Ordine, ho avuto un grande sostegno, veramente una grande umanità sotto tutti i punti di vista. Anche dal punto di vista sanitario ho trovato umanità ed empatia, hanno fatto veramente di tutto per cercare di salvarla.
Nel momento in cui Daniele è venuto a casa c'erano da affrontare due cose principali: il dolore personale e far capire a un bambino di tre anni cosa è la morte. Mi ricordo che fu uno dei momenti in cui mi sono sentita più spaesata perché spiegare a un bambino di tre anni la morte già non è facile, ma spiegare che la mamma non tornerà più lo è ancora di più. Nonostante lui mi avesse detto «Papà ha ucciso mamma», non aveva ancora concezione di che fine avesse fatto la mamma, quindi mi chiedeva «mamma dov'è» e io erroneamente cominciai a dirgli «mamma è caduta dal letto, non sta bene, l'hanno portata in Pag. 6 ospedale». Così mi resi conto che avevo bisogno di un sostegno psicologico e di capire cosa raccontare al bambino proprio per evitare ulteriori danni. Grazie al mio ufficio e alle conoscenze che abbiamo, perché io lavoro anche per la Confapi, mi è stata presentata la dottoressa Bozzaotra che ho contattato. Lei già telefonicamente mi ha detto che stavo sbagliando, al bambino dovevo dire tutto, dovevo spiegargli quello che era successo, tanto lui lo sapeva e se io avessi continuato a raccontargli delle bugie, lui non avrebbe fatto altro che crearsi una realtà parallela, avendone dei danni maggiori rispetto a quelli che comunque avremmo dovuto affrontare. Così gli spiegai la morte, che la mamma era andata in cielo e che comunque non sarebbe più tornata. Lui non lo concepiva, chiedeva «Perché non può più tornare? Io sto bene con te, ma voglio mamma. Perché mamma non mi cresce?» Comincia così il nostro calvario. Io mi rendo conto ora, guardando indietro, quanto possa essere stato difficile, perché nel momento in cui lo affrontavo ho dovuto buttare fuori tutta la forza possibile, senza pensare a quanto difficile potesse essere, perché per me la priorità era che Daniele stesse bene.
Allora, io innanzitutto vengo qui a chiedere che quando succedono queste cose si faccia sempre di tutto per collocare i bambini nelle famiglie, con qualche familiare vicino, evitando quantomeno le case-famiglia, contattando chiunque della famiglia, chiunque abbia un legame affettivo, anche minimo, col bambino. Collocare un bambino, che ha già perso tutto, in un ambiente dove non conosce nessuno non può fare altro che spaventarlo ed è il danno maggiore. Dico questo perché, nonostante Daniele sia stato collocato a casa con noi e sia stato super amato, comunque negli anni abbiamo affrontato una serie di difficoltà. In primis la mancanza di fiducia. Un bambino a cui viene tolta la mamma per mano di colui che doveva Pag. 7 proteggerlo va a perdere la fiducia nel prossimo. Nonostante io possa abbracciarlo, consolarlo, rassicurarlo, lui comunque ha perso le figure principali e quindi vive in maniera spaesata.
Quindi penso che sia in primo luogo indispensabile la collocazione all'interno di una famiglia. In secondo luogo occorre un tempestivo supporto psicologico che comunque deve essere gratuito, in quanto non è sempre detto che le famiglie affidatarie possano permettersi una serie di cose. Non potersi permettere una serie di cose non vuol dire non poter sostenere o crescere il bambino; infatti spesso si ha paura di dover dire «ho bisogno» perché si ha paura di perdere il minore, si ha paura che dicendo «guarda io non ho le disponibilità economiche» si possa essere reputati non idonei per potere crescere questo bambino. Invece se si viene aiutati si dà anzitutto la possibilità al bambino di avere almeno quel minimo d'affetto, che comunque è stato perso e che non sostituirà mai quello di un genitore, di una mamma soprattutto, e in secondo luogo si dà la possibilità alle famiglie di rilassarsi e aiutare il minore, anche se si è in difficoltà economiche.
Un'altra cosa importante è il supporto burocratico. Una volta che un minore resta orfano ci sono una serie di pratiche e scartoffie da dover presentare nei vari enti e vi posso assicurare che affrontare questo iter è stato veramente di un esaurimento pazzesco e, tra l'altro, bisogna essere anche preparati. Io fortunatamente ho delle competenze, perché lavoro in uno studio di consulenza, quindi mi sono saputa giostrare negli uffici e ho fatto tutto da sola, però spesso ci sono i nonni che sostengono i bambini e non sempre si ha questa capacità di poter gestire le varie scartoffie.
Un'altra cosa che io richiedo è l'assistenza legale civilistica gratuita. Inizialmente, infatti, viene nominato un tutore e ci si trova all'interno della famiglia ad essere affidatari, ma non Pag. 8 tutori: questo non fa altro che complicare ancora di più tutto quello che noi familiari purtroppo dobbiamo seguire. Quindi avere a supporto un buon consulente, un buon avvocato civilista non fa altro che snellire anche questa parte.
Poi snellire le varie pratiche. Io vi dico che la mamma di Daniele aveva una casa di proprietà. Vi posso assicurare che fare tutti questi passaggi per tribunali mi è costato tantissimo, anche in tempo. Io lavoro e tutti questi permessi non sono riconosciuti. Alla fine ho avuto la fortuna... io dico continuamente 'la fortuna' perché penso di essere stata fortunata: tutte le varie persone che ho incontrato mi hanno sempre aiutato. Anche in ufficio ho trovato molta empatia, laddove ho un problema mi vengono incontro, ma non è giusto dire che sono fortunata, dovrebbero essere cose scontate. Comunque noi familiari ci siamo ritrovati con un minore. Non è come se io decidessi di adottare un bimbo e seguisse un iter perché ho deciso io; qui ci ritroviamo in pochi minuti da uno stato ad un altro e abbiamo bisogno anche noi di riorganizzare la nostra di vita, come anche i nostri figli. Io ho altri due figli, uno di 20 e una adesso di 15, che comunque anche loro hanno subìto psicologicamente. Anche qui ho la fortuna che sono dei ragazzi empatici, hanno accettato, così come mio marito. Voglio dire, non sempre questi bambini hanno questa fortuna e lo Stato potrebbe aiutare dando sostegni di ogni tipo, che possa essere consumistico, che possa essere psicologico, che possa essere legale.
Poi formare soprattutto gli istituti che possono essere bancari, la posta, eccetera. Può sembrare una cretinata, però io mi sono ritrovata a chiudere il conto corrente di mia sorella l'altro ieri, sono passati quattro anni, perché in banca non avevano le competenze per seguire questa pratica. Parliamo di un istituto bancario conosciuto, però non sapevano come muoversi nemmenoPag. 9 loro. Quindi fondamentalmente c'è poca informazione e ci sono poche procedure all'interno di questi enti. Ripeto, possono sembrare cose non utili però alla fine per noi sono veramente massacranti.
Un'altra cosa che chiedo è l'esonero dalle tasse per i minori che restano orfani. Sentire che un bambino orfano è debitore nei confronti dello Stato è un qualcosa di allucinante. Mi spiego meglio. Mio nipote Daniele ha avuto in eredità la casa della mamma: io mi ritrovo ogni anno a pagargli 700 euro di IMU perché ovviamente lui fa residenza a casa mia, non poteva vivere da solo a casa sua, e ogni anno noi paghiamo 700 euro di IMU. Non solo: questi redditi di Daniele, che possa essere il conto corrente oppure la casa stessa, incidono sul mio ISEE e quindi, visto che mio figlio studia all'Università, mi si alzano le tasse universitarie. Io non recrimino assolutamente, però laddove sono comunque redditi suoi e laddove c'è un giudice che stabilisce che per ogni cosa io debba essere autorizzata – e fondamentalmente io gli lascio tutto, gli sto pagando anche il mutuo, perché su questa casa gravava un mutuo – io non voglio nulla, ma non voglio che mi venga levato ciò che comunque è nostro. Io infatti mi ritrovo con una soglia maggiore perché magari la casa di Daniele oppure il suo conto corrente gravano sul mio ISEE. Io penso che queste cose non vengano notate non perché non si voglia, infatti io non colpevolizzo nessuno, ma probabilmente sono cavilli talmente sottili che non vengono notati e per questo non si interviene. Quindi il mio ringraziamento è soprattutto sul fatto che mi state dando l'opportunità di portare queste problematiche che possono sembrare piccole, ma che poi invece diventano grandi.
Poi i sostegni che vengono dati. Fortunatamente la regione Campania ha stanziato una serie di fondi, però la finalità è sempre la stessa: sostegno educativo. Quindi laddove c'è un Pag. 10 bambino che va alle scuole elementari, lui frequenta la scuola privata, una volta che ho il sostegno per la retta scolastica poi alla fine non partecipa ad altri bandi perché non possono avere tutti la stessa utilità. I bambini magari hanno bisogno anche di vestirsi, di giocare, non dico di sperperare i soldi perché è diseducativo, non lo faccio neanche con i miei figli, però comunque hanno bisogno di tante altre cose. Tra l'altro per ogni fondo che viene istituito c'è tutto un iter di rendicontazione e di conservazione degli scontrini, quindi altra fatica, altra preoccupazione e talvolta, specie quando si lavora, si butta la spugna perché si dice non ce la faccio a seguire anche questo, non fa niente, mi arrangio. È come se avessi fatto il terzo figlio. Però non tutti possono permettersi di reagire così e quindi ne hanno bisogno e ne prendono atto. Però, ripeto, finché si parla di studenti universitari, allora i sostegni vanno più che bene perché sappiamo che ormai tenere un figlio a studiare... però dove ci sono bambini piccoli diventano quasi inutili se la finalità è sempre la stessa.
L'aspetto lavorativo. Laddove il minore è collocato in famiglie dove entrambi i nuovi genitori sono lavoratori è importante che ci siano dei congedi particolari, proprio per gli orfani speciali, o almeno la possibilità di avere delle riduzioni di orario. Io ho sempre lavorato otto ore al giorno quindi comunque i miei figli sono sempre stati abituati, però gli orfani speciali hanno bisogno di una marcia in più, hanno bisogno di essere seguiti, hanno bisogno di una presenza fisica. Non vale con loro il discorso della qualità, purtroppo, c'è bisogno anche di presenza perché loro si attaccano, hanno paura di perderti. Hanno bisogno anche di fare uno sport ed essere accompagnati, di sentirsi sicuri e questa sicurezza la si può dare con la presenza. Di amore ne ha tanto però quando fa qualcosa io lo accompagno dappertutto, lui vuole me e io non gli nego questa Pag. 11 cosa, solo che poi quando si lavora tutta la giornata può diventare complicato gestire il lavoro e gestire anche tutte le cose extra di cui potrebbe aver bisogno il minore.
Con riguardo ai femminicidi, ho visto che è stata da poco emanata la nuova legge che considera il femminicidio come reato a sé stante per cui è comminata la pena dell'ergastolo, però ho anche letto che ci sono ancora le attenuanti. Mi rendo conto che le nostre leggi probabilmente sono un po'obsolete, perché ci sono i diritti umani da tutelare, però laddove questi diritti umani vengono calpestati, perché questo tipo di reato non è come gli altri secondo me, si dovrebbe prevedere un trattamento più severo. Io ho affrontato due processi, primo e secondo grado, e sono stati lunghi perché lui ha fatto di tutto per difendersi. Perché viene data tutta questa possibilità, tutto questo spazio? È anche un ulteriore dolore per noi, i miei genitori non sono stati in grado, non se la sono sentita di partecipare al processo, io sono andata a tutti, il secondo grado me lo sono fatto da sola e ogni volta si ripercorre di nuovo tutta quella tragedia, è drammatico veramente anche seguire questa parte. Quindi magari snellire anche la parte processuale. Lo so, mi rendo conto che sto chiedendo qualcosa che è complicato da applicare, però io parlo dal mio punto di vista, quindi non vorrei mai più vedere altre persone soffrire come abbiamo sofferto noi.
Poi maggiore informazione e formazione nelle scuole. Dobbiamo giocare sui ragazzi, ma non gli adolescenti, i bambini. Bisogna inserire nelle scuole l'educazione al rispetto. Noi abbiamo due materie nelle scuole, l'educazione civica e la religione. Diciamo che l'educazione al rispetto abbraccia sia la religione che l'educazione civica perché è un vivere civilmente, amare e provare empatia. Insegnare l'empatia ai ragazzi. Io sono stata in certe scuole in cui ho trovato delle culture di Pag. 12 livello antico, dove c'è ancora la ragazzina che non va a fare il viaggio perché il fidanzatino non glielo permette. Questo dipende sempre dalle famiglie, non c'è cultura nelle famiglie, entrare nelle scuole vuol dire anche scavalcare le famiglie, rendere partecipi i bambini, i ragazzini e far sì che tutto ciò che viene appreso a scuola venga poi riportato a casa. Solo così può darsi che riusciamo ad attenuare questo fenomeno che comunque è in crescita ultimamente perché purtroppo la prepotenza aumenta, i ragazzini, i giovani, gli uomini non accettano, ma anche le donne probabilmente, c'è questa mancata accettazione del no, il rifiuto.
Io non ho altro da aggiungere.
PRESIDENTE . Io la ringrazio davvero per l'esperienza che ha portato e mi sento di dire che è un esempio per suo nipote e credo anche per i suoi figli. Lei ha portato un elenco di questa esperienza, lei ha una grandissima competenza su quello che sta attraversando; le chiederei se questo elenco ce lo può mandare via mail. Noi avremo il verbale segretato, però ci sono delle proposte politiche e poi, come lei ha detto, magari sembrano piccole cose burocratiche che diventano però degli inciampi enormi in una situazione molto difficile.
Io volevo fare una domanda a proposito del sostegno psicologico che lei ha cercato, se le è stato offerto gratuitamente dai servizi che hanno seguito questo nucleo familiare e se suo nipote è seguito.
STEFANIA PINTO , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio. Sì, è ancora seguito, alterniamo in base alle esigenze. Abbiamo questo collegamento con la psicologa che ci ha seguito da quando lui era piccolo. Adesso da poche settimane abbiamo concluso un altro ciclo, ma lei mi ha detto di tenerci in contatto laddove subentri di nuovo l'esigenza. Daniele è piccolino e Pag. 13 quindi si scoccia e dice che ha risolto il suo problema e non vuole più andare. Ad esempio, però, il mese scorso ha attraversato un periodo di ansia e non riusciva a staccarsi da me la mattina per andare a scuola, soffriva proprio fisicamente, gli venivano gli attacchi di panico; con la psicologa siamo riusciti e adesso va serenamente di nuovo, nonostante lui prima andasse serenamente. Ogni tanto gli riaffiora questo dolore, riaffiorano queste paure e io mi rendo conto che sarà sempre così e quindi io sarò sempre in contatto con la psicologa e laddove c'è da affrontare, affrontiamo.
PRESIDENTE . Quindi voi siete seguiti da un servizio sociale o c'è anche un centro antiviolenza, qualcuno che ha esperienza in particolare sulla violenza?
STEFANIA PINTO , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio. Allora, in primis mi è stato dato il nome della dottoressa Bozzaotra che è la responsabile degli psicologi e anche lo sportello antiviolenza. Non solo. Lei adesso ha uno sportello che cura gli uomini violenti, nel senso che, nel momento in cui avvengono queste cose, lei anziché intervenire sulle donne interviene sugli uomini. È una cosa abbastanza importante. Lei è la presidente di questo comparto e per Daniele invece sono stata seguita da una dello staff della sua associazione. Poi sono stata contattata dalla Fondazione Polis della regione Campania e loro mi hanno offerto gratuitamente il servizio: ho dato il nome della psicologa, l'hanno inserito nei loro albi e quindi mi offrono questo servizio gratuito.
PRESIDENTE . Lascio la parola alle colleghe e ai colleghi che vogliono intervenire per porre eventuali quesiti. Prego onorevole Zanella.
LUANA ZANELLA . Grazie anzitutto per la sua relazione, non solo perché viene presentata con grande chiarezza e Pag. 14 competenza una situazione nella sua complessità, ma anche per la lucidità che mantiene nella comunicazione che le rende merito e direi onore.
Io volevo chiedere questo: ho capito che c'è il sostegno psicologico per il bambino, ma per quanto riguarda lei?
STEFANIA PINTO , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio. Anche io l'ho seguito. Ho cominciato prima io a seguirlo, gratuitamente, inizialmente con l'ASL, perché la dottoressa Bozzaotra fa parte dell'Asl Napoli 1, quindi comunque con l'impegnativa e la prenotazione, poi è stata inserita in questo programma e ha continuato.
LUANA ZANELLA . Quindi questo passaggio è chiaro. Gli altri problemi che ci ha rappresentato, in particolare questo del patrocinio gratuito anche nell'ambito del processo civile è importantissimo, io l'ho anche sottolineato in altre occasioni e chiedo alla Commissione di assumerlo come indicazione, come problema da trattare. Secondo me è importantissimo questo aspetto.
L'altro aspetto, invece, che io non avevo mai valutato è questo dell'ISEE. Anche questa è una cosa su cui possiamo ragionare e non soltanto come Commissione, ma anche nell'ambito delle Commissioni preposte a proporre degli emendamenti eventuali nelle leggi vigenti, perché effettivamente se anche c'è questo tipo di penalizzazione è assurda.
Un'ultima cosa, restiamo in contatto perché credo che la sua esperienza non soltanto è utile per noi, ma sarà sicuramente di grande utilità per tante altre donne che si trovano nella sua situazione, ma che non hanno le stesse competenze, perché poi è anche quello il problema, no? Grazie di cuore.
PRESIDENTE . Scusate, poiché ci sono altre colleghe che hanno chiesto di intervenire e alle 12 abbiamo un'altra audizione,Pag. 15 raccoglierei tutte le domande così da consentire alla signora Pinto di rispondere in una sola volta. Prego senatrice Bilotti.
ANNA BILOTTI . Grazie presidente, buongiorno a tutti, buongiorno a lei. Nonostante l'invito ad essere sintetica, ci tengo a fare una premessa. Lei nel suo intervento ci ha più volte ringraziato nella persona del presidente, ma credo che, senza alcuna piaggeria, siamo noi a dover rivolgere dei ringraziamenti a lei, perché con tutta la capacità empatica del mondo, penso che nessuno possa calarsi nei suoi panni e nei panni di tutti i familiari delle vittime di femminicidio che, come è stato opportunamente detto in queste circostanze, sono quelli che poi vivono il vero ergastolo. Io immagino che per lei ogni volta sia sale sulle ferite, quindi siamo noi a ringraziarla di essere venuta qui.
Come diceva la collega che mi ha preceduto, lei ha evidenziato tutta una serie di aspetti che vengono dopo e che purtroppo possono sfuggire, circostanze di tipo pratico. Io mi associo alla richiesta della presidente che le ha chiesto di elencare e poi inviare tutto affinché noi possiamo prenderle in considerazione. Durante il suo discorso lei ha detto che questo genere di richieste possono apparire complicate; io mi permetto di dire che sono il minimo sindacale da parte di uno Stato che ha già perso quando sua sorella è stata uccisa.
Appellandomi ai poteri di questa Commissione, mi permetto di farle una domanda. La mia grossa difficoltà come rappresentante istituzionale resta sempre quella di non riuscire ad arrivare prima. Quindi, per quella che è stata la sua esperienza che dolorosamente stamattina ci ha riproposto, lei si sente di dirci quali e se ci sono stati dei segnali che, lo ribadisco a chiare lettere, non lasciavano presagire nulla, altrimenti le persone che volevano bene a sua sorella l'avrebbero protetta, però qualcosa. Pag. 16 Noi ci interfacciamo con professionisti, psicologi, forze di polizia, magistratura però, secondo me, niente potrà eguagliare la testimonianza di chi ha vissuto un dramma del genere. Le chiedo ripetutamente scusa perché so che sto mettendo il dito nella piaga, però penso che non esista un solo giorno in cui lei e le persone vicine a sua sorella non pensino a questa tragedia inenarrabile. Grazie.
PRESIDENTE . Prego, onorevole Ascari.
STEFANIA ASCARI . Grazie presidente, grazie mille della sua presenza e del suo contributo. Il discorso del gratuito patrocinio viene presentato, per quanto mi riguarda, in ogni proposta di Governo, è fondamentale perché non c'è solo l'aspetto penale c'è anche l'aspetto civile, a prescindere dai redditi e deve essere esteso. Spero veramente che possa essere approvato.
Ho letto diverse interviste che lei ha rilasciato in cui dice, come avrà sicuramente ribadito anche qua, «mia sorella non aveva mai subito violenze fisiche prima di quel giorno, ma è stata uccisa da una forma di prepotenza molto forte, da una violenza psicologica ossessiva che è molto più subdola». Allora io le chiedo questo: la violenza fisica lascia delle tracce o comunque dei lividi sul corpo; qui invece è una violenza psicologica quindi io vorrei chiederle – lo so che è dura, è difficile – di aiutarci a comprendere come intervenire. Sua sorella si è mai confidata con amiche? In che modo questa «violenza invisibile» si manifestava? È molto importante questo aspetto di cui non si parla, della violenza psicologica che poi esplode purtroppo in un femminicidio, come in questo caso.
L'altra domanda è cruda, lo so, però glielo voglio chiedere, perché ormai qui lo Stato ha fallito, purtroppo non siamo riusciti a proteggere da tutti i versanti sua sorella. Lei ha Pag. 17 parlato dell'aspetto psicologico, che è fondamentale, ancora adesso ha delle ripercussioni su suo nipote, ma, da un punto di vista economico, come la spesa per sostenere un danno irreparabile come questo, voi eravate a conoscenza del decreto legislativo 2016 in termini di indennità? Sapevate che esiste un fondo per reati intenzionali violenti? Questo è importante perché normalmente nessuno lo conosce.
Poi c'è l'educazione al rispetto. Ovviamente noi cerchiamo di inserirla insieme con l'educazione affettiva e sessuale. Grazie.
PRESIDENTE . Senatrice Testor.
ELENA TESTOR . Grazie. Anch'io ringrazio per la sua testimonianza. Tante cose mi hanno colpito, soprattutto lei ha messo il focus sul dopo, quindi soprattutto su Daniele che in questo momento ha bisogno di tutto l'amore che può ricevere dalla vostra famiglia.
La mia domanda è solo pratica, per comprendere. Lei ha parlato di difficoltà con i diversi enti nell'eseguire tutte le pratiche necessarie per chiudere le questioni amministrative e le questioni economiche. Lei ha parlato di formazione, magari se può andare più nello specifico su questo tema per comprendere cosa sia necessario. Grazie.
PRESIDENTE . Prego, signora Pinto.
STEFANIA PINTO , sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio. Allora, per quanto riguarda il tipo di violenza che ha subito mia sorella, era una violenza psicologica. Lui era prepotente nella quotidianità, nella banalità anche: andare a mangiare una pizza, lo scegliere un locale piuttosto che un altro, il voler uscire anziché no. Abbiamo saputo dopo – questo è venuto fuori tramite degli scritti che abbiamo trovato – che all'inizio le controllava il telefono. Lei è stata per dieci anni con Pag. 18 quest'uomo, se può definirsi tale, all'inizio lui le controllava il telefono. Le classiche cose che poi ti fanno una sorta di violenza psicologica. Oltretutto lui si mostrava molto debole e fragile, quindi fondamentalmente mia sorella sperava di 'salvarlo', faceva un po'da crocerossina. Tra l'altro lei era insegnante di sostegno quindi diciamo che la sua vocazione era proprio quella di cercare di aiutare chi era in difficoltà. Lei si è confidata con me proprio durante l'ultimo mese prima che poi succedesse questa catastrofe. Alla fine lei mi confidò che voleva lasciarlo e io devo dire che fui contenta, perché a me il loro rapporto non è mai piaciuto. Lui non mi piaceva non perché fosse violento, però a volte io ho più paura della prepotenza che della violenza fisica. Dalla violenza fisica si può anche uscire, da quella psicologica è complicato.
Mi chiedete come poter evitare un fenomeno del genere. Non so rispondere perché laddove c'è un qualcosa di non visibile e laddove c'è una prepotenza che subisce solo la donna, per quanto si possa confidare, ma io, sorella o lei cosa va a denunciare? Che l'uomo decide ogni volta dove andare a mangiare la pizza, oppure se uscire o no? Che vai a denunciare in questo caso? Dovrebbe essere la donna ad uscirne fuori in tempo, ma non è semplice, è complicato. Fatto sta, quando lei mi ha detto che voleva lasciarlo, dico la verità, sono andata in ansia. Le ho anche fatto la domanda: non hai paura che ti fa qualcosa? Lei mi disse «Ma tu sei pazza! Che mi può fare, lui è pure un fragile!» Invece sono proprio i fragili i più pericolosi.
Mi avete chiesto se sono a conoscenza dei fondi. Sì, ne sono a conoscenza, però l'accesso a questi fondi è possibile solo dopo la pubblicazione della sentenza passata in giudicato e la nostra è al secondo grado e ancora non l'hanno manco pubblicata. È passato più di un anno, però non è stata ancora pubblicata, Pag. 19 quindi finché non passa in giudicato non possiamo avere l'accesso ai fondi per il minore.
Riguardo, invece, alla formazione della banca, delle poste, eccetera, che cosa ho riscontrato io? Laddove ho portato tutta la documentazione mentre si informavano, mentre non sapevano come muoversi, mi scadevano le marche da bollo che avevo posto, dopo sei mesi scadevano. Quindi ho dovuto ripresentare di nuovo tutto. Anche questo è un aspetto importante. Ogni cosa devo pagare mentre dovrebbe essere un diritto il passaggio di tutto quello che viene, che sia il conto corrente di una mamma sono comunque i soldi del bambino, invece io ho pagato per fare questi passaggi, come ho pagato per fare al tribunale dei minori l'inventario di ciò che era presente in casa. Solo per la marca da bollo mi è costato 600 euro, per non parlare del resto, perché poi c'è il perito che viene a casa. Io trovo tutte queste cose allucinanti. Ripeto, ho potuto fare tutto e l'ho fatto, ma non è scontato che si possa fare. Allora tu dici, va beh, quello è un bene che ha il minore, ma se il minore ha un bene, l'unica cosa che gli è rimasta della sua famiglia... perché poi, vi dico la verità, io avevo intenzione di vendere la casa, Daniele si è opposto, piccolino, si è opposto con tutte le sue forze, non vuole che casa sua venga venduta, ha detto «quella è casa di mia mamma, l'ha affidata a me». Allora io gliela voglio anche tenere, ma date la possibilità a chi una cosa del genere non può farla di non onerarsi anche di queste spese, di questi costi che sono alti. Non è la marca da bollo da 16 euro, solo per fare la successione ho pagato 3000 euro, sono tanti soldi per una famiglia che può essere di pensionati ma anche di impiegati.
(I lavori riprendono in seduta pubblica)
PRESIDENTE . Io ringrazio la signora Pinto e dichiaro conclusa questa audizione.
Pag. 20PRESIDENTE . Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 12, riprende alle 12.05.
Audizione di Alexandra Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio.
PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Alexandra Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio.
A nome di tutte le Commissarie ed i Commissari do il benvenuto alla Signora Alexandra Zurria, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
Saluto e do il benvenuto anche a Daniela Zurria, mamma di Sofia, e Massimo Zurria, che accompagnano l'audita.
Sofia Castelli viene uccisa nel sonno all'età di vent'anni, il 29 luglio 2023, dall'ex fidanzato Zakaria Atqaoui, condannato a 24 anni di carcere per omicidio pluriaggravato. Il processo si è concluso con una pronuncia della Corte d'Assise, che ha confermato la premeditazione ma che ha anche riconosciuto al ragazzo le attenuanti generiche, scongiurandogli così l'ergastolo.
Ricordo che, ai sensi dell'art. 5 della legge istitutiva (l. n. 12/2023), i contenuti, gli atti e i documenti che emergeranno in questa seduta non possono essere divulgati, né durante né dopo l'audizione. La violazione sarà oggetto di conseguenze di natura penale.
In assenza di obiezioni, avverto che l'audizione si svolgerà in forma segreta e che non è prevista la trasmissione della seduta mediante circuito chiuso e web-tv, né sarà possibile parteciparvi in videoconferenza.
La Commissione concorda.
Pag. 21(I lavori proseguono in seduta segreta)(*)
PRESIDENTE . Do la parola alla signora Zurria.
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Buongiorno. Allora, la nostra vita il 29 luglio del 2023 è stata distrutta, così, improvvisamente, senza grandi avvisi, non c'erano stati segnali di allerta, tanto che io e mio marito eravamo via qualche giorno in Sardegna a festeggiare i cinquant'anni dei miei genitori. Sofia era rimasta a casa perché doveva fare gli ultimi giorni di lavoro e poi sarebbe venuta in vacanza con noi. Non c'erano stati mai segnali da parte di lui, non l'aveva perseguitata, non atti violenti o persecutori. Si erano lasciati da 20 giorni semplicemente. Poi abbiamo scoperto che in questi 20 giorni effettivamente lui era stato abbastanza pesante nei confronti di Sofia: la seguiva, si faceva trovare sotto casa, voleva fare pace. Il 28 luglio con una scusa, voleva prendere le sue cose, è entrato in casa. Sofia non lo voleva, perché sulle chat c'era scritto che lei voleva che aspettasse a venire, voleva che venisse quando c'eravamo noi o il suo papà. Continuava a dirgli «vieni quando ci sono i miei genitori, lunedì» e invece lui si è fatto trovare proprio davanti alla porta e lei gli ha aperto. Poi hanno avuto una discussione e se ne è andato, solo che Sofia non lo ha accompagnato alla porta e lui uscendo ha rubato un mazzo di chiavi. Lui conosceva benissimo casa nostra perché in passato era stato anche ospitato a vivere quando aveva avuto bisogno.Pag. 22
La sera Sofia è andata con un'amica ballare, lui è entrato in casa con le chiavi e si è nascosto dentro una un armadio per 6, 7 ore. Sofia è tornata a casa con la sua amica. Lui ha detto che aveva paura che tornasse con un altro, cosa che sapeva benissimo non essere vera, perché lui in quel momento la stava spiando sui social e si vedeva benissimo che era in macchina con due amiche e non c'era nessun ragazzo. Lei è arrivata a casa con la sua amica, si sono preparate – c'è anche un video in cui loro si stanno preparando per la notte – non hanno parlato di nessun ragazzo, come ha detto lui, raccontano solo della serata, divertendosi.
Decidono di andare in due stanze separate a dormire perché l'amica Aurora doveva svegliarsi presto la mattina, anzi doveva svegliarsi proprio dopo pochissime ore, invece Sofia voleva dormire e, non volendo sentire la sveglia, le ha detto di dormire in camera sua mentre lei avrebbe dormito in camera dei suoi genitori. Quando si sono addormentate lui l'ha uccisa. Lui era entrato in casa e si era cambiato i vestiti, si era messo quelli di mio figlio. Oltretutto quei vestiti poi li ho trovati io nell'armadio perché, nonostante la nostra casa sia rimasta sotto sequestro per più di un mese, i vestiti e le sue cose nell'armadio li ho trovati io quando poi me l'hanno ridata. Quindi ha ucciso Sofia e poi si è cambiato di nuovo, con i vestiti di mio marito, ha messo le scarpe di Sofia e se ne è andato.
Dicono che si è costituito. Non aveva alternative. Dove doveva andare? Non aveva patente, macchina, non aveva neanche la famiglia lì.
C'è stato il processo e gli hanno dato 24 anni. Hanno accettato tutte le aggravanti che il PM ha chiesto: premeditazione, futili motivi e mezzo insidioso. Il PM ha chiesto l'ergastolo; non è stato dato perché gli hanno dato le attenuanti generiche. Allora, adesso non so quanto possa servire, però per Pag. 23 logica io dico: ma se uno si mette a tavolino e premedita un omicidio, non dovrebbe avere diritto alle attenuanti. Che attenuanti si possono dare a uno che si è messo lì e ha deciso di uccidere? Ecco, questo è il mio pensiero. Tutto questo ha comportato che avendo accettato comunque le tre aggravanti noi non abbiamo potuto fare appello, cioè il PM non ha potuto fare appello perché le sue richieste erano state accettate. Invece lui poi ha potuto fare appello per far abbassare la pena. Per fortuna non è successo perché non gliel'hanno abbassata. Il primo era il tribunale di Monza e il secondo era quello di Milano.
Adesso siamo in attesa di sapere di un'eventuale Cassazione che può decidere lui, perché noi siamo stati bloccati alla prima sentenza.
PRESIDENTE . Grazie, signora Daniela. Non so se la signora Alexandra vuole aggiungere qualcos'altro.
ALEXANDRA ZURRIA , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Quando ho chiesto di poter parlare qui, in quel momento forse, nel nostro piccolo, speravamo di avere ancora qualche speranza, perché era novembre ed eravamo molto arrabbiati in quel periodo, in quanto loro avevano appena chiesto l'appello e quindi vivevamo nella paura di doverci pure sentir dire che veniva addirittura abbassata la pena. Infatti, se chiede appello l'imputato non può comunque alzarsi la pena, quindi poteva rimanere tale o abbassarsi. Quindi mi sono mossa soprattutto per quello, anche se è andata 'bene' rispetto a come poteva andare, però siamo comunque venuti qui perché ci sembrava giusto dire quello che per noi non ha funzionato proprio nella parte processuale, nella parte, come diceva anche Daniela, delle indagini. Nel processo si è parlato di attenuanti generiche, lui si è 'costituito', è stato trovato a vagare in Pag. 24 condizioni pietose, quindi comunque più che costituito ha parlato per forza di cose.
Allora le attenuanti. A parte che non dovrebbero esistere, come diceva Daniela, in un caso di premeditazione; è offensivo anche perché non sono nemmeno state indagate. Il processo comunque è durato pochissimo, ci sono state tre udienze, se non sbaglio, nessuno ha chiesto niente alla famiglia, lui ha potuto parlare dicendo, tra l'altro, delle cose imbarazzanti, tipo scusate per il disagio arrecato. Lui ha potuto parlare e si capiva la sua arroganza. Ha mentito durante l'interrogatorio dicendo che non aveva un cellulare, eppure subito dopo è stato beccato che la spiava con un cellulare. Ci è stato detto che non avevano fatto la perquisizione dell'armadio perché tanto lui aveva già parlato, aveva detto tutto, si sono fidati di un assassino.
Non lo so, secondo me era necessario comunque parlarne, nel senso che abbiamo pensato che fosse giusto parlarne.
Vorrei dire anche un'altra cosa. Abbiamo chiesto al fratellino ormai maggiorenne di Sofia, visto che sapeva che saremmo venuti qui, se magari aveva qualcosa da farvi arrivare. Lui ha parlato della parte mediatica. Nel senso che in quel periodo, che già era difficile per lui, quindi magari parliamo anche a nome delle vittime indirette, era terrorizzato dai media, aveva paura ad uscire. Aveva già il suo dolore e in più doveva anche avere paura di essere beccato dai media.
Un'altra cosa, sempre a proposito dei media. Noi abbiamo questa piccola 'paura' che il fatto che la nostra famiglia non sia andata in televisione, non ci siamo fatti intervistare quando è successo... il caso di Sofia è successo tra quello di Giulia Tramontano e quello di Giulia Cecchettin, due ergastoli, quindi abbiamo paura, ma perché ce lo hanno anche detto gli avvocati, chiunque ci circondava ci diceva: dovete andare in televisione, dovete andare in televisione, noi andavamo contro la nostra Pag. 25 natura ad andare in televisione, quindi ci siamo anche sentiti come se: caspita! Abbiamo sbagliato noi? Cioè, non ha avuto l'ergastolo perché è passato in secondo piano? Questa cosa che è la mediaticità è troppo, anche sul piano legislativo, ci sembra assurdo. Poi va be'. Però ci è stato detto più volte, anche proprio dagli avvocati, che in questo senso sbagliavamo a non andare in tv, tanto che nell'ultimo periodo, per la paura di doverci anche sentir dire che gli abbassavano gli anni – che poi fossero 24 ma non saranno neanche 24, lo sappiamo tutti –, quindi per la paura di vedercelo tra qualche anno in giro che magari si rifaccia una vita, che abbia figli che erano il sogno di Sofia... Solo quello. Grazie.
PRESIDENTE . Io vi ringrazio, anche perché il fatto che voi siete qui in audizione significa per noi una grande responsabilità, perché comunque questa Commissione è sentita come un luogo in cui portare il dolore e quello che non funziona.
Sul dolore possiamo fare poco, solo starvi vicino, ma su quello che non funziona, invece, possiamo intervenire. Devo dire che questa cosa della spettacolarizzazione o meno e del modo in cui l'informazione racconta e interviene sui casi, io credo sia un tema molto importante. Noi avremmo anche un gruppo di lavoro specifico su questo, che dovrebbe partire, sia per il linguaggio corretto, ma anche per come lo vedete voi, anche l'invasività ... io non ci avevo mai riflettuto che essere meno visibili può significare un processo meno competente, anche se è sbagliato. È una cosa che non deve succedere.
Prego le colleghe e i colleghi presenti di intervenire se hanno eventuali quesiti. Onorevole Ascari, prego.
STEFANIA ASCARI . Grazie mille della vostra presenza, è fondamentale. Ho seguito il caso di Sofia e mi ha veramente sconvolto per la giovane età, ma anche proprio per le modalità. Pag. 26 Poi ho seguito un'intervista che aveva fatto lei, signora, in cui diceva che non le è stata data l'opportunità di vivere la sua vita ed è un aspetto terribile.
Io vorrei farvi una domanda. Lo so che è difficile rispondere, ma vorrei capire, in quanto avete dato un importante suggerimento normativo: non si comprende perché, essendoci la premeditazione, vengano date le attenuanti. Purtroppo, o per fortuna dall'altra parte, il nostro sistema è estremamente garantista e questo soggetto ha tentato anche di mettere Sofia sul banco degli imputati trovando una causale per giustificare quello che ha fatto.
Io vi voglio chiedere questo: voi dite che non c'è stata una violenza fisica, quindi oggettiva; avete avuto modo, comunque, di ospitarlo in casa. Col senno di poi, avete carpito degli elementi o comunque dei fattori di attenzione o comunque di monito che sotto un'altra luce dovevano essere messi in evidenza? Assolutamente, ripeto, è solo per capire e per approfondire certi aspetti, magari se aveva messo in evidenza comportamenti di controllo o, già da prima, un tipo di violenza psicologica, anche se subdola. Giusto per capire.
PRESIDENTE . Onorevole Lancellotta.
ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA . Buongiorno. Ascoltandovi l'emozione è stata ed è davvero tanta, anche perché, ne parlavo poc'anzi con le colleghe, ascoltare voi ci aiuta a comprendere meglio quello che noi in realtà possiamo fare.
Lo dico da madre, ho una figlia di quasi 14 anni, ascoltandovi mi viene una domanda da farvi: qual è stato l'elemento che vi ha raccontato Sofia? Io ho seguito quello che è accaduto e ho notato quello che voi avete deciso di non fare, tra virgolette l'aspetto mediatico, che condivido e comprendo, avrei fatto lo Pag. 27 stesso anch'io, e quindi la domanda che io vorrei farvi è: cosa diceva Sofia, cosa raccontava? Perché può aiutare anche noi per renderci conto di quello che possiamo fare. Le leggi sono fondamentali, è fondamentale quello che noi facciamo, è fondamentale anche intervenire su, come dicevate voi poc'anzi, le attenuanti anche se, come diceva la mia collega, il nostro è un sistema garantista, però noi vogliamo lavorare anche sull'aspetto educativo, culturale, di prevenzione. Quindi Sofia cosa vi raccontava del suo fidanzato all'epoca? Cosa diceva che potesse essere interpretato come un qualche campanello d'allarme? Qualche piccolo dettaglio dove noi possiamo riuscire ad intervenire in qualche modo. Grazie e grazie anche per essere qui.
PRESIDENTE . Senatore Sensi.
FILIPPO SENSI . Grazie infinite, grazie moltissimo per la vostra audizione e testimonianza. Volevo farvi due domande.
La prima domanda riguarda la cosiddetta presenza dello Stato. Volevo sapere se nel vostro caso l'avete sentita, nelle multiformi accezioni del termine, che vanno appunto da vari tipi di sostegno, anche molto pratico, se l'avete sentita nel caso di Sofia.
La seconda cosa che volevo chiedere sta un po'dentro quello che diceva, se posso, Alexandra. Il Governo ha deciso di andare avanti su un progetto che istituisce il reato di femminicidio e questo vuol dire anche ergastolo rispetto invece al tipo di pena che è stata comminata all'assassino di vostra nipote. Io volevo sapere che valutazione date dal vostro punto di vista di questo provvedimento. Immagino questo con la rabbia in corpo di chi si aspettava o si aspetta l'ergastolo e magari deve aspettare, non potendolo richiedere, un ulteriore grado di giudizio perché quei 24 anni, che non saranno 24, possano invece trasformarsi in una sentenza definitiva. Volevo capire se per voi quello è un Pag. 28 passo che va nella giusta direzione dal punto di vista della vostra esperienza.
PRESIDENTE . Onorevole Zanella.
LUANA ZANELLA . Presidente, solo per ringraziarvi e per raccogliere alcune vostre sollecitazioni. La prima è il discorso di questo voyeurismo a cui certe famiglie si vogliono sottrarre. È un aspetto sul quale, anche come gruppo di lavoro, dobbiamo assolutamente lavorare, perché non è giusto che in una situazione mediatica, e penso a Giulia Cecchettin, ci sia stata invece una sentenza molto precisa e forte e in un'altra, invece, il processo sembra quasi che abbia sottovalutato tutta una serie di questioni e di elementi che potevano invece dare un altro esito.
La seconda è la formazione. Anche qui perché il deficit di formazione sia delle forze dell'ordine sia dei magistrati, diventa fondamentale per la qualità del processo di chi vi ha a che fare.
Vi ringrazio. Avete fatto bene a insistere per essere audite. Noi siamo comunque a disposizione anche successivamente.
PRESIDENTE . Grazie. prego
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Noi, come ho detto, lo conoscevamo molto bene perché aveva vissuto anche con noi. Mia figlia era una ragazza molto forte, aveva un carattere autonomo, lui non aveva mai manifestato forme di violenza verbale, né fisica, assolutamente. Sofia non mi ha mai raccontato cose particolari. L'unico aspetto sul quale forse teneva Sofia, ma teneva anche me, era il fatto che fosse un ragazzo solo perché la famiglia non era presente. Quindi per questo ti veniva voglia di proteggerlo, cioè a me come Mamma, e a Sofia perché probabilmente si era affezionata. Quindi probabilmente era questo, anche se comunque si Pag. 29 erano lasciati altre volte Sofia e lui, si erano lasciati altre volte come tanti ragazzi.
Io me lo chiedo ogni giorno, perché comunque quello sarà un senso di colpa che mi accompagnerà tutta la vita: io l'ho avuto in casa per quattro anni e non mi sono accorta che fosse così pericoloso. Quindi non ho una risposta. Posso dire solo che era un ragazzo educato, era un ragazzo che si faceva voler bene e non aveva mai manifestato niente. Aveva probabilmente solo questa cosa, appunto, cioè di far tenerezza, far pietà, forse è una parola brutta, però comunque ti veniva voglia di aiutarlo. Io ho sofferto perché ho perso due persone della mia vita, ho dovuto affrontare in qualche modo due lutti, neanche uno. Certo uno è quello di mia figlia, però è stata dura perché gli volevo bene e purtroppo ancora adesso non ho una risposta.
Ripeto, Sofia non raccontava niente, anche perché lei andava a ballare con le amiche da sola se lui non andava, lei si è fatta viaggi –va be', aveva vent'anni, quindi aveva appena iniziato – da sola con le amiche, lui non ha mai potuto, anche se ha provato, non lo so, ma non è mai riuscito a fermarla in quello che lei voleva fare. Lei faceva. Aveva appena preso la patente, comprato la macchina, stava lavorando, andava all'università: lei era libera di fare quello che voleva.
Rispondo alla parte riguardante la presenza dello Stato. Questa è un po' più complicata. Poco e niente, poco e niente. Per esempio c'è una cosa sciocca: io lavoro per il comune di Milano, sono un'educatrice del comune di Milano, io non avevo neanche gli articoli per andare al processo, non esistevano articoli per andare al processo. Era una mia scelta. Io ho tre giorni di permesso all'anno per motivi familiari e mi son presa quei tre giorni. Non avevo altri giorni. È assurdo perché nel nostro caso è stato anche un processo veloce ed era comunque a Milano, però non va sempre così. Avrei avuto un giustificativo Pag. 30 solo il giorno in cui chiamavano me come testimone, per il resto io non avevo diritto di partecipare al processo di mia figlia. Lui ha avuto da subito tutto pagato, noi ci siamo pagati un processo con quattro avvocati, tutto di tasca nostra.
Poi uno dice: «E'stata una vostra scelta»; io mi permetto di dare un consiglio: quando succede una cosa del genere, una famiglia normale, una famiglia che vive nella legalità, che non ha mai avuto a che fare con la legge, si ritrova la vita distrutta, buio totale, non sa neanche se il giorno dopo si sveglia e ancora respira. Se lo Stato vuole andare incontro a queste famiglie dovrebbe mettere a disposizione qualcuno qualificato, qualcuno che vada da questa famiglia e prenda in mano la situazione, anche solo dando consigli, spiegando come vanno le cose, perché chi è che lo sa come vanno le cose? Noi eravamo senza casa, senza vestiti perché eravamo in Sardegna, dovevamo stare tre giorni, avevamo costumi da bagno e quattro cose. Le macchine e le chiavi erano nella casa, ma le macchine non si potevano toccare. Noi siamo stati fortunati perché siamo circondati da amici e una famiglia meravigliosa, ma in un altro caso...
PRESIDENTE . Il comune non è mai intervenuto?
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. No, assolutamente niente. Noi siamo stati seguiti a livello psicologico, io, mio marito e mio figlio, da un consultorio, perché gente che conoscevamo ha fatto di tutto per trovarci un aiuto, anche gratuito, quindi siamo seguiti da un consultorio di Sesto San Giovanni. Siamo stati abbastanza aiutati poi nel corso dei mesi da associazioni che si occupano di questo, Scarpetta Rossa APS e CADMI, però, ripeto, non si sa da che parte iniziare. Anche perché in quel momento c'è un buio totale. Nemmeno la famiglia o gli amici sono comunque Pag. 31 competenti davanti a una cosa così, ci vorrebbe davvero una figura che accompagni la famiglia in quel momento, che spieghi. È una cosa inimmaginabile quello che si vive in quel momento, è una cosa veramente inimmaginabile. Noi ci siamo allontanati, erano le vacanze di agosto.
PRESIDENTE . Eravate in Sardegna?
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Sì, però dico dopo, ci siamo allontanati con nostro figlio, con la nostra famiglia perché c'era anche la questione dei giornalisti e noi non siamo mai stati mediatici, mai completamente. Magari si piazzavano sotto casa i primi giorni. Quindi insomma siamo andati via. Io e mio marito abbiamo ripreso a lavorare immediatamente, non abbiamo fatto un giorno a casa, questo probabilmente per cercare di salvarci, perché comunque il lavoro impegna la testa.
FILIPPO SENSI . Riguardo al reato di femminicidio?
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Guardi, io sinceramente non lo so perché l'omicidio è omicidio. Nel caso di mia figlia che fosse femminicidio o no, ripeto, la cosa è la premeditazione. La premeditazione per me fa la differenza in certi casi. Adesso non è che il raptus, che poi non esiste neanche, può essere giustificato, però è anche vero che se c'è una premeditazione, motivo in più perché ci siano appunto delle condanne diverse. Quindi se separare un omicidio dal femminicidio può aiutare, ben venga.
FILIPPO SENSI . Chiedo scusa se insisto, la domanda era se vi aspettavate un ergastolo.
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Diciamo che la nostra famiglia, gli amici di Sofia, Pag. 32 tutte le persone che hanno sofferto per la perdita di Sofia, si aspettavano un ergastolo. Io personalmente le dico che a me vanno bene anche i 24 anni, il problema è che non saranno mai 24 anni. Questo è il problema. A me andavano bene anche i 24 anni, a me non cambia niente, mia figlia non me la ridà nessuno, però chi fa una cosa del genere deve pagare. Una mamma che perde il figlio almeno deve avere giustizia per suo figlio. Tra le attenuanti c'era che lui ha una giovane età, lui ha ucciso mia figlia che aveva 23 anni e mia figlia ne aveva 20: la giovane età di Sofia non l'hanno presa in considerazione. Grazie.
ALEXANDRA ZURRIA , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Io volevo collegarmi al fatto di utilizzare le attenuanti per abbassare la pena: che le commentino però in tribunale, perché non sono state minimamente toccate in udienza, ce le siamo ritrovate lì a sorpresa nella sentenza, insomma nelle carte. Cioè, se metti le attenuanti, che vuol dire dare uno sconto di pena all'imputato, però me le devi argomentare, non puoi mettere due righe. Perché erano due righe le attenuanti, con tutte le pagine piene di aggravanti.
PRESIDENTE . Quali erano? La giovane età...?
DANIELA ZURRIA , mamma di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. La giovane età, che si è costituito, la collaborazione durante il processo e che era disagiato. Era disagiato, poverino.
ALEXANDRA ZURRIA , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Per noi un'ulteriore aggravante era che era stato ospitato in casa quattro anni, questo non l'hanno considerato che era un'aggravante in più. È stato praticamente un altro figlio eppure in tre righe sono state concesse delle attenuanti Pag. 33 mai argomentate in Aula. Mai. Si sono fidati, tra l'altro, del fatto che non aveva una famiglia vicina. Ma parliamone però, spieghiamo bene perché noi comunque una parte la sappiamo. La famiglia c'è. Non è che la famiglia lo ha abbandonato. Lui ha deciso di non seguirla all'estero. Sembrava proprio un povero Cristo, però parliamone. Se si utilizzano le attenuanti... si dovrebbero togliere per i reati premeditati, non dovrebbero neanche esistere, sono giustificazioni di un omicidio. Io le chiamo giustificazioni le attenuanti, ma se ci sono, allora parliamone in Aula, argomentiamo. È vero che sono veramente attenuanti? Solo questo.
FILIPPO SENSI . Tra l'altro, se posso presidente, chiedo scusa se ho capito male, ma nella richiesta di andare in appello c'era anche l'aggravante dei futili motivi.
ALEXANDRA ZURRIA , zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio. Sì, si volevano presentare premeditazione e futili motivi nell'appello.
FILIPPO SENSI . Cioè, la possibilità di andare in appello era congegnata dal legale come per dire, insomma, futili motivi, almeno togliamo ...
PRESIDENTE . Va bene. Credo ci sia un problema di processo e penso anche di formazione, che è un tema che noi abbiamo molto dibattuto. Io penso che le garanzie vadano mantenute, come anche la possibilità dei giudici di valutare. Personalmente sono contraria a delle cose per cui la pena è già scritta. Però qui non sono state valutate o sono state valutate male o comunque non sono state dette le valutazioni.
Poi credo che sia molto importante per noi, e ci parla anche un po'dell'audizione che abbiamo avuto prima, che cosa fa lo Pag. 34 Stato per stare vicino alle famiglie delle vittime, comunque anche per sostenerle in questo percorso.
Io vi ringrazio molto per essere venuti e per aver portato la vostra testimonianza su cui sicuramente lavoreremo come Commissione.
PRESIDENTE . Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 12.40, riprende alle 12.55.
Audizione di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio.
PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio.
A nome di tutte le Commissarie ed i Commissari do il benvenuto alla Signora Vera Squatrito, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
Saluto anche la signora Elena Portale che accompagna l'audita.
Nel 2015 Giordana Di Stefano, madre di una bambina di quattro anni, viene uccisa a coltellate dal suo ex fidanzato e padre della piccola, Luca Priolo, denunciato già nel 2013 per stalking.
Nel novembre 2019, la Corte di Cassazione conferma la condanna di Priolo a 30 anni di carcere con rito abbreviato, con la conferma delle aggravanti di premeditazione, crudeltà e stalking.
Il caso ebbe un forte impatto mediatico. Anche grazie all'impegno della signora Squatrito e dell'associazione «Io sono Giordana», da lei fondata, ha contribuito ad accelerare l'approvazione della legge n. 4 del 2018 che ha sancito il diritto al risarcimento per gli orfani di femminicidio.Pag. 35
Oggi prosegue l'impegno, di cui siamo profondamente grati, della signora Squatrito nel promuovere la cultura del rispetto, della sicurezza e dell'uguaglianza per tutte le donne, sviluppando attività concrete e progetti rivolti alle vittime e alla sensibilizzazione della società, con un'attenzione particolare a scuole e università.
Ricordo che, ai sensi dell'art. 5 della legge istitutiva (l. n. 12/2023), i contenuti, gli atti e i documenti che emergeranno in questa seduta non possono essere divulgati, né durante né dopo l'audizione. La violazione sarà oggetto di conseguenze di natura penale.
Segnalo che la seduta dovrà necessariamente concludersi per le ore 13.45 in considerazione dei successivi cogenti impegni presso le Commissioni permanenti del Senato e presso l'Aula della Camera.
In assenza di obiezioni, avverto che l'audizione si svolgerà in forma segreta e che non è prevista la trasmissione della seduta mediante circuito chiuso e web-tv, né sarà possibile parteciparvi in videoconferenza.
La Commissione concorda.
(I lavori proseguono in seduta segreta)(*)
PRESIDENTE . Do quindi la parola alla signora Squatrito.
VERA SQUATRITO , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. Buongiorno a tutti e grazie per questa opportunitàPag. 36 che mi riempie di emozione proprio perché io sono una mamma di vittima di femminicidio, ma soprattutto perché sono una vittima di femminicidio in vita – mi sono sempre catalogata così –. Mia figlia Giordana, che è una delle donne che aveva denunciato, a vent'anni è stata barbaramente uccisa. Oggi sono tutore di una bambina, Asia, che all'epoca aveva quattro anni e oggi ha 13 anni e mezzo. Porta il cognome della madre perché nove mesi dopo la morte di mia figlia ho «partorito» mia nipote per la seconda volta, dandole dignità con il cognome di mia figlia Giordana, perché in fondo è figlia solo ed esclusivamente di mia figlia e non certo dell'assassino. Sono qui non per chiedere ma per testimoniare quello che è stato un mio percorso difficilissimo di nove anni e mezzo come vittima. Mi sono vista vittima tante altre volte purtroppo, anche giudicata tale dalla società, sono stata tanto giudicata perché mia figlia a 16 anni è rimasta incinta, ha avuto una bambina. Ha voluto portare avanti questa vita con grande coraggio, nonostante lui non fosse presente nella nostra vita. Ho avuto tante umiliazioni nelle aule dei tribunali, con tre gradi di giudizio che sono stati pesantissimi, mi sono ritrovata ad essere giudicata e ho visto mia figlia uccisa di nuovo dalle parole di chi difendeva l'assassino.
A volte dentro le aule dei tribunali c'è la rivittimizzazione delle vittime, non ci si rende conto che c'è anche una forma di violenza subìta dalla famiglia, che ascolta in silenzio perché non ha nessun diritto se non quello di vedere uccidere la propria figlia per l'ennesima volta. Il colpevole è stato condannato a trent'anni di carcere, con tutte le aggravanti, con rito abbreviato, lui premiato all'inizio del processo, io invece sono condannata all'ergastolo del dolore senza nessun processo.
Oggi sono qua perché vorrei segnalare alcune difficoltà che noi vittime viviamo nel momento in cui dobbiamo crescere dei Pag. 37 bambini e mi permetto di parlare brevemente degli orfani e della legge n. 4 del 2018 che è stata una conquista. Quando è morta mia figlia non si parlava assolutamente degli orfani, erano invisibili, nessuno parlava di loro, nessuno si prendeva cura di loro. Ho cresciuto mia nipote da sola, con un trauma terrificante, non ho avuto il sostegno di nessuno, né di associazioni né di centri antiviolenza, ho dovuto prendere coraggio e crescere questa bambina. La legge n.4 del 2018 è stata comunque una conquista e un riconoscimento per questi bambini. Ci sono delle criticità che mi sento in dovere di ricordare, a nome di tutte le nonne che come me vivono una burocrazia veramente pesante. Si accede a questo fondo con dei requisiti, tra questi lo status di orfano, che si acquisisce quando il padre è condannato almeno nei tre gradi di giudizio. Il sussidio è pari a 300 euro. Noi abbiamo un problema: non ci sono statistiche. Lo Stato ha difficoltà ad erogare questi soldi, non sappiamo quanti orfani ci sono, che età hanno, se sono maggiorenni o minorenni. Non sembra esserci una corretta distribuzione dei fondi. Il problema è importante: ci danno 300 euro che, per quanto possano sembrare miseri sono un piccolo aiuto soprattutto sotto il profilo psicologico. Si tratta di bambini che hanno bisogno di elaborare un trauma che si porteranno per tutta la vita e non bastano certo due sedute al mese perché, parliamoci chiaramente, hanno bisogno di sostegni importantissimi. La burocrazia per accedere a questo fondo è assolutamente ridicola: aspettare tre gradi di giudizio sinceramente è come dire a un bambino che non ha lo status di orfano quando in realtà lo diventa nel momento in cui il padre uccide la madre. Questo è un dato che va modificato, per evitare che noi che dobbiamo crescere questi bambini abbiamo difficoltà ad accedere ai fondi.
Ricordo poi la legge n. 122 del 2016, che ha introdotto il risarcimento per le vittime dei delitti di mafia e dei delitti Pag. 38 violenti, con un importo di 50.000 euro per le famiglie e di 60.000 euro per i bambini. Mi preme di segnalare l'insufficienza di questo fondo: non chiediamo soldi, non chiediamo niente ma non vogliamo neanche l'elemosina. Vogliamo crescere i nostri bambini con gli stessi diritti dell'assassino, che con la pena può essere recuperato. Questi bambini hanno molta più necessità degli assassini di essere aiutati concretamente: la legge prevedeva, per i delitti antecedenti il 2005, la scadenza per accedere ai fondi entro il 31 dicembre 2021: ci sono molti ragazzi che non sono riusciti a prendere questo fondo di 60.000 euro, proprio per la cattiva informazione. Nessuno lo sa – lo dico per esperienza –, non c'è formazione da parte degli enti, non danno le giuste informazioni e questo porta a delle carenze. Molti ragazzi oggi non hanno preso i 60.000 euro, è ridicolo il fatto che i soldi debbano essere divisi in base a quanti sono i bambini orfani. Io non amo le statistiche perché mia figlia non è una statistica ma un essere umano, così come i bambini orfani di femminicidio: mi preme dire che ci sono in ogni femminicidio almeno 2- 3 bambini orfani, sono a conoscenza di nonni che hanno 2- 3 bambini e 60.000 euro da dividere sono veramente irrisori. Se pensiamo che un detenuto ci costa parecchio e ha tanti benefici, noi siamo le vittime e noi abbiamo bisogno di essere considerate dalle istituzioni. Inoltre il fondo copre fino ai 18 anni, sarebbe opportuno arrivare almeno a 25 anni, con il tempo necessario per completare l'educazione. La povertà educativa è uno dei problemi fondamentali che noi purtroppo come vittime subiamo perché ci sono nonni che, a differenza mia – io ho un'età che mi permette di lavorare e di mantenere mia nipote –, non possono aiutare finanziariamente i nipoti. Questi ragazzi andrebbero aiutati: si tratta di ragazzi rimasti orfani di padre e di madre.Pag. 39
Vorrei segnalare che ho realizzato un progetto: 'La casa di Giordy', una casa di prima emergenza dove accogliamo le donne che hanno bisogno nell'immediato di aiuto. Abbiamo realizzato uno sportello di ascolto, non un centro antiviolenza, per scelta, ho scelto lo sportello di ascolto perché deve accogliere tutti in assoluto. La mia utenza è molto giovane, si va da ragazze di 16 fino ai 25 anni.
Ho riscontrato un problema parlando proprio di violenza sulle donne perché mia figlia aveva a suo tempo denunciato. Oggi abbiamo gli strumenti, come il Codice rosso, che è stato ampliato ultimamente. Devo dire che ad ogni festa del 25 novembre ci sono sempre nuove iniziative ma riscontro un problema di fondo. Quando una donna viene da noi non ha fiducia nelle istituzioni, non riesce a denunciare proprio perché dopo non c'è celerità. I percorsi dei centri antiviolenza e degli sportelli di ascolto sono efficaci nell'immediato, sono dotati di strumenti che prevedono delle figure professionali civili e penali, cerchiamo di dare un supporto soprattutto psicologico, perché a mio avviso la donna per affrontare una denuncia deve seguire un importante percorso personale. Il 99,9 per cento di queste donne subiscono la violenza economica, non sono autonome e se lo sono, sono gestite dal maltrattante. Chiaramente qui parliamo delle donne vittime di violenza, non delle donne in generale. Vorrei fare una statistica per capire chi veramente non ha mai vissuto questa esperienza, io l'ho vissuta più volte, anche inconsapevolmente. Molte donne quando vengono hanno questo problema: cosa farà l'istituzione. In realtà la lentezza della magistratura è altissima: dall'atto in cui si attiva la denuncia, quel Codice rosso che ci dà il rafforzamento, ho vissuto la lentezza della magistratura nel momento in cui deve fare una valutazione del rischio. Credo che ancora ci sia questo problema, c'è una cattiva valutazione del rischio, chiedo una Pag. 40 formazione sulla violenza di genere a tappeto per tutte le figure, non solo nella magistratura, ma per tutte le figure, come gli assistenti sociali, gli avvocati, tutti i soggetti che si occupano di questo problema. Parliamoci chiaramente, manca il personale e non tutti sono formati. La paura delle donne è proprio questa: si chiedono cosa succede poi ai figli, si attiva un sistema penale e civile che non procedono parallelamente uno accanto all'altro, ma che danno vita a due procedimenti distinti e separati: l'affidamento dei bambini diventa quasi una diatriba familiare quando in realtà in corso c'è una denuncia penale di maltrattamenti e persecuzioni. Queste donne hanno paura e rischiano di dare i figli nelle mani dell'uomo maltrattante, nonostante abbiano deciso di dire basta. Credo che dobbiamo tutti avere questa attenzione, il processo civile e penale devono andare insieme, e oltre alla tecnica e alla formazione dobbiamo chiedere anche umanità a chi opera nel settore, si tratta di bambini e dobbiamo garantire loro un futuro protetto. Questo è ciò che riscontro, lo dico con molta umiltà, lo riscontro quotidianamente. Vado nelle scuole perché sono convinta che non siano le leggi a salvare le donne, ma chi le salva è la cultura. Dobbiamo tanto lavorare sulla cultura. Io lo faccio con tanto amore e infatti il mio sportello d'ascolto non è un centro antiviolenza perché rivolto alle giovani donne e alle ragazze. E' fondamentale anche dare un occhio a questi giovani maschi che continuano ad utilizzare la forza e il potere per sentirsi uomini. Dobbiamo lavorare sulla rieducazione ai sentimenti. Ho trovato tanti giovani che non sono ascoltati e credo che questo sia un lavoro che tutti noi dobbiamo fare affinché si realizzi la prima prevenzione in assoluto, che è quella della cultura.
Voglio esprimere un mio pensiero personale: io ho avuto l'ergastolo del dolore senza alcun processo, l'assassino si è fatto un processo, quattro anni e tre gradi di giudizio. Pende ancora Pag. 41 in appello il processo per stalking e mia figlia ha quasi dieci anni di terra addosso. Ecco la lentezza di cui parlavo prima. E' importante il valore che io ho dato a quella condanna: so di certo che quei trent'anni non li farà, io non dico che dobbiamo mettergli il cappio al collo, perché credo che ogni essere umano abbia il diritto di ricominciare, però mi sembra anche giusto e corretto rivedere gli strumenti di libertà anticipata. Ad un soggetto maltrattante non interessa se uccide o se fa del male, non gli interessa la pena, quando un uomo decide con premeditazione e crudeltà di uccidere, dopo tre gradi di giudizio la condanna dovrebbe essere scontata. Capisco che ci sono i benefici penitenziari e che la nostra Costituzione riconosce la pena rieducativa, ma potremmo dimezzare la libertà anticipata per dare la possibilità a noi di elaborare il lutto. Guardate che non è semplice uscire da casa e incontrare l'assassino della propria figlia, c'è bisogno di tanto fegato per non saltargli addosso. Credo che dobbiamo proteggere i nostri bambini che con grande fatica dobbiamo crescere e credo ci debba essere almeno la sensibilità di dimezzare quello che è un diritto quasi automatico che loro acquisiscono, è rispettoso nei confronti delle vittime e di chi resta.
È importante poi informarci quando questi soggetti escono di prigione, perlomeno abbiamo la possibilità di scappare, perché di certo non ci danno le carezze quando ci incontrano. Io vivo una situazione molto pericolosa: ho denunciato e continuo a denunciare le minacce anonime che mi arrivano per il mio silenzio. Sono stata minacciata e ho presentato una denuncia penale per minacce di morte a me e alla mia famiglia. Tra poco questo tizio esce, quindi vi chiedo di proteggerci perché mia figlia non è stata protetta da una denuncia e la mia preoccupazione è che io non possa proteggere mia nipote. Quindi rivediamo questi benefici, non dico di cancellarli, perché Pag. 42 non desidero la morte di nessuno, ma desidero e pretendo protezione da parte dello Stato. Grazie.
PRESIDENTE . Grazie, signora Squatrito, per le sue parole e per il suo impegno di tutti questi anni. La sua vicenda personale è diventata un impegno anche per tutte le altre e per tutti noi. Prego le colleghe e i colleghi presenti di intervenire o porre eventuali quesiti.
ANNA BILOTTI . Buongiorno e grazie per la sua testimonianza, perché partendo da un dolore inenarrabile lei è riuscita a restituire alla società un contributo a questo fenomeno che purtroppo, con tutti gli sforzi possibili e immaginabili, non riusciamo a debellare. Nel suo discorso è tornato un aspetto che ha affrontato anche la prima audita e molto probabilmente la seconda che, per un impegno concomitante non sono riuscita a seguire, che è quello dell'educazione. La prima audita ha parlato di educazione al rispetto, lei ha parlato di educazione ai sentimenti: c'è questa parola, educazione, che torna ciclicamente però, affinché il lavoro di questa Commissione e di tutti coloro che danno il loro contributo e che ci lavorano non sia vano, è intellettualmente onesto affermare che non sempre tra le varie forze politiche ci troviamo d'accordo su cosa materialmente si traduca questa educazione. Alla luce della sua attività lei prima ha fatto un passaggio, non mi ricordo le parole esatte e spero di aver colto nel più intimo significato cosa intendeva, sostenendo di non avere le competenze, credo si riferisse alle competenze tecniche che magari può avere un pedagogo o uno psicologo. Purtroppo e lo sottolineo di nuovo, la vita reale le ha fatto patire questa esperienza diretta, lei può fungere da guida per capire come procedere.
Poi le pongo un'altra domanda, lei ha parlato del fatto che in questo momento subisce delle intimidazioni, se ho ben Pag. 43 capito, per il suo silenzio e chiede allo Stato, che noi rappresentiamo, una maggiore protezione. Vorrei ulteriori dettagli, se fosse possibile, su questa situazione che non risulta essere nota.
VERA SQUATRITO , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. Non è nota perché non faccio pubblicità. Dopo la morte di mia figlia non sono mai stata in silenzio, ho sempre gridato, soprattutto perché il colpevole ricevesse una pena certa, che pagasse per quello che ha fatto. Raccontando la storia di mia figlia do luce all'assassino involontariamente, perché non voglio dargli luce, lui invece vuole l'oblio e mi intima quotidianamente il silenzio: ho ricevuto delle lettere minatorie che ho denunciato e che sono in Procura, nelle quali minaccia di morte me e i miei bambini, quindi i miei nipoti.
Io non sto in silenzio, me ne frego, lo dico perché non ho paura di nessuno, figuriamoci dopo aver seppellito una figlia se ho paura di morire, per me è liberatorio morire. Però è importante far capire che si tratta di soggetti assolutamente imprevedibili e l'imprevedibilità ha fregato le donne che hanno denunciato, l'imprevedibilità ha fregato le istituzioni perché a volte si sottovaluta o non si conosce l'azione successiva. Il maltrattante è bravissimo. Ho iniziato nel novembre del 2015, ad ottobre dello stesso anno mia figlia è morta. Dei ragazzi che sono venuti al funerale mi hanno voluto ringraziare e da lì ho trovato una piccola luce. Ho raccontato di mia figlia e a un mese e mezzo l'ho sentita viva, sono oramai nove anni. Devo dire che non è stato semplice inserirmi nelle scuole, era presente tanto pregiudizio, mi chiedevano cosa avessi da raccontare e io volevo raccontare la storia per quella che è, affinché loro potessero captare dei segnali che a volte vengono sottovalutati. Devo dire che questo mi ha portato tanti risultati: tante ragazze sono uscite fuori da un rapporto violento e devo dire che per me il futuro sono loro.
STEFANIA ASCARI . Grazie della sua presenza. Sua figlia era una ragazza veramente «tosta», una ragazza che decide di portare avanti una gravidanza contro tutti in un paesone, in un contesto culturale anche molto giudicante denota una personalità veramente meravigliosa che ha portato alla luce Asia, la bimba.
Allora, io le chiedo questo perché la prima cosa che deve fare un legislatore è studiare e capire per scrivere al meglio una norma. Lei sta facendo ogni giorno prevenzione, sta tenendo in vita sua figlia ogni giorno e questa è veramente la cosa migliore che si possa fare. Con questo centro d'ascolto lei ha la possibilità di capire e di ascoltare tante giovani ragazze che chiedono aiuto, quindi sarebbe fondamentale avere un suo documento, anche dettagliato, in cui si riporta cosa chiedono, di cosa hanno paura, cosa pretendono dallo Stato. Lei ha citato il decreto legislativo n.122 del 2016, che è un fondo immenso per quanto riguarda i reati di mafia, con risarcimenti, come è giusto che sia, che arrivano addirittura a risarcire i pronipoti. Per le vittime di femminicidio si prevedeva un fondo di 7800 euro, oggi arrivato a 60.000 euro per tutti i familiari. Abbiamo chiesto di quintuplicare questo importo che comunque è limitato perché ovviamente i danni sono irreparabili. È stato previsto l'anticipo di un terzo rispetto alla sentenza esecutiva con un emendamento fortemente voluto, che è diventato legge, ma ancora tutto questo non basta perché c'è bisogno di un supporto psicologico ed economico costante.
Oltre a ringraziarla per quello che fa ogni giorno io le vorrei chiedere una cosa, lo so che è difficile parlarne ma mi ha colpito molto: lei ha parlato di tre gradi di giudizio pesanti, in cui lei come famiglia dichiara di aver subìto una vittimizzazione secondaria, che è una violenza istituzionale. Le vorrei chiedere cosa intenda con questa violenza, anche per porre dei correttivi Pag. 45 ed evitare in primis che ci siano femminicidi, ma poi che vi sia una seconda «uccisione» della propria figlia.
LUANA ZANELLA . Mi unisco alle colleghe nei ringraziamenti e nel ribadire l'utilità di queste audizioni e della sua in particolare. Innanzitutto vorrei chiederle se alla luce della sua esperienza e dell'attività di ascolto lei ci conferma quanto noi abbiamo rilevato circa la postura di fragilità attraverso cui appaiono spesso gli uomini maltrattanti o femminicidi.
PRESIDENTE . Do la parola alla signora Squatrito per le risposte.
VERA SQUATRITO , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. I tre gradi di giudizio sono stati pesantissimi. Quando ti viene ammazzata una figlia è chiaro che dai per scontato che il colpevole sarà condannato secondo il tuo desiderio, poi scopri che la realtà è diversa. In quell'aula di tribunale io mi sono sentita niente, come se mia figlia fosse nelle mani dello Stato nuovamente, dopo la sua denuncia inascoltata, nelle mani di un difensore che la denigrava continuamente per giustificare il gesto immondo da lui commesso, anche insultandola, definendo mia figlia donna di facili costumi, menzognera e traditrice, parole che mi hanno uccisa dentro quell'aula di tribunale, dette da una difesa che, pur avendo dei diritti, non ha però il diritto di diffamare chi non c'è più. Mi sono sempre battuta per questo, l'etica professionale è fondamentale per far comprendere che metti la tecnica ma lasci stare la parte intima della donna che non c'entra niente con il gesto immondo dell'uomo che decide di ucciderla. Ho vissuto questo, con l'impotenza di stare in silenzio perché sennò venivo buttata fuor dall'aula, perché anche come parte civile io non ero lì per del denaro che non ho avuto e mai avrò, ma per difendere mia figlia.Pag. 46
Rispondendo all'altra domanda, sarebbe opportuno che dessimo una responsabilità a questi assassini, quella di risarcire le famiglie se vogliono i benefici penitenziari. Li deresponsabilizziamo da tutti i gesti che fanno o perché sono malati o perché sono persone che hanno subìto dei traumi da bambini, ma chi non li ha avuti i traumi; un uomo che ha un minimo di equilibrio riesce a fermarsi in un momento di rabbia e se non lo fa è perché sicuramente ha un problema personale. Diamogli la responsabilità ma per i benefici che almeno risarciscano le famiglie. Credo che questo sia uno dei motivi per i quali si possono dimezzare i benefici penitenziari. Per me è stato un incubo, anche perché noi non abbiamo mai ricevuto un centesimo da questa persona, io avrei dato questi soldi in beneficenza perché mia figlia non ha prezzo.
Potrebbe ripetermi la domanda, onorevole Zanella?
LUANA ZANELLA . Da altre audizioni che abbiamo avuto modo di ascoltare il maltrattante e anche il femminicida erano spesso rappresentati come persone che prima non avevano manifestato eccessi di violenza fisica, magari economica o psicologica e soprattutto, cosa che mi ha colpito, sono stati presentati come persone fragili, che quasi attiravano un senso di protezione.
VERA SQUATRITO , madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. Nel caso specifico e in quelli che ho potuto vedere anche dall'esterno hanno tutti una caratteristica, sono dei grandi manipolatori, riescono a nascondere con molta agilità e facilità soprattutto la loro apparenza agli occhi della società. Infatti quando mia figlia è stata ammazzata tutti lo giustificavano, dicendo che tutto poteva sembrare tranne un violento. In realtà non c'è un ceto sociale del maltrattante, il maltrattante veste anche in giacca e cravatta. Hanno una personalità manipolatrice,Pag. 47 non si avverte la violenza del soggetto, si tratta di una figura docile e molto educata, quasi misteriosa, e purtroppo questo attira noi donne, quel non guardarti negli occhi, quell'abbassare lo sguardo. La sensazione che mi ha dato l'assassino di mia figlia è stata questa, non mi guardava negli occhi. Ho capito dopo perché, perché avevo capito che nascondeva qualcosa e quindi lui tendeva ad essere educato, ad abbassare gli occhi e a non darmi quella soddisfazione. Non sono fragili, hanno sicuramente avuto un percorso di vita familiare non semplice, magari hanno avuto qualche carenza, soprattutto quando sono ossessivi e possessivi, ma non sono assolutamente fragili. Sanno quello che vogliono e l'ottengono al punto che uccidono e tolgono la vita.
PRESIDENTE . Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.35.
(*) L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025, ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta del 1° aprile 2025, in cui sono state svolte le audizioni di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio, di Alexandria Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio e di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.
(*) L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025, ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta del 1° aprile 2025, in cui sono state svolte le audizioni di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio, di Alexandria Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio e di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.
(*) L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025, ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta del 1° aprile 2025, in cui sono state svolte le audizioni di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio, di Alexandria Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio e di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.
(*) L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025, ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta del 1° aprile 2025, in cui sono state svolte le audizioni di Stefania Pinto, sorella di Ornella Pinto, vittima di femminicidio, di Alexandria Zurria, zia di Sofia Castelli, vittima di femminicidio e di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, vittima di femminicidio. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.