XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 72 di Lunedì 10 febbraio 2025
Bozza non corretta

INDICE

Audizione di Paolo Reale, esperto di informatica forense:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 

(La seduta, sospesa alle 15.20, è ripresa alle 15.25) ... 3 

Audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet :
Semenzato Martina , Presidente ... 3  ... 4 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 4 
Semenzato Martina , Presidente ... 12 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 13 
Semenzato Martina , Presidente ... 13 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 14 
Semenzato Martina , Presidente ... 14 
Sensi Filippo  ... 16 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 16 
Semenzato Martina , Presidente ... 17 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 17 
Semenzato Martina , Presidente ... 17 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 18 
Semenzato Martina , Presidente ... 18 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 18 
Semenzato Martina , Presidente ... 18 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 18 
Semenzato Martina , Presidente ... 21 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 22 
Semenzato Martina , Presidente ... 22 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 22 
Semenzato Martina , Presidente ... 22 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 22 
Semenzato Martina , Presidente ... 23  ... 23 

(La seduta, sospesa alle 16.05, riprende alle 16.10) ... 23 

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 23 

Audizione di Anna Italia, ricercatrice del CENSIS:
Semenzato Martina , Presidente ... 24 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 24 
Semenzato Martina , Presidente ... 33 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 35 
Semenzato Martina , Presidente ... 35 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 35 
Semenzato Martina , Presidente ... 36 
Leonardi Elena  ... 36 
Semenzato Martina , Presidente ... 37 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 37 
Semenzato Martina , Presidente ... 38 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 38 
Semenzato Martina , Presidente ... 38 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 38 
Semenzato Martina , Presidente ... 39 
Italia Anna , ricercatrice del CENSIS ... 39 
Semenzato Martina , Presidente ... 40 

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 40 

Audizione di Daniela Fumarola, Segretaria generale aggiunta CISL Nazionale, Leonardo Malatacca, Coordinamento Donne CISL, Giorgia Fattinnanzi, responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere, Lara Ghiglione, Segretaria confederale CGIL, Alessandra Menelao, Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze, Maddalena Imperiali, Segretaria Confederale UGL:
Semenzato Martina , Presidente ... 40 
Fattinnanzi Giorgia , responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere ... 41 
Semenzato Martina , Presidente ... 46 
Menelao Alessandra , Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze ... 47 
Semenzato Martina , Presidente ... 50 
Malatacca Leonardo , Coordinamento Donne CISL ... 50 
Semenzato Martina , Presidente ... 55 
Ghio Valentina (PD-IDP)  ... 55 
Sensi Filippo  ... 57 
Semenzato Martina , Presidente ... 58 
Fattinnanzi Giorgia , responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere ... 58 
Menelao Alessandra , Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze ... 60 
Malatacca Leonardo , Coordinamento Donne CISL ... 62 
Semenzato Martina , Presidente ... 63 
Imperiali Maddalena , Segretaria Confederale UGL ... 63 
Semenzato Martina , Presidente ... 67 
Imperiali Maddalena , Segretaria Confederale UGL ... 67 
Semenzato Martina , Presidente ... 67 

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3  

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta inizia alle 14.30.

Audizione di Paolo Reale, esperto di informatica forense.

  PRESIDENTE . Buongiorno a tutti e a tutte. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione dell'ingegnere Paolo Reale esperto di informatica forense.
  Avverto che l'audizione si svolgerà in forma segreta. Ricordo che ai sensi dell'articolo 5 della legge istitutiva relativa all'obbligo di segreto, i componenti della Commissione e il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.
  La Commissione prende atto.

  (I lavori proseguono in seduta segreta)

  La seduta, sospesa alle 15.20, è ripresa alle 15.25.

Audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet.

  PRESIDENTE . Buongiorno a tutti. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione del dottor Pier Carlo Montali, Pag. 4 amministratore delegato e fondatore della startup «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet, che abbiamo già audito all'inizio dei lavori della Commissione. A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto al dottor Pier Carlo Montali ed anche alla dottoressa Francesca Fava.
  Avverto che l'audizione si svolgerà in forma segreta. Ricordo che ai sensi dell'articolo 5 della legge istitutiva relativa all'obbligo di segreto, i componenti della Commissione e il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.
  La Commissione prende atto.

  (I lavori proseguono in seduta segreta).(*) 

  PRESIDENTE . Do la parola al dottor Montali, prego.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Buongiorno presidente, onorevole Semenzato, buongiorno onorevoliPag. 5  membri della Commissione. Desidero innanzitutto ringraziarvi per l'opportunità di intervenire in questa prestigiosa sede. Per me è un onore poter fornire il mio piccolo contributo su un tema a cui tengo profondamente, l'impiego delle tecnologie al fine di contrastare la violenza sulle persone.
  Parlo in qualità di amministratore di «Security Watch Srl», società ideatrice del dispositivo per la sicurezza denominato WinLet, che è stato premiato con la Amazon Innovation Award, quale migliore dispositivo in Italia e tra i primi 20 in Europa. Soprattutto, la cosa più importante è che WinLet ha contribuito in tre anni ad aiutare oltre 450 persone in situazioni di pericolo, come hanno riportato i principali media il 25 novembre 2024. Questa esperienza acquisita sul campo, ci ha portato all'elaborazione di un nuovo sistema per la tutela delle persone maltrattate, il sistema si chiama BeHero e ha tre obiettivi. Il primo è quello di garantire la tutela di tutte le parti coinvolte attraverso un sistema intelligente e non invasivo progettato per preservare il più possibile la quotidianità degli interessati e, al contempo, garantirne la sicurezza personale. Il secondo obiettivo è implementare un sistema di assistenza operativa continua, attivo 24 ore su 24, finalizzato a garantire un supporto tempestivo ed efficace in ogni situazione di necessità. Il terzo obiettivo è ottimizzare l'intervento delle forze dell'ordine riducendo il carico operativo attraverso l'adozione di strumenti tecnologici avanzati e procedure di gestione preventiva, in modo da destinare le attività solo a situazioni di effettiva emergenza. A supporto di tale progetto possiamo avvalerci della collaborazione di due realtà di comprovata eccellenza ed esperienza. La prima è la DAS Group, società operante da oltre vent'anni nella progettazione di smart device, con numerosi casi di successo alle spalle; la seconda è la Neosperience S.p.A, società quotata a Piazza Affari, leader in Italia nel settore dell'intelligenzaPag. 6  artificiale e della digitalizzazione. Prima di concepire il sistema BeHero abbiamo condotto un'attenta analisi sui dispositivi già presenti sia in Italia che all'estero rilevando alcune criticità ricorrenti. In particolare, l'autonomia limitata delle batterie, le difficoltà tecniche nell'utilizzo, l'invadenza significativa nella vita quotidiana, tanto della persona maltrattata, quanto della persona maltrattante, una ridotta assistenza tecnica per tutte le parti coinvolte e, soprattutto, un elevato numero di falsi allarmi. Prendendo spunto da tali limiti, abbiamo così creato il sistema BeHero caratterizzato da una visione che cambia il paradigma tecnologico. Quindi non un unico dispositivo che ha un GPS e che avvisa subito le forze dell'ordine, ma una serie di attività, gli esperti le chiamerebbero tecnologie diffuse, che chiama in causa più elementi che collaborano tra di loro in maniera graduale fino ad arrivare alla chiamata delle forze dell'ordine, ma solo ed esclusivamente in caso di reale emergenza. Così facendo, creeremmo un meccanismo realmente smart, ma al contempo solido, capace di collocare al centro non solo la sicurezza, ma anche la dignità e i diritti fondamentali di tutte le persone coinvolte. Il tutto, ripeto, alleggerendo in maniera significativa il lavoro delle forze dell'ordine. Per fare questo le parti del sistema BeHero si compongono: di un dispositivo cavigliera, una piattaforma di intelligenza artificiale, una centrale operativa professionale e delle applicazioni per smartphone. La cavigliera è il fulcro del progetto BeHero. È un dispositivo che verrà consegnato alla persona maltrattante realizzato con materiale altamente resistente e provvisto di meccanismi che segnalano qualunque tentativo di taglio o rimozione non autorizzata. Le caratteristiche principali del dispositivo sono: un rivestimento in silicone anallergico pensato per essere molto comodo per chi lo porta e con peso bilanciato; rimozione esclusivamente mediante taglio Pag. 7 (come dicevamo, l'azione di taglio non autorizzata genera un allarme automatico); l'impermeabilità totale, è possibile addirittura utilizzarlo in mare o in piscina; infine, aspetto importantissimo, una batteria non ricaricabile e non estraibile della durata variabile dai 6 ai 12 mesi a seconda dell'uso. Quindi non deve essere ricaricato, cosa che sappiamo essere molto importante. Inoltre, i materiali molto resistenti e il peso contenuto, pesa meno di 200 grammi, garantiscono estrema robustezza unita ad una elettronica leggera. All'interno del dispositivo si troverà una sirena piezoelettrica ad alta frequenza, raggiunge circa 140 decibel, che si attiva in caso di allarme. Inoltre ci sarà un effetto vibrazione che avvisa il maltrattante di eventuali violazioni o comportamenti non conformi alla procedura stabilita. In più ci sarà una funzione fumogeno macchiante che si attiva in caso di allarme emettendo un fumo colorato per attirare l'attenzione e destabilizzare il soggetto maltrattante. All'interno della cavigliera ci saranno dei microfoni per l'ascolto ambientale abilitati solo se si verifica un effettivo pericolo e con segnalazione nell'app del soggetto sorvegliato a tutela della sua riservatezza.
  Un altro aspetto molto importante è che la connessione di questa cavigliera avverrà tramite bluetooth con una app dedicata per il rilevamento della posizione. Quindi il dispositivo si collegherà allo smartphone prendendo i dati dal cellulare e se il collegamento con lo smartphone viene meno, il software interno alla cavigliera passa alla localizzazione di emergenza, sfruttando le reti Apple AirTag e Google Find My Device.
  Infine, ci saranno degli hardware e software di supervisione concepiti per generare allarmi soltanto in circostanze di effettivo rischio, riducendo drasticamente i falsi allarmi. Tale device permette di garantire sicurezza, affidabilità e praticità d'uso, Pag. 8 senza interferire in maniera eccessiva con la quotidianità di chi lo indossa.
  Neosperience svilupperà invece la piattaforma di intelligenza artificiale centralizzata, finalizzata ad attivare rapidamente i dispositivi, sia per la persona maltrattata che per il maltrattante e relativi abbinamenti. Gestirà la fornitura e sostituzione dei dispositivi in tempi brevi, noi prevediamo, come già stiamo facendo con i dispositivi attuali WinLet, una logistica che va dalle 24 alle 48 ore massimo in tutta Italia. Infine, monitorare in tempo reale gli stati di attivazione degli allarmi.
  Un altro aspetto molto importante è che la piattaforma garantisce assistenza H24 e supporto multilingua. Infatti il sistema comprende un servizio di assistenza sia via chat, quelli che oggi chiamiamo chatbot, che via telefonica basata sull'intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24 in tutte le lingue del mondo, ovviamente stiamo parlando delle principali 30, 40 lingue, a beneficio sia della persona maltrattata, sia del maltrattante, ma anche delle forze dell'ordine per eventuali richieste tecniche. Secondo la nostra esperienza, tale supporto risolverà la stragrande maggioranza dei casi; per i problemi più complessi il sistema prenota un appuntamento con un nostro tecnico entro il giorno stesso o al massimo quello successivo.
  Come già sperimentato con successo per WinLet, ci possiamo avvalere poi di una centrale operativa composta esclusivamente da guardie giurate esperte in ambito sicurezza. Ovviamente tutto ciò è possibile previa necessaria autorizzazione delle autorità competenti. In questo modo però si garantisce un filtro preliminare dei segnali di allarme, consentendo di ridurre praticamente a zero tutti i falsi allarmi – considerate che su WinLet in tre anni i falsi allarmi son stati realmente zero – e di allertare tempestivamente e correttamente le forze dell'ordine solo quando strettamente necessario. Gli operatori della Pag. 9 centrale operativa monitoreranno nelle 24 ore i dispositivi attivi, quindi H24; valuteranno in tempo reale situazioni potenzialmente critiche e analizzeranno lo storico dei comportamenti di chi indossa la cavigliera per evidenziare eventuali anomalie. Inoltre, in caso di allarme coordineremo l'intervento con le forze dell'ordine locali secondo i protocolli stabiliti. Infine, solo la centrale operativa potrà attivare i meccanismi di dissuasione –dicevamo prima, la sirena piezoelettrica e il fumogeno – presenti nel dispositivo. È importante sottolineare che l'intelligenza artificiale supporterà il personale della centrale operativa riconoscendo i modelli comportamentali a rischio e segnalando in anticipo eventuali criticità. Come dicevamo prima, il sistema BeHero comprende due tipologie di applicazioni: una app della persona maltrattata che gli permette di visualizzare la posizione del maltrattante se entra in zone a rischio, e dà la possibilità di contatto diretto con la centrale operativa e con le forze dell'ordine in situazioni di emergenza. La app invece della persona maltrattante indica lo stato di carica del dispositivo, avvisa sulla situazione di ricarica dello smartphone per evitare che la batteria rimanga scarica e indica l'allontanarsi da zone proibite e il rientrare in aree non pericolose, evitando l'escalation dell'allarme.
  Ora andrò ad elencare le modalità operative per attivare e gestire il sistema. Le forze dell'ordine riceveranno il dispositivo e con l'ausilio di un nostro tecnico da remoto procederanno alla consegna al maltrattante e all'installazione sulla caviglia. Sempre con il nostro supporto da remoto, le Forze dell'ordine registreranno l'app sullo smartphone del maltrattante; se sprovvisto di telefono provvederemo noi a fornirlo dopodiché avverrà l'abbinamento del dispositivo tra app e cavigliera. Per la persona maltrattata saremo direttamente noi invece a farci carico di fornire assistenza per il supporto alla registrazione dell'atto. Pag. 10 Anche in questo caso, se è sprovvista di telefono provvederemo noi a fornirlo. Seguendo queste procedure le forze dell'ordine non sono gravate da attività ulteriori, se non la chiusura del dispositivo sulla caviglia del maltrattante, operazione questa che abbiamo cercato di semplificare al massimo. Per quanto riguarda la definizione di distanze di sicurezza tra persona maltrattante e persona maltrattata, sulla base delle informazioni fornite dalle forze dell'ordine riguardo alla specifica situazione dei soggetti coinvolti, il sistema può adeguarsi, previo accordo, sulle distanze e procedure di sicurezza ritenute più opportune. Noi abbiamo studiato per queste situazioni delle aree. Nello specifico, ci sono le aree viola che rappresentano le zone interdette al maltrattante, ad esempio abitazione o luogo di lavoro della persona maltrattata; le aree verdi che sono la condizione di sicurezza in cui la distanza tra i due soggetti non genera allarme; le aree gialle che sono le zone in cui la vicinanza si fa pericolosa e il sistema inoltra un primo avviso al maltrattante tramite intelligenza artificiale invitandolo ad allontanarsi qualora si stia avvicinando inconsapevolmente alla persona maltrattata. Abbiamo poi creato delle aree arancioni dove la distanza si sta riducendo fino all'allarme finale e in questo caso interviene la centrale operativa che contatta telefonicamente il maltrattante per valutare l'eventuale sussistenza di pericolo concreto. Inoltre si attiva il microfono della cavigliera e la persona maltrattata viene informata dalla centrale operativa del rischio potenziale. Infine le aree rosse quando la distanza è oltre la soglia del pericolo cioè quando si attiva l'allarme. La centrale operativa in questo caso fa scattare la sirena ad alta frequenza di 140 decibel e il fumogeno macchiante, le forze dell'ordine vengono avvisate immediatamente così che si possano mettere in contatto con la persona maltrattata e dei suoi referenti. In tal modo si applica un principio Pag. 11 di proporzionalità progressivo. L'intervento diviene gradualmente più incisivo man mano che il rischio aumenta, consentendo alla persona maltrattata di mettersi in salvo con il giusto preavviso e supporto. Permettetemi di dirlo, questa è la novità del nostro sistema rispetto a tutti gli altri prodotti che abbiamo visto sul mercato.
  Inoltre un aspetto molto innovativo è che la piattaforma di intelligenza artificiale permette di utilizzare un sistema predittivo che aiuta ad anticipare o interpretare l'intenzione del maltrattante, distinguendo fra avvicinamenti volontari e situazione fortuita. Ad esempio gli incroci casuali in automobile. Inoltre proponiamo un sistema di Report finalizzato a monitorare costantemente il comportamento del maltrattante. Per il maltrattante questo potrà essere utile per comprendere in modo oggettivo il proprio comportamento e gli ambiti di miglioramento, con l'obiettivo di adottare condotte virtuose e correggere quelle problematiche. Alla persona maltrattata invece serve per ricevere aggiornamenti periodici, migliorando la propria percezione di sicurezza e la consapevolezza della situazione. Mentre per le forze dell'ordine può essere utile per disporre di un monitoraggio continuo e analitico, pronto a evidenziare criticità che richiedono interventi tempestivi.
  Passando al tema privacy e gestione dei dati, la salvaguardia della riservatezza e la sicurezza informatica rappresentano aspetti fondamentali di BeHero. Concepito secondo il principio del GDPR delle normative vigenti in materia di protezione dei dati personali. In particolare, ci avvaliamo di cifratura end to end dei dati, ascolto ambientale attivo solo in situazioni di pericolo con avviso alla persona maltrattante e, soprattutto, la cancellazione automatica delle informazioni una volta trascorso il tempo strettamente necessario. Inoltre, noi pensiamo che questo tipo di tecnologia possa essere utile anche per tutto Pag. 12 quello che può riguardare la formazione dei soggetti coinvolti. La piattaforma e le app possono, infatti, fungere da veicolo per percorsi formativi. Alla persona maltrattante possiamo offrire supporto psicologico e percorsi formativi interattivi, ovviamente curati da professionisti e in collaborazione con associazioni o enti competenti; alla persona maltrattata, invece, possiamo offrire sostegno psicologico e formazione a prescindere dal contesto di violenza. Ripeto, questi sono aspetti in cui solo gli esperti del settore possono aiutarci. Il nostro unico compito può essere quello di fornire un adeguato supporto tecnologico. Infine, per le forze dell'ordine abbiamo previsto contenuti formativi e aggiornamenti costanti tramite brevi video.
  Per concludere, con BeHero presentiamo la soluzione, secondo noi, smart, tecnologicamente avanzata, studiata per prevenire e contrastare la violenza e il maltrattamento attraverso un sistema di monitoraggio graduale e intelligente. Siamo convinti che grazie a questa tecnologia diffusa, che utilizza più strumenti, grazie a un dispositivo smart ed efficace, grazie all'intelligenza artificiale che ci può supportare nell'analizzare tutti i dati in maniera preventiva e grazie a una centrale operativa professionale che filtra tutti i segnali e solo in caso di reale necessità intervengono le forze dell'ordine, ecco, grazie a tutto questo pensiamo che BeHero possa rappresentare veramente un passo significativo nella lotta contro la violenza di genere e, in più generale, contro ogni forma di violenza.
  Vi ringrazio per la cortese attenzione e rimango a vostra completa disposizione per qualsiasi chiarimento e approfondimento.

  PRESIDENTE . Grazie dottor Montali, ci ha dato talmente tante informazioni che ci è venuto mal di testa, però lei ha tutto in testa e noi no.Pag. 13 
  Allora, ci ha detto quindi che questo sistema prevede una cavigliera, anche con tutte le attenzioni sanitarie. Questa cavigliera ha un sistema di sicurezza contro eventuali manomissioni e, addirittura, è dotata di allarmi sonori e fumogeni che si attivano nel momento in cui il maltrattante si avvicina alla donna maltrattata, mi pare di aver capito. È inoltre collegata allo smartphone del soggetto con una app, mentre la donna maltrattata non ha più un oggetto terzo ma la app sempre dentro il suo cellulare. Giusto?

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Esattamente.

  PRESIDENTE . Poi rimane il tema del caricamento del cellulare che si scarica come si scaricano i supporti del braccialetto elettronico, problema inerente tanto il caricamento del cellulare dell'uomo maltrattante quanto della donna maltrattata. Rimane dunque il tema di avere un supporto sempre carico, mentre mi sembra si risolva con una batteria il tema della cosiddetta cavigliera, quella che noi identifichiamo come braccialetto elettronico, che ha una durata dai 6 ai 12 mesi. Questa è una delle problematiche relative al braccialetto elettronico, cioè che si scaricano velocemente i dispositivi, anche se in realtà poi l'allarme parte ugualmente quando questo dispositivo si scarica.
  Uno dei temi che avrà visto affrontati è proprio quello della raccolta, che oggi è in capo alle Forze dell'ordine, delle tante tipologie di allarmi: non prende il telefono, avvicinamento, scaricamento della batteria, ecc. Quindi lei dice, anche penso sul modello di altre nazioni europee, penso alla Francia e alla Spagna, che in questo sistema che proponete avete già un partner, insieme al quale già lavorate per l'altro dispositivo di Pag. 14 sicurezza privata, il WinLet che è una sorta di dispositivo di sicurezza privata, un orologietto che tu premi se qualcuno ti aggredisce e parte l'allarme sonoro. Giusto?

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Esattamente.

  PRESIDENTE . Lei dice che questa stessa centrale esegue quella funzione, di cui tanto si dibatte e che è già presente in altri Paesi, di scrematura dell'allarme. Corretto? quindi poi in questa scrematura io contatto la forza dell'ordine, dico attenzione che qui invece abbiamo sentito c'è un caso. Noi abbiamo una legge che prevede una distanza oltre la quale scatta l'allarme, che è quella dei 500 metri, non sono previste, a differenza ad esempio della Francia, zone dove l'uomo maltrattante è inibito dall'andare. In altri Paesi questa distanza è molto più allungata: un chilometro, anche due o tre, ed effettivamente esistono quelle che lei ci ha descritto come zona viola, zona arancio, la zona pericolosissima rossa che per noi sono i 500 metri. In Italia, da un punto di vista normativo non esistono ancora zone. Ad esempio, la donna può essere a casa e l'uomo maltrattante può essere vicino alla scuola dei figli; ma se il dispositivo non è stato dato anche ai figli, la donna sa che quella è una zona di pericolo, arancione, però non lo può decidere lei, perché non ci sono delle norme di legge che prevedano altro se non che l'uomo debba stare ad una distanza minima di 500 metri. A meno che il giudice non si pronunci in tal senso, ad oggi non ci sono delle previsioni di legge che stabiliscano a priori delle zone rosse, delle zone viole eccetera. Giusto? Questo era quanto mi veniva in mente dalla sua narrazione, poi sicuramente anche il supporto di spiegazione del funzionamento degli strumenti tecnici è fondamentale per Pag. 15 il maltrattante, per la donna maltrattata e naturalmente per le forze dell'ordine.
  Dottor Montali, noi abbiamo un grande tema. L'analisi ci dice che i braccialetti elettronici di fatto, pure affidandoci alla tecnologia funzionano ma quello che non funziona o è difficile da risolvere è la connessione. Nel senso che come non prende il mio telefono perché sono nello scantinato, così non prende il dispositivo che noi chiamiamo braccialetto elettronico. Quindi non è solo una questione tecnica. Voi avete fatto degli interventi intelligenti sulla batteria ed anche su supporti diversi che non avevo mai sentito, tipo i fumogeni. Tutto è un upgrade, però il grande tema è che quando una donna va al supermercato, scende al secondo piano del parcheggio, non prende la connessione. Qui si è parlato tanto, abbiamo già capito che i satelliti sono i primi che cadono, quindi il tema non è solo l'aspetto tecnico dell'oggetto, ma è proprio la connessione di rete. Io forse non mi sono espressa nel miglior modo tecnico, però ho palesato quello che è venuto fuori che può essere una distanza troppo corta, per cui poi 500 metri, lo vedevamo prima, si fanno in un minuto e anche l'intervento delle forze dell'ordine, per quanto siano reattive... quindi questa è una riflessione, anche legislativa. Poi c'è il tema della connessione, il tema dell'educazione a questi strumenti perché siano sempre perfettamente funzionanti, cioè carichi; quindi il tema che abbiamo due cellulari; se penso che ogni tanto il mio si scarica e rimane lì scaricato. Quindi questa è la riflessione.
  La domanda è: che cosa nella sua visione, fatto salvo che lei immagino non abbia fatto un colloquio telefonico con Fastweb, trova nello scenario di così differente rispetto ad un processo che già c'è? Va bene la centrale operativa, vanno bene gli allarmi sonori che non ci sono, va bene il fumogeno, va bene che magari si alleggerisce la donna ed anche l'uomo maltrattantePag. 16  di altri cellulari, ma, secondo lei, che cosa c'è di veramente innovativo nel sistema, anche con riguardo alla connessione?
  Prego senatore Sensi.

  FILIPPO SENSI . Grazie. Presidente, io sono soddisfatto dalle domande che ha fatto lei e volevo chiedere soltanto in che cosa consiste la riduzione dei falsi allarmi e, tra le aree, a quale livello cromatico si attiva l'avvertimento alle Forze dell'Ordine che il maltrattante è vicino alla maltrattata. Cioè, siamo in area gialla, in area arancione, rossa? Grazie.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Cercherò di rispondere a tutto, magari, se siete d'accordo, parto dalle ultime domande. Allora, le aree, come giustamente avete detto voi, le decidiamo noi, nel senso che diamo massima disponibilità, tranne quei famosi 500 metri stabiliti dalla legge che corrispondono all'area rossa. Perché noi pensiamo che il nostro sistema sia più efficace di quelli già in essere? Perché la famosa area rossa è quella prevista dalla legge, poi ci sono le arancioni, le gialle e le verdi; noi vogliamo intervenire prima ancora dei 500 metri avvisando semplicemente la persona maltrattante che si sta avvicinando alla famosa zona rossa. Questo ci permette, con le nuove tecnologie, di avvisare anche la persona maltrattata che il maltrattante non è ancora in zona rossa ma dai nostri calcoli si sta avvicinando. È a un chilometro, adesso è a 800 metri, adesso a 600 metri, dopodiché, quando arriva nella famosa zona rossa, parte tutto quello che ci siamo detti: chiamata alle forze dell'ordine, sirena piezoelettrica, fumogeno (se volete vi posso spiegare tecnicamente come può funzionare il fumogeno). Quindi le famose aree, tolto la zona rossa dei 500 metri che è quella prevista dalla legge, tutte le altre le decidiamo insieme.

Pag. 17 

  PRESIDENTE . Quindi lei fa un perimetro da 500 metri, un perimetro da un chilometro, un perimetro da due.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Esattamente.
  Magari le due persone abitano vicino, ad un chilometro e mezzo e quindi non si può fare la zona arancione a due chilometri, perché altrimenti ci sarebbe sempre una situazione d'allarme, però un qualcosa che insieme alle forze dell'ordine possiamo andare a modificare insieme. Questo permette la gradualità dell'allarme, quindi avvisare quello che sta succedendo e con l'intelligenza artificiale è possibile anche studiare i comportamenti. Vi faccio degli esempi assurdi ma così ci capiamo. Se vediamo che la persona maltrattante si sta avvicinando a 200 chilometri all'ora e dall'altra sappiamo che anche la persona maltrattata è in macchina e si stanno avvicinando, magari vediamo tramite intelligenze artificiali che sono sull'autostrada quindi, anche se si avvicinano e si incrociano, non è un reale pericolo e questo è uno degli esempi che mi chiedeva il senatore sul discorso dei falsi allarmi. Fondamentalmente noi abbiamo due step prima di passare alle forze dell'ordine: il controllo della intelligenza artificiale e il controllo della vigilanza. Noi abbiamo visto per esperienza sul campo con WinLet soprattutto l'ultimo step della vigilanza, quindi una persona che chiama i soggetti interessati per capire cosa sta succedendo e quello, di fatto, va ad annullare il 99 per cento dei falsi allarmi, cosa molto importante. Ci sono altri esempi però non vorrei dilungarmi.

  PRESIDENTE . I vostri operatori chiamano la persona e le dicono «Tutto bene, ha schiacciato per sbaglio?»

Pag. 18 

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Esattamente. Per WinLet, che è il prodotto attualmente in commercio, fanno proprio una telefonata in cui la persona ovviamente dice nome e cognome e al telefono dice un codice che, nel caso lo dica giusto due volte, vuol dire che va tutto bene, nel caso invece che lo sbagli tre volte, noi capiamo che sta succedendo qualcosa e da lì facciamo partire l'allarme. Comunque la funzione della centrale operativa è proprio quella di sentire la persona e capire cosa sta succedendo. In questo caso nel sistema BeHero che vi ho presentato oggi ci sarebbe la doppia chiamata, cioè alla persona maltrattata ma anche al maltrattante per capire cosa sta facendo. Questo per rispondere sui falsi allarmi.
  Per quanto riguarda la batteria, questo è un tema, secondo me, fondamentale.

  PRESIDENTE . Per quello che ho capito, lei mette una app nei cellulari già esistenti e se non ce li hanno glieli da lei, però in un cellulare.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Esattamente.

  PRESIDENTE . È lo stesso cellulare dove io scarico, vado in internet, guardo Instagram, quindi mi dura un'ora e un quarto la mia batteria. Magari abbiamo irrobustito il braccialetto elettronico, la cavigliera ma il dispositivo mi è sempre scarico. Questo perché gli altri dispositivi non hanno dentro Instagram per cui si smanetta ogni due per tre.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Ha Pag. 19 ragione. Infatti per questo abbiamo creato un sistema di alert per cui noi, sia sul maltrattante che sulla persona maltrattata, monitoriamo tramite la nostra applicazione la durata della carica e procediamo con il concetto di gradualità. Quando la batteria arriva al 50 per cento avvisiamo che si è già al 50 per cento, quando arriva al 40 per cento il nostro operatore lo chiama, quando arriva al 30 per cento lo richiamiamo, fino a che a un certo quando siamo al 10 per cento noi, sapendo che magari uno dei due dispositivi si sta proprio scaricando, mettiamo la persona direttamente in contatto con le forze dell'ordine. Soprattutto nel caso del maltrattante, sollecitiamo un intervento immediato. Poi anche lì probabilmente vige sempre il buon senso. Se ipotizziamo che magari le due persone sono a 100 chilometri di distanza e al maltrattante si scarica il cellulare, però ci aveva avvisato che è in viaggio, gli si sta scaricando ma a breve lo ricaricherà, in quel caso la nostra centrale operativa potrà magari aspettare anche dieci minuti, un quarto d'ora, perché comunque è talmente distante che non può creare nessun tipo di problema. Quindi risolviamo tutti questi tipi di problemi. Il concetto che vorrei far passare oggi è quello della gradualità dell'intervento; non bisogna mai arrivare a un punto in cui dal nulla c'è il pericolo. Deve essere graduale, quindi sapere che la batteria piano piano si sta scaricando e sapere dove solo due persone, sapere che si stanno avvicinando e sapere dove sono e cosa sta succedendo. Questo è il concetto più importante che volevo far passare oggi.
  Rispondo alle altre due domande. Formazione. Allora, la Security Watch è all'interno di questo settore da sette anni e ho constatato che è un settore dove solitamente non si semplifica. Nel mondo delle start-up si cerca di far tutto quanto più smart possibile, tutto semplice, però mi rendo conto che questo della sicurezza non è un settore semplificato. Ecco, quello che noi Pag. 20 vogliamo fare, che secondo me potrebbe avere veramente un impatto molto significativo, è dare veramente una assistenza h 24 a tutti gli attori coinvolti, che siano le forze dell'ordine che sia la persona maltrattata, che sia il maltrattante. Cioè, se la persona maltrattata o il maltrattante magari non si ricorda come funziona una app dopo due settimane che la utilizza, può in qualsiasi momento interrogare questo chatbot che gli risponde immediatamente in maniera professionale ed empatica ed anche in tutte le lingue del mondo, perché noi abbiamo pensato che effettivamente non ci sono solo persone maltrattate o maltrattante italiane, magari possono comunicare con noi in altre lingue. Quindi una continua formazione. La stessa formazione noi potremmo farla anche alle forze dell'ordine con dei video molto specifici su come, per esempio, si allaccia la cavigliera, come funzionano le applicazioni, come tener monitorata una particolare persona. Quindi micro video molto semplici, molto immediati che possano servire a tutti.
  Passo all'ultimo argomento, la connessione. La connessione è un punto delicato per tutti, nel senso che se il cellulare non prende, di fatto non c'è nessun'altra tecnologia oggi che può prendere. Lei faceva l'esempio giustamente di una persona che va al supermercato e poi va al terzo piano sottoterra. Ecco, quello è un problema perché lì non prende la connessione, tanto è vero che noi, lo abbiamo fatto per la cavigliera, nel momento in cui non c'è più quel tipo di connessione, sfruttiamo altre reti Wi-Fi, chiamiamole così, che alcuni strumenti che si possono collegare. Un esempio su tutti è l'AirTag, non so se lo conoscete, comunque è un device della Apple che si connette pur non avendo nessuna scheda dati. Ecco, la nostra cavigliera fa la stessa cosa. Però anche lì bisogna fidarsi un po'dell'intelligenza artificiale, cioè se di una persona perdiamo il contatto, ma vediamo che c'è un supermercato, vediamo che c'è un Pag. 21 interrato, sappiamo dove è in verità, magari non sappiamo precisamente a che piano, però sappiamo dov'è e quindi in quel modo andiamo già ad eliminare probabilmente il 70/80 per cento delle domande che ci potremmo porre sulla posizione. Poi è ovvio che sono situazioni un po'borderline. Quello che possiamo fare e che abbiamo già previsto, è che l'applicazione riconosca subito una circostanza di questo tipo. Quindi, nel caso del maltrattante, immediatamente gli arrivano le notifiche: la tua linea dati non sta andando, la tua linea dati non sta andando... immediatamente e in maniera continuativa. La stessa cosa anche per la persona maltrattata perché non possiamo impedire, ad esempio, alla persona maltrattata di spegnere il cellulare oppure di andare in una zona dove non prende la linea, in montagna, in mezzo al bosco, ecc. Quello che possiamo fare però è ricordarle in continuazione che non prende la linea e quindi si sta mettendo in una situazione di pericolo. Così come il maltrattante: noi non possiamo obbligarlo fisicamente, ma possiamo sollecitarlo a tornare in una zona dove prendere la linea dati. Quella è l'unica cosa che si può fare. Con il nostro sistema in cui la cavigliera non ha una scheda SIM, ma si collega a un telefono, questo permette di allungare il tempo della batteria e di collegarsi a un sistema che prende molto meglio rispetto a tutto il resto e poi, come vi dicevo, il sistema Wi-Fi.

  PRESIDENTE . Dottor Montali, le faccio un'altra domanda. Tutto questo sistema esiste già? La cavigliera esiste già? L'avete approvata? L'app è già testata?
  La seconda domanda è chi produce questi supporti tecnici? Chi è il fornitore? Da dove vengono? Quello che può dire, anche se questa audizione è secretata per cui quello che dice qua rimane. Nel senso, abbiamo già provato il fumogeno, l'allarme, l'app collegata al cellulare? Poi, appunto, chi produce Pag. 22 questo sistema? Perché i braccialetti elettronici hanno un fornitore, penso siano più o meno gli stessi, no?

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Allora, le tecnologie di cui ho parlato oggi già esistono e già le stiamo producendo. Quello che non abbiamo ancora fatto è produrre tutto quanto il sistema e renderlo attivo. Per fare questo a noi servirebbero più o meno sei mesi, perché bisogna fare gli stampi precisi, ma tutto quello che vi ho detto, quindi un bracciale del genere – come tra l'altro è il WinLet – già ce l'abbiamo, una piattaforma del genere, già ce l'abbiamo, una centrale operativa già ce l'abbiamo, un'applicazione già ce l'abbiamo. Dobbiamo semplicemente comporle per creare questo sistema BeHero. È un percorso che non richiede neanche troppo tempo, servono sei mesi, però, ripeto, è come se avessimo già tutto quanto, dobbiamo solo unire i puntini nel momento in cui può partire un progetto del genere.
  Il tutto viene prodotto in Italia, è tutto made in Italy.

  PRESIDENTE . Anche la cavigliera?

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. È tutto made in Italy, anche il WinLet, poi ovviamente alcune componenti elettronici non si trovano in Italia, ma solo in Cina, proprio non esistono in Italia, né in Europa, né negli Stati Uniti.

  PRESIDENTE . Però voi assemblate tutto in Italia.

  PIER CARLO MONTALI , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Progettazione, assemblaggio e produzione tutto quanto in Italia.

Pag. 23 

  PRESIDENTE . Io francamente ho acquisito talmente tante nozioni che ringrazio il dottor Montali. Se poi lei ci fa comunque avere una relazione proprio sul dispositivo in modo da aiutarci a capire un po'di più, assolutamente la ringrazio. Se ci verranno in mente altre domande non stenteremo a chiamarla e ad approfondire. Ringraziamo anche perché io credo molto nel rapporto pubblico/privato per aver comunque pensato ad un sistema che ci aiutasse a fare una riflessione.
  Questa Commissione sta facendo un'inchiesta sul tema della sicurezza, dei braccialetti elettronici; quindi avere altre visioni fa bene, anche per capire se ci sono ulteriori strumenti che possiamo mettere a disposizione con quella obiettività che caratterizza ovviamente il sistema pubblico, perché noi reperiamo le informazioni e le mettiamo poi a disposizione. Noi ci eravamo già conosciuti in occasione della presentazione di questo sistema WinLet e avevamo cercato di capire se ci potesse essere un'applicazione sul tema della violenza di genere. Ritornare aa ascoltare un'azienda che lavora su questi temi per noi è molto importante perché si lavora anche sulla sensibilizzazione e sulla prevenzione.
  Grazie dottor Montali.

  PRESIDENTE . Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 16.05, riprende alle 16.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.Pag. 24 
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta sia dell'audita sia dei commissari, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.

Audizione di Anna Italia, ricercatrice del CENSIS.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione della dottoressa Anna Italia, ricercatrice del CENSIS.
  A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari do il benvenuto alla dottoressa Italia, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere.
  Fatta questa breve premessa, rinnovo il ringraziamento alla dottoressa e le do la parola.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Grazie, presidente.
  Sono Anna Italia, lavoro al CENSIS da molti anni e mi occupo delle tematiche di genere.
  Come immagino tutti voi sappiate, il CENSIS è un istituto di ricerca privato, dunque lavoriamo su commessa dei committenti, quindi ci occupiamo della questione di genere, delle questioni delle donne laddove ci siano committenti che ce lo chiedano.
  Abbiamo anche una parte di lavoro cosiddetto «fondazionale». Il nostro prodotto di punta è il rapporto sociale che presentiamo il primo venerdì di dicembre di ogni anno (siamo giunti alla cinquantottesima edizione), all'interno del quale Pag. 25 dedichiamo sempre un paragrafo nel capitolo che si occupa di legalità al tema delle donne, all'andamento dei cosiddetti «reati di genere». Quest'anno all'interno del rapporto c'è anche un paragrafo sul gender gap della paura, lo abbiamo chiamato così, perché le donne non solo hanno problemi sul lavoro, di cui parleremo anche in questo caso, ma la loro fragilità fa sì che si sentano e siano anche facili bersagli, facili vittime della criminalità, non solo della criminalità dei reati di genere, ma più in generale dei reati. Per cui, si crea un paradosso per cui alla fine le donne sono pochissimo presenti sulla scena del crimine come autori di reati (noi abbiamo in carcere neanche il 5 per cento della popolazione femminile), mentre diventano esse stesse vittime, per esempio, di scippi, borseggi e rapine più degli uomini.
  Arrivo al motivo per cui sono stata chiamata. Sono stata chiamata per parlare di violenza economica. Normalmente, quando parliamo di violenza, quando parliamo di donne, parliamo soprattutto di violenza fisica in primis. Già ho detto qualcosa. Abbiamo reati che vengono chiamati «reati di genere» perché hanno, per la totalità o per la maggior parte, come vittime le donne. Non sono solo i femminicidi, che - lo dice il nome stesso - sono omicidi che avvengono all'interno delle pareti domestiche, che hanno in massima parte come protagonisti partner o ex partner, ma anche violenze sessuali, maltrattamenti, atti persecutori.
  Questi sono gli unici reati o tra i pochi reati che in Italia non diminuiscono. In Italia abbiamo un trend di riduzione dei reati, mentre i reati cosiddetti «di genere», nonostante siano stati fatti interventi anche a livello normativo, nonostante sia un tema anche molto all'ordine del giorno, non diminuiscono. Abbiamo ogni anno circa 6 mila violenze sessuali denunciate. Come sapete, questa è soltanto la punta dell'iceberg di un Pag. 26 fenomeno, perché le donne che decidono di denunciare sono donne che decidono di fare un passo in più.
  Poi c'è la cosiddetta «violenza psicologica», sempre la violenza dell'uomo sulla donna, che si basa sulla sopraffazione, in questo caso una sopraffazione fatta di minacce, fatta di continui atti di persecuzione all'interno delle pareti domestiche, e anche fuori.
  Dopodiché, veniamo al nostro tema, quello della violenza economica. Di violenza economica si parla poco, si parla di meno. Che cosa intendiamo, innanzitutto? Intendiamo una forma di controllo e di sopraffazione basata sul controllo del denaro. Noi abbiamo delle donne che, o perché non lavorano o perché lavorano poco e male, direi, non hanno risorse economiche tali da consentire loro di decidere autonomamente della propria vita, dei propri consumi, di quello che desiderano fare, quindi si trovano in una situazione in cui sono controllate e fortemente limitate nelle proprie facoltà, sono quasi ridotte in una situazione di schiavitù. Questo è il tema della violenza economica, un tema di cui si parla di meno e rispetto a cui ci sono meno dati. Però, per avere un'idea della dimensione del fenomeno sono andata a vedere quante sono le donne che denunciano di aver subìto una violenza economica fra quelle che sono in trattamento nei centri antiviolenza. Sono circa 30 mila le donne trattate nei centri antiviolenza e circa il 40 per cento di queste donne sostiene di aver subìto violenza economica. Spesso la violenza economica si accompagna con altre forme di violenza. Dunque, non è una violenza che è agita da sola, ma spesso è legata a una forma di violenza psicologica o di violenza fisica. Inoltre, circa il 70 per cento delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza dichiara una situazione di sofferenza economica. Quindi, anche se non subiscono una forma di violenza economica, non godono di un'autonomia Pag. 27 economica e usufruiscono in alcuni casi dei sussidi economici messi a disposizione dei centri antiviolenza. Questo dato ci rivela l'entità del fenomeno di cui stiamo parlando e di cui è difficile avere una percezione esatta, ancor più difficile forse rispetto alla violenza fisica e alla violenza psicologica.
  La presidente prima ha chiesto chiarimenti sulle ragioni alla base dell'esistenza della violenza economica. Ebbene, la violenza economica riporta direttamente al tema del gap esistente fra uomini e donne all'interno del mercato del lavoro, sia per quanto riguarda la partecipazione al lavoro, sia per quanto riguarda i tassi di occupazione. Partiamo dal dato relativo al tasso di occupazione femminile nel nostro Paese. Ricordo che in Italia ci sono due condizioni per poter lavorare: bisogna avere almeno quindici anni e bisogna avere assolto l'obbligo scolastico. Ebbene, in Italia le donne che hanno più di quindici sono il 51,4 per cento della popolazione. Parliamo di circa ventisei milioni di donne. Le donne con più di quindici anni che lavorano sono il 42,4 per cento del totale dei lavoratori. Noi abbiamo in Italia circa 9 milioni 900 mille donne che lavorano su un totale di 23 milioni di lavoratori. Quindi, già questi primi due dati sono significativi di quella che è la situazione: le donne sono un po' di più della metà della popolazione ma le occupate sono il 42 per cento. Quindi, sono decisamente di meno. Il valore complessivo delle donne che lavorano in Italia è pari a 9 milioni 900 mila. Il tasso di occupazione, che è dato dalla quota di donne tra i quindici e i sessantaquattro anni che lavorano (l'età lavorativa) sul totale delle donne italiane che hanno quell'età, è pari al 52,5 per cento. Quindi, il tasso di occupazione femminile è del 52,5 per cento. Anche qui, per darvi una dimensione, il tasso di occupazione maschile è del 70,4 per cento. Quindi, ci sono diciotto punti percentuali di Pag. 28 differenza fra il tasso di occupazione femminile e il tasso di occupazione maschile.
  Pensate che, secondo le raccomandazioni dell'Unione europea, questo gap non dovrebbe superare la quota di 5,8 punti percentuali e noi siamo a 18 punti percentuali. Ci sono alcuni Paesi, quelli che hanno i tassi di occupazione più alti, dove il tasso di occupazione maschile e femminile è praticamente identico. Quindi, abbiamo evidentemente un tasso di occupazione basso. Fra l'altro, questo è il tasso di occupazione medio in Italia. Come ben sappiamo, in Italia esistono grosse differenze territoriali. Al sud il tasso di occupazione femminile è al 36 per cento. È veramente una quota bassissima, che ci pone non solo agli ultimi posti in Europa, ma agli ultimi posti fra le regioni più arretrate di Europa. Insomma, al sud siamo in una situazione che si potrebbe definire emergenziale.
  Quindi, non solo abbiamo un forte gap tra il tasso di occupazione maschile e il tasso di occupazione femminile e anche, intuitivamente, un tasso di occupazione basso, ma per avere un confronto, se andiamo a vedere i tassi di occupazione femminile nei diversi Paesi europei, noi ci collochiamo all'ultimo posto in Europa. Meglio di noi fanno tutti gli altri Paesi dell'Unione europea, meglio di noi fanno anche i Paesi che sono entrati recentemente nell'Unione europea. Pensate che la media europea del tasso di occupazione femminile è del 65,7 per cento. Quindi, siamo molto lontani dai Paesi europei e siamo lontanissimi dai Paesi europei più avanzati, come i Paesi Bassi, la Svezia e l'Estonia, dove si registrano tassi di occupazione delle donne che superano il 70 per cento, che rappresenta praticamente la percentuale del tasso di occupazione maschile nel nostro Paese.
  Questo dato relativo alla bassa occupazione ci deve fare ancora più preoccupare, perché riflette anche una bassa partecipazionePag. 29  delle donne al mercato del lavoro. Quindi, non solo le donne lavorano poco, ma le donne si presentano poco sul mercato del lavoro, certamente meno delle loro omologhe europee. Abbiamo un tasso di attività femminile, che è dato dalle donne disponibili a lavorare, a prescindere se poi lavorino o meno, o che si presentino sul mercato del lavoro in età compresa fra i quindici e i sessantaquattro anni, che è pari al 57,7 per cento. Il tasso di attività maschile in Italia è al 75,7 per cento. In questo caso nella graduatoria dei Paesi europei siamo al penultimo posto. Peggio di noi fa soltanto la Romania, ma peggio di poco. Questa graduatoria, anche in questo caso, è guidata dai Paesi europei più avanzati, come la Svezia e i Paesi Bassi, dove abbiamo tassi di attività femminile che superano l'80 per cento.
  Andiamo a vedere, adesso, come tutto questo impatta sul tema economico e del gender gap nelle retribuzioni. In Italia le donne si presentano meno sul mercato del lavoro e partecipano di meno. Questo, evidentemente, non è soltanto un problema di giustizia sociale, di equità, nel senso che non c'è equità ma c'è discriminazione, è anche un problema di sviluppo per il nostro Paese, perché chiaramente le donne rappresentano un complemento. Avere poche donne sul mercato del lavoro vuol dire che manca quel complemento che è necessario, quella diversità che è necessaria fra gli uomini e le donne, che evidentemente porterebbe anche a una prospettiva di sviluppo e di crescita del mercato del lavoro diversa. Ma non solo. Non è soltanto una questione di equità, non è soltanto una questione di giustizia sociale, è anche una questione di sviluppo del Paese. Infatti, Paesi dove le donne lavorano di più sono i Paesi più ricchi, che pensano di più al futuro e in cui si fanno più figli. Noi non siamo soltanto il Paese in cui c'è il tasso di occupazione più basso, ma siamo anche il Paese in cui c'è il tasso di natalità più Pag. 30 basso in Europa in questo momento. Ed è chiaro che questo immobilismo che abbiamo sul mercato del lavoro rispetto alle donne è sicuramente un elemento fondamentale.
  Consentitemi di aggiungere una considerazione sul fatto che le donne lavorano poco e male. Le donne sono più impiegate in forme di lavoro che non garantiscono una retribuzione adeguata. Il 31 per cento delle donne che lavorano (stiamo parlando di circa tre milioni di donne, ricordiamo che il nostro universo è fatto di poco meno di dieci milioni di donne) lavora part-time. È chiaro che il lavoro part-time è un lavoro che tendenzialmente non garantisce stipendi adeguati a mantenersi autonomamente. Ma la cosa ancora più grave è che il 15 per cento delle donne è impiegato in un part-time cosiddetto «involontario». Quelle donne vorrebbero lavorare di più, però l'offerta di lavoro che viene fatta loro è un'offerta di lavoro part-time, ragion per cui si trovano costrette a un part-time che viene chiamato involontario. Fra gli uomini, nonostante siano molti di più sul mercato del lavoro, solo l'8 per cento è impiegato in un part-time involontario. Quindi, è una forma di lavoro che viene proposta alle donne. Attenzione, le donne che fanno il part-time volontario non lo fanno, come invece è il caso degli uomini – queste sono indagini ISTAT, non mi sto inventando nulla, non sto dando valutazioni personali – per avere più tempo libero a disposizione, magari per studiare o per fare altre cose. Le donne che fanno il part-time volontario lo fanno perché in qualche modo devono integrare quel welfare familiare che è tipico del nostro Paese, quindi tendenzialmente lo fanno per dedicarsi alla cura dei figli e dei genitori. Del resto, attualmente l'Italia è il Paese in cui si fanno meno figli, ma anche in cui si vive di più, per cui le donne sono spesso strette fra figli che devono essere accuditi e accompagnati e genitori che vivono sempre di più, ma che tendenzialmente hanno Pag. 31 condizioni di salute precarie. Quindi, tutto questo fa sì che ci sia una situazione tale per cui c'è un part-time che, quand'anche si chiami volontario, in realtà è un part-time che non consente alle donne di dispiegare appieno le proprie possibilità.
  Non solo le donne sono più impiegate in un part-time involontario, ma fanno anche di più lavori a tempo determinato. Anche in questo caso si tratta di situazioni lavorative più fragili. Il 17,5 per cento delle donne lavora a tempo determinato, contro il 14,8 per cento degli uomini. In questo caso la differenza è meno sensibile che in altri casi.
  Noi, allora, abbiamo una donna su quattro fra quelle che stanno sul mercato del lavoro che viene definita come impiegata in un lavoro non standard, che sono quelle forme di lavoro che ho citato, il lavoro part-time, il lavoro a tempo determinato o le collaborazioni. Quindi, anche la partecipazione delle donne al mercato del lavoro fotografa una situazione di debolezza, per cui i percorsi lavorativi delle donne sono più frammentari, sono più accidentati, presentano interruzioni continue, il che determina fortissime ripercussioni finché le donne lavorano. Ma attenzione, qui emerge un altro tema, di cui purtroppo si parla poco. Qualche tempo fa abbiamo fatto un lavoro a tal riguardo e io per prima ho avuto l'occasione di riflettere su questo tema. Per le donne che fanno questi lavori il momento peggiore sarà quando andranno in pensione, dal momento che riceveranno redditi inferiori rispetto a quelli percepiti durante l'attività lavorativa e ne pagheranno le conseguenze. Ti illudi durante il percorso lavorativo che, se guadagni poco, allora tanto vale che ci penso io ai miei figli, ma non ti rendi conto che in quel momento stai perdendo del terreno, e te ne accorgerai alla fine della tua vita.
  Ci sono dati interessanti anche sulle carriere delle donne, soprattutto le donne che lavorano nel settore privato. Sono di Pag. 32 meno le donne manager, sono di meno le donne dirigenti, nonostante siano state fatte delle normative che in qualche modo impongono le quote rosa all'interno dei consigli di amministrazione. Per cui, c'è sicuramente un'evoluzione, c'è una crescita, ma la crescita è troppo lenta. Se dobbiamo arrivare al 70 per cento delle donne che lavorano, oggi siamo al 52 per cento e dieci anni fa eravamo al 46 per cento, quando mai ci arriveremo? Dobbiamo aspettare cent'anni per arrivare a una situazione di parità. Siamo molto lontani. Peraltro, come dicevo, questa situazione sul mercato del lavoro si ripercuote anche sui redditi delle donne. Sono interessanti, a tal proposito, i dati forniti da AlmaLaurea, che fa queste indagini sui laureati, andando ad analizzare i loro percorsi di lavoro e le loro retribuzioni. Stiamo parlando del segmento più alto dell'occupazione femminile. Ebbene, a un anno dalla laurea, considerando tanto i ragazzi che hanno conseguito una laurea triennale quanto i ragazzi che hanno conseguito una laurea quinquennale, c'è già una differenza del 15 per cento nelle retribuzioni fra gli uomini e le donne, differenza che permane e, anzi, si acuisce leggermente a cinque anni dalla laurea. Questo è un meccanismo che viene messo in atto soprattutto nel settore privato, perché nel settore pubblico c'è meno differenza fra le donne e gli uomini, in quanto ci sono normative di un certo tipo, più vincolanti. Ma nel settore privato questa differenza è veramente notevole. È una differenza che noi vediamo nei nostri ragazzi quando escono dalle scuole. Pensate che a cinque anni dalla laurea un ragazzo con laurea magistrale guadagna 1.912 euro, mentre una ragazza 1.659 euro. Ci sono differenze notevoli.
  Naturalmente questa differenza c'è in generale nel mercato del lavoro. Difatti, se andiamo a vedere il mercato del lavoro nel suo complesso, quindi consideriamo anche gli operai, gli impiegati,Pag. 33  tutte le tipologie, osserviamo che i dati INPS offrono un quadro del lavoro nel settore privato che evidenzia circa un 30 per cento di differenza nelle retribuzioni medie fra gli uomini e le donne. È veramente una cifra notevole.
  Chiudo il mio intervento ribadendo quanto ciò pesi sulle pensioni. Considerato che le donne vivono mediamente più degli uomini, a un certo punto le donne si trovano a vivere da sole la loro vecchiaia, che è anche un momento di fragilità estrema della vita per quanto riguarda la salute, l'autonomia, la sicurezza, e si trovano a vivere in una situazione di quasi povertà. La differenza dei trattamenti retributivi pensionistici fra gli uomini e le donne mantiene sostanzialmente questo 30 per cento. L'unica cosa che compensa lievemente questa differenza è data dalla pensione di reversibilità. Siccome quasi sempre gli uomini muoiono prima delle donne, quando le donne restano da sole in qualche modo riescono a integrare la loro pensione di vecchiaia, che è veramente una pensione minimale, con la reversibilità che gli viene dal marito. Possiamo vederlo come un regalo post mortem.
  Questo è un tema su cui andrebbe fatta una riflessione e forse anche una maggiore sensibilizzazione nei confronti della popolazione. È vero che non sappiamo quali saranno i destini dei nostri importi pensionistici negli anni a venire, però secondo me rimane un tema molto importante.
  È chiaro che tutte queste differenze – qui stiamo parlando di chi lavora – alimentano un contesto dove possono aver luogo forme di sopraffazione, di controllo e di violenza economica, che è l'argomento primario da cui siamo partiti. Grazie.

  PRESIDENTE . Grazie.
  Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, mi permetto io di porre alla sua attenzione alcune osservazioni. I dati ci dicono che l'anno che abbiamo Pag. 34 passato è stato l'anno in cui è cresciuta maggiormente l'occupazione femminile in Italia. Peraltro, abbiamo anche degli obiettivi europei, come l'Agenda 2030, che spronerà una maggiore chiarezza nel gender pay gap e a lavorare su questo. Quindi, ci si augura che questi famosi cent'anni si riducano sensibilmente. Tuttavia, il fatto che veniamo da un tasso di occupazione femminile più alto ci fa ben sperare che le politiche possano permettere una sensibilizzazione maggiore sul tema dell'occupazione femminile.
  Lei ci ha spiegato che alcuni contesti europei – la riporto sul focus della mia Commissione, che si occupa di femminicidio e violenza di genere – hanno tassi di occupazione femminile molto più alti, finanche al 70 per cento, però ciò non è correlato alla diminuzione della violenza di genere e della violenza economica. Penso ai contesti del nord Europa. Quindi, anche un tasso di occupazione più elevato o sistemi di welfare più sensibili incidono poco sul fenomeno del femminicidio e della violenza di genere.
  Altro tema importante, a cui sono particolarmente sensibile, è quello dell'educazione finanziaria ed economica a favore del mondo femminile. Sono anche promotrice di interventi normativi che vedono l'educazione economica e finanziaria fin dalla materna, in modo che le donne abbiano consapevolezza degli strumenti, giustamente, come ha detto lei, nel corso della vita. Penso anche all'autonomia del conto corrente o all'accantonamento pensionistico. Una riflessione corretta, che ho sentito anche da alcune delle nostre consulenti, è quella di rinunciare al proprio lavoro per dedicarsi ai figli, con la prospettiva, ovviamente... Ma penso anche a piani finanziari, a mutui, insomma tutte quelle cose alle quali noi donne tante volte non siamo sensibili, probabilmente anche per condizionamento culturale.Pag. 35  Quindi, c'è il grande tema della educazione finanziaria di genere.
  Queste erano, forse, più che domande riflessioni.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Che io condivido pienamente.

  PRESIDENTE . Ad esempio, dottoressa – lei ha detto bene – sul tema della violenza economica, tante donne non sanno neanche che stanno subendo violenza economica perché non la riconoscono. Intendo quella di rimanere a casa o di lasciare il posto di lavoro per dedicarsi ai figli oppure non sanno, ad esempio, dei tanti strumenti a disposizione per uscire da quella violenza economica. Penso al reddito di libertà, al microcredito di libertà, al fatto che si possono sospendere i mutui o al passaggio del contratto da tempo determinato a indeterminato. Quindi, parlo di questa educazione finanziaria, fatto salvo che il problema della violenza di genere ovviamente riguarda gli uomini, però la consapevolezza al femminile ci può aiutare.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Sono molto d'accordo con quello che ha detto lei. Sicuramente, rispetto a quello che stanno facendo le Istituzioni, si stanno facendo tante cose, ma purtroppo siamo molto in ritardo. È vero che il lavoro delle donne aumenta, ma bisogna sempre vedere qual è la qualità di questo lavoro; fra l'altro, in Italia abbiamo il problema che i livelli di retribuzione di partenza sono molto bassi, quindi è chiaro che se poi si rimane fermi sui livelli bassi si passa al secondo tema, laddove non è solo un problema di non lavoro, ma è anche un problema di lavorare poco e male e di guadagnare poco.
  La sensibilizzazione finanziaria e, in generale, la sensibilizzazione delle donne secondo me è fondamentale, perché ancora Pag. 36 adesso mi stupisco di sentire dei ragionamenti che sono comuni rispetto a lavorare, non lavorare, che cosa mi conviene fare eccetera. A noi conviene lavorare, le donne devono essere autonome, devono essere indipendenti, questo deve essere l'obiettivo.
  Quando facemmo questa cosa sulle pensioni, c'era tutta un'attività di sensibilizzazione che noi abbiamo fatto in alcune aziende. In quel caso, il tema era quello della pensione, ma era forte anche tutto il tema degli strumenti finanziari. L'utilizzo del bancomat e della carta di credito fra le donne è molto inferiore rispetto a quello degli uomini.

  PRESIDENTE . Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA LEONARDI (intervento in videoconferenza). Innanzitutto vorrei ringraziare per questa audizione. Abbiamo ascoltato dati molto interessanti, che ovviamente gettano un'ulteriore luce su un fenomeno che abbiamo scelto con forza di indagare e sul quale vogliamo intervenire.
  Mi colpiva un dato, in particolar modo, e quindi passo subito alla domanda. Mi piacerebbe conoscere – se è possibile – oltre al dato numerico, la differenza retributiva anche fra i giovani laureati, se c'è una differenza contrattuale, da quello che comprendo, oppure, se ci sono altre motivazioni, chiedo di conoscerle, per cui già in qualche modo all'inizio della carriera lavorativa di due giovani, che magari hanno conseguito la stessa laurea, si premia la componente maschile e invece si lascia indietro quella femminile.
  Mi interesserebbe indagare le motivazioni di questo divario, perché sul lungo termine posso pensare a motivazioni legate magari a periodi di non lavoro, di gravidanza oppure problematiche che spesso abbiamo detto assegnano alla componente Pag. 37 femminile degli impegni di cura che invece sono meno impattanti sulla componente maschile. Se però questo divario si avverte già in partenza volevo comprendere quali siano le principali motivazioni di questa diversità, quindi sapere se proprio a livello contrattuale ci sono delle differenze e legate a che cosa, se nessuno ha mai sopperito o evidenziato queste discrepanze, se si è già intervenuti in qualche modo e come eventualmente si può intervenire.
  Grazie.

  PRESIDENTE . Do la parola alla dottoressa Italia per la replica.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Rispondo per quello che posso, non essendo un'esperta di mercato del lavoro. Direi che non ci sono differenze contrattuali, evidentemente, però in qualche modo funziona per le giovani con gli stessi meccanismi che funzionano per tutte le donne. Allora, visto che il trattamento viene visto a un anno e a cinque anni della laurea, adesso è comune che le prime esperienze per i giovani siano esperienze di stage o di tirocinio, che magari per le donne possono durare più a lungo, esperienze meno pagate rispetto agli uomini. Comunque sia, mentre nel settore pubblico il pagamento è quello, e infatti lì noi non abbiamo delle grosse differenze, nel settore privato c'è una discrezionalità che è fatta di ad personam, di buste e anche semplicemente di decisioni di passare di livello. È chiaro quindi che non c'è una discriminazione contrattuale, e sarebbe gravissimo naturalmente se ci fosse, ma ci sono poi delle scelte del capo azienda che non fanno che riconfermare... Anch'io nel vedere i dati sono rimasta abbastanza colpita, visto che ho due figli, un maschio e una femmina, che stanno finendo l'università. Vediamo che cosa succederà, però mi darei questa spiegazione, che quindi c'è una Pag. 38 scelta. Poi naturalmente questa è una generalizzazione, perché come diceva anche la presidente ci sono delle aziende che stanno facendo delle scelte anche importanti sulle donne, sulle donne laureate in materie STEM.
  Pensate che oggi noi abbiamo più donne laureate rispetto agli uomini, però le donne laureate in materie STEM sono il 20 per cento del totale, cioè sono meno degli uomini. Nonostante siamo più brave a scuola, perché abbiamo i voti più belli, nonostante siamo più brave all'università, poi le materie più spendibili sul mercato del lavoro le prendono gli uomini, non le donne.

  PRESIDENTE . Dottoressa, ho due ultime domande, approfittando della sua presenza.
  In primo luogo, secondo lei quale strumento potremmo avere per convincere le donne a rimanere nel mercato del lavoro e non scegliere diversamente, cioè di lasciare il lavoro, e invece capire quale potrebbe essere la scelta pensionistica?
  Inoltre, ho letto un dato che avete divulgato voi, cioè che più dell'80 per cento delle donne sa di essere sottopagata, però non evidenzia e non dialoga su questo argomento.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Lei mi chiede quale strumento...

  PRESIDENTE . È una domanda difficile...

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Ci dovrei pensare. Sicuramente può essere importante fare delle attività di sensibilizzazione a più livelli. Diciamo che qualsiasi tema perché possa penetrare nell'opinione pubblica bisogna prenderlo per le corna da più punti di vista e bisogna cominciare presto. Penso a quello che è avvenuto nelle scuole, dove non c'è anno in cui non si fanno percorsi sul bullismo eccetera, e su questo tema, Pag. 39 rispetto a quando andavo io a scuola, comunque c'è una sensibilità forte. Poi, per carità, non vuol dire che non ci sono più i bulli, però probabilmente certe cose che succedevano un tempo non succedono più oppure se succedono comunque vengono evidenziate.
  Quindi, occorre sicuramente un'attività nelle scuole, occorre sicuramente un'attività nelle aziende, bisognerebbe anche introdurre all'interno delle aziende virtuose dei sistemi premiali, che possono essere premi ma anche forme di detassazione, e poi anche attività tipo pubblicità progresso, magari andare anche sui media di tipo più tradizionale, quindi capire anche quali sono i nostri target. Il target deve essere anche quello di una donna che magari non è laureata, ma che comunque ha diritto ad avere una propria libertà e una propria emancipazione.
  Il dato dell'80 per cento...?

  PRESIDENTE . Delle donne che sanno di essere pagate meno, però non si relazionano in azienda su questo argomento.

  ANNA ITALIA , ricercatrice del CENSIS. Forse c'è sempre una reticenza, una timidezza da parte delle donne e anche un'insicurezza di base, che fa sì che ci sono tante donne per le quali passare anche dal ragionamento ai fatti non è facilissimo. Non lo è per nessuna di noi, neanche per noi che magari su queste cose ci abbiamo ragionato, abbiamo livelli di scolarità di un certo tipo, facciamo determinati lavori e poi magari accettiamo situazioni lavorative che non sono ottimali, perché comunque siamo abituate così. Speriamo che ci sia una maggiore consapevolezza. Io vedo che le ragazze di oggi – penso a mia figlia – la paura che avevo io di avere un lavoro che ti occupa troppo, che ti impegna troppo, non ce l'hanno più. Loro comunque sono più flessibili.
  Poi c'è tutto un altro tema, che però con le donne non c'entra niente, che è il valore del lavoro per i giovani, che è Pag. 40 diverso da quello nostro. Anche ciò che loro immaginano per un loro futuro, secondo me, è completamente diverso da quello che immaginavamo noi. Questo, però, è un altro tema che con le donne c'entra relativamente poco.

  PRESIDENTE . Se non ci sono altri interventi, ringrazio la dottoressa Italia, che lascerà ovviamente una relazione a disposizione della Commissione, con dati più specifici e arricchiti.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 16.50, è ripresa alle 17.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta sia dell'audita sia dei commissari, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.

Audizione di Leonardo Malatacca, Coordinamento Donne CISL, Giorgia Fattinnanzi, responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere, Alessandra Menelao, Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze, Maddalena Imperiali, Segretaria Confederale UGL:

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Leonardo Malatacca, Coordinamento Donne CISL, Pag. 41 Giorgia Fattinnanzi, responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere, Alessandra Menelao, Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze, Maddalena Imperiali, Segretaria Confederale UGL.
  A nome di tutti i Commissari e le Commissarie, do pertanto il benvenuto a tutti gli auditi, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  Sull'ordine dei lavori, avverto che darò la parola per 10 minuti ciascuno a tutti gli auditi. Al termine degli interventi, raccoglieremo gli interventi e le domande dei parlamentari, cui gli auditi potranno replicare.
  Do ora la parola a Giorgia Fattinnanzi, responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere.

  GIORGIA FATTINNANZI , responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere. Intanto voglio ringraziare la Commissione d'inchiesta per questa audizione che non è scontata. Tra l'altro, desidero esprimere soddisfazione sul fatto che in questa legislatura, come chiesto per tanti anni, siamo riusciti ad ottenere una Commissione bicamerale, che non era scontato.
  Pensiamo che il tema della violenza di genere debba essere assunto come problema da tutti, a partire dalle istituzioni del nostro Paese e ognuno deve fare la sua parte.
  Ribadiamo che il fenomeno della violenza di genere non può essere sconfitto solo sul piano penale, poiché la violenza nasce in primis da una matrice culturale, che affonda le radici di questo problema purtroppo nella cultura del nostro Paese.
  Senza una strategia che tenga conto di questa matrice, noi non riusciamo ad affrontare un problema che, come sappiamo, miete lo stesso numero di vittime da vent'anni a questa parte, Pag. 42 nonostante le tantissime leggi buone, meno buone, migliorabili e migliorate che in questi anni abbiamo affrontato. Noi non vediamo scendere il numero dei femminicidi perché, se non lo affrontiamo sul piano culturale siamo destinati a perdere questa battaglia.
  Per questo non voglio sottrarmi dal tema su cui il presidente ci ha interpellato, che è la violenza economica, però mi preme sottolineare che il nostro mercato del lavoro è fortemente penalizzante per le donne in entrata, sappiamo che le donne hanno carriere molto frammentate e sono spesso precarie.
  La segregazione verticale e orizzontale è chiaramente terreno fertile per la violenza economica. Riteniamo necessario ribadire questo concetto, perché è vero che si tratta di un problema globale, come sappiamo l'anno scorso il Premio Nobel per l'economia è stato vinto proprio su questo tema, ma nel nostro Paese assume, come sempre, una forma più grave, tant'è vero che ci vede fanalino di coda in termini di parità, sia in Europa che tra i Paesi industrializzati.
  La segregazione verticale ed orizzontale, la diffusa precarietà delle donne, le dimissioni dopo la nascita dei figli, le carriere frammentate e le pensioni povere per la componente femminile quando migliorano lo fanno troppo lentamente e, a volte, invece, purtroppo peggiorano ancora, come per il part-time involontario.
  Per questo la CGIL lavora costantemente per ridurre i divari di genere in ogni luogo e per sconfiggere le discriminazioni. La fragilità economica delle donne e quella lavorativa le rende più esposte e più fragili. Questo chiaramente le rende più esposte alla violenza oltre a creare un serio problema anche nell'uscita dalla violenza, perché sappiamo che senza indipendenza economica l'uscita è molto più difficoltosa, anche e soprattutto nel caso di figli minori. Sappiamo, infatti, che le cause per l'affido Pag. 43 dei figli possono raggiungere, in caso di violenza, e quindi con la nomina di un CTU, anche 10.000 euro; soldi che spesso le donne non hanno.
  Per questo come CGIL torniamo a chiedere che il gratuito patrocinio già presente nel penale sia esteso anche alle cause civili.
  Sappiamo benissimo che non tutte le discriminazioni sono violenza. La violenza è l'estrema conseguenza delle discriminazioni. Proprio per questo vogliamo cogliere l'occasione di questa audizione per segnalare una nostra preoccupazione che riguarda il Testo unico sulla violenza che questa Commissione sta mettendo a punto.
  Abbiamo avuto modo di leggere il testo che, tra l'altro, è pubblicato sul sito e condividiamo lo sforzo di creare una normativa unica e omogenea, però segnaliamo che ci sono tante norme che nulla hanno a che fare con la violenza e che invece attengono al codice delle pari opportunità, che sarebbe un grave errore smontare, proprio perché non tutto è violenza. Alcune norme, secondo noi, appesantiscono un testo che invece dovrebbe essere più agile per essere più utile.
  Tutte le norme che l'Italia si è data in termini di discriminazioni non possono essere messe sotto il titolo di violenza, perché la violenza non è l'unico problema che affrontano le donne nel nostro Paese. Quindi, sarebbe un errore ascrivere tutto sotto il tema della violenza. Comunque, riteniamo giusto lo sforzo e quindi siamo qui per sostenerlo e per dare il nostro contributo. Anzi, ci piacerebbe trovare dei momenti di approfondimento sul testo e ci rendiamo da subito disponibili.
  Venendo alla violenza economica oggetto di questa audizione, ci teniamo a ribadire come la violenza sia sempre generata dall'asimmetria di potere tra uomo e donna. Questa, quindi, assume le forme che più colpiscono la vittima nelle sue Pag. 44 fragilità, puntando a distruggere la sua autostima, autonomia e indipendenza.
  La debolezza delle donne nel mercato del lavoro italiano è quindi terreno fertile per la violenza economica, che non è una forma di violenza a sé stante, ma una delle declinazioni possibili della violenza domestica.
  A questo si aggiunge la propensione culturale a dare agli uomini la gestione economica della famiglia. Sappiamo dai dati che solamente il 58 per cento delle donne ha un suo conto corrente e il 13 per cento ce l'ha cointestato con il marito.
  Ci ha stupito – sempre tornando al testo a cui sta lavorando questa Commissione – vedere che sotto il tema della violenza economica ci sono solamente microcredito di libertà, reddito di libertà e l'incentivazione per l'assunzione delle donne vittime di violenza, perché quelle sono misure che arrivano alla fine di un processo, mentre vorremmo interrogarci su come non arrivare fino a quel punto. Tra l'altro, lo sottolineo perché so che l'assunzione incentivata è stata fortemente voluta da questa Presidenza, ora vengono assunte le donne che percepiscono il reddito di libertà. L'incentivo funziona per queste donne. Io spero che voi sappiate da sole che nel 2024 non sono stati pagati i redditi di libertà, quindi la misura, purtroppo, non è stata attuabile, perché ci sono stati problemi all'INPS. Non mi va ora di entrare nello specifico, ma se volete, in separata sede, ve lo spiego. Il reddito di libertà non è stato percepito da nessuna donna.
  Chiediamo quindi, e lo abbiamo chiesto anche in sede di Osservatorio sul Piano nazionale antiviolenza, che questa norma vada a coprire anche le richieste del reddito di libertà, quelle che non sono evase per questioni economiche, non perché non c'erano i requisiti, perché questo ci permetterebbe di allargare questa misura.Pag. 45 
  Sono quasi al termine, quindi abbiate pazienza. Solo una vera e propria trasformazione del mercato del lavoro di questo Paese rappresenta la cura contro questa forma di violenza.
  Come sindacato pensiamo sia lecito chiedersi anche se richieste inappropriate durante un colloquio di lavoro o in fase di rinnovo di un contratto a termine non possano andare sempre sotto il termine di violenza economica, perché agiscono sempre su quel tipo di fragilità.
  Ricordiamo che, inoltre, le leggi che state provando a racchiudere in un testo unico non prevedono una definizione di violenza economica. Solo una sentenza della Corte di Cassazione le equipara a quella psicologica, perché fa leva sempre sulla denigrazione della donna e la lesione della sua autonomia.
  Ci sembrerebbe opportuna la predisposizione di una definizione per i cosiddetti comportamenti spia che possa coadiuvare per l'individuazione della violenza economica laddove questa si manifesti.
  Pensiamo che la violenza economica – chiaramente poi serve anche un piano formativo e so che il Governo ha presentato un Libro bianco sulla formazione – debba essere uno dei temi oggetto della formazione. Adesso dovremmo fare le linee guida e crediamo che questo sia uno dei punti.
  Ricordo, però, a tutti noi che la violenza non nasce mai da un giorno all'altro e non si manifesta mai in un unico modo. Si parla di spirale proprio perché è un'escalation di comportamenti che possono portare fino al femminicidio, ma questo rappresenta solo la punta di un iceberg. Tante donne non riconoscono di essere vittime di violenza, così come tante istituzioni non sono formate né per riconoscerla né per accogliere e prendere in carico le vittime. Poiché la violenza vive e si sviluppa in un crescendo che dura anni, ci sono dei momenti Pag. 46 topici che possono essere campanelli d'allarme di una situazione che rischia di peggiorare.
  Troppo spesso le donne si convincono o vengono convinte a lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio. Al contempo, molte donne vittime di violenza raccontano che la situazione in casa cambia e peggiora dopo la maternità. È vero che è difficile capire dall'esterno qual è la reale motivazione per cui una donna abbandona il lavoro. Vero è che solo un'analisi puntuale dei cosiddetti «comportamenti spia», anche quelli non ancora codificati, come quelli della violenza economica, possono aiutare a salvare una situazione prima che questa precipiti.
  Il lavoro, di per sé, non rappresenta solo un tema di autonomia economica, ma attiene a tanti ambiti della vita di una donna: la sua socializzazione (dagli studi sappiamo che le donne socializzano quasi esclusivamente sul posto di lavoro); la realizzazione personale; l'autonomia, anche emotiva, che deriva dalla gestione delle proprie risorse.
  Chiudo raccontandovi che insieme all'INAIL, come CGIL, CISL e UIL, l'anno scorso abbiamo formato 4.200 rappresentanti della sicurezza (RLS) e rappresentanti sindacali unitari (RSU) sul tema della violenza, perché crediamo veramente che il luogo di lavoro debba essere un luogo di libertà per le donne. Abbiamo scelto, quindi, di attivare il più possibile la sensibilità dei nostri rappresentanti in tutte le aziende non solo sul tema delle molestie, ma anche sul tema della violenza domestica, nella speranza che riescano a cogliere quei piccoli segnali che raccontano della violenza all'interno delle mura domestiche, per aiutarle a chiedere aiuto.
  Mi fermo qui e rimango a disposizione per le domande. Grazie.

  PRESIDENTE . Grazie, dottoressa Fattinnanzi.
  Cedo la parola alla dottoressa Menelao.Pag. 47 
  Raccogliamo le domande alla fine dei tre interventi.

  ALESSANDRA MENELAO , Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze. Signor presidente, ringrazio la Commissione per questa audizione non scontata. È importante perché tutte le parti (centri antiviolenza, parti sociali) possano apportare un contributo sul contrasto alla violenza di genere nel nostro Paese.
  Vorrei partire dal fatto che nelle ultime ore in Italia ci sono stati tre femminicidi. Questo weekend è stato particolarmente pesante. I femminicidi non sono emergenziali, perché negli ultimi vent'anni il numero finale annuale, il conteggio, anche se sembra brutto, rimane costante. Se rimane costante vuol dire che dobbiamo fare un passo ulteriore. Questo passo ulteriore è stato fatto anche con numerose leggi negli ultimi anni, ma non basta. Ci sono femminicidi che non arrivano a essere considerati pericolosi, ci sono ragazze, donne che non denunciano. Il caso dell'anno scorso in Veneto, il caso Turetta, è emblematico, perché nessuno aveva denunciato. Su questo bisogna fare di più e bisogna fare di più sulla prevenzione di queste azioni. Non sono bravi ragazzi, non sono bravi uomini, come leggiamo sui giornali. Appena si verifica un femminicidio tutti iniziano a dire «era un bravo marito», «era un bravo uomo». No. Sono criminali, chiamiamoli con il loro nome. Un femminicidio arriva dopo una escalation di violenza, ed è lì che noi, come Paese, dobbiamo fare di più.
  Segnalo che abbiamo un Piano nazionale antiviolenza al quale manca il piano operativo. Adesso forse si sta facendo il nuovo piano, però mancava un piano operativo in questo Piano nazionale antiviolenza.
  «Prevenzione» significa anche formazione. È vero che c'è il libro bianco, ma se noi non partiamo da tutte le componenti Pag. 48 della nostra società a fare formazione contro la violenza di genere rimarremo sempre al punto in cui siamo.
  Segnalo anche che, dopo quarant'anni, questo autunno, per la prima volta le associazioni sono state escluse dal processo Torretta come parti civili. È come se avessimo fatto un passo indietro, invece di fare un passo in avanti. Se molte leggi le abbiamo fatte le dobbiamo anche a tutto il mondo delle donne, a tutto il mondo delle parti sociali, a tutto il mondo dei centri antiviolenza, che ogni volta non hanno fatto mancare la nostra voce, il nostro dissenso.
  Questo è un tema che bisognerà affrontare. Sappiamo pure che molti tribunali e molti giudici non sono formati per la violenza di genere. Questo ce l'hanno detto le relazioni della precedente Commissione e le relazioni sui tribunali di questa: solo il 30 per cento dei giudici conosce la materia. Questo ha anche un'implicazione quando ci sono processi per affido nei casi di maltrattamenti. Spesso vediamo che i bambini vengono affidati agli uomini violenti. Sembrerà strano. Poi magari questi uomini violenti uccidono i figli. Su questo, quindi, bisogna fare di più.
  Segnalo che c'è un disegno di legge, che ci auguriamo venga alla luce. Un padre violento non è un buon padre e non gli può essere affidato il figlio durante il percorso di separazione.
  Ci sono altri temi che mi interessa affrontare. La violenza non possiamo affrontarla in un approccio emergenziale e frammentario. Esiste la violenza di genere: anche se ha esplicitazioni nella violenza economica, nella violenza sul posto di lavoro, nella violenza domestica, rientra sempre nella violenza di genere.
  Nel nostro Paese esistono stereotipi e una grossa cultura patriarcale. Questi stereotipi li vediamo quotidianamente e su questo dobbiamo fare di più. Non bastano le segnalazioni che Pag. 49 quotidianamente facciamo rispetto a quel rapper, a quel cantante o a quella situazione. La situazione va affrontata in maniera un po' più complessa. Questo è importante.
  Importanti sono anche le politiche per gli uomini maltrattanti. Noi abbiamo segnalato più volte che ci sono due intese: una è quella per i centri antiviolenza e l'altra è quella per gli uomini maltrattanti. Ci aspettavamo - perché ormai sono passati mesi - che quella degli uomini maltrattanti fosse modificata. Su questo per ora nessuno ci ha convocato. Su questo, per esempio, noi registriamo da sempre una grossa perplessità, dovuta anche al fatto che non sono pochi i casi di uomini che hanno fatto un percorso di 10-15 incontri, hanno il bollino, escono con quel bollino e, invece di ucciderne una, ne uccidono due (caso avvenuto un anno e mezzo fa). Quindi, anche sull'efficacia di questi percorsi, di chi li fa e di come vengono emessi questi certificati sarebbe importante indagare. Sarebbe anche importante farlo perché noi non vorremmo che ci fossero delle doppie porte: da una parte la donna che va a denunciare in un centro antiviolenza e dalla parte opposta l'uomo che fa il percorso.
  Noi sappiamo che una caratteristica di questi uomini è essere ossessivi nei confronti delle donne che vogliono colpire. Quindi, troviamo spesso casi in cui l'uomo le segue anche nei centri antiviolenza che, talvolta, fanno anche lavoro per gli uomini maltrattanti.
  Questo è un altro tema importantissimo che va comunque costruito. Anche noi segnaliamo una preoccupazione per una costruzione di un testo unico generalista, lo chiamo così.
  A nostro avviso, è importante un testo unico sulle norme attinenti alla violenza di genere, perché questo eviterebbe tante difficoltà, ma a noi non piace che all'interno di questo testo unico vengano inserite anche norme del codice delle pari Pag. 50 opportunità o altre norme del genere. Segnaliamo, quindi, questa preoccupazione.
  Riteniamo importante anche la violenza economica perché se andiamo a leggere le ultime sentenze su femminicidi, che sono arrivate anche agli organi di stampa, scopriamo che dietro c'è proprio un abuso economico sulla donna. La donna, quindi, subisce, oltre alle violenze, anche un abuso economico. Su questo noi facciamo tanto come sindacato, ma è importante anche un'azione preventiva di conoscenza da parte della società in generale, perché se c'è un tema poco conosciuto è proprio questo della violenza economica. Le donne non riconoscono la violenza economica e quindi hanno difficoltà a rendersene conto.
  Segnalo una grossa preoccupazione, quella sull'alienazione parentale, la definiamo così, perché stanno aumentando sempre più i casi nei tribunali. C'è stato un momento in cui eravamo un po' più tranquilli, poi invece c'è stata una recrudescenza di donne colpite durante la separazione dai CTU nei tribunali a cui vengono tolti i bambini.
  Su questo – la Commissione sa bene come la pensiamo – c'è bisogno di maggiore attenzione e maggiore incisività. L'attenzione so che c'è, però l'incisività magari ancora manca.
  Manca una legge sulle molestie sul posto di lavoro e ci auguriamo che questa legge venga al più presto approvata. Rimango a disposizione per le domande. Penso di aver toccato più o meno tutti i punti.

  PRESIDENTE . Grazie, dottoressa Menelao.
  Do la parola al dottor Malatacca.

  LEONARDO MALATACCA , Coordinamento Donne CISL. Grazie per l'invito e per la possibilità, come CISL, di portare il nostro piccolo contributo al dibattito.Pag. 51 
  Indagare la violenza in tutti gli aspetti e in tutte le sue manifestazioni è fondamentale per una prevenzione e un contrasto più efficace. Inoltre, contrastare la violenza e mettere al centro dell'agenda politica le politiche di genere diventa un propulsore di sviluppo e di crescita anche per il Paese.
  Lo dicono in molti, però su questo aspetto siamo ancora un po' in ritardo e si procede lentamente. Non ne facciamo una questione morale o solo morale di diritti umani e di giustizia sociale per le donne, ma guardiamo anche ai costi. L'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) ha quantificato tempo addietro un costo per l'Italia di circa 26 miliardi all'anno, come una piccola manovra, una manovrina.
  Questo dato ulteriormente può cambiare se teniamo conto delle denunce, nonostante da noi siano ancora a un livello molto basso. Fare denunce di violenza implica, ovviamente, un costo economico per le possibili conseguenze finanziarie del procedimento giudiziario, oltre a quello emotivo, con il rischio di vittimizzazione secondaria della vittima.
  Se la violenza ha mille volti, un volto è quello della violenza economica. Non abbiamo molti dati a disposizione sulla violenza economica, però sappiamo i comportamenti in cui si riassume: negare l'accesso alla carta di credito, al bancomat, impedire che la partner abbia un conto personale, impedire e dissuadere dal lavorare.
  Una sentenza della Corte di Cassazione del 13 gennaio ha spiegato proprio questo aspetto riconducendolo ai maltrattamenti familiari, quello di impedire di lavorare, ricollocandolo nell'articolo 572 del codice penale. La violenza, infatti, non è solo un'aggressione fisica, è anche pressione psicologica, controllo e quant'altro.
  Sono comportamenti che nella mancata partecipazione alla gestione finanziaria mettono la donna in una posizione di Pag. 52 schiavitù abbastanza grave. Come si diceva prima, diventa ancora più difficile uscire da un rapporto di violenza domestica con la violenza economica, non ci sono le condizioni.
  Tutto questo nei casi più gravi può portare al femminicidio, oltre che a ripercussioni sulla psicologia, come frustrazione, perdita di autostima. Manca lo stimolo alla partecipazione alla vita pubblica. Si tratta di una serie di cose negative che ricadono sulla situazione lavorativa e anche sulla produttività.
  Vengo a qualche proposta per contrastare questo fenomeno. Contrastare questo aspetto della violenza di genere, come tutti gli altri aspetti, coinvolge leggi, politiche pubbliche, iniziative sociali e cambiamenti culturali. Pertanto, occorre garantire e migliorare la protezione della donna, promuovere la conquista di posizioni di autonomia economica, a partire dall'inclusione lavorativa. Ingresso e permanenza nel mondo del lavoro sono questioni dirimenti, che hanno un collegamento stretto con la violenza. Una donna che lavora ha meno probabilità di subire violenza.
  I recenti risultati in termini di crescita occupazionale li conosciamo. È vero, c'è stata una crescita del lavoro, lo sappiamo e lo leggiamo dai giornali. Il problema è che tra la crescita occupazionale degli uomini e quella delle donne c'è un differenziale che non cambia da oltre un decennio. Ci sono circa 18 punti di differenziale. Cresce l'occupazione, ma il gap non accenna a diminuire. Quindi, oltre a concretizzare le misure a sostegno dell'assunzione di donne, madri e non solo, che la legge prevede, chiediamo una maggiore esigibilità, ad esempio, della clausola di condizionalità che prevede il PNRR. È una cosa poco praticata.
  Il 30 per cento delle nuove assunzioni previste dai bandi del PNRR dovrebbe essere riservato, come ai giovani, alle donne. Pag. 53 Questo, però, non avviene, nella maggior parte dei casi, per l'ampia discrezionalità che hanno le stazioni appaltanti.
  Bisogna intervenire sulla infrastrutturazione socioassistenziale per gli anziani, per i bambini, per la scuola dell'infanzia. Sappiamo che per gli asili nido si sta decelerando più che accelerare rispetto a queste infrastrutture, soprattutto al sud, dove mancano strutture di accoglienza per i bambini, gli asili nido.
  La scarsa condivisione delle responsabilità genitoriali. Tutto questo incide sul percorso verso l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne. Sui congedi parentali, compreso il congedo obbligatorio di paternità, è stato fatto uno sforzo per aumentare l'indennità. Questo è un buon inizio. Bisogna proseguire su questa strada e portare a un'indennità non dico totale, ma quasi, per permettere anche agli uomini di utilizzare i congedi parentali. Il congedo di paternità è di dieci giorni. È vero che la direttiva europea prevede un periodo di sette giorni, e noi stiamo a dieci, quindi lo abbiamo superato, però è poco incisivo, troppo simbolico. In alcuni contratti, per esempio, i sindacati stanno contrattando con le aziende per aumentare nel welfare aziendale i dieci giorni di paternità, che diventano venti in alcuni casi. Nelle grandi aziende, però, non è ancora diffuso capillarmente.
  Per quanto riguarda le vittime di violenza, incentivare il lavoro flessibile. Due strumenti su cui si può lavorare molto sono quelli della legge n. 162/2021, se non sbaglio.
  La certificazione di genere. Oltre 5 mila aziende hanno aderito a questo strumento (volontariamente, ovviamente). Sui cosiddetti KPI, i requisiti, si potrebbe lavorare meglio e di più per far rientrare anche la violenza in una delle politiche che le aziende possono portare avanti per l'uguaglianza di genere.Pag. 54 
  Inoltre, il rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile, soprattutto per il gap salariale e per incidere - come si diceva prima - sulla segregazione lavorativa.
  Per le vittime di violenza vanno bene il microcredito e il reddito di libertà. Lasciano qualche perplessità gli incentivi per l'assunzione delle donne vittime di violenza. Non riusciamo a capire se le aziende sono interessate, perché lo strumento non riesce a decollare. Bisognerebbe capire se cambiare strategia, almeno dalle informazioni che si hanno. Reddito di libertà, quindi, e anche orientamento alla formazione e al lavoro. L'ultima legge di bilancio ha previsto fondi destinati a questo nello specifico.
  Un ruolo fondamentale lo hanno l'educazione e la sensibilizzazione. Le donne a volte non distinguono tra insicurezza economica e abuso, reato di abuso. Non sempre si capisce questa differenza. La sensibilizzazione, quindi, deve mirare anche a questo. Sensibilizzare le famiglie, per dare la possibilità in maniera paritaria di gestire le risorse e le opportunità familiari tra figli maschi e femmine. Anche l'educazione all'alfabetizzazione finanziaria. Insieme alla Banca d'Italia, come CGIL, CISL e UIL, abbiamo formato molte nostre delegate, che poi dovranno riversare questo sapere negli ambienti di lavoro. Io sapevo che il 37 per cento non ha un conto (ho sentito numeri più alti) e che chi ce l'ha ce l'ha cointestato. Quindi, il rischio rimane.
  Inoltre, svolgere corsi sulla corretta gestione del denaro (risparmi, investimenti, eccetera).
  È necessario, inoltre, un adeguamento del quadro legale. Parlavamo di reati spia. La legge Roccella prevede reati spia che riconducono direttamente alla violenza domestica, quindi si potrebbe inserire lì, senza creare altre norme, senza sovrapporre altre norme. Tutto questo, però, dovrebbe essere inquadratoPag. 55  e ricollocato nel Piano strategico nazionale della violenza. Anche la formazione per chi deve riconoscere questo reato. Se il giudice non lo sa riconoscere, non ha la sensibilità verso questi temi, è ovvio che, pur essendoci la norma, non viene riconosciuto come reato.
  Tutto questo deve rientrare nella struttura del Piano nazionale. Anche il monitoraggio, la raccolta dati, visto che ne abbiamo pochi.
  Noi, quindi, abbiamo già la struttura, che va estesa. Una volta riconosciuta la violenza, va da sé che vanno estesi anche i servizi che fanno i centri antiviolenza. Il 1522 va esteso anche a questo aspetto della violenza.
  Noi, come sindacato, con i nostri sportelli, cerchiamo di aggiornarci e di aggiornare le nostre professionalità che si trovano negli sportelli proprio dedicati alla violenza, anche nei luoghi di lavoro.
  Un'altra armonizzazione, a proposito di questo, è quella della Convenzione OIL n. 190, che è stata recepita con la legge n. 4/2021, se non sbaglio, che deve essere armonizzata, per esempio, con il decreto legislativo sulla sicurezza, in maniera tale che nella valutazione dei rischi venga inserito anche questo aspetto, per poterlo implementare in maniera piena.
  Grazie.

  PRESIDENTE . Grazie, dottor Malatacca.
  Do la parola ai colleghi e alle colleghe che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VALENTINA GHIO . Grazie, presidente.
  Ringrazio per le tante cose dette, che racchiudono buona parte dei concetti, dei princìpi da cui, poi, deve discendere un ulteriore miglioramento delle norme e, laddove necessario, più risorse e politiche di sistema. È stato detto che molti progressi Pag. 56 sono stati fatti dal punto di vista della normativa in questi anni, in particolare sulle questioni di carattere giudiziario e penale, e non soltanto, ma - drammatica cronaca di questi giorni, ma non solo - continuiamo ad avere tanti episodi di violenza, anche gravissima, anche mortale, come i femminicidi di questi giorni.
  Io vorrei soffermarmi su due questioni in prevalenza. Una più specifica riguarda il tema della violenza economica correlato a quanto ancora occorre fare nel mondo economico, nel mondo del lavoro per diminuire il gender gap, sostanzialmente, che è uno degli elementi di questo macro tema della violenza economica. Sono dati che conoscete meglio di me: un'altissima precarietà, basse retribuzioni, una minore protezione sociale, un maggior tasso di part-time involontario rispetto agli uomini. Vorrei sapere, dal vostro punto di vista, quali sono le due o tre priorità su cui ancora non si è raggiunto l'elemento necessario a sbloccare maggiormente questa situazione.
  Inoltre, anche se non era la tematica di oggi, ma lo avete introdotto in alcuni vostri interventi e ne abbiamo parlato in un'altra occasione con la Commissione, vorrei affrontare e condividere con voi il tema del Testo unico e rivolgervi una domanda su una questione. Al di là di alcune considerazioni che avete fatto, che in parte condivido (ovviamente il Testo unico deve ancora arrivare, quindi verificheremo come sarà strutturato), c'è un tema su cui vorrei conoscere la vostra opinione. La base del Testo unico, se si configurerà, come è stato in qualche modo informalmente annunciato, evidenzia una sorta di strumentalità del concetto di uguaglianza, di pari opportunità in senso generale al tema della violenza, un tema importantissimo, al quale riteniamo - e lo diciamo ogni volta - siano correlate tante altre azioni. Pensiamo al tema dell'educazione, del lavoro, di ogni tipo. Il tema più generale delle disposizioni di pari opportunità tra uomini e donne, che rispondonoPag. 57  a settori diversi (il lavoro, la cura dei figli, il tema elettorale, tutta una serie di altri aspetti), che discende dall'attuazione della Costituzione, a nostro avviso, è un tema molto più ampio e articolato, che forse in questo caso rischia di essere confinato in un tema fondamentale, ma che non dà il senso della complessità del percorso sulle pari opportunità.
  Vorrei avere una vostra opinione rispetto a questo tema. Grazie. Mi scuso per la lunghezza.

  FILIPPO SENSI . Signor presidente, esprimo due considerazioni rapide, ringraziando gli auditi per la loro esposizione. Mi è sembrato di cogliere che il Piano strategico nazionale sulla violenza sia il luogo su cui incidere. Ebbene, vorrei essere confortato da questo punto di vista dalla vostra valutazione. Quindi, sarebbe utile in generale – lo avete già fatto tante volte – capire quali sono i punti su cui la Commissione potrebbe agire in maniera più efficace.
  Vorrei unirmi, inoltre, a quello che ha detto la collega Ghio sul testo unico. Più che una domanda, è una preghiera. Poiché l'avete rappresentato tutti quanti diffusamente, considerato anche questo spettro così ampio delle bozze in circolazione, che invece andrebbe circoscritto proprio per evitare una confusione di livelli e di piani, aiutateci a capire come potete avere voce in questo processo di formazione del testo unico, non semplicemente come auditi o informalmente, perché penso che sia molto importante. Ovviamente c'è il Governo, c'è il Parlamento, anche nel Governo ci sono sensibilità diverse. Per intenderci – adesso la dico male – una cosa è il Ministro Casellati, una cosa è il Ministro Roccella. Quindi, io penso che sia molto importante che i sindacati e le parti sociali siano coinvolte in questo processo, oltre a quello che già avviene, oltre a quello che può fare il Parlamento in questa sede, che è quella appropriata.
  Grazie.

Pag. 58 

  PRESIDENTE . Do la parola agli auditi per la replica.

  GIORGIA FATTINNANZI , responsabile CGIL Nazionale delle politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere. Provo ad andare in ordine, però essendo molto sintetica, anche perché i temi si tengono tutti. Io ho cominciato dicendo che questo è un mercato del lavoro che presenta ritardi strutturali rispetto a tutti gli altri Paesi dell'Unione europea e quei ritardi vanno colmati. È fondamentale colmarli, anche per una questione di tenuta economica del Paese.
  Leggendo i dati sulle dimissioni volontarie e sulla convalida delle dimissioni, ci accorgiamo che il 78 per cento gli uomini si dimettono nel primo anno della nascita di un figlio perché hanno trovato un altro lavoro, mentre la maggior parte delle donne si dimette o perché c'è un'organizzazione del lavoro, il che è anche un mea culpa, perché l'organizzazione del lavoro la contrattiamo noi, quindi c'è anche un tema sindacale, o perché non ci sono servizi sul territorio a sostegno della genitorialità. Guardate, lascio fuori tutto il tema del sostegno degli anziani e dei non autosufficienti, che comunque sappiamo essere, anche quello, una tara sull'occupazione femminile.
  Per quanto riguarda le priorità, come CGIL devo ribadirne una, anche se so che questa è una priorità a lungo termine. Se non cominciamo a innescare una trasformazione culturale in questo Paese – lo so che ci vorranno vent'anni, mi è chiarissimo, come mi è chiarissimo che noi siamo abituati più a politiche di breve termine – questa battaglia la perdiamo. Noi abbiamo un impianto normativo d'eccellenza sulla violenza ma, come dicevo prima, il numero dei femminicidi da vent'anni a questa parte rimane sempre lo stesso. È l'unico reato che non mostra segni di decremento. Ma contestualmente ce n'è uno che aumenta, ovverosia la violenza sessuale, che vede coinvolte minori sempre più giovani e autori minorenni. Ciò vuol dire che Pag. 59 questa battaglia, se non cambia qualcosa nel Paese, la perdiamo. Non c'è un altro modo per dirla. Mi spiace essere catastrofista, io di solito non lo sono, ma i dati ci raccontano una società che non sta evolvendo dal punto di vista dell'uguaglianza. Quindi, un piano di formazione, un piano culturale va messo in campo da subito.
  Voi, giustamente, avete parlato di part-time involontario e di tutta una serie di problemi che esistono nel mercato del lavoro, ma anche solo se guardiamo al dato della parità salariale a parità di mansione vediamo che l'Italia è centunesima su 146 Paesi, secondo un'analisi del World Economic Forum. A parità di mansione le donne guadagnano circa il 20 per cento in meno degli uomini, facendo lo stesso lavoro. È chiaro che c'è un tema culturale, che viene dal fatto che fino a un po' di anni fa le donne lavoravano nel tempo libero, per avere un minimo di autonomia. Ma oggi, nel ventunesimo secolo, non è più sostenibile un'immagine di questo tipo.
  Rispetto al testo unico, come dicevo, mi spiace doverlo ribadire, per la CGIL questo è un Paese che discrimina molto le donne sul piano del lavoro, e non solo, anche su vari altri piani, ma la violenza è una delle forme di discriminazione. Quindi, noi siamo assolutamente contrari a far passare l'idea che se risolviamo il tema della violenza – magari ci riuscissimo, presidente, non scherziamo – abbiamo risolto tutti i problemi delle donne in questo Paese. Quello è un pezzo della manifestazione di questa società, che è una società patriarcale, che vede nella violenza sulle donne la sua forma estrema di patriarcato. Ma è una delle forme ed è quella estrema, per cui non risolve tutto il resto.
  Venendo al Piano strategico nazionale sulla violenza, ribadisco la disponibilità da parte del sindacato ad aiutare sulla messa a regime delle norme che ci sono. Noi siamo assolutamentePag. 60  disponibili sempre e comunque a lavorare su un testo unico, che riteniamo fondamentale. Lo vediamo perché spesso siamo chiamati in audizioni su pezzetti di leggi che vanno a intaccare il tema della violenza sulle donne e che non tengono conto del quadro generale. Quindi, siamo assolutamente convinti che quello è un risultato che dobbiamo portare a casa.
  Finisco sul Piano strategico nazionale sulla violenza. Secondo la Convenzione di Istanbul, il Piano strategico nazionale sulla violenza è la cornice all'interno della quale tutte le azioni dovrebbero essere coordinate e dovrebbero muoversi. Non è tema di questo Governo. Noi con tutti i Governi siamo arrivati sempre molto in ritardo nell'approvazione del Piano strategico nazionale sulla violenza. Quindi, è assolutamente una critica bipartisan. Certo è che noi pensiamo che quello sia il luogo e la regia di tutta la strategia per l'uscita dalla violenza, sia perché ci sono tutti gli attori che normalmente si occupano di violenza sulle donne, sia perché ci sono tutte le istituzioni rappresentate all'interno e tutti i ministeri. Quindi, quello è il luogo che deve creare una normativa omogenea anche perché, essendo un problema strutturale di questo Paese, solo con un'azione strutturale può essere risolto.
  Grazie.

  ALESSANDRA MENELAO , Responsabile Nazionale dei Centri di Ascolto UIL Mobbing e Stalking contro tutte le violenze. Cerco di toccare i punti singolarmente. Per quanto riguarda la violenza economica, è vero, abbiamo il gender gap, però questo è una cornice, perché noi non dobbiamo dimenticare che cos'è la violenza economica. La violenza economica è un abuso specifico da parte di un maltrattante nei confronti di una donna da un punto di vista economico. Poi, possiamo parlare di lavoro, ma è una cornice. Insomma, noi dobbiamo capire dove stiamo quando parliamo di violenza economica. Ed è su questo punto Pag. 61 che manca una formazione specifica. Mi riferisco al fatto che molte donne si rendono conto di aver subìto un abuso economico nel momento in cui vanno a fare una causa contro il maltrattante, perché in quel momento si rendono conto che non hanno più nulla sul conto, che magari poteva essere cointestato, o che il maltrattante ha fatto sparire tutto. Ed è questo lo specifico. Noi possiamo parlare di tutto, però dobbiamo capire qual è il tema. Allora, secondo me su questo aspetto va fatta un'adeguata formazione e anche una sensibilizzazione nel nostro Paese, che oggi manca.
  Dimentichiamo spesso che abbiamo la legge che istituisce e che recepisce la Convenzione di Istanbul. Questa legge è la cornice su cui noi andiamo a mettere tutto. A questa legge, però, mancano i decreti attuativi, ed è lì che forse possiamo lavorare sul testo unico.
  Se facciamo i decreti attuativi della Convenzione di Istanbul allora lì possiamo incardinare bene le cose. È da lì che viene poi il Piano nazionale antiviolenza.
  Il Piano nazionale antiviolenza lo riteniamo importante, talvolta anche sottostimato, perché lì hai tutte le famose quattro P della Convenzione di Istanbul.
  Parliamo spesso di prevenzione, ma ce lo dice il rapporto GREVIO che in Italia manca una politica sulla prevenzione. Costruire lì le politiche di prevenzione al contrasto della violenza di genere significa avere lì, per istituzione, tutti i centri antiviolenza, le parti sociali, ma anche i ministeri. È lì che noi possiamo costruire bene. Forse siamo un po' preoccupati perché non sappiamo se esiste già un Piano antiviolenza e se veniamo chiamati per proforma.
  Ci piacerebbe intervenire bene su quel Piano perché è da lì che si costruiscono tutte le linee per il nostro Paese. Il testo unico sulla violenza è importante, incardinato però all'interno Pag. 62 della Convenzione di Istanbul. Togliamo tutto il corollario, che sappiamo essere fondamentale, ma che è un corollario a questo punto sul codice delle pari opportunità. Questo per noi è fondamentale.
  Ribadiamo la nostra massima attenzione, ma anche la possibilità di collaborare per costruire questo testo unico in questo ambito e con queste specifiche.

  LEONARDO MALATACCA , Coordinamento Donne CISL. Sarò brevissimo, anche per non ripeterci.
  Come ho detto anche prima, la sensibilizzazione e la formazione sono fondamentali, perché si deve intervenire non solo dal punto di vista normativo, ma anche dal punto di vista del cambiamento culturale, che è importante, a partire dalla scuola.
  Il cambio dei testi, dei libri – lo abbiamo detto in diverse occasioni e in diverse sedi – è fondamentale. È una priorità che si ripete anche nel Piano strategico nazionale. Sono quelle cose che si ripetono e non si mettono in discussione, però ci vuole tempo. È ovvio che le norme tendono ad intervenire soprattutto in termini di sicurezza della vittima, di chi subisce violenza, ed è pure importante. Però, se non si fa anche questo percorso diventa complicato e ci ritroviamo sempre con gli stessi numeri e quindi con cambiamenti scarsi.
  Dico un'altra cosa rispetto al Piano strategico. Ci avete detto che è importante la partecipazione, la disponibilità a partecipare, a interloquire non a giochi fatti, ovviamente. Chiediamo in ogni sede di essere avvisati prima, di essere coinvolti prima.
  Il Piano strategico nazionale quest'anno, siccome non è stato possibile fare la parte operativa in quello precedente, conterrà una parte operativa.
  Per quanto riguarda il Piano strategico c'è anche il problema delle risorse, perché molte volte affronta tutti i temi, tutti gli aspetti. Il problema delle risorse è che non avviene come in Pag. 63 campo militare: dobbiamo comprare dieci F16 e quindi stanziamo le risorse adeguate. Per quanto riguarda il Piano, si istituisce e poi si pensa alle risorse. Ecco perché poi c'è uno scollamento anche tra obiettivi e risultati.
  Dovremmo razionalizzare le priorità, quindi non fare un libro dei sogni, ma concentrarci sulle priorità in tutti questi aspetti che abbiamo detto, come sulla formazione.
  Il Governo con gli incentivi che dà per l'assunzione delle vittime di violenza guarda molto alla maternità, non solo alle vittime di violenza, ma anche alle donne.
  La donna che non lavora non fa figli. La priorità del mondo del lavoro, quindi creare le condizioni per conciliare il lavoro con la vita privata, è molto importante, altrimenti non si raggiunge nemmeno l'obiettivo di agevolare la scelta libera di maternità, senza obbligare nessuno.
  I gap che ci sono all'interno del mondo del lavoro sono molto importanti, così come è importante promuovere l'ingresso nel mercato del lavoro. L'ostacolo della cura è un problema enorme che bisogna superare. Si richiamano sempre le risorse economiche per raggiungere questi obiettivi. Grazie.

  PRESIDENTE . Ringrazio il dottor Leonardo Malatacca, la dottoressa Giorgia Fattinnanzi e la dottoressa Alessandra Menelao per questa audizione.
  Do la parola alla dottoressa Maddalena Imperiali, segretario confederale UGL, con delega alle politiche del welfare, della famiglia e della parità di genere, che è accompagnata dal segretario confederale Giampiero Bellusci, che ha tra le sue deleghe le politiche per la salute.

  MADDALENA IMPERIALI , Segretaria Confederale UGL. Vi ringrazio per mio conto, per conto dell'organizzazione e del collega Giampiero Bellusci che mi accompagna. Vi ringrazio Pag. 64 doppiamente perché questa audizione, in maniera anche casuale, si inserisce all'interno di una discussione e di una riflessione che la nostra organizzazione sta facendo proprio in questi giorni. Quindi, casca proprio a pennello.
  Senza ripetere cose più che condivisibili che sono già state dette dai colleghi, ho piacere di condividere con voi questa riflessione che anche come organizzazione stiamo facendo, proprio nello specifico della violenza economica.
  Sappiamo che la Convenzione di Istanbul individua quattro tipologie di violenza, e non ve lo sto qui a ripetere. Quella che è meno intercettabile è proprio quella economica, perché anche giuridicamente viene sempre comunque ricondotta all'interno di una dinamica di violenza domestica.
  In realtà, la violenza di tipo economico ha tutto un altro tipo di ripercussioni ed ha anche altri ambienti rispetto ai quali si manifesta, tra cui l'ambiente del lavoro. Come sindacato siamo principalmente chiamati a monitorare e a vivere quella realtà di vita della persona lavoratrice donna. È evidente che ricondurre la violenza economica esclusivamente ad una dimensione domestica impedisce al sindacato di intercettare correttamente, quindi di dare un volto reale a quella specifica tipologia di violenza, che invece è quella che, probabilmente, potrebbe essere meglio governata proprio dal sindacato.
  Questa è una prima evidenza che io vi propongo. Bisogna cercare il più possibile di dare un'identità specifica alla violenza economica, sdoganandola dalla violenza domestica, dandole proprio una dimensione specifica e propria, così che il sindacato, nella sua dimensione naturale, che è il lavoro, sia nella condizione di intercettarla e di educare le lavoratrici e i lavoratori, perché anche questo è indispensabile.
  Intendo dire che la violenza economica ha tre formule, quella del controllo, quella dello sfruttamento e quella del Pag. 65 sabotaggio della persona. Tendenzialmente, noi dobbiamo essere nella condizione di individuare tutte e tre le formule che si prospettano rispetto alla persona lavoratrice. Quindi quando vi sia un impedimento alla lavoratrice ad ottenere dei riconoscimenti economici di giusta competenza; quando si sia nello stretto ambito dello sfruttamento, quindi vengano a mancare tutti i diritti e di conseguenza la retribuzione e quindi il riconoscimento economico; quando, invece, ci sia una situazione che si rivolga personalmente verso quell'individuo e gli impedisca la normale e corretta realizzazione della persona che deve poter avvenire nel mondo del lavoro. Questo come filiera corretta.
  Spero in qualche modo anche di rispondere alle domande che sono state fatte prima. Che cosa ci proponiamo? Ripeto, non torno a dire le cose che hanno detto già i colleghi sulla violenza in termini generali, ma proprio limitandomi ad una visione che è specifica del mondo del lavoro. Che cosa possiamo fare? Che cosa ci impegniamo a fare noi come sindacato? Che cosa vorremmo fare? Al cospetto di tutte le altre dimensioni dove si esplica la violenza, quindi tutto il mondo dell'associazionismo che ha grandissimi meriti, ma che è particolarmente variegato, il mondo del lavoro avrebbe oggi una grandissima possibilità, che è quella di sfruttare il sindacato, perché il sindacato è già una componente strutturata, esistente, che conosce le regole del gioco e che andrebbe semplicemente ad implementare le proprie competenze anche rispetto a questa dimensione.
  Ricondurre l'ambito della violenza tout court, nello specifico economica, sotto il documento di valutazione dei rischi e quindi ricondurlo alle competenze di RLS, sarebbe già una componente vincente, perché vuol dire trovare una rete già esistente di persone che si muovono all'interno del mondo del lavoro, che Pag. 66 avrebbero solo bisogno di vedere emancipata la loro conoscenza anche in quei termini ed avere una certificazione, quindi un perimetro certo per poter valutare, sicuramente rispetto per esempio alla violenza economica, in maniera corretta quando e come si configura quel tipo di fattispecie. Un'altra cosa che diventerebbe essenziale è permettere – lo metto come pacchetto di proposte da poter tenere nel conto e valutare – la pre-denuncia, l'alert alla magistratura e all'ambito della giustizia, anche ai soggetti terzi quali può essere, per esempio, il sindacato. Si potrebbe permettere anche a questi soggetti di approcciare e lanciare degli allarmi rispetto a delle condizioni che si prospettano sul luogo di lavoro, che è quello che i RLS fanno, per esempio, in altri ambiti di sicurezza. Anche questo, quindi, potrebbe rientrare in questo tipo di logica, quindi avere quel tipo di legittimità e di azione.
  Laddove ci sono degli strumenti, si parlava prima dei congedi parentali eccetera eccetera, si potrebbe andare a verificare, laddove ci siano quel tipo di contesti, rispetto a una loro sospensione. Una donna maltrattata dal marito deve poter impedire che il marito continui a godere dei congedi. A quel punto il congedo deve diventare di esclusiva gestione della parte che viene minata da questo comportamento.
  Si potrebbero poi ricondurre le forme di violenza all'interno dei lavoratori fragili, quindi permettere lo smart working, il lavoro da remoto, in via continuativa. Questo perché c'è il grande discorso dell'allontanamento dal domicilio e tutte queste situazioni che comunque creano un ulteriore problema, oltre al fatto che, se io posso cambiare il domicilio, non posso cambiare il lavoro, quindi comunque posso essere intercettata come persona nel momento in cui mi reco sul luogo di lavoro.
  Si attua, tra l'altro, proprio lì, anche quella forma di violenza economica, perché l'allontanamento, anche per vergogna, dal Pag. 67 luogo di lavoro crea come immediato riflesso proprio quello di avere uno svantaggio di tipo economico. A volte si rinuncia proprio al lavoro pur di evitare di avere questo momento di confronto e di conflitto.
  Avere anche questa accortezza e ricondurre queste situazioni per i lavoratori a una definizione di lavoratori fragili sarebbe determinante per far sì che ci sia un controllo diverso di questo tipo di contesti.
  Mi fermo qui.

  PRESIDENTE . Grazie, dottoressa Imperiali.
  Chiedo ai colleghi e alle colleghe se hanno delle domande.
  Dottoressa, è stata molto sintetica.

  MADDALENA IMPERIALI , Segretaria Confederale UGL. Un po' troppo, forse. Vi chiedo scusa. Questa è la prima volta. Non so, fra l'altro, di che cosa avete parlato in precedenza.

  PRESIDENTE . Questa Commissione, ovviamente, ha una serie di punti programmatici. Uno dei punti a cui tiene particolarmente la Presidenza, di concerto con le vicepresidenti (sono qui la vicepresidente D'Elia e la vicepresidente Leonardi), è sicuramente l'analisi della violenza economica, perché non c'era letteratura, non c'è ancora letteratura e ci sono anche pochissime sentenze al riguardo. Per cui, abbiamo ritenuto un tema fondamentale da approfondire quello della prevenzione.
  Vorrei concludere ringraziando il sindacato, ma anche puntualizzando alcune preoccupazioni, per concedere, poi, un riposo serale non solo al sindacato, ma anche ai colleghi. Non vorrei che ci fossero incubi sul Testo unico. Lungi da questa Commissione, che ha approvato una relazione all'unanimità non su un Testo unico, ma sulla ricognizione normativa. L'abbiamo voluta. Abbiamo fatto un grande lavoro ricognitivo, forse Pag. 68 partendo da un indirizzo che ha dato questa Presidenza, cioè delle donne non come vittime, ma come protagoniste di una cittadinanza attiva (questo l'ho sempre detto), volutamente ampia, probabilmente con delle norme - come ho sentito - che non devono trovare spazio in un Testo unico legato alla violenza di genere. Abbiamo svolto questo grande lavoro.
  C'è un tavolo tecnico (non è ancora arrivata una bozza definitiva) e c'è, lo do per certo, un grande dialogo su quali norme debbono arrivare. All'interno di questo tavolo tecnico c'è il consulente della Commissione femminicidio, il dottor De Gioia, delegato a portare le istanze della Commissione, anche quelle che raccogliamo in sede di audizioni. Per me questo è un aspetto importante. Ad oggi io non ho ancora visto una bozza su cui preoccuparmi, eventualmente.
  La seconda questione riguarda l'indirizzo. Non è un Testo unico modificativo (dottoressa, lei ha fatto tanti interventi modificativi), ma è un Testo unico compilativo, che ritengo, anche in accordo con i commissari e le commissarie, sia il punto di partenza per capire cosa modificare, anche a seguito di sollecitazioni (questa Commissione è uno strumento fondamentale e voi ne siete stati l'esempio oggi), che sono le audizioni. Proprio l'illustrissima presidente Cassano in sede di audizione ci disse di fare attenzione a mettere altre norme, perché il diritto ha bisogno di essere sedimentato.
  Il punto di partenza, quindi, è un Testo unico compilativo, che non innova, ma riordina. Sulle modalità di riordino si sta discutendo, perché la discussione, il confronto è il tema fondamentale. Questo ci tenevo a dirlo. Non siamo arrivati ancora a un «capo A», ma si sta redigendo, partendo dal nostro lavoro, dal lavoro della Commissione, che ha approvato all'unanimità. Ritengo questo passaggio molto importante e anche molto gratificante per noi.Pag. 69 
  Sul tema, dottoressa Menelao, della vittimizzazione secondaria, lei sa che, in continuità con quanto è stato fatto dalla Commissione precedente, noi abbiamo un gruppo molto attivo, molto nutrito. Abbiamo già cominciato tutti i sopralluoghi nei tribunali. Vittimizzazione secondaria, io lo dico sempre, a un anno dalla riforma Cartabia, ma ormai siamo già a un anno e mezzo, dove nell'analisi dei documenti si tiene anche in considerazione in maniera profonda come viene trattata la donna nelle sedi giudiziarie, dall'alienazione parentale all'intervento del giudice.
  Questa Commissione si è già espressa su questo tema. Io personalmente ho voluto anche mettere per iscritto nella relazione del GREVIO, in modo che rimanesse traccia sia per i commissari che per i consulenti, che noi non riteniamo abbia alcuna valenza scientifica la PAS, e lo ribadisco, e che non debba trovare spazio all'interno dei procedimenti giudiziari.
  Dottoressa, per quanto riguarda il tema del patrocinio gratuito sul civile, c'è, ma limitato a redditi inferiori a 12 mila euro. Forse lei si riferiva a un'estensione indipendentemente dal reddito, che è un intervento modificativo. Forse voleva dire questo. C'è, ma è circoscritto.
  Queste sono le riflessioni. Voi sapete che io tengo tantissimo alla cultura del rispetto. Per quanto riguarda la violenza economica, e me lo avete detto voi sul tema del lavoro, il 42 per cento delle donne vittime di violenza, come è stato ribadito nell'audizione prima di voi del CENSIS non è economicamente indipendente, non conosce, purtroppo, neanche gli strumenti economici che ha a disposizione. Manca, lo ha ribadito prima la dottoressa del CENSIS, anche l'educazione finanziaria per le donne, che continuano a non avere il conto corrente. Continuiamo - parlo da donna e guardo tutte le donne qui presenti - a non scegliere percorsi formativi che diano uno sbilanciamento Pag. 70 nel mondo del lavoro. Inoltre, me l'avete detto voi, l'80 per cento delle donne che lavorano sanno di essere sottopagate, ma a quella porta bussano molto poco.
  Per me queste sono state audizioni importanti, che ho fortemente voluto, e le colleghe lo sanno. Il patto di corresponsabilità famiglia, scuola, società civile e politica è fondamentale, partendo da un presupposto: il 2024 è stato l'unico anno che ha segnato un piccolo segno «meno» sulle donne uccise, sui reati in famiglia e sul femminicidio dell'8 per cento. Ci consola questa percentuale? Assolutamente no. Ci fa capire, però, che questa rete comune - sapete che vengo da ventiquattro anni di impresa, per cui per me il lavoro è il tema - di cui siete attori e attrici fondamentali è una rete su cui dobbiamo lavorare perché il 2025 aumenti quel segno «meno».
  Noi saremo contenti quando non ci sarà nessuna donna uccisa. Ci consola che siano in aumento le denunce. Dobbiamo lavorare perché queste denunce vengano messe a terra e affinché tutto il procedimento di giudizio sia corretto e tenga in considerazione la donna e i suoi figli.
  Vi ringrazio nuovamente. Sapete che queste audizioni entreranno a far parte di quello che per noi - parlo sempre a nome anche della vicepresidente D'Elia e della vicepresidente Leonardi - è la relazione fondamentale, quella della violenza economica, cercando di dare strumenti per poter intervenire in maniera un po' più fattiva.
  Ringrazio anche la componente maschile del sindacato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.15.

(*)  L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025, ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta in cui si è svolta l'audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up “Security Watch Srl” e ideatore del dispositivo WinLet. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.

(*) L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 6 maggio 2025 ha convenuto che la Commissione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento interno, avendo anche acquisito il relativo assenso, disponga la desecretazione integrale del resoconto stenografico della seduta in cui si è svolta l'audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. La Commissione ha preso atto nella seduta del 7 maggio 2025. Il resoconto stenografico della seduta viene pertanto pubblicato nuovamente, inserendo le parti desecretate.