XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 65 di Martedì 21 gennaio 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 

Audizione di Pierangelo Albini, Direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 
Albini Pierangelo , Direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria ... 2 
Scorza Lucia , Senior Professional Affari sociali, area Lavoro, Welfare e Capitale Umano ... 3 
Semenzato Martina , Presidente ... 6 
Scorza Lucia , Senior Professional Affari sociali, area Lavoro, Welfare e Capitale Umano ... 7 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
Ascari Stefania (M5S)  ... 8 
Semenzato Martina , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 11.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei colleghi, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.

Audizione di Pierangelo Albini, Direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione del dottor Pierangelo Albini, Direttore lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria.
  A nome di tutte le commissarie e i commissari do il benvenuto al dottor Albini, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere, insieme alla dottoressa Lucia Scorza, senior professional affari sociali, area lavoro, welfare e capitale umano, e all'avvocata Chiara Papaduli, adviser Parlamento e Governo, area rapporti istituzionali di Confindustria.
  L'audizione odierna è da inquadrare nel ciclo di audizioni dedicato al filone d'inchiesta incentrato sulla violenza economica, ed è quindi assai rilevante acquisire il contributo della Confederazione generale dell'industria italiana, che è la principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi italiane, che raggruppa su base volontaria oltre 150.000 imprese, comprendendo le banche e, dal 1993, anche aziende pubbliche.
  Ricordo che la Confederazione è guidata da un presidente eletto ogni quattro anni, affiancato da un consiglio di nove membri vice presidenti, cui sono affidate deleghe operative. Confindustria è suddivisa in 24 federazioni di settore che aggregano le associazioni di categoria per rappresentarne e tutelarne gli interessi comuni. Sul territorio ci sono 16 Confindustria regionali e 98 associazioni territoriali.
  In questa occasione mi piace citare le parole dell'attuale presidente di Confindustria Emanuele Orsini, che, in occasione del 25 novembre, ha sottolineato che Confindustria ripudia ogni violenza sulle donne e crede fermamente nella necessità di raggiungere una vera parità di genere, e non è una questione produttiva o di PIL, ma di dignità.
  Nel rinnovare i ringraziamenti, do la parola per i saluti istituzionali al dottor Albini, che passerà poi la parola alla dottoressa Scorza.

  PIERANGELO ALBINI, Direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria. Signor presidente, ringrazio lei e naturalmente tutti i componenti della Commissione per questa occasione che offrite a Confindustria di esprimersi su un fenomeno e un campo di indagine abbastanza Pag. 3recente, quello che collega gli aspetti economici della vita delle persone, in particolare delle donne, con gli aspetti legati alle violenze di genere e alle disparità.
  Come ha avuto modo di dire lei, e la ringrazio di questa introduzione, ho voluto che fosse la collega dottoressa Scorza a tenere questa audizione, anche perché ha curato l'estensione del documento che poi daremo alla Commissione. Non lo abbiamo consegnato prima proprio per poterlo poi eventualmente arricchire con quei contributi e quelle richieste che i componenti della Commissione volessero avere da Confindustria. Grazie.

  LUCIA SCORZA, Senior Professional Affari sociali, area Lavoro, Welfare e Capitale Umano. Salutiamo gli onorevoli deputati e gli onorevoli senatori presenti e collegati da remoto.
  Il tema che ci è stato assegnato è appunto quello della violenza economica che, come giustamente diceva il nostro direttore, è un aspetto della violenza di genere più recentemente analizzato e indagato. Consuetudinariamente l'indagine è stata principalmente rivolta alla sfera fisica, sessuale, psicologica. Con la Convenzione di Istanbul del 2011, la violenza di genere è entrata a far parte a pieno titolo delle azioni e dei desiderata di contrasto del mondo delle istituzioni e anche dell'ambito di ricerca e di intervento che a più titoli e in più contesti si cerca di far affermare.
  Secondo dati Istat recentemente pubblicati, nel novembre 2023, il 40,2 per cento delle donne che hanno iniziato il percorso di fuoriuscita dalla violenza lamentano di essere vittime di violenza economica, intendendo per tale l'incapacità sostanziale della gestione delle proprie risorse o delle risorse che fanno capo alla famiglia. Questo che cosa determina? Il fatto di non poter essere padroni delle risorse che legittimamente si guadagnano, delle risorse che legittimamente si posseggono determina per le donne – perché nella quasi totalità sono donne – colpite dalla violenza di genere uno stato di isolamento e di sofferenza a carico di queste persone.
  Che cosa possiamo e dobbiamo immaginare per contrastare il fenomeno? Non possiamo sicuramente rassegnarci all'esistente. Dobbiamo agire sulle persone vittime e sui contesti in cui queste persone si trovano a vivere. Che cosa fare? Innanzitutto, così come indicato nella dichiarazione dei ministri del G7 nell'ottobre del 2024 a Matera, agire perché le donne ricevano un empowerment, un rafforzamento del loro «io» e anche delle capacità professionali di cui sono in possesso o che debbono conseguire. Sovente le donne si autolimitano nella rivendicazione del ruolo nella società e anche nella rivendicazione del ruolo in famiglia. Quindi, è assolutamente necessario agire con un rafforzamento dell'empowerment femminile, ma agire anche in una direzione strategica e articolata, con percorsi di formazione pertinenti, con un'attenzione all'orientamento scolastico delle donne, in particolare delle ragazze. Le ragazze devono essere indirizzate sin dall'infanzia – osiamo dire – verso percorsi scolastici estremamente qualificati. Questi percorsi scolastici devono andare nella direzione richiesta anche dal mondo produttivo e dal tempo che noi viviamo.
  Perché è importante essere orientati bene? Perché acquisire competenze idonee permette alle ragazze, alle giovani donne, alle donne di essere leader nel mercato del lavoro. Nel momento in cui si è leader nel mercato del lavoro si possono dettare le condizioni di ingresso nel mondo del lavoro e anche le condizioni di leadership in famiglia, perché una donna affermata nel mondo del lavoro è una donna che ha la forza, ha il sufficiente empowerment per rivendicare un ruolo importante all'interno della famiglia e non soggiacere, ahimè, a comportamenti vessatori, che spesso sono prodotti dai partner, dai mariti e dai compagni.
  Il tema dell'orientamento per Confindustria è un tema centrale, lo è soprattutto tanto per l'ingresso delle donne, come anche degli uomini, nel mondo del lavoro quanto per l'affermazione del ruolo nella coppia. Nella coppia ci si afferma anche per capacità espressa nel mondo del lavoro, per capacità espressa anche in termini retributivi. Fare questo significa – come dicevoPag. 4 prima – agire nella fase di orientamento, quindi agire nella scuola, nelle aule scolastiche. La scuola deve essere un traghetto, un traino di nuovo pensiero. I ragazzi devono respirare ogni giorno una cultura assolutamente non misogina, una cultura paritaria, una cultura che passa anche attraverso le materie studiate, attraverso gli insegnamenti previsti a seconda delle varie discipline. Il pensiero si radica nel tempo, così come gli stereotipi. Una formazione scevra da stereotipi, una formazione che passi anche attraverso i percorsi scolastici, attraverso i programmi ministeriali, una formazione che non sottenda mai un pensiero misogino, non sottenda mai un pensiero stereotipato può garantire nel tempo un pensiero libero, quindi un modo di essere delle future generazioni assolutamente non vittima di un pensiero negativo e di misoginia.
  Da un lato, quindi, l'orientamento e dall'altro la sensibilizzazione delle istituzioni scolastiche verso un'educazione permanente a un pensiero libero. Però dobbiamo ancora creare le condizioni, dobbiamo determinare le condizioni perché la partecipazione delle donne alla vita economica e sociale non crei a carico delle donne particolari oneri o determini la scelta, da parte delle donne, di uscire dal mercato del lavoro, quindi di entrare e di non permanervi.
  Che cosa significa questo? Significa immaginare di rafforzare le politiche legate ai servizi di cura, le politiche legate alle infrastrutture di cura, significa assolutamente utilizzare al meglio tutte le risorse pubbliche che vengono messe a disposizione. È notizia del 15 gennaio 2024, relazione dell'ufficio parlamentare di bilancio, che nell'ambito delle risorse messe a disposizione dal PNRR per gli asili nido e le scuole per l'infanzia solamente il 25 per cento risulta già impegnato. Notizia di sei giorni fa. Questo significa che vi è una necessità assoluta, da parte dei territori e da parte delle autorità di gestione, di chi ha titolarità a ricevere questi finanziamenti, che questi soggetti (autorità di gestione, comuni, tutti gli enti che beneficiano di risorse) siano in grado di azionare progetti e di azionare anche iter amministrativi idonei per poter ricevere al più presto, in velocità, queste risorse.
  Ci sono le risorse del PNRR, ma abbiamo avuto in passato e siamo nella fase finale dell'utilizzo di queste risorse PAC, in capo al Ministero dell'interno, e anche quelle risorse, circa 600 milioni di euro, destinate al rafforzamento e alla creazione di servizi di cura per l'infanzia e per la non autosufficienza per anziani, quindi bambini, nelle quattro regioni Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Anche lì abbiamo registrato ritardi. Con grandi sforzi – io sono nel Comitato di sorveglianza – siamo riusciti, anche con il rafforzamento della capacità amministrativa nei territori, a far utilizzare queste risorse.
  Se ci sono disponibilità finanziarie e non si risponde in maniera veloce, i territori soffrono di mancanza di servizi di cura, e questo può pregiudicare una buona, sana e libera partecipazione delle donne alla vita economica e sociale, può significare uscire dal mercato del lavoro. Se ho difficoltà a conciliare la mia attività lavorativa con la cura dei figli o anche di genitori anziani, di parenti anziani, posso valutare di uscire dal mercato del lavoro. Se, invece, ho strutture di riferimento articolate nel territorio, adeguate per qualità, per quantità e professionalmente ineccepibili, io permango nel mondo del lavoro, conscia che una permanenza nel mondo del lavoro fa sì che io abbia una storia contributiva importante, quindi una storia pensionistica importante e rimanga leader anche nell'ambito familiare.
  Rafforziamo, quindi, quello che abbiamo detto tante altre volte. È importante che i territori presentino strutture adeguate per la cura dell'infanzia e per la non autosufficienza.
  A tale riguardo, c'è un altro ambito su cui dobbiamo agire, che è quello di ridurre l'asimmetria che c'è nella coppia fra moglie e marito, fra partner femminile e partner maschile, relativamente agli oneri di cura. In quell'ambito bisogna immaginare una campagna istituzionale. Nell'attenzione alla cura dei familiari c'è una forte asimmetria fra uomini e donne. Purtroppo ancora oggi Pag. 5gli oneri di cura per le donne risultano quadruplicati rispetto a quelli degli uomini. In questo incide particolarmente la cultura. Bisogna liberare la popolazione dallo stereotipo per cui è principalmente la donna che se ne deve occupare. Una maggiore condivisione fra i due sessi che cosa significa? Una ripartizione egualitaria significa che la donna carica su di sé meno oneri e, quindi, è più partecipe al mondo del lavoro, è maggiormente in grado di assicurare a sé e alla propria famiglia quelle risorse che le permettono di essere non vittima di violenza economica, non vittima di sopruso nella coppia perché soggetto senza reddito. D'altronde, come dicevo prima, una donna che ha una capacità reddituale importante e permane nel mondo del lavoro è una donna che detta le condizioni anche all'interno della coppia.
  Altro elemento importante da richiamare è quanto promosso e fatto dal Dipartimento per le pari opportunità per quel che riguarda il reddito di libertà. Reddito di libertà, microcredito sociale e microcredito di libertà hanno rappresentato e rappresentano per la parte ancora in essere un viatico per uscire da una condizione di estrema sofferenza. Le donne, in questa maniera, possono uscire dal circuito della violenza affidandosi ai centri antiviolenza e, in quella maniera, avviare un percorso di vita virtuoso e indirizzarsi verso il mondo del lavoro. Ma nella fase di costruzione di questo percorso, le donne hanno la necessità impellente di garantirsi la sopravvivenza fisica. Attraverso il reddito di libertà e, ancor di più, attraverso il microcredito imprenditoriale, che ha permesso a donne in uscita dalla violenza di lanciarsi verso il mondo dell'impresa, si interviene in maniera seria affinché ci sia una fuoriuscita dalla violenza importante e – lo si spera – anche definitiva.
  Tutte le iniziative che vanno nella direzione di un sostegno all'imprenditoria femminile, tanto il microcredito imprenditoriale quanto tutte le altre misure a livello nazionale e regionale, sono importanti, perché agevolano un'ascesa e un'affermazione delle donne nel mondo imprenditoriale.
  Per quanto riguarda le misure che poniamo in essere come sistema Confindustria, moltissime sono previsioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. Ad esempio, per quanto riguarda il congedo dei tre mesi, previsto dal decreto legislativo n. 80/2015, diversi contratti collettivi prevedono un ampliamento da tre a quattro, cinque o sei mesi in alcuni casi. Inoltre, in alcuni casi vi è una copertura retributiva per la parte non indennizzata dall'INPS, in altri casi vi è solo l'aspettativa. Però, già il fatto di potersi assentare e di poter prolungare il periodo è importante. Molti contratti prevedono altre forme di agevolazione e riduzione di orario, sempre connesse a questi percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Inoltre, sempre il decreto legislativo n. 80/2015 prevede di trasformare il rapporto da full-time a part-time per un tempo dato. Questo è previsto dalla legge, poi ripreso in alcuni contratti. Tutti i contratti di Confindustria prevedono organismi dedicati al tema delle pari opportunità e della parità di genere.
  Questi organismi, questi comitati sono soggetti propulsori di processi di attenzione alle politiche di genere e di attenzione alle politiche di fuoriuscita dalla violenza. Poi, l'altra cosa che va ricordata è che Confindustria nel 2016 ha sottoscritto un accordo quadro in attuazione dell'accordo quadro sottoscritto in sede europea nel 2007 da UEAPME, CEEP e oggi BusinessEurope.
  Con questo accordo Confindustria ha dato luogo a un impianto estremamente importante di contrasto alla violenza di genere nei luoghi di lavoro, perché l'accordo del 2007 è un accordo che ha come focus il contrasto alla violenza di genere nei luoghi di lavoro. Che cosa è stato previsto con questo accordo? È stata prevista la definizione di principi di contrasto e il rinvio agli ambiti territoriali, quindi alle associazioni presenti nei territori, per l'individuazione delle sedi a cui rivolgersi in caso di molestia o di violenza nei luoghi di lavoro.
  Quasi tutte le nostre associazioni nei territori hanno sottoscritto intese ai sensi del nostro accordo nazionale. In quelle intese, in quelle sedi sono state individuate Pag. 6le strutture di riferimento che possono essere centri antiviolenza, possono essere anche in alcuni casi consiglieri di parità, ASL, le RSA, i responsabili per la sicurezza.
  Ogni associazione ha costruito un'intesa in sede territoriale secondo la vicinanza ai soggetti che ha più ritenuto idonei per il contrasto alla violenza di genere. Quanto fatto da noi nel 2016 è molto importante, perché ha segnato un passo importante, come dicevo prima, nel contrasto alla violenza di genere, con un arricchimento di disciplina, di previsioni e di impalcatura in cui le nostre lavoratrici trovano nella gravità del fatto una zona di confort nel poter individuare chi può aiutarle, tanto dal punto di vista psicologico quanto dal punto di vista della tutela legale, nel vedersi quindi spalleggiate in una reazione che è assolutamente necessaria, opportuna e auspicata.
  Molte intese poi sono tradotte in lingua araba, francese e inglese, per aiutare anche le lavoratrici che non hanno una perfetta padronanza della nostra lingua. L'accordo nazionale è stato poi preso a riferimento da altre associazioni di categoria, come anche da alcune entità pubbliche come alcune ASL, se non ricordo male, del Friuli Venezia Giulia.
  L'azione di Confindustria è molteplice, è plurima, è ampia. Parte da un'azione importante di orientamento scolastico, che esprime in tanti ambiti, come l'attenzione posta agli ITS, quindi una formazione tecnica sin dagli anni dell'adolescenza, alla messa a bando di alcune borse di studio grazie alla Fondazione Giuseppina Mai. Dovremmo oggi essere alla terza edizione, ne abbiamo già avute due. Molto verosimilmente quest'anno avremmo la terza. L'azione di Confindustria va da tutta l'attività contrattuale ai rinnovi nazionali di categoria, come anche alle sedi decentrate e quindi agli accordi di secondo livello.
  L'auspicio è che l'azione del mondo produttivo, del sistema confindustriale delle nostre imprese possa trovare un corredo nelle realtà territoriali là dove ci si trova ad operare nella direzione auspicata, quindi servizi di cura idonei per qualità e quantità, istituzioni scolastiche rispondenti al tempo e politiche di sensibilizzazione, con campagne istituzionali, che necessariamente devono promanare da entità pubbliche, da ministeri, dai dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Scorza.
  Chiedo ai colleghi e alle colleghe se ci sono domande, diversamente ne faccio qualcuna io per rompere il ghiaccio, anche se ha già risposto nel corso dell'ultima parte, raccontando gli interventi che Confindustria fa in tema di violenza di genere. Magari non necessariamente oggi, ma come integrazione di qualche dato di questa relazione, vorremmo capire il sistema confindustriale nei numeri della violenza di genere, quante donne inserisce vittime di violenza nel corso di un anno e come avviene l'avvicinamento di queste donne, se segnalate dai centri antiviolenza, qual è il canale perché queste donne si avvicinino all'azienda. Come ha detto bene lei, dottoressa, moltissime di queste donne non hanno neanche mai avuto un percorso lavorativo, non hanno mai lavorato.
  Abbiamo audito colleghe di Confindustria, imprenditrici di Brescia, le quali hanno detto che uno dei primi passaggi è quello di identificare le eventuali competenze lavorative, perché le donne ignorano completamente la loro predisposizione a un tipo di lavoro, dal momento che non hanno mai lavorato o, se avevano un lavoro, sono state invitate a lasciarlo. Questa è una prima domanda. Magari poi scavate.
  La seconda domanda riguarda un tema a me molto caro, quello dell'educazione finanziaria, quindi come Confindustria organizza le modalità, secondo gli indirizzi nazionali, che poi ricadono sulle territoriali, per l'orientamento, per l'educazione finanziaria nelle scuole, a cui io credo moltissimo fin dalla materna.
  Il terzo argomento riguarda il gender pay gap. Ci aspetta una Agenda 2030 sul bilanciamento degli stipendi e l'equiparazione uomini e donne, per capire le politiche. Inoltre, come vengono affrontate le campagne di prevenzione. Parliamoci chiaramente: l'azienda è una famiglia. Le persone sono in azienda la maggior parte del Pag. 7tempo, quindi diventano anche sentinelle di casi di violenza. Come vengono organizzate, a livello confindustriale, le eventuali campagne di sensibilizzazione? Anche qui, se c'è un indirizzo nazionale, che poi ricade sulle territoriali, o se ogni territoriale è libera di organizzare le proprie campagne come ritiene, anche in base alla specificità del territorio.
  Si tratta di una serie di domande un po' più tecniche, di dati. Se vuole può già dare un indirizzo. Magari si riserva di integrarli, soprattutto per la parte numerica. Prego.

  LUCIA SCORZA, Senior Professional Affari sociali, area Lavoro, Welfare e Capitale Umano. La prima domanda verteva sull'inserimento delle donne vittime di violenza.
  Noi abbiamo settori che hanno già attenzionato il tema, quindi hanno previsioni contrattuali espresse per l'inserimento. Oggi non le so dire esattamente quali sono i numeri, quindi su questa domanda ci riserviamo.
  Per quanto riguarda l'educazione finanziaria, è patrimonio comune che Confindustria sia molto attenta all'istruzione tecnica superiore e sia – sicuramente lo possiamo dire – una pro-attrice di tutto il processo che si sta avverando sugli istituti tecnici superiori. Molto verosimilmente in quell'ambito e con l'attenzione che abbiamo espresso, e che esprimiamo, che produciamo relativamente agli istituti tecnici superiori, si potrà ampliare anche la gamma verso l'educazione finanziaria per la parte non già realizzata, non già posta in essere e programmare anche interventi dedicati alla formazione. Sicuramente questo è un aspetto che potrà essere colto e che potrà essere rafforzato.
  Come dicevo prima, Confindustria è molto, molto attenta alle politiche di formazione, con un'attenzione, però, al tema dell'istruzione tecnica superiore. Su quello si è spesa tantissimo, anche con iniziative pubbliche, perché i ragazzi siano attratti verso questo tipo di formazione. Ad oggi ancora la presenza femminile in quegli ambiti, in quei consessi purtroppo è bassa. Abbiamo una percentuale molto bassa.
  Per quanto riguarda il gender pay gap, che è la terza questione che mi ha posto, secondo dati Istat di ieri noi abbiamo un differenziale del 5,2 mettendo a sintesi il settore pubblico con il settore privato. Il settore privato presenta un dato di maggiore spessore rispetto al 5,2. Il gender pay gap va però indagato, perché è di effetto il dato, ma il dato va analizzato, indagato e capito. Innanzitutto, anche in base ai dati pubblicati ieri da Istat, le ore lavorate da parte delle donne sono inferiori per tutti i settori, o forse per quasi tutti i settori (probabilmente per quello della cura no). Dunque, per quasi tutti i settori sono ore lavorate in meno. Già solo il fatto di lavorare meno ore per chi svolge mansioni di natura esecutiva, come può essere per le maestranze operaie, l'orario fa la differenza, e quindi anche la differenza retributiva. Il gender pay gap può essere anche indagato per gli aspetti non spiegati, laddove Eurostat e anche tanta letteratura fanno un'analisi del gender pay gap per la parte spiegata e per la parte non spiegata. La parte spiegata è la parte giustificata della differenza retributiva, che in alcuni casi possono essere le ore, in altri casi può essere la competenza; sono elementi di ponderazione che giustificano il differenziale. Ci può essere poi una parte non spiegata, cioè non rinvenibile legittimamente. Per l'Italia la parte non spiegata, in base a dati Eurostat, si attesta intorno al 10 per cento, non tanto lontana dalla Germania; la differenza fra Italia e Germania è di qualche decimale (adesso non ricordo esattamente quanto).
  Noi, dunque, per la parte non spiegata siamo identici alla Germania, nel senso che il nostro gender pay gap non è così pesante come spesso viene narrato. È un gender pay gap che sicuramente deve essere ulteriormente indagato, ma che non dice, nella assolutezza del numero, che lì c'è discriminazione. Lì c'è differenza, ma da che cosa dipenda la differenza va capito e se è discriminazione va contrastata. Anche in questo senso le donne devono partecipare a pieno titolo e pienamente al mondo del lavoro, perché il lavoro è fatto di tanti elementi, più ponderabili e meno ponderabili, più visibili e meno visibili, e in questa costruzione, se vogliamo, anche caleidoscopicaPag. 8 passa la retribuzione. Quindi, il ritrarsi, il non mostrarsi a volte propositivi, il non mettersi in gioco può fare la differenza in alcuni casi. La donna deve sentire a pieno titolo la partecipazione nel mondo del lavoro, deve sentire a pieno titolo di essere leader e non deve sottrarsi. Spesso invece ci si sottrae perché gli oneri di cura sono particolarmente gravosi. Qui entrano in gioco le strutture, la capacità di condividere nella coppia gli oneri di cura, di custodia degli anziani, dei non autosufficienti. Sicuramente il gender pay gap resta un tema in termini di investigazione, ma – ripeto – non tutto quello che è differenza è discriminazione, è appunto differenza.
  Per quanto riguarda le campagne, l'accordo del 2016 in sé è già una campagna, perché noi abbiamo invitato i territori a realizzare qualcosa che fosse a misura del territorio, a misura delle imprese di quel territorio, tant'è che questo accordo del 2016, oltre a sostanziarsi in delle previsioni, è accompagnato anche da una dichiarazione di principio che può essere affissa nelle aziende.
  C'è da dire che in questi ultimi tempi in particolare alcune nostre associazioni hanno avviato dei percorsi di sensibilizzazione, da remoto e in presenza, campagne e attività di sensibilizzazione volte a migliorare il pensiero, quindi a contrastare la misoginia, e anche a contrastare gli stereotipi. C'è un'attività in particolare da parte di alcune nostre associazioni, che non cito adesso per non mancarne qualcuna, che in questi ultimi mesi si stanno sensibilizzando, anche in virtù di alcune realtà che si sono certificate ai sensi della legge n. 125 del 2022 e che quindi sentono forte l'impegno per crescere in questa direzione.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Ascari.

  STEFANIA ASCARI. Innanzitutto grazie per questa importante audizione, per questo importante contributo.
  Dal momento che si è parlato anche di formazione qualificata nei confronti delle donne, delle studentesse, verso un'autonomia e un'indipendenza, sarebbe importante conoscere e soprattutto leggere i progetti che sono messi in campo nelle scuole per capire e approfondire meglio. Questo ci darebbe un aiuto e uno spunto di riflessione ulteriore. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Ascari, i colleghi di Confindustria manderanno la relazione e l'integrazione della relazione, come ha detto il presidente, in base agli spunti che sono venuti fuori ovviamente in questa audizione, anche nei progetti con le scuole, gli ITS, e anche la lista delle associazioni che si stanno attivando, come diceva la dottoressa. Quindi, ci sarà un'integrazione del materiale a completamento della nostra inchiesta.
  Se non ci sono altre domande, ringrazio il dottor Albini, ringrazio per la lunga relazione la dottoressa Lucia Scorza, ringrazio l'avvocata Chiara Papaduli.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.25.