Sulla pubblicità dei lavori:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3
Audizione della professoressa Delia La Rocca, ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania, in videoconferenza:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3
La Rocca Delia , ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania ... 3
D'Elia Cecilia , Presidente ... 6
Semenzato Martina , Presidente ... 6
Valente Valeria ... 6
Semenzato Martina , Presidente ... 7
La Rocca Delia , ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania ... 7
Semenzato Martina , Presidente ... 7
(La seduta, sospesa alle 10.45, è ripresa alle 11) ... 7
Audizione di Ilaria Boiano, avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS:
Semenzato Martina , Presidente ... 8
Boiano Ilaria , avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS ... 8
Semenzato Martina , Presidente ... 12
D'Elia Cecilia ... 12
Boiano Ilaria , avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS ... 12
Maiorino Alessandra ... 12
Boiano Ilaria , avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS ... 13
Semenzato Martina , Presidente ... 13
(La seduta, sospesa alle 11.30, è ripresa alle 11.35) ... 13
Audizione di Ida Giuffrida, avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS, in videoconferenza:
Semenzato Martina , Presidente ... 13
Giuffrida Ida , avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS ... 14
Semenzato Martina , Presidente ... 14
Giuffrida Ida , avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS ... 14
Semenzato Martina , Presidente ... 18
(La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12.10) ... 18
Audizione di Elena Biaggioni e Manuela Ulivi, vicepresidente e consigliera nazionale della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, in videoconferenza:
Semenzato Martina , Presidente ... 18
Biaggioni Elena , vicepresidente della rete D.i.Re. Donne in Rete contro la violenza ... 18
Semenzato Martina , Presidente ... 19
Ulivi Manuela , consigliera nazionale della rete D.i.Re. Donne in Rete contro la violenza ... 19
Semenzato Martina , Presidente ... 21
D'Elia Cecilia ... 22
Semenzato Martina , Presidente ... 22
Biaggioni Elena , vicepresidente della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza ... 22
Semenzato Martina , Presidente ... 22
Ulivi Manuela , consigliera nazionale della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza ... 22
Semenzato Martina , Presidente ... 22
Audizione di Patrizia Scotto di Santolo, vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua», in videoconferenza:
Semenzato Martina , Presidente ... 23
Scotto Di Santolo Patrizia , vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua» ... 23
Semenzato Martina , Presidente ... 28
Scotto Di Santolo Patrizia , vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua» ... 28
Semenzato Martina , Presidente ... 29
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
CECILIA D'ELIA
La seduta comincia alle 10.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti e delle componenti della Commissione.
Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia su richiesta dell'audita che dei colleghi, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
Audizione della professoressa Delia La Rocca, ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania, in videoconferenza.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione, in videoconferenza, della professoressa Delia La Rocca, ordinaria di diritto privato presso l'Università degli studi di Catania.
A nome di tutti i commissari e le commissarie, do il benvenuto alla professoressa La Rocca, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
La professoressa La Rocca è, tra le sue numerose competenze, esperta di studi di genere. In tale qualità, è stata consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere nella scorsa legislatura e svolge attività di consulenza in materia di politiche normative anti-discriminatorie per enti di ricerca e per strutture pubbliche. Tra le sue numerose pubblicazioni figurano contributi in materia di pari opportunità.
Rinnovo, quindi, il ringraziamento alla professoressa per la sua disponibilità a essere audita, anche ad arricchimento del lavoro, che è in corso di svolgimento, per la stesura di un testo unico sulla violenza di genere, e le do la parola.
DELIA LA ROCCA, ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania. Signor presidente, la ringrazio.
Ringrazio la Commissione per questa opportunità che mi è concessa oggi di contribuire, nei limiti delle mie competenze, ai lavori di questa Commissione.
Come ricordava la presidente D'Elia, nella passata legislatura ho avuto l'onore e l'onere di coordinare il lavoro di un gruppo di giuristi e di operatori giuridici, che hanno lavorato alacremente alla redazione della relazione che intendeva essere propedeutica alla costruzione di un testo unico della normativa in materia di prevenzione e di contrasto della violenza. La relazione ha preso il titolo di «Riordino della normativa in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere» ed è stata approvata, in fine legislatura, il 6 settembre 2022, e si trova agli atti dei lavori del Senato. Per cui, faccio rinvio al Documento del Senato, il XXII-bis, n. 14, del settembre 2022 della scorsa legislatura. Perché faccio questo riferimento? Perché penso che proprio quel lavoro di due anni mi consente oggi di fornire un minimo contributo ai vostri lavori.Pag. 4
Quale era stato l'intento di quel gruppo di lavoro e poi della Commissione, che ha approvato la relazione da noi predisposta? Certamente partivamo – e credo che anche adesso bisognerebbe partire – dalla considerazione che, malgrado l'impegno enorme profuso dal legislatore italiano in materia di contrasto e prevenzione di tutte le forme di violenza maschile contro le donne, rimane uno scarto considerevole con la persistente consistenza del fenomeno, se non addirittura la recrudescenza e l'esasperazione del fenomeno stesso. Questo è stato segnalato – come è noto – in sede sovranazionale e internazionale, penso al Comitato CEDAW, al GREVIO, alla Corte EDU alla Commissione europea. Insomma, è un gap riconosciuto, segnalato e, soprattutto, molto sentito nell'opinione pubblica. Il tema era quali sono le molteplici ragioni di questo scarto. Il cuore di quella relazione era proprio il problema chiave dell'effettività della tutela delle donne.
Ci siamo mossi lungo due direttrici: da un lato, ovviamente, analizzare la normativa vigente per verificare l'eventuale sussistenza di lacune, contraddizioni e sovrapposizioni; dall'altro lato, valutare quanto, invece, le denunciate ineffettività delle tutele nei confronti delle donne esposte a contesti violenti non dipendano dalla implementazione di questo complesso impianto normativo.
Come dicevo, l'analisi della disciplina vigente mette in luce la ponderosità e la complessità dell'intervento del legislatore nell'ultimo trentennio. Mi piace ricordare sempre che la svolta in questa materia va fatta risalire al 1996, perché è da lì che comincia un nuovo atteggiamento dell'ordinamento nei confronti della violenza maschile sulle donne, che prima era non solo tollerata, ma persino legittimata dall'ordinamento. Il fatto che siano passati meno di trent'anni da questa svolta è una delle possibili cause di un atteggiamento culturale che ancora persiste e resiste. Cambiamenti così radicali non avvengono mai in un arco di tempo così breve.
Naturalmente, bisogna ricordare che, soprattutto dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, il legislatore si è profuso in interventi sia sul sistema repressivo sanzionatorio, molto spesso prevalente come approccio, sia sulla recente riforma del diritto processuale della famiglia, sia sul sistema di governance dei servizi antiviolenza e sull'introduzione di alcune misure straordinarie di supporto alle vittime.
Dato che l'ordinamento è così complesso, certamente un testo che renda chiaro, che renda semplice, che renda di semplice accesso, anche semplicemente a livello conoscitivo, una serie di norme che sono spesso emanate in commi della legge di bilancio o in altri provvedimenti, è sicuramente uno strumento di fondamentale importanza, proprio perché stiamo parlando di soggetti esposti a un contesto di grave rischio (l'incolumità fisica, se non la vita). È ovvio che si tratta di soggetti che vanno tutelati anche attraverso un corpus normativo che sia chiaro, intelligibile e di facile comprensione.
Dall'analisi delle molte audizioni che avete svolto in questo periodo, emerge che ci sono gravi problemi di funzionamento del sistema. Uno dei temi riguarda gli assetti organizzativi del sistema di prevenzione e di protezione delle vittime di violenza, potenziali e già vittime.
La complessità, da un lato, del sistema e, dall'altro, la carenza di formazione e, soprattutto, la carenza di specializzazione degli operatori che sono chiamati a intervenire (si va dalle forze dell'ordine al personale medico-sanitario, dagli insegnanti agli operatori dei servizi sociali, fino agli operatori del sistema giudiziario), rischia, anche con la migliore legislazione possibile, di minare l'effettività dell'intervento.
Quello che, per esempio, si ipotizzava già nella relazione è la costruzione di presìdi specializzati. Queste carenze rinviano a un problema serio, quello dell'esiguità delle risorse umane, finanziarie e strumentali dei servizi e degli uffici pubblici che hanno competenze in materia.
A mio modo di vedere, il riordino della normativa potrebbe essere un'occasione eccezionale, straordinaria o, comunque, l'occasione giusta per intervenire sui nodi irrisolti, quindi per passare da quello che a me sembra un intervento di tipo incrementale,Pag. 5 soprattutto interventi che si sono mossi con un'ottica emergenziale, a un intervento che possa essere finalmente organico e sistematico.
Questo non sono soltanto io a dirlo, ma è un'opinione comune. È chiaro che esiste un problema di approccio culturale, più diffuso di quanto non si pensi, che induce a sottovalutare o a disconoscere la natura strutturale della violenza contro le donne, così come definita dalla Convenzione di Istanbul.
Quello che bisognerebbe finalmente evitare è concentrare l'attenzione sul fenomeno dei femminicidi solo in presenza dell'emergenza, che ovviamente accende i media, accende l'opinione pubblica, ma si spegne poco dopo, producendo solo qualche piccolo intervento. Ma, se è vero che si tratta di un fenomeno di natura strutturale, non basta un intervento emergenziale.
Vorrei dare alcuni suggerimenti molto rapidi. Approfittando dell'occasione di un riordino della materia attraverso un testo unico, preferibilmente non compilativo, si potrebbe intervenire. In tema di prevenzione serve sicuramente un intervento organico e coordinato con le diverse istituzioni preposte al sistema educativo, all'istruzione universitaria e alla formazione, destinato a promuovere l'educazione sulla violenza di genere. Bisognerebbe riuscire a superare, finalmente, la logica degli attuali percorsi brevi, sperimentali, sulla violenza di genere. Io stessa ne ho partecipato e ne ho organizzati tantissimi, però la sensazione che resta è che abbiamo fatto tanto per la «sensibilizzazione», ma non basta più. Occorre che ci sia una vera e propria prevenzione. Occorrono, quindi, investimenti stabili nella formazione specialistica.
Per quanto riguarda l'asse protezione, servirebbe un testo di messa in ordine del sistema dei servizi di assistenza, protezione e supporto; un potenziamento dei Centri antiviolenza, sempre esposti a finanziamenti non stabili. Questo elevato grado di instabilità e disorganicità rende lungo il percorso della previsione di obiettivi strategici, che sono assolutamente in linea e perfettamente identici a quelli della Convenzione di Istanbul, che però poi richiedono una implementazione delle decisioni di spesa.
Inoltre, a mio modo di vedere, un'attenzione nel senso della stabilità, della certezza e della facilità di accesso andrebbe data alle misure, che pure in questi anni sono state introdotte, di sostegno all'autonomia economica delle donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Penso al reddito di libertà, che adesso è stato rifinanziato e viene visto come un intervento tampone, di volta in volta con questo carattere transitorio e sperimentale. Delle due l'una: o noi riteniamo che davvero una donna che si trova in un contesto di violenza può uscirne o può essere aiutata a uscirne se ha un minimo di indipendenza economica oppure si tratta di misure assistenziali.
Io credo serva qualcosa in più di un normale strumento assistenziale. Penso a tutti gli interventi dedicati alle donne dipendenti, che pure sono stati introdotti negli ultimi anni, ma che non sono di facile conoscibilità da parte delle donne che versano – ripeto – in una condizione di vulnerabilità. Sono sicuramente donne vulnerabili, che evidentemente avrebbero bisogno di molta più rapidità ed effettività di intervento.
Infine, devo dire che anche sul tema più sviluppato dalla legislazione attuale, cioè il tema della punizione, c'è ancora da integrare, da proteggere e da sistemare.
Faccio solo tre esempi. La questione dell'obbligo di gratuito patrocinio, che dovrebbe essere esteso a tutte le vittime di violenza di genere (domestica, eccetera). Si tratta di un'indicazione che arriva anche dalla Corte costituzionale. L'occasione si presenta, adesso, se si fa una legge organica per mettere finalmente un punto su questo tema. Sicuramente migliorare e ampliare i diritti della persona offesa e la sua tutela in tutte le fasi del processo e del riesame. Inoltre, c'è da fare ancora molto sul potenziamento della tutela degli orfani di femminicidio e, più in generale, dei superstiti dei reati di violenza di genere.
Dopo il lavoro che avevamo fatto e che abbiamo consegnato al futuro Parlamento e a questa Commissione, che ora deve prenderePag. 6 il testimone di questo compito, che era già non solo della XVIII legislatura, ma anche della XVII, penso sia arrivato il momento di utilizzare questa opportunità per l'emanazione di una legge organica. Noi pensammo, all'epoca, di ispirarci al modello spagnolo, ma era solo un'indicazione.
PRESIDENTE. Grazie.
Nel frattempo è arrivata la presidente, alla quale lascio la presidenza.
Do la parola alle colleghe e ai colleghi presenti e connessi da remoto che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO
PRESIDENTE. Buongiorno a tutti e a tutte.
Ringrazio la dottoressa La Rocca. Se posso permettermi, ho letto con attenzione la relazione che lei ha contribuito a realizzare e ci siamo ritrovati in tanti passaggi. Penso ci sia una logica di continuità con questo lavoro e il lavoro precedente, dottoressa La Rocca, anche perché all'interno di questa Commissione ci sono consulenti che hanno contribuito, come la dottoressa Velletti e la dottoressa Virgilio.
Ho visto con attenzione i riferimenti che lei faceva alla legge organica spagnola, al quadro internazionale da cui voi siete partite, ovviamente ispirato, un po' come anche la relazione di questa Commissione sul testo unico, dal modello della Convenzione di Istanbul.
Ho apprezzato tantissimo i riferimenti a quello che per me è un tema fondamentale, la violenza economica. Sono perfettamente d'accordo, anche se sono arrivata in coda a questa audizione, sulla non consapevolezza di moltissime donne vittime di violenza di quali strumenti economici hanno a disposizione per uscire da questa situazione di difficoltà, perché spessissime volte non ne hanno conoscenza, ma non lo sanno neanche le reti intorno a quelle donne. Faccio sempre l'esempio di un sindaco del mio territorio, di un piccolo paese, che quando gli ho detto che le donne vittime di violenza possono sospendere il mutuo non era a conoscenza di una misura che potrebbe sembrare leggera, ma che invece poi nei budget familiari è importante.
Dottoressa La Rocca, il lavoro di questa Commissione, che ha visto coinvolti i nostri commissari e le nostre commissarie, nonché i nostri consulenti o almeno un gruppo di quelle, ovviamente, che si sono dedicate a questa relazione, è stato finalizzato ad una ricognizione per partire da un testo unico compilativo, in modo da capire eventuali gap normativi su cui intervenire in maniera puntuale. Questo è il lavoro di questa relazione.
Abbiamo scelto una strada, anche su sollecitazione delle nostre commissarie e dei nostri commissari, che non guardasse al ruolo della vittima, ma guardasse al ruolo della donna nella sua interezza, perché il tema della violenza di genere ha una trasversalità tale che colpisce sia gli ambiti familiari che quelli sociali, quelli lavorativi, quelli ovviamente di tutta la vita delle donne.
Questa relazione sul testo unico ha voluto essere, per scelta, una relazione molto ampia, con un'analisi delle fonti primarie e secondarie, ma anche di cosa si poteva mettere e di cosa non si poteva mettere. Quindi, troverà, nelle pieghe di questa relazione, anche qualche accenno a quello che ha fatto precedentemente.
So che la senatrice Valente voleva fare una domanda. Intanto ho ottimizzato il tempo, nell'attesa che le colleghe ci indicassero le questioni.
La ringrazio, dottoressa La Rocca.
VALERIA VALENTE. Buongiorno a tutti. Ringrazio la presidente e la professoressa La Rocca. Ovviamente, ringrazio anche per il lavoro fatto in passato e per il fatto che ci fa un po' di memoria storica. Alla luce di questo, la mia domanda verte sullo strumento che lei riterrebbe più utile. Noi facciamo una relazione come Commissione parlamentare d'inchiesta, così come avevamo già visto tante volte. Non possiamo fare altro che una relazione nella quale diamo precise indicazioni, più o meno puntuali, di contesto.Pag. 7
In base alle sue valutazioni, allo studio che ha fatto a suo tempo, a tante osservazioni che le sono state inviate nel corso del tempo e che ha ricevuto, quale sarebbe lo strumento normativo che lei reputa più idoneo per arrivare all'obiettivo? Un disegno di legge parlamentare, una legge delega da parte nostra, un disegno di legge governativo oppure un atto amministrativo con il quale pure è possibile fare un testo unico?
Ovviamente, è inutile fingere, la professoressa La Rocca sa qual è la mia preferenza, ma non la ripeto qui, però vorrei sapere la sua valutazione tecnica dal punto di vista normativo e giuridico.
PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa La Rocca per la replica.
DELIA LA ROCCA, ordinaria di diritto privato presso l'Università degli Studi di Catania. Rimango convinta della soluzione alla quale eravamo pervenuti nella passata legislatura. La materia non può essere sistemata dal punto di vista amministrativo. Serve, per le cose che ho detto, uno strumento legislativo. Naturalmente, lo strumento legislativo non è competenza mia, ma è una scelta politica.
Suppongo che la strada migliore sia quella di una legge delega che, oltre a mettere in ordine i principi ai quali il Governo dovrebbe attenersi, consenta di fare le due cose che ho indicato, da un lato mettere ordine, rendere facile la fruibilità delle norme che al momento sono veramente caotiche, nascoste, nascoste in un comma qui, in un comma lì. Facevo prima l'esempio del reddito di libertà: cercando e ricercando ho trovato che è stato rifinanziato con un comma della legge di bilancio del 2023, ma vi rendete conto che non possono avere tutti la competenza necessaria per esplorare i commi della legge di bilancio. Quindi, serve uno strumento chiaro, ma serve anche un intervento su nodi ancora irrisolti.
Questo non si può fare certamente con un testo unico di tipo compilativo, perché, ovviamente, il vincolo sarebbe prima di tutto quello di limitarsi alla legislazione vigente, quindi non avrebbe nessuna possibilità innovativa. Io penserei a un testo unico innovativo su nodi che sono irrisolti.
Peraltro, è estremamente problematico affidare al Governo, all'esecutivo, all'amministrazione la scelta di cosa si mette e cosa non si mette in questo testo unico, perché ai fini degli obiettivi che io penso, quello della maggiore chiarezza e fruibilità della normativa in tema di violenza, penso che bisognerebbe stare molto attenti alle norme che si mettono dentro. Dovrebbe essere un testo solo dedicato alla violenza. Certo che c'è un nesso stringente tra le questioni che riguardano le pari opportunità, di cui mi sono occupata molto di più rispetto ai temi della violenza, e il tema della violenza. Però, quello che a noi manca è uno strumento fluido e di facile conoscibilità sulla violenza, mentre il corpus normativo in materia di pari opportunità risulta abbastanza ordinato.
Certo, si può anche immaginare di mettere questo dentro il codice di pari opportunità, non farei il contrario, ma questa ovviamente diventa quasi un'opinione personale.
La conclusione a cui eravamo pervenuti ma non abbiamo fatto in tempo, perché è caduta la legislatura precedente, era ipotizzare una legge delega. Tuttavia, avevamo individuato una serie di nodi che lasciavamo individuare al Parlamento.
Credo che il Parlamento non debba delegare oltre un certo limite, perché si tratta proprio di riordinare e di potenziare alcuni vulnus che ci sono nel sistema, e questo credo che richieda un intervento legislativo.
PRESIDENTE. Grazie, dottoressa La Rocca.
Se non ci sono altri interventi da parte dei colleghi e delle colleghe, ringrazio la professoressa La Rocca per questa audizione e anche per il lavoro nella precedente Commissione.
Dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 10.45, è ripresa alle 11.
Pag. 8Audizione di Ilaria Boiano, avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Ilaria Boiano, avvocata dell'associazione Differenza Donna APS. A nome di tutti i commissari e le commissarie, do il benvenuto all'avvocata.
Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta dell'audita che dei colleghi, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
Ho detto prima che l'associazione Differenza Donna è di casa in questa Commissione perché, in merito al testo unico, e qui la dottoressa Boiano poi ce lo illustrerà di nuovo, aveva già fatto pervenire un lavoro molto interessante di ricognizione, e non solo, sul tema del testo unico, che è già stato inserito nella bozza della relazione e avevo già avuto modo di relazionarmi con le tante attività di questa associazione anche in presenza.
L'associazione Differenza Donna è un interlocutore costante della nostra Commissione, considerato il suo impegno in prima linea nel contrasto alla violenza di genere e nel supporto alle donne vittime di violenza.
Mi preme ringraziare in questa occasione l'Associazione per il contributo che ha già assicurato con la trasmissione della memoria scritta, che abbiamo fatto già pervenire a suo tempo ai nostri commissari e alle nostre commissarie.
Rinnovo quindi il ringraziamento all'avvocata Boiano per la sua disponibilità ad essere audita ad integrazione di quanto già depositato agli atti della Commissione.
Do la parola alla nostra ospite.
ILARIA BOIANO, avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS. Onorevole presidente, onorevoli componenti della Commissione, grazie per questo coinvolgimento dell'associazione Differenza Donna, anche da parte della presidente Elisa Ercoli. Porto le scuse dell'avvocata Manente, che in questo momento è impegnata in un processo e non ha potuto partecipare.
Richiamo le note introduttive del nostro documento, evidenziando che per noi la stesura di un testo unico rappresenta sicuramente un'opportunità per spostare l'attenzione sull'esigenza di sistematicità e visione unitaria sulla questione della violenza nei confronti delle donne in tutte le sue forme, fino al femminicidio.
Riprendiamo la considerazione interessante della Corte di Cassazione, che ha evidenziato come il nostro ordinamento oggi sia un vero e proprio arcipelago normativo in tema di violenza.
L'impegno del legislatore è stato costante, è stato continuo. Il nodo è quello di dare organicità alle tante disposizioni introdotte negli ultimi dieci anni, in particolare dalla n. 119 del 2013 fino all'ultima legge, la n. 168 del 2023.
Rileviamo, infatti, ancora il nodo problematico dell'effettività delle tante disposizioni introdotte e della necessità di bilanciare tutto il sistema di rieducazione della pena, che è un principio costituzionalmente importante del nostro ordinamento, con la prevenzione di ogni forma di vittimizzazione secondaria e di reiterazione delle fattispecie.
Un modello che può essere un riferimento per una produzione sistematica è quello delle tre P (protezione, prevenzione, punizione) integrato, però, dalla partecipazione, che è stata un'indicazione che alle organizzazioni internazionali è venuta proprio dalla società civile. Partecipazione di chi? Innanzitutto delle donne direttamente coinvolte.
Per noi è fondamentale, da una prospettiva femminista, che non siano mai oggetto di intervento, ma che siano protagoniste del percorso di fuoriuscita dalla violenza. Ciò significa che non possono essere trascinate da percorsi non ragionati e non Pag. 9definiti insieme alle singole donne e caso per caso, perché è fondamentale creare procedure per garantire l'efficienza, mentre la standardizzazione di un intervento non tiene conto delle specificità dei singoli casi e in qualche modo normalizza pratiche che possono divenire occasione di vittimizzazione secondaria da parte dei soggetti istituzionali. Inoltre, riteniamo fondamentale la partecipazione della società civile, in particolare quella delle organizzazioni che promuovono i diritti delle donne, organizzazioni femministe, centri antiviolenza e case rifugio, perché riteniamo che sia irrinunciabile l'impatto prodotto da una politica che risignifichi prevenzione, protezione e sicurezza nei termini di responsabilità collettiva, che parte dalla libertà individuale e si traduce in una dimensione sociale e collettiva che sostiene le singole donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza. Quindi, per prevenzione, protezione e sicurezza non intendiamo mai un controllo sulla vita delle singole donne, ma una risposta istituzionale coerente e compatibile con la libertà delle donne.
Vengo alle questioni specifiche su cui richiamiamo l'attenzione. Sicuramente è importante un approfondimento di tanti aspetti del nostro ordinamento civile e penale, quindi non soltanto direttamente inerente alla violenza di genere ma anche alle relazioni familiari, con l'obiettivo e la fiducia di poter costruire un diritto delle relazioni familiari che tenga conto della tutela dei diritti fondamentali di ogni singolo componente, senza ridurre le relazioni familiari a geometrie e scomposizioni matematiche del tempo. Dunque, in materia civile suggeriamo di mettere mano alla questione del cognome materno e, quindi, introdurre un automatismo nell'attribuzione del cognome materno insieme a quello paterno, perché il superamento della violenza parte anche da questioni di natura sociale e politica molto più ampia, e di ragionare sulla questione del riconoscimento tardivo dei figli, perché vi è una discriminazione formale e sostanziale tra padri e madri nel momento in cui compiono questa scelta, con un aggravio della condizione materna nei casi di riconoscimento tardivo da parte del padre. Molto spesso le donne sono colpevolizzate dell'assenza di un rapporto che deriva, invece, da una scelta di natura individuale del padre, che si ripercuote sul benessere non solo dei figli ma anche delle madri.
In tema di relazioni familiari, il decreto legislativo n. 150 del 2022 (riforma Cartabia del processo penale) è già intervenuto ampiamente, ma comunque sottolineiamo la necessità di chiarire che la figura del curatore speciale non può essere compatibile con l'esercizio della funzione di avvocato nel medesimo ruolo. Quindi, suggeriamo di utilizzare gli stessi criteri che sono, per esempio, vigenti per i viceprocuratori onorari (VPO) o per i giudici onorari di tribunale (GOT), ovvero non è possibile esercitare la funzione di curatore nello stesso foro dove si esercita la funzione di avvocato, perché il doppio ruolo dinanzi alla stessa autorità giudiziaria può compromettere l'equilibrio nell'esercizio di funzioni sempre più delicate che sono attribuite al curatore speciale, in particolar modo nei casi in cui vi siano richieste di affidamento esclusivo o di decadenza in ragione della violenza di genere da parte del padre.
La violenza economica è un tema di natura sociale ma anche giuridica, perché i meccanismi di recupero delle risorse dovute sono ancora molto farraginosi e soprattutto si sta diffondendo una giurisprudenza di merito che giustifica la violazione anche contingente degli obblighi di mantenimento. La risposta in sede penale è poco deterrente, perché non consente un immediato recupero dei crediti e risente della durata spesso non ragionevole del processo penale per gli articoli 570 e 570-bis. Quindi, su questo sarà importante unire le forze e trovare meccanismi creativi ed efficaci per frenare un tipo di violenza sottile, ma che indebolisce e rallenta il percorso di fuoriuscita dalla violenza.
In sede penale abbiamo visto una serie infinita di interventi negli ultimi anni, che secondo noi devono essere sedimentati proprio per costruire una cultura giuridica che possa vedere gli effetti delle norme introdotte. Tuttavia, riteniamo non più procrastinabile,Pag. 10 perché raccomandata anche dalla decisione che abbiamo ottenuto come Associazione Differenza Donna davanti al Comitato CEDAW (Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne) A.F. contro Italia del 2022, la riforma dell'articolo 609-bis del codice penale. L'elemento centrale deve essere il consenso, e non abbiamo da cercare molto in là soluzioni creative. La stessa Commissione istituita negli anni Novanta per riformare il codice penale aveva suggerito di considerare come fattispecie modello quello, banalmente, della violazione di domicilio, che è già costruita sull'assenza del consenso del titolare del bene violato. Quindi, è proprio una questione di superamento culturale rispetto alla costruzione della fattispecie di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis.
In sede processuale penale, se vogliamo fare veramente una rivoluzione, dobbiamo ragionare su un nuovo statuto di difesa dei diritti della persona offesa. Il nodo è il risarcimento del danno e la costituzione di parte civile, che è l'unico contesto e l'unico modo per cui la vittima di un reato, di qualsiasi reato, possa partecipare attivamente al processo. Riteniamo che questa sia la sede e l'occasione per ragionare su una tutela dei diritti della persona offesa a prescindere dal risarcimento del danno all'interno del processo penale, facendo bagaglio di una cultura giuridica che ormai ha ampiamente superato, anche attraverso il codice processuale penale vigente, forme di antica e risalente costruzione dei rapporti vittima-autore del reato, quindi fuori da ogni logica di vendetta, che era il problema che limitava i processualpenalisti a considerare uno statuto completo della vittima all'interno del processo penale. Oggi possiamo pensare a una tutela a 360 gradi, come richiede peraltro la «direttiva vittime» del 2012 e quella rielaborata di recente dal Parlamento europeo, nonché la nuova direttiva in materia di violenza.
In particolare, nello specifico riteniamo importante e di minore impatto anche di politica del diritto reintrodurre la possibilità di impugnare le sentenze di non luogo a procedere e i provvedimenti di archiviazione, poiché i rimedi oggi esistenti sono assolutamente insufficienti. Finché era possibile, fino al 2017, spesso abbiamo dovuto impugnare in Cassazione, quindi per profili di legittimità, le sentenze di non luogo a procedere e le ordinanze o i decreti di archiviazione, e con successo. Questo significa che la legge purtroppo veniva violata anche in fase di definizione dell'udienza preliminare o dell'udienza camerale dedicata alla verifica della fondatezza della richiesta di archiviazione della procura. Dinanzi a un progressivo incremento del tasso di richieste di archiviazione collegata alla modifica normativa che prevede come parametro la ragionevole previsione di condanna, purtroppo il rimedio non esiste in questo momento nell'ordinamento, dinanzi ad archiviazioni sempre più frequenti.
Per quanto riguarda gli aspetti processuali, riteniamo importante un approfondimento dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato, perché come è attualmente disciplinato esternalizza sulle avvocate che si specializzano i costi della violenza. Quindi, questo è necessario che sia oggetto di una discussione politica, che fa parte di una questione politica più ampia e che attiene al diritto di difesa di tutti e tutte coloro che hanno necessità di una difesa qualificata e competente pur non avendo i mezzi oppure essendo esposte sproporzionatamente a specifiche forme di violenza, come nel caso che ci occupa.
In materia processuale e penale esprimiamo, inoltre, una preoccupazione relativa ai programmi di recupero e all'accesso al meccanismo di giustizia riparativa. In un'ottica di assoluta condivisione degli obiettivi di questi istituti, riteniamo però necessario scollegarli completamente da obiettivi processuali. La rieducazione della pena e, allo stesso tempo, i meccanismi di effettiva consapevolezza non possono essere collegati a benefìci e a sconti che, purtroppo, fanno sì che i percorsi ancora da monitorare, da controllare e da uniformare sul nostro territorio possano essere strumentali soltanto a obiettivi di natura processuale. Crediamo nel cambiamento della società tutta, tuttavia questi istituti hanno prodotto già complessi effetti sulla vita delle Pag. 11donne, come inviti a mediazioni mascherate da tappe del percorso di recupero, che non possiamo tollerare perché producono vittimizzazione secondaria ed espongono a nuove e ulteriori violenze. Purtroppo i casi più recenti attestano la difficoltà di un monitoraggio concreto dopo la condanna e di astensione dalla ripetizione delle stesse condotte.
In tema di diritto dell'immigrazione richiamiamo la necessità di riformare l'articolo 30 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che subordina il permesso per motivi di famiglia delle donne straniere all'attualità della convivenza con il partner sponsor che ha consentito il ricongiungimento familiare. Questo pone le donne in una situazione di estrema fragilità, perché una cosa che immediatamente attivano in queste situazioni i maltrattanti è proprio la segnalazione alla questura della cessazione della convivenza, con conseguente revoca del permesso. È vero che noi attiviamo immediatamente l'istituto previsto dall'articolo 18-bis, ma non è un automatismo che garantisce tutte le donne, perché le donne per poter accedere al permesso di cui all'articolo 18-bis devono aver presentato una denuncia e devono essere assistite. Invece, si pone la necessità di creare un automatismo, che peraltro è nella prassi, che non sarebbe dovuto in base alla legge, dal momento che la legge prevede un controllo caso per caso. Quindi, sarebbe importante intervenire su questo.
L'articolo 18-bis riteniamo che debba essere riformulato a specchio rispetto all'articolo 18, quindi a prescindere, un doppio binario anche per le donne vittime di violenza domestica, considerato che è difficile per tutte presentare denuncia, immaginiamo per una donna straniera senza titolo di soggiorno sul territorio. Peraltro, dalla nostra esperienza di supporto e accoglienza alle donne straniere è emerso che su cinquanta donne accolte presso lo sportello del centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di Ponte Galeria fino al 2019 quarantasette erano state trattenute a seguito di espulsione pronunciata in occasione di richiesta di aiuto da parte delle donne straniere. Dunque, è chiaro che i due compiti, quello di controllo della regolarità del soggiorno e quello della protezione nei confronti delle donne straniere esposte alla violenza di genere, devono comunicare e soprattutto essere bilanciati a favore di una massima tutela dei diritti fondamentali, che prevale sulle ragioni dell'espulsione, peraltro non sussistenti alla luce dell'articolo 59 della Convenzione di Istanbul.
Con riferimento al diritto del lavoro, riteniamo importante estendere il congedo dal lavoro, già previsto dalla legge, a un periodo di sei mesi, quindi 180 giorni di astensione effettiva dall'attività lavorativa, e rafforzare la misura del reddito di libertà, che comunque già costituisce un importante strumento di supporto concreto alle donne in uscita dalla violenza.
In tema di case rifugio e centri antiviolenza, come è noto, i posti letto soddisfano solo il 5 per cento del parametro stabilito dall'Unione europea, che è un posto letto ogni 10 mila abitanti. Quindi, sarebbe importante lavorare su questo. A tal riguardo abbiamo avuto l'intervento di dicembre 2023 che ha stanziato da 27 a 40 milioni di euro, ma è importante ragionare sui criteri di distribuzione di questo fondo, affinché siano effettivamente valorizzate le competenze e le specializzazioni delle organizzazioni che le gestiscono, in quanto un fondo di 40 milioni di euro diventa appetibile anche a soggetti che di violenza non si sono mai occupati o che se ne occupano in un'ottica di ricomposizione, in un'ottica familistica.
Il parametro per stabilire l'importo di ridistribuzione deve tener conto della complessità territoriale. Attualmente l'importo è ripartito in base alla popolazione femminile residente. La conseguenza è che la Basilicata ha 5 mila euro annui per CAV, per un totale di due Centri antiviolenza, mentre Lombardia, Lazio e Campania hanno stanziamenti diversi. Bisogna ragionare sulla corrispondenza di questi parametri al bisogno concreto dei singoli territori.
Non possiamo, in chiusura, non segnalare l'importanza di un Piano di integrazione dei corsi di laurea, dei programmi della scuola primaria e secondaria, della formazione continua, da una prospettiva di Pag. 12genere femminista, il che significa tener conto del fatto che esiste una storia delle donne, esiste una politica delle donne, esiste una cultura femminile e femminista, che va valorizzata non con interventi sporadici ed emergenziali, ma con un intervento strutturale, che parte dalla lingua italiana e arriva fino ai programmi che studenti di ogni ordine e grado si trovano ad affrontare, senza trascurare la formazione del corpo docente dell'accademia del nostro Paese.
Per qualsiasi ulteriore approfondimento, rimaniamo a disposizione.
PRESIDENTE. Grazie, avvocata Boiano, intanto per aver ripercorso la relazione che aveva già mandato a questa Commissione e per averla integrata anche con delle riflessioni, da cui questo testo unico deve partire.
Do la parola ai colleghi e alle colleghe che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CECILIA D'ELIA. Signor presidente, la ringrazio.
Ringrazio Differenza Donna e l'avvocata Boiano. Lei ha fatto riferimento – citando anche l'audizione della Cassazione – alla definizione di arcipelago, quindi al fatto che lavorare a un testo unico aiuta anche a mettere in ordine le norme che si sono succedute negli anni. Però, poi, la relazione interviene – mi pare – sui nodi. Noi stiamo pensando a un testo unico, come Commissione, compilativo. Ci possono essere, poi, delle indicazioni su quali siano i nodi. Vorrei capire se, secondo voi, nel fare il testo unico, bisogna andare a modificare delle norme e non semplicemente fare un testo compilativo.
ILARIA BOIANO, avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS. Sicuramente il testo compilativo costituisce una base di partenza, perché consente di visualizzare. Immagino, però, che la definizione di una piattaforma di partenza imponga delle verifiche e delle disposizioni di raccordo.
Il nostro invito è di tener conto di tutto l'ordinamento, di considerare, nella compilazione, nella fusione in un unico documento, punti che rappresentano un buco o una zona grigia. In particolare, alcune modifiche si rendono necessarie, altrimenti si tratterebbe di un lavoro meramente editoriale (mettere insieme soltanto una elencazione). Sicuramente alcuni punti sono da riformare, e sono punti già oggetto di questioni sollevate, dal cognome materno, che è questione di rilevanza costituzionale, allo statuto dei diritti della persona offesa nel processo, che include anche rimedi effettivi, coerenti con gli articoli 6 e 13 della CEDU. Riteniamo siano passaggi importanti, proprio per l'effettività e l'efficacia del testo unico che andiamo a mettere in cantiere. Certamente, quindi, alcuni elementi di dettaglio che derivano dalla rilevazione delle prime problematiche applicative di alcune disposizioni. Su questo richiamo il documento.
Rimaniamo a disposizione per eventuali proposte di dettaglio, utili a dare l'idea della nostra richiesta.
ALESSANDRA MAIORINO. Signor presidente, la ringrazio.
Ringrazio l'avvocata Boiano. Io ho due domande, che mi incuriosivano, rispetto ad alcuni punti che l'avvocata ha toccato. Il primo riguarda la questione del cognome materno, che lei ha menzionato all'inizio. Mi è capitato più di una volta che l'attribuzione del cognome, per il riconoscimento, fosse dirimente nei casi di separazione, nei casi di assegnazione del figlio o della figlia. Il fatto che l'automatismo voglia che passi il cognome del padre rappresenta un ovvio vantaggio per l'uomo, che può utilizzarlo, e chiaramente uno svantaggio per la donna. Vorrei sapere se, nella loro esperienza, ormai molto lunga, come Differenza Donna, questo viene confermato, il che darebbe a questo intervento normativo, richiesto più volte dalla Corte costituzionale, un'importanza non solo simbolica e necessaria per la pari dignità dei genitori, ma di autentica parificazione dei diritti, anche di fronte al giudice, rispetto ai minori.
L'altra questione è più di cronaca contemporanea. L'avvocata Boiano ha sottolineato l'importanza di un linguaggio inclusivoPag. 13 come strumento di ottenimento della parità. Vorrei ascoltare una riflessione su questa iniziativa normativa di cui si parla tanto, per cui il femminile dovrebbe essere vietato nel linguaggio amministrativo, pena una sanzione. Chiaramente è una provocazione, ma certo non aiuta il nostro lavoro di Commissione Femminicidio. Vorrei una piccola riflessione su questo, se è possibile.
Grazie.
ILARIA BOIANO, avvocata dell'Associazione Differenza Donna APS. Rispetto al cognome materno, a prescindere da questioni specifiche caratterizzate da violenza di genere, riteniamo che un intervento normativo auspicato, raccomandato dalla Corte costituzionale, ormai da anni, possa effettivamente incidere sul piano culturale e delle relazioni all'interno della nostra società.
Oggi è possibile aggiungere, ma bisognerebbe togliere margine a qualsiasi forma di necessaria negoziazione, quindi garantire un automatismo dell'attribuzione. La scelta, quindi l'opzione, è lasciarla in sottrazione, quindi, eventualmente, ove le parti dovessero decidere diversamente, lasciare lo spazio per un'altra definizione, organizzazione formale.
Per noi la richiesta è: cognome materno e paterno de plano al momento della nascita, a prescindere da unioni civili, matrimonio, o unioni di fatto.
Sicuramente nella nostra esperienza, in particolare nelle situazioni di riconoscimento tardivo paterno, la questione del cognome, dell'aggiunta del cognome paterno è dirimente dinanzi al giudice, in quanto attiene alla questione identitaria, dell'identità del minore o della minore. In queste situazioni, è importante lasciare un segno rispetto alla non possibilità di cancellare quella che è stata una fase della vita dei minori, cioè quella caratterizzata esclusivamente dal cognome materno. In alcuni casi, il cognome paterno, a seguito di riconoscimento tardivo, si aggiunge; in altri casi, abbiamo visto che addirittura si sostituisce completamente, segnando una cesura, simbolicamente e poi nella sostanza, complessa per i minori.
Rispetto al riconoscimento, invece, ponevamo la questione di una discriminazione perché, a fronte di un percorso di riconoscimento paterno sempre considerato nell'interesse delle minori, anche in presenza di condotte pregresse che farebbero dubitare di questa corrispondenza al superiore interesse del minore, abbiamo un trattamento delle donne che riconoscono tardivamente i figli o le figlie molto duro da parte del tribunale per i minorenni, a livello nazionale. Questo è un concreto doppio standard, a cui va posto rimedio.
Per quanto riguarda il linguaggio, in realtà il commento non mi sento di farlo in questa sede, nel senso che penso che la lingua italiana sia molto chiara, sia molto nitida. Pensare di dover sanzionare le scelte linguistiche corrette con la grammatica, come ci ribadisce ormai da decenni l'Accademia della Crusca, credo sia un tentativo veramente di natura provocatoria. Il riconoscimento parte anche dalla lingua, dalle parole che si usano per nominare le diverse realizzazioni personali all'interno della società. Pensiamo che, in realtà, l'attività amministrativa sia più avanti, come più avanti sono anche i cittadini e le cittadine di questo Paese. Confidiamo, quindi, in un superamento di questo tema da parte della società stessa.
PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente l'avvocata Ilaria Boiano dell'associazione Differenza Donna per l'audizione, ma anche per i contributi già inviati a questa Commissione.
Se non ci sono altri interventi, rinnovando i ringraziamenti, dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 11.30, è ripresa alle 11.35.
Audizione di Ida Giuffrida, avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS, in videoconferenza.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione, in videoconferenza, della avvocata Ida Giuffrida, volontariaPag. 14 dell'Associazione nazionale volontarie del telefono rosa APS.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ove si ritenesse, sia a richiesta dell'audita che della Commissione, di voler procedere alla seduta segreta, faccio presente che, poiché tale modalità non è compatibile con la videoconferenza, l'audizione dovrà essere necessariamente rinviata ad altra seduta.
A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari, do il benvenuto all'avvocata Giuffrida, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
Ricordo nuovamente che l'Associazione nazionale volontarie del telefono rosa, in merito al perimetro di questa audizione, per il testo unico, ha già fatto pervenire un testo, che è stato condiviso con i commissari e le commissarie della nostra audizione. Ringrazio, ovviamente, per il documento e anche per l'integrazione con questa audizione.
Come nel caso dell'associazione Differenza Donna, mi preme sottolineare la costante interazione che intercorre tra la Commissione e l'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono rosa. Giusto la scorsa settimana ho ospitato all'evento Autrici a confronto la rappresentanza di Treviso (mi premeva dirglielo, avvocata Giuffrida), che è venuta ospite alla Camera, storicamente in prima linea nel contrasto alla violenza di genere e nel supporto alle donne vittime di violenza.
Esprimo gratitudine all'Associazione per il contributo assicurato al nostro lavoro con la trasmissione della memoria scritta sul tema del testo unico e oggi con questa audizione.
La ringrazio, avvocata Giuffrida, e lascio a lei la parola.
IDA GIUFFRIDA, avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS. Signor presidente, la ringrazio. Vi ringrazio, da parte dell'associazione, per questa possibilità e per la costante collaborazione che dimostrate rispetto alla nostra associazione e anche ad altre associazioni che lavorano sul campo.
Noi abbiamo fatto pervenire, anche a firma mia, comunque da parte dell'associazione, le nostre osservazioni rispetto a questa legge e a quelle che sono, da parte nostra, ancora le attuali criticità della situazione. Lavorando sul campo, ci confrontiamo ogni giorno con le difficoltà di portare avanti una tutela efficace delle donne vittime di violenza, ma soprattutto dei minori coinvolti in queste situazioni.
Non so se avete delle domande da rivolgermi rispetto alle osservazioni che abbiamo fatto pervenire o se posso riassumere brevemente la nostra posizione.
PRESIDENTE. Avvocata, le chiedo di ripercorrere la relazione, così aiuta anche i commissari. Ne hanno preso visione e il testo inviato dalla vostra associazione trova già sede nella bozza di relazione sul testo unico, però ripercorrerlo a vantaggio delle nostre commissarie e dei nostri commissari torna sempre utile. Grazie.
IDA GIUFFRIDA, avvocata volontaria dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa APS. Benissimo.
Quali sono state le nostre osservazioni? Già con la riforma si è fatto molto, ma ci sono ancora grosse criticità. Il primo passaggio che avevamo evidenziato era questo canale di comunicazione diretto tra la procura e il tribunale, proprio perché fino a ieri, diciamo fino ad oggi, ancora qualche criticità c'è. Non c'era questa comunicazione diretta tra il tribunale ordinario, dove si svolgono i giudizi per la separazione e l'affidamento dei figli o la regolamentazione delle situazioni di donne vittime di violenza, e la procura. Questa mancanza di comunicazione era effettivamente un grosso problema, perché si rischiava – e accadeva molto spesso – una duplicazione di provvedimenti, emessi nelle due sedi differenti, Pag. 15che a volte erano non proprio compatibili tra di loro.
Sostanzialmente, continuiamo a ribadire l'importanza di questa comunicazione diretta.
Io mi occupo, ovviamente, di civile. Recentemente, nei procedimenti che tratto, il giudice chiede immediato riscontro alla procura. È vero che è sempre meglio che l'avvocato che segue la vicenda segnali per primo la pendenza di un procedimento in procura, un procedimento penale o, comunque, anche solo il fatto che sia stata sporta una denuncia nei confronti dell'autore di violenza, però non si può nemmeno affidare sempre e solo alla buona volontà degli avvocati questo tipo di comunicazioni. Nel canale privilegiato che si è creato nel momento in cui presento un ricorso in una situazione dove segnalo che c'è violenza e faccio presente che è stata sporta denuncia, il giudice può immediatamente verificare, chiedere in procura lo stato della situazione, quindi se sono state emesse già misure cautelari o altro. Diciamo, però, che questa comunicazione a volte è ancora un po' difettosa.
Riporto un'ipotesi concreta. Ho avuto un caso in cui, nonostante avessi segnalato una situazione di urgenza, una situazione familiare con violenza diretta nei confronti della donna e violenza assistita nei confronti dei minori, non so perché, nonostante al momento del deposito del fascicolo telematico fosse stato segnalato il canale privilegiato della situazione di violenza, era sfuggito. Quindi, sono dovuta andare in cancelleria per farlo presente e, visto che non era stato emesso alcun tipo di provvedimento, nemmeno la fissazione dell'udienza, sollecitare questa fissazione.
Qualcosa, quindi, scappa ancora, anche perché credo che ci sia bisogno di un'organizzazione più efficiente delle cancellerie sotto questo punto di vista. A questo proposito, questo famoso tribunale della famiglia, che ancora non è stato istituito, sarebbe sicuramente la svolta privilegiata per evitare una serie di situazioni critiche.
Il canale privilegiato che noi suggeriamo nei casi di violenza, nel momento in cui si deposita il ricorso, che comporta quindi una comunicazione diretta anche tra procura e tribunale, è una presenza alla prima udienza, quella di convocazione personale delle parti, anche del PM, proprio perché, qualora non sia stata ancora emessa una misura cautelare, non sia stata ancora valutata l'adozione di provvedimenti provvisori immediati e urgenti, è opportuno che se l'udienza civile viene fissata, come si suppone, in tempi brevi, che partecipi anche il pubblico ministero che segue e che tratta della situazione in procura.
Un altro suggerimento importante per noi è la secretazione immediata del fascicolo. Al di là delle situazioni in cui c'è la donna che è dovuta fuggire in emergenza da casa con dei figli ed è stata quindi collocata in una casa rifugio, prima ancora che le si permetta magari di fare rientro nella casa con i figli e che ne venga allontanato il violento, la secretazione del fascicolo evita che accadano situazioni di fuga di notizie o acquisizione di dati che potrebbero compromettere non solo la sicurezza della donna e dei minori, ma anche delle altre ospiti della casa.
A questo proposito, personalmente chiederei anche la secretazione, per esempio, dei verbali quando viene disposta l'audizione del minore. Questo perché nei casi in cui non c'è una situazione di violenza o se c'è la violenza assistita e il giudice ritenga di ascoltare il minore, quello che nella pratica ho visto accadere è che il minore venga spostato da solo nell'aula con il magistrato, alla presenza ovviamente di uno psicologo dello spazio famiglia o dello spazio minori, ma poi al rientro delle parti e degli avvocati in aula sia stato rivelato immediatamente il contenuto o parte del contenuto delle dichiarazioni fatte dal minore. Questo non può avvenire, così come non può avvenire che nel dettaglio venga reso il verbale delle dichiarazioni del minore quando sarebbe magari più opportuno, eventualmente, semplicemente lasciare a disposizione degli avvocati le osservazioni del terapeuta o comunque dello psicologo che assiste all'audizione, che dà ovviamente riferimenti importanti rispetto a quelle che sono state le dichiarazioni. Però, palesare completamente le dichiarazioniPag. 16 del minore, a volte, crea un pregiudizio importante dal nostro punto di vista.
La cancelleria – altro aspetto importante – dovrebbe mandare ogni comunicazione relativa al giudizio anche direttamente alla procura dove risulti il procedimento pendente, in modo da evitare sempre quest'onere a noi avvocati di aggiornare o aggiornarci vicendevolmente, anche perché io, per esempio, trattando solo del civile, mi devo poi spesso confrontare con colleghe che seguono la donna nel penale e ci dobbiamo costantemente tenere aggiornate sugli esiti dei rispettivi procedimenti, quando, in realtà, la comunicazione diretta sarebbe sicuramente la soluzione migliore.
Al momento, nelle situazioni particolarmente conflittuali, nelle situazioni dove c'è violenza, viene nominato il curatore del minore, che certamente è una figura importante, che serve, ma per accelerare il tutto sarebbe opportuno che in automatico, qualora ci sia la nomina di un curatore, all'udienza intervenga anche un servizio sociale, che è quello territorialmente competente in base alla residenza del minore o dei minori. Questo per evitare lungaggini e rinvii inutili per dare incarico a un servizio. Noi riteniamo che dovrebbe essere quasi automatico l'intervento del servizio oltre che del curatore. Altro aspetto è la creazione di un albo di CTU che siano competenti specificamente in materia di violenza domestica e familiare. Troppo spesso vedo in cause in cui c'è stata e c'è violenza padri che vengono ritenuti adeguati. Padri che sputano in faccia, picchiano, denigrano, offendono la donna vengono inspiegabilmente ritenuti comunque adeguati. Noi chiediamo che ci sia una maggiore preparazione di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nelle situazioni di violenza dal giudice, al tribunale, all'avvocato, al perito, al consulente, al servizio sociale. Tutti i soggetti coinvolti è opportuno che abbiano una certificazione o abbiano comunque una preparazione adeguata e opportuna in materia di violenza familiare ad ogni livello. Per violenza intendo quella fisica, ma anche quella economica o semplicemente psicologica, perché è una criticità.
È per questo che suggeriamo e insistiamo per questa creazione del tribunale della famiglia, perché al momento, parlando proprio della mia categoria, degli avvocati, c'è ancora troppa improvvisazione. Il giudizio di separazione capita, capita a chiunque, capita anche all'avvocato che fa tutt'altro. Questo, però, comporta anche un rischio, perché creare invece una preparazione specifica anche per noi avvocati, se vogliamo occuparci di questo ambito, fa sì che non ci siano situazioni che vengono gestite in maniera più superficiale.
Chi fa famiglia sa perfettamente che la priorità è la tutela del minore, ancor prima che quella del proprio assistito o assistita. La tutela del minore deve essere la priorità per tutti, nessuno escluso. Ci vogliono, quindi, delle professionalità adeguate e competenti. Purtroppo, ancora oggi, nei vari ambiti e nei vari settori, dal servizio sociale, al perito, all'avvocato, al magistrato, notiamo che spesso non c'è questa preparazione adeguata.
Il percorso per il soggetto che risulti violento, che abbia quindi commesso violenza, deve sicuramente prevedere una riabilitazione, quindi la possibilità di riabilitarsi. Questo risponde all'interesse del minore, del figlio, che ha diritto a riavere un padre adeguato. È importante e fondamentale lavorare su questo aspetto, anche qui, ovviamente, con delle strutture che siano adeguate a seguire l'uomo e che non si limitino, dopo due, tre, quattro o cinque incontri a rilasciare attestazioni sull'adeguatezza e sul percorso, anche perché io ritengo che uscire da una dinamica di violenza o di contesto di violenza non sia poi così immediato e facile. È opportuno, quindi, fare un percorso serio e certificato da strutture adeguate. Come ho detto prima, anche queste, come tutti gli altri professionisti coinvolti, devono dare assicurazioni di competenza e di professionalità.
Un aspetto che è davvero ancora particolarmente critico è quello della violenza economica, che continua anche dopo che il soggetto viene in qualche modo fermato dal punto di vista della violenza fisica. Quindi, anche quando c'è un provvedimento, c'è Pag. 17una denuncia, c'è un processo incardinato, quindi si sono poste in campo già le prime tutele per mettere al sicuro la donna, i figli, i minori dalla situazione di violenza, viene comunque continuamente agita la violenza economica.
Il soggetto, se aveva un lavoro, si licenzia, non paga il contributo, se non quello mensile, che lo fa ovviamente incorrere nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non paga certamente le spese extra, si sottrae, e anche spesso, al pagamento, per esempio, di un mutuo se c'è un mutuo sulla casa coniugale e capiamo tutti che questo crea un grandissimo problema per la donna, ma anche e soprattutto per i figli.
La donna fa fatica a riappropriarsi della propria vita, anche nell'ipotesi migliore in cui ha mantenuto un proprio lavoro, una propria indipendenza economica, e questo capita in rarissimi casi, perché nella maggior parte la donna è stata isolata, ha perso il lavoro oppure vi ha rinunciato per occuparsi dei figli e della famiglia. Quindi già c'è da fare un lavoro immane sulla donna per cercare di farla riappropriare della propria autonomia, ma se poi nel frattempo l'uomo, che era l'unico riferimento economico del nucleo, si sottrae da un punto di vista economico, qualunque provvedimento venga messo in campo diventa carta straccia se non è eseguibile, se non ha proprietà e, nel caso in cui le abbia, bisogna comunque mettere in atto tutta una serie di procedure che allungano notevolmente i tempi e non danno neanche garanzie di riuscita.
Una delle proposte è che si pongano in essere una serie di cautele preventive, come porre subito un sequestro conservativo su dei beni, se ci sono, un blocco dei conti o quantomeno se è stipendiato, ha una busta paga, prima ancora che si licenzi, il blocco del TFR o di eventuali liquidazioni di somme che gli debbano essere dovute, perché, altrimenti, il passaggio immediato è quello di licenziarsi e non pagare più nulla.
Bisogna cercare di tutelare i minori, ai quali se c'è un provvedimento che stabilisce debba essere garantito un mantenimento mensile o quantomeno una sistemazione adeguata, deve essere poi una tutela concreta, effettiva.
Se poi abbiamo un provvedimento che dice che il padre deve versare un tot e poi non lo versa, un padre che si è licenziato, che non ha più proprietà aggredibili, diventa tutto molto inutile.
Intanto che si può intervenire con delle tutele adeguate, bisognerebbe poter prevedere in automatico una serie di interventi volti a garantire questa tutela dal punto di vista economico dei minori, anche perché poi i minori che sono in difficoltà andranno a pesare sul servizio sociale, che sappiamo già quanto è affaticato, e quindi sullo Stato.
Agire in anticipo, le leggi ci possono aiutare in questo a fare un adattamento che prevede delle situazioni più rapide per intervenire immediatamente sul blocco di alcuni beni, fintanto che ci sono.
L'ultima osservazione che abbiamo svolto è quella che nel caso in cui, invece, il violento, perché capita anche questo, si rifiuti di seguire un percorso di cura, una riabilitazione per farlo uscire dalla dinamica violenta o seguire delle terapie che già vengono suggerite dal perito nell'ambito della consulenza espletata, in questo caso ritengo che ciò dia un segnale significativo del fatto che non stia svolgendo adeguatamente la propria responsabilità genitoriale.
In questo caso, quindi, a mio avviso, gli andrebbe sospesa a prescindere, se già non è stato fatto, perché scegliere, che è una sua facoltà, certamente, di non curarsi e di non riabilitarsi, cosa che gli consentirebbe di svolgere al meglio il suo ruolo genitoriale, fa sì che lui scelga di rinunciare a espletare questo ruolo di riferimento per il figlio.
Se non possiamo costringere nessuno a curarsi e a seguire determinati percorsi, dobbiamo almeno fare in modo che questa scelta, legittima, per carità, non debba poi ricadere sui figli.
La priorità – lo ribadisco – deve essere sempre quella di dare la massima tutela e protezione agli unici soggetti incolpevoli di tutto in queste situazioni, che sono i minori, che non hanno scelto di ritrovarsi in contesti violenti, ma che ci si ritrovano loro malgrado. Dobbiamo, quindi, ovviamente, Pag. 18aver cura soprattutto di proteggerli. Invece, purtroppo, ancora oggi, si cerca sempre di tutelare il diritto del padre, la bigenitorialità, che senz'altro è un diritto sacrosanto, però, poi, quando le scelte non sono adeguate al ruolo non si possono rivendicare dei diritti senza prima assumersi gli oneri di quella responsabilità genitoriale.
Con questo credo di aver concluso la presentazione delle osservazioni che avevamo fornito.
PRESIDENTE. Grazie, avvocata Giuffrida.
Chiedo alle colleghe commissarie e ai colleghi commissari se ci sono domande. In realtà, non le nego che la relazione era già stata condivisa e fa parte della bozza della relazione sul testo unico. Lei è stata molto esaustiva e la ringrazio per l'integrazione di questa audizione. Non mi pare ci siano richieste di domande.
Avvocata, la ringrazio. Ringrazio anche per il lavoro che fanno tutte le volontarie del Telefono Rosa per la diffusione sul nostro territorio, per essere un punto di riferimento. Questa Commissione rimane a disposizione del vostro lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12.10.
Audizione di Elena Biaggioni e Manuela Ulivi, vicepresidente e consigliera nazionale della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, in videoconferenza.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione in videoconferenza della dottoressa Elena Biaggioni e della dottoressa Manuela Ulivi, vicepresidente e consigliera nazionale della rete D.i.Re. Donne in Rete contro la violenza.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ove si ritenesse, sia a richiesta degli auditi che della Commissione, di voler procedere alla seduta segreta, faccio presente che, poiché tale modalità non è compatibile con la videoconferenza, l'audizione dovrà essere necessariamente rinviata ad altra seduta.
A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari, do il benvenuto alla vicepresidente Biaggioni e alla consigliera Ulivi, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
Do quindi la parola alla vicepresidente Biaggioni e successivamente alla consigliera Ulivi. Personalmente mi complimento perché ho visto la crescita importante dell'associazione D.i.Re., e i numeri sul territorio. Ho avuto modo in questi ultimi mesi di visitare molti dei centri D.i.Re., da Mestre, a Padova, a Brescia, a Grado. Volevo complimentarmi per il lavoro di tutte le persone che costituiscono questa importante rete associativa.
Grazie.
ELENA BIAGGIONI, vicepresidente della rete D.i.Re. Donne in Rete contro la violenza. Buongiorno a tutte e tutti, gentile presidente, onorevole Semenzato. Grazie innanzitutto per l'invito e la disponibilità manifestata, come sempre, nei confronti della nostra associazione. Grazie anche per averci voluto sentire e per aver acquisito il punto di vista di una rete, che è il punto di vista di associazioni che hanno maturato un'esperienza trentennale sul contrasto alla violenza maschile sulle donne.
Per quanto riguarda il motivo specifico per cui siamo chiamate, le nostre associazioni conoscono l'impatto di tutta la normativa sui percorsi di uscita dalla violenza per le donne, ma anche per i centri antiviolenza, per le attività di prevenzione, per tutto quello che riguarda l'azione del contrasto alla violenza maschile sulle donne.
Purtroppo non abbiamo avuto in visione il testo di cui si sta discutendo, il che rende le nostre considerazioni piuttosto difficili. Tuttavia, abbiamo seguito i lavori della Commissione e abbiamo seguito i prestigiosi interventi che sono stati acquisiti e le varie audizioni, alcune delle quali sono state Pag. 19veramente illuminanti anche per noi, e ne faremo tesoro, come facciamo sempre tesoro di tutti i lavori della Commissione femminicidio, che sono – va detto – estremamente preziosi.
Se dobbiamo parlare di un testo unico, come previsto dalla legge istitutiva della Commissione, e quindi di quella lettera n) dell'articolo 2 della legge istitutiva, ci piacerebbe che ci fosse una visione di più lungo periodo. Infatti, sappiamo che anche per testi compilativi, anche per norme che dovrebbero essere solo una ricognizione dell'esistente è necessario individuare l'obiettivo, e qui l'obiettivo sembra doversi riferire alla lettera n) dell'articolo 2, quindi quella necessità di proporre soluzioni più efficaci, mi sento di dire dei correttivi all'esistente. Questo per noi sarebbe estremamente prezioso. A quando questa analisi? Noi sappiamo che il lavoro della Commissione può essere estremamente incisivo e sappiamo che l'analisi dei meccanismi normativi, dunque capire dove il meccanismo si inceppa, dove la norma diventa un ostacolo all'emersione della violenza, anziché uno strumento di tutela, è secondo noi l'obiettivo, quello appunto di un'analisi della normativa o della mappatura dell'esistente. D'altronde, l'abbiamo già visto: c'è un'enorme distanza tra la norma e la sua applicazione. L'implementazione delle norme è oggi il più grave problema e il più grave ostacolo dal punto di vista dell'emersione della violenza maschile sulle donne. Quindi, chiediamo che questo sia l'obiettivo: fare non solo la mappatura della normativa ma anche l'analisi di come quella normativa viene applicata.
Abbiamo anche seguito l'aspetto, che reputiamo di grande interesse, della tecnica legislativa di redazione dei vari testi unici, che ovviamente non ci compete. Ciò che sappiamo è che si rende necessario creare questo obiettivo di coerenza e omogeneità anche a livello territoriale. Non è possibile che le stesse norme che sono a disposizione delle donne in un territorio non siano fruibili in altri territori, per esempio. Ebbene, se questo è l'obiettivo, è un obiettivo estremamente utile. Invece, se si sta parlando semplicemente di un compendio delle norme esistenti, potrebbe essere un'occasione sprecata.
Adesso non posso che lasciare la parola all'avvocata Manuela Ulivi, consigliera nazionale, che ci potrà dare degli esempi proprio di questa distanza tra le norme e la loro applicazione e la necessità di considerare anche aspetti che solitamente non rientrano nella mappatura della normativa in materia di violenza maschile sulle donne.
Grazie ancora per l'attenzione e per l'invito.
PRESIDENTE. Grazie, avvocata Biaggioni.
Lasciamo la parola all'avvocata Ulivi. Prego.
MANUELA ULIVI, consigliera nazionale della rete D.i.Re. Donne in Rete contro la violenza. Grazie, presidente. Saluto lei e tutti i componenti della Commissione. Anch'io vi ringrazio per averci invitato a questa audizione. Peraltro, è la seconda volta che ci mettiamo in contatto, perché ci eravamo già sentite sulla violenza economica.
Posso solo portare, a fronte di una domanda molto precisa da parte della Commissione relativa a un'ipotesi di testo unico, la mia esperienza e la nostra esperienza collettiva in riferimento alla pratica di ascolto delle donne, ma anche nel seguire le varie vicende giudiziarie, considerato che sia io che la collega Biaggioni siamo avvocate, che le riguardano.
La violenza maschile contro le donne – noi lo sappiamo e l'abbiamo detto in tutte le salse – è una questione trasversale, che interessa molti settori. Non a caso, la legislazione si è sviluppata in tanti ambiti diversi, quindi effettivamente c'è la condizione di una quantità di norme che sono molto variegate e dentro diversi contesti, quelli codicistici, ma non solo quelli codicistici. Dunque, la questione è la seguente: poiché nella vita quotidiana delle donne la violenza maschile segna problematiche di carattere legale, giudiziario, amministrativo e non solo, che fanno parte di tutta la loro condizione di vita, noi rileviamo spesso che ci sono molti contesti in cui dobbiamo ancora rilevare che quella norma fa parte Pag. 20e condiziona la vita delle donne che subiscono violenza. Ad esempio, sulla questione degli affidi noi abbiamo più volte segnalato – la Convenzione di Istanbul ci fa da cornice – che la situazione della violenza non viene recepita e percepita. Abbiamo la riforma Cartabia che ha apportato alcune modifiche in tal senso, ma qui noi abbiamo un grossissimo problema, che è quello della formazione e del coordinamento di tutti i soggetti che possono essere utili e che intervengono nel momento in cui la donna chiede aiuto in vari ambiti. Quindi, abbiamo l'aspetto amministrativo, abbiamo l'aspetto giudiziario, abbiamo l'aspetto sociosanitario.
Vi faccio un esempio, la violenza assistita da parte dei minori. Qui siamo veramente in una condizione in cui lavorare in rete e, quindi, mettere a tema l'efficacia delle norme che noi andiamo a raccogliere è fondamentale. Quindi, da una parte occorre la formazione, che non è solo conoscere la normativa, ma anche saperla applicare e far interagire fra i diversi soggetti che operano su quella, dall'altra occorrono risorse effettive per poter fare questa formazione.
Noi siamo abituate ad avere, purtroppo, difficoltà economiche, quindi leggi che riguardano le donne che sono a spesa zero, senza varianti sui conti economici del Governo, ma qui per poter fare rete e, dunque, per poter fare qualcosa di utile anche rispetto a una unitarietà dal punto di vista legislativo necessita domandarsi: tutte queste norme negli aspetti pratici che cosa vanno a cambiare? Ma soprattutto: sono praticabili? Segnalo che noi abbiamo problematiche enormi in ambito sociosanitario. Non abbiamo prese in carico da parte, ad esempio, del servizio sanitario per quanto riguarda la neuropsichiatria infantile. Quindi, noi andiamo a fare un'operazione di valutazione di tutte queste norme e quotidianamente verifichiamo che abbiamo problemi applicativi. Quindi, ciò su cui vorrei richiamare l'attenzione della Commissione è proprio il fatto di poter avere concretamente non solo la formazione degli operatori, ma questo so che è già nell'attenzione della Commissione, e non solo, ma anche l'applicazione pratica di tutta la normativa, perché abbiamo dei buchi totali rispetto ad affermazioni di principio. Noi sappiamo che abbiamo una normativa ben strutturata, quindi siamo intervenuti, a partire dal 2001 con la legge sull'ordine di allontanamento in poi, per costruire tutta una serie di norme utili per intervenire. Ma tanto è stato fatto quanto poi nella pratica quotidiana rischiamo di perdercelo, perché non ci sono gli strumenti o per capire come possiamo coordinare tutte queste norme o per dare loro un'attuazione pratica concreta.
Vi faccio un ultimo esempio sulla violenza economica. Noi abbiamo tutto un settore collegato a banche e aziende che non viene mai o viene poco interessato, se non dal lavoro volontario di tanti centri antiviolenza, su quello che si può fare rispetto alla violenza economica. Qui non direi che siamo in difetto, ma certamente restiamo a guardare una situazione che dal 1975, dalla riforma del diritto di famiglia, non è più stata rivista. Abbiamo mai parlato di comunione e separazione dei beni? Sappiamo quanto nelle situazioni di violenza economica i patrimoni possano scomparire da un momento all'altro? Abbiamo una normativa adeguata in tal senso? Ebbene, io immagino che, in un lavoro di ricognizione della nostra normativa, possa essere utile non solo tracciare le norme che diventano tante pietre d'inciampo riconoscibili – questo è importante, riconoscere la violenza maschile contro le donne e, quindi, dare anche una uniformità di definizione a queste tipologie di violenza – ma anche poter intervenire rispetto a eventuali lacune e a eventuali necessità che prima non avevamo considerato, perché a mano a mano che la nostra attività, ahimè, quasi quarantennale, si è sviluppata ha posto – sono le stesse donne che ci pongono le problematiche delle loro situazioni di vita con il violento – le domande del «che cosa faccio». Che cosa faccio adesso che tutto il mio patrimonio è stato, grazie alla violenza economica, portato in un luogo dove io non ho più accesso? Che cosa faccio adesso che non ho più mezzi per sostentarmi? E così via dicendo.Pag. 21
Immaginiamo, quindi, che si possa intervenire in maniera pratica e concreta non solo per indicare quali sono le norme, ma anche per dire che cosa concretamente cambiano queste norme e come la loro applicazione è utile alle donne per uscire dalla violenza.
Non avere il testo, come già ribadito dall'avvocata Biaggioni, ci lascia non chiaro l'obiettivo – questa è una domanda che facciamo alla Commissione – rispetto all'ipotesi di un testo unico.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, avvocata Ulivi, grazie, vicepresidente Biaggioni.
Intanto, finché raccogliamo qualche domanda da parte dei colleghi parlamentari per l'associazione DiRe, approfitto della presenza sia della vicepresidente Biaggioni che della consigliera Ulivi per raccontare brevemente la genesi di questo testo unico, che forse riprende l'indirizzo, di cui lei, consigliera Ulivi, ha parlato, di praticità e concretezza.
In questi mesi, attraverso la sollecitazione delle audizioni, che, come voi avete detto, sono state una rosa di audizioni diverse per competenze e professionalità, abbiamo fatto una grande attività di ricognizione normativa in diritto, vale a dire quali norme potessero oggi essere ospitate da un testo unico compilativo. Questa è stata la genesi, partendo da una sollecitazione di questa Commissione di orientarci a un lavoro più ampio non solo sulle vittime, ma proprio sulla donna nella sua interezza e, quindi, sul nuovo ruolo sociale e sociologico oggi della donna, su cui voi quotidianamente vi confrontate.
È stato fatto un grande lavoro in diritto, attraverso un'analisi di fonti primarie e secondarie. Stiamo ancora parlando di una bozza di relazione in diritto, quindi di una ricognizione, perché riteniamo di dover lavorare su un fattore comune che è emerso nelle audizioni, ovvero quello della stratificazione normativa, al fine di garantire una maggiore intelligibilità di tutte queste norme.
L'altro giorno ascoltavo un intervento proprio della vicepresidente Biaggioni, che faceva innanzitutto una riflessione profonda sui tempi dal processo all'applicazione della norma e poi aggiungeva una considerazione, che ha ribadito anche oggi, sulla differenza territoriale, vale a dire come si applica una norma nel nord Italia e come si applica la stessa nel sud Italia.
La Commissione, quindi, si è assegnata questa analisi ricognitiva, per poi individuare una specificità su un testo unico in materia di violenza di genere. È una relazione che parte da un testo unico compilativo per poi trovare, consigliera Ulivi, quelle pietre d'inciampo di cui lei parlava prima, ovvero quei gap normativi, partendo da quello che c'è e da che cosa è stato fatto fino a questo momento, che è il punto di partenza per qualsiasi testo unico modificativo. Del resto, prima occorre fare necessariamente una ricognizione normativa. Quindi, la relazione di questa Commissione, come dicevo, è ancora in bozza. Chiaramente tutte le audizioni in questa fase iniziale ci sono servite per orientarci nella relazione di questo testo unico compilativo, senza condizionamenti, perché è in animo di questa presidenza non condizionare con il proprio lavoro suggerimenti fondamentali come il vostro, che vengono dalla società civile.
Ci premeva condividere con voi il lavoro, perché io vi seguo, ascolto molte delle vostre sollecitazioni dal punto di vista del diritto, quindi ho voluto farvi partecipi del nostro grosso lavoro di ricerca delle fonti normative e di quali fonti normative potrebbero trovare sede in questo testo unico compilativo, con alcune riflessioni finali proprio, consigliera Ulivi, su queste pietre d'inciampo. Non le nego che userò questo termine anche nella relazione.
Chiaramente – non è una minaccia, è una promessa – ci sentiremo altre volte su tanti altri argomenti, perché questa Commissione ha tredici punti programmatici. Abbiamo iniziato parlando di violenza economica, tema che dovremo ulteriormente approfondire, oggi parliamo di testo unico, ma ci saranno tanti altri punti, su cui necessariamente dobbiamo confrontarci con la società civile e con chi quotidianamente opera con la violenza degli uomini contro le donne.Pag. 22
Do ora la parola ai colleghi parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CECILIA D'ELIA. Anch'io voglio ringraziare Elena Biaggioni e Manuela Ulivi, rispettivamente vicepresidente e consigliera della rete DiRe, per il lavoro che fanno e per il contributo che hanno portato.
Anzi, se posso sollecitarle, visto che, proprio per non aver visto il testo, non era stata inviata alcuna nota, chiedo se le cose che sono state dette qui possono diventare una nota. Rimane il resoconto dell'audizione, però sarebbe importante avere una nota.
È evidente che c'è anche una discussione aperta e, soprattutto, ci sono delle iniziative, come si è intuito dalle audizioni fatte dei legislativi di molti ministeri. Il tema, quindi, è anche evitare che ci sia un lavoro di semplificazione che arrivi a un testo unico senza un passaggio che coinvolga la Commissione femminicidio, con le sue audizioni e le relazioni che ha con chi queste politiche le vede nel concreto, sapendo misurare la distanza tra norme e applicazione. Penso che la tempistica sia legata anche un po' a questo.
Rimane, a parer mio, che un testo anche solo compilativo non può non avere una parte problematica, di osservazioni, di conclusioni sui nodi che possono mancare, tenendo presente che su alcune questioni, come, per esempio, il rapporto tra civile e penale, l'applicazione della Cartabia, noi abbiamo un lavoro di Commissione appena iniziato, anche sulla violenza economica. È evidente che questa Commissione, anche nei lavori dei gruppi, è possibile che arrivi a formulare, nelle relazioni dei gruppi di lavoro, delle indicazioni su nuove soluzioni legislative che andrebbero prese, che non prende la Commissione, ma che prende il Parlamento. Su questo vorrei una risposta.
Quello su cui stiamo lavorando – ne sono convinta – è la necessità di fare un'operazione efficace. È già efficace mettere insieme tutte le norme, da quello che abbiamo capito, però è evidente che un'operazione efficace è anche un'operazione che individua alcuni correttivi. Più che una domanda, è una riflessione, anche a partire dalle audizioni che abbiamo avuto stamattina.
PRESIDENTE. Grazie, vicepresidente D'Elia.
Abbiamo effettivamente approfittato per condividere il grosso lavoro fatto in questi mesi.
Non so se le audite hanno piacere di concludere. Non vedo altri interventi da parte dei colleghi o delle colleghe.
Saluto la vicepresidente Biaggioni e la consigliera Ulivi, naturalmente raccogliendo la sollecitazione della vicepresidente D'Elia: laddove ritenessero, visto che ci siamo confrontati in maniera un po' più puntuale, di inviarci una nota su questo testo unico compilativo, su quali norme senza ombra di dubbio dovrebbero trovare sede in questo testo, la Commissione è ben contenta di raccogliere anche questo contributo fondamentale. Grazie.
ELENA BIAGGIONI, vicepresidente della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza. Chiediamo già, nel momento in cui questa bozza sarà predisposta, di farcela pervenire, per avere un'interlocuzione anche sul testo che verrà, poi, predisposto. È importante avere uno scambio franco su quello che sarà votato. Sarà determinante vedere quante norme sono incluse.
Noi siamo a disposizione, come sempre, per un'interlocuzione in questo senso.
Chiedo scusa anche di non avere il video, ma per qualche motivo non funziona. Sono con voi, comunque, con la parola.
PRESIDENTE. Non si preoccupi, dottoressa Biaggioni.
Prego, dottoressa Ulivi.
MANUELA ULIVI, consigliera nazionale della rete D.i.Re Donne in Rete contro la violenza. Sicuramente avrete una nota, seppur generica rispetto a quello che abbiamo potuto portarvi oggi, in attesa di poter leggere questa prima fase del lavoro che avete svolto.
PRESIDENTE. Ringrazio la vicepresidente Biaggioni e la consigliera Ulivi.Pag. 23
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di Patrizia Scotto di Santolo, vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua», in videoconferenza.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ove si ritenesse, sia a richiesta dell'audita che della Commissione, di voler procedere alla seduta segreta, faccio presente che, poiché tale modalità non è compatibile con la videoconferenza, l'audizione dovrà essere necessariamente rinviata ad altra seduta.
L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione, in videoconferenza, della dottoressa Patrizia Scotto di Santolo, vicepresidente dell'Associazione nazionale «Senza veli sulla lingua».
A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari, do il benvenuto alla vicepresidente Scotto di Santolo, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della nostra Commissione.
Mi preme ricordare che l'associazione è già stata audita il 16 gennaio scorso. Anche in quel caso, l'audizione era finalizzata ad acquisire elementi sull'impegno dell'Associazione contro la violenza, soprattutto ai fini della stesura di un testo unico sulla violenza di genere.
Do la parola alla vicepresidente Scotto di Santolo, che ringrazio nuovamente. Prego, dottoressa.
PATRIZIA SCOTTO DI SANTOLO, vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua». Grazie. Buongiorno, spettabile Commissione, grazie per averci chiamate a esprimerci sul testo unico sulla violenza di genere per contrastare la violenza sulle donne. «Senza veli sulla lingua», associazione APS, ringrazia la presidente, onorevole Martina Semenzato, e tutte le commissarie e i commissari presenti per l'opportunità concessa, al fine di contribuire con spunti e riflessioni sul tema e, al contempo, elogia l'iniziativa di una raccolta sistematica delle disposizioni che, in ragione della loro stratificazione, sono difficilmente intelligibili per gli operatori del settore e, ancor di più, per le vittime, soprattutto straniere.
La violenza contro le donne è un fenomeno complesso, che va affrontato non più solo come un'emergenza, ma con interventi globali e strutturali di lunga durata e di più ampio respiro, che vedano un necessario coordinamento tra le varie politiche per dare risposte efficaci e per mettere al centro i diritti umani delle vittime.
Occorre, dunque, fare quel salto di qualità che porti a una condivisione tra i vari attori coinvolti, al fine di creare una cultura comune nella lotta contro la violenza sulle donne. È necessario far perdere alle misure contro la violenza il carattere di straordinarietà e frammentarietà e arrivare ad una governance precisa che dica chi deve fare cosa e in che tempi, attuando un monitoraggio permanente con indicatori chiari.
Inoltre, la violenza contro le donne non è soltanto un fenomeno sociale, ma anche economico. La violenza genera costi economici importanti, non solo nel caso estremo di femminicidio, ma anche nei casi di violenza perpetrata e reiterata di lungo periodo. Al femminicidio si associa la perdita del capitale umano per la società, un costo monetario, psicologico, affettivo per figli, parenti e amici della vittima e un costo investigativo, giudiziario, sanitario e detentivo per il responsabile.
Nei casi di violenza, a tali costi vanno aggiunti spese legali e assetti sanitari, terapie psicologiche, farmacologiche, per vittima e carnefice, maggiore rischio di abusi di alcol e droga, tentati suicidi, omicidi, assenteismo e minore produttività sul lavoro, minore consumo, minore risparmio e, alla fine, minor gettito per lo Stato.
Infine, ci sono i cosiddetti «costi secondari», legati alle maggiori difficoltà dei figli delle vittime di violenza a inserirsi nel Pag. 24mondo dell'istruzione e del lavoro e a non assimilare, a loro volta, atteggiamenti violenti.
L'aspetto economico è importante anche da un altro punto di vista. L'uscita dalla violenza passa, infatti, anche attraverso l'indipendenza economica delle donne e il recupero della loro autonomia sotto il profilo occupazionale, economico e sociale. È, quindi, necessario promuovere l'autonomia lavorativa delle stesse, al fine di ridurne la vulnerabilità e l'esposizione alla violenza. Bisogna passare da una visione esclusivamente assistenziale delle vittime a un percorso di sostegno e orientamento delle loro capacità e potenzialità, nella prospettiva di restituire loro piena dignità e autonomia sotto ogni profilo.
A questo proposito, «Senza veli sulla lingua» crede nello strumento dell'impresa sociale, che permette, ad esempio, l'inserimento di donne in stato di fragilità e svantaggiate nel mondo del lavoro.
I dati oggi relativi all'occupazione femminile italiana sono sconfortanti. Nelle classifiche europee l'Italia rimane tra i Paesi che maggiormente penalizzano l'inclusione lavorativa delle donne, nonostante esistano fattori strutturali e circostanziali che abbracciano tutto il mondo femminile. Per alcune donne in particolare il lavoro diventa un miraggio. Si tratta soprattutto di donne straniere, richiedenti asilo, vittime di tratta e di violenza domestica, ma anche di donne over 55 e delle giovanissime, per non parlare delle donne con disabilità o delle detenute. Bisogna continuare a focalizzarsi su questi due temi: donne e lavoro. Seppur si riconosca la necessità che donne e ragazze vittime di violenza debbono essere tutelate e supportate nell'inserimento nel mondo del lavoro, mancano, tuttavia, ad oggi, strategie e strumenti affinché questo avvenga. Ecco perché per il contrasto alla violenza di genere va potenziato e pubblicizzato il reddito di libertà, il contributo, allo stato attuale, di 400 euro mensili, da richiedere massimo per un anno, destinato alle donne vittime di abusi, sole o con figli minori, seguite da Centri antiviolenza. Chiediamo di estendere il suo rilascio anche alle associazioni antiviolenza iscritte al RUNTS, dato che anch'esse accolgono e aiutano le donne.
Allo stato attuale, per ricorrere al sussidio, le donne devono produrre una certificazione di condizione di bisogno, ordinario, straordinario o urgente, rilasciato dai servizi sociali del territorio di riferimento, unita alla dichiarazione che attesti il percorso di emancipazione e autonomia intrapreso dalla donna, prodotta, allo stato attuale, soltanto dal Centro antiviolenza, ma non dalle associazioni antiviolenza, che pure contribuiscono, con esperti, professionisti e professionalità, al contrasto alla violenza sulle donne. Escluderle dalla possibilità di rilasciare la medesima dichiarazione comporta per queste realtà associative antiviolenza una confusione, soprattutto per quanto riguarda le donne, perché le vittime scelgono in piena libertà da chi farsi aiutare sul territorio nel percorso di uscita dalla violenza, siano essi Centri antiviolenza o associazioni antiviolenza, visto che entrambi svolgono la stessa identica meritevole funzione.
Il reddito di libertà punta all'emancipazione della donna. Tra le condizioni necessarie affinché la domanda possa essere presentata c'è la denuncia contro l'aggressore. Tuttavia, registriamo che questa non è sempre un'azione scontata né facile per le vittime, perché in Italia, su una donna su tre che abbia subìto violenza, l'80 per cento non denuncia per paura e per i tempi di reazione da parte delle autorità eccessivamente lunghi, limite che va superato.
Nel 2021 nasce il reddito di libertà, che è stato rinnovato per il 2024. Non solo: la legge di bilancio l'ha reso strutturale grazie allo stanziamento di 10 milioni di euro l'anno in più per il triennio 2024-2026 e 6 milioni per il 2027. Non basta, però, perché questa somma, allo stato attuale, permetterebbe soltanto al 10 per cento della platea di beneficiarie di accedere alla misura. Per questo motivo, secondo «Senza veli sulla lingua», andrebbero incrementate le risorse.
Bene, invece, l'assegno di inclusione e lo sgravio contributivo per l'imprenditore che assume a tempo indeterminato la donna che si trova in stato di fragilità.Pag. 25
Siamo anche consapevoli che è indispensabile dare protezione e supporto non soltanto alle donne vittime di violenza, ma anche ai minori, vittime e testimoni di violenza, nonché alle famiglie, spesso con vincoli parentali, a cui vengono affidati gli orfani e le orfane di violenza. Pur essendo attivo un fondo che eroga un contributo, allo stato attuale, di 50 mila euro, tuttavia l'iter burocratico per ottenerli non è semplice. In caso di processo, bisogna attendere l'esito giudiziario e tutte le donazioni che arrivano dai privati devono essere sottratte poi all'indennizzo statale.
Dal 2018 sono previste borse di studio e copertura di spese mediche, ma l'importo è, purtroppo, minimo. Si fa ancora troppo poco, al punto che possiamo affermare, come già in molti casi viene affermato: orfani di femminicidio, vittime invisibili.
Importanti passi avanti per il contrasto alla violenza sulle donne sono stati fatti con le nuove fattispecie penali introdotte con la legge 19 luglio 2019, n. 69, Codice rosso, e con il Codice rosso rafforzato, DDL Roccella del 2023, un pacchetto che prevede diverse misure volte a rafforzare gli strumenti di prevenzione come l'ammonimento e il braccialetto elettronico. L'ammonimento del questore, per quanto riguarda «Senza veli sulla lingua», risulta uno strumento utile al fine della prevenzione, messo in atto per contrastare e arginare l'odioso fenomeno dei maltrattamenti e degli atti persecutori. Avere una percezione del fenomeno è, dunque, possibile guardando i dati, attraverso i quali è, altresì, possibile cogliere l'importanza che l'ammonimento riveste – la cui emissione, ricordiamolo, è di competenza esclusiva del questore – quale deterrente per contrastare i fenomeni dello stalking e dei maltrattamenti prima che possano degenerare e concretizzarsi in azioni aggressive sia di tipo fisico che psicologico.
Questa misura di prevenzione costituisce, infatti, un efficace deterrente volto a contrastare il fenomeno della violenza domestica e dello stalking, per evitare che esso degeneri in condotte estreme, a volte con esiti drammatici, come desumibile dalla cronaca quotidiana.
Dai dati in nostro possesso, il ricorso all'ammonimento del questore non ha visto alcun soggetto colpito dalla misura commettere recidive, segnale importante che ricorda che è sempre possibile rompere quella catena di soprusi, della limitazione della libertà individuale, della sopraffazione psicologica semplicemente chiedendo aiuto.
È utile anche il ricorso al braccialetto elettronico, ma rileviamo che questa strumentazione, per funzionare, debba essere affiancata da un percorso di terapia psicologica per chi lo indossa, altrimenti verrebbe da chiedersi: cosa succede una volta che allo stalker viene tolto il braccialetto? La donna sarà davvero al sicuro?
È vero anche che uno strumento tecnologico di questo tipo ha il vantaggio, almeno nei casi meno gravi, di evitare il carcere per i maltrattanti e funge da deterrente.
Dunque, ammonimento e braccialetto elettronico per «Senza Veli Sulla Lingua» vanno applicati sempre e comunque anche per reati spia, in modo da sradicare la violenza sul nascere, evitando del tutto che degeneri nelle estreme conseguenze.
Per quanto riguarda il 1522, è ottimo. Il potenziamento è previsto, perché è il numero antiviolenza e anti stalking. La diffusione a tappeto di questi quattro numeri è fondamentale, come è fondamentale sapere che questo può essere uno strumento in grado di portare la donna a intraprendere un percorso di uscita dalla violenza.
Secondo «Senza Veli Sulla Lingua», il 1522 a chiamata deve però indirizzare le donne, oltre che ai centri antiviolenza, anche alle associazioni antiviolenza iscritte al RUNTS, che insistono nel territorio della donna che chiede aiuto.
Inoltre, a seguito di feedback negativi segnalatici dalle donne che hanno chiamato il 1522 senza ottenere le risposte che cercavano, come emerge purtroppo anche dalle pagine social, sarebbe opportuno aggiornare l'efficienza dei centri antiviolenza in Italia attraverso, ad esempio, la compilazione di questionari a cura delle donne in stato di fragilità, al fine di ottenere una mappatura il più possibile affidabile e precisaPag. 26 delle realtà antiviolenza che agiscono sul territorio e che offrono servizi utili e rispondono a richieste e bisogni delle donne che ad essi si rivolgono.
Riguardo all'aumento della tutela della vittima previsto dal Codice rosso rafforzato, riteniamo che le misure previste, tempi stringenti il più possibile rapidi e certi, allontanamento d'urgenza dalla casa familiare anche fuori dai casi di flagranza, arresto in flagranza differita, rafforzamento degli obblighi di comunicazione alla persona offesa, una provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime, vadano nella giusta direzione.
Permetteteci soltanto di dire, circa le nuove regole per favorire la specializzazione dei magistrati e la formazione degli operatori che entrano in contatto con le vittime, che a «Senza Veli Sulla Lingua» il sistema giudiziario italiano appare ancora carente. A proposito delle operazioni da intraprendere per essere più attrezzati ed affrontare in modo efficace le violenze di genere, ricordiamo che la Convenzione di Istanbul prende in esame la formazione mirata dei magistrati, figure del diritto che devono avere una formazione specifica che gli consenta di lavorare a stretto contatto con gli assistenti sociali, psicologi e altre figure professionali, anch'essi formati e incrementati, per fornire un supporto completo alle vittime.
Il sistema giudiziario italiano, proprio per l'importanza del ruolo che esso è chiamato a svolgere, deve essere potenziato con risorse e organici degli uffici giudiziari, con una accurata formazione specifica dei magistrati e l'adozione di tutti gli strumenti idonei per dare una risposta di giustizia efficiente.
I reati di violenza di genere richiedono una particolare specializzazione per il magistrato che se ne occupa, sia esso inquirente o giudicante. Questi reati chiamano tutti gli operatori di giustizia ad una responsabilità sociale, se possibile, ancora maggiore. Per questo servono protocolli con l'Avvocatura, il sostegno degli ospedali, il supporto della polizia giudiziaria perché la risposta di giustizia alle vittime sia la più rapida, efficace e corretta possibile.
Per contrastare la violenza è fondamentale e strategica anche la formazione di volontarie e volontari, operatrici e operatori dell'emergenza/urgenza, che devono essere in grado di riconoscere i segnali e gli aspetti della violenza sulle donne e capaci di fornire risposte adeguate alle vittime.
Servono importanti sostegni economici, percorsi di formazione sul tema della violenza di genere destinati a volontari e volontarie, operatrici e operatori, al fine di riconoscere il fenomeno della violenza di genere, migliorare l'accoglienza delle donne vittime di violenza e indirizzarle correttamente ai servizi sul territorio.
La formazione deve includere le Forze dell'ordine, gli assistenti sociali, i medici di base, avvocati, psicologi, docenti delle scuole, datori di lavoro, mediatori culturali e interculturali, figure queste ultime indispensabili anche a seguito degli ultimi fatti di cronaca riportati sulle pagine dei giornali riguardo ai matrimoni forzati in Italia, perché possiedono una profonda conoscenza della lingua, della cultura e del contrasto socio-politico sia del Paese in cui operano che del Paese d'origine delle persone straniere con cui essi lavorano.
Tale conoscenza gli consente di agire come un ponte, agevolando la comunicazione tra gli individui che parlano lingue diverse o che provengono da contesti culturali significativamente distinti e che senza una mediazione adeguata potrebbero incorrere in malintesi o conflitti. Quindi, più che un interprete, il mediatore o la mediatrice culturale parla con le donne, spesso completamente a digiuno della lingua italiana, e riesce a inserirsi in un contesto più ampio che, passando dalla comprensione del linguaggio, arriva alla conoscenza e alla dimestichezza di regole, usanze e costumi, spiegando le differenze, aiutando le vittime a integrarsi e a seguire i propri figli in un Paese dove spesso non capiscono quello che viene loro detto. Sono tutti passi necessari per poter poi trovare autonomia e indipendenza anche attraverso il lavoro.
La lotta alla violenza, ribadisce «Senza Veli Sulla Lingua», alla violenza maschile, richiede anche l'assunzione di un approccio multidisciplinare e interculturale che, a Pag. 27partire dai luoghi deputati all'accoglienza delle donne vittime di violenza, renda possibile l'accesso ai diversi servizi di accompagnamento e tutela offerti dalle reti locali, avvalendosi del supporto proprio di queste figure professionali specificatamente formate, affinché queste possano intercettare il prima possibile potenziali situazioni di emarginazione, di discriminazione, di costrizione al matrimonio forzato in contesti che sono complessi, talvolta di fragilità, quali quelli di bambine, ragazze e donne migranti.
Quindi, informazione a disposizione delle donne su diversi tipi di supporto disponibili, formazione per tutti i soggetti che vengono in contatto con vittime di violenza e prevenzione della violenza. Per «Senza Veli Sulla Lingua» nei prossimi anni la vera sfida sarà la capacità di incidere sul dato culturale, il solo che possa portare al cambiamento verso una società libera dalla violenza e dagli stereotipi di genere.
Per questo insistiamo sulla crescita sociale delle giovani generazioni. «Senza Veli Sulla Lingua» considera la scuola il primo luogo nel quale agire per essere una comunità integrata, complessa anche per la presenza di tanti giovani stranieri, con usi e costumi differenti dai nostri, che sono spesso in conflitto con le loro famiglie per il loro desiderio di vivere alla occidentale.
La scuola è il luogo utile dove costruire relazioni rispettose, con interventi dedicati ai ragazzi, alle ragazze, ai docenti, alle famiglie e, ove è possibile, collegando gli interventi ad una rete del territorio che dia continuità e prospettive al cambiamento culturale necessario.
Siamo consapevoli che l'assenza di un approccio strutturato integrato e completo, l'educazione all'affettività e anche alla sessualità siano, invece, fondamentali per prevenire forme di violenza di genere e abusi sessuali. Diversi studi hanno infatti dato una valutazione sull'impatto che ha avuto l'introduzione di programmi nazionali a lungo termine di educazione all'affettività e alla sessualità in alcuni Paesi.
Tra i risultati tangibili ci sono: la riduzione delle gravidanze e degli aborti in età adolescenziale, delle infezioni sessualmente trasmissibili, degli abusi sessuali, dell'omofobia.
Coinvolgere, quindi, già da piccoli, in momenti di educazione affettiva appare sempre più essenziale per contribuire affinché si sviluppi la capacità di gestire le proprie emozioni e mettere dei confini di fronte a situazioni spiacevoli, rinforzando a livello sociale elementi di parità e sapendo riconoscere stereotipi di genere, linguaggi non rispettosi, immagini allusive, pubblicità sessiste, tutti elementi diffusi nella comunicazione anche pubblicitaria.
Oggi nelle scuole le attività educative sono disomogenee e lasciate alla iniziativa e alla buona volontà di presidi e insegnanti che in alcuni contesti decidono di proporre incontri e formazioni sulla parità di genere, sull'affettività e sulla sessualità consapevole, mentre, in molti contesti, l'educazione alle relazioni a scuola non ha ancora fatto il suo ingresso.
«Senza Veli Sulla Lingua» auspica la promozione dell'educazione all'affettività e alla sessualità intesa come processo di apprendimento continuo rispetto al consenso, alla conoscenza e consapevolezza dello sviluppo di atteggiamenti positivi verso sé stessi e gli altri e che possa essere introdotta nelle scuole italiane, a partire dalla scuola dell'infanzia, e che sia garantita per tutta la durata dei percorsi scolastici in modo strutturato e ponderato in base ai bisogni per età. Questo perché «Senza Veli Sulla Lingua» negli anni ha incontrato migliaia di studenti e studentesse nelle scuole di ogni ordine e grado, in uno scambio intergenerazionale non giudicante, teso a costruire, insieme, una presa di coscienza critica sulla propria identità di genere, rileggendo le loro relazioni tra pari in un'ottica di rispetto e apprezzamento delle differenze.
Sono stati fatti progetti sviluppati su richiesta degli stessi studenti e studentesse, delle o dei dirigenti scolastici, dei docenti, che hanno avvertito la necessità impellente di portare l'attenzione sull'alfabeto gentile delle emozioni per aiutarli a riconoscere e a contenere quelle più negative, quali la rabbia e la gelosia, sollevando il velo di paura e omertà.Pag. 28
I femminicidi, purtroppo, non si risolvono soltanto attraverso le leggi che pure regolano i comportamenti che tutti i componenti della società sono chiamati a rispettare, ma dobbiamo partire dalla cultura. Serve un nuovo patto tra le famiglie, la scuola, la società con l'apporto fondamentale della politica.
«Senza Veli Sulla Lingua» invita le donne a denunciare sempre rivolgendosi alle Forze dell'ordine, ai centri antiviolenza e alle associazioni antiviolenza. Gli uomini maltrattanti sono dei veri e propri criminali e noi tutti, consapevolmente, dobbiamo riappropriarci della cultura del rispetto e della prevenzione.
Ecco perché fondamentale è la rete, lavorare sull'aspetto culturale degli uomini e sulla indipendenza economica delle donne, temi sui quali «Senza Veli Sulla Lingua» si impegna da sempre nell'ottica dell'informazione, formazione, prevenzione, sensibilizzazione e aiuto nella conoscenza degli strumenti che le donne, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle e dal loro credo religioso, hanno a disposizione per difendersi in caso di violenza e abusi.
Oggi il nostro pensiero va a tutte le donne che non ce l'hanno fatta e a loro dedichiamo il nostro pensiero, i nostri sforzi per una società più giusta, più equa e rispettosa dei diritti delle vittime.
Vorrei ricordare che, ad oggi, le vittime di femminicidio sono, purtroppo, ventidue.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie mille, vicepresidente Scotto Di Santolo.
Mi spiace che non ci sia la collega Ascari, che aveva piacere di seguire questa audizione.
In attesa che ci sia qualche collega che vuole fare una domanda, volevo chiederle io una cosa.
L'associazione «Senza Veli Sulla Lingua» ha anche una specificità, segue moltissime donne straniere e quindi tantissimi reati culturalmente orientati, che spesse volte sono anche quelli che oggi hanno difficoltà ad emergere. Magari la rete delle donne italiane ha maggiori strumenti di conoscenza delle opportunità a disposizione, la rete delle donne straniere fa più difficoltà a capire a quali strumenti può avere accesso per uscire dalla violenza di genere, almeno questo emerge quando parlo con la Presidente Ebla Ahmed, con cui mi sento sostenendoci reciprocamente nella lotta alla violenza di genere.
In questa ricognizione normativa, lo condivido con lei, ci siamo permessi di mettere nella relazione anche degli articoli che possono avere una specificità sui reati culturalmente orientati, come, ad esempio, le mutilazioni genitali femminili. Faccio riferimento all'articolo 583-bis del codice penale, ma anche al tema della tratta delle persone, l'articolo 601 del codice penale, come anche l'articolo 13 della legge n. 11 del programma di assistenza per le vittime di delitto o di tratta delle persone.
Volevo condividere con lei se ritiene che all'interno di una narrazione di un testo unico compilativo debbano trovare voce anche queste norme che, di fatto, hanno forse una specificità su un reato culturalmente o religiosamente orientato, di cui è fondamentale anche dare evidenza, perché la prevenzione passa anche attraverso un'informazione.
Mi permetto intanto di farle questa domanda, un po' tecnica, se lei vuole aggiungere qualcosa, in attesa che magari qualche collega chieda di approfondire.
Do la parola alla nostra ospite per la replica.
PATRIZIA SCOTTO DI SANTOLO, vicepresidente dell'Associazione Nazionale «Senza Veli Sulla Lingua». Per quanto mi riguarda e per quanto riguarda l'associazione «Senza Veli Sulla Lingua», tutto ciò che va nell'ottica dell'aiuto alle donne, indipendentemente dal colore della pelle, della razza e della religione, va benissimo. Ecco perché noi abbiamo aperto la parentesi sui mediatori culturali e interculturali, che sono figure importantissime, oggi più che mai, proprio per la presenza in Italia di questi soggetti.
L'Italia oggi è un Paese di emigrazione, quindi tantissime donne arrivano nei centri d'accoglienza e non sanno che cosa fare. Queste figure, le mediatrici, i mediatori culturali, sono fondamentali. Ben venga, Pag. 29quindi, tutto ciò che va in questo senso, in quest'ottica di aiuto e di prevenzione.
PRESIDENTE. Vicepresidente, la ringrazio innanzitutto per questa esaustiva audizione, che ha toccato tantissimi punti. Naturalmente troverà voce all'interno della nostra relazione.
Se non ci sono altri interventi, ringrazio la vicepresidente Patrizia Scotto Di Santolo e dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.