XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Lunedì 8 gennaio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione «Amleta APS», in videoconferenza:
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3 
Spanò Cinzia , presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 3 
D'Elia Cecilia , Presidente ... 3 
Zuin Debora , vice presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 3 
Spanò Cinzia , presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 4 
D'Elia Cecilia , Presidente ... 6 
Spanò Cinzia , presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 6 
D'Elia Cecilia , Presidente ... 6 
Semenzato Martina (NM(N-C-U-I)-M)  ... 6 
Spanò Cinzia , presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 6 
Zuin Debora , vice presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta ... 7 
D'Elia Cecilia , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione «Artemisia APS», in videoconferenza:
Semenzato Martina , Presidente ... 7 
Baragli Elena , presidente dell'Associazione «Artemisia APS» ... 7 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Baragli Elena , presidente dell'Associazione «Artemisia APS» ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 10 
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI)  ... 10 
Baragli Elena , Presidente dell'Associazione «Artemisia APS» ... 10 
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI)  ... 10 
Baragli Elena , presidente dell'Associazione «Artemisia APS» ... 10 
Semenzato Martina , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze», in videoconferenza:
Semenzato Martina , Presidente ... 11 
Paunzc Alessandra , presidente dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze» ... 11 
Semenzato Martina , Presidente ... 13 
Ferrari Sara (PD-IDP)  ... 14 
Semenzato Martina , Presidente ... 14 
Ascari Stefania (M5S)  ... 14 
Semenzato Martina , Presidente ... 14 
Valente Valeria  ... 14 
Semenzato Martina , Presidente ... 15 
Paunzc Alessandra , presidente dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze» ... 15 
Semenzato Martina , Presidente ... 16 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv»:
Semenzato Martina , Presidente ... 17 
Zamboni Michele , vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 17 
Latino Anna  ... 18 
Semenzato Martina , Presidente ... 19 
Valente Valeria  ... 19 
Semenzato Martina , Presidente ... 20 
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI)  ... 20 
Semenzato Martina , Presidente ... 20 
Latino Anna  ... 20 
Zamboni Michele , vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 21 
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI)  ... 22 
Zamboni Michele , vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 22 
Di Gennaro Stefania , presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 22 
Semenzato Martina , Presidente ... 23 
Ferrari Sara (PD-IDP)  ... 23 
Zamboni Michele , vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 23 
Ferrari Sara (PD-IDP)  ... 23 
Di Gennaro Stefania , presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv» ... 23 
Semenzato Martina , Presidente ... 23 

Audizione di rappresentanti della cooperativa sociale «BeFree»:
Semenzato Martina , Presidente ... 24 
Gargano Oria , presidente della cooperativa sociale «BeFree» ... 24 
Semenzato Martina , Presidente ... 26 
Gargano Oria , presidente della cooperativa sociale «BeFree» ... 26 
Semenzato Martina , Presidente ... 26 
Gargano Oria , presidente della cooperativa sociale «BeFree» ... 26 
Semenzato Martina , Presidente ... 26 
Gargano Oria , presidente della cooperativa sociale «BeFree» ... 26 
Semenzato Martina , Presidente ... 27 
Gargano Oria , presidente della cooperativa sociale «BeFree» ... 27 
Semenzato Martina , Presidente ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
CECILIA D'ELIA

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione «Amleta APS».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento in videoconferenza dell'audizione delle rappresentanti dell'Associazione di promozione sociale Amleta APS, impegnata nel contrasto alla violenza di genere nel mondo dello spettacolo. A nome di tutti i commissari e le commissarie do il benvenuto alla presidente Cinzia Spanò e alla vice presidente Debora Zuin. Nel ringraziarle per la disponibilità di intervenire ai nostri lavori, segnalo loro l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci minuti per assicurare ulteriori dieci minuti all'eventuale dibattito con i commissari presenti o a loro volta collegati da remoto. Do quindi la parola alla presidente Spanò e successivamente alla vice presidente Zuin.

  CINZIA SPANÒ, presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. Buongiorno a tutti. Se possiamo invertire l'ordine, darei la precedenza alla vice presidente Zuin. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Prego.

  DEBORA ZUIN, vice presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. Buongiorno, sarò breve. Ci siamo invertite perché farò una piccola premessa per poi lasciare la parola a Cinzia Spanò. Grazie per averci dato l'occasione di intervenire in audizione in questa importante Commissione d'inchiesta. Grazie a tutti i suoi membri e alla presidente, l'onorevole Martina Semenzato, per l'impegno che sta dimostrando. Le auguriamo un buon proseguimento dei lavori.
  Come già detto io sono Debora Zuin, vice presidente dell'Associazione Amleta, farò un breve intervento introduttivo per poi lasciare la parola alla nostra presidente Cinzia Spanò, che esporrà il tema in modo più dettagliato e approfondito.
  Ricordo che Amleta è un'Associazione di attrici professioniste, nata nel 2020. Abbiamo ricevuto nel 2021 il premio Amnesty International Arte e Diritti Umani, che ha riconosciuto il nostro impegno, perché abbiamo prodotto dei dati significativi che hanno raccontato, in modo inequivocabile, le diseguaglianze di genere nel mondo dello spettacolo. Lo abbiamo fatto con l'obiettivo sia di colmare il gender gap dal punto di vista delle politiche del lavoro, sia allo scopo di monitorare tutte quelle pratiche non virtuose, soprattutto molestie e violenze, che si verificano nei luoghi di lavoro e di produzione.
  È proprio al contrasto alla violenza che stiamo dedicando tutte le nostre energie. Noi abbiamo iniziato con l'istituzione di una e-mail riservata, che abbiamo chiamato osservatoria.amleta@gmail.com, che ci ha permesso nel tempo di raccogliere testimonianze e denunce, in forma protetta, da parte di tutti quei soggetti che avevano subìto o erano stati testimoni di molestie o violenze. Abbiamo creato delle Pag. 4campagne social di grande adesione che permettessero di segnalare ulteriori casi di abusi.
  Con tutti questi numeri abbiamo poi creato un vero e proprio dossier che abbiamo denominato «Dossier Barbablù», dal nome della campagna social che stiamo portando avanti. È un fenomeno che riguarda soprattutto le attrici ed è sommerso, ma molto diffuso e pervasivo nel mondo dello spettacolo, sia perché le attrici lavorano col corpo, sia perché i confini tra ciò che è arte e ciò che è abuso sono spesso sfumati e volutamente confusi.
  Amleta cosa fa? Amleta accompagna i percorsi delle vittime che decidono di denunciare, sostenendo anzitutto economicamente le spese in fase di deposizione della denuncia. In questo percorso legale si avvale dell'ausilio della rete di avvocate di Differenza Donna, l'Associazione che gestisce il numero nazionale antiviolenza 1522, che ricordiamo verrà audita da questa stessa Commissione il 12 di gennaio. Con questa Associazione abbiamo un accordo di collaborazione molto stretto e molto importante.
  Parallelamente ci muoviamo su un piano più sistemico, cercando una coesione con soggetti che siano più forti, sia da un punto di vista politico sia da un punto di vista produttivo. Stiamo, per esempio, premendo per l'adozione obbligatoria in tutti i teatri pubblici italiani, soprattutto i teatri nazionali, i TRIC, cioè quelli che percepiscono maggiori finanziamenti FUS, di questo protocollo antimolestie, che è denominato «codice di condotta». È un protocollo del 2019, firmato dalle OSS e da Federvivo ed è uno strumento importantissimo per proteggere tutte le tipologie di lavoratrici e lavoratori da questi comportamenti inappropriati, da molestie sui luoghi lavorativi e di audizione. Sottolineo luoghi di audizione perché noi essendo attrici e attori, quindi lavoratori in un ambito molto particolare, abbiamo anche ulteriori difficoltà nel definire quali siano esattamente i nostri luoghi di lavoro. Quando andiamo a fare i provini, cioè le audizioni, non siamo sotto contratto, quindi questo è un altro punto che poi Cinzia, molto probabilmente, approfondirà. Questo protocollo andrebbe sicuramente aggiornato e riscritto, ma purtroppo a priori non si riesce a veicolarlo nei luoghi in modo sistematico tra i soggetti produttori.
  In egual misura questa stessa azione la portiamo avanti per quanto riguarda il settore cine-audiovisivo, dove per esempio ANICA ci ha dimostrato di accogliere le istanze che abbiamo presentato noi insieme ad altre associazioni, adoperando, una vera e propria carta di comportamento da adottare sui set cinematografici, redatta dall'Associazione Women in Film. È stato introdotto – questo è molto importante – nel recentissimo contratto nazionale per l'audiovisivo firmato da pochissimo, il primo nella storia, il riferimento ai protocolli di cui parlavo prima e una figura di riferimento in caso di segnalazioni, super partes, che in questo caso si chiama intimacy coordinator, che è una figura un po' più complessa, ma è comunque un passo molto importante. Ci stiamo impegnando anche molto per creare un canale informativo su queste tematiche di genere e sulle molestie nelle scuole di recitazione italiane.
  Recentemente è stato firmato un documento che reca le linee guida contro gli abusi durante la fase di casting. Questo vale sia per chi i casting li prepara, sia per chi va a fare i casting, quindi gli interpreti e i professionisti, insieme all'Unione Italiana Casting Director, l'Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo (UNITA), Agenti Spettacolo Associati (ASA) e Libera Associazione Rappresentanti di Artisti (LARA). Questo è un documento dove, peraltro, la nostra e-mail, quella di cui parlavo prima, osservatoria.amleta, viene indicata come riferimento per eventuali segnalazioni di comportamenti lesivi e violenti.
  Questa era una piccola introduzione per darvi un'idea della complessità implicita che un contrasto alla violenza di genere, in un ambito lavorativo che è molto complesso, molto ramificato ed eterogeneo come quello dello spettacolo, si trova ad affrontare. Lascio la parola alla nostra presidente Cinzia Spanò. Grazie ancora.

  CINZIA SPANÒ, presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. Grazie Pag. 5Debora e grazie a voi per l'attenzione. Noi oggi siamo particolarmente felici di essere qui perché per tanto tempo la violenza sulle attrici è stata normalizzata, in questo modo resa invisibile, perché alle attrici viene fatto credere che entrare nel mondo dello spettacolo comporti fondamentalmente la rinuncia al controllo sul proprio corpo e l'accettazione di tutta una serie di compromessi, quindi anche il fatto che una certa dose di violenza sia connaturata alla professione stessa. Questa retorica, unita ai fattori che prima Debora Zuin ricordava, cioè il fatto che le attrici lavorano con il corpo, che le attrici sono lavoratrici precarie a vita, perché continuano a fare provini che sono di solito, negli altri ambienti di lavoro, i colloqui di lavoro, noi li facciamo continuamente, ogni mese, ogni due mesi, ogni tre mesi. Questo ovviamente ci rende particolarmente fragili su un piano lavorativo. Poi ci sono altre cose, però adesso non voglio rubare tempo e tediarvi con dei particolari. Però questa retorica inizia già nelle accademie e permette di creare il contesto in cui poi alcune figure predatorie esercitano la violenza e le molestie sessuali che a un certo punto vanno letteralmente fuori controllo, proprio perché questa violenza e queste molestie sessuali vengono agite non in maniera nascosta, ma di fronte a tutti. Noi abbiamo casi di predatori sessuali che vanno avanti da decenni, venti, trent' anni, e i contesti in cui ci muoviamo sono perfettamente a conoscenza di questi personaggi, che non sono mai stati fermati.
  Adesso magari vi posso dare un'idea di quello che è stato il nostro lavoro partendo da alcuni numeri. Nei primi due anni di attività di Amleta, dalla sua nascita, quindi dalla nascita di questa e-mail, con la quale noi abbiamo raccolto tutte le segnalazioni, abbiamo fatto emergere 223 casi di molestie sessuali, aggressioni sessuali e violenze sessuali. Si tratta di un numero di segnalazioni che è emerso spontaneamente, o attraverso la e-mail, oppure attraverso queste campagne social, che sono diventate in parte virali.
  Questo numero non è propriamente un campione, però ci permette di fare alcune riflessioni. Per esempio, di questi 223 casi solamente in due casi le molestie sessuali erano esercitate da una donna. Quindi la quasi totalità degli abusanti, dei predatori all'interno del mondo dello spettacolo è un uomo, cioè in linea con tutti gli altri dati riguardanti i comportamenti antisociali. La violenza nel mondo dello spettacolo – lo ricordiamo sempre – non riguarda solamente le donne. Anche molti uomini ne sono vittima, però di questi 223 casi analizzati, 207 riguardano donne. Quindi il 93 per cento delle violenze nel mondo dello spettacolo si abbatte sulle donne.
  Come sono distribuiti? Questi predatori sono, per la maggior parte, registi, cioè nel nostro campione il 41,26 per cento. Poi abbiamo i colleghi attori per il 15,7 per cento. I produttori il 6,28 per cento. Ma purtroppo non mancano gli insegnanti nelle accademie, quindi a contatto con ragazze che sono giovanissime, diciannove, vent'anni eccetera, eccetera, per il 5,38 per cento. Poi abbiamo, in percentuali minori, altre figure. Non mancano critici, aiuto registi, agenti eccetera, ma anche gli spettatori. Abbiamo due casi in cui le attrici, scese in platea a fare gli spettacoli, sono state palpeggiate dagli spettatori.
  Gli abusi avvengono sui palcoscenici, sui set teatrali. Il momento in cui si concentrano di più, come ricordava Debora Zuin, è il provino, proprio perché è il momento in cui si concentra la massima parte della disparità di potere. Possiamo dire che il fatto che si dica spesso che le attrici non parlano è una falsità. Le attrici parlano, denunciano, non vengono però ascoltate. Quando parlano ovviamente diventano loro stesse il problema e vengono addirittura isolate.
  Ricordiamo a questo proposito la testimonianza di una collega che disse: «Mi dissero che se avessi denunciato sarebbe saltata tutta la tournée, io avevo ventisei anni e saltai io». Quindi c'è un isolamento e una solitudine.
  Prendo trenta secondi per dire come poi si articola il lavoro di Amleta. La prima cosa è la rottura di questa solitudine. Attraverso la e-mail le colleghe ci raccontano e ci segnalano quello che è avvenuto; noi Pag. 6prendiamo un appuntamento con loro, quindi ci facciamo raccontare in maniera più articolata; a quel punto scegliamo, assieme a loro, che cosa si può fare e che cosa loro vogliono fare. Anche grazie a un'importante convenzione che noi abbiamo stipulato con Differenza Donna che, se non sbaglio, sarà ospite di queste audizioni nei prossimi giorni, laddove è possibile, noi interveniamo anche con l'ausilio delle avvocate per portare a processo i casi che ci vengono segnalati.
  Abbiamo ovviamente le difficoltà che riguardano, credo, tutti gli ambiti in cui si cerca di intervenire per il contrasto alla violenza, primo fra tutti, la scadenza del termine di un anno per la presentazione della denuncia per violenza sessuale. La nostra esperienza credo che ricalchi l'esperienza di tutte le colleghe che ascolterete, cioè un anno per le attrici, per le donne, è molto poco per elaborare quello che è successo. In questo momento segnalo che abbiamo diversi processi in corso.

  PRESIDENTE. Le devo chiedere di concludere, altrimenti non rimane tempo per le commissarie di fare eventuali domande.

  CINZIA SPANÒ, presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. Concludo dicendo che abbiamo diversi processi in corso, abbiamo inviato anche diverse diffide per allontanare dai teatri italiani figure di abusanti che andavano avanti da alcuni decenni. In particolare – questa è una cosa che segnalo – abbiamo delle sentenze che stanno arrivando riguardanti importanti teatri che prendono ingenti finanziamenti da parte delle istituzioni italiane. Vi ringrazio per l'ascolto.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Mi dispiace molto, però potete lasciare una memoria se ci sono altre cose che volevate sottolineare e che non siete riuscite a dire. Prego le colleghe e i colleghi commissari presenti e connessi da remoto di intervenire per porre quesiti in modo più possibile sintetico e conciso.
  Uno l'ho io. Volevo chiedere se su questo protocollo sulle molestie avete un monitoraggio, se avete una percentuale di teatri, soprattutto quelli che prendono i soldi dal FUS, che hanno aderito al protocollo o meno. Però magari raccogliamo le domande. La presidente, prego.

  MARTINA SEMENZATO. Buongiorno. Ringrazio Amleta. Io so che siete stati presenti anche a Venezia proprio insieme a Differenza Donna. Quindi ringrazio perché è la mia città, per me la Biennale è una grande vetrina ed è fondamentale sensibilizzare sul ruolo delle nostre attrici. Volevo chiedervi se avete visto un aumento sensibile delle molestie sessuali in questi ultimi anni. In secondo luogo, volevo chiedervi se la molestia è a tutti i livelli, cioè nelle grandi produzioni, nelle piccole produzioni, o in quali settori è più evidente. Grazie.

  CINZIA SPANÒ, presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. Rispondo a entrambe le domande. Il protocollo è stato firmato da Federvivo, che è un'Associazione che raccoglie i principali teatri dal vivo. Il problema del protocollo non è tanto il fatto che abbiano aderito i vari teatri; il problema è che questi protocolli sono nati nel 2019 sulla scia del MeToo, quindi con quella ondata emotiva che ha travolto il mondo. In Europa molti teatri si sono dotati di linee guida, di protocolli antimolestie eccetera, eccetera. Anche in Italia. La differenza è che in Italia questi protocolli sono stati firmati, ma non sono mai stati applicati. Nel senso che nessuno, anche tra i firmatari, si ricordava di questi protocolli. Quindi l'attività che io in particolare e Debora Zuin stiamo cercando di fare è proprio l'adozione e anche la manifesta dichiarazione di voler intraprendere delle azioni contro le molestie e contro la violenza.
  Noi siamo nati nel 2020, quindi non abbiamo propriamente il polso di come sono aumentate o diminuite le molestie dal nostro osservatorio di Amleta. Però siamo tutte attrici, quindi possiamo dire che le molestie sono sempre state endemiche e molto diffuse e in questo momento Amleta, sollevando il problema, sta cercando di Pag. 7creare un argine, anche etico, alla diffusione di queste molestie. Sono a tutti i livelli assolutamente, nel senso che c'è un contesto che noi chiamiamo «il sottobosco», che è completamente fuori controllo. Si chiedono provini con attrici che devono esibirsi nude, mandare dei self tape completamente nude. Siamo addirittura fuori da quelle che sono le linee guida che, certo, non sono obbligatorie, ma possono in qualche maniera anche orientare.
  Noi abbiamo osservato che, indipendentemente da quelli che siano i livelli, la violenza è diffusissima sia nelle forme più lievi sia con abusi molto gravi, fino ad arrivare a degli stupri. In questo richiederemo sicuramente la vostra attenzione nel momento in cui, fra qualche mese, usciranno delle sentenze per noi molto importanti in questo senso. Non so se Debora Zuin vuole aggiungere qualcosa.

  DEBORA ZUIN, vice presidente dell'Associazione di promozione sociale Amleta. No, è tutto molto chiaro. Comunque, per parlare di numeri, chi veramente l'ha adottato? Nessuno l'ha adottato davvero. A parte un caso sotto nostra pressione, ma ora non voglio fare l'elenco, i nomi eccetera. Però un TRIC italiano, piuttosto virtuoso, l'ha fatto.
  L'adozione di questo codici di condotta implica anche l'individuazione di un soggetto che sia super partes e che possa poi collettizzare le richieste o le segnalazioni che vengono fatte. Questa è una cosa che non è avvenuta praticamente da nessuna parte, se non lì, in modo evidente. E poi ci sono altri due casi, sempre di teatri nazionali, che ce l'hanno nel loro statuto, ma che non hanno poi proceduto in nessun modo ad attuarlo, a renderlo riconoscibile, anche semplicemente a farlo conoscere a chi frequenta quei luoghi. Perché questi codici riguardano chiunque entri in quei luoghi di produzione molto grandi. Per esempio, in Inghilterra l'hanno fatto persino per il pubblico, anche il pubblico dovrà prendere visione di questo tipo di protocolli. Quindi la strada è lunga.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. La situazione non va bene. Questo è solo l'inizio di un lavoro che possiamo fare su questo tema. Personalmente sono anche senatrice della Commissione Cultura, quindi credo che sarà un altro luogo in cui ci possiamo impegnare. Ringrazio la presidente Spanò e la vice presidente Zuin. Dichiaro conclusa questa audizione. Grazie mille.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione «Artemisia APS».

  PRESIDENTE. Buongiorno, rinnovo i saluti. I nostri lavori proseguono con l'audizione in videoconferenza dei rappresentanti dell'Associazione di promozione sociale Artemisia impegnata nel territorio fiorentino nel contrasto di ogni forma di violenza su donne, bambini e adolescenti. A nome di tutti i commissari e delle commissarie do il benvenuto alla presidente, Elena Baragli, e alle componenti del consiglio direttivo che la assistono, Teresa Bruno e Claudia Lombardi. Nel ringraziarle per la loro disponibilità a intervenire nei nostri lavori, segnalo l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci minuti, per poi assicurare altri dieci minuti all'eventuale dibattito con i commissari e le commissarie presenti e a loro volta collegati da remoto. Do quindi la parola alla presidente Baragli, che ringrazio nuovamente. Prego presidente.

  ELENA BARAGLI, presidente dell'Associazione «Artemisia APS». Buongiorno presidente, grazie per questo invito, molto gradito da parte nostra. Visti i tempi contenuti cercheremo di restringere il nostro intervento per descrivere quali sono le attività salienti dell'Associazione Artemisia su Firenze, con una richiesta, che non so se sarà esaudibile, di farvi pervenire degli approfondimenti su alcune criticità che abbiamo riscontrato rispetto alla conferenza Stato-regioni, durante l'ultima intesa del 2022, che andrà in attuazione a marzo. In regione Toscana sono in corso dei tavoli Pag. 8tecnici per affrontare queste criticità, però vi chiederei se fosse possibile poi inviarvi, per iscritto, dei materiali, o avere un tempo ulteriore per entrare nel merito di una parte più tecnica.
  Venendo a noi, Artemisia è un'Associazione storica sul territorio. Abbiamo trentatré anni di esperienza. Le peculiarità dell'Associazione sono quelle di occuparsi non solo di violenza alle donne, quindi di violenza di genere, ma anche di bambine e di bambini vittime di abuso e maltrattamento. L'Associazione su questo ha avuto un ruolo importante nel tempo, anche contribuendo a fare letteratura. Un'altra caratteristica, un'altra peculiarità di Artemisia è quella di occuparsi di riparare i danni della violenza su persone adulte che hanno subìto violenza durante l'infanzia.
  Come Associazione gestiamo un centro antiviolenza, due case rifugio a indirizzo segreto, due case per l'autonomia e undici sportelli territoriali che sono un osservatorio molto importante per rilevare l'andamento del fenomeno e facilitare le richieste di aiuto.
  Volevamo darvi alcuni dati, anche sintetici, della nostra attività perché il volume di lavoro in Associazione è veramente importante. Da gennaio a ottobre del 2023 si sono rivolte all'Associazione 1015 persone, tra adulti e minorenni. Abbiamo avuto quindi un incremento dell'11,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022. Di questi 1015 casi, 803 sono le donne con violenza in atto, anche qui con un aumento del 3,6 per cento rispetto all'anno scorso; 93 sono i minorenni che hanno subìto maltrattamento e/o abuso sessuale, qui con un importante incremento del 40,9 per certo rispetto all'anno precedente, dovuto probabilmente anche a dei progetti specifici dedicati che abbiamo attuato in questo anno; infine, 36 sono gli adulti e adulte per violenze subìte nell'infanzia.
  Con riferimento alla nazionalità, nel triennio 2020-2023, le donne che hanno contattato l'Associazione per violenze in atto erano il 70 per certo di nazionalità italiana e il 30 per certo di origine europea o extra europea.
  In merito agli autori di violenza, la percentuale dal 51 al 55 per cento si tratta del partner, quindi l'autore di violenza è il partner; tra il 25 e il 29 per cento l'ex partner; tra il 17 e il 21 per cento un familiare o un conoscente. Solo l'1 per certo dei casi riguarda sconosciuti. Questo ovviamente sottolinea come, nella quasi totalità dei casi, gli autori di violenza sono persone ben conosciute dalle donne, persone con cui esiste un legame affettivo nelle relazioni intime.
  Artemisia è il centro antiviolenza di riferimento sul territorio, quindi in regione Toscana. Come dicevo prima, rispetto ai requisiti dell'ultima intesa della Conferenza Stato-regioni del 2022, Artemisia risponde a tutti i requisiti richiesti e avremmo piacere, se ci sarà modo, di farvi pervenire una serie di criticità che abbiamo rilevato.
  Quanto ai servizi disponibili all'interno del Centro Antiviolenza, l'Associazione fornisce ascolto, prime informazioni, la raccolta delle segnalazioni, l'accompagnamento e l'orientamento nell'accesso ai servizi sociosanitari, ai tribunali e alle forze dell'ordine; percorsi di sostegno individuale o di gruppo per interrompere la violenza; informazioni legali sia penali che civili; percorsi di orientamento al reinserimento socio-lavorativo; percorsi terapeutici nelle situazioni di violenza sessuale con i minori vittime di abuso e maltrattamento e, come dicevo prima, per l'elaborazione in età adulta delle violenze subìte nell'infanzia.
  Tutti i servizi sono gestiti da operatrici professioniste, quindi esperte sulla violenza di genere, formate sull'abuso e sul maltrattamento all'infanzia, ed hanno tutte competenze specifiche sul trauma con una formazione e un aggiornamento continuo. Si tratta di psicologhe, psicoterapeute, psicoterapeute infantili, educatrici, avvocate, assistenti sociali.
  Il modello di intervento che l'Associazione ha adottato, sperimentato e perfezionato anche negli anni, prevede due fasi. Una prima fase di accesso, in cui si viene in contatto con l'Associazione e si effettua un'analisi della domanda, individuando la tipologia di risposta e di intervento più adeguato al bisogno che viene rilevato. OvviamentePag. 9 si cerca di identificare, nella prima fase, le situazioni di emergenza, che quindi necessitano un'attivazione immediata, e viene svolta una valutazione del rischio e del pericolo.
  Successivamente si approfondiscono i colloqui per individuare quali sono i percorsi più adeguati, per poi continuare nella fase di percorso, a realizzare degli interventi mirati, personalizzati, individualizzati per uscire dalla violenza caso per caso. Ovviamente si tratta sempre di progetti e percorsi integrati e coordinati con i servizi sociali e tutti gli altri attori della rete interistituzionale.
  Le case rifugio sono per le situazioni di alto rischio e di incolumità fisica per le persone. Quindi accogliamo sia donne sole che nuclei familiari, madre e bambino e madre e ragazzi. L'entrata, e quindi la presa in carico, viene sempre valutata in accordo con il servizio sociale territoriale di residenza. Le case rifugio non ospitano in emergenza, questo è un punto importante perché sul territorio le situazioni di emergenza vengono gestite con un protocollo specifico. Nel 2023 abbiamo ospitato quattro donne e quattro minorenni all'interno delle nostre case rifugio.
  Artemisia dal 2018 ha sviluppato un programma specifico che si chiama «La rete di Nicoletta», con fondi dedicati dalla legge n. 119. È una casa di seconda accoglienza che accoglie situazioni di basso e medio rischio. Anche qua la valutazione dei casi viene fatta congiuntamente ai servizi sociali di riferimento addirittura con una commissione integrata per proseguire e seguire l'andamento della casistica.
  Nel 2022 abbiamo avviato una sperimentazione, una casa per l'autonomia, quindi una casa specialmente dedicata all'ultima fase, quella dell'uscita dalla violenza. Quindi le persone che hanno già compiuto questo primo pezzetto così importante e che rientrano in società per essere poi completamente autonome e indipendenti.
  Dicevo, per l'emergenza, per quanto riguarda il Comune di Firenze, ci sono delle procedure specifiche con degli attori specifici, l'équipe Violenza del Comune, noi come centro antiviolenza, il Centro Valery e il progetto Sant'Agostino. Per quanto riguarda tutta la zona della Città Metropolitana fiorentina, vuol dire la grande provincia di Firenze, esiste un servizio che è denominato SEUS, Servizio di Emergenza Urgenza, che si raccorda con il Pronto Soccorso, il Codice Rosa territoriale, i Servizi Sociali zonali, le strutture di accoglienza e il centro antiviolenza. Chiaramente nelle situazioni di emergenza la connessione con forze dell'ordine, servizi sociali e Codice Rosa è fondamentale per valutare il rischio e intervenire in maniera tempestiva.
  Rispetto al raccordo delle forze dell'ordine, abbiamo studiato che c'è una percentuale, che varia dal 20 al 30 per cento, della casistica in cui quasi sempre la collaborazione con le forze dell'ordine è attiva.

  PRESIDENTE. Presidente, la ringrazio. Siamo in fase conclusiva dell'audizione, però mi premeva dire che questo è l'avvio di un approfondimento che faremo nelle prossime sedute, in vista dei temi che questa Commissione andrà ad affrontare. Quindi sono abbastanza certa che ci risentiremo per approfondire con voi tutta l'attività che fa il vostro importante centro. Inoltre può senz'altro inviare tutta la documentazione a disposizione di questa Commissione in modo da approfondire fin da subito alcuni punti di cui lei mi parlava. Se vuole avviarsi alla fase conclusiva dandoci qualche altra riflessione, poi passeremo alle eventuali domande dei colleghi. Prego.

  ELENA BARAGLI, presidente dell'Associazione «Artemisia APS». La ringrazio moltissimo anche per la vostra disponibilità, sicuramente invieremo i nostri materiali.
  Accenno solo alcuni titoli, che poi affronteremo inviandovi la documentazione scritta, in riferimento alla conferenza unificata, quindi all'ultima intesa Stato-regioni del 14 settembre del 2022, che riguardano le due intese, sia i centri antiviolenze che le case rifugio. Alcuni temi, che porteremo alla vostra attenzione, riguardano l'H24, ovvero il requisito richiesto all'interno dell'intesa di accogliere ventiquattrore ore su ventiquattro.Pag. 10
  Un altro tema che vorremmo portare alla vostra attenzione riguarda le caratteristiche e le competenze delle professioniste che operano e possono operare all'interno dei centri.
  Altri temi in chiave positiva riguardano l'autonomia abitativa, cioè quella parte importante che potrebbe essere oggetto di ulteriori momenti di tavolo, di approfondimento, perché nell'intesa ci sono anche dei punti positivi, non solo critici, che però vanno resi praticabili regione per regione, e un intervento della Commissione potrebbe essere molto importante.
  Altro tema critico è quello delle case rifugio e dei tempi di permanenza che l'intesa fissa in maniera – a nostro avviso – un po' rigida a 180 giorni.
  Così come, grande tema, anche quello dell'autonomia abitativa e della possibilità di costruire percorsi di autonomia attraverso le residenze fittizie.
  Mi rendo conto che questi sono solo dei brevi accenni, però noi crediamo che sia molto importante dare continuità – e infatti ringraziamo la Commissione per averci dato questo spazio – a tutti quegli interventi che sono stati attuati finora, potenziarli. Pensiamo al prossimo Piano nazionale, al prossimo Piano strategico sulla violenza maschile alle donne. Sarebbe, a nostro avviso, auspicabile poterlo avere triennale, quinquennale magari. Pensare a come si possono rafforzare dei tavoli di consultazione permanente sia con le associazioni, che rappresentano i centri antiviolenza, attraverso voi, il Dipartimento Pari Opportunità, ma anche pensavamo a tavoli mirati che vedano l'ascolto, il protagonismo delle persone che sono state o sono vittime di violenza, perché questo davvero potrebbe facilitare l'ascolto e la loro stessa partecipazione. Avremmo tanto da dire, avremmo anche tante altre tematiche da apportare, sicuramente proveremo a farlo inviandovi materiale scritto con la vostra disponibilità a potersi rivedere per continuare l'interlocuzione sui temi che ci stanno a cuore.

  PRESIDENTE. Grazie presidente Baragli. Ringrazio anche le componenti del suo consiglio direttivo. Noi aspettiamo la documentazione, io chiedo ai colleghi se ci sono delle domande, ma che mi riserverei di raccogliere e sottoporre eventualmente all'Associazione, se i colleghi sono d'accordo. C'è l'onorevole Lancellotta, prego.

  ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA. Buon pomeriggio a tutti. Ho una domanda abbastanza semplice. Ho sentito che questa Associazione nasce molti anni fa in Toscana e volevo capire è radicata sul territorio, se sì dove, in che territorio della nostra Nazione. Grazie.

  ELENA BARAGLI, Presidente dell'Associazione «Artemisia APS». Grazie onorevole Lancellotta. Sì, l'Associazione è nata a Firenze trentatré anni fa dall'iniziativa di un gruppo di studiose, che avevano studiato e conosciuto i servizi oltre oceano e quindi si erano rifatte alle realtà statunitensi, dove erano già nati i centri antiviolenza.
  L'Associazione opera a Firenze e in tutte le quattro zone sociosanitarie del nostro territorio. Vuol dire un territorio abbastanza ampio che va dal Mugello alla Val di Sieve, con questi undici sportelli territoriali dislocati che sono capillari. Quindi sul territorio c'è un radicamento importante e anche storico.

  ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA. Però circoscritto in Toscana?

  ELENA BARAGLI, presidente dell'Associazione «Artemisia APS». Circoscritto in Toscana, in particolare a Firenze e alla sua provincia. In altre realtà della Toscana, faccio un esempio, Pisa o Lucca, ci sono altri centri antiviolenza.

  PRESIDENTE. Bene, ringraziamo le nostre audite, poi avremo modo di approfondire, presidente, anche il tema principe di questa Commissione, che è la violenza economica, e quindi capire come sono le loro situazioni quando le donne si rivolgono ai vostri centri. Intanto ringrazio la presidente Baragli e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie mille, aspettiamo naturalmente la parte documentale.

Pag. 11

Audizione di rappresentanti dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze», in videoconferenza.

  PRESIDENTE. Buongiorno dottoressa. I nostri lavori proseguono con l'audizione in videoconferenza dei rappresentanti dell'Associazione RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze, la prima Associazione italiana che aggrega centri che attuano programmi per autori di violenza di genere. A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto alla presidente Alessandra Paunzc. Come già segnalato nelle precedenti audizioni, nel ringraziarla per la disponibilità a intervenire ai nostri lavori, segnalo l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci minuti, per poi assicurare ulteriori dieci minuti all'eventuale dibattito con i commissari e le commissarie presenti e a loro volta collegati da remoto. Do quindi la parola alla presidente. Prego presidente.

  ALESSANDRA PAUNZC, presidente dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze». Buongiorno a tutti, buongiorno presidente, buongiorno commissari e commissarie.
  Vi ringrazio innanzitutto per la disponibilità ad accogliere il mio contributo quest'oggi in Commissione. Mi chiamo Alessandra Paunzc, ho lavorato per quindici anni nei servizi di supporto alle vittime. Ho fondato nel 2009 il primo Centro per Autori di Violenza, il CAM di Firenze. Nel 2014 sono stata socia fondatrice della rete nazionale dei centri per autori, in parte anche della rete europea dei programmi per autori di violenza, di cui sono direttrice esecutiva dal 2019. In partenza vorrei soffermarmi su cosa sono questi centri per autori.
  Intanto la denominazione che dobbiamo utilizzare adesso è quella di CUAV, Centro Uomini Autori Violenza, questo in virtù dell'intesa Stato-regioni che ha stabilito i criteri di accreditamento nel settembre 2022, come stabilito dall'articolo 16 della Convenzione di Istanbul. Quindi abbiamo adeguato qualcosa che era iniziato con la legge sul femminicidio del 2019 attraverso questa intesa.
  Questi centri sono di natura pubblica o privata, in essi sono presenti dei professionisti formati rispetto alla violenza di genere, in specifico sul lavoro con gli autori. Questi professionisti mantengono sempre al centro del loro intervento la sicurezza delle vittime e sono formati per intercettare il disagio maschile in varie fasi.
  In una prima fase preventiva attuano interventi che si collocano nell'arco di criticità, in cui noi vediamo nascere la violenza contro le donne, come la gravidanza, la nascita del primo figlio. Quindi, per esempio, nei corsi di preparazione alla nascita, nella fascia 0-6 nei nidi con lavori di educazione, di lavoro con i padri, sempre in chiave preventiva. Nel lavoro di formazione con i medici di medicina generale, con i sanitari, con i servizi sociali, per intercettare quelle forme di disagio maschile, talvolta mascherate come depressione, ansia, che possono nascondere delle difficoltà nella gestione della conflittualità e della rabbia. Questi sono tutti interventi che si collocano nell'arco puramente preventivo, prima che sia avvenuta la violenza.
  C'è poi un'area di interventi che riguardano quando è avvenuto qualcosa, che però ancora non si configura come un reato, che possono essere le fasi per esempio dell'ammonimento, che noi sappiamo sono i reati spia o comunque i comportamenti che creano questo tipo di difficoltà. Oppure può essere l'uomo stesso che si rivolge a questi centri, perché si rende conto che il proprio comportamento è problematico. Può essere inviato dalla compagna che dà un ultimatum, o da altri professionisti che intervengono. Quindi qui siamo in un'area sempre di prevenzione prima del reato.
  Un'altra fase di intervento, che ha registrato un significativo aumento dei casi dall'entrata in vigore del Codice Rosso, è quella che si verifica in concomitanza con un patteggiamento o con una condanna inferiore ai tre anni. In questo caso è prevista la sospensione della pena con l'obbligo di frequentare questi centri. Quindi anche in questa ipotesi si offrono dei percorsi che hanno certe caratteristiche, stabilite sempre dai requisiti. In questo caso il Pag. 12reato è già avvenuto e c'è stata comunque una condanna.
  Per condanne più lunghe gli uomini sono a questo punto in carcere e anche lì moltissimi dei centri lavorano per offrire dei programmi rieducativi in prigione e in collaborazione con l'UEPE. Quindi, rispetto agli autori di violenza, si copre tutta la fascia, dalla prevenzione primaria alla prevenzione quaternaria.
  Vorrei fare a questo punto un passo indietro. Vorrei domandarmi se riteniamo che sia davvero necessario questo lavoro aggiuntivo con gli uomini autori. In fondo si potrebbe pensare che, nel momento in cui offro assistenza alle vittime della violenza, creo un percorso di empowerment, rafforzo le leggi in modo tale che gli uomini denunciati subiscano le conseguenze e siano condannati, rafforzando così nelle donne la propensione alle denunce, in questo modo risolvo il problema della violenza maschile contro le donne. La mia risposta va in direzione contraria. Questo non è assolutamente sufficiente perché non risolve il problema a monte. Se c'è una cosa che tengo a sottolineare e che credo sia importante nel mio intervento, che spero sarà il primo di una serie di conversazioni, perché gli argomenti da affrontare sono molti, è proprio che è necessario affrontare il problema della violenza maschile contro le donne a monte. Se vogliamo modificare il comportamento alla base della violenza contro le donne, dobbiamo affrontare gli uomini che agiscono questa violenza. Se noi paragoniamo, ad esempio, la violenza domestica a un incendio, se scoppia un incendio la prima cosa che facciamo chiamiamo i pompieri, questi salveranno le vittime dal fuoco, ma poi dovranno spegnere il fuoco. Se l'incendio non viene spento questo si propaga alle case accanto, ai campi davanti, e da una sola abitazione, magari un singolo appartamento, la distruzione e la devastazione può essere totale. Allo stesso modo, quando interveniamo rispetto alla violenza sulle donne, dobbiamo spegnere l'incendio.
  Queste sono politiche più difficili, perché quando noi lavoriamo a valle con le vittime è intuitivo, è immediato che dobbiamo prestare soccorso. Per carità, io sono assolutamente convinta che sia prioritario, per una questione di diritti umani, che ci siano servizi per le vittime. Questo non è assolutamente in discussione. Quello che è in discussione è come si risolve questo problema. Le politiche a monte sono meno popolari perché è ovvio che se io cammino lungo un fiume e vedo delle vittime che stanno annegando nel fiume, mi butto e cerco di salvare le vittime. E posso essere talmente preso da questo salvataggio delle vittime, soprattutto se cominciano a cadere sempre più donne, sempre più bambini in questo fiume che io devo tirare fuori dalle acque, chiamerò altre persone, e saremo tutti occupati a tirare fuori le vittime. Ma se qualcuno non prende e va a monte, per capire perché queste persone stanno cadendo nel fiume, per esempio se c'è un ponte con un buco poco visibile, le persone saltano, tentano di arrivare dall'altra parte e cadono nel buco. Se io non metto delle assi, se io non copro a monte la questione, non riuscirò mai a risolvere il problema della violenza contro le donne.
  Quindi il tema della soluzione a monte, che è sia un lavoro con gli uomini, sia un lavoro di prevenzione, come dicevo prima spiegando quali sono le funzioni dei CUAV. È un intervento primario, che previene la violenza, è un intervento mentre è già in atto una situazione di crisi, è, infine, un intervento quando la crisi è già avvenuta e c'è violenza e si deve evitare la reiterazione della violenza.
  D'altro canto noi sappiamo che spesso quando le donne interrompono la violenza questa violenza continua dopo. Quindi non è sufficiente denunciare e allontanarsi. Addirittura spesso c'è un'escalation della violenza. Quindi è importante prevenire, lavorare a monte con gli uomini, ed è importante lavorare in ambito preventivo su tutti questi aspetti.
  Qualche dato sulla violenza maschile contro le donne e sugli interventi dei CUAV. Abbiamo una mappatura, che è stata effettuata dal CNR su un progetto del dipartimento. Nel 2017 è stata fatta la prima mappatura e nel 2022 è stato fatto un aggiornamento.Pag. 13
  In Italia c'erano circa 54 centri nel 2017, nel 2022 ne abbiamo circa 141 fra i centri principali e le sedi secondarie. Quindi abbiamo avuto un enorme aumento nell'arco di questi tre, quattro anni. Una distribuzione non uguale per nord, centro, sud e isole. Con – e non sorprende – maggiori centri al Nord, nel 2017 erano 41 nel 2022 erano 72, col Sud e le isole 13 centri nel 2017 e 22 nel 2022. Quindi sono quasi raddoppiati, soprattutto se guardiamo alle sedi secondarie, perché complessivamente sud e isole con le sedi secondarie sono diventati 31 da 18 che erano. Gli uomini in carico nei centri mappati dal CNR nel 2017, erano 1214, nel 2022 erano 4264 e sono in aumento. Diciamo che con il Codice Rosso e con la sospensione della pena il lavoro per questi centri è aumentato tantissimo.
  Passiamo all'ultimo punto, di che cosa abbiamo bisogno adesso come centri per autori. Uno dei primi temi rilevanti su questo – non vi sorprenderà – è la questione delle risorse.
  Il primo dato che vorrei dare è quello dei costi della violenza. Il conteggio dei costi della violenza, secondo l'EIGE è di 49,1 miliardi per il nostro Paese, 366 miliardi per tutta l'Europa. Quindi, a fronte di 49,1 miliardi, i neppur pochi 134 milioni di euro che sono stati allocati l'anno scorso dal nostro Governo, e con un'aggiunta di 40 milioni delle opposizioni a fine anno, sono sicuramente un inizio di risposta, ma un inizio di risposta che non è ancora adeguato alle necessità. Per darvi una panoramica di come sono allocate le risorse, sono 134 milioni: 55 milioni ai centri antiviolenza, 9 milioni all'empowerment delle donne, 30 milioni alla prevenzione. Dei 40 milioni che sono stati allocati dalle opposizioni, 4 sono a reddito di libertà, 5 ai centri antiviolenza, 3 per la formazione degli operatori, 4 per i CUAV, 4 per il reinserimento lavorativo e 20 milioni alle case rifugio. Complessivamente di questi 134 milioni dovremmo avere i 4 milioni stanziati adesso, più 1 milione che è dai 30 milioni della prevenzione. Capite che su 134 milioni, 5 milioni per dei centri che sono triplicati è ancora inadeguato. La cifra minima su cui dovremmo assestarci è sui 10 milioni per far fronte alle esigenze effettive dei centri.
  Voglio segnalare altre due criticità e poi apro alle domande. Nel nuovo pacchetto normativo, approvato a dicembre, è contenuto un passaggio in cui si chiede che i programmi abbiano una cadenza bisettimanale. Questa è un'assoluta novità, non esiste in letteratura nessun riferimento al fatto che i programmi debbano essere bisettimanali. In genere gli uomini vengono incontrati con una cadenza settimanale. Peraltro c'è una invarianza finanziaria, quindi non è possibile raddoppiare il lavoro in questa situazione. Peraltro non è proprio dimostrato da nessuna parte che sia utile. Spero che questo, che immagino sia un errore, venga modificato al più presto, perché sta già creando problemi sui territori. Ho già ricevuto tantissime segnalazione dai soci RELIVE, degli uffici di esecuzione penale che chiedono questo raddoppio degli incontri, che non sono assolutamente in linea neanche con l'accordo Stato-regioni.
  L'altro tema, più ampio e più complesso, è il fatto che il Codice Rosso prevede che il pagamento dei percorsi degli uomini sia a loro carico, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato. Anche questo non è pensabile, perché non può esserci una immediatezza nel pagamento diretto in una situazione che deve fare comunque riferimento a un magistrato in posizione di terzietà. Ci deve essere un'autonomia dell'istituzione che fa le valutazioni e che è spesso in una posizione di supporto, ma anche di contrapposizione alla questione degli uomini. Questo è un problema più a lungo termine che andrà affrontato, ma intanto mi premeva darvi un quadro generale.
  Come dicevo, spero ci sarà l'occasione poi, nel corso del tempo, di approfondire, perché ci sono tantissimi argomenti che rimangono fuori da un primo quadro generale per cominciare a inquadrare il tema.

  PRESIDENTE. Grazie presidente. Come ho detto agli altri auditi nel corso della giornata questa audizione è un punto di partenza per i nostri lavori, quindi avremo modo di approfondire tante delle sollecitazioniPag. 14 che lei ci ha dato. Rinnovo la disponibilità a ricevere della documentazione da far pervenire a questa Commissione, in modo da condividerla con i commissari e le commissarie.
  Tengo a precisare, presidente, che questa Commissione ha nei suoi punti programmatici una relazione dedicata agli uomini maltrattanti. Chiedo adesso se ci sono dei colleghi che vogliono fare velocemente una domanda. Onorevole Ferrari, prego.

  SARA FERRARI. Grazie velocemente. La dottoressa Paunzc è stata molto esaustiva, la ringrazio, quindi ho solo una domanda specifica, su una problematica emersa, all'indomani dell'approvazione della norma due mesi or sono, relativamente alla partecipazione ai corsi, che non le ho sentito ora elencare fra i rilievi, fra le problematicità, che però a noi è giunta, e che è quella di come si interpreta l'esito positivo obbligatorio che questi corsi devono avere. Per cui io vorrei sapere come lei immagina che si possa ragionare su questo, al di là del rispetto necessario della norma, cosa significhi e chi si assume la responsabilità di dichiarare la positività dell'esito del percorso. Se attiene alla frequenza o se vi sono altri criteri che possano darci questo riscontro e, soprattutto, chi lo debba dare. Grazie.

  PRESIDENTE. Presidente, facciamo intervenire anche l'onorevole Ascari, raccogliamo anche la sua domanda così poi può rispondere contestualmente alle colleghe. Grazie. Prego onorevole Ascari.

  STEFANIA ASCARI. Grazie presidente. Grazie al contributo della dottoressa Alessandra Paunzc. Grazie mille perché ha fornito dei dati molto precisi, dettagliati, che ci servono di riferimento.
  Con l'ultima modifica abbiamo tenuto però a mettere nero su bianco che non basta una mera frequentazione di un centro antiviolenza, ma ci deve essere un percorso che arrivi a un'effettiva valutazione che non ci sia una possibile recidiva per la tutela delle vittime in primo luogo e per evitare casi di cronaca già emersi sulla base di una mera frequentazione di un centro per uomini maltrattanti.
  Noi abbiamo chiesto anche delle linee guida, cioè che vengano tracciati dei perimetri chiari su come deve essere la formazione di chi è all'interno dei centri per gli uomini maltrattanti, come deve avvenire. Quindi io volevo chiederle, in base alla sua grande esperienza sul tema, una sua valutazione in merito a queste linee guida, se ci potesse mandare un contributo su quelli che dovrebbero essere i percorsi, le specializzazioni. Un aiuto per capire i soggetti che entrano in contatto con queste particolari figure, visto che la violenza ha veramente tantissime sfumature. Poi le chiedo, in base alla sua esperienza, alla luce dell'introduzione nel 2019 del Codice Rosso, riguardo all'introduzione dei percorsi, al fine della concessione dei benefici di legge, se ci può dare una sua valutazione in merito agli esiti di questi percorsi, alle ricadute, agli esiti positivi, alle considerazioni che lei ha percepito e ha toccato con mano dall'interno. Grazie.

  PRESIDENTE. Presidente, abbiamo anche una domanda della senatrice Valente. Grazie.

  VALERIA VALENTE. Buongiorno a tutti e buon anno. Questo tema degli uomini maltrattanti, che noi abbiamo analizzato tanto in questi anni, da ultimo anche nel Codice Rosso, attraverso una legislazione particolarmente puntuale, credo che inizi a essere più definito, anche se, ricordo quello che è stato già detto, partiamo in ritardo rispetto ad altre democrazie europee. Però sul tema degli uomini maltrattanti, secondo me, abbiamo lasciato in sospeso un pensiero e mi farebbe piacere ascoltare l'opinione di un'esperta che su questo terreno si è cimentata sin da subito, ormai da anni, e porta avanti una delle esperienze più significative con la rete RELIVE, con la quale pure abbiamo tanto collaborato. Ricordiamo che sull'ultimo provvedimento, nel caso dell'ammonimento noi non abbiamo disciplinato per legge la possibilità di intervenire sugli uomini maltrattanti, ma sappiamo che esistono tante prassi. Poi abbiamoPag. 15 la possibilità di intervenire durante l'esecuzione della pena. E abbiamo la possibilità di intervenire, con percorsi dedicati agli uomini maltrattanti, anche in relazione a un eventuale sconto di pena. Sappiamo che su questo tutti i centri antiviolenza hanno tantissime perplessità. La mia domanda è questa: volontarietà o non volontarietà, che è rimasto il tema più spinoso; alla luce della vostra esperienza in questi percorsi di rieducazione di uomini che, ricordiamo sempre, non sono malati, ma è una questione culturale e quindi di rieducazione, quanto è decisiva la scelta volontaria di aderire a tale percorso? Fino a dove noi ci possiamo spingere? Perché per il momento come ordinamento ci siamo fermati alla premialità. Cioè voi uomini maltrattanti, voi autori di violenza partecipate a questi corsi e noi vi premiamo. Vi premiamo con la sospensione condizionale della pena, vi premiamo con lo sconto di pena. E su questo pure ci sono tante perplessità. Adesso siamo intervenuti in maniera più decisiva e abbiamo detto che bisogna valutare la fine del percorso, se quest'uomo è stato rieducato o no, se è ancora pericoloso o no, c'è qualcuno che deve certificare.
  Bene, ma il tema della volontarietà, cioè noi fino a dove ci possiamo spingere? Ci dobbiamo fermare qui alla volontarietà legata semmai a premialità? O possiamo arrivare a costringere gli uomini a fare questi percorsi di rieducazione? Perché ovviamente legato al tema della obbligatorietà c'è pure il tema gratuità sì/gratuità no, e quindi spese a carico dello Stato, spese sì/spese no. Vorrei sapere su questo punto quanto per voi è decisivo che un uomo ci arrivi volontariamente, indotto o addirittura in maniera obbligatoria, perché per me resta un tema sul quale personalmente mi interrogo molto e non ho risposte. Le vorrei, ovviamente, da chi, invece, dialoga con questi uomini, ha avuto delle esperienze importanti, ha registrato dati. Questa per me è una informazione preziosa.

  PRESIDENTE. Grazie senatrice Valente. Prego presidente.

  ALESSANDRA PAUNZC, presidente dell'Associazione «RELIVE-Relazioni libere dalle Violenze». Tutte ottime domande. Vi ringrazio perché mi permettono di approfondire e fare un ulteriore focus sul tema. La valutazione positiva è sicuramente problematica e la ragione per cui in questo primo round non ho affrontato questo tema è che è arrivata una circolare del Ministero della Giustizia all'Ufficio Esecuzione Penale Esterna che incarica l'Ufficio Esecuzione Penale Esterna di comunicare col magistrato per fare queste valutazioni. Definisce anche una mini équipe. Il problema è spostato, non è risolto, perché come si possa pensare ad una valutazione positiva, soprattutto con l'aspettativa che non ci siano recidive, sarebbe un pochino come chiedere al SERT, ai programmi di servizio per le tossicodipendenze, di fare una certificazione che la persona che ha concluso il percorso al SERT non farà mai più uso di sostanze. Quello che può certificare il SERT è che la persona ha frequentato regolarmente, che non ha fatto uso di sostanze nel periodo in cui era lì.
  Ci sono una serie di cose che scientificamente i professionisti possono fare. Altre, che hanno più a che fare con la divinazione che con il mestiere che noi facciamo di lavoro con le persone con realtà complesse, francamente sono pretese difficilmente realizzabili.
  Quindi si tratterà di stabilire insieme all'Ufficio Esecuzione Penale Esterna quei criteri che riguardano il percorso, cioè come è stato svolto questo percorso, se è stato svolto regolarmente e si valuterà insieme che cosa si può dire su questo. Certo, l'aspettativa di una persona, perché anche le persone possono stare all'interno dei percorsi in modo molto diverso, non è sicuramente una bacchetta magica che risolve in tutti i casi i problemi della violenza.
  Poi mi ricollegherò anche alla domanda che faceva la senatrice Valente sulla volontarietà, la premialità eccetera.
  Intanto una specifica rispetto alla domanda dell'onorevole Ascari, sul discorso delle linee guida. Sulle linee guida possiamo dire tanto. Abbiamo già fatto un Pag. 16lavoro importante con l'accordo Stato-regioni, che stabilisce tutta una serie di criteri rispetto alla formazione e rispetto a quanto necessario. Siamo abbastanza fortunati, da questo punto di vista, e sarà sicuramente per me un piacere farvi avere il materiale, perché sono state istituite delle linee guida europee. Dalla rete europea dei centri per autori quest'anno sono usciti degli standard, che dovrebbero servire poi per l'accreditamento. C'è la costruzione di un percorso di accreditamento, che traduce gli standard in aspetti operativi per capire se questi standard vengono rispettati. Quindi io credo che abbiamo un materiale molto molto ricco a cui poter attingere e basato sulla ricerca a livello europeo. Inoltre, abbiamo le valutazioni degli esiti, quindi la valutazione del trattamento, la ricerca sulle tipologie di trattamento. Credo che su questo ci sia un buon modo per approfondire.
  Cosa è successo con l'introduzione del Codice Rosso? Mi preme anzitutto sottolineare un aspetto, che esiste una norma, legata alla legge sul femminicidio del 2019, in cui è prevista una premialità per l'alleviamento della misura restrittiva. In questo caso credo che sarebbe molto importante utilizzarlo con molta cautela e che debba essere ridotto al minimo l'utilizzo.
  Altra valutazione do sulla sospensione condizionale, perché in questo caso non si tratta di una premialità. La sospensione condizionale avveniva anche prima sotto i tre anni, quindi in questo caso noi abbiamo un aggravamento, non un allentamento della misura. Quindi la sospensione, secondo me, è un'opportunità in più che l'uomo può avere per capire innanzitutto quello che è successo. Perché quello che noi troviamo molto spesso è una sottovalutazione, una minimizzazione della violenza, c'è una non comprensione del disvalore. Quindi, diciamo, il primo punto di partenza è quello del dare gli strumenti per capire quello che si è fatto, che impatto questa cosa ha e ha avuto sulle altre persone.
  Quindi volontarietà o non volontarietà, in parte si mette a cavallo fra queste due cose, perché io posso partecipare a un programma in modo involontario, ma se non ho capito quello che ho fatto è da lì che può nascere la motivazione.
  D'altro canto il tema che noi affrontiamo, anche in modo simile ad altri tipi di problematiche di tipo sociale, è caratterizzato dal fatto che gli uomini spesso danno la responsabilità alla compagna, minimizzano. Dicono: «Ma è successo solo una volta», o «C'è stata solo una spinta», o negano e dicono di non aver fatto niente. Queste tre caratteristiche sono necessariamente legate a un'incapacità di chiedere aiuto. Quindi la non volontarietà è anche molto legata al tipo di problematica. Quindi io non credo che si possa dire che possiamo lavorare solo con uomini che arrivano volontariamente, perché ci precluderemmo la possibilità di un'applicazione dell'articolo 27 della Costituzione, che prevede che la pena debba essere di rieducazione e questo può avvenire nel momento in cui io riconosco il disvalore, quindi c'è un passaggio.
  Detto questo, sicuramente con il Codice Rosso, con l'aumento degli uomini che sono arrivati ai programmi è aumentato anche il numero di casi molto complessi, dove non sempre si può avere una risoluzione positiva o un cambiamento degli atteggiamenti. In linea di massima quei programmi – non sono tantissimi – in Italia che fanno una valutazione del trattamento hanno degli esiti positivi sia riferiti dall'uomo, ma anche riferiti dalla compagna. Generalmente un percorso, ed un percorso come quello definito dall'intesa Stato-regioni, che dura almeno un anno, quindi un percorso lungo di questo genere ha comunque degli esiti di miglioramento, di maggiore o minor grado a seconda delle situazioni. Sicuramente non possiamo pensare che sia una bacchetta magica che risolve il problema. È un tassello importante però. È un tassello importante, è un tassello necessario, è un tassello che va potenziato.

  PRESIDENTE. Presidente, io la ringrazio. Come ha visto questo è un argomento che sta a cuore a questa Commissione e che sarà oggetto di puntuali approfondimenti. Grazie presidente, aspettiamo qualche sua memoria in tal senso. Dichiaro chiusa l'audizione.

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Audizione di rappresentanti
dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv».

  PRESIDENTE. I nostri lavori proseguono con l'audizione in presenza dei rappresentanti dell'organizzazione di volontariato basata a Foggia Vìola Dauna-Odv. A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto alla presidente Stefania Di Gennaro, accompagnata dal vice presidente Michele Zamboni e dalla dottoressa Anna Latino responsabile scientifica del progetto Educare alle Differenze per Prevenire la Violenza di Genere. Sono presenti anche le socie Vincenza Rainone e Patrizia Mascolo.
  In base agli accordi presi con la presidente Di Gennaro do quindi la parola al vice presidente Zamboni e successivamente alla dottoressa Latino. Segnalo l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci minuti per assicurare poi ulteriori dieci minuti all'eventuale dibattito con i commissari e le commissarie presenti e collegati da remoto. Grazie.

  MICHELE ZAMBONI, vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Un saluto a tutte e a tutti i presenti, e a quelli che ci stanno seguendo da remoto. Ringrazio la presidente della Commissione per l'invito che ci è stato rivolto e per l'opportunità di esporre il nostro operato.
  L'organizzazione di volontariato Vìola Dauna è operativa nella provincia di Foggia da quasi dieci anni. Siamo iscritti al RUNTS (Registro Unico Nazionale Terzo Settore). Il nostro scopo principale è quello di collaborare con quelle associazioni, enti pubblici e privati che, come noi, hanno come finalità il miglioramento delle condizioni di vita delle donne, dei minori e di tutti i soggetti che possono essere vittima di violenza e ovviamente anche di maltrattamento.
  Questo obiettivo lo svolgiamo tramite diverse attività, formazione, sensibilizzazione e ricerca. La nostra formazione è rivolta a prevenire le forme di violenza domestica e di maltrattamento sui minori sia trattando il fenomeno come un problema di salute pubblica, ed è questo quello che ci caratterizza, sia considerando che vittima, carnefice e relativi figli hanno un medico curante di riferimento. E così, dal 2013, tramite il progetto Vìola Dauna ci siamo dedicati a formare i medici del territorio, comprendendo con tale termine i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, i medici del servizio del 118 e della continuità assistenziale, cioè ex guardia medica. Professionisti che potevano entrare in tutte le famiglie, comprenderne i problemi e individuare precocemente le situazioni a rischio.
  Con l'esperienza acquisita e dando un taglio sanitario, dal 2018 abbiamo adattato il progetto Vìola Dauna per la formazione anche dei soggetti volontari, cioè dei non sanitari, raggiungendo così le associazioni del territorio, gli studenti universitari, in particolare quelli iscritti al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, e tutti coloro che ce ne facevano richiesta.
  Dal 2019, tramite il progetto E.D.VI.GE., siamo entrati nelle scuole secondarie di secondo grado, ma di questo vi parlerà la dottoressa Latino che mi seguirà nell'esposizione.
  Oltre a corsi di formazione realizziamo anche degli eventi di sensibilizzazione sul tema della violenza domestica e maltrattamento sui minori, sia per sanitari che non.
  Ultima nostra attività, non meno importante delle precedenti, è quella della ricerca volta in due modalità. La prima tramite la somministrazione di questionari per indagare la percezione del fenomeno sul territorio; la seconda tramite la piattaforma informatica che volevo illustrarvi a completamento di quanto descritto ed inviato nella precedente audizione.
  La piattaforma informatica è uno strumento scientifico a tutti gli effetti perché convalidato dall'Istituto di Epidemiologia e Statistica della nostra ASL. L'utilizzo viene insegnato durante i nostri corsi di formazione ed è presente sia in versione tablet per il PC, sia per App per i cellulari, per tutte quelle sentinelle che, trovandosi sul territorio, non hanno a disposizione un computer. La nostra piattaforma informatica è reperibile all'interno dell'area riservata del nostro sito sociale www.vìoladauna.itPag. 18. Indipendentemente dalla modalità di accesso nell'inserimento dei nuovi dati vengono valutati tutta una serie di campanelli d'allarme suddivisi in quattro sezioni, sia la valutazione di alcuni dati antropometrici, del contesto familiare, della presenza di alcuni segni fisici, o dei disturbi del comportamento. Un metodo di facile utilizzo da parte di tutte le sentinelle formate, non solo sanitarie.
  Nella piattaforma informatica sono infatti stati raggruppati, in una modalità molto intuitiva, tutti gli indicatori di violenza presenti nella letteratura scientifica, nazionale ed internazionale. L'utilizzo costante della piattaforma da parte delle sentinelle consente la sua sensibilizzazione facilitando così la ricerca degli stessi indicatori nelle varie situazioni che vi si presentano.
  Tramite l'utilizzo della piattaforma è possibile inserire, non solo i dati di violenza confermati, ma anche e soprattutto i casi sospetti, in maniera tale da poter essere così anche attenzionati e agendo a livello di prevenzione primaria, cioè prima che la violenza si perpetri, che questo è il nostro principale obiettivo.
  Un'altra nostra importante azione svolta sul territorio, da giugno 2022, è aver fornito alla cittadinanza un'App, in versione web, nella quale reperire tutti i vari recapiti dei centri, degli sportelli antiviolenza, nonché dei consultori familiari della provincia di Foggia. Oltre, ovviamente, ai numeri di emergenza da contattare a seconda delle proprie necessità. Il tutto suddiviso per ambiti territoriali. Le istruzioni per il collegamento a questa App, grazie a una proficua collaborazione con la procura sono state diffuse in tutti i commissariati di Polizia e le caserme dei Carabinieri della provincia di Foggia. È presente anche nel nostro sito sociale, oltre che in quello dell'ASL, grazie al sostegno dell'iniziativa da parte della nostra ASL.
  Facendo seguito al contributo in precedenza inviato alla Commissione, e analizzando il piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, in particolare la prevenzione nella priorità 1.1 e 1.6, nelle quali ci inseriamo come attività sociale, si conferma la stretta correlazione e corrispondenza del nostro progetto Vìola Dauna ed E.D.VI.GE., a quelle che sono le azioni previste dal piano nell'ottica dell'individuazione precoce della violenza, che per noi è possibile, in cui noi crediamo, e che determinerebbe anche un risparmio della spesa sanitaria se intercettata precocemente.
  Passo quindi la parola alla dottoressa Anna Latino responsabile del progetto E.D.VI.GE. A te la parola.

  ANNA LATINO. Responsabile scientifica del Progetto E.D.VI.GE dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Ringrazio la presidente e la Commissione tutta. Anche il progetto E.D.VI.GE. si colloca sull'asse della prevenzione prevista dal Piano Strategico Nazionale che il dottor Zamboni ha appena descritto. Si colloca soprattutto nell'ambito della prevenzione primaria, questa è proprio la caratteristica delle attività della nostra organizzazione di volontariato. In particolare, questo progetto con il Piano Strategico condivide soprattutto alcuni obiettivi e alcune priorità di intervento, come, ad esempio, il contrasto agli stereotipi di genere, l'approccio alle tematiche di genere e il contrasto di tutte quelle forme di atteggiamenti lesivi a danno della figura femminile. Non a caso il progetto porta il nome di una donna, ma è anche l'acronimo, come vediamo, di Educare alle Differenze per prevenire la Violenza di Genere. Si parte dall'educazione secondo quanto stabilito dall'articolo 14 della Convenzione di Istanbul, a cui il progetto fondamentalmente si è ispirato.
  Sulla base dell'operato della nostra organizzazione anche questo progetto attua interventi mirati sulle scuole secondarie di secondo grado, rivolti a studenti, a insegnanti, ma anche al personale non docente della scuola. Oltre a un'attività di informazione e sensibilizzazione, mette in atto un'attività di ricerca, anche qui attraverso la somministrazione di questionari agli studenti che partecipano al progetto. La successiva elaborazione e analisi di questi dati, che vengono poi restituiti alle scuole, permette a queste ultime di programmare percorsi educativi proprio per la gestione dei Pag. 19conflitti e/o di attivare sportelli di ascolto dedicati.
  Gli obiettivi del progetto E.D.VI.GE. sono il contrasto agli stereotipi di genere, l'educazione alle pari opportunità, la promozione di una cultura del rispetto della persona, attraverso la valorizzazione delle differenze, qualunque esse siano, considerandole piuttosto una risorsa che non criticità e limiti. Tutto questo attraverso incontri basati su modalità molto interattive con studenti e studentesse che, in un libero scambio di opinioni, acquisiscono, al termine della progettualità, una sempre maggiore consapevolezza. Il problema è proprio questo, rendere ragazze e ragazzi consapevoli di questo fenomeno, sia del fenomeno della violenza di genere, ma in particolare del fenomeno della violenza domestica e assistita, che spesso rimane ancora troppo poco percepita e recepita.
  Chiaramente con questo progetto il nostro intento è anche quello di fornire a ragazze e ragazzi degli strumenti utili per riconoscere e respingere quei comportamenti a rischio premonitori di violenza di genere. Ovviamente questi obiettivi sono, secondo noi, la premessa fondamentale in primo luogo per creare un cambiamento culturale, perché a questo proposito c'è da dire che stiamo vivendo una vera tragedia culturale. Inoltre, il nostro intento, come medici, come pediatri in particolare, è la prevenzione della trasmissione intergenerazionale della violenza di genere; è ormai dimostrato che vivere in un contesto familiare maltrattante, oltre a predisporre bambini, bambine e adolescenti a gravi problemi di salute, comunque li predispone a futura trasmissione della violenza, in quanto apprendono, in tale contesto, dei comportamenti relazionali sbagliati che poi metteranno in pratica in futuro diventando adulti violenti, partner violenti, nonché genitori a loro volta maltrattanti.
  Infine, se possiamo, in virtù dell'esperienza ormai decennale della nostra organizzazione di volontariato, e soprattutto del nostro operato come medici a contatto con la donna vittima di violenza, con i minori che assistono alla violenza, e comunque con le famiglie coinvolte in questo triste fenomeno, vogliamo proporre qualcosa di operativo. Per questo riteniamo fondamentale rendere obbligatoria la formazione, non soltanto a livello sanitario, ma per tutte le figure professionali che entrano in contatto con la vittima e con i minori coinvolti.
  Apro qui una parentesi per sottolineare come l'impegno e l'operato della nostra Associazione, ora organizzazione, si differenzia probabilmente da altre proprio per il nostro interesse scientifico e per il nostro interesse culturale verso i minori. Molto spesso per anni si è parlato soltanto della donna vittima di violenza, senza considerare che quella donna il più delle volte è madre e ci sono dei minori che, più o meno consapevolmente o inconsapevolmente, assistono a questa violenza.
  Parimenti riteniamo fondamentale un processo di condivisione di conoscenze, esperienze e competenze da parte di tutti gli operatori della rete territoriale. Premettendo, ovviamente, la necessità che venga sottoscritto un protocollo di intesa tra gli operatori e le istituzioni della rete territoriale. Ovviamente, come anticipato con il progetto E.D.VI.GE., l'importanza di potenziare, in ambito scolastico, l'educazione, come dicevo prima, alla relazione e al rispetto della persona. Soprattutto l'importanza di destinare maggiori risorse economiche alla prevenzione e alla prevenzione primaria, perché nel momento in cui vengono stanziati e investiti questi soldi non sono un costo, non sono una spesa, ma un investimento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie dottoressa Latino. Io lascio la parola alle colleghe e ai colleghi commissari. Prego senatrice Valente.

  VALERIA VALENTE. Ringrazio i promotori e le promotrici dell'Associazione Vìola Dauna per il loro lavoro perché credo che una delle criticità maggiori che abbiamo nel sistema sia proprio il mancato impegno in prima linea dei medici di base. Loro sono un'esperienza particolarmente preziosa e unica nata in Puglia, che ha ragione di diventare una buona prassi, mi Pag. 20auguro anche col sostegno della Commissione, in tutta Italia. So che loro stanno lavorando anche con l'Ordine dei Medici, con la Federazione Nazionale dei Medici, per tentare di condividere questo approccio.
  Io vorrei che loro, alla luce della loro esperienza, raccontassero a tutte noi quanto effettivamente potrebbe fare la differenza se tutti i medici di base – o come loro si chiamano ora medici di prossimità –, i pediatri, i vecchi medici di famiglia, quelli del 118, tutti questi medici fossero formati a riconoscere i primi sintomi della violenza, quanto potrebbe essere il beneficio nella immediata presa in carico. Non quando già la violenza è a uno stadio di pericolo, ma proprio quelli che sono i primi segnali tanto per le donne quanto per i loro figli, per i bambini. Quanto potrebbe essere prezioso se un medico oggi fosse in grado concretamente di rendere la donna vittima di violenza consapevole di quello che sta subendo. Che significa non violentare quella donna, non andare contro la sua volontà, ma semplicemente accompagnarla e sostenerla in un percorso di consapevolezza, che è la precondizione, come tutti quanti sappiamo, per la fuoriuscita.

  PRESIDENTE. Grazie senatrice Valente. L'onorevole Lancellotta, prego.

  ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA. Grazie presidente. È importantissimo il lavoro che voi svolgete perché è fondamentale. Noi come Commissione stiamo lavorando tanto per quanto concerne il discorso della prevenzione. Una delle nostre mission è proprio quella di formare tutto il personale sanitario, il personale del comparto, i medici. Quindi è importante quello che voi fate.
  La mia è una domanda abbastanza specifica. Voi nascete in Puglia, nella regione Puglia, che mappatura c'è a livello nazionale? Cioè, mi spiego meglio, che radicamento avete sino ad oggi a livello nazionale? Perché credo sia fondamentale che questo lavoro che svolgete si possa, sempre di più, radicare su tutto il territorio, è una priorità assoluta. È una priorità assoluta che il personale sanitario sappia accogliere e raccogliere i campanelli d'allarme che derivano da una violenza, una violenza in molti casi non denunciata. Quindi la mia domanda è proprio questa: che mappatura c'è, ad oggi, a livello nazionale, quali sono i numeri che voi riuscite a relazionare? Credo che sia fondamentale anche avere una statistica. Come può la nostra Commissione venirvi incontro per ottenere che questo lavoro si radichi sempre di più? Grazie.

  PRESIDENTE. Prego.

  ANNA LATINO. Responsabile scientifica del Progetto E.D.VI.GE dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Si potrebbe dare una risposta univoca. Sicuramente è importante la formazione dei medici delle cure primarie. Quindi in linea di massima medici di medicina generale e pediatri di famiglia.
  Il nostro impegno, da dieci anni a questa parte, nella nostra provincia è stato proprio questo, con discreti risultati. Nel senso che soprattutto i pediatri di famiglia, almeno un terzo di tutti i pediatri di famiglia della provincia di Foggia, sono stati formati. E anzi, a maggior sostegno di questo, molti hanno più volte frequentato i nostri corsi. Permettetemi di dire, la prima volta erano increduli, la seconda volta per rafforzare la propria consapevolezza, dimostrando una grande sensibilità sull'argomento. Purtroppo la nostra provincia negli ultimi anni ha vissuto diversi femminicidi, probabilmente nasce da questo la nostra sensibilità che, a dire il vero, è iniziata già nel 2013 con un progetto che è partito dalla Società Italiana di Medicina Generale, la SIMG, che a livello nazionale, si è un po' persa nei vari rivoli, mentre a Foggia siamo riusciti a creare il progetto Vìola Dauna, a personalizzarlo come dice la nostra presidente, e non nascondiamo la difficoltà incontrata a livello nazionale per portare avanti le nostre idee e, più concretamente, quello che abbiamo fatto in questi anni.
  Questo soprattutto nel campo della medicina generale. I pediatri sono un discorso Pag. 21a parte, nel senso che a livello nazionale anche la Federazione Italiana Medici Pediatri si è mossa molto, per cui sono stati fatti dei corsi di formazione a cascata. C'è anche lì, quindi, molta sensibilità, molta attenzione.
  Da circa due anni a questa parte, grazie all'impegno della presidente e all'impegno di tutti noi che siamo comunque molto attivi anche all'interno dell'Ordine dei Medici di Foggia, è stata creata una commissione, che si chiama a sua volta Commissione Vìola. Ogni anno organizziamo, il 25 novembre, o giù di lì, un evento dedicato e aperto tra l'altro a tutta la cittadinanza. Grazie a questo impegno presso il nostro Ordine dei Medici, da due anni a questa parte, siamo riusciti a creare a livello nazionale, quindi presso la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, una commissione che si occupa di femminicidi, di cui fa parte la nostra presidente e un'altra nostra collega, la dottoressa Spinelli.
  Quanto ai dati, diversi anni fa, penso 2015-2016, in virtù di quell'attività di ricerca di cui parlava il dottor Zamboni – anche per coinvolgere sempre di più i professionisti sanitari del territorio, sia pediatri che medici di medicina generale – sono stati distribuiti dei questionari a tutte le donne e agli uomini che afferivano agli ambulatori, per un qualsiasi motivo. Faccio l'esempio, un informatore scientifico o il papà di un bambino o il marito di una donna. Dei questionari per mappare anche la consapevolezza del problema o a che punto fossero gli stereotipi nella nostra realtà culturale. Sono stati raccolti dei dati molto interessanti, che in parte hanno confermato i dati nazionali. Per cui, per esempio, non c'è una stratificazione culturale. Anche da noi il discorso è trasversale. Quindi ad avere pregiudizi sul modo di vestire della moglie o della compagna poteva essere il laureato, come poteva essere il disoccupato. Michele, se tu hai qualche dato in più lo puoi dare.

  MICHELE ZAMBONI, vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Abbiamo questi questionari, a cui avevo accennato anch'io nella mia relazione, per rilevare quello che le donne pensano e gli uomini dicono sul concetto della violenza domestica, e che si sovrappongono ai dati a livello nazionale. Ci sono serviti per fare aprire gli occhi anche a quei colleghi che non riconoscevano, che pensavano che non fosse presente nelle loro pazienti il problema della violenza domestica. Con questi questionari, a maggior ragione, abbiamo creato la consapevolezza che proprio nei loro ambulatori erano presenti dei casi di violenza domestica. Quindi siamo partiti con più vigore con questo nostro progetto Vìola Dauna.
  Inizialmente la piattaforma era cartacea. Quella che vi ho fatto vedere era cartacea. Negli ultimi anni l'abbiamo informatizzata, perché il nostro obiettivo è quello di estendere a livello nazionale il nostro metodo. Abbiamo visto che, oltre a rilevare casi confermati di violenza, consente di sensibilizzare le sentinelle che utilizzano quella piattaforma, e di individuare, con dei criteri che sono raggruppati in maniera molto intuitiva, i casi di violenza nell'ambiente circostante.
  A seguito di questa nostra iniziativa anche la presidente a livello nazionale è entrata, con la dottoressa Laura Spinelli, in un gruppo di lavoro sulla violenza domestica a livello della FNOMCeO, cioè la Federazione Nazionale Medici e Chirurghi a livello nazionale.
  Abbiamo preso anche contatti con altri Ordini dei Medici per estendere, ma poi è arrivato il COVID, quindi adesso stiamo riprendendo. Però, ad esempio, a livello della FNOMCeO nazionale hanno ripreso il mese scorso e il prossimo mese si dovranno riunire ancora, perché c'è questo obiettivo di formare anche a livello di base, perché i medici delle cure primarie sono i front office. Nel momento in cui il medico individua il problema, che sia medico di famiglia o il pediatra di famiglia o il 118 o la continuità assistenziale, poi deve sapere dove indirizzare la donna che ha quel bisogno, deve potersene prendere cura.
  Nei nostri corsi di formazione forniamo relazioni sui costi della violenza da cui si apprende che, sapendo intercettare la violenza prima che si perpetri, è anche Pag. 22possibile un risparmio della spesa. Il medico curante che non sa riconoscere la violenza inizia a prescrivere tutta una serie di farmaci, noi abbiamo visto una correlazione con gli psicofarmaci, in quanto ci sono problemi di ansia, depressione, insonnia. Inizia a prescrivere visite specialistiche non idonee, perché ha mal di pancia, perché ha mal di testa. Questo determina un aumento di tutta una serie di spese sanitarie. Il nostro obiettivo è intervenire prima che la violenza si perpetri, non solo per il benessere e per lo stato di salute della donna, ma anche per intervenire da un punto di vista sanitario. Quindi per noi questo è molto importante e fin dall'inizio abbiamo cercato di spendere tutte le nostre forze sulla sensibilizzazione a tappeto. Da quando ci siamo costituiti, fino al 2019, nella provincia di Foggia abbiamo formato il 20-25 per certo di tutti i medici e dei pediatri di famiglia. Adesso, essendoci stato un ampio pensionamento, con i nuovi medici, che vediamo essere anche più sensibili sull'argomento, aspiriamo ad una nuova formazione a tappeto.

  ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA. Medici anche del pronto soccorso credo, 118 e la continuità assistenziale.

  MICHELE ZAMBONI, vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Sì, esatto. Poi il nostro auspicio è di intervenire anche nella formazione a tappeto a livello ospedaliero, quindi con i medici di reparto, perché ci sono dei sintomi di allarme premonitori che sono di riferimento degli specialisti a livello ospedaliero. Per questo, infatti, nel 2019 abbiamo realizzato il protocollo interistituzionale Vìola con tutti gli attori del territorio, cioè le istituzioni con l'egida della Prefettura. Però ci stanno anche la procura, il tribunale, tutte le forze dell'ordine, quindi Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, ci sta il Tribunale dei Minori, noi, le varie associazioni, in maniera tale da creare una base da cui partire per interagire tra di noi, avviando poi quello step successivo per poter mettere nero su bianco: «Nel momento in cui ho un caso di violenza, io a chi mi rivolgo in maniera istituzionale?» Questo è L'obiettivo che stiamo perseguendo e che auspichiamo si sviluppi anche nei vari Ordini dei Medici: l'istituzione di commissioni ordinistiche, come ha detto anche la dottoressa Anna Latino.

  STEFANIA DI GENNARO, presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Lo scopo principale del nostro progetto è quello di prevenire e di far eseguire per bene il lavoro ad ognuno degli attori del territorio. Noi come medici ci mettiamo del nostro e cerchiamo di far capire alla donna che abbiamo la possibilità di accoglierla con un colloquio efficace, ascoltarla, accompagnarla ove è necessario e quando ne è consapevole.
  Perché nessuno può dire: non denuncia. Perché una donna che è violentata nelle mura di casa, dove ha scelto di vivere, dove ha scelto di condividere il suo percorso con una persona, ha grosse difficoltà, prima di tutto psicologiche, a capire che quella è una violenza.
  Quindi fare gruppo, fare rete vuol dire che i CAV devono fare la loro parte e che ognuno deve farla per bene. Perciò andiamo a chiedere un'intervisione di tutti gli attori del territorio, senza voler essere autoreferenziali. Insieme si cresce.
  Se io come medico mi accorgo che la mia paziente viene e mi lamenta oggi il mal di pancia, domani il mal di testa, dopodomani l'insonnia, una domanda me la devo fare.
  Noi camminiamo con il fiocchetto sul camice, con un'agenda settimanale – che penso abbiamo portato – dove anche senza parlare la donna è nelle condizioni di leggere che molte cose non sono una sua colpa, per cercare di far capire che noi siamo disponibili e siamo formati. Dopodiché la donna deve prendere coscienza della sua situazione e nessuno può forzare. Ci sono tanti tipi di violenza – non ve lo sto qui a dire – la psicologica, l'economica. Non è così semplice dire: le donne non denunciano. Le donne denunciano nel momento in cui sono messe in condizioni di denunciare, sono protette e Pag. 23possono essere protette insieme ai loro figli, perché ritornare a casa del tuo carnefice e pensare che la cosa rimanga sottaciuta è molto complicato.
  Oltre alla formazione e alla sensibilizzazione per la prevenzione, servono poi le case rifugio, le competenze psicologiche, gli avvocati. Quindi il nostro è uno stimolo per chiedere un'intervisione di tutti gli attori ed eventualmente i protocolli provincia per provincia, perché le situazioni sono diverse da provincia a provincia. Quindi mettersi tutti insieme per provare a migliorare delle situazioni che oramai sono diventate devastanti.

  PRESIDENTE. Grazie presidente. Prego onorevole Ferrari.

  SARA FERRARI. Vorrei capire come leghiamo l'obbligatorietà che abbiamo previsto, seppur non in maniera totalmente esplicita, ma presente nell'ultima norma approvata dal Parlamento, della formazione degli operatori, che a vario titolo hanno a che fare con le donne vittime di violenza, al finanziamento. Abbiamo vincolato nell'ultimo bilancio questi 3 milioni sulla formazione. Chiedo a chi ha uno sguardo molto specifico come il vostro se queste risorse riescono a promuovere una formazione su tutta la penisola, quanta ce ne vorrebbe secondo voi e come si può effettivamente diffondere questa formazione. Grazie.

  MICHELE ZAMBONI, vice presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». L'obbligatorietà può essere effettuata tramite le ASL attraverso gli ECM, che vengono appunto forniti a livello aziendale. Anche noi nella provincia di Foggia ci stiamo attivando in quest'ambito, collaborando con le associazioni del territorio, per integrarci con loro e creare questa obbligatorietà nella formazione per i medici del territorio tramite le ASL, che quindi forniscono gli ECM obbligatori. In questa maniera si potrebbero formare a tappeto tutti i medici delle cure primarie. Non so se questa era la risposta alla domanda che ha posto.

  SARA FERRARI. Sì grazie. Qualcuno mi ha detto 3 milioni sono troppo pochi; voi avete idea di che finanziamento ci vorrebbe perché questo fosse fatto a tappeto su tutto il Paese?

  STEFANIA DI GENNARO, presidente dell'Associazione «Vìola Dauna-Odv». Quantizzarlo è difficile. Però sicuramente 3 milioni sul nostro territorio sono pochi.
  Quello che si può tentare è di aggiungere, con l'Educazione Continua in Medicina, l'ECM, un'obbligatorietà come è stata fatta per la radiologia. L'anno scorso ci è stato posto l'obbligo, Ordine per Ordine dei Medici, di istruire i colleghi sulla radiologia. Si potrebbe, visto che oramai siamo diventati un'emergenza, proporre alle commissioni di fare un aggiornamento obbligatorio come l'hanno fatto per quello. Già potremmo cominciare ad entrare almeno sugli Ordini dei Medici e sulle professioni sanitarie. È logico che questa formazione deve essere a livello di tutti gli operatori. Non tutti gli operatori hanno l'Educazione Continua in Medicina, e quindi l'obbligo. I sanitari sì però.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione precisando che la presentazione del PowerPoint che abbiamo visto è già disponibile sull'applicazione GeoCamera e sarà comunque trasmessa per posta elettronica a tutta la Commissione, allegando anche il resoconto stenografico della seduta odierna. Invito i colleghi e le colleghe commissarie ad andare a leggere anche la precedente audizione fatta nel 2020 per capire gli aggiornamenti e come si è lavorato in questi anni. Io dico sempre che questo è l'inizio di un percorso, questa Commissione ha tredici punti tematici, un punto tematico riguarda proprio violenza e salute, quindi riguarda i medici di base e le altre professionalità coinvolte. Questo è un punto di partenza che approfondiremo, quindi sarete nostri interlocutori anche in tante altre audizioni specifiche. Grazie mille.

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Audizione di rappresentanti della cooperativa sociale «BeFree».

  PRESIDENTE. I nostri lavori proseguono con l'audizione dei rappresentanti della cooperativa sociale BeFree basata a Roma e impegnata contro la violenza di genere e il fenomeno della tratta. Mi scuso per il ritardo sui tempi, ma nelle audizioni il tema non concede limiti. A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto alla presidente Oria Gargano a cui do subito la parola. Grazie.

  ORIA GARGANO, presidente della cooperativa sociale «BeFree». Buonasera a tutti e a tutte. Grazie per questo invito, siamo molto contente di collaborare ancora con questa Commissione. Nella scorsa Commissione siamo state parts conséquence direi, e piuttosto rilevante dei lavori che sono stati fatti, da che soprattutto il nostro ufficio legale ha collaborato moltissimo per fare le varie inchieste, le varie ricerche che poi sono state rese note.
  Siamo felici di essere qui per provare a spiegare cos'è BeFree perché è un po' complessa, tant'è che ho pensato di portare dei piccoli opuscoli. Ne ho un certo numero, immagino che vi basteranno. Facciamo un volantinaggio, così rimane traccia di tutto quello che dirò. Per la verità questo è provvisorio, perché stiamo facendo una veste nuova, con una grafica che si è presa qualche giorno di vacanza. E sarà pure molto complicato, perché va continuamente aggiornato.
  Come potete vedere noi gestiamo centri antiviolenza e case rifugio in tre regioni, in particolare nel Lazio, in Abruzzo e in Molise. Sono case rifugio, centri antiviolenza e case di fuga per le vittime della tratta.
  Siamo una cooperativa sociale, nasciamo nel 2007 uscendo da un'Associazione, proprio perché ci rendiamo conto che l'empowerment delle donne deve passare per l'empowerment delle operatrici che lavorano con le donne, che a loro volta sono psicologhe, sono sociologhe, sono avvocate, sono assistenti sociali. Insomma sono donne con una professionalità che, secondo noi, non è proprio corretto e pensabile lasciare in un limbo di volontariato, di lavoro non riconosciuto. Crediamo che se tu vuoi essere agente di empowerment per qualcuno devi essere a tua volta empowerizzato. Ecco perché sono tutte dipendenti oppure sono professioniste a partita IVA. Abbiamo 107 persone che lavorano per noi nei vari luoghi che ho velocemente indicato. Quello che facciamo quindi è molto. Ho cercato di fare una sintesi.
  Le case rifugio che gestiamo sono una nel Lazio, una in Abruzzo, una in Molise, e sono la prima frontiera delle donne che scappano da casa e che debbono venire con i loro bambini da noi. Non ci piace poi molto questo, preferiremmo avere più ordini di allontanamento, preferiremmo che più uomini violenti lasciassero la casa, non capiamo perché è una donna che deve lasciare la sua abitazione, perché sono i bambini che devono lasciare le loro abitudini, la loro scuola, i loro amichetti.
  Tuttavia sappiamo bene che ci sono molti casi in cui le donne vanno tutelate. Ci sono molti uomini che, come vediamo continuamente, anche in presenza del braccialetto elettronico, anche in presenza degli ordini di allontanamento, dei richiami dell'autorità giudiziaria o di Polizia, comunque... In una parabola, che è molto complicata da spiegare, spesso sono uomini che ritengono di non avere più niente da perdere, perché la loro costruzione del maschile si è completamente inficiata nei valori più patriarcali e quindi rischiamo le uccisioni. Vediamo che ce ne sono una ogni due giorni. Mai nessuna donna seguita da noi ha avuto questo destino, lo dico subito, siamo brave e siamo fortunate. A Roma si dice «ci ha detto bene». Ha detto bene alle donne che hanno incontrato noi, mi permetto di dire.
  Quello che pensiamo è che la violenza contro le donne è un fenomeno molto complesso e non possiamo limitarlo a uno sfogo, a un eccesso di cattiveria infinita da parte di un uomo di fronte a una donna così inane e anche un po' stupida, che è la narrazione convenzionale, che è quello che continuamente si dice di queste donne. Dobbiamo capire che, invece, è una cosa che è nei gangli della nostra società, nei gangli della nostra storia e che corrisponde Pag. 25a una costruzione culturale che noi dobbiamo andare lì a erodere fino a farla crollare.
  Noi facciamo tantissima formazione, moltissima nelle scuole, qui peraltro non è stato riportato, dovendo fare una relazione veloce ho preferito cassarlo completamente.
  Facciamo tanta formazione sulle molestie sul lavoro. Soprattutto dalla Convenzione di Ginevra del giugno 2019, moltissime aziende, molti sindacati ci chiamano. Abbiamo un expertise non solo per fare formazione, ma anche per collaborare alla costruzione degli strumenti adeguati ad affrontare questo. Avere una molestia sul posto di lavoro è anche questa una questione complessa, non c'è una giurisprudenza di riferimento nota. Molto spesso le donne stesse non sanno definire cosa è violenza. E tanto meno i datori di lavoro. Quindi siamo molto contente che in così tanti ci chiamino per poter esporre queste cose e cercare insieme di raggiungere un equilibrio, una serenità, che poi, voglio dire, è un valore aggiunto per le aziende.
  Un'altra cosa che volevo dire, alla quale tengo molto, è la storia dell'empowerment delle donne. Le donne che vengono da noi non hanno una pacca sulla spalla e un abbraccio affettuoso. Volendo anche quello, ma ognuna di loro ha un progetto. Consideri che sono più di mille l'anno. Non facciamo mai un progetto per loro, su loro, ma insieme a loro. Ognuna di loro è diversa. Ha una storia diversa. Ogni uomo violento è diverso. La standardizzazione è assolutamente negativa. Il tema dell'empowerment va guardato con molta attenzione da parte delle istituzioni, ma anche da parte nostra. Noi non possiamo prevedere un progetto di successo per donne che non hanno più la loro autostima, che hanno perso il senso di loro stesse. Potrei parlare a lungo raccontando di donne intelligentissime che si pensavano stupide, di una donna bellissima, la più bella donna che ho visto nella mia vita, che era convinta di essere brutta. Perché tanto mina l'autostima, l'autoconsapevolezza, l'autopercezione, il vivere in certi contesti, che è molto difficile poi ricostruire.
  Allora in questo senso noi abbiamo varato veramente da poco una pratica d'eccellenza della quale vorrei parlarvi. Abbiamo favorito, alla fine di un lungo percorso, la nascita di una cooperativa agricola, una cooperativa sociale agricola, di sole donne. Donne che sono state seguite da BeFree, all'interno di un bando vinto da parte della Regione Lazio. Era un bando sull'agricoltura sociale. BeFree contemporaneamente ha avuto in donazione una villa e un terreno di mezzo ettaro, piccolo, vicino Nettuno, questo però ci ha consentito di applicare per quel bando, e lì alcune donne sono state formate a livello professionale, sia in aula che sul campo, hanno ottenuto il titolo di agricoltore sociale e poi hanno deciso di continuare il loro lavoro. Adesso esistono, hanno da poco avuto anche un bel riconoscimento partecipando al Villaggio Coldiretti che c'è stato qui a Roma; hanno avuto il loro banco, anche se ancora non hanno molte cose da esporre e da vendere. Però Coldiretti, per esempio, ha apprezzato molto questo tipo di iniziativa, che per noi è anche molto simbolica. Pensiamo che la terra, il valore della terra, il valore dell'ambiente, siano dei temi molto consoni alle donne. Soprattutto fanno sì che otto donne al momento, ma poi speriamo anche di più, traggano da ormai un anno il profitto da questa attività. Si chiama «Cappelli per le Fate» perché il progetto vinto con Regione Lazio si chiamava Fuoco Acqua Terra Aria (acronimo FATA). Un'azienda Cappelli, ma non quella del grano, un'altra azienda Cappelli, che sta ad Ardea, quindi vicino Nettuno, ha molto sostenuto, in vari modi, questo gruppo, quindi per riconoscenza loro hanno voluto assumere la denominazione Cappelli per le Fate.
  Su questo stiamo veramente puntando molto perché l'idea non è solo che otto donne finalmente sono riuscite a trovare la loro autonomia e la loro indipendenza, ma è soprattutto che tutte le donne che verranno da noi nel tempo, anche negli altri territori, potranno trascorrere anche un breve periodo, anche un piccolo tirocinio, almeno nell'emergenza, guadagnando dei soldi.Pag. 26
  Voi sapete che la violenza economica è un tema molto forte e che la povertà relativa delle donne, dico relativa rispetto agli uomini che pure certamente non sono tutti ricchi, è maggiore. Crediamo che questo sia un tema da imporre anche alle politiche pubbliche.

  PRESIDENTE. Lo sa che la violenza economica è il tema conduttore di questa Commissione?

  ORIA GARGANO, presidente della cooperativa sociale «BeFree». Lo so, assolutamente, ecco perché ho pensato che sarebbe stato apprezzato e adeguato portare questa cooperativa come esempio.
  Poi abbiamo fatto molti progetti internazionali. Siamo nell'ECOSOC, quindi tutti gli anni, a marzo, andiamo a New York all'ECOSOC, che sarebbe la Commission on the Status of Women, che fanno tutti gli anni. Questo dovrebbe essere il settantaduesimo anno al Palazzo dell'ONU, al Palazzo di Vetro. Siamo nell'European Women's Lobby e Wave che è l'organizzazione dei centri antiviolenza europea. European Women's Lobby ha un coordinamento italiano, in cui ovviamente siamo nel direttivo.
  Personalmente sono stata per molti anni la rappresentante di European Women's Lobby all'osservatorio sulla violenza di Bruxelles. Sono stata otto anni, quando il termine è sei, a me hanno regalato due anni in più, quindi ora devo stare ferma qualche giro. Però è stata un'esperienza molto importante.
  Un'altra cosa che ci tenevo a dire è che tra tutti i centri antiviolenza e le case di rifugio che gestiamo c'è un servizio particolare qui a Roma, siamo le uniche in Italia a farlo, ed è quello al San Camillo Forlanini. Dentro al San Camillo Forlanini esiste questo sportello donna h24, quindi aperto dalla mattina alla sera, la notte, sempre, tutti i giorni dell'anno. In maniera molto sintetica, quando le donne vanno lì al triage perché sono state picchiate, fanno l'accesso al pronto soccorso e direttamente dal pronto soccorso sono inviate a questo piccolo ufficio, sempre presidiato da un'operatrice. Questa è una pratica d'eccellenza, esiste dal 2009, vede 5-600 donne l'anno.
  Ho visto che prima c'era Vittoria Doretti, che è mia amica, lei fa qualcosa di simile. Io ho un'ottima relazione con lei, ma lei lo fa a livello dei sanitari. Diciamo che, invece, nel nostro caso si tratta di un privato sociale specializzato nella violenza che collabora con la struttura sanitaria per mettere a punto dei progetti di uscita delle donne. E le posso dire che, secondo me, non dico che è il più importante, ma forse è il servizio più insolito e sorprendente, perché la maggior parte delle donne che viene lì non è come le altre che vengono da noi, o da altre organizzazioni, e che comunque si attivano, prendono un appuntamento, chiamano, magari chiama l'assistente sociale o il poliziotto. Queste sono tutte donne che, per la maggior parte, non sanno neanche chi siamo o comunque che stiamo lì e che abbiamo quel servizio. Per cui sono tutte donne che rimangono molto impressionate dal fatto che una struttura così importante, come il San Camillo Forlanini, si sia dotato di questo strumento. Diventa così più facile per loro capire che la situazione in cui si trovano, di donne che subiscono violenze, probabilmente non dipende dal fatto che sono stupide perché la mamma glielo aveva detto, ma piuttosto è un problema sociale, al punto che il San Camillo Forlanini se ne fa carico. Non ci interessa neanche che capiscano com'è la storia. La storia è stata complicata, dal 2009 a oggi ne abbiamo passate diverse, però ormai è un servizio d'eccellenza e ci teniamo moltissimo.

  PRESIDENTE. Cosa fa lei, dottoressa?

  ORIA GARGANO, presidente della cooperativa sociale «BeFree». Faccio la presidente di BeFree.

  PRESIDENTE. E da dove viene?

  ORIA GARGANO, presidente della cooperativa sociale «BeFree». Vengo dal giornalismo. Sono laureata in Scienze Politiche, sono stata molto tempo giornalista alla Rai, poi negli anni '90 ho fatto una causa alla RAI, l'ho vinta, ma non mi sono fatta riassumere perché non mi piacevano le condizioni. In Pag. 27quel momento nasceva il primo centro antiviolenza di Roma e io ci andai a lavorare e ci sono stata fino al 2007, quando ho lasciato quell'Associazione per fare BeFree, pensando, insieme a molte socie, compagne e colleghe di lì, che probabilmente si deve fare questo tipo di attività in una maniera più pensata, più costantemente attualizzata, perché poi il contesto cambia. Cambiano gli strumenti, cambiano i linguaggi, cambiano anche – questa parola non mi piace – le vittime. Pensi, per esempio, alla tratta degli esseri umani, a cui io mi sono dedicata fin dagli inizi. Mi sono dedicata nel senso che ricevevo le vittime e che era inizialmente a danno di giovani donne geograficamente europee, perché venivano dall'Unione Sovietica, dall'Ucraina, dalla Romania, che non era ancora Europa, dall'Albania. Sono cambiate anche le questioni relative alla tratta, oggi non sono neanche più tanto nigeriane, come erano fino a qualche anno fa, ma arrivano da molte parti dell'Africa. Tutto questo si interfaccia con le vicende della politica internazionale, con i conflitti eccetera. Insomma è un bel lavoro comunque.

  PRESIDENTE. Grazie presidente. La presidente Gargano ci ha dato del materiale cartaceo, che adesso è in sede di revisione, ho chiesto di farcelo avere anche on-line, in modo che possiamo condividerlo con i colleghi e le colleghe che erano collegati. Io conto di venire a farle visita con i colleghi commissari. Lei sa che noi siamo promotrici di un accordo a livello nazionale con Coldiretti. A partire da gennaio ci saranno i prodotti Gentili che finanzieranno il tema della prevenzione, i centri antiviolenza, le borse di studio per gli orfani di femminicidio. Prego.

  ORIA GARGANO, presidente della cooperativa sociale «BeFree». Mi sono dimenticata che siamo anche nel progetto Airone finanziato dalla Fondazione Con i Bambini. Lei sa che ne hanno finanziati due in tutta Italia ed è specifico per gli orfani di femminicidio.
  Per me non è tanto importante mettere in fila tutto quello che facciamo, perché è molto e di alto livello; piuttosto mi interessa aprire dei canali perché quello che noi ci aspettiamo dal Governo, dal Parlamento sono una serie di azioni molto concrete. Non dico che non ce ne siano state finora, perché non potrei dirlo, ma decisamente c'è bisogno ancora. Dobbiamo capirci su che cosa intendiamo noi quando diciamo violenza contro le donne, quando diciamo strutture maschili e femminili. E mi consenta anche la parola patriarcato.

  PRESIDENTE. Io ringrazio la presidente per questa narrazione così puntuale nel verbo, se posso permettermi. Consideri quello che ho detto anche agli altri auditi, la Commissione ha tredici punti su cui lavorerà nelle prossime settimane, quindi questa audizione è il punto di partenza per un lavoro corale a cui tutti siamo chiamati necessariamente per cambiare le cose. Grazie presidente, grazie mille. Io ringrazio i commissari e le commissarie presenti anche on-line, dichiaro chiuse le sedute di audizione. Grazie, buonasera a tutti.

  La seduta termina alle 16.20.