Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3
Audizione di don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 3
Colosimo Chiara , Presidente ... 3
Salvitti Giorgio ... 3
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 3
Salvitti Giorgio ... 3
Colosimo Chiara , Presidente ... 4
De Corato Riccardo (FDI) ... 4
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 4
Colosimo Chiara , Presidente ... 8
Congedo Saverio (FDI) ... 8
Rando Vincenza ... 9
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 9
Colosimo Chiara , Presidente ... 10
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 10
Rastrelli Sergio ... 12
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 12
Rastrelli Sergio ... 12
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 12
Rastrelli Sergio ... 12
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 12
Rastrelli Sergio ... 12
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 13
Colosimo Chiara , Presidente ... 13
Sallemi Salvatore ... 13
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 13
Colosimo Chiara , Presidente ... 13
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 13
Colosimo Chiara , Presidente ... 13
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 13
Colosimo Chiara , Presidente ... 17
Cantalamessa Gianluca ... 17
Patriciello Maurizio , parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo ... 17
Colosimo Chiara , Presidente ... 18
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO
La seduta comincia alle 12.05.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera.
Audizione di don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano.
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi e, in tal caso, non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv.
Prima di dare la parola a don Maurizio, che ringrazio per la sua cortesia e per la sua disponibilità, voglio inquadrare questa audizione. Più volte ci siamo occupati di criminalità minorile, più volte ci siamo occupati di Campania, più volte ci siamo occupati di Caivano. Questa audizione secondo me – e ringrazio il senatore Salvitti per averla richiesta – si inserisce in due filoni della Commissione, sia quello relativo a cultura della legalità e minori, che stiamo seguendo e che abbiamo seguito anche con l'audizione scorsa di don Ciotti, sia quello che invece ci racconta di un modello che il Governo ha messo in campo in questo frangente che su quel territorio ha un impatto prioritario. Pertanto, dalla viva voce di don Maurizio, possiamo sentire che cosa funziona, che cosa non funziona e che cosa ancora c'è da fare.
Peraltro, l'audizione di oggi giunge dopo le ennesime minacce a don Maurizio, quindi è per noi motivo anche e soprattutto per dire fuori da qui a chi lo guarda che don Maurizio non è solo e che tutta la Commissione parlamentare antimafia è al suo fianco, anche fisicamente, laddove fosse necessario.
Grazie, don Maurizio. A lei la parola.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Vi ringrazio. Vi chiedo scusa, ma vorrei sapere da che cosa devo partire. Fatemi una domanda, passatemi la palla.
PRESIDENTE. Allora facciamo al contrario, partiamo dalle domande.
Do la parola al senatore Salvitti.
GIORGIO SALVITTI. Signor presidente, innanzitutto grazie per aver accolto la mia richiesta. Buongiorno, don Patriciello.
Premesso che lei stesso si definisce un prete di periferia...
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. No, questo è un errore. Io mi definisco un prete e basta.
GIORGIO SALVITTI. Allora ho un'informazione giornalistica sbagliata. Pensavo fosse una sua dichiarazione.Pag. 4
Un prete comunque al di sopra delle parti. Come giudica le misure e gli interventi strutturali adottati dal Governo per fronteggiare la situazione di degrado, marginalità sociale e devianza giovanile, soprattutto nel territorio di Caivano?
Questa è la mia domanda. Grazie.
PRESIDENTE. Propongo di far fare due interventi e poi do la parola per le risposte, così don Patriciello riesce ad argomentare meglio.
Do la parola all'onorevole De Corato.
RICCARDO DE CORATO. Grazie, don Patriciello, di essere qui in Commissione antimafia in un'audizione su Caivano. Peraltro, io sono stato relatore del provvedimento alla Camera dei deputati.
Don Patriciello, lei ritiene che nel processo di riqualificazione di Caivano debbano rientrare anche gli sgomberi delle case occupate da famiglie inserite o contigue a contesti di criminalità organizzata? E ritiene, ancora, aumentata la percezione di sicurezza a Caivano? Grazie.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Io ringrazio voi per le domande. Non so se tutti noi che siamo in questa aula oggi conosciamo davvero il contesto Caivano, un paese di 40 mila abitanti in provincia di Napoli, ai confini con la provincia di Caserta, che confina con Acerra, un paese terribilmente inquinato e di cui conosciamo le problematiche. In questo paese si è inserito, dopo il terremoto del 1980, questo quartiere, che per certi aspetti fa vita a sé, Parco Verde, e sarebbe la mia parrocchia. Io non sono parroco di Caivano, io sono parroco in Caivano, dove siamo sei parrocchie. Io sono parroco di questo quartiere.
Dobbiamo tenere presente una cosa, altrimenti rischieremmo di dire un sacco di «fesserie» e, chiedo scusa a tutti voi, ma anche voi rischiate di dire qualche cosa non del tutto esatta. Vorrei però pregarvi – se volete in ginocchio – di fare attenzione, perché una «fesseria» detta da questo luogo può costare la vita anche al sottoscritto. Penso che mai come in questi giorni può capitare qualche cosa di doloroso. Perché?
Dopo il terremoto del 1980 è stato costruito questo quartiere con i fondi della legge n. 219: il quartiere, un centro sportivo enorme, la chiesa, le scuole. I materiali per la costruzione di questi edifici erano pessimi; la gente li chiama «il cemento della camorra» e basta poco per rendersene conto. Se voi venite a Caivano, facciamo un giro e lo vediamo tutti quanti.
Le famiglie non sono di Caivano, per la maggior parte sono napoletane e vengono dai quartieri poveri. Famiglie povere dei quartieri poveri, Forcella, Pignasecca, Sanità, Quartieri Spagnoli, Miano, Pallonetto di Santa Lucia. Queste persone sono state prima messe insieme nei campi di container e poi portate a Caivano. Arrivate a Caivano, purtroppo – e dico purtroppo perché, guardate, questa per me è una croce da portare, perché da un lato io sono un uomo delle istituzioni, perché sono amico vostro, dall'altro lato sono amico loro, perché sono il parroco di quella gente – ci siamo resi conto che lo Stato se n'è lavato le mani. E questa cosa non la dico io, l'ha detta il presidente della regione De Luca l'anno scorso: a Caivano lo Stato non c'è, punto. Anche la Presidente del Consiglio quando è arrivata a Caivano ha detto: «È una zona franca, noi non vogliamo più che di zone franche ce ne siano in Italia».
Man mano che si va avanti, tante persone che erano assegnatarie delle case se ne sono andate, perché non volevano che i loro figli crescessero in quel luogo. Le case erano di proprietà del comune, non erano di proprietà della persona che andava via, che era assegnataria. Quando è arrivata la famiglia nuova in questa casa – attenzione, questa è una cosa importante – nessuno è stato cacciato fuori con la violenza o con la prepotenza. Nessuno. Nessuna famiglia se n'è andata perché un camorrista ha puntato la pistola. Nessuna. Le famiglie liberamente e volontariamente se ne sono andate; la casa era di proprietà del comune e doveva ritornare al comune. Invece, questa famiglia ha lasciato la sua casa per qualche «soldino» – non pensate chissà quali somme – a un vicino di casa, a un parente e si è Pag. 5creato in questi anni un mercato nero di queste case. Dov'è che doveva stare la strettoia? Quando la persona che ha preso possesso di questa casa è andata al comune a chiedere la residenza. Allora il comune avrebbe dovuto dire: «Signora, per amore di nostro Signore Gesù Cristo e per amore della sua famiglia, le dico che lei sta commettendo un illecito; lei sta in casa mia, perché la casa è la mia e se lei continua a chiedere la residenza io mi trovo costretto a doverla denunciare». Questo non c'è stato. Con somma vergogna abbiamo residenze... Da trent'anni a questa parte il comune ha rilasciato regolare residenza a queste persone. Con la residenza hanno avuto diritto alle utenze e quindi sono rimaste là. Sono entrate in una casa fatiscente, costruita con materiali... Io penso che tanta gente è morta e speriamo che il Signore li possa perdonare per lo scempio che hanno combinato. Speriamo che il Signore li possa veramente perdonare, perché tanti omicidi che sono avvenuti a Parco Verde se li portano sulla coscienza anche loro.
Le persone sono entrate in una casa che faceva pena, hanno speso tutto quello che avevano per rifare i pavimenti, i bagni, gli infissi, porte e finestre, e stanno lì. Ma stanno lì non da ieri, stanno lì da trent'anni. I figli che hanno 28, 27, 25 anni sono nati là.
Si va avanti, si va avanti piano piano. Scampia – noi siamo una propaggine di Scampia – viene messa sotto osservazione. Io scrivo per Avvenire e ho scritto in quegli anni che si sono spostati droga, droghieri e drogati. Con una differenza, però, signori miei: Scampia è molto ampia come territorio, mentre Parco Verde è piccolo, è un piccolo spazio. Bene, in questi anni qualcuno ha detto – non io, attenzione, io le cose le leggo, le vedo – che Parco Verde è diventato una delle più grandi piazze di spaccio d'Europa. È stato detto una volta, due, dieci, venti, trenta e allora uno chiede: «Scusatemi, ma se tutti voi sapete che è la più grande piazza di spaccio d'Europa, possibile che state ancora dormendo tutti quanti?». E tutti quanti lo dite, non vi dico quanti parlamentari, di tutti i colori. Io non conosco il vostro colore, ma nemmeno mi interessa, credetemi.
Voglio dire che davanti al mio altare è venuto a sedere Conte; Sandro Ruotolo si è seduto davanti al mio altare; la Carfagna è venuta davanti al mio altare; Renzi è venuto nella nostra diocesi. Perché? Perché chiedevamo aiuto. Che bisognava fare, scusatemi? Io ancora voglio illudermi di vivere in uno Stato democratico e civile. Mi voglio illudere fino alla morte.
Abbiamo chiesto aiuto, poi ci siamo resi conto che questo quartiere rientrava a pieno titolo in quello che era un discorso ancora più grave, che era la Terra dei fuochi, vi ricorderete tutta la battaglia della Terra dei fuochi. A pochi passi c'è uno STIR e di sera si avverte una puzza terribile, un fetore terribile che viene dall'immondizia, dagli pneumatici bruciati, e la gente non può respirare. Abbiamo avuto morti, abbiamo fatto funerali di bambini. L'ultima ragazzina nostra, Nunzia, vent'anni, mica è morta a Caivano, mica è morta a Napoli. No, è morta al Bambin Gesù. E prima di lei gli altri dove sono morti? Sono morti al Gaslini di Genova.
E noi abbiamo dovuto provvedere anche ai funerali. L'abbiamo gridato a tutti quanti, a tutti. Il colore politico non è stato mai un problema, almeno per me, mai un problema, mai. Scusatemi, se abbiamo un problema di questo tipo, ma chi è che lo deve risolvere? I soldi chi è che ce li ha? Chi è che li gestisce? Le decisioni chi è che le prende? Qualche volta siamo stati ascoltati, altre volte siamo stati illusi. E ci sono state le passerelle. Sapete quante passerelle ci sono state? E io sempre a dire che dovrà arrivare il momento in cui qualcuno verrà a fare una passerella un po' meno... Benissimo, siamo arrivati a questo: Parco Verde è la più grande piazza di spaccio d'Europa. Benissimo, anzi malissimo.
Nel 2021 il Presidente Mattarella accoglie alcuni nostri ragazzi al Quirinale. Arriviamo là, Adriano Police, un nostro giovane di diciotto anni, fuori al Quirinale dice: «Padre, che dovrò dire io al Presidente?». Dico io: «Lo domandi a me? Dì quello che vuoi, io ti ho accompagnato e ho fatto in modo che ti ricevesse». Ebbene, Pag. 6Adriano ha detto queste cose al Presidente, io l'ho visto con le lacrime agli occhi, quell'uomo. Ha detto: «Presidente, noi non vogliamo essere i primi, ma non vogliamo essere neanche gli ultimi. Ci siamo stancati di essere gli ultimi. Ma noi» – Adriano adesso è all'università, attenzione – «arriviamo sempre in ritardo. Io, per andare a scuola la mattina» – la scuola è nel Parco Verde – «devo passare attraverso cinque piazze di spaccio, una sotto casa mia, una all'angolo della strada, una fuori alla chiesa, un'altra più avanti, un'altra vicina alla scuola». Questo è uno dei nostri ragazzi. Tre di questi giovani sono diventati sacerdoti e oggi sono parroci. Tanti altri, con uno sforzo enorme, sono emigrati, grazie a Dio. Basta vederli salvi, fa niente. Stanno a Modena, stanno a Sassuolo, stanno a Reggio Emilia. Fa niente, fa niente. Pensate che alla mamma della piccola Fortuna, la bambina stuprata e lanciata dall'ottavo piano, ci ho messo la mano di nostro Signore Gesù Cristo per trovarle un posto a Reggio Emilia. Sapete chi gliel'ha trovato? Un mio confratello, don Matteo. Poi nessuno più.
Intanto si va avanti e che cosa facciamo? Ci arriva lo stupro della... Intanto, attenzione, il signore che gestiva questo centro sportivo enorme, con due piscine, un teatro, campi di pallacanestro, c'era di tutto, a un certo punto dà forfait, se ne va. Dice di non voler più gestire quel centro. Si chiamava Centro Delphinia. Quindi, questo centro ritorna a disposizione del comune. Nel giro di pochi mesi, signori miei, questo centro verrà distrutto, vandalizzato. Ma questo non è niente. Finché il centro fosse stato solamente distrutto, caro onorevole, forse io mi sarei stato pure zitto. Il fatto è che quel centro è diventato nel giro di pochi mesi un attrattore di immondizie tossiche. Quando mi sono reso conto che da fuori venivano i camion a scaricarci le immondizie tossiche, io mi sono detto: «Abbiamo fatto una battaglia così grande, se oggi abbiamo una legge sui reati ambientali lo dovete anche a quella gente, e adesso ci vengono a scaricare le immondizie». Quel centro rientra proprio nella mia parrocchia. E così comincio a chiedere aiuto a chi? Al sindaco. Ma poi sempre di più.
A un certo punto chiediamo aiuto a Striscia la notizia, viene Luca Abete e cominciamo a... Poi ci sarà lo stupro di queste due ragazzine, l'anno scorso. Arrivano i giornali, arrivano i giornalisti, siamo sempre in prima pagina: il degrado, il degrado, tutti quanti a gridare al degrado. Una sera ero disperato. Il messaggio che io mando il 25 agosto, alle 22, al Presidente del Consiglio, che in questo momento si chiama Giorgia Meloni, è il grido di un disperato. Non è un grido di speranza, è un grido disperato. Se volete, ve lo leggo. Volete? Benissimo. 25 agosto 2023, ore 22,41: «Giorgia» – mi prendo questa libertà, io non la conosco, non l'ho mai vista in vita mia, ma avevo la testa che mi girava – «ho il cuore lacerato. Questa ultima tragedia mi ha annichilito. Sono tutti ragazzini. Uno solo è maggiorenne. Vittime le femminucce, vittime anche i carnefici» – erano ragazzini pure loro, erano minorenni pure loro – «per favore, vieni!!! Facci sentire» – attenzione a quello che dico – «italiani, europei. Vieni a vedere come sopravvivono i dannati del Parco Verde. Vieni a portare lo Stato in questo quartiere che diventa sempre di più un ghetto. Dio ti benedica. Padre Maurizio Patriciello, parrocchia San Paolo Apostolo, Caivano». Non succede niente. Era il 25 agosto 2023.
Il 28 agosto, tre giorni dopo, scrivo: «Giorgia, che dici, vieni? Ti aspettiamo a braccia aperte. Dio ti benedica. Padre Maurizio». Arriva una risposta: «Ci provo, padre Maurizio». Questa è stata l'unica risposta. Il primo messaggio è partito il 25 agosto, il 31 agosto arriva questa risposta. Questa cosa dovrebbe fare onore a tutti quanti i parlamentari della nostra Italia, di qualsiasi colore, di qualsiasi movimento, di qualsiasi schieramento, perché per la prima volta un Presidente del Consiglio accoglie il grido di un parroco. Dopo otto giorni, cosa che secondo me, a memoria d'uomo, non è mai avvenuta, arriva a Caivano mezzo Governo. Siamo io, il vescovo e due miei confratelli a ricevere. Fuori ci stava tutto quella che ci stava. Io le dico queste parole: «Presidente, noi sappiamo fischiare e sappiamo applaudire. Però, per cortesia, noi siamo stanchi di applaudire. Per cortesia, Pag. 7prenditi i nostri applausi». Ha fatto delle promesse. La prima che ha mantenuto è stato questo centro sportivo. Se voi adesso arrivate a Caivano, ci sta un gioiellino, che è di proprietà dei Caivanesi. Non è mio. Io non andrò mai a nuotare là. Non è mio, sta là. Non è possibile, non è possibile, no!
Poi cominciano tante altre cose, e sapete molto bene quello che ci sta. Il comune è sciolto per la seconda volta per infiltrazione mafiosa. L'assessore, reo confesso, confessa di essersi seduto al tavolo con il boss. Scusatemi, abbiate pazienza, per cortesia, ragioniamo. L'amministrazione è in queste condizioni. Intanto c'è stata una cosa, e dire questa cosa mi fa... Non potete immaginare. In questo momento abbiamo a Caivano una compagnia dei carabinieri a cui dovete fare, per cortesia, un qualcosa. Non lo so che potete fare voi, un regalo, una targa. Quei carabinieri e il capitano Cavallo sono persone splendide. Non sempre è stato così. Ci sono stati degli anni in cui io neanche dei carabinieri mi sono fidato. Direte: perché? Signori miei, uno di questi carabinieri – avrete letto il suo nome sui giornali ultimamente – si chiama Lazzaro Cioffi, detto «Marcolino». Lui veniva da anni nel Parco Verde. Quando arrivavano i carabinieri, io dicevo: arrivano i nostri; ragazzi, dovete crederci. Se non crediamo a loro, a chi crediamo? E dalle finestre ogni tanto una signora mi diceva: «Padre Maurizio, io vedo delle cose strane, io vedo che i carabinieri arrivano e quello gli dà la mano a quello là». Io pensavo – voi state ascoltando il più stupido prete del mondo – fra me e me: ma forse sarà una strategia per arrivare a conoscere dei segreti. A un certo punto andiamo a leggere sui giornali che Lazzaro Cioffi, detto «Marcolino», viene arrestato. Lui era il complice del boss del Parco Verde. E questo era un carabiniere, adesso implicato nell'omicidio di Angelo Vassallo. Addirittura qualche giornale dice che sarebbe stato il killer... Veramente, il Signore ci liberi. Questo era un carabiniere. Dall'altro lato, la politica locale per la seconda volta sciolta per mafia. E io sempre là dentro, a pagare le bollette alla gente che non le può pagare, a dare da mangiare a qualcuno che veramente fa la fame, a pagare le tasse universitarie di qualcuno che si è voluto iscrivere all'università. Ma non ce la possiamo fare. La chiesa funziona perfettamente, ma intorno c'è tanto degrado.
Mettono, poi, una bomba fuori la parrocchia e io finisco sotto scorta. Due anni fa, Parco Verde, messa di mezzanotte. Io sotto scorta. Messa di mezzanotte, il Parco Verde è al buio, per una settimana, completamente al buio. Vengo preso dal panico. Vado dal sindaco e dico: «Sapete che a mezzanotte da noi si sparano i fuochi d'artificio, c'è la messa di mezzanotte e arriva tanta gente in chiesa. Il Parco è al buio e io sono sotto scorta. Se qualcuno veramente mi vuole fare male, questa è la notte. Non mi mettete le lucine» ho detto «non le vogliamo le lucine di Natale. Mettetele al centro storico. Accendete mille luci». Niente da fare. Quella notte abbiamo celebrato la messa di Natale con il Parco Verde al buio.
Qualcosa sta avvenendo. A qualcuno non piace, a qualcuno piace. Qualcuno stiracchia di qua, qualcun altro stiracchia di là. Si dicono un sacco di bugie.
Siamo arrivati ai giorni nostri. In questi anni queste case sono state occupate da 252 famiglie. Il 7 febbraio arriva, veramente come una mannaia, una nota della procura della Repubblica di Napoli Nord: entro il 7 marzo queste famiglie debbono andare fuori. 250 famiglie. Ho detto subito: se vanno sotto i ponti loro, devo andare sotto i ponti pure io. Abbiate pazienza. Che debbo fare? Grazie a Dio, il Padreterno, nel quale io continuo a credere, ci ha fatto una grazia grossa, troppo grossa: ci ha mandato il prefetto Michele Di Bari. Io non oso immaginare che cosa sarebbe successo se in prefettura a Napoli oggi non sedesse questo signore che si chiama Michele Di Bari. È arrivato al Parco Verde e ha cominciato un dialogo con questa gente. Erano tutti quanti arrabbiati in chiesa. Io sono stato accanto a lui. La prima cosa che ha detto – parole che ha mantenuto, attenzione – è stata: «Non vi preoccupate, il 7 marzo nessuno di voi finirà sotto i ponti. Quindi, per adesso state sereni». Eravamo in inverno, faceva un freddo che si moriva.Pag. 8
La seconda cosa che ha detto è stata: «Sarà valutato caso per caso, quindi non più questo calderone». Loro hanno valutato, non io, la procura ha valutato, non io, e si è deciso di mettere fuori solamente trentasei famiglie che hanno problemi con la legge. Quindi, siamo nel campo penale, adesso. Non siamo più in un campo amministrativo. Siamo in un campo penale. È bastata questa cosa qua per farmi mettere in croce. Voi state parlando, in questo momento, con una persona che sta veramente in croce. Sono arrivati 1.200 poliziotti e carabinieri, hanno presidiato la chiesa. Io ho dovuto sottostare non agli ordini, ma ai consigli delle forze dell'ordine che mi dicevano di fare attenzione e di tenere il cancello chiuso. Questo mi ha procurato la nomea di aver chiuso la chiesa alla gente che moriva di freddo. Niente di tutto questo è vero. Tante di quelle famiglie non avevano bisogno. Certamente, attenzione, tra queste trentasei famiglie ci sarà pure qualcuno che ha sbagliato in passato e che stava faticosamente riprendendosi. Ci sono bambini e questa è una pena che veramente fa male al cuore. È una tragedia.
Sono arrivati subito, come gli avvoltoi, la destra e la sinistra. Avete visto che c'è stata una foto con queste donne con le coperte, con una bandiera rossa con il simbolo «falce e martello». Secondo me, i fratelli che hanno fatto questa cosa hanno commesso un errore gravissimo, perché hanno fatto di un problema un problema di parte. Un problema umanitario non è mai un problema di parte. I fratelli che hanno messo addosso a quelle persone quella bandiera rossa con la falce e il martello hanno commesso un errore strategico immenso dal punto di vista politico, dal punto di vista umanitario, dal punto di vista esistenziale. Hanno reso un pessimo servizio, perché questa tragedia non va stiracchiata. Questa è una tragedia, è veramente una tragedia.
Per gli altri, invece, che non sono stati cacciati fuori, cosa è previsto, signori belli? Primo: questa gente che vive da sempre con la spada di Damocle sulla testa sarà finalmente sanata. Finalmente potranno stare in quella casa senza il patema d'animo che qualcuno li butti fuori. Secondo: sono stati stanziati dei fondi per migliorare questo ambiente, sono due. Almeno da un anno a questa parte la più grande piazza di spaccio d'Europa non funziona. Capite subito coloro che di questo pane vivevano quanto mi vogliono bene.
La situazione adesso al Parco Verde è questa.
PRESIDENTE. Grazie, don Maurizio.
Lei ha detto di essere in croce. Io aggiungo che, purtroppo, al netto di quelle minacce che sono state rese pubbliche, le minacce sono quotidiane e questo ci deve far interrogare su come il chiedere aiuto non possa diventare motivo per essere esposti in questa maniera, né a Caivano né a Parco Verde né in nessun altro posto.
Ho iscritti a parlare l'onorevole Congedo, la senatrice Rando, i senatori Rastrelli e Sallemi. Ascoltiamo i primi due e risponde, poi gli altri due.
SAVERIO CONGEDO. Signor presidente, ringrazio padre Maurizio per questa testimonianza molto toccante, ma anche per l'attività che svolge al Parco Verde di Caivano, per l'esempio che dà a tutti. Lei ha detto che è un grido di disperazione che noi leggiamo anche come un urlo di speranza.
Nel suo intervento lei ha citato due esempi che hanno coinvolto i ragazzi di Parco Verde. Uno riguardava l'incontro con il Presidente Mattarella e l'altro uno dei tanti episodi di cronaca nera che riguardava lo stupro delle ragazzine fatto da ragazzi minorenni. Sappiamo benissimo, anche per il messaggio che ci ha lasciato Paolo Borsellino, quanto sia importante l'attività nei confronti dei giovani, soprattutto in termini di cultura e istruzione, come vera arma per contrastare mafia, camorra e criminalità organizzata.
Nel provvedimento che questo Governo ha voluto per Caivano ha puntato molto sui giovani, con progetti, ristrutturazione del parco, infrastrutture, con l'organizzazione di provvedimenti legati alla cittadinanza attiva, quindi finalizzati anche alla cultura. Le volevo chiedere se stanno funzionando. Nei giovani questo messaggio di trasparenza,Pag. 9 di legalità come forma di emancipazione, di sollevazione, di ascensore sociale, di contrasto all'illegalità diffusa e di contrasto alla criminalità organizzata sta realmente funzionando? Soprattutto, questo messaggio è stato recepito dai più giovani di Parco Verde e, più in generale, di Caivano?
VINCENZA RANDO. Signor presidente, ringrazio don Patriciello, che ho ascoltato con interesse. Ho sempre seguito, anche per mie altre funzioni, l'attività che ha fatto e che sempre ha fatto anche in quel territorio. Lo ringrazio anche per aver avuto sempre il coraggio di alzare la voce, per avere sempre denunciato. Di questo gliene dà atto tutto il Paese.
Rispetto al quadro che ci ha fatto, purtroppo in questo nostro Paese esistono tanti «Caivano», tanti «Parco Verde». Il nostro Paese ha diverse problematiche. Quindi, il fatto che si sia agito in quel territorio è assolutamente un dato positivo, non ci sono dubbi. Si deve partire. Dentro la Commissione antimafia abbiamo istituito il Comitato cultura della legalità e protezione dei minori, che sta lavorando per porre centralità sul tema dei minori. Si sta lavorando per un protocollo che si chiama «Liberi di scegliere» – lei magari lo conosce, sicuramente ne è stato informato – che agisce non solo per quello che si è fatto, sicuramente più scuola, più servizi sociali, più luoghi di incontro, e quello che si sta facendo a Caivano è un modello positivo. Io sono d'accordo quando lei dice che non ci sono colori. Magari sono venuti tutti, ma se qualcuno è venuto e ha fatto delle cose merita un plauso.
Si può anche ragionare sulle modalità, però sono assolutamente d'accordo con lei quando dice che bisogna esserci in quei territori e bisogna fare le cose. Il primo segnale è fare le cose.
Con questo disegno di legge che stiamo cercando di fare si lavora sui minori. È vero che in quei territori si possono creare strumenti, strutture per accogliere, ma ci sono situazioni in cui, forse, in alcuni momenti, senza mai generalizzare, i minori e anche le donne che stanno alzando la testa dentro le famiglie mafiose, in particolare, forse bisognerebbe anche avere il coraggio di allontanarli da quei territori. Io sono contro l'allontanamento, perché si dovrebbero allontanare i mafiosi dai territori e non le persone, ma ci sono momenti in cui, proprio per dare la possibilità di avere una cultura che li porti a scegliere e ad avere il coraggio di rompere quei contesti, forse è necessario. Questo Comitato sta lavorando anche su questo.
Le chiedo intanto se conosce il progetto e anche la sua visione e cosa ne pensa.
Un'altra domanda riguarda il tribunale per i minorenni, che è un luogo importante per capire e dare la fotografia di quello che succede, non solo sulla tipologia dei reati: c'è una relazione con il territorio? O è sempre visto solo come repressione? Il tribunale per i minorenni fa anche prevenzione con i provvedimenti amministrativi.
Inoltre, dopo questi interventi, lei vede che l'istituzione scolastica ha una partecipazione diversa? Poi ci possono essere anche istituti, considerato che si tratta di un luogo particolarmente ampio, che magari hanno fatto il loro lavoro. Ma vorrei sapere se si intreccia con il territorio. Anche l'associazionismo. Mi interessa capire dal suo sguardo come opera in quel territorio, se lavora insieme o se sono settori che lavorano divisi, se c'è un «noi» in quel territorio che, insieme a queste azioni che stanno promuovendo lo Stato e la Chiesa, perché lei, comunque, è una voce della Chiesa, anche se è una voce civile, porta avanti questo sentire comune.
Grazie.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. In un microcosmo come è adesso Parco Verde, questo quartiere un po' isolato dal resto di Caivano... A Caivano è stato fatto un convegno, il cui titolo già dice tutto e che per me è stata una ferita al cuore. Mentre noi stavamo tentando faticosamente di riportare questo quartiere alla normalità, è stato fatto questo convegno – io li capisco, però non condivido – dal titolo «L'altra Caivano». C'è un'altra Caivano. Tante persone a Caivano, anche professionisti, si sentono quasi offese da questo «modello Caivano». Io l'ho sempre Pag. 10visto come la locomotiva di un treno che si trascina dietro le carrozze. Almeno così mi sembrava di capire. Loro l'hanno visto quasi come una vergogna di fronte all'Italia. Per me la vergogna è un'amministrazione comunale che viene sciolta per mafia per la seconda volta consecutiva, non che si sappia. La vergogna non è che si sappia, ma che avvenga. Il problema è che avvenga, non che si sappia.
Dovete sapere una cosa. Quando si parla di mafia e di camorra, non sono l'ultimo arrivato, qualcosa so, qualcuno l'ho incontrato, qualche libro l'ho letto.
PRESIDENTE. L'abbiamo vista anche in foto con don Peppe Diana.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Sì. Quella foto la dice lunga: il Papa è arrivato, io sto tutto sbracciato ad applaudire, ma Peppe non applaude. È terribile. Era molto avanti a noi. Io ero tutto entusiasta: il Papa, il Papa. Lui, invece, sta così, a guardare, a dire quasi: «Vediamo il Papa che ci dice». Questo è Peppe. Non so se lo sapete, io sono stato uno dei primi ad arrivare là, quando è stato ucciso. Quell'immagine di Peppe morto a terra mi accompagnerà fino alla morte. Chiudiamo la parentesi.
C'è la grande mafia adesso. Non ci vuole tanto per capire che la mafia non vuole ammazzare, la camorra non vuole uccidere. La camorra vuole i soldi. Datele i soldi e quella campa cent'anni. Vuole i soldi. Quando uccide, uccide solamente perché è costretta a farlo. C'è stato un libro di Daniela De Crescenzo, intitolato «Il Narcos», non so se l'avete letto, su Raffaele Imperiale, questo cinquantenne che parte da Castellammare e arriva in Olanda e poi negli Emirati Arabi, che muove miliardi di euro. Una cosa impressionante. Ebbene, dovete sapere che a Scampia neanche si sapeva che dietro il clan Di Lauro, dietro gli Scissionisti c'era Raffaele Imperiale. Nessuno lo sapeva. Nessuno sapeva che c'era lui dietro le tonnellate di droga che arrivavano. Si va scendendo, scendendo, scendendo e si arriva a quella che tecnicamente noi chiamiamo la manovalanza, che per gli esperti ha poca importanza, ma vi assicuro che non è così per i residenti. Anche per me non è così.
Vi chiedo scusa se mi prendo qualche minuto, altrimenti non si capisce. Domenica è venuto il vescovo in parrocchia. Io ho celebrato e lui stava là. Gli ho detto così, ma proprio per farmi capire: «Eccellenza, faccia una cosa, si metta sulla soglia della chiesa, senza muoversi, resti là fermo e guardi davanti a sé. Davanti al cancello della chiesa domenica a mezzogiorno viene ucciso Antonio Fischetti con un colpo di pistola. È appena iniziata la messa, quando sento uno sparo. E rimane così, non si accascia neanche sul volante. Rimane così. Pensate che per coprirlo gli abbiamo messo una tovaglia d'altare sulla macchina. Più avanti, dove c'è il bar, viene ucciso Enrico Solimene, un papà di venticinque anni. Siamo ancora fermi sulla soglia della chiesa. Dietro viene ucciso Vincenzo Sinno, trentanove anni. Poiché insieme a lui c'è un altro giovane di ventidue anni, viene ucciso anche lui, vittima innocente. Guardando a destra, dove c'è il primo pino, è stato ucciso il vecchio boss, Vincenzo Mele. Più avanti sarà ucciso Gennaro Amaro». Questo senza spostarmi dalla porta della chiesa. Vi rendete conto o no? E potrei continuare con la lista, non finisce mai.
Voi sapete che quando succede una tragedia, si provvede a dare un supporto psicologico ai ragazzi. Questi ragazzini non hanno mai avuto un supporto. Quanti ragazzini hanno assistito a questi scempi? Quanti? E io stavo là con loro. Quanti? E come sono venuti? C'è stata la grande industria della droga, ma la grande industria della droga ha bisogno della manovalanza. Un ragazzino, se non ha voglia di studiare, se vive in una casa piccola e stretta, se i «soldini» in casa non ci sono, in quel modo comincia a guadagnare qualche cosa, che gli fa comprare la collana d'oro, gli fa comprare lo scooter, gli fa comprare quelle maledette scarpe, per cui è stato ucciso Santo Romano, da 400-500 euro. Per quel ragazzino tutto quello che farete dopo sarà tutto inutile. Voi non lo Pag. 11prenderete mai più, mai più! Toglietevelo dalla testa.
Ricordo che chiamò il Ministro Santanchè per dire che voleva fare qualcosa. Io le dissi: «Senta una cosa, Ministro, venga qua, si prenda questi ragazzini». Lei disse: «Noi abbiamo dato un aiuto all'istituto superiore “Francesco Morano”». Io risposi: «Per l'amor del cielo, ci mancherebbe altro, però, attenzione, tanti di questi ragazzini là non ci arriveranno mai». Capite o no? Non ci arriveranno proprio all'istituto superiore. Quindi, dobbiamo arrivare. Le dissi: «Faccia una cosa, venga qua, se li prenda e se li porti in giro per l'Italia, insieme a lei, Ministro. Alcuni di loro non sono mai usciti dal Parco Verde».
Vi racconto una cosa. Sono antipatico, sono prolisso, lo so. Un giorno arrivano due ragazzi, uno di loro ha una collana d'oro. Gli dico: «Ragazzi, ma questo è oro o finto oro?» Lui dice: «No, è finto». Gli dico: «Fai attenzione, perché qualcuno magari te la potrebbe scippare e nel farlo ti potrebbe anche fare male». La mia preoccupazione era che si facesse male questo ragazzo. L'altro mi dice: «Padre Maurì, allora a me c'anna fà, m'anna taglià a mano?». Ossia: allora a me cosa devono fare, mi devono tagliare la mano? Gli chiedo: «Perché ti devono tagliare la mano?» Mi mostra l'orologio e dice: «32». Io dico: «32 che cosa?» Era un orologio da 32 mila euro. Questa è la realtà. Questo ragazzo non lo «acchiapperai» mai più. Non ce la farai.
Abbiamo fatto il comitato ordine e sicurezza, insieme al prefetto, quando è stato ucciso Santo Romano a San Sebastiano. Un signore di quelli, tutte personalità di eccellenza, dice: «Io propongo di lasciare le chiese aperte fino a mezzanotte». Io dico: «Dottore, guardate, io la posso pure lasciare aperta, intanto quel ragazzino di quindici anni, Emanuele Tufano, è stato ucciso alle due di notte, quindi avrei già chiuso la chiesa due ore prima; comunque, la posso pure tenere aperta fino a mezzanotte, vi assicuro che dico il rosario io, insieme al sacrestano, ma poiché il sacrestano non lo tengo, me lo dico solo io il rosario». Vi sembra una proposta da fare? No. Un altro dice: «Dispersione scolastica, apriamo le scuole anche di pomeriggio». Io dico: scusatemi, io sono figlio di genitori analfabeti, ma se questi ragazzi già non vanno a scuola la mattina, ci vanno il pomeriggio? Bravissimo. Allora, questo progetto lo facciamo per gli insegnanti o lo facciamo per i bambini? Diciamoci la verità una volta per sempre: se non viene di mattina non penso che sarà così interessato a venire, o no? Tutto questo che cosa fa capire? Fa capire che la questione è molto più complessa. Questo bambino è inserito in una famiglia. Io non so se sia vero o no, ma quando uno dei ragazzini di 15 anni è stato ucciso i genitori quella notte non erano in casa, almeno così sembra. Dobbiamo aiutare il ragazzino, ma accanto alla famiglia. Attenzione. Un litro di latte non si ha da nessuno. Questo ve lo assicuro. Posso dirlo davanti alla croce di nostro Signore Gesù Cristo. Non c'è una persona che ti dia un aiuto.
Dopodiché, se togliamo questi ragazzini e li mettiamo in casa famiglia, siamo disposti a pagare milioni per le case famiglia. C'è l'imbroglio. Signori, c'è l'imbroglio. La gente ha capito. Ed ecco qua la paura. La gente ha paura. Ha paura degli assistenti sociali. «Mi levano i figli». Questa gente sarà tutto quello che volete voi, ma ai figli ci tengono. Andiamo incontro a queste persone, diamo loro una possibilità.
Anche i delinquenti, guardate. Ci sono alcuni che vogliono delinquere e con quelli bisogna essere spietatamente severi, le leggi debbono essere rispettate fino all'ultimo, i buonisti non mi piacciono. Ci sono coloro che sono stati costretti a delinquere, signora mia. Con quelli là noi ci portiamo uno scrupolo di coscienza tutti quanti. Siamo andati incontro? Sono stato l'altro giorno, sempre a Roma, al convegno che hanno tenuto gli industriali cattolici con il presidente Galletti, che quando era Ministro dell'ambiente è venuto due volte anche lui in parrocchia da me.
Noi a Caivano abbiamo un polo industriale, che è il vanto della regione, uno dei più importanti poli industriali d'Italia. Questi vostri colleghi, cari industriali, non si sono mai accorti che accanto a questo polo Pag. 12industriale c'era Parco Verde che era un ghetto. Mentre loro si vantavano delle loro industrie e ci mandavano i fetori – noi del polo industriale sentiamo solamente i fetori, solo quelli –, qui un'altra industria andava crescendo: l'industria della droga. Ma loro non se ne sono mai accorti.
Per cortesia, possiamo mettere insieme queste due cose? Questo è quello che la gente vede. Quando la gente si rende conto che un aiuto arriva, ma arriva per davvero... Quante persone avremmo potuto salvare. Ce la possiamo fare ancora? Sì. In ultima analisi, là dove c'è veramente il mafioso che sta già crescendo un figlio mafioso, forse bisogna aprire bene gli occhi. Io vedrei anche, proprio in ultima analisi, anche il poterli allontanare dalla famiglia. Sennò questa serpe che si morde la coda non avrà mai fine. Prima di arrivare a questo, signori miei, veramente abbiamo fatto tutto, ma proprio tutto? Se non abbiamo fatto tutto, sarebbe per noi un lavarci la coscienza, un lavarci il viso e per loro sarebbe un motivo per arrabbiarsi ancora di più.
SERGIO RASTRELLI. Don Maurizio, non posso esimermi dal ringraziarla per la franchezza delle sue parole, tuttavia ho qualche riserva. Comprendo che noi si finisca con il sovraesporla ulteriormente. Comprendo sia molto gravoso essere assurto a uomo simbolo, a uomo della legalità, a uomo che è riuscito, forse, a risvegliare il valore profondo della missione sociale della chiesa. Quindi, devo necessariamente, per porle una questione, tornare a quella notte disperata del 25 agosto. «Per quanto disperato sia, mi affido sempre ancora alla speranza», diceva un vecchio poeta. Lei, in quel momento, ha creato una frattura sociale all'interno del territorio, perché da quella notte del 25 agosto c'era un prima e c'è un dopo.
Per effetto di quello che è successo dopo, e ricordo che è passato soltanto un anno e quanto è stato denso di accadimenti questo anno, soprattutto rapportato con lo scempio degli anni, dei decenni precedenti, rispetto a questo prima e a questo dopo lei si è trovato sovraesposto, sino a essere definito – non vorrei sbagliarmi – fascista, omofobo...
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. «Pippo Baudo con la frangetta».
SERGIO RASTRELLI. «Pippo Baudo con la frangetta» e altro. Sovraesposto, però, perché lei, involontariamente, è divenuto il terminale delle doglianze, anche di natura politica, per il solo fatto di aver chiamato non un presidente di un partito, ma il Presidente del Consiglio.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Era quello che c'era.
SERGIO RASTRELLI. Con la differenza che quello che c'era le ha dato risposta.
Quello che per noi rileva è che intorno a questo tentativo di rinascimento sociale per Caivano, il «dopo», noi abbiamo immaginato di creare un modello fatto non soltanto di interventi normativi, di sostegno finanziario, di appoggio istituzionale, ma di creare un modello per scardinare quelle che sono state definite le tante «Caivano» d'Italia, partendo dal suo territorio.
Uno dei profeti assoluti, Saviano, ha avuto il coraggio, l'azzardo di dire che il modello Caivano è stato un fallimento. Credo che a lei tocchi una risposta a questa affermazione.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Mi sembra che ci sia stata.
SERGIO RASTRELLI. Sì, ma io vorrei che lei la ribadisse in questa sede. Questa è una sede istituzionale, in cui tutto quello che facciamo e tutto quello che viene detto ha un peso anche per chi rappresenta il popolo italiano all'interno del Parlamento, soprattutto sapendo che la risposta non è soltanto quella che è giunta sinora, ma è quella che verrà nel corso del tempo sempre più suffragata dai fatti.
Grazie.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Se vuole la risposta, ora la trovo. Vi ricordate che giorno era?
PRESIDENTE. Mentre la cerca, faccio fare l'altra domanda.
SALVATORE SALLEMI. Signor presidente, la ringrazio.
Don Maurizio, io sarò breve, perché il collega Rastrelli in parte ha colmato la mia esigenza di sapere, anche emotivamente, quello che lei ha provato da uomo prima e poi da rappresentante di un'istituzione, che è la chiesa, in un territorio difficile come quello di Caivano. Ha dovuto ascoltare parole anche pesanti. Lo diceva poco fa il collega Rastrelli. Qualcuno lo ha definito fascista. Lei stesso ha detto che manca solo che la definiscano pedofilo. Nello specifico, una importante istituzione della regione Campania – è vero, ha detto che non c'era mai stato lo Stato a Caivano – ha anche detto che lei era il «Pippo Baudo» della zona nord di Napoli.
Questa è la seconda volta che la ascolto, don Maurizio. La prima volta l'ho ascoltata quando noi lavoravamo al DL Caivano. Ho avuto modo di ascoltarla al Senato della Repubblica. Ricordo anche un senso di sconforto. Non mi fraintenda: lei ha sempre manifestato un grandissimo coraggio e lo manifesta in ogni singola frase che pronuncia, in questa sede e in altre sedi. Però notavo, in quel momento, un senso di sconforto nel dire: «Per me un ragazzo che deve attraversare cinque piazze di spaccio se non lo recupero alla prima non lo posso più recuperare». Quello che mi ha colpito è stato il grido di dolore nel dire: «Aiutatemi, perché da solo io oltre non posso andare, sono un uomo e come tale devo comportarmi».
Quello che voglio chiederle è questo: quanto hanno ferito queste frasi, queste allusioni, questi concetti detti nei suoi confronti? Quanto hanno colpito l'uomo? Questa è una curiosità che mi pongo. Le chiedo se ha voglia di rispondere, con estrema serenità. Personalmente mi hanno molto colpito, per quanto mi riguarda. Volevo capire che segno avessero lasciato, se l'hanno lasciato, nella sua intima percezione.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. A livello personale mi hanno colpito tantissimo. Quando ho visto quel video, quasi stentavo a crederci, D'altronde, con l'onorevole De Luca non dico che eravamo amici, però ci siamo incontrati tante volte, abbiamo dialogato tante volte. Lui mi conosce molto bene. Quindi, non me l'aspettavo proprio, assolutamente.
Io vivo sotto scorta, e anche qua dobbiamo capirci. È vero che i due fratelli che stanno giù devono tutelare me, ma è altrettanto vero che anch'io devo tutelare loro. In questi giorni ho tenuto la chiesa chiusa, perché mi è stato consigliato di farlo. Queste sono persone che stanno lavorando, hanno famiglia. Ma non scherziamo, neanche per ipotesi. Adesso che ne ho quattro fissi, siamo diventati amici, ci vogliamo bene. Così sta dando ai camorristi di Parco Verde la possibilità di mettermi alla berlina, perché il discorso funziona così. Qualcuno potrà dire: ma allora non è vero niente. Tant'è vero che qualcuno ha cominciato a dire: «Ma quale bomba, era un petardo fuori al cancello». Questo nonostante la persona che ha messo la bomba fuori al cancello della parrocchia abbia confessato, abbia detto tranquillamente: «Ce l'ho messa io». Delle cose veramente assurde.
PRESIDENTE. Perché, tornando indietro nel tempo, non vuole raccontare altri fatti, peraltro.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Lasciamo stare quella persona. Comunque, se vuole, lo possiamo anche fare.
PRESIDENTE. Lo dico perché resti agli atti. Non è l'unico episodio intimidatorio che ha subìto.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Onorevole, quello che lei dice è verissimo. Pag. 14Io sono andato in seminario a trent'anni, sono nato in una famiglia cattolica, sono stato battezzato da bambino, ma quando avevo diciannove anni ho dato un calcio alla Chiesa e sono andato per conto mio. Ho detto: «Questa Chiesa non ha niente da dirmi, niente da darmi». E sono andato per conto mio. Sono un capo reparto di ospedale. Ho lavorato in ospedale per dieci anni, avevo il posto fisso nel mio paese. Io sono di Frattaminore e lavoravo a Frattamaggiore. Un giorno ho dato un passaggio a un frate ed è nata tutta una storia, davvero molto bella. Io per anni mi sono difeso, onorevole, da quello che poteva essere un impegno sociale, perché io ragionavo così: fatemi fare il prete. Io sono diventato prete a trentacinque anni, fatemi fare il prete, per cortesia. E quando è cominciata la battaglia per la Terra dei fuochi, un parlamentare, volendomi fare un complimento, disse: «Ci vorrebbero cento padre Maurizio». Io ho sempre risposto così: «No, fratello bello mio, tu stai sbagliando, non ci vorrebbe nessun padre Maurizio, perché ci sei tu». Poi, proprio per essere compreso, anche perché questo incontro si teneva in tante chiese, ho detto: «Io ogni giorno guadagno 33 euro, tu quanto guadagni? Abbi pazienza, adesso! E io quei 33 euro li spendo di benzina, per andare in giro». Non c'è un giorno in cui non sto in una scuola. Adesso la benzina non la pago perché sono sotto scorta, ma prima me la pagavo io la benzina e dalla scuola non mi è mai arrivato neanche un buono benzina di 10 euro.
Io ci credo in quello che stiamo facendo, ma lo dobbiamo fare insieme. Mi dicono: «Sei diventato un simbolo». Io aggiungo: mio malgrado. C'è un verso del Vangelo che in questi giorni mi sto ripetendo 50 mila volte al giorno per andare avanti, che dice così: «se il chicco di grano caduto in terra non muore, non marcisce, la spiga non nasce». Io penso che in questo momento in Italia stia nascendo una spiga, ma c'è bisogno di un chicco che muore. Bene, se questo chicco dovrò essere io, Dio sia benedetto, abbasso la testa e accolgo la volontà di Dio. Dico «muore» nel senso di mortificazione, umiliazione, giornali, tutto quello che volete voi. Sono fatti che non mi riguardano. Però, se da questo chicco che muore dovesse veramente nascere una spiga, Dio sia benedetto. Io non ho figli, non ho moglie, i miei genitori, grazie a Dio, già stanno con il Padreterno. Quindi, la mia vita è questa.
Mi viene detto: «Che cosa bisogna fare? Tu sei sovraesposto». Guardate, a me gli eroi non piacciono, non mi piacciono neanche i santi martiri. Il mio santo protettore, Maurizio, è un santo martire, a me i santi martiri non piacciono. Per quale motivo? Perché dietro a ogni martire si nasconde un assassino. Scusatemi, io non vorrei morire martire, perché non vorrei che la mia vita fosse legata per l'eternità a uno che si è macchiato le mani del mio sangue innocente. Vorrei morire serenamente, nel letto mio, con la corona in mano e con il crocifisso sul petto a centouno anni, se mi danno la possibilità di farlo. Però, signori belli, se qui nessuno si fa avanti?
Quando sono andato a Bruxelles, ho guardato quel palazzo e ho detto ad Antonio Marfella, lei lo conosce, il nostro oncologo: «Antonio, ma questa gente che ne sa della Terra dei fuochi? Ma che volete che sappiano questi». Pensate che, arrivato a Bruxelles, si avvicina un signore sconosciuto e mi dice: «Sono il segretario dell'onorevole Tizio, se ha bisogno di qualcosa...». Io dico: «No, siamo arrivati fino a qua e non abbiamo avuto bisogno di niente, ora dovremmo avere bisogno di lei? Non ti sei mai fatto vedere, adesso che siamo nella piazza di Bruxelles ho bisogno di te per arrivare al palazzo?». Signori, io non mi illudo. Noi questi siamo. A me la visione cristiana della vita, onorevole, ha dato veramente la weltanschauung, dicono i tedeschi, la visione della vita. Io lo so. Noi siamo capaci con Dio di fare cose bellissime, senza Dio siamo capaci di fare cose orribili. Ieri ho celebrato il trigesimo di Santo Romano. La mamma mi ha chiesto di celebrarlo. C'erano più di mille giovani. Mille giovani! E io sapevo che dovevo parlare a loro nella nostra madre lingua napoletana, perché ci dovevamo capire. Ho detto: «La vogliono uccidere una seconda Pag. 15volta questa creatura». Se questa morte è stata una morte inutile, lo abbiamo ucciso una seconda volta. Diamo importanza a questa morte.
Lei, onorevole, ha ragione. Veramente, io lo so. Lei ha ragione, perché è così. Ci sta poco da fare. Ma di fatto, se non fosse stato questo parroco di Parco Verde ad alzare la voce, nessuno... Ma questo non è niente. Chiara l'avrebbe voluto, adesso la accontentiamo. Prima del 17 ottobre 2012 don Maurizio Patriciello era uno sconosciuto parroco di un quartiere che nessuno si sognava di venire a visitare, periferia della periferia di Napoli. Caivano è l'ultimo paese della provincia di Napoli. Cominciamo questa battaglia per la Terra dei fuochi. Mi viene detto: «Perché hai cominciato la battaglia per la Terra dei fuochi?». «Perché non si poteva respirare più». Io c'ho le suore spagnole e una suora spagnola un po' anziana una sera è arrivata in parrocchia con il fazzoletto. Io le ho detto: «Suor Faustina, domani ti faccio il biglietto e te ne torni in Spagna, io qua non ti voglio più». Lei mi ha detto: «Io di qua non me ne vado». Anche là, non è stato lo studio teorico che ha portato, è stato il fatto di dire: ma in che mondo viviamo? Io mi rifiuto di credere che questa è l'Italia. Io non la metto mai la mano sul cuore quando vado nelle scuole e cantano l'inno. Non me la metto mai, la faccio mettere agli altri. Io mi rifiuto di credere che questa è l'Italia. Allora, ho pensato: facciamo qualche cosa. Così cominciamo il dialogo con la prefettura. All'epoca il prefetto era Andrea De Martino. Io sto proprio a cavallo tra le due province di Napoli e Caserta. Un giorno mi vengono a chiamare. Io sto a Caivano, in provincia di Napoli, faccio quattro passi e sto a Orta, in provincia di Caserta. Mi dicono: padre Maurizio, andate a vedere che cosa è successo a Succivo. Vado a Succivo, in provincia di Caserta, e trovo una montagna di amianto sbriciolato. Una montagna! Qualcuno aveva tolto tutti i tetti e l'aveva anche sbriciolato. Era una giornata di vento. La ricordo come se fosse adesso.
Vi chiedo solamente un minuto di pazienza, perché quelli potrebbero essere i vostri figli. C'erano alcuni ragazzi che facevano una corsetta. Io che cosa dovevo fare? Il vento era forte. Allora, mi sono messo a gridare come un pazzo. Non è la prima volta. Sapeste quante volte ho gridato come un pazzo la sera, soprattutto agli operai che tornavano dai cantieri, dove avevano rischiato la vita per 40 euro, muratori, manovali, piastrellisti che venivano poi a dare tutti i «soldini» a quelli di Parco Verde. Io gridavo là fuori: «Ragazzi, scappate di qua, andate via di qua, lasciate solamente me dentro qua!». E mi sono messo a gridare anche là: «Ragazzi, andate via». Questi ragazzi mi hanno guardato e mi hanno detto: «Questo prete è pazzo». Era la verità. Allora prendo la macchina e vado dal prefetto di Caserta che in quel momento era una donna, si chiamava Carmela Pagano. Arrivo là e, non avendo appuntamento, non mi fanno entrare. Dico: «Sentite, io debbo parlarle»; «Sì, quando uscirà». Benissimo. È uscita alle due del pomeriggio. Io ho aspettato fino alle due del pomeriggio. Le dico: «Senta, là c'è questa montagna»; lei mi dice: «È tutto sotto controllo. Non si preoccupi, reverendo». Io dico: «Dottoressa, io vengo adesso da là. Mettete almeno un telo, fate qualche cosa». «È tutto sotto controllo». Il giorno dopo avevamo appuntamento con il prefetto di Napoli che ci era stato fissato prima dell'estate. Io ero là perché ero stato invitato, così come stamattina: io ho risposto a un invito.
Io ero convinto che avremmo parlato dei problemi ambientali. Niente da fare. Era il 17 ottobre. Il prefetto il 1° novembre andava in pensione, quindi era una sorta di saluto, una sorta di cerimonia. Io non lo sapevo. Si è alzato il primo e ha detto: «Ringrazio il signor prefetto, sua eccellenza il prefetto», lo stesso ha fatto il secondo. Ho pensato: qui il tempo passa e il problema non lo affrontiamo. Mi alzo e faccio un errore gravissimo: ho chiamato «signora» quella signora, ma io pensavo che «signora» fosse una cosa nobile. No, dovevo chiamarla «funzionario». Mi sembra che «prefetto» significhi «funzionario», non altro. Questo cristiano, mamma mia bella, non so se abbiate mai visto il Pag. 16video, si alza e mi fa una partaccia che neanche mio padre mi ha fatto quando avevo nove anni: «La signora è un prefetto della Repubblica! Lei ha offeso il prefetto!». Io avevo offeso? Io pensavo che fosse la camorra ad offendere la prefettura. E continuava. A un certo punto, dice: «Adesso, se vuole andare via, se ne può anche andare».
Io me ne vado mortificatissimo. Grazie a Dio una nostra volontaria aveva ripreso tutto con il telefonino, ma io non lo sapevo. Questo video comincia a circolare e quel cristiano fa una figuraccia davanti a tutta Italia, a tutto il mondo. Questo l'ho visto sempre come un fatto della provvidenza, un trampolino della provvidenza. Quella mattina c'erano generali, c'erano colonnelli, c'erano quindici sindaci: nessuno ebbe il coraggio di dire una parola tipo: «Eccellenza» – mi pare si chiami così il prefetto – «forse questo cristiano non intendeva offendere nessuno». Nessuno lo disse. Nessuno.
Questa è la nostra verità. Io lo dico sempre a Michele Di Bari: «Dottore, siamo passati da un prefetto che mi cacciava fuori a un prefetto che mi invita a cena». E ringraziamo il Padreterno.
Se volete, leggo la risposta a Saviano. La mattina del 10 novembre ho letto che Saviano ha rilasciato qualche intervista, ha fatto un video, non so, in cui dice che il modello Caivano è fallito perché a Napoli ci sono stati ultimamente tre omicidi. Questi tre omicidi avvenuti a Napoli, quindi, avrebbero sconfessato tutto quello che è successo. Mi sono fermato. Ero ancora a letto. L'ho scritto sul telefonino, sono mezzo cieco: «Questa è la verità o non è la verità. Se non è la verità, qualcuno lo deve dire». Benissimo. Chiedo scusa, onorevole, lei ha risposto a Saviano? Ha costretto me a farlo. Questo è il motivo per cui sono sovraesposto. Se le loro eccellenze, le loro eminenze stanno ognuno al posto suo a casa la domenica mattina a passeggiare, costringono me a rispondere a Saviano. Tutto qua. Vediamo che cosa esce: «Gli ultimi tre orribili omicidi avvenuti a Napoli dovrebbero bastare per farci diventare più intellettualmente onesti, pensosi e umili, più veri. Dovremmo tutti arrossire di vergogna e chiedere perdono ai ragazzi per le ruberie perpetrate negli anni da politici che hanno pensato a riempire solo le loro tasche, per lo spreco enorme di denaro pubblico, per non essere stato in grado di bloccare le tonnellate di droga che hanno invaso la Campania e l'Italia, per avere costruito impensabili quartieri con materiali fatiscenti, per ammassarvi migliaia di persone lasciandole, poi, in balia di prepotenti e camorristi. Guarire una persona influenzata è facile. Richiamare in vita un ammalato grave è cosa molto più complessa. Parco Verde, il centro sportivo ridotto a un immondezzaio puzzolente, il comune di Caivano sciolto per la seconda volta per infiltrazioni mafiose, il dramma ambientale e sanitario, i mille clan della camorra che ci angariano da sempre, la disoccupazione atavica che affligge la nostra terra, il lavoro in nero, l'evasione scolastica, la pigrizia di tanta gente buona che non disdegna di insozzare e occupare le strade e i marciapiedi, meriterebbero un'analisi più onesta e più severa. Per amore di questo nostro popolo bistrattato occorre andare al di là degli slogan e degli stereotipi, invece Roberto Saviano scrive che gli omicidi dimostrano il fallimento completo del modello Caivano. Falso». Scrivo «falso» perché è falso. «Caro Roberto, sono passati quasi vent'anni da quando, sconosciuto giornalista, tu venisti al Parco Verde per scrivere dell'omicidio di un nostro ragazzino di 15 anni. Quel racconto finì, poi, nel tuo libro Gomorra». Io, insieme al libro, ho fatto il giro del mondo, perché il Padre Mauro del libro Gomorra sono io. «Da allora, lo sai bene, ti ho invitato tante volte a ritornare a Parco Verde, a dare voce alle nostre voci. Non lo hai mai fatto, non sei mai venuto. In questi vent'anni pensa a quanti Governi si sono succeduti e da chi erano formati. Le cose sono andate sempre di male in peggio. Non poteva che essere così. Lasciato a se stesso, il degrado peggiora, l'ammalato si aggrava e muore. Ho chiesto aiuto a tutti. I colori politici non mi hanno mai impressionato. Sono un prete, un uomo libero. I rischi di essere frainteso e deriso ci sono. Pazienza. Il Presidente del Pag. 17Consiglio dei Ministri della nostra Repubblica l'anno scorso ha accolto il mio invito: è venuto, è ritornato. Quello che è accaduto a Caivano è sotto gli occhi di tutti, di tutte le persone oneste che vogliono vedere. Certo, è poca cosa rispetto al grande lavoro che dovrà essere fatto. I miracoli, però, li fa Dio. La bacchetta magica la possiede la fata. Nessuno ha mai creduto che in un solo anno un luogo dove, parole di Vincenzo De Luca, “lo Stato non c'è” – punto – sarebbe diventato il paradiso terrestre. Si sta lavorando con fatica. Avrai saputo che Parco Verde non è più la più grande piazza di spaccio d'Europa. Qualcosa si sta muovendo. Giorgia Meloni ha risposto al mio appello, un merito che altri prima di lei non hanno voluto o potuto prendersi. La verità è limpida come l'acqua di sorgente. Se vuoi bene al tuo popolo, non remare contro, si perde solamente tempo. Lascia che lo facciano i politici di professione». Fatelo voi. «Noi, preti, giornalisti, scrittori, intellettuali, dobbiamo essere capaci di stare al di sopra delle parti, essere coscienza critica, sempre con le mani pulite. Viceversa, non saremmo credibili. No, Roberto, gli ultimi omicidi non dimostrano affatto il completo fallimento del modello Caivano, ma sono il frutto avvelenato e velenoso di decenni di disattenzione verso il dramma della camorra, della Terra dei fuochi, delle problematiche giovanili, delle nostre bistrattate periferie. Ti auguro ogni bene e ti invito ancora una volta a ritornare a Parco Verde. Dio ti benedica».
Questa è la risposta che ho scritto e che è passata sui giornali. Mi sembra abbastanza onesta. Non mi pare sia una risposta di parte.
PRESIDENTE. Ho come ultimo iscritto il senatore Cantalamessa.
GIANLUCA CANTALAMESSA(intervento in videoconferenza). Mi scuso con don Maurizio, con il quale sono in contatto spesso, ma sto rientrando da Milano e sono in treno.
I complimenti sono superflui. Mi permetto di dire una cosa prendendo a spunto chi ha attaccato l'operato di don Maurizio, chiaramente sto generalizzando, anche dal punto di vista cristiano e cattolico per chi crede. Spesso il male, per far male al bene, cerca di far vedere il bene come il male. Don Maurizio ha le spalle forti da questo punto di vista. È un riferimento per tanti di noi.
Don Maurizio, volevo farle una domanda. Un po' di tempo fa ci furono degli sgomberi. In guerra si applicano le regole della guerra e non le regole della pace. Una volta lei palesò, e io condivisi con lei, il rischio che gli sgomberi effettuati di persone e di famiglie perbene avrebbero in qualche maniera indebolito la lotta dello Stato contro l'antistato, perché queste persone perbene, seppur occupassero senza titolo degli immobili, nel momento in cui venivano buttate fuori dallo Stato, erano più proiettate ad andare dall'antistato che diceva a queste famiglie: «Venite da noi perché noi siamo belli e invece lo Stato vi tratta male». Esiste ancora quel rischio a oggi? Grazie.
Un saluto affettuoso, veramente con il massimo della stima.
MAURIZIO PATRICIELLO, parroco di Caivano – parrocchia San Paolo Apostolo. Grazie a lei, onorevole.
Il 7 febbraio le famiglie che dovevano lasciare entro un mese Parco Verde erano 250. Non è successo. I bambini non sono finiti sotto i ponti. Sono passati marzo, aprile, maggio, giugno, luglio agosto, settembre, ottobre e novembre. Di queste 250 famiglie 36 sono state poi costrette a lasciare la casa, le altre saranno tutte famiglie di persone che occupano illegalmente un'abitazione – attenzione, è da ribadire – alle quali lo Stato è andato incontro, ha teso una mano e adesso sono famiglie che potranno essere sanate, normalizzate e quindi tornare ad abitare in queste abitazioni. Fa male il cuore per queste 36 famiglie. Adesso io non lo so, perché la questione è diventata una questione della procura, quindi io non ho né le competenze né altro, però sono persone che hanno avuto problemi seri con la legge. Questo è quello che io scrissi nella lettera al Presidente del Consiglio a febbraio, quando dissi: «Non fate l'errore adesso di fare tutta Pag. 18questa cosa». Sarebbe stato veramente qualcosa di grosso.
A parte il fatto che 250 famiglie sarebbe stato qualche cosa veramente di grosso. Ripeto, io conosco tutti, carissimo fratello bello. Poi ci sono i bambini. Il cuore di un prete è diverso dal cuore di un magistrato. C'è qualche bambino che veniva all'oratorio. Domenica scorsa, l'altro ieri, di tutti i nostri bambini a messa ce ne erano solamente tre. Gli altri non c'erano più. È un dramma. Io sono veramente arrabbiato perché questo dramma è successo. So che mi faccio un sacco di nemici parlando così, ma io mi rifiuto di credere che viviamo nella giungla. Voglio continuare a illudermi che viviamo in un Paese civile e democratico. La responsabilità maggiore è delle autorità che avevano il dovere di non dare la residenza a quelle persone che la chiedevano e non avevano il diritto di averla. Se non l'avessero fatto non saremmo arrivati a questo punto. Era un quartiere, magari con tutti i suoi problemi, un quartiere popolare, un quartiere povero, un quartiere problematico, però in questi anni, lasciandolo a sé stesso, di questo quartiere hanno fatto un mostro.
PRESIDENTE. Grazie mille. Non ho altri iscritti a parlare.
Approfitto per chiudere questa audizione non solo ringraziando don Maurizio, ma dicendogli che nel percorso di questa Commissione noi abbiamo una certezza e quella certezza è che si muore, anche solo in senso lato e non fisico, quando si viene lasciati soli.
È per questo che la paura che condivido della sua sovraesposizione non ci permetterà, almeno non a me e sono sicura non a questa Commissione, di lasciarla solo. Sappia che qui troverà sempre delle orecchie ad ascoltare, ma anche delle gambe pronte a venire a Caivano.
Questo lo dico perché lei ha citato il prefetto, ma io mi permetto, conoscendolo, di citare anche il procuratore Gratteri. Sono sicura che farà la sua parte contro la criminalità organizzata, come sempre ha dimostrato, da uomo libero e coraggioso. Se noi abbiamo scelto di occuparci di minori, abbiamo scelto di chiamarla qui, è perché nessuno mai più possa continuare a rubare la speranza di uno solo di quei bambini. Alcuni li ho conosciuti e uno mi ha fatto anche un disegno che io conservo sotto il vetro della mia scrivania in questa Commissione. Non ci sarà una nuova camorra organizzata, non ci sarà una nuova famiglia organizzata. Nessuna faida tra Caivanesi e Napoletani, tra Ciccarelli contro i Gallo, tra Gallo e Ciccarelli, Gallo e Angelini o quello che voi volete, troverà spazio se noi non la lasceremo solo e noi non la lasceremo solo, don Maurizio, per i ragazzi che lei accoglie in parrocchia, ma anche per quelli che ancora devono trovare la strada per venire da lei.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.25.