Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3
Seguito dell'audizione di Giovanni Russo, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), nell'ambito del filone di inchiesta sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici e del mondo economico:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3
D'Attis Mauro (FI-PPE) ... 3
Colosimo Chiara , Presidente ... 4
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 4
Colosimo Chiara , Presidente ... 5
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 5
Provenzano Giuseppe (PD-IDP) ... 6
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 8
Provenzano Giuseppe (PD-IDP) ... 10
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 10
Provenzano Giuseppe (PD-IDP) ... 10
Colosimo Chiara , Presidente ... 10
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 10
Provenzano Giuseppe (PD-IDP) ... 10
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 10
Colosimo Chiara , Presidente ... 10
Gasparri Maurizio ... 11
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 11
Colosimo Chiara , Presidente ... 11
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 12
Gasparri Maurizio ... 13
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 13
Gubitosa Michele (M5S) ... 13
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 13
Gubitosa Michele (M5S) ... 13
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 14
Gubitosa Michele (M5S) ... 14
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 14
Gubitosa Michele (M5S) ... 14
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 14
Colosimo Chiara , Presidente ... 15
Michelotti Francesco (FDI) ... 15
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 16
Michelotti Francesco (FDI) ... 16
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 16
Michelotti Francesco (FDI) ... 16
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 16
Colosimo Chiara , Presidente ... 16
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 16
La Salandra Giandonato (FDI) ... 17
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 17
La Salandra Giandonato (FDI) ... 18
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 18
La Salandra Giandonato (FDI) ... 19
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 20
La Salandra Giandonato (FDI) ... 21
Colosimo Chiara , Presidente ... 21
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 21
Colosimo Chiara , Presidente ... 22
Russo Giovanni , Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ... 22
Colosimo Chiara , Presidente ... 22
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO
La seduta comincia alle 10.30.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Buongiorno a tutti.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.
Seguito dell'audizione di Giovanni Russo, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), nell'ambito del filone di inchiesta sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici e del mondo economico.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del dottor Giovanni Russo, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, che ringrazio per la sua cortesia e disponibilità.
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione e che i lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi, in tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.
Non credo che il dottor Russo voglia aggiungere qualcosa, quindi passerei direttamente alle domande, esattamente come avevamo stabilito nella scorsa audizione. Ho già alcuni colleghi parlamentari iscritti, se altri si vogliono iscrivere lo segnalino. Grazie.
Do la parola al vicepresidente D'Attis.
MAURO D'ATTIS. Grazie, presidente. Grazie, dottor Russo, per la disponibilità a essere audito.
L'intento della Commissione è di avere risposte concrete a domande che, per la verità, sono comuni anche ad altri auditi. Posta la descrizione del sistema di rilevamento delle segnalazioni di operazioni sospette (SOS) abbiamo sempre manifestato alcune perplessità sul fatto che alla fine, spesso non si riesce a comprendere bene da chi e da dove venissero determinati input e soprattutto dove andassero a finire gli output, che poi è oggetto dell'inchiesta del procuratore Cantone quando si parla, per esempio, dei mandanti.
Le faccio innanzitutto una domanda secca: la titolarità del controllo delle attività a chi veramente spettava, al Procuratore nazionale destinatario della richiesta d'urgenza oppure a lei che coordinava?
Passo a una seconda domanda. Lei, in un passaggio della sua relazione, ha detto che è stata sottratta al suo coordinamento l'attività, spiegando anche che addirittura conosceva soltanto il tema dell'attività che veniva analizzata e non i nomi, per esempio. Da chi è stato sottratto questo coordinamento, dal Procuratore nazionale antimafia o da altri?
Queste domande non riguardano solamente la vicenda di questa inchiesta, ma riguardano proprio la comprensione che vorremmo avere di come venisse gestito tutto quanto. In qualsiasi azienda, ma anche a livello pubblico, ci deve essere un responsabile che sta sopra un responsabile che sta sopra un altro, che poi è l'unico responsabile di tutto. Così comprendiamo, Pag. 4invece, che tutti erano responsabili e tutti non erano responsabili.
Come dicono coloro che non fanno il mio mestiere, io sono ragioniere laureato in economia, ossia gli avvocati e i magistrati: a domanda risponda. Abbiamo bisogno di queste risposte secche, altrimenti risulta difficile comprendere determinati aspetti. Questo, ovviamente, rispetto all'inchiesta, non rispetto all'universo mondo dell'attività delle SOS. Anzi, personalmente la ringrazio, perché ce l'ha spiegata nella sua globalità, consentendoci così di comprendere sicuramente qualcosa in più.
Grazie.
PRESIDENTE. Direi di procedere con domanda e risposta. Do la parola al dottor Russo.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). La ringrazio, presidente.
Lo sforzo che è stato attuato dal punto di vista organizzativo è stato quello di individuare dei modelli che venissero ufficializzati, formalizzati, venissero condivisi all'interno dell'ufficio e venissero sottoposti, come raccontavo l'altra volta, alle valutazioni degli organi superiori, Consiglio superiore della magistratura e procuratore generale della Corte di cassazione. Il modello adottato all'epoca prevedeva che il settore della gestione delle SOS matchate, ovvero quelle provenienti dal confronto tra gli elenchi criptati forniti dall'unità di informazione finanziaria (UIF) e gli elementi risultanti dalle banche dati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (DNAA), fosse affidato a un magistrato incaricato. Questo prevedeva il programma organizzativo dell'ufficio. Il magistrato incaricato è stato individuato, sempre secondo le norme vigenti, attraverso un interpello interno. Chiunque si poteva candidare. All'epoca si candidò soltanto il dottor Laudati, magistrato stimato, stimabile, autorevole, forse il sostituto procuratore più esperto nella materia delle SOS e dell'antiriciclaggio che fu destinatario, quindi, del provvedimento di magistrato incaricato, che, sempre secondo il programma organizzativo, viene adottato dal Procuratore nazionale. Il magistrato incaricato diventa una figura che gode di autonomia organizzativa, sempre nell'ambito dell'incarico ricevuto dal Procuratore nazionale. Badate, non mi tiro fuori. Questo incarico viene preceduto da un concerto dei procuratori aggiunti, quindi anche mio, con il Procuratore nazionale. Quindi, nell'ambito del mandato del Procuratore nazionale, il magistrato incaricato si autodetermina, ovverosia organizza le attività in maniera più funzionale possibile.
Il contenuto delle attività, quindi il prodotto, l'output di queste attività, sempre sulla base del programma organizzativo, doveva seguire le regole ordinarie. Quindi, si prescindeva da questa specificità che c'era un sostituto che si occupava di un settore. Difatti, per uscire fuori dall'ufficio ed essere sottoposto alla valutazione del Procuratore nazionale, questo output doveva passare per il procuratore aggiunto che nel caso di specie ero io. Come sapete, perché ho visto che è stato riportato anche dalla stampa, non ricordo se anche nelle vostre precedenti audizioni, questo non sempre accadeva. C'erano casi in cui, o per ragioni di urgenza o per ragioni che io non conosco, l'output prodotto da questo gruppo coordinato dal magistrato incaricato dottor Laudati veniva portato direttamente al Procuratore nazionale, quindi io non ne avevo conoscenza. Io ho anche «protestato» in questi casi, ho anche fatto presente che questo inficiava le funzioni di coordinamento che, come ho ricordato la volta scorsa, significava: uno, rendermi conto se questo output confliggeva o si sovrapponeva ad altri output che avevamo già in corso nell'ambito delle più vaste attività, non solo quelle delle SOS, ma più complessivamente il contrasto patrimoniale; due: impedirmi di suggerire a chi stava preparando questo output altre attività o altre cautele proprio per accrescere questo sistema.
Mi chiedeva da chi è stata sottratta al mio coordinamento quell'attività. Quell'espressione l'ho adoperata per significare che dal punto di vista organizzativo c'era questa previsione. Non facevo riferimento Pag. 5a una sottrazione specifica o a una manovra occulta. È stato tutto stabilito alla luce del sole. Tra l'altro, l'assegnazione a un unico magistrato come modello organizzativo, che è un'opzione organizzativa che il dottor Melillo ha cambiato, perché vi ha raccontato che ha diviso in tre, credo, magistrati la competenza a valutare le SOS matchate, risale a epoche precedenti, quando ancora non c'erano le SOS, non c'erano i match. C'era un magistrato, il presidente Dell'Osso, che si occupava delle segnalazioni di operazioni sospette. Adesso non ricordo chi furono quelli che gli successero, ma era sempre incardinata in capo a un solo magistrato, ovviamente con programmi organizzativi diversi, con finalità diverse.
Immagino che – quando sono arrivato in DNAA ho già trovato questa situazione – la perpetuazione dell'individuazione, la necessità di assegnazione a un solo magistrato che si dedicasse a tempo pieno a questa attività rispondesse a esigenze di valorizzazione di questo tipo di contrasto.
Le preoccupazioni che lei esprimeva sono relative, ovviamente, alla tenuta e alla segretezza rispetto a questi dati, perché sono stati bucati, perché c'è stata questa vistosa e dannosissima fuga di notizie, anzi, più che fuga, utilizzazione per fini deviati. La prima finalità, che ovviamente deve andare di pari passo con queste cautele di sicurezza, è quella di far funzionare il sistema, ovvero utilizzare efficacemente queste informazioni ai fini di contrasto antimafia e antiterrorismo, contro la criminalità organizzata. La mia preoccupazione, che comunque era una preoccupazione generale, di rinunciare alle potenzialità di questi incroci informativi per il pericolo che possano accadere fenomeni di questo genere secondo me è una preoccupazione sproporzionata.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Russo.
Mi permetto soltanto di ribadire, perché è collegato a quello che stava dicendo, per dare un quadro definitivo, che a noi risulta agli atti che in data 5 agosto 2022, all'esito di una riunione che si era tenuta il giorno precedente, il Procuratore Melillo le chiese formalmente una ricognizione sulla modalità di gestione delle operazioni sospette. Ci può dire, ovviamente se lo può riferire in seduta pubblica, altrimenti nella versione in cui lei ritiene, che cosa ha segnalato? Glielo chiedo perché non mi sembra che in quella relazione fossero emerse delle criticità. All'epoca lei non ne sapeva niente?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Ripeto, la relazione che redassi sulla base degli elementi che erano a mia conoscenza fotografava esattamente quello che sto raccontando adesso. L'impiego di questi dati da parte di un funzionario infedele – non sappiamo ancora il livello eventuale di partecipazione a queste deviazioni del magistrato che doveva controllare – ovviamente era ignoto. Era sconosciuto a me, era sconosciuto al dottor Melillo, era sconosciuto a tutti. Diversamente, si sarebbe intervenuti.
La ricognizione che chiedeva il dottor Melillo mirava a conoscere qual era la situazione all'epoca, chi gestiva e chi faceva cosa, proprio perché aveva in mente di realizzare un'opzione organizzativa diversa che, secondo lui, avrebbe garantito maggiore efficienza e maggiore sicurezza del sistema. Io non ho saputo rispondere a una domanda, credo l'unica domanda, che mi fu posta nella scorsa audizione in Commissione. Per esempio, della vicenda che ha riguardato il Ministro Crosetto di cui io non conoscevo assolutamente nulla. Credo che le epoche più o meno corrispondano, sia subito dopo l'estate. Io non avevo nessuna notizia, ma non potevo averla perché le interrogazioni che erano partite – parlo in maniera molto dubitativa, dal momento che le notizie a mia disposizione sono quelle che ho letto sulla stampa – queste ricerche informative prendono input soprattutto da ricerche su SIVA (sistema informativo valutario), ossia sulle SOS.
Vorrei fare una precisazione, sempre a sottolineare la forza del sistema di sicurezza che riguardava l'impianto diverso da queste SOS matchate affidate a questo gruppo. La maggior parte delle attività di ricerca nella Direzione nazionale antimafia, come ho detto la volta scorsa, veniva svolta dal gruppo ricerche ordinario, quello che faceva capo a me. Il gruppo ricerche Pag. 6ordinario faceva ricerche nella banca dati SIDDA-SIDNA e nelle altre banche dati e consultava le operazioni sospette soltanto quando esse avevano riferimento alla criminalità organizzata e al terrorismo, perché venivano aperte da quel match. Quindi, l'attività ordinaria della DNAA poteva attingere a tutte le informazioni che le indagini facevano confluire (SIDNA) o alle SOS che avevano rivelato un interesse antimafia o antiterrorismo. Poteva capitare, come ha detto il procuratore Cantone, e questo serviva alle indagini, che, mentre si faceva un'attività di indagine antimafia, venisse fuori che un mafioso, nei confronti del quale non c'erano SOS, quindi non c'era stato nessun match positivo, avesse contatti stretti con un proprio cugino. Questo è l'esempio che ha fatto il procuratore Cantone.
Ebbene, dal punto di vista investigativo diventa interessante verificare se questo cugino è stato oggetto di una segnalazione di operazione sospetta, poi non rivelatasi rilevante dal punto di vista mafioso, ma questo nessuno lo poteva sapere ancora. In questi casi l'interrogazione alla banca dati delle operazioni sospette non matchate, quindi non di interesse apparente mafioso, avveniva da parte del mio gruppo ricerca con una richiesta scritta al generale comandante del Nucleo speciale polizia valutaria. Se c'era questa esigenza, il magistrato interessato che aveva il fascicolo o l'analista delle informazioni che lavorava per lui richiedeva a me la possibilità di effettuare un'interrogazione in SIVA, che non si faceva in DNAA, che non si faceva a cura del gruppo delle SOS matchate, quello che gravitava intorno a Pasquale Striano, che era coordinato dal dottor Laudati, ma veniva inoltrata una richiesta scritta al Nucleo valutario. Questo per dire che tipo di attenzione, di cautele e di tensione c'era nella ricerca informativa su queste attività.
Abbiamo scoperto che ciò non avveniva in questo modo – questa è l'opzione organizzativa diversa – con riferimento alla ricerca di segnalazioni non afferenti alla mafia, non afferenti al terrorismo, da parte di questo gruppetto deputato all'analisi delle SOS matchate. Scrivevano al Nucleo valutario? Si collegavano direttamente? Certamente non dalla DNAA finché c'ero io, perché tecnologicamente questo era impedito. Lo faceva Striano quando si recava presso gli uffici della Guardia di finanza o altrove? Questo io non lo sapevo né potevo saperlo.
Aggiungo, per cautele, per attestare quanto forte fosse la preoccupazione di tracciare, anche a costo di essere tacciato di burocratizzazione, che la Direzione nazionale antimafia si rivolgeva, per esigenze manutentive dei locali e dei sistemi, o di altro tipo, a personale esterno, individuato dal Ministero. Ebbene, ogni volta che una di queste persone doveva mettere piede in DNAA, preventivamente ci facevamo dare l'elenco del personale e facevo fare una serie di accertamenti in banca dati SDI eccetera, sempre per iscritto. Avevo anche questa forma di cautela, che è banale. Nelle pubbliche amministrazioni e negli uffici istituzionali di una certa delicatezza sono cautele minimali. Io dovevo sapere chi veniva. Alle volte venivano – lo dico con riguardo alla mia nuova veste, al mio ruolo attuale – ex detenuti – adesso guardo con molto favore, mentre prima guardavo con molto sospetto questa presenza – e noi verificavamo quali erano i precedenti. Avevo anche questo tipo di cautele, che mi sembra minimale: pretendevo che fosse tracciata e che non si facesse un accesso neanche allo SDI se non previa indicazione scritta mia o di chi mi sostituiva.
GIUSEPPE PROVENZANO. Io ritengo questa audizione molto interessante, per questo non sarà una domanda, ma saranno alcune domande che rivolgerò al dottor Russo.
Dalla risposta al vicepresidente D'Attis mi pare molto evidente che lei attribuisce una responsabilità sostanzialmente quasi esclusiva della conduzione dell'ufficio SOS al magistrato incaricato. Lei sa, come a noi risulta, che il magistrato incaricato Laudati attribuisce a lei la volontà di far rientrare Striano in DNAA nel 2016? Questa è una domanda che le rivolgo anche alla luce del fatto che qui oggi lei ha testimoniato una fiducia nei confronti del dottor Laudati che ha definito un magistrato stimato e stimabile,Pag. 7 quindi immagino che lei lo conoscesse. Mi chiedo anche quale fosse la natura dei vostri rapporti. Io non discuto le qualità professionali del dottor Laudati, che non conosco, vedremo l'indagine, tuttavia si tratta di un magistrato che lei definisce stimato e stimabile, ma che quantomeno è controverso. È un magistrato che ha subìto un'indagine da parte della procura di Lecce per insabbiamento di inchieste mentre dirigeva la procura di Bari. È un magistrato che ha ricevuto una censura da parte dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) nel 2012, se non sbaglio. Se ne parlò molto anche perché allora a prendere le difese del magistrato incaricato Laudati fu l'allora onorevole Mantovano, attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega alla sicurezza della Repubblica, che in un'interrogazione rivolta all'allora Ministra della giustizia censurò duramente le critiche dell'ANM e prese le difese del dottor Laudati. Quindi, sono curioso di capire la natura dei rapporti che c'erano tra di voi, vista la stima che qui ha confermato.
A tal proposito, alla luce di questa stima, le chiederei se può aiutare questa Commissione a ricostruire il sistema di relazioni istituzionali del dottor Laudati, anche nel mondo della magistratura, perché c'è stata questa famosa lettera, che è passata alle cronache come «Laudati's version», in cui c'è una memoria difensiva, consegnata a un elenco improprio di destinatari, molto interessante e di difficile decifrazione per questa Commissione. È un elenco in cui ci sono figure che attualmente ricoprono ruoli ai vertici delle istituzioni. Abbiamo assistito a una spiegazione surreale da parte dell'avvocato del dottor Laudati, vale a dire che la memoria «Laudati's version» fosse diretta a un indirizzario di amici e parenti – cito a memoria quello che ha detto l'avvocato – che se per caso adesso ricoprono incarichi istituzionali non è certo colpa del dottor Laudati. Vorrei chiederle se ci aiuta a decifrare anche questo possibile sistema di relazioni intorno al dottor Laudati.
Chiudo con una domanda su Striano. Striano è un ufficiale su cui c'è stato un investimento da parte del suo corpo di appartenenza, ha seguito un corso ufficiali e, come lei mi pare ci abbia confermato nell'audizione scorsa, conservava un rapporto gerarchico con la Guardia di finanza e con il suo reparto di appartenenza, malgrado l'aggregazione alla DNAA. Dalla sua esperienza, nell'organizzazione del lavoro quanto la polizia aggregata alla DNAA può svolgere compiti in autonomia e di quali margini di autonomia gode? Glielo chiedo sulla base dell'organizzazione del lavoro della DNAA, per come lei ce l'ha raccontata. Nella scorsa audizione lei ci ha parlato sostanzialmente di una possibile doppia buona fede. Lei ha detto: magari la DNAA poteva pensare che facesse un lavoro, visto che aveva il doppio cappello, la Guardia di finanza poteva pensare che stesse facendo un lavoro per la DNAA e nessuno dava incarichi. Devo dire che questa doppia buona fede potrebbe essere anche letta come una doppia complicità e una doppia copertura. Uso questa parola perché dell'intervista odierna del Procuratore nazionale antimafia mi ha colpito un termine: «infiltrato». Su questo mi piacerebbe sentire la sua opinione.
In chiusura, vorrei che ci intendessimo su questo concetto di autonomia, visto che parliamo di una enormità di dati esfiltrati, rispetto a cui lei l'altra volta mi pare abbia provato a dare una spiegazione tecnica che – magari non erano le sue intenzioni – finiva per minimizzare l'elemento quantitativo emerso. Invece, io ritengo che sia un numero davvero eloquente, questa enormità di dati esfiltrati. Lo stesso Procuratore oggi sostiene che dietro vi possa essere un gigantesco mercato delle informazioni riservate. Allora, io mi chiedo e le chiedo, senza tirare conclusioni, che saremo in grado di tirare solo al termine delle nostre analisi e dopo la fine delle indagini della procura: l'enormità di questi dati è immaginabile possa essere trattata da un singolo infedele, come è stato detto? Oppure, non è piuttosto immaginabile che dietro vi sia una centrale a elaborare quella mole di dati?
Avrei altre domande, ma mi fermo perché ci tengo alle risposte.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Riuscirò in parte a rispondere alle sue domande. Non conoscevo l'affermazione del dottor Laudati secondo cui sarei stato io a far rientrare nel 2016 Striano in DNAA. Lo sento adesso per la prima volta. Lo smentisco categoricamente e aggiungo una cosa. Proprio per il ruolo di estrema delicatezza che mi è stato assegnato negli ultimi tredici anni di permanenza in DNAA dal Procuratore Grasso, dal Procuratore Roberti e dal Procuratore Cafiero de Raho, nessuno – ripeto, nessuno – dei poliziotti, finanzieri, carabinieri, figure appartenenti alla direzione investigativa antimafia (DIA) o ad altre forze di polizia che ha mai lavorato in DNAA è stato da me selezionato, indicato, sollecitato. Nessuno. Anche in precedenza, quando avevo analogo incarico presso la banca dati della direzione distrettuale di Napoli, ho adottato questa scelta metodologica: io devo essere sereno. Ho mandato via, sì, dopo pochi mesi, pochi giorni, o dopo diverso tempo, degli analisti dell'informazione presso la DNAA, ma nessuno di costoro è stato né scelto né sollecitato da me.
Per quanto riguarda Striano, ho visto che è stata riportata per sintesi un'espressione che ho usato nell'esame che ho fatto con il procuratore Cantone, lui era un analista dell'informazione molto valido, molto svelto, con le caratteristiche adatte per la gestione delle informazioni.
Perdonatemi se apro e chiudo una breve parentesi, però è molto importante tornare su questo punto. Vi garantisco che non svicolerò alle domande a cui posso rispondere. Dobbiamo pensare, tutti insieme, che l'attività che si svolge in DNAA è un'attività diversa dalla ricerca. L'altra volta vi dissi che è come quando si va su Internet: si naviga non dico a casaccio, ma con tanti input. Non dobbiamo sovrapporre questa idea a una ricerca che noi definiamo «Google-like», ovvero come se avessimo una maschera di Google dove digitiamo un'informazione. Questo può valere per una ricerca nelle SOS o nel sistema SIVA, dove c'è una catalogazione per nominativo. Quindi, quando io faccio un'interrogazione su Giovanni Russo, c'è sempre qualcuno che può controllarmi, l'intelligenza artificiale, un sistema semiautomatico, un mio supervisore, e che può chiedermi perché ho fatto un'interrogazione su Giovanni Russo. Lo stesso vale per lo SDI, lo stesso vale per questo tipo di banche dati.
In SIDNA (sistema informativo direzione nazionale antimafia), e da lì sono stati esfiltrati i dati, i 35 mila atti a cui fa riferimento il procuratore Cantone, che non voglio minimizzare, è lo stesso procuratore Cantone ad affermare che soltanto una minima parte di questi era sensibile, era rilevante, c'erano anche le elezioni di domicilio, è evidente che sono stati esfiltrati interi fascicoli, interi dossier attinenti a vari procedimenti. Badate, questa è una cosa gravissima, ripeto, anche per come la penso io. Sarebbe stata gravissima quand'anche avesse riguardato un solo atto.
L'attività che si fa, invece, in SIDNA, dove confluiscono gli atti di indagine, avviene con una metodica relazionale. Io cerco A, A conosce B, B conosce C, il sistema si interroga per sapere se A conosca C. Posto che A conosce B e B conosce C, A conosce C? La risposta che il sistema dà all'investigatore la va a cercare in tutt'altri fascicoli e va a vedere dove abita A, scopre che abita in un posto Y e si domanda se C abita nel posto Y, se ha ragioni di frequentazione del posto Y. E come fa a individuarlo? Naviga attraverso tutte le fonti informative che sono in SIDNA, naviga attraverso una intercettazione telefonica dove il soggetto C ha prenotato una visita medica nel luogo Y. Quindi, automaticamente il sistema allarga le ricerche a campi, soggetti, luoghi, entità, relazioni, le più impensate possibili, per offrire quel supporto conoscitivo che serve all'investigatore.
Striano era bravissimo in questo, era veramente un maestro. Dal punto di vista della sua collocazione organizzativa, io ho letto, proprio dopo la mia audizione presso di voi, che ci sarebbe una intercettazione o un messaggio in cui Striano dice che c'era una guerra tra me e il dottor Laudati. Così introduco il tema delle mie relazioni con il dottor Laudati. Con il dottor Laudati c'era – uso l'imperfetto, perché da quando è Pag. 9scoppiata questa vicenda non ho più avuto motivo e ragione di contattarlo, di avere rapporti con lui – un'amicizia e una stima molto profonde. Non c'era una guerra all'epoca. Perlomeno, io non mi rendevo conto di essere in guerra con nessuno. Certo, la mia preoccupazione, la mia cautela era quella di riportare, in maniera quasi ossessiva e maniacale, tutte le funzioni che avvenivano nella DNAA nell'ambito di regole prefissate.
A proposito di Striano, io scoprii che Striano aveva questa doppia presenza presso la DNAA e presso gli uffici della Guardia di finanza, che era un modulo organizzativo adottato dal dottor Laudati, confermato dal dottor Laudati, scelto dal dottor Laudati, non condiviso con me. Onestamente non so dire se fosse condiviso con il Procuratore nazionale. Striano era refrattario anche al controllo delle sue presenze in DNAA. Io sostenevo che chiunque entrasse nella Direzione nazionale antimafia, sempre per quelle cautele di sicurezza generali, dovesse lasciare una traccia. Le forze di polizia stabilmente destinate alla DNAA avevano dei brogliacci, dei sistemi anche informatizzati non di controllo delle presenze orarie, perché non avevano un obbligo di orario, ma di controllo delle presenze, in modo tale che in qualunque momento si potesse ricostruire chi era presente in un preciso istante negli uffici della DNAA e in particolare in quali uffici. Ebbene, Striano, essendo un aggregato, avendo questa posizione ibrida, rifiutava di dare indicazioni di quando era presente in DNAA. Io feci un provvedimento generale, sostanzialmente motivato soprattutto da questa refrattarietà di Striano, che per ragioni di sicurezza imponeva a tutte le persone che venivano, a qualsiasi titolo, in visita, per conoscenza, per portare un plico o per svolgere un'attività part-time, di depositare la firma presso gli organi di controllo all'ingresso, un controllo che per chi frequentava la DNAA non era un controllo identificativo, ma era un controllo che io definii di sicurezza.
Torno alla natura dei rapporti collaudati. Io ero convinto e sono tuttora convinto della sua grandissima qualità professionale. L'elaborazione e lo sviluppo della materia dell'antiriciclaggio e del contrasto alle infiltrazioni nell'economia è una materia che lui ha trattato per decenni. Avete sentito nell'audizione del Comandante generale del corpo della Guardia di finanza che lui è stato, credo per decenni, docente dei più alti corsi di formazione per gli ufficiali destinati a diventare ufficiali superiori della Guardia di finanza.
Sul sistema di relazioni che aveva il dottor Laudati francamente non so rispondere. In DNAA si creano rapporti straordinari, perché si viene in contatto con settori importanti dei decision makers, in questo caso degli apparati di contrasto di tipo finanziario. Il dottor Laudati era stato designato dal procuratore come componente del Comitato di sicurezza finanziaria. Questi tipi di rapporti agevolavano sicuramente l'ufficio, perché mostravano la validità delle scelte, l'attenzione che il nostro ufficio prestava a questi temi, e soprattutto agevolavano un interscambio informativo istituzionale molto positivo.
Mi chiedeva anche quanto la polizia aggregata alla DNAA può svolgere lavori in autonomia. La DNAA è un luogo atipico, è un ufficio giudiziario atipico. È stato osservato – sono convinto della profondità di questa osservazione – che nel muoversi, nell'agire della Direzione nazionale occorre un impegno supplementare rispetto a quello che fanno tutti gli uffici di procura del nostro Paese, un impegno supplementare a pesare adeguatamente le direzioni verso le quali ci si muove e le modalità con le quali ci si muove. C'è un forte onere per la missione che la legge attribuisce alla DNAA. Però, c'è una particolarità: la DNAA è l'unico ufficio ascrivibile al pubblico ministero che non ha un giudice. Qualunque azione di un pubblico ministero nel nostro Paese conosce sempre un vaglio di un giudice, un magistrato che appartiene alla magistratura giudicante. La magistratura giudicante decide sulle richieste in materia cautelare, sulle intercettazioni, quindi richieste importanti dal punto di vista delle investigazioni. Il magistrato giudicante decide se le indagini che ha fatto il pubblico ministero sono sufficienti o meno. Il magistratoPag. 10 giudicante può ordinare di integrare o di completare le indagini. È il magistrato giudicante che archivia e, quindi, sancisce la fine del processo acquisitivo del pubblico ministero. Tutto questo per la Direzione nazionale, che non fa indagini, ma fa preinvestigazioni, manca. Quindi, ciò che viene fatto in via ordinaria non conoscerà mai il vaglio di un giudice terzo. Per questo, il sistema intero, del quale io ero espressione, ha sempre voluto imporre un'attenzione particolare al rapporto con la polizia, che è una polizia giudiziaria anomala.
Noi abbiamo coniato il termine «analisti delle informazioni». L'accorgimento organizzativo adottato a questo riguardo è stato quello di non aver mai permesso che negli analisti delle informazioni si andasse oltre il livello di ispettore o di maresciallo, quindi non costituire all'interno della Direzione nazionale una figura di coordinamento di polizia giudiziaria. L'idea era quella di creare un rapporto diretto tra l'operatore, l'analista dell'informazione, e il magistrato. Questo modello credo che sia ancora replicato in tutte le direzioni distrettuali del Paese. Mentre presso le sezioni di polizia giudiziaria esistono dei capi, esiste una gerarchia, nei gruppi di ricerca degli analisti delle informazioni che noi formiamo o che vengono formati a livello decentrato c'è un responsabile, un coordinatore, ma che è un pari grado di tutti gli altri.
Questa è la ragione – ho visto ma non ho avuto modo di leggere l'audizione del dottor Puzzo, che pure aveva svolto un'attività da esterno prima di Striano – per cui io ho sempre guardato con sfavore, dal punto di vista organizzativo, quindi prescindendo dalle persone, una interpolazione, in questo sistema che mi sembrava peer-to-peer – tutti pari che rispondevano solo ai magistrati –, l'individuazione di un super investigatore – così ho definito Striano – che alla fine avrebbe potuto assumere una posizione di preminenza anche nei confronti degli altri del gruppo.
Io ho riletto l'audizione di Cantone, anche per comprendere anch'io qualcosa in più delle indagini, e mi ha colpito un aspetto, cioè che nessuno degli appartenenti a questo gruppo speciale delle SOS facenti capo a Striano è stato ritenuto responsabile, insomma non si è proceduto nei loro confronti perché si è ritenuto che tutti rispondessero a degli ordini e a delle indicazioni impartite da Striano.
Ecco, questa è proprio l'esemplificazione di un modello che non deve avvenire, almeno a mio avviso. Un'unità di lavoro all'interno della DNAA deve prendere indicazioni scritte, come vi ho detto la volta scorsa, maniacalmente scritte da parte di un magistrato, e non creando queste posizioni. Scusi...
GIUSEPPE PROVENZANO. Questa sua contrarietà immagino l'avrà segnalata?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Questa mia opzione organizzativa l'avevo segnalata nel corso delle riunioni. Ogni volta che si affrontava questo tema, era noto che questa fosse la mia posizione, quindi non ero in guerra con Laudati.
GIUSEPPE PROVENZANO. E c'è qualcuno che difendeva, invece, questa...?
PRESIDENTE. Onorevole Provenzano, la prego, ci sono troppi iscritti a parlare. Se facciamo così, abbiamo difficoltà.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Questo modello organizzativo non è stato messo in discussione né nel corso...
GIUSEPPE PROVENZANO. Lei era il coordinatore...
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). No, io ero il coordinatore del Servizio contrasto patrimoniale, non ero coordinatore di questo settore, che è il matching delle SOS.
PRESIDENTE. Diciamo – altrimenti facciamo troppa confusione – che il gruppo esisteva ma non aveva formalmente un Pag. 11coordinatore, sebbene effettivamente lo avesse su carta dal 2019, da quello che risulta a noi e agli atti. Però, al netto di questo, ho l'obbligo di specificare che giustamente l'onorevole Provenzano parlava di un numero spropositato di accessi scaricati. Lei anche nella scorsa audizione ha riferito dei numeri molto inferiori; ora mi ha detto 35 mila, noi da fonti aperte parliamo di 220 mila, non solo dagli atti che noi abbiamo potuto visionare. Lo dico perché deve restare agli atti della Commissione, altrimenti sembra che non leggiamo nemmeno quello.
Noi parliamo di una persona, nello specifico Striano, che in un solo giorno riesce a scaricare più di 10 mila atti. Quindi, i numeri sono diversi, molto diversi da quelli che lei ha citato ora. Lo devo dire perché deve restare agli atti, altrimenti non saremmo abbastanza seri.
Do la parola al senatore Gasparri.
MAURIZIO GASPARRI. Giriamo sempre intorno alle stesse questioni, quindi mi scuso se un po' mi ripeto.
Il Procuratore Melillo disse che c'era una situazione radicalmente abusiva, quindi c'era bisogno di una riorganizzazione. Lei ci ha parlato, sia nell'altra audizione che in questa, di aspetti organizzativi, però mi chiedo sostanzialmente: se Melillo arriva e dice che era radicalmente abusiva, e da alcune cose che lei ha detto ne ho tratto conferma, cos'era abusivo e cosa è stato poi regolamentato dopo? Ripeto, parla il Procuratore nazionale antimafia attuale. E perché per anni, durante le gestioni Roberti e Cafiero de Raho, non era stata avvertita questa esigenza di riorganizzazione che Melillo afferma essere assolutamente urgente?
Poi capisco che lo Striano poteva accedere – ed è uno dei problemi di questa vicenda – dalla Guardia di finanza, dalla DIA, dalla Procura antimafia, da casa sua, non so da dove, a banche dati e questo rende complicato riuscire a capire chi controlla. Se uno entra da varie parti, chi è il portiere di quell'ingresso o di quell'altro ingresso? Giustamente, è complicato. Però questo tema che si pone con l'arrivo di Melillo...
Lei già oggi ci ha detto una cosa: in casi di urgenza l'output, cioè l'accesso, il risultato di questa azione, veniva portato direttamente a de Raho. Quali erano i criteri? Ad esempio gli accessi – poi dobbiamo capire da quali banche dati, l'ho premesso – riguardavano la Casellati, che non si è mai occupata né di terrorismo né di mafia da quello che ci risulta, però veniva investigata come altri soggetti, contestualmente alla loro rilevanza giornalistica cronachistica. Gli accessi di Striano sembrano connessi più a una redazione di un giornale – oggi va di moda quello, oggi si parla di quell'altro – che a esigenze antimafia o antiterrorismo.
Quindi, che cosa veniva portato a de Raho? Lei ha detto oggi una cosa importante e grave. De Raho aveva dei materiali con casi di urgenza che venivano portati a lui.
Poi vorrei tornare – e ho finito, presidente – su questa sottrazione del coordinamento. Lei ha detto nella sua audizione – e oggi le è stato ricordato – questo, e per mia ignoranza non ho capito bene che cosa è stato sottratto al suo coordinamento. Io lo combino col fatto che venivano portati materiali a Cafiero de Raho. E questo Striano è lo stesso Striano che era stato nella procura di Reggio Calabria con de Raho? Lei dice: «Io non c'entro con Striano alla DNAA». Come ci è arrivato? Quindi, Striano aveva seguito dei percorsi con Cafiero de Raho, che lei sappia?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Scusi, presidente, prima una precisazione a lei. Io conosco dell'indagine quello che leggo sui giornali o quello che ho sentito nell'audizione. Il dato dei 35 mila e passa documenti scaricati è quello che io ho letto lì. Non ho nessuna notizia dell'indagine, quindi se i numeri siano maggiori, duecento, un milione o quello che sia non ho seguito...
PRESIDENTE. Diciamo che non è un segreto che il numero sia quello. È su tutte le maggiori testate, al netto degli atti. Per questo l'ho detto, altrimenti non mi sarei mai permessa, dottore.
Pag. 12 GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Allarma, spaventa tanto il numero di atti, di documenti, perché nell'immaginario di tutti si fa spazio il pericolo di un accumulo, una tesaurizzazione delle informazioni che stanno in questi documenti, e ovviamente più sono più è spaventoso l'apporto che viene fornito a quello che Melillo correttamente nell'intervista di oggi ha definito il «mercato delle informazioni». Una volta il mercato delle informazioni era soprattutto il mercato delle informazioni che derivavano dalle intercettazioni telefoniche. Sapevamo tutti che una parte minima del contenuto delle intercettazioni telefoniche aveva una rilevanza e una utilizzazione nell'ambito del processo, quindi per la ragione vera per cui erano state avviate le intercettazioni, mentre tutto il resto diveniva parte di un brodo di coltura a disposizione di chi, abusivamente o meno, ne aveva la disponibilità. Adesso, con il cambiare dei sistemi tecnologici e dei mezzi di comunicazione e di accumulazione delle informazioni, si è integrato questo mercato delle informazioni probabilmente anche attraverso queste e altre esfiltrazioni.
Avete notato più che lo stupore il rammarico del procuratore Cantone quando ha detto che appena arrivato a dirigere una procura si è reso conto con sgomento di quanto fosse numeroso il plateau delle indagini per accessi abusivi a sistemi informatici, quindi tutti i tipi di sistemi informatici.
Accessi di Striano sul presidente Casellati. Anche qui, non so ovviamente di che cosa si tratta. Da quello che ritengo sono portato ad escludere, ma intuitivamente, che l'accesso sia avvenuto in SIDNA, dove penso poco c'era da ricercare. Invece, verosimilmente è un accesso avvenuto in SIVA, quindi sulle operazioni sospette, dove sempre da fonti giornalistiche leggo che Striano si dilettava in ricerche personali, su di sé, la famiglia, calciatori, nomi famosi, ma anche – e questo penso che sia il compito precipuo, lo ha detto Cantone, dell'indagine penale, ma anche della Commissione antimafia, capire quali erano le ragioni per cui faceva questa consultazione in SIVA – soggetti legati in qualche modo alla politica.
Occorrerà fare una verifica – non so quanto pertinente nei termini che sto per esporre alle finalità del processo penale, ma più probabilmente pertinente alle finalità della Commissione antimafia – anche dei tempi, non solo di quali erano i bersagli scelti. Quindi, anche con l'ausilio di supporti tecnologici, occorrerà creare dei grafi, degli schemi per capire in che tempi, in che modi, con quale successione e perché si prendessero come bersaglio di queste consultazioni di operazioni sospette una serie di soggetti rilevanti dal punto di vista del nostro sistema economico, politico, industriale, dell'informazione e così via.
Senatore, non so risponderle sugli accessi a SIVA perché, ripeto, erano del tutto fuori del controllo della DNAA, perché non avvenivano in DNAA. Soprattutto, quelli che effettuava Striano non erano relativi al settore di cui mi occupavo io e su cui potevo io avere un qualunque potere di intervento.
Come è arrivato Striano in DNA? Come le ripeto, io non mi occupavo di questo, cioè deliberatamente io lasciavo che fossero... I miei interlocutori erano i vertici delle forze di polizia o i responsabili dei settori specifici, sempre generali o dirigenti delle forze di polizia, che inviavano questo tipo di personale, a cui non ho mai fatto fare selezioni particolari. Io ignoravo, fino a quando sono uscite le notizie di stampa, che Striano avesse lavorato per la procura di Reggio Calabria quando era procuratore Cafiero. A me Cafiero non ha mai detto di un pregresso rapporto con Striano, né io ho avuto modo di verificarlo o di accertarlo.
Tenga presente che io ho visto Striano, negli anni in cui lui ha lavorato in DNAA, credo quattro o cinque volte, a differenza degli operatori del gruppo ordinario, del gruppo di lavoro degli analisti dell'informazione, con cui io mi vedevo quotidianamente. Striano l'ho visto quattro o cinque volte, in particolar modo perché avevano esitato una richiesta di archiviazione di un dossier che aveva inviato lui con Laudati al mio visto, non mi convinceva questa archiviazione,Pag. 13 quindi avevo sollecitato l'acquisizione di ulteriori documenti. Lui lo ha fatto e ovviamente sempre tutto questo è avvenuto per iscritto, ci sono delle e-mail con cui io chiedevo questa integrazione di acquisizioni preinvestigative. In un'altra occasione, con riferimento a un riassunto, un report sulle attività che erano state fatte in materia di atti di impulso relativi alla pandemia, alle aziende infiltrate in relazione alla pandemia.
Quindi, non le so dire come Striano è venuto in DNAA, da chi è stato scelto. Ignoravo fino alla lettura della stampa un pregresso rapporto con il procuratore Cafiero.
MAURIZIO GASPARRI. Sul materiale ...
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). In realtà, non è materiale, anche questo è tutto procedimentalizzato, cioè l'atto di impulso che viene preparato da Laudati deve essere inoltrato a Cafiero, al Procuratore nazionale per il tramite del procuratore aggiunto, per quelle esigenze di coordinamento. Diverse volte è stato inoltrato direttamente al Procuratore nazionale.
MICHELE GUBITOSA. Buongiorno, procuratore Russo. La mia domanda è proprio per chiarire questi aspetti di cui abbiamo appena parlato. Lei nel corso dell'audizione ha parlato delle SOS matchate, ha detto che queste SOS erano trattate dal dottor Laudati e che lei ne aveva conoscenza solo all'esito della predisposizione di una bozza di atto d'impulso che controllava. Ciò, però, è contraddetto nel provvedimento 20898 del 15 maggio del 2019, a sua firma, con cui lei emanava le regole alle quali dovevano adeguarsi tutte le ricerche in banca dati, anche se relative alle SOS. Ed è lei il procuratore aggiunto che autorizza i dossier e valuta i risultati prima della predisposizione della bozza di atto di impulso.
In quel provvedimento lei disponeva la composizione del gruppo segnalazioni operazioni sospette e inseriva Striano Pasquale. Con provvedimento 402 del 6 dicembre 2019 a sua firma, lei, dottor Russo, fissò ulteriori regole per tutti gli accessi in banca dati. Le ricerche richiedevano una sua apposita autorizzazione e gli esiti delle stesse, anche parziali, dovevano essere sottoposti a lei per tutte le ricerche. Anche il procuratore di Perugia, nel corso delle sue dichiarazioni, le ha fatto presente il contenuto del provvedimento 20898 del 15 maggio a sua firma. Lei ha risposto che il provvedimento c'era, ma Laudati non si era adeguato, limitandosi ad inviare soltanto la bozza dell'atto d'impulso a conclusione del lavoro. Su questa omissione così importante da parte del dottor Laudati c'è una sua relazione al Procuratore nazionale? Poc'anzi ha anche detto che lei si è lamentato di questa omissione di Laudati, che non le faceva le comunicazioni. È possibile far sapere a questa Commissione con chi si è lamentato e con quali modalità?
Con provvedimento 41 del 26 febbraio 2019 a firma del Procuratore nazionale, veniva istituito formalmente l'Ufficio Segnalazioni operazioni sospette. In tale provvedimento si precisava che le SOS erano curate dal dottor Laudati, secondo le direttive del procuratore nazionale aggiunto dottor Russo. Peraltro, lei provvide alla completa ristrutturazione del servizio operazioni sospette. Alla luce di questi provvedimenti, può dettagliare quindi i suoi compiti? Quali verifiche effettuava sugli atti di impulso, prima di passarli al Procuratore nazionale? E può riferire i criteri per la scelta delle SOS a seconda del livello, come da lei detto al procuratore di Perugia? Grazie.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Non ho fatto una relazione scritta al Procuratore nazionale sul mancato adeguamento, ma gliene ho parlato, quindi ho informato il Procuratore nazionale del mancato adeguamento di Laudati alla disposizione. Quali verifiche...
MICHELE GUBITOSA. Quindi le lamentele a cui faceva riferimento prima erano queste?
Pag. 14GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). L'ho detto qui, adesso?
MICHELE GUBITOSA. Mi sembra di aver capito, ma magari ho capito male, che lei si era lamentato del fatto che Laudati faceva queste omissioni e che non...
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Sì, mi ero doluto...
MICHELE GUBITOSA. Quindi, questa è la lamentela a cui si riferiva, questa che ha fatto a voce al Procuratore nazionale?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Sì. Questa che ho fatto a voce e che era alla base del fatto che, ogni volta che si affrontava il problema organizzativo, ritornavo nel chiedere una normalizzazione anche delle attività che venivano svolte da parte di questo gruppo. Quindi, un minimo di regole comuni dovevano essere osservate anche da parte di questo gruppo affidato a Laudati.
Quali verifiche svolgevo in relazione agli atti di impulso? Quando la bozza di atto d'impulso mi veniva consegnata, io verificavo la corrispondenza delle ricerche che venivano citate, la pertinenza delle ricerche che venivano citate e la possibilità o la necessità di un'integrazione di questo corredo preinvestigativo che veniva sottoposto al Procuratore per l'inoltro... Poi, l'atto d'impulso, come sapete, va alle direzioni distrettuali. Quindi, il mio non era un vaglio per verificare perché si era attivata quel tipo di attività di impulso. Questo era nei compiti di Laudati e l'indicazione in questo senso veniva esplicitata nella proposta di atto di impulso dove, a carico di Laudati, era suo onere spiegare e indicare qual era la fonte, perché si era deciso di procedere con quest'atto d'impulso.
Quindi, di volta in volta l'analisi del singolo caso si muoveva dall'input di Laudati, che era l'incaricato dal Procuratore nazionale di svolgere questo ruolo e che era supportato da un meccanismo che io avevo introdotto per rendere più agevole il compito dei selezionatori del gruppo di Laudati. Come vede, il mio è un compito di supporto, organizzativo, concettuale, che prescinde dai singoli casi. Mi spiego meglio con due precisazioni.
Primo, qual era il supporto? Individuai un sistema di rilevazione automatica della rilevanza della SOS ai fini antimafia o antiterrorismo. Il sistema stesso proponeva agli analisti che dovevano verificare centinaia di migliaia di SOS all'anno l'attribuzione di un punteggio a seconda della rilevanza del match. Una SOS a carico di Giovanni Russo risultava rilevante perché, ad esempio, Giovanni Russo era iscritto nel registro delle notizie di reato perché indagato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p.; questa è una rilevanza massima, perché abbiamo una SOS, quindi la segnalazione di un'operazione finanziaria che colpisce un soggetto che è oggetto di un'indagine sull'art. 416-bis c.p. Quindi, è il massimo della rilevanza, dunque viene attribuito dal sistema il massimo indice, non ricordo se, nella scala da 1 a 5, era 1 oppure 5. Viene fuori una segnalazione per operazioni sospette, c'è un match positivo con Giovanni Russo perché costui è citato in una telefonata tra un mafioso e il suo commercialista, forse per questa cosa mi devo rivolgere a Giovanni Russo. Qui il rapporto tra la segnalazione sospetta e la «mafiosità» è un po' più sbiadito. Certo, questo soggetto viene citato in una telefonata tra un mafioso e un soggetto economicamente attivo come il commercialista, quindi merita di essere approfondito ma ha un livello 2, 3, 4, adesso non mi ricordo. Questo strumento serviva ad agevolare e in qualche modo anche a rafforzare delle linee guida per chi doveva scegliere le segnalazioni da approfondire. Tutto questo è avvenuto con riferimento alle segnalazioni e quindi agli atti di impulso che portavano dei prodotti, quindi delle informazioni riguardanti i processi di mafia e di terrorismo.
Ho letto – so che è di interesse anche della Commissione, quindi anticipo a titolo esemplificativo questo aspetto – che c'è stato un atto di impulso, che tecnicamente non è un atto d'impulso, ma una segnalazione,Pag. 15 quindi segnalazioni sospette riguardanti operazioni di appartenenti al movimento della Lega. Io me ne sono occupato, nel senso che c'è un atto a mia firma di inoltro al procuratore della Repubblica di Milano, come seguito rispetto a un altro atto precedente che era stato firmato dal Procuratore nazionale. Noi ricevemmo – non ricordo se tra i due atti o dopo il secondo atto – una presa di posizione dura del procuratore di Milano che si doleva, la prendeva come un'interferenza dicendo: «Qua non c'è niente di mafia, non c'è niente di terrorismo, perché vi ingerite in questo tipo di approfondimenti?».
Questa cosa colpì molto il Procuratore nazionale. Facemmo una riunione io, il Procuratore nazionale e credo l'altro aggiunto, nel corso della quale il Procuratore nazionale Cafiero fermamente diede l'indicazione di veicolare un messaggio molto fermo, di divieto assoluto di approfondimento di segnalazioni sospette o qualunque altro tipo di approfondimento preinvestigativo laddove non fosse chiaro, evidente o anche non fosse ragionevolmente sospettabile il profilo antimafia o antiterrorismo. In seguito a questa decisione dei vertici della Direzione nazionale, io mi premurai di apporre, ogni volta che dovevo adottare un provvedimento di designazione di un magistrato per le segnalazioni di operazioni sospette, non quelle matchate... In quei provvedimenti che ha letto c'è un po' di equivoco, adesso non me li ricordo, non li ho visti, perché molte di quelle indicazioni riguardano chi si occupava in generale delle operazioni sospette, non quelli facenti capo a Laudati. Ebbene, nelle assegnazioni dei dossier di tutto il sistema di contrasto patrimoniale, quindi sugli approfondimenti della responsabilità degli enti, sulle segnalazioni provenienti dalla DIA, dalla Guardia di finanza, dalle FIU estere, qualunque altro tipo di approfondimento recavano l'indicazione «si proceda ad attività preinvestigativa...avendo cura di approfondire le attività preinvestigative esclusivamente con riferimento ai profili che riguardino contrasto alla mafia e alla criminalità organizzata di tipo mafioso o al terrorismo». Quindi c'era una indicazione scritta, una prescrizione scritta che scaturiva proprio da quella esperienza.
Per quanto ne so io, cioè per quanto riguarda gli atti che sono stati sottoposti alla mia visione, nessuno di quelli su cui mi ha chiesto informazioni il procuratore Cantone o che leggo sulla stampa, quindi il Ministro Crosetto o altri, nessuno di questi era passato al mio vaglio, al mio visto, quindi non ho idea se, come, quando e perché sono stati esitati.
PRESIDENTE. Grazie mille. Rispetto a quello che le ha detto l'onorevole Gubitosa, rimane una discrepanza, se ha fatto queste doglianze al Procuratore de Raho. Io prima le chiedevo perché non le aveva messe per iscritto al Procuratore Melillo, nel senso che evidentemente se c'era una difficoltà, e risulta da quello che lei ci sta dicendo facendo riferimento ai fondi della Lega che c'era una difficoltà, ci risulta che ci furono dei blocchi per esempio nelle segnalazioni sospette, perché questa cosa poi formalmente non è mai emersa rimane tra le domande che questa Commissione si pone. Diversamente, magari tutto ciò sarebbe potuto emergere prima.
FRANCESCO MICHELOTTI. Buongiorno, dottor Russo. Rispetto a quello che lei ha detto stamani, rispetto a tutto il quadro che si sta delineando, io continuo a fare fatica a capire come si possa giustificare l'attività di Striano, che conta 11 mila accessi al giorno, finalizzata soltanto a procedimenti penali. O comunque lei ha detto anche ora che il dottor de Raho aveva richiamato anche al fatto di fare le SOS soltanto finalizzate a mafia, a infiltrazioni o comunque a terrorismo, e 11 mila accessi al giorno finalizzati a procedimenti penali in qualche modo faticano a giustificarsi. Su questo vorrei che si facesse maggior chiarezza.
L'attuale Procuratore nazionale Melillo ci ha detto che nel 2022 lui ha cambiato il paradigma del coordinamento delle SOS assumendone il diretto controllo. Le chiedo: fino a quel momento, se non sbaglio fino al 2022, a chi era in capo la diretta gestione e responsabilità delle SOS, quindi la gestionePag. 16 delle segnalazioni di operazioni sospette, come funzionava la gestione delle stesse e anche di chi era la diretta responsabilità dell'attività di approfondimento?
Inoltre, e concludo, presidente, lei ha fatto riferimento a un rapporto con il dottor Laudati di profonda stima, quindi un rapporto che esisteva anche a livello umano, per cui le chiedo se il dottor Laudati le ha mai riferito di questa condotta anomala, singolare di Striano, il fatto che Striano avesse la possibilità e la disponibilità di questo tipo di accessi e se le ha mai riferito se Striano avesse un contatto diretto con il Procuratore nazionale antimafia dell'epoca, saltando tutti i passaggi del caso.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Parto dagli 11 mila accessi al giorno. Ripeto, la mia non è una minimizzazione. Io credo che complessivamente nel sistema SIDNA, in questo caso, quindi non delle SIVA e non delle SOS, di cui non so nulla, nel senso che è un sistema gestito dalla Guardia di finanza, non so quanti accessi al giorno si possano fare, non so cosa ogni utente possa fare, non le so dire, 11 mila accessi al giorno siano compatibili.
Si facevano decine, centinaia di milioni di accessi al giorno, perché è il sistema che in automatico accede alle informazioni. Se io voglio creare un dossier informativo preinvestigativo su Giovanni Russo, il sistema mi va a ricercare questo nominativo, ma non solo il nominativo, sull'intera banca dati. Quindi, questo non è un dato di anomalia. È anomalo se li abbia scaricati. È anomalo. Non rientra nella normalità, scaricare un numero così consistente di dati, perché scaricare dati, scaricare documenti vuol dire utilizzarli. Ma secondo la mia esperienza è difficile che in un giorno serva scaricare 11 mila documenti, se questo è avvenuto.
FRANCESCO MICHELOTTI. Mi scusi, un inciso. Era lei il responsabile dei servizi tecnologici?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Sì.
FRANCESCO MICHELOTTI. Lei ha, quindi, verificato che questi accessi rimanevano tali e che i dati non venivano poi scaricati?
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Nello specifico non ho idea, perché questo è stato oggetto di un'indagine. Il tutto è emerso successivamente.
Nell'attuale situazione, come ha detto bene il dottor Melillo...
PRESIDENTE. Chiedo scusa a tutti, cerchiamo di non confondere, per gli atti di questa Commissione e per chi ci segue in streaming, gli accessi con i download, perché sono due cose molto diverse. Quindi, che in un solo accesso possano essere stati scaricati decine di documenti è il tema, che non torna con i processi, nel senso che in un processo non si scarica qualunque cosa su chiunque.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Il download è lo scarico di un documento, l'accesso significa accedere e, quindi, far sì che il sistema vada a cercare informazioni in un'altra banca dati o in altri documenti. È proprio il sistema che funziona così. Ripeto, non è Google-like. Se io faccio un'indagine sul barbiere che ha la barbieria sotto la casa di Totò Riina, io ho interesse ad avere tutti i documenti in cui viene citato Totò Riina. Questo è Google-like. Se io digito «Totò Riina», il sistema mi dà tutti i documenti in cui è scritto «Totò Riina», quindi sentenze, intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori eccetera. Il sistema della DNAA deve fare qualcosa di diverso, deve andare a prendere anche i documenti in cui si fa riferimento a Totò Riina ma non è scritto «Totò Riina», dunque anche i documenti in cui è scritto «boss di Corleone» o «mandante di quell'omicidio». Il sistema va a pescare anche in altri processi, creando un contenitore informativo dato dalla somma dei contenuti di tutti i processi penali e di tutte le fonti informative che sono state conferite alla DNAA. È un mega-contenitore di informazioni.Pag. 17 Questa è la grande potenzialità ma anche, contestualmente, la grande pericolosità di quest'arma se va in mano a un «rapinatore di informazioni», peggio ancora se questo è un insider.
Io sono stato consulente della Commissione antimafia e so che avete archivi segreti, la cui sicurezza immagino sia stata rafforzata, perché ci sono audizioni e documentazioni che sono coperte da segreto. So che avete un sistema di telecamere e che, quando rilasciate le copie, sono timbrate e numerate singolarmente in favore di chi ne trae copia proprio per averne la tracciabilità. Vi faccio un esempio paradossale. Per carità, conosco personalmente la fedeltà e la lealtà degli operatori di polizia che lavorano in questi uffici. Poniamo che il responsabile degli operatori di polizia dell'archivio decida di fare un'operazione di esfiltrazione e lo faccia approfittando della negligenza organizzativa o della disaccortezza del funzionario incaricato di controllarlo. Ebbene, non basterebbero le telecamere a farlo scoprire, perché nessuno andrebbe a fare lo zoom con la telecamera per vedere in quel determinato momento quale fotocopia ha fatto. Quindi, il vero tema è quello degli aspetti organizzativi, quelli che ha messo in campo il dottor Melillo. Il dottor Melillo, nel professare l'assoluta impossibilità di garantire una ermeticità totale, che cosa ha fatto? Ripeto, io non lo so materialmente, in quanto non sono più in DNAA. Ha assunto su di sé la responsabilità, quindi l'ha sottratta al magistrato incaricato. Quindi, è lui il responsabile. Ovviamente, facendo il Procuratore nazionale, non andrà lui a selezionare le singole SOS o a verificare in relazione alle SOS quali attività di indagine o di acquisizione di atti sono state fatte. Ha affidato questa attività non più a un solo magistrato, ma credo a due o tre, quindi suddividendo questa responsabilità e facendo in modo che lavorino in pool, in maniera tale che ognuno possa controllare l'altro. Questa è un'opzione organizzativa. Poteva essere fatta prima? Probabilmente sì.
GIANDONATO LA SALANDRA. Grazie, presidente.
Le faccio innanzitutto una domanda diretta. Le chiedo se le risulta che siano pervenute formali doglianze da parte del comandante dei reparti speciali della Guardia di finanza circa il ritardo di alcuni processi di disseminazione delle SOS da parte proprio della Guardia di finanza alla direzione distrettuale antimafia a causa del blocco. Se le risulta questo, se è stata riscontrata questa situazione, le chiedo se c'è una nota formale e soprattutto da parte di chi.
Vorrei, inoltre, far presente che, nel corso delle sue risposte, lei ha detto che Striano era reticente a una serie di controlli e alla sua presenza – forse ho capito male – però poi ha anche detto che lei ha visto Striano quattro o cinque volte. Queste due affermazioni sono un po' in contrasto tra di loro. Una persona che lei ha visto quattro o cinque volte afferma che è regolarmente reticente alla sua presenza.
Mi rendo conto che, solitamente, in un processo, quando c'è una testimonianza, a volte il testimone, nel raccontare i fatti, tende a chiarire la propria posizione, più che alla narrazione del fatto in sé. Credo che questo sia un momento fisiologico della narrazione, quasi a difendere sé stesso. Le chiedo: converrebbe con me che ci fossero tante attività di coordinamento, ma nessuno poi che andasse a controllare che le direttive di coordinamento fossero rispettate? Del resto, è anche emerso. Secondo lei sarebbe corretto affermare che nella precedente gestione della DNAA la funzione stessa e gli strumenti della DNAA siano stati oggettivamente deviati, tanto da spingere il dottor Melillo a una oggettiva riorganizzazione, se non proprio a una rivoluzione del sistema? Non ritiene che sia questo ad averlo spinto, che proprio la DNAA era stata deviata?
Grazie.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Sui ritardi di disseminazione, più che una lamentela, ci furono note formali e si tennero alcune riunioni con i vertici della Guardia di finanza. Questo tema fu affrontato anche in una riunione con i procuratori distrettuali e con il ProcuratorePag. 18 generale presso la Corte di cassazione dell'epoca. Fu chiarito che il ritardo di disseminazione era dovuto ad aspetti tecnologici. L'UIF, che era la fonte dei flussi informativi che riguardavano le SOS, a mano a mano cambiava i sistemi tecnologici e affinava i sistemi di declinazione degli elementi contenuti nelle SOS. Questo comportava una difficoltà di recepimento da parte dei sistemi tecnologici della DNAA, per cui ogni volta era necessario che gli apparati tecnici della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Ministero della giustizia adeguassero di volta in volta il nostro sistema recettivo, quello che procedeva alla criptazione e poi al matching, ai nuovi parametri tecnologici dell'UIF. Quindi, si determinò una stasi nei nostri invii presso le procure distrettuali.
Si era determinato, peraltro, anche un fraintendimento, di cui non trovai traccia, perché me ne occupai stendendo una relazione sia per il Procuratore nazionale che per il Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Io sicuramente non l'ho adottato, ma non trovai traccia di nessun provvedimento, né del dottor Laudati né del Procuratore nazionale, secondo cui si sarebbe subordinata all'effettuazione del nostro matching che veniva ritardato per questi problemi tecnologici, la possibilità per la Guardia di finanza di procedere a fare le analisi sulle SOS che loro comunque avevano.
Quando fu posto questo problema nel corso di questa riunione e chiarimmo che il problema era soltanto di tipo tecnologico, chiedemmo: ma perché vi state ponendo questo problema? Loro ci dissero: perché voi ci bloccate, perché sapendo che voi non procedete al matching noi stiamo fermi su queste SOS. Noi chiarimmo che non dovevano stare fermi. A scanso di equivoci, sempre per quanto riguarda la parte delle SOS affidate a me, nelle comunicazioni e nelle interlocuzioni che avevo con la Guardia di finanza ribadii: vi comunico che noi stiamo facendo l'approfondimento su questa SOS, questo non implica che voi dobbiate fermarvi, anzi, se ritenete di rilevanza ai vostri fini l'approfondimento, procedete pure; vi chiediamo la cortesia, all'esito del vostro approfondimento, di comunicarci l'esito in modo tale che possa andare ad arricchire l'approfondimento che stiamo svolgendo noi. Quindi, fu chiarita questa parte.
Non ho capito, invece, la contraddizione a cui lei faceva riferimento. Io avevo l'esigenza di capire come funzionavano gli accessi, ma ci occupavamo, come può immaginare, non solo di questo, ma di tanto altro. Quando mi imbattei nel problema delle presenze di Striano, di capire chi c'era e chi non c'era, facemmo delle riunioni con il mio gruppo di lavoro, quindi chiesi loro come potevamo capire chi stava in ufficio, chi stava vicino alle macchine eccetera, e mi resi conto che non avevamo la conoscenza di chi del gruppo di lavoro Striano-Laudati fosse presente in ufficio. Allora, io diedi questa disposizione. Ciò non significa che io dovessi avere contatti.
GIANDONATO LA SALANDRA. Venne, comunque, a conoscenza che Striano era piuttosto autonomo, non era soggetto ad alcun controllo.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Che non fosse soggetto a nessun controllo non glielo so dire. Per quanto mi riguardava, rispetto a questo specifico aspetto Striano aveva palesato, credo forse addirittura per iscritto, di avere il suo rango, il suo ruolo, il suo ruolo anche ibrido, che non prevedeva il fatto che lui dovesse firmare all'ingresso e all'uscita dalla DNAA. Allora, io feci un provvedimento in cui dicevo che tutti dovevano firmare. Credo che lui l'abbia messo pure per iscritto.
Fermo restando ciò, ho avuto occasione eccezionalmente di incontrare Striano. Al di là di quei due casi specifici, con Striano non ho mai avuto a che fare, nel senso che non ho mai avuto il dovere e la possibilità di interloquire sul contenuto di quello che faceva, perché c'era un magistrato.
Capisco la premessa che ha fatto e la condivido dal punto di vista teorico: uno tende a difendersi, a narrare le cose difendendosi. Io, però, ne faccio un vanto. QuestoPag. 19 metodo, che mi è servito per tenere per dodici anni il SIDNA – all'epoca esisteva solo il SIDNA come banca dati a rischio – immune da attacchi e anche da problematiche di tipo interno, imponeva che io, una volta data una delega al magistrato incaricato, non dovevo occuparmi di quel contenuto per le mie funzioni, quindi non andavo a interferire, non andavo a chiedere.
Io avevo la possibilità, essendo stato per dodici anni responsabile della banca dati insieme ai procuratori nazionali Cafiero de Raho, Roberti e Grasso, di accesso a tutte queste informazioni, ciononostante non ho mai effettuato un'interrogazione personalmente alla banca dati. Non l'ho mai fatto. Pur sapendolo fare meglio di altri, essendo stato uno degli autori della creazione di questo programma avanzato, non l'ho mai fatto nella mia carriera, neanche quando ero sostituto procuratore a Napoli, perché lì avevo il ruolo di responsabile di quella banca dati.
Tutte le mie ricerche sono state fatte per iscritto, tramite un ufficiale di polizia, un addetto a una lista di informazioni o un altro soggetto. Non c'è un mio accesso. I miei accessi sono solo quelli di prova, di trainer, dove provavamo i nuovi strumenti. Allora accedevo con la mia utenza. Io non ho mai fatto un accesso. Questo proprio per una garanzia complessiva, per una garanzia di tutti. Quindi, non mi sarei mai sognato, mentre il dottor Laudati, così come un altro sostituto del mio gruppo, stava facendo un approfondimento in materia di SOS, di andargli a chiedere: perché hai fatto questo, perché non fai quest'altro? Questo era un compito che mi spettava quando lui aveva completato il suo lavoro e passava al mio vaglio il compendio, questa famosa bozza di atto d'impulso. In quel momento le mie funzioni giustificavano il fatto che io conoscessi nomi e cognomi e ragioni e potessi chiedere un approfondimento. Ecco perché io non avevo ragione né di parlare con Laudati né di parlare con Striano, che – lo ripeto – ho visto soltanto in quelle due o tre occasioni.
Direttive di coordinamento non rispettate. Ripeto sempre la stessa cosa: c'era un'opzione organizzativa, una scelta organizzativa che prevedeva che incaricato di questo settore fosse il dottor Laudati. La direttiva di coordinamento prevedeva che il dottor Laudati preparasse l'atto d'impulso. A questo proposito, credo sia interessante anche un'altra precisazione. Come vi ho detto l'altra volta, gli analisti delle informazioni, quando viene fatto nell'ordinarietà, quindi parlo dei quarantacinque del mio gruppo di ricerca, all'esito degli approfondimenti, redigono una sorta di informativa. Non è un'informativa di polizia, è un report riepilogativo, che viene consegnato, per mio tramite, al magistrato delegato per l'affare.
Nel caso del dottor Laudati, non passava per me, perché era il dottor Laudati che faceva la delega, quindi non c'era ragione che passasse da me. A un certo punto verificai che mancava questo passaggio, nel senso che il dottor Laudati portava a me, perché lo portassi al Procuratore, e verosimilmente – non ne ho la certezza, perché ovviamente non controllavo il Procuratore nazionale – anche per i casi in cui lui riferiva direttamente al Procuratore nazionale non c'era questa informativa, ma c'era un atto d'impulso, redatto sostanzialmente a quattro, a sei, a otto mani, in cui non era possibile distinguere qual era l'attività fatta dagli analisti dell'informazione e qual era l'attività di elaborazione fatta dal magistrato Laudati, perché era lui solo, era lui l'unico che si occupava di questo sistema. Feci presente al dottor Laudati che questo non andava bene. Perché non andava bene, a mio avviso? Perché io, nel momento in cui avessi avuto la bozza di atto d'impulso per i miei profili di coordinamento da mandare al Procuratore, volevo verificare qual era la base fatta dagli analisti dell'informazione e qual era il grado di elaborazione che il magistrato aveva fatto, esattamente come facevo con gli altri sostituti procuratori, in quanto mi interessava capire qual era lo sviluppo, qual era l'arricchimento, sempre per profili di coordinamento, sempre per far sì che fossero atti più efficienti.
GIANDONATO LA SALANDRA. Dinnanzi a queste cose, il Procuratore?
Pag. 20 GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Di questo ne parlai con il dottor Laudati e lui si adeguò. Perché ho citato questa cosa? Perché evidentemente il dottor Laudati, per adeguarsi, informò Striano, che quindi doveva curare la redazione di questo atto prodromico rispetto alla bozza di atto d'impulso.
Mi vidi arrivare – di questo credo di aver dato conto anche al procuratore Cantone – alcune informative – chiamiamole così – firmate da Striano, che si firmava coordinatore del gruppo SOS. Richiamai il dottor Laudati e dissi: guarda che non è possibile una cosa del genere, io voglio i nomi degli analisti dell'informazione che materialmente hanno fatto le attività di ricerca, perché ne deve restare traccia; peraltro, Striano non è coordinatore, chi l'ha nominato coordinatore, non è coordinatore di niente. Non esiste questa figura di coordinatore del match. In conseguenza di questa cosa, il dottor Laudati ne riparlò con Striano e la situazione si normalizzò. Penso che si inserisca in questa fase l'espressione, se è vera, riportata giornalisticamente, captata forse in un messaggio, usata da Striano, parlando con un terzo soggetto: Laudati e Russo si stanno facendo la guerra. In realtà, io stavo cercando di mettere dei paletti.
Ripeto e concludo su questo punto, su cui spero di non dover ritornare. Ho già detto l'altra volta che con lo sviluppo di questi mezzi tecnologici la prevenzione assoluta della sottrazione di informazioni è impensabile, è impossibile. In che cosa ci si avvantaggia? Che il sistema informatico consente una tracciabilità ex post maggiore rispetto ai sistemi analogici. Nella boutade che facevo prima della sottrazione di atti all'archivio riservato della Commissione antimafia, ex post è difficile andare a capire come, quando, perché e cosa è stato estrapolato. Con i sistemi informatici una ricostruzione – lo dimostra l'indagine – è possibile. Quindi, in chiave preventiva bisogna attrezzarsi sul piano delle misure organizzative, come ha fatto il dottor Melillo scegliendo un'opzione presumibilmente più affidabile. Sul piano dell'arruolamento – questo è un tema rilevante – è importante come vengono arruolati – non parlo dal punto di vista militare – come vengono ammessi a fruire di queste informazioni tutti gli utenti.
DNAA deviata. Per me è un concetto molto lontano dalla verità e dalla realtà. Anzi, mi permetta, presidente, di concludere con questa affermazione. Io sono colpito, mi considero una sorta di parte lesa, perché avrete capito di quanto per me sia stata importante questa mia esperienza, soprattutto quella fatta con la banca dati. Penso che la condotta di un insider, che abbiamo detto è la più difficilmente individuabile, è la più letale per un sistema informatico organizzato, quello di chi ha un legittimo accesso, soprattutto se ha posizioni molto elevate, soprattutto se è in grado di far saltare i meccanismi di controllo alternativi e organizzativi, sia un'operazione letale, che va contro lo spirito di lealtà per tutti coloro che lavorano allo stesso banco, allo stesso desk informatico. È una grave violazione, è una rapina informatica di fedeltà e di lealtà nei confronti degli stessi operatori.
Uno dei motori della vostra azione, del resto, è stato proprio questo: è un grave attentato alla libertà e alla democrazia dei singoli soggetti che sono stati colpiti da questi accessi abusivi e dalla commistione di accessi abusivi a banche dati molto vaste, che raggruppano informazioni che prescindono dalla mafia e dal terrorismo, come SIVA, come le SOS, mettendole insieme, se del caso, con informazioni che derivano da questa più ristretta banca dati investigativa o preinvestigativa. Questo, come hanno detto tutti e come ho compreso dalle vostre stesse domande, genera una forte preoccupazione per la tenuta democratica derivante dall'uso o dal non uso di questi elementi conosciuti, esfiltrati con il download, con l'accesso, comunque conosciuti abusivamente, perché non relati a una missione.
C'è un terzo profilo, che è quello che mi preoccupa. Ne approfitto per parlarne a voi, perché siete per il nostro Paese un baluardo nella difesa dei meccanismi antimafia e antiterrorismo, quindi la preoccupazione che genera la vostra azione è proprioPag. 21 quella di non buttare a mare il bambino con i panni. Quindi, capisco la vostra insistenza, perché si vuole evitare il ripetersi di queste cose. Bisogna consolidare questi due pilastri. Il primo è la DNAA. Adesso non voglio citare l'esperienza dei dodici anni precedenti, ma anche in questa vicenda, se non ci fosse stato l'insider, se non ci fosse stato questo gruppo un po' collaterale, ha dimostrato una solidità e una validità dei meccanismi molto forte.
Guardate che il sistema informativo del Ministero della giustizia, l'accesso che tutti i magistrati e tutto il personale fanno quotidianamente ai sistemi, che avviene attraverso un meccanismo chiamato ADN (active directory nazionale), è un sistema che è stato testato e sperimentato in Direzione nazionale antimafia. Siamo stati noi gli sperimentatori per garantire l'accesso con capisaldi di sicurezza. Per esempio, io imposi, quando facemmo questa sperimentazione, che si potesse accedere solo come amministratore di sistema. D'altronde, c'è sempre bisogno di una chiave di sicurezza. L'amministratore di sistema fino ad allora era nominato dal Ministro della giustizia, dalle strutture del Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia proponeva una rosa di tre amministratori per ognuno dei distretti e che fosse il procuratore distrettuale a individuare quale dovesse essere – è un tecnico, è un appartenente all'amministrazione – il tecnico che potesse avere accesso a questo tipo di attività.
Vorrei che ne uscisse una Direzione nazionale antimafia brillante, importante, potente, e lo si è visto, al di là di queste deviazioni individuali, con la mole di fuoco investigativo che ha fornito centinaia e centinaia di atti di impulso all'anno che si sono tradotti nella quasi totalità in procedimenti importanti da parte dei procuratori distrettuali.
Il secondo pilastro è il sistema delle segnalazioni di operazioni sospette. È un baluardo nella lotta antiriciclaggio, ma non solo. Come DNAA ce ne occupavamo per i profili antimafia e antiterrorismo, ma guardate – non devo dirlo io a voi – che la Guardia di finanza, in particolare, ne fa un uso intelligente e importante per tutta un'altra serie di attività investigative in materia di anticorruzione, in materia di antiriciclaggio non collegato alla criminalità organizzata, in materia di evasione fiscale. Quindi, non sarebbe giusto inficiare questo sistema a causa di questa deviazione, che va colpita e va sanzionata, laddove ci sono responsabilità penali anche in maniera atroce, per i tre ordini di ragioni che ho detto, assolutamente. Mi permetto, però, di spendere una parola affinché non si metta in dubbio il sistema o la validità di questo strumento anche per il contrasto a tutte le mafie.
Concludo su questo. Periodicamente il nostro Paese è oggetto di una verifica da parte di una sottocommissione delle Nazioni Unite a proposito della corruzione che va a verificare il grado di applicazione normativa dei sistemi anticorruzione di tutti i Paesi. Quando questa sottocommissione venne in visita in Italia e procedette a una serie di audizioni, fui audito e raccontai, per la parte dell'antiriciclaggio collegato al sistema antimafia, di questo sistema del matching che venne considerata un'eccellenza, una best practice, tant'è che nel rapporto conclusivo delle Nazioni Unite sulla verifica della tenuta contro la corruzione nel nostro Paese fu citato espressamente un invito a valutare di estendere questo sistema anche ad altri ambiti non antimafia e non antiterrorismo.
Questo per dire che si tratta di prodotti straordinariamente avanzati e validi...
GIANDONATO LA SALANDRA. Che, però, sono stati abusati e qualcuno ha ritenuto di poter deviare le funzioni della DNAA.
PRESIDENTE. Colleghi, noi abbiamo un appuntamento con l'Aula alle 12.30 e ci sono ancora sei iscritti a parlare, per cui ovviamente non potremmo mai fare in tempo.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Prometto di dare una risposta in due minuti.
Pag. 22 PRESIDENTE. Non abbiamo neanche il tempo di fare tutte le domande. Devo permettere ai senatori e ai deputati di andare in Aula a votare.
Ad ogni modo, siccome condivido tutta la sua prolusione finale, il tema che questa Commissione pone e che continua a porre, che a questo punto rimando alla seduta successiva, premesso che siamo tutti d'accordo che la DNAA è un baluardo e che noi qui siamo per difenderla, è che continuiamo a non capire, visto che in questo caso lei era il responsabile della sicurezza della banca dati, come sia possibile che lei non avesse strumenti per controllare un utente che ha scaricato 11 mila documenti in un giorno. Allora lì è il vulnus, il fatto che non era possibile fare questo controllo, non era possibile sapere che cosa succedeva a qualunque utente, che fosse insider o che non fosse insider, avesse accesso a queste banche dati. Questa è la riflessione che noi ci poniamo, perché l'obiettivo di questa Commissione è dare anche alla politica indicazioni su strumenti maggiori che evidentemente in questo caso non c'erano.
Io non riesco a trovare un altro filo conduttore, fermo restando che non posso e non voglio tirare conclusioni. Il tema è sotto gli occhi di tutti ed è dato dai numeri. Questa è la riflessione per cui noi continuiamo a farci queste domande.
GIOVANNI RUSSO, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Voglio rispondere solo a questo. Non c'era un sistema per verificare il numero, in quanto dal punto di vista della gestione informatica non aveva una rilevanza. Io penso che una risposta la possa offrire l'indagine penale, dove gli 11 mila atti scaricati saranno analizzati, quindi capiremo di che tipo di atti si tratta. Se si tratta di 11 mila interrogatori, cosa di cui io dubito, 11 mila trascrizioni di telefonate, ha un senso la sua preoccupazione. Se si tratta di 11 mila atti, che sono tutti gli atti di uno o dieci fascicoli, ma comprendenti le elezioni di domicilio, la nomina dell'avvocato, il mancato ritrovamento di un soggetto eccetera, assume una visione diversa, non per la minore rilevanza degli atti, ma perché fa diventare congruo quel numero rispetto al metodo di funzionamento della stessa banca dati.
PRESIDENTE. Capisco perfettamente il problema. Ma se arriviamo all'indagine penale, vuol dire che abbiamo già fallito sulla sicurezza interna della banca dati. Comunque, riflettendo sui nomi delle persone controllate che sono usciti penso di poter dire che non si trattasse dello stesso procedimento, perché non trovo un collegamento tra uno studio legale X e un parlamentare nello stesso processo, non c'è sicuramente, per fare un caso noto, o non c'è sul Ministro Crosetto e, per dirne una, Elvis Demce. Non ci sono alcuni collegamenti già oggi a occhio nudo. Questo è il dubbio su cui cerchiamo di fare luce.
Cercheremo un'altra data per continuare questa audizione.
Ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12.15.