XIX Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 22 gennaio 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DEI PROCESSI D'ATTUAZIONE DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA E DI UTILIZZO DEI FONDI STRUTTURALI E D'INVESTIMENTO EUROPEI PER IL SISTEMA-PAESE

Audizione di rappresentanti della Federazione trentina della cooperazione.
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 3 
Ceschi Alessandro , direttore generale della Federazione trentina della cooperazione ... 3 
Cornella Samuel , referente diretto per la tematica presso la Federazione trentina della cooperazione ... 4 
Ceschi Alessandro  ... 4 
Cornella Samuel  ... 6 
Ceschi Alessandro , direttore generale della Federazione trentina della cooperazione ... 7 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 8 
Candiani Stefano (LEGA)  ... 8 
De Monte Isabella (FI-PPE)  ... 9 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 10 
Cornella Samuel  ... 10 
Ceschi Alessandro , direttore generale della Federazione trentina della cooperazione ... 11 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dai rappresentanti della Federazione trentina della cooperazione. ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO GIGLIO VIGNA

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Federazione trentina della cooperazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Federazione trentina della cooperazione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia dei processi d'attuazione delle politiche dell'Unione europea e di utilizzo dei fondi strutturali e d'investimento europei per il Sistema-Paese.
  Saluto e ringrazio il dottor Alessandro Ceschi, direttore generale della Federazione trentina della cooperazione, accompagnato dal dottor Samuel Cornella, anche a nome dei colleghi presenti.
  Do la parola ai nostri ospiti, ringraziandoli nuovamente per la disponibilità a svolgere l'odierna audizione.

  ALESSANDRO CESCHI, direttore generale della Federazione trentina della cooperazione. Ringraziamo noi per l'invito in audizione odierna. Un saluto da parte nostra e anche da parte del nostro presidente, Roberto Simoni, che oggi non ha potuto essere presente e mi ha pregato di portare il suo saluto. Noi abbiamo preparato delle slide, non so se è possibile proiettarle, semplicemente per avere una guida che poi vi lasciamo.
  Perché parliamo di questo argomento? Al netto dello spopolamento delle aree montane, ho riportato alcuni numeri che riguardano il Trentino (vedi slide n. 2). A fronte di un incremento di popolazione dal 1951 al 2021 (i censimenti generali) di più 37 per cento per quanto riguarda la provincia e più 87 per cento per quanto riguarda la città di Trento, sotto abbiamo riportato alcuni dati che invece parlano delle valli, dove, al contrario di questi trend di crescita, le valli si spopolano. Si tende a concentrarsi nelle grandi città sulle aste principali, perché evidentemente in quelle aree esistono servizi che in periferia tendenzialmente piano piano vanno a sparire.
  Innanzitutto perché siamo qua noi? Perché la cooperazione si occupa di questo tema? Innanzitutto perché la cooperazione in Trentino è presente capillarmente su tutto il territorio della provincia, in maniera molto specifica anche nelle periferie più lontane, perché noi abbiamo, solo nell'ambito della cooperazione di consumo, 368 punti vendita prevalentemente distribuiti a livello territoriale e decentrato, perché possiamo integrare diverse forme di cooperazione e perché la Federazione raccoglie 450 cooperative in tutti gli ambiti della cooperazione, quindi dalle banche, le nostre casse rurali, per arrivare alla cooperazione sociale di consumo, produzione lavoro, abitazione e così via (vedi slide n. 3).
  C'è, quindi, la possibilità di organizzare un sistema economico che può essere un fattore di risposta alle criticità di cui sopra.
  I piccoli esercizi nelle terre alte rappresentano un elemento assolutamente centrale per tenere vive queste piccole comunità (vedi slide n. 4). Noi amiamo accostare l'immagine di questi piccoli esercizi a delle Pag. 4luci. Via via che le luci si spengono, chiude l'ufficio postale, sparisce la caserma dei Carabinieri, chiude anche la parrocchia perché oggi di parroci ovviamente ce ne sono pochi, spariscono tanti servizi di prima necessità e in molti dei nostri centri abitati i piccoli esercizi della cooperazione di consumo delle nostre famiglie cooperative rappresentano l'ultima lampadina che tiene illuminata quella comunità. Quando sparisce anche quella, il buio evidentemente la fa da padrone. Dovevamo trovare un sistema per agevolare questi piccoli esercizi, affinché il sistema pubblico, consapevole dell'importanza di queste realtà per mantenere vive le comunità per evitare lo spopolamento delle valli e trovare un sistema per far sì che questi aiuti fossero, da un lato efficaci rispetto ai bilanci delle famiglie cooperative, e dall'altro compatibili con il diritto comunitario che, come sapete, con le misure de minimis, tende, in realtà, a contenere in maniera significativa, se non in casi particolari, i termini nei quali l'entità pubblica e i soggetti pubblici possono intervenire a favore dell'economia privata.
  In questo senso, la soluzione che noi abbiamo individuato è appunto quella dei SIEG, dei servizi di interesse economico generale, che permettono di avere degli spazi di manovra all'interno del sistema molto più ampi rispetto a quelli concessi normalmente alle aziende che non hanno questa qualifica, sfruttando in questo senso anche il recente aumento dei massimali de minimis ordinari, ma anche quelli che a noi interessavano, quelli previsti per i SIEG che oggi sono stati portati a 750.000 euro (vedi slide n. 5).
  Abbiamo voluto riportare un'immagine che rende abbastanza bene l'idea di come questi negozi presidino le periferie del nostro territorio (vedi slide n. 6).
  Nel 2024, ultimo anno disponibile, avevamo 124 punti vendita qualificati come SIEG, che rappresentano l'unico esercizio disponibile all'interno di quella comunità, all'interno di quel luogo.
  Passo un attimo la parola al mio collega Samuel Cornella, che è distaccato permanentemente a Bruxelles per conto della nostra Federazione.

  SAMUEL CORNELLA, referente diretto per la tematica presso la Federazione trentina della cooperazione. Buon pomeriggio anche da parte mia. Come diceva il direttore, c'era questo problema in termini di aiuti di Stato. Questi negozi trovavano dei limiti a una possibile contribuzione pubblica nella disciplina europea sugli aiuti di Stato (vedi slide n. 7).
  L'idea che abbiamo proposto è quella di accedere alla disciplina sugli aiuti di Stato, ma per i servizi di interesse economico generale. Cosa sono i servizi di interesse economico generale? Sono quelli che nell'ordinamento nazionale venivano definiti una volta i servizi pubblici locali a rilevanza economica, anche se adesso per l'influenza del diritto europeo la tassonomia europea è invalsa anche nell'ordinamento interno, sostituendo i precedenti riferimenti nazionali.
  I servizi di interesse economico generale sono definiti all'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e al protocollo 26 del Trattato sull'Unione europea. Pur essendoci dei riferimenti a questo concetto, non viene fornita una definizione. Questa definizione è stata per contro elaborata in via pretoria dalla giurisprudenza, quindi con delle sentenze specifiche. Sulla base delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea possiamo dire che i servizi di interesse economico generale sono attività economiche, ma che hanno anche un risvolto pubblicistico lato sensu inteso. Sono funzionali al permettere lo sviluppo di altre attività economiche e finiscono per questa via per essere funzionali alla coesione sociale e allo sviluppo locale su scala territoriale.
  Un'altra caratteristica precipua dei SIEG è che vengono resi secondo canoni di universalità e di libero accesso e che in assenza di un intervento pubblico c'è un cosiddetto «fallimento del mercato», un market failure, perché i servizi non sono garantiti in modo adeguato sia sotto il profilo qualitativo che sotto il profilo quantitativo.

  ALESSANDRO CESCHI, direttore generale della Federazione trentina della cooperazione. In forza di questo quadro, abbiamo avviato una fitta rete di relazioni con la nostraPag. 5 provincia autonoma, che ha portato infine all'approvazione di due strumenti di riferimento. Il primo è una modifica alla legge nostra provinciale sul commercio, che la legge provinciale sul commercio del 30 luglio 2010, n. 17 (vedi slide n. 8). In particolare, l'articolo 61 individua tre macro campi di intervento pubblico a favore di questi esercizi. Il primo in realtà è di riflesso, l'interesse degli esercizi pubblici, perché prevede dei contributi a favore degli enti locali per acquistare e ristrutturare dei locali da mettere a disposizione gratuitamente di chi si rende disponibile ad aprire un negozio all'interno di quelle comunità.
  Il secondo è un premio di primo insediamento, quindi una tantum per chi decide di aprire in quel luogo. Il terzo è un insieme di misure che favoriscono la permanenza, poi, una volta aperto, all'interno di quella realtà.
  Noi ci occuperemo oggi di questa terza casistica. In forza della legge, è stata poi approvata, da ultimo il 23 di dicembre 2024, ma è l'ultima di una serie di provvedimenti, una delibera della Giunta provinciale di Trento, che ha attuato quell'articolo definendo tutta una serie di misure per incentivare la presenza di piccoli esercizi nelle zone di montagna.
  Nella presentazione allegata ho evidenziato una sorta di indice della delibera della Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Trento del 23 dicembre 2024, n. 2222 (vedi slide n. 9). Ho evidenziato in particolare l'articolo 3-bis, che in maniera puntuale è quello che parla di multiservizi qualificati come SIEG, come servizi di interesse economico generale (vedi slide n. 10).
  Queste sono sinteticamente le condizioni previste affinché si possa riconoscere la qualifica di SIEG a un esercizio. Deve essere l'unico, non devono essercene altri all'interno di quella località, quindi non solo comune, ma anche frazione o addirittura qualcosa di più piccolo di una frazione, un aggregato di abitazioni, che abbia almeno 100 abitanti – questo è il requisito minimo –, che si collochi ad una quota di 500 metri sul livello del mare, derogabile eventualmente sulla base di specifiche dichiarazioni del comune, una distanza minima dagli altri esercizi di 2 chilometri, anche in questo caso derogabile fino a un minimo di 500 metri su istanza del comune interessato, e non abbia un fatturato superiore a circa 600.000 euro, 591.000 e rotti, che vengono ogni tre anni poi adeguati in funzione della modifica dell'Istat. Questo per evitare che un esercizio ad esempio in zone turistiche, che è in grado autonomamente di garantire la propria sussistenza, riceva, in quel caso indebitamente, aiuti dal sistema pubblico.
  Per quanto riguarda le diciotto attività che sono utilizzabili quali attività finalizzate SIEG (vedi slides n. 11 e 12), si può vedere che esse comprendono, a trecentosessanta gradi, tutti i possibili interessi e necessità che la popolazione di un certo luogo può manifestare, dalla consegna dei medicinali alla stampa dei referti medici, alla consegna della spesa a casa, alla disponibilità dei prodotti per celiaci. Sono una serie di attività e di misure che si ritengono utili per quella comunità.
  L'articolo 7 prevede puntualmente il sistema di contribuzione. Ci sono tutte le casistiche, dalla A alla G, individuate a seconda delle fattispecie. Le ultime due righe della tabella (vedi slide n. 13) non interessano la cooperazione, tendenzialmente, perché riguarda i pubblici esercizi, quindi bar autonomi o bar collegati ad alberghi che siano però aperti al pubblico. Su quel fronte noi siamo poco interessati. Le misure sopra, invece, sono di assoluto nostro interesse e, come vedete, il contributo varia all'interno di un range che parte dai 13.500 euro per arrivare fino ai 20.000 euro all'anno di contributo in caso di servizio qualificato SIEG quando, rispetto all'elenco che abbiamo visto prima, si aggiunge anche una convenzione specifica per servizi tipicamente comunali e quindi di base locale.
  È un range significativo, che è stato modificato ed aumentato nel tempo. Considerato il fallimento di mercato che altrimenti quella realtà avrebbe stando aperto in un luogo che non è in grado di esprimere un sufficiente volume d'affari per giustificare l'apertura, permette in realtà di tenere aperto il negozio. GiustificarePag. 6
  Per darvi un po' l'idea della dimensione economica della quale parliamo, possiamo vedere che il 2018 è il primo anno in cui sono stati introdotti, anche su nostra sollecitazione, i SIEG (vedi slide n. 6). Siamo partiti con una cinquantina circa e siamo arrivati nel 2024 a 124 esercizi qualificati SIEG, per un importo complessivo di contributi che è intorno ai 3,2 milioni di euro. È destinato a crescere quest'anno e la stima che abbiamo fatto è intorno ai 3,8 milioni di euro sull'esercizio in corso.
  Per entrare adesso nel merito specifico del lavoro sviluppato su Bruxelles per mettere in piedi il sistema SIEG nella nostra realtà, ripasso la parola all'avvocato Cornella.

  SAMUEL CORNELLA, referente diretto per la tematica presso la Federazione trentina della cooperazione. L'esperienza che è stata appena descritta dal direttore è stata considerata, da un recente studio sviluppato da Deloitte per conto della Commissione europea, come un buon esempio di uso non convenzionale della disciplina sui servizi di interesse economico generale (vedi slide n. 15).
  Questo è il primo caso in cui degli esercizi retail di generi alimentari sono stati considerati dei veri e propri servizi di interesse economico generale. Questa qualificazione si giustifica sulla base delle cose che ha detto appena adesso il direttore. Esercitano la loro attività economica in un contesto talmente particolare e sono talmente dei pilastri di comunità, che anche se fanno attività di rivendita retail di generi alimentari, possono essere considerati dei servizi di interesse economico generale in quanto fondamentali per le comunità di riferimento.
  Vorrei spiegarvi come di fatto abbiamo costruito la misura a Bruxelles. Abbiamo prima approfondito giuridicamente l'ipotesi dei SIEG, l'abbiamo verificata in maniera informale con la Direzione generale concorrenza della Commissione europea, che ci ha dato alcune indicazioni per correggere il nostro approccio e per renderlo più efficace.
  Ci siamo poi messi a costruire la misura, in collaborazione con la provincia autonoma di Trento, e dopo i contatti informali che hanno guidato all'ottimizzazione della proposta, l'abbiamo notificata alla Commissione europea e abbiamo avuto una risposta positiva nel giro di ventitré giorni, che per un dossier di questo tipo è la velocità della luce.
  Per ottenere un risultato così rapido servono due condizioni. Innanzitutto abbiamo subito rinunciato al diritto, che verrebbe garantito dai trattati, di interloquire nella propria lingua con le istituzioni europee, altrimenti i tempi di traduzione ci avrebbero portato fatalmente alle calende greche. Quindi, l'interlocuzione è avvenuta subito in lingua inglese. Poi, abbiamo cercato di declinare la proposta secondo un solido approccio di diritto europeo, sul quale il nostro ufficio, che è presente a Bruxelles da fine anni Novanta, ha sviluppato una expertise specifica nel corso del tempo. In definitiva, per veicolare il concetto bisogna parlare la stessa grammatica di base delle istituzioni.
  Nella presentazione vengono fornite alcune brevi riflessioni tecniche per illustrare il lavoro che viene svolto a Bruxelles (vedi slide n. 16). Alla luce dell'esperienza che abbiamo maturato, noi crediamo che sia sempre importante partire concretamente dalla tipologia di attività economica esercitata. Non si parte mai dalla forma di impresa. Noi non abbiamo mai chiesto aiuti a favore delle cooperative o a favore di altri generi di impresa, abbiamo chiesto aiuti estesi a tutti coloro che svolgono determinate attività, in contesti non semplici.
  Una seconda cosa da dire è che credo si sia trovata una soluzione di puro diritto europeo (vedi slide n. 17). Infatti, il protocollo 26 del Trattato sull'Unione europea dice che, nell'interpretare i bisogni del territorio, c'è forte discrezionalità delle autorità statali nazionali, perché sono le uniche che conoscono veramente i bisogni del territorio. Quindi, questa discrezionalità c'è e deve essere utilizzata, perché è un margine di manovra molto ampio che viene lasciato nell'ambito della disciplina sugli aiuti di Stato, che altrimenti è estremamente stringente. Ebbene, noi riteniamo – è una cosa che ci sta a cuore come trentini – che esercitare questa discrezionalità sia un sintomoPag. 7 di autodeterminazione, sia un sintomo di autonomia dei territori, che noi riteniamo una cosa molto positiva.
  Utilizzare la disciplina sui servizi di interesse economico generale (SIEG) ci permette anche di risolvere molti problemi legali (vedi slide n. 18). È noto, infatti, che gli aiuti di Stato concessi alle imprese adesso devono essere registrati nel Registro nazionale degli aiuti di Stato, pena l'inefficacia dell'aiuto o addirittura la responsabilità del funzionario che eroga l'aiuto. Quindi, con il discorso dei super de minimis concessi ai SIEG si può fare la corrispondente registrazione nel Registro nazionale degli aiuti di Stato. La possibilità di accedere al super de minimis, che ha un massimale, dall'inizio del 2024, di 750 mila euro, anziché 300 mila del de minimis ordinario, ci permette di risolvere il problema della saturazione de minimis.
  Alcune cooperative che avevano dieci, dodici, tredici esercizi montani percepivano aiuti che andavano a saturare tutto il de minimis di queste imprese, precludendo loro l'accesso ad altre misure de minimis, solo per tenere aperti questi negozi in montagna. Quindi, il problema della saturazione viene risolto in quanto abbiamo un massimale più ampio. Inoltre, una cosa che sta molto a cuore alle amministrazioni locali è che con il de minimis non ci sono rendicontazioni. Quando si concede un aiuto de minimis, questo viene dato in forma ultra-semplificata, così si elimina tutto il carico burocratico in coda.
  Noi riteniamo che l'esperienza che abbiamo fatto con il super de minimis sia molto utile, perché permette di ragionare su traguardi futuri ulteriori, uno dei quali potrebbe essere quello di accedere, sempre sui capitoli del SIEG, alla decisione 2012/21/UE, e qui le compensazioni possono arrivare fino a 30 milioni di euro all'anno (vedi slide n. 19). Chiaramente bisogna costruire la misura con più rigore, dal momento che si esce dal limite del de minimis e si va su vere e proprie compensazioni di obblighi di servizio pubblico. Per un caso semplificato come questo il de minimis era sufficiente, per casi più complessi magari la decisione 2012/21/UE potrebbe risultare utile.
  Ci sono già esperienze sul territorio che ci dimostrano come la disciplina SIEG possa essere utilizzata anche per altre attività, una delle più importanti è per i servizi di assistenza alla persona. Assistenza domiciliare, cura degli anziani e via dicendo rientrano, per esplicita previsione del diritto europeo, all'interno della disciplina dei SIEG, quindi le imprese che operano in questi settori delicatissimi del welfare potrebbero essere supportate anche su questi capitoli. Ma ci possono essere anche usi ulteriori, come all'interno delle politiche di reinserimento lavorativo o addirittura nel caso degli sportelli bancari, laddove siano presidio unico sui territori, permettendo l'accesso al sistema dei pagamenti e al risparmio alle popolazioni locali.
  Un'ultima annotazione, e concludo per la mia parte. È molto importante che su questi temi ci sia un'adeguata formazione per le amministrazioni locali. Molto spesso le occasioni sono lì, ma le amministrazioni locali fanno fatica a utilizzarle per mancanza di conoscenza. Questo non lo diciamo solo noi, ma l'ha detto anche di recente la Commissione europea nel suo Piano d'azione per l'economia sociale. Quindi, bisogna investire molto in conoscenza del diritto europeo e dell'armamentario amministrativo che sta alla base, perché con i SIEG bisogna sviluppare un atto di incarico, un sistema di compensazione. Insomma, bisogna curare la parte amministrativa in modo particolare. Però, noi riteniamo che con una maggiore formazione questo sia un risultato raggiungibile. Comunque, a Trento abbiamo avuto un'esperienza felice, ma ci sono molte esperienze felici – ne parlavamo prima con l'onorevole – anche in Friuli, dove c'è un approccio molto avanzato in termini di diritto europeo.

  ALESSANDRO CESCHI, direttore generale della Federazione trentina della cooperazione. Chiudo velocemente solamente per segnalare che abbiamo caricato tutta la documentazione di riferimento, raggiungibile tramite un QR code (vedi slide n. 20). Oltre a quella che abbiamo visto e citato, abbiamo caricato anche le delibere della giunta provinciale di concessione dei contributi.Pag. 8 Nell'atto, infatti, si ricostruisce in maniera molto puntuale tutto l'iter logico e giuridico che sta alla base del provvedimento. A titolo di esempio è indicato un atto di incarico che viene materialmente sottoscritto tra l'amministrazione provinciale che assegna alla famiglia cooperativa il compito di esercitare una serie di funzioni e la famiglia cooperativa che, dall'altra parte, accetta di svolgere quelle funzioni, alle condizioni stabilite dall'atto di incarico. È una specie di contratto pubblico-privato con il quale il pubblico incarica il privato, in questo caso la famiglia cooperativa, di svolgere determinate funzioni.
  Voglio sottolineare solamente due aspetti, velocemente. Come ha già detto prima l'avvocato Cornella, ma lo ribadisco perché lo ritengo importante, queste misure che sono state sviluppate su istanza della Federazione trentina della cooperazione in realtà sono aperte a tutti i gestori di attività di questo genere. Per darvi una dimensione, fatto 100 il volume complessivo delle risorse disponibili sul bilancio provinciale, oggi il 75 per cento è appannaggio delle cooperative, il restante 25 per cento è utilizzato da altre forme giuridiche. Quindi, è aperto per definizione a tutti.
  Il secondo aspetto riguarda il fatto che questo lavoro ha visto il coinvolgimento anche della nostra centrale nazionale, Confcooperative – l'avvocato Cornella è distaccato da noi e opera presso l'ufficio di Confcooperative a Bruxelles – e con loro, in particolare con il dottor Leonardo Pofferi, ma più in generale con tutta la struttura di Confcooperative di Roma, in particolare con il dottor Marco Venturelli, che so che qualcuno di voi conosce anche personalmente, abbiamo portato avanti questo progetto.
  Chiudo con un'ultima sottolineatura. Come ha poc'anzi ribadito l'avvocato Cornella e come intendo ribadire anch'io, molto spesso noi andiamo a stimolare, a ricercare, quasi a esigere la previsione di specifici provvedimenti di livello nazionale o di livello europeo, ma ci scordiamo di quelli che sono già disponibili. Ebbene, io credo che tutto lo spazio che viene offerto dai provvedimenti citati dall'avvocato Cornella, in particolare dal tema SIEG, sia un fronte sul quale le nostre pubbliche amministrazioni, di qualunque livello, statale, regionale, provinciale e comunale, devono abituarsi a ragionare e con il quale devono abituarsi a lavorare, perché tali provvedimenti costituiscono strumenti già disponibili oggi e che, quindi, possono essere utilizzati a favore delle nostre imprese. Quindi, il tema della formazione e dell'approfondimento su questo fronte risulta strategico, perché gli altri Paesi europei sono molto più bravi di noi ad approfittare di questi spazi, a utilizzarli legittimamente al meglio, nell'interesse delle proprie imprese. Quindi, un piano innanzitutto di informazione per conoscere queste opportunità e poi di formazione per poterle utilizzare nella maniera più corretta e utile possibile ritengo sia una delle prime cose che devono essere messe in campo.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO CANDIANI. Ritengo estremamente interessante l'audizione, e ringrazio in questo senso sia i nostri ospiti sia l'onorevole De Monte per la proposta.
  Lancio delle domande, messe anche in disordine, se vogliamo.
  Prima questione. Quello che voi avete fatto è stato possibile perché è una regione a statuto speciale, perché ci sono delle regole che l'hanno consentito oppure è un'esperienza mutuabile anche in altre realtà d'Italia, in altre regioni italiane? Per quanto riguarda la quantità di risorse impegnate, in termini proprio di utilizzo di fondi europei, chiaramente avete messo un termine al de minimis superato 750 mila. Mi sembra una cosa molto importante e molto interessante. Anche lì, vorrei comprendere se c'è una statistica o qualcos'altro che dica più o meno dove si è livellato, sul massimo, sul minimo, sull'attribuzione, quanto è stato speso di fondi europei e con quale efficacia. Quella sull'efficacia è una domanda retorica, perché ho letto anche il report che avete inviato, e ne deriva.Pag. 9
  È chiaro che questa è una soluzione molto, molto, molto importante per realtà estremamente in difficoltà. Nelle caratteristiche che avete messo si parla di situazioni dove veramente il Paese rischia di scomparire, perché devono esserci determinate condizioni. Ad esempio, che non ci sia un altro negozio nello stesso comune. Mi viene la pelle d'oca se penso a chi ci abita, perché sono proprio isolati. Il comune abitato ha più di 100 abitanti, i negozi si trovano in altitudine eccetera.
  Secondo voi, ci possono essere delle formule anche di tutela di attività artigianali – chiamiamole così – tradizionali tipiche, ma fuori da questo tipo di realtà? Mi spiego meglio. Chi possiede un negozio per la vendita di prodotti artigianali svolge anche un'attività pubblica, quindi diventa un punto di riferimento per una comunità che, altrimenti, è disarticolata rispetto al centro amministrativo. Questa, però, è in sé stessa un'occasione che consente di mantenere un'attività commerciale. Ci sono anche delle attività che oggi vengono, sostanzialmente, nelle grandi città schiacciate – qui entriamo certamente in un tema delicato – dalla concorrenza.
  Lancio un tema banale, tanto per rendere l'idea. Se uno va in Via dei Sediari ci sono gli impagliatori, forse sono rimasti uno o due negozi. È ovvio che quello sul mercato non ci sarà mai ed è ovvio che in una realtà nella quale può avere anche un significato – ripeto, è un tema delicato – turistico, ma è certamente legato a quella realtà, riuscire a mantenere quel tipo di attività consente una identità per quella comunità. Stiamo parlando, però, di qualcosa che probabilmente se vado su Amazon me la portano a casa e mi costa anche meno. Anche qui, vorrei sapere se ci sono, secondo voi, delle modalità per muoversi in maniera intelligente, ma al di fuori delle situazioni di difficoltà, là dove invece occorre una scelta che sia più legata al mantenimento della carta d'identità del luogo, di come il luogo si caratterizza.
  Le condizioni di qualifica sono stabilite (articolo 3-bis), nel caso del Trentino, dalle scelte della regione? Può esserci tranquillamente un comune a quota zero sul livello del mare, su un'isola o una realtà di quel tipo. Vi chiedo questo per essere più preciso nella mia capacità di comprenderlo.
  Questo vale per il Trentino, ma ovviamente sono condizioni di difficoltà che possono essere adattate alla realtà.
  Grazie.

  ISABELLA DE MONTE. Signor presidente, ringrazio gli auditi per questa interessante illustrazione. Ringrazio anche il collega Candiani. Grazie a questa indagine conoscitiva abbiamo la possibilità di approfondire tanti temi che riguardano l'Unione europea. Se analizziamo anche un punto che voi avete toccato, cioè un documento della Commissione, se non erro, che illustra le buone pratiche, se noi in Italia non lo conosciamo vuol dire che un po' di strada dobbiamo ancora farla, a proposito di condivisione di queste famose buone pratiche, ma soprattutto renderle fruibili a tutti i territori.
  Quella del Trentino – io la conosco – è una realtà molto avanzata sotto vari punti di vista, in termini innovativi, proprio in relazione anche ai rapporti con l'Unione europea, però noi facciamo un buon servizio se poi tutte queste opportunità le rendiamo utilizzabili anche dalle altre regioni.
  Faccio una sottolineatura. Parliamo finalmente anche di un'Unione europea dei territori, delle persone e anche dei piccoli importi. Noi siamo abituati a sentire citare importi notevoli, anche in termini di aiuti di Stato (aviazione e tanti altri campi), però in realtà conosciamo un profilo dell'Unione che va anche su piccole somme, tutto sommato. Voi avete trovato, devo dire in maniera molto intelligente, la possibilità di spendere queste cifre proprio per esigenze concrete. Chi viene, come noi, dalle zone montane sa che questo problema dello spopolamento esiste, che l'urbanizzazione è un fenomeno ancora molto importante.
  Con questa premessa, arrivo a due brevi domande. La prima è sull'articolo 3-bis. Soprattutto la prima è una condizione molto stringente: che non ci siano altri negozi nello stesso comune o nello stesso centro abitato. Voi avete giustamente detto che se un comune è turistico non è giusto che noi supportiamo anche Pag. 10con altre cifre. Quello che interessa, a me in particolare, è sapere se questo criterio possa essere un po' più flessibile: comuni che oggettivamente hanno un grosso problema di spopolamento, ma che magari i negozi li hanno, se possono diventare a loro volta destinatari di questo tipo di risorse, nella discrezionalità dei fondi messi a disposizione a livello, nel vostro caso, provinciale e in altri casi regionale.
  La seconda domanda è se avete già – poiché è un progetto partito, se non erro, nel 2018 – dei dati riguardo all'obiettivo da raggiungere. Se l'obiettivo da raggiungere è limitare lo spopolamento, se avete anche dati in questo senso. Sarebbe importante conoscere se la ricaduta effettivamente è quella voluta, desiderata. Se altre regioni riuscissero a mettersi nella scia sarebbe obiettivamente un gran bel risultato, che potremmo anche promuovere nelle nostre regioni.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Mi associo a tutte le considerazioni e anche ai quesiti posti dai colleghi.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  SAMUEL CORNELLA, referente diretto per la tematica presso la Federazione trentina della cooperazione. Parto con i profili più giuridici, per poi lasciare sulle risorse, sulla parte economica, la parola al direttore.
  Andiamo in ordine. Per quanto riguarda il tema della provincia autonoma e dello statuto speciale, in realtà non c'è alcuna correlazione tra l'autonomia riconosciuta dal diritto interno e quanto si è riuscito a fare sulla base delle disposizioni europee. Le disposizioni europee danno piena discrezionalità all'ente finanziatore, quindi potrebbe essere una regione a statuto ordinario, potrebbe essere una provincia, potrebbe essere addirittura un comune. Quello che il diritto europeo richiede è che l'ente finanziatore si interroghi se quell'attività è economica, non è economica o è di interesse economico generale, quindi un'attività economica di carattere particolare. La discrezionalità viene riconosciuta in maniera molto diffusa, in giù fino alle autonomie comunali.
  Per quanto riguarda l'estensione possibile del ragionamento alle attività artigianali, la vedo un po' difficoltosa. Comunque ragioniamo in un'ottica di servizio di interesse economico generale, quindi di assunzione contemporanea di specifici obblighi di servizio pubblico. Queste attività potrebbero essere supportate con flessibilità sugli aiuti di Stato se riescono a rientrare tra le attività culturali esentate. Però, attenzione, per rientrare tra le attività culturali esentate non bisogna avere una prevalente caratterizzazione economica. Quindi, un certo artigianato di qualità che comunque sta sul mercato non si riesce ad aiutarlo attraverso queste misure. Purtroppo non è proprio possibile.
  Per quanto riguarda il discorso, evocato da entrambi gli onorevoli che hanno posto la domanda, delle condizioni, le condizioni possono essere declinate volta per volta sulla specifica situazione di disagio che c'è. Quando noi parliamo del negozio presidio unico o unico negozio andiamo a dimostrare il fallimento del mercato, cioè non c'è un mercato perché c'è un solo operatore. Bisogna, però, considerare singole diverse situazioni, anche di pianura, anche di collina, verificare in cosa si concretizza il fallimento del mercato. 500 metri di altitudine possono essere sostituiti da un altro parametro, ma bisogna andare a verificare quelle che sono nel caso concreto le condizioni di disagio.
  Nell'ambito dei nostri confronti in Commissione europea, nella Direzione generale della concorrenza, che spesso è molto severa, abbiamo incontrato anche un funzionario italiano, del cuneese, il quale ci ha detto che il ragionamento si potrebbe in qualche modo replicare per i territori sparsi delle colline del Piemonte, anche se, ovviamente, con accenni diversi. Quello su cui serve lavorare sono i princìpi: devo capire in cosa si concretizza il fallimento del mercato. Noi lo abbiamo trovato nell'altitudine, nel disagio, nel presidio unico, nel fatto che, comunque, i negozi non assumevano una dimensione molto considerevole in termini di fatturato, e da lì abbiamo ragionato, però ogni territorio deve guardare al proprio disagio, partire da quello, individuare il fallimento di mercato.Pag. 11 Lo si può fare a seconda delle singole situazioni con un approccio sartoriale, ritagliato sui bisogni locali.
  Grazie.

  ALESSANDRO CESCHI, direttore generale della Federazione trentina della cooperazione. Io rispondo in merito alle questioni più economiche. Per quanto riguarda le risorse economiche stanziate, oggi sono circa 4 milioni di euro per la provincia autonoma di Trento. Non sono fondi europei, ma risorse che la provincia autonoma di Trento ha trovato all'interno del proprio bilancio. Quindi, qui non ci sono rendicontazioni da riportare a livello europeo. Sono integralmente finanziate dal bilancio della provincia autonoma di Trento.
  Per quanto riguarda il livello medio dei contributi concessi per ogni esercizio, siamo tra i 16 mila e i 17 mila euro medi, con il top dei 20 mila nel caso di SIEG con convenzione con il comune territorialmente competente, e il minimo di 13,5 in caso di esercizi che gestiscono ed erogano esclusivamente la quota multiservizi.
  Per quanto riguarda il tema delle condizioni di apertura, che l'onorevole deputato citava prima, noi abbiamo oggi due fattispecie diverse. Una fattispecie è quella che viene utilizzata. La seconda che vi cito ve la do come sostanzialmente inserita nelle norme, ma mai utilizzata. Quella che noi utilizziamo è minimo 100 abitanti all'interno della comunità interessata – perché deve esserci un minimo di consistenza, altrimenti oggettivamente non esiste la possibilità materiale che stia in piedi, con l'eccezione che vi riferisco tra un secondo – e le altre condizioni che abbiamo visto prima. In quel caso il 100 è il minimo. La delibera prevede anche una fattispecie, che – ribadisco – non è mai stata utilizzata, qualificando queste aree come particolarmente svantaggiate. Quindi, non solo svantaggiate, ma particolarmente svantaggiate. In quel caso addirittura abbiamo una situazione – ribadisco, mai registrata – dove la condizione, in termini di popolazione, è minimo 5 abitanti, massimo 100. In questo caso, si avrebbe un plus di contributo, perché chi decide di rimanere e di tenere aperto in un luogo in cui ci sono 80-90 residenti ha un coraggio da leone. Le condizioni per tenere aperto e rendere sostenibile quell'attività diventano veramente improponibili, a quel punto. Il fatturato, lo capite anche voi, rischia di essere del tutto insufficiente a garantire queste condizioni di apertura.
  Mi è piaciuta molto la definizione che ha dato prima l'onorevole deputata De Monte sull'Unione europea dei piccoli territori. Questa, secondo me, è la grande sfida che bisognerebbe rilanciare. Questo parte, però, dalla capacità dei singoli piccoli territori di affermare la propria capacità di dialogare con il Sistema Europa. Questa credo sia una sfida rilevante. Gli strumenti esistono, si dovrebbe lavorare perché questi aumentino in termini di disponibilità generale. Il Piano per l'economia sociale sicuramente sarà un grande banco di prova in questo senso, ma poi c'è una responsabilità, anche individuale, che ciascuno deve esercitare fino in fondo.
  Per quanto riguarda la domanda sul fatto che questo strumento sia risultato efficace, come antidoto nei confronti dello spopolamento, in realtà se noi lo consideriamo singolarmente è difficile rispondere. Il dato, ovviamente, è aggregato. Servono politiche generali per favorire la permanenza della gente in montagna. Oggi tutti noi sappiamo che se non abbiamo un minimo di servizi dove abitiamo, alla prima occasione utile tendiamo a spostarci. Questo è un fattore normale, naturale, legato al fatto che la vita oggi non è quella di cinquant'anni fa, quindi tutta una serie di servizi diventano assolutamente necessari. Pensate agli asili nido, per favorire la permanenza e un ritorno al lavoro da parte delle mamme, piuttosto che a servizi di trasporto pubblico che arrivino anche nelle periferie più lontane, per garantire che le condizioni di vita siano oggettivamente comparabili.
  Il nostro dato, parlo di Trentino, ovviamente, soprattutto negli ultimi vent'anni, è molto sporcato, in qualche modo, dal fenomeno turistico. Noi abbiamo oggi una fortissima stagionalità turistica, i tre mesi e mezzo, quattro mesi al massimo della stagione invernale e i due mesi, due mesi e Pag. 12mezzo della stagione estiva, dove registriamo picchi di presenza, anche nelle valli più periferiche, estremamente significativi, ma abbiamo, poi, gli altri sette-otto mesi dove la popolazione residente, anche nelle zone turistiche, si trova a convivere con la difficoltà di abitare in zone dove i servizi sono effettivamente scarsi. Il fenomeno dello spopolamento ha fortemente rallentato. Oggi il Trentino, insieme all'Alto Adige, è una delle poche realtà nell'arco alpino dove la popolazione in montagna continua a vivere. Questo deriva da una serie di fattori. La proposta, il lavoro che abbiamo fatto noi è uno dei tanti e non è evidentemente risolutivo.
  Credo, però, che siano piccoli tasselli. Prima abbiamo messo l'immagine del puzzle in una delle slide che abbiamo mostrato (vedi slide n. 4), proprio perché è un fenomeno complesso. Le risposte a fenomeni complessi non possono che essere risposte complesse. È un tassello che noi riteniamo assolutamente importante per continuare a garantire questi servizi sul territorio.
  Aggiungo un'ultima riflessione. Questo invita anche a una sfida le popolazioni che abitano all'interno di quei territori. Recentemente abbiamo ricevuto una fortissima sollecitazione da un'amministrazione comunale trentina, il comune di Sover, in Val di Cembra, una valle veramente scomoda da abitare. Il sindaco ha registrato la chiusura di un esercizio commerciale che era gestito da una famiglia, da privati, e ci ha fortemente sollecitati a riaprire attraverso una cooperativa presente in quel territorio. È stata lanciata una grande sfida, che ha visto coinvolte l'amministrazione comunale e la popolazione di quel paese. L'impegno è stato quello di aprire a fronte del raggiungimento di un fatturato minimo di vendite all'interno di quell'esercizio. Quel fatturato lo possono garantire solo i cittadini residenti. C'è una responsabilità congiunta: la cooperativa apre, ma non è possibile che poi gli utenti di quel punto vendita vadano a comprare il latte una volta alla settimana o l'accendino, perché se lo sono dimenticati, e che tutto il resto vadano a comprarlo dove costa meno – questo è innegabile – ma in zone centrali.
  Credo che questa partnership tra pubblico e privato da un lato, e cittadini dall'altro, sia la sfida vera che dobbiamo lanciare per garantire un futuro alle nostre comunità.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna della presentazione informatica illustrata dai rappresentanti della Federazione trentina della cooperazione (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.

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