XIX Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 10 luglio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DEI PROCESSI D'ATTUAZIONE DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA E DI UTILIZZO DEI FONDI STRUTTURALI E D'INVESTIMENTO EUROPEI PER IL SISTEMA-PAESE.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 3 
Laporta Stefano , presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ... 3 
Fumanti Fiorenzo , responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA ... 6 
Laporta Stefano , presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ... 7 
Fumanti Fiorenzo , responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA ... 7 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 7 
Candiani Stefano (LEGA)  ... 7 
Laporta Stefano , presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ... 9 
Fumanti Fiorenzo , responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA ... 10 
Candiani Stefano (LEGA)  ... 10 
Laporta Stefano , presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ... 10 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti di SVIMEZ:
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 11 
Petraglia Carmelo , consigliere economico di SVIMEZ ... 11 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 13 
Candiani Stefano (LEGA)  ... 13 
Bianchi Luca , direttore generale di SVIMEZ ... 14 
Candiani Stefano (LEGA)  ... 15 
Petraglia Carmelo , consigliere economico di SVIMEZ ... 16 
Giglio Vigna Alessandro , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO GIGLIO VIGNA

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia dei processi d'attuazione delle politiche dell'Unione europea e di utilizzo dei fondi strutturali e d'investimento europei per il Sistema-Paese.
  Saluto e ringrazio il presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), prefetto dottor Stefano Laporta, e il responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA, dottor Fiorenzo Fumanti, anche a nome dei colleghi presenti.
  Do, quindi, la parola ai nostri ospiti, ringraziandoli nuovamente per la disponibilità a svolgere l'odierna audizione e ricordando che il tempo complessivo a disposizione è di quindici minuti.

  STEFANO LAPORTA, presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Buongiorno. Saluto l'onorevole Candiani, che ho avuto già il piacere di conoscere durante la sua precedente esperienza di sottosegretario al Ministero dell'interno. Ringrazio il presidente della Commissione e tutta la Commissione per aver disposto la nostra audizione, che ci dà la possibilità di fornire il nostro contributo in una materia che ovviamente ci interessa anche dal punto di vista generale, perché credo che siamo tutti consapevoli della rilevanza dell'impatto delle norme comunitarie in materia ambientale sulla nostra legislazione e, quindi, sull'attività del nostro istituto.
  Faccio una breve introduzione, visto il tempo assegnato, che dividerò con il collega Fumanti, che lavora presso il Dipartimento per il servizio geologico d'Italia ed è responsabile delle attività che riguardano tutta l'attività mineraria e di conoscenza dell'attività mineraria, uno dei pochi superstiti rimasti, visto che sono cinquant'anni – poi su questo faremo un breve accenno anche per quanto riguarda le previsioni regolamentari – che l'attività mineraria è stata sospesa e, quindi, l'attività conoscitiva è stata ridimensionata, anche se adesso è tornato di stretta attualità.
  L'ISPRA, che ho il piacere e l'onore di presiedere, è un ente pubblico di ricerca, con autonomia statutaria e regolamentare, vigilato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, e fa parte, ai sensi della legge n. 132/2016, del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, che è composto, oltre che dal mio istituto, dalle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, di cui ISPRA effettua il coordinamento tecnico-scientifico, sistema che per legge è presieduto dal presidente dell'ISPRA, quindi da chi vi parla. È un sistema che conta oltre 10 mila addetti,Pag. 4 assicura un monitoraggio ambientale capillare per favorire il raggiungimento di livelli omogenei di protezione ambiente in tutto il Paese, anche attraverso l'armonizzazione dei metodi impiegati dalla rete delle infrastrutture e dei laboratori accreditati.
  Tra le funzioni di ISPRA attinenti al tema dell'odierna audizione cito la creazione dei quadri conoscitivi nazionali dello stato dell'ambiente, delle pressioni su di esso e delle misure, garantendo quindi un'attività istituzionale di reportistica ufficiale sulle principali tematiche ambientali, che poi si esprimono attraverso la produzione di rapporti periodici, normalmente annuali, cito il rapporto sulla produzione dei rifiuti urbani e speciali e il rapporto sul consumo di suolo. La nostra produzione tecnico-scientifica è numericamente e qualitativamente notevole.
  Fa parte del Sistema statistico nazionale, predispone metodi di analisi di dati, indicatori e indici per le attività di reporting ambientale e assicura la realizzazione del Sistema informativo nazionale ambientale, tramite il quale dati e informazioni vengono raccolti ed elaborati.
  Gestiamo le reti e i sistemi nazionali per il rilevamento mareografico e ondametrico e le previsioni sullo stato del mare e assicuriamo attività di sorveglianza e controllo documentale a carico delle installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, nonché l'esecuzione di visite ispettive ordinarie e/o straordinarie presso le suddette installazioni.
  Ho fatto questa brevissima e non esaustiva carrellata dei compiti proprio per far capire quanto le decisioni comunitarie possano impattare sulla nostra organizzazione e sulla nostra attività.
  Faccio anche un brevissimo inciso preliminare in merito ai rapporti dell'ISPRA con l'Agenzia europea dell'ambiente, di cui sono da qualche mese vicepresidente, quindi ho anche questa responsabilità ulteriore. Contribuiamo all'implementazione del regolamento del 1990 che istituisce l'Agenzia europea dell'ambiente e la Rete europea di informazione e osservazione in materia ambientale (EIONET), siamo i cosiddetti «national focal point» e, quindi, forniamo all'agenzia i dati ambientali necessari per lo svolgimento delle attività di valutazione e reporting e dei compiti istituzionali dell'agenzia stessa. Siamo national focal point per la rete EIONET e partecipiamo attivamente alle attività e ai gruppi di lavoro della rete, dove sono attivamente impegnati oltre cento tra colleghe e colleghi dell'ISPRA.
  Abbiamo anche un network su base volontaria, che si chiama EPA Network, un network informale dei capi delle agenzie ambientali europee dei diversi Stati membri, che ha l'obiettivo di consentire, in una situazione informale, scambi di esperienze e informazioni tra le diverse agenzie proprio per individuare approcci armonizzati alla risoluzione di problematiche comuni nel far fronte alle diverse sfide ambientali.
  Come vi dicevo prima, per quanto riguarda le relazioni con l'Agenzia europea, ISPRA è parte del management board dell'agenzia, su indicazione del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. Inoltre, sempre su indicazione del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica sono stato designato, in rappresentanza del ministero, quale vicepresidente italiano dell'Agenzia europea dell'ambiente.
  Vorrei fare un breve elenco, per darvi l'idea, dei regolamenti che sono stati recentemente approvati a livello europeo e che impattano sulle nostre attività, sia quelli approvati, sia quelli che sono in via di approvazione. Mi sono limitato a riportare quelli dell'ultimo anno per ragioni di tempistica dell'esposizione. Il regolamento sul fine vita dei veicoli di luglio 2023, il regolamento relativo all'ecodesign per prodotti sostenibili di dicembre 2023, la revisione del regolamento sui rifiuti delle navi di novembre 2023, il regolamento sul nature restoration law approvato qualche settimana fa, al netto della posizione politico-istituzionale del nostro Paese, che non è certo mio compito commentare né valutare, comunque è un regolamento che poi dovrà essere attuato nel nostro Paese e che determina impatti sulle nostre attività. Inoltre, sono in corso di negoziazione – può essere utile per la Commissione conoscerli, Pag. 5anche se sono sicuro che già li conosciate – i regolamenti relativi agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggi, il regolamento sulla comunicazione dei dati ambientali degli impianti industriali e dell'istituzione di un portale delle emissioni industriali, gli ex PRTR (pollutant release and transfer register).
  Ci sono, infine, le legislazioni proposte dalla Commissione che afferiscono alle politiche del clima che sono state previste nell'European Green Deal, che hanno raggiunto un accordo preliminare e che la vecchia Commissione ha indicato quali prioritari da dover definire, quali la revisione del regolamento sugli F-Gas, il regolamento sulla riduzione delle sostanze lesive della fascia di ozono, la legislazione per il clima proposto alla Commissione europea nel 2022 e in corso di negoziazione, che riguarda la certificazione per la rimozione dell'anidride carbonica e la revisione del regolamento sulle emissioni dei veicoli pesanti. Queste sono state proposte nel 2023 e il lascito della vecchia Commissione – chiaramente dipenderà dalla nuova Commissione e dal nuovo Parlamento – era quello di approvarle entro la fine del 2024.
  Vorrei soffermarmi brevemente su un altro elemento, prima di dare la parola al collega Fumanti, per stare nei tempi che il presidente ci ha assegnato, per poi lasciare spazio a eventuali domande. Ovviamente, confermo sin d'ora la disponibilità totale dell'ISPRA rispetto alle attività della Commissione, anche attraverso produzione di documenti o ulteriori scambi di informazioni, contatti o documenti tecnico-scientifici che dovessero essere necessari.
  Noi svolgiamo, come vi dicevo in apertura, anche attività di reporting, che rappresenta un'attività centrale dell'ISPRA, proprio perché l'importanza dei dati in materia ambientale è fondamentale, in particolare sia per formare il quadro conoscitivo nazionale sia per contribuire alla formazione del quadro conoscitivo a livello europeo. Sono informazioni obbligatorie sull'attuazione di provvedimenti a favore dell'ambiente, che sono richiesti sulla base di specifici strumenti legislativi o di cooperazione. È un'espressione, quella del reporting ambientale, che in un'accezione più ampia oggi comprende l'informazione e la comunicazione sull'ambiente.
  Le nuove esigenze normative ambientali, sia esse di natura europea che nazionale, richiedono informazioni sempre più rigorose e tempestive a supporto e in attuazione delle politiche ambientali. Quindi, già sin d'ora diciamo che abbiamo la necessità di suggerire l'incremento, l'ampliamento e anche l'adattamento dei monitoraggi ambientali per il monitoraggio di alcune situazioni nuove che possono incidere sulle matrici ambientali, penso al tema dei nuovi inquinanti emergenti, ma anche per aumentare i dati di base necessari per popolare i nuovi indicatori ambientali che sono funzionali al monitoraggio delle diverse iniziative.
  Voglio soffermarmi brevemente su due regolamenti. Il primo è quello sul nature restoration law. Dicevo prima, non è mio compito formulare valutazioni di carattere politico-istituzionale, però segnalavo qualche settimana fa, in occasione di un convegno organizzato dal Ministro Musumeci e dal Ministro Pichetto Fratin sui fiumi tombati, che ci sono misure che hanno impatti sulle nostre attività e che potrebbero anche essere utili a censire alcune situazioni, penso al tema dei fiumi tombati, e l'articolo 9 di quel regolamento prevede l'obbligo per gli Stati membri di istituire un registro delle barriere idrauliche. Questo ovviamente ci consentirebbe, se opportunamente declinato dal punto di vista organizzativo e finanziario, di avere una situazione aggiornata su una materia molto delicata, che ha effetti diretti per quanto riguarda il fenomeno del dissesto idrogeologico e anche effetti di protezione civile.
  Il secondo regolamento su cui vorrei soffermarmi è quello sulle materie prime critiche, rispetto a cui osservo che l'accelerazione nell'approvazione sotto forma di regolamenti dell'ultimo anno è stata giustificata, almeno formalmente, da un lato, con l'attuazione delle politiche del Green Deal e, dall'altro, nel caso delle materie prime critiche, con la situazione geopolitica internazionale, che vedeva un accordo a livello governativo europeo per poter arrivarePag. 6 a una definizione di alcuni aspetti tecnici previsti nel regolamento, che sono necessari perché l'Europa possa esercitare un ruolo di carattere complessivo, oltre che sono necessari per avere una situazione aggiornata su questa materia. La materia dei critical raw materials come ISPRA da tempo l'abbiamo segnalata come urgente e adesso ha trovato sponda non solo nel regolamento, ma anche nel decreto-legge che è in fase di attuazione.
  Grazie, presidente.

  FIORENZO FUMANTI, responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA. Buongiorno e grazie.
  Riprendo quest'ultimo tema richiamato dal presidente Laporta relativo all'accelerazione avuta dal regolamento sulle materie prime critiche. La questione critical raw material è in discussione in sede europea dal 2008, da quando si è cominciato a manifestare come la dipendenza dai mercati esteri avesse notevole impatto sull'industria europea e italiana in particolare. Ovviamente, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha evidenziato cosa significa la dipendenza da un Paese solo nel caso del gas, ma ha fatto mancare da un giorno all'altro, ad esempio, 4 milioni di tonnellate di caolino, che rappresenta il pane dell'industria ceramica emiliana, ma anche spagnola e francese. Questo ha costretto l'industria a dover rivedere tutto il sistema di produzione, con impatti notevolissimi. Peraltro, con i tempi e con l'attuale situazione in Ucraina è evidente che prima di 10-15 anni non si ritornerà alla normalità da quel punto di vista.
  Questo ha spinto la Commissione a intraprendere un percorso molto veloce, che comunque è stato condiviso in tutto il suo iter, anche dall'Italia, tramite i lavori del tavolo nazionale materie prime critiche, che ha interessato il regolamento in tutti i suoi aspetti. Come servizio geologico ci siamo occupati della parte relativa al mining, quindi alle questioni estrattive, altri enti, l'ENEA soprattutto, si sono occupati di tutta la parte relativa all'economia circolare. Questo per dire che, comunque, quanto previsto nel regolamento è stato ampiamente condiviso anche a livello nazionale. Nel nostro gruppo erano presenti anche tutte le regioni, ovviamente la componente tecnica, non la componente politica.
  Il decreto-legge 84/2024 ci affida compiti ben precisi, che sono stati evidenziati dall'attuazione del regolamento. In particolare, l'articolo 10 del decreto-legge n. 84/2024 riprende l'articolo 19 del regolamento, che impone a tutti gli Stati membri di dotarsi di un programma nazionale minerario per definire le potenzialità minerarie dello Stato membro. È un lavoro certamente impegnativo. Considerate soltanto che in Italia quelli che sono attualmente i minerali critici, con poche eccezioni, non sono più estratti da circa trent'anni. Attualmente gli unici minerali critici di cui disponiamo e abbiamo miniere in produzione sono i feldspati, che si usano per l'industria ceramica, e la fluorite, di cui si è appena riaperta un'importante miniera a Silius, in Sardegna, e c'è una miniera vicino a Bracciano. Gli altri materiali critici non vengono più estratti.
  Ci troviamo, pertanto, in una situazione in cui avremo l'incarico di fare il programma nazionale, ma non abbiamo forze interne sufficienti per poterlo fare. Però, abbiamo costruito nel tempo un importante network con tutte le università, i centri di ricerca e le strutture regionali, che rappresenterà la base per l'esecuzione del piano. Il programma verrà elaborato da un gruppo di lavoro in cui saranno presenti l'ISPRA e i maggiori esperti minerari italiani, riprendendo anche alcuni che sono stati messi in pensione – i ricercatori non vanno mai in pensione – che si sono dichiarati più che disponibili a dare il loro contributo. Poi, l'attuazione sarà fatta in stretta collaborazione con le università e i centri di ricerca nazionali, facendo ricorso a piccole e medie imprese nazionali per quanto riguarda la parte pratica (esecuzione di rilievi geofisici e geochimici e via elencando).
  C'è un altro aspetto estremamente importante del decreto, che noi abbiamo cercato negli anni di definire e chiarire, vale a dire la questione relativa ai rifiuti estrattivi abbandonati. Abbiamo circa 200 milioni di Pag. 7metri cubi di rifiuti estrattivi abbandonati in Italia, che sono una potenziale risorsa di materie prime critiche. Finora non potevano essere coltivati in quanto si ricadeva nella normativa dettata dal decreto legislativo n. 152/2006 e non nella normativa mineraria. Con il nuovo decreto, invece, avremo la possibilità di fare la caratterizzazione e anche, eventualmente, se ne sussistono i requisiti, la loro coltivazione.
  Grazie.

  STEFANO LAPORTA, presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Presidente, se posso permettermi, vorrei chiudere sottolineando tre aspetti, vista l'occasione, per utilità della Commissione, ma anche nostra.
  In alcuni casi la velocizzazione dell'approvazione dei regolamenti porta a non considerare alcuni aspetti che pure il collega, per esempio, tra le righe, ha già delineato.
  Per esempio, in questo regolamento non vengono tenute in conto esigenze che pure noi avevamo segnalato rispetto alla necessità di formare persone nuove, perché l'attività mineraria, non solo in Italia, ma in tutta Europa, non è attualizzata per tante ragioni. Non entro nel merito delle ragioni che hanno determinato la sospensione dell'attività mineraria, però certo è che oggi, come diceva il collega, dobbiamo chiedere il contributo anche a colleghi e colleghe che hanno già cessato la loro attività lavorativa. Per carità, questo è un bene sotto un certo punto di vista, però è evidente che abbiamo la necessità anche di formare.
  Poi, se posso ancora permettermi, forse sarebbe opportuno che nella valutazione ascendente, nell'impatto, si tenesse conto anche degli impatti sulle organizzazioni nazionali che spesso sopperiscono o fanno fronte alle esigenze che si vengono a determinare attraverso il networking. Dobbiamo, però, avere anche risorse per poter implementare le infrastrutture tecniche, le infrastrutture informatiche.
  Alcuni di questi dati nuovi che stiamo raccogliendo poi fanno parte di informazioni sensibili e quindi rientreranno nel perimetro dei dati che poi sono soggetti alla normazione particolare che riguarda la cybersicurezza, per la quale bisogna poi creare le infrastrutture specifiche, oltre ovviamente alla possibilità di poter reclutare personale nuovo che possa anche aiutarci ad adempiere alle nuove funzioni.
  Sotto questo aspetto, che non riguarda però solo le attività relative al decreto-legge sulle attività minerarie, se può essere utile, lavoriamo nei tavoli tecnici e cercheremo di portare il nostro contributo anche per far capire che l'impatto poi è molto concreto ed è a cascata sulle strutture e sulle infrastrutture degli enti che poi sono chiamati a concorrere e ad attuare.
  Grazie.

  FIORENZO FUMANTI, responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA. Noi non partiamo dal nulla. Abbiamo già un database nostro, che raccoglie tutti i dati pregressi. Quelli saranno alla base del nuovo Piano nazionale minerario. Stiamo lavorando per il recupero di quanto è stato fatto in passato. Stiamo cercando di recuperare tutto al meglio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO CANDIANI. Ringrazio innanzitutto i nostri relatori e il prefetto con cui poi corrispondo nel ricambio di saluti e di cordialità.
  Il tema è particolarmente caldo e importante. Noi abbiamo iniziato, prefetto, questo ciclo di audizioni sull'attuazione del diritto europeo, sull'efficacia dello stesso e, ovviamente, sull'utilizzo delle risorse. È indubbio che è in corso, chiamiamola così, una dinamica. Non voglio mettere aspetti qualificanti, se positiva o negativa, ma una dinamica che porta l'Unione a indirizzarsi sempre più frequentemente verso l'emanazione di regolamenti rispetto, invece, all'adozione di direttive.
  Questo, se in una situazione può essere ovviamente valutato come un percorso stringente rispetto a una omogeneità di applicazione dello stesso, porta a difficoltà di Pag. 8attuazione in merito al recepimento e nel caso specifico comprime, indubbiamente, l'azione parlamentare, l'azione e la validità dei Parlamenti nazionali.
  Nel caso specifico parliamo delle materie prime scarse. Qui ci troviamo di fronte a un decreto. Ci troviamo di fronte a un decreto che darà poco spazio di modifiche o di attuazione. Lo spazio, quindi, che resta all'azione parlamentare è compresso, ma è oggettivo. Se è stato fatto un lavoro a monte di costruzione, quel vestito sarà messo su misura.
  La domanda che però mi pongo è questa: nella costruzione da parte degli organismi unionali come è stato e se c'è stato un coinvolgimento da parte di ISPRA.
  È ovvio che se vengono raccolte delle sollecitazioni, ci si confronta poi con gli stakeholder e vengono ovviamente tenuto in conto anche le differenti caratterizzazioni nazionali, ci sono Paesi che sono certamente più inclini al commercio ed altri che sono più inclini alla produzione. Ci sono difficoltà in questo senso? Se viene costruito un percorso, mi aspetto, ovviamente, che il famoso vestito, quando è messo, non dia difficoltà.
  La sensazione è che la difficoltà invece nel metterlo tutte le volte ci sia. Prima questione. ISPRA è stata coinvolta? C'è stato un reale coinvolgimento?
  Poi, mi consentirà, Presidente, ma aggiungo delle altre domande. C'è la questione ovviamente delle risorse a disposizione. Il ricorso all'università è lodevole e lo usavo anch'io quando ero sindaco per andare a fare gli studi di fattibilità per la facciata del comune. Rischia di diventare, però, una questione squisitamente accademica. Attenzione perché – qui voglio sollecitarvi nel conflitto nei confronti del Governo – ISPRA deve pretendere gli strumenti a disposizione, non deve andare a cercare in qualche modo, in maniera lodevole, di trovare un modo per tappare le difficoltà operative, perché è indubbio che un conto è una qualificazione anche professionale interna, che si costruisce con il tempo e che ovviamente è stabile rispetto all'utilizzo sporadico, lodevole, di istituzioni esterne che non è detto che abbiano la capacità di una professionalità strutturata come dovrebbe essere.
  I francesi mi risulta che si siano già spesi in questo senso con notevoli risorse. Su questo, vi prego, non abbiate timore, in questa sede, quantomeno in questa sede, se è da fare, a sottolineare eventuali carenze dal punto di vista delle risorse a disposizione, perché, altrimenti, ci pentiremo un giorno di quello che non facciamo oggi.
  In merito alla questione relativa al ricorso dello strumento regolatorio rispetto alla direttiva, che opinione avete? Quali idea vi siete fatti?
  Soprattutto in campo ambientale, lei prima, prefetto, ha indicato alcuni regolamenti. Se facciamo l'elenco tra regolamenti, direttive e ovviamente atti consequenziali, arriviamo più o meno intorno ai settanta documenti, il che dà l'idea che, non voglio adesso azzardare, probabilmente il campo ambientale supera, a livello di normativa, quello economico. Non ho dubbi a dirlo. Se non lo abbiamo superato, siamo lì.
  Tutto questo, però, necessita poi di attuazione. Se nell'attuazione questi regolamenti si sovrappongono e diventano anche ravvicinati i tempi di attuazione e di recepimento, torniamo al discorso iniziale e si rischia di rimanere prigionieri dei desiderata, poco poi capaci di trasformare gli stessi, non per difficoltà organizzative vostre, in quel caso, ma per difficoltà dello stesso sistema ad assorbirle.
  Su questo insisto sempre. Se si fanno delle regole, poi queste devono essere assorbite dal sistema economico, devono essere assorbite anche dal sistema socioeconomico. Aggiungiamo anche quell'aspetto. Se non sono previsti ammortizzatori, se non sono previste anche modalità di incentivo, di sostegno, o si arriva alla frustrazione e quindi al non recepimento, oppure si va incontro oggettivamente a uno scompenso socioeconomico.
  Vengo all'ultimo tema, a cui tengo particolarmente. Casomai mi riservo, presidente, se è possibile, di aggiungere altro dopo. Mi riferisco alla questione del ripristino della natura. Sul ripristino della natura vorrei capire ISPRA che strumenti ha Pag. 9a disposizione oggi, sia in termini di statistica sia in termini di numeri, sia in termini di quantità, non solo aspetti qualitativi, ma anche censimenti e valutazioni sui costi da sostenere.
  È un tema particolarmente caldo nelle zone a deindustrializzazione, sulle bonifiche delle zone industriali dismesse. Ci sono politiche fatte dalla Germania che portano la Germania ad essere oggi in ritardo rispetto all'Italia su alcuni aspetti. Penso, ad esempio, a tutto il tema della conversione rispetto all'energia, rispetto al carbone, che adesso ovviamente cercano di accedere a finanziamenti europei.
  Noi abbiamo fatto negli anni scelte nazionali in alcune direzioni, e penso all'energia in particolare, che ci hanno già portato a spendere direttamente. Se dovessimo andare a competere, ovviamente abbiamo una differenza in termini anche negativi di spese fatte rispetto a quelle non fatte dagli altri. Tuttavia, se c'è un valore ambientale, ad esempio, questo deve essere messo in compensazione.
  Io mi sono abbastanza arrabbiato qualche mese fa, presidente, quando mi sono trovato di fronte al Console francese a Milano, il quale, su un'altra questione, quella dell'inquinamento dell'aria, osservava che abbiamo condizioni ambientalmente peggiori rispetto ad altri e che dovremmo impegnarci di più rispetto a quella risoluzione del problema, trascurando un aspetto, che a mio avviso era una mancanza di coscienza e di conoscenza, ossia che ci sono questioni legate anche a una geomorfologia dei territori, non solo legate all'azione antropica. Salvo che qualcuno voglia comportarsi come in quella trasmissione di Mike Bongiorno, in cui si doveva abbattere il Turchino per liberare dalla nebbia la pianura padana, ci sono aspetti di cui si deve tenere conto.
  Tutto ciò necessita di soldi, risorse, investimenti. Se non ci sono queste coscienze, queste valutazioni in termini oggettivi, rischiamo delle squisite contrapposizioni politiche, che alla fine non producono il risultato voluto dalle normative.
  Ho messo troppa carne al fuoco. Mi fermo. Grazie.

  STEFANO LAPORTA, presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Grazie, onorevole Candiani. Nella domanda c'è già qualche elemento di risposta. Cerco di dare le risposte nei limiti delle mie competenze e del mio ruolo. Certo, ne può aggiungere altre dopo.
  Nella fase di costruzione veniamo coinvolti pressoché costantemente, come supporto al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Salvo nei casi di partecipazione diretta ai gruppi di lavoro dell'Agenzia europea dell'ambiente o dell'EPA Network, a cui ho accennato, il network dei capi dell'Agenzia europea dell'ambiente, network di carattere tecnico-scientifico, il nostro è un supporto dato al Paese attraverso i tavoli che vengono coordinati dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Noi forniamo le notizie e i dati tecnici. Poi, evidentemente, si va in una sede di negoziazione in cui – ha ragione – l'abito dovrebbe essere sartorialmente tagliato, però a volte le misure non sono le stesse per l'Italia e per gli altri 26 Stati membri. Non sempre la posizione italiana viene integralmente recepita e questo, in fase di attuazione, può determinare difficoltà o ritardi.
  L'utilizzo dei regolamenti rispetto alle direttive. Non spetta a me fare un'analisi, una valutazione. Abbiamo avuto diversi regolamenti, che sono stati approvati nell'ultimo anno, che hanno un impatto sulle nostre attività. Noi cerchiamo, nei limiti del possibile, di far fronte attraverso maggiori sinergie con le università, ma non solo, anche con gli altri enti di ricerca e con le altre istituzioni tecnico-scientifiche, cerchiamo di mettere a frutto anche gli strumenti dell'innovazione tecnologica, ma non c'è dubbio che, rispetto ad alcune attività, sarebbe importante mantenere non solo il livello di conoscenza e di competenza, ma anche riuscire a trasmettere e poter esercitare queste funzioni. È evidente che ci sono situazioni che necessitano di essere implementate a livello di dotazioni economiche, che ci servono soprattutto per poter avere il personale necessario. Credo che il capitale cosiddetto «umano» sia tra le Pag. 10prime, se non la prima infrastruttura abilitante rispetto ad alcune attività.
  Abbiamo già segnalato al Governo, tramite il Ministro Pichetto Fratin, la Vice Ministro Gava, il Sottosegretario Barbaro, che riservano attenzione alle nostre attività, quelle situazioni che, a nostro parere, sono le più urgenti da dover fronteggiare, proprio per far fronte agli obblighi a cui lei faceva riferimento.
  Nel caso del decreto che riguarda le attività minerarie, per i compiti che ci sono stati affidati, è stato previsto uno stanziamento di 3,5 milioni, che noi abbiamo segnalato essere il necessario per una start-up, ma non certo per definire tutte le attività.
  L'ha citato lei e sappiamo anche noi che la Francia ha stanziato 72 milioni di euro e ha assunto 100 persone per poter svolgere queste attività, a fronte di una situazione – come diceva il collega – sostanzialmente omogenea rispetto al territorio nazionale. Questo lo abbiamo segnalato. Ci permettiamo, in maniera assolutamente costruttiva e propositiva, di farlo anche oggi in questa sede. So che è all'attenzione, in questa fase, anche del Governo, ma ci auguriamo che questo tema possa avere l'attenzione di tutto il Parlamento, in maniera più generale.
  L'utilizzo del regolamento rispetto alla direttiva. Quando si adotta un regolamento si rischia di tralasciare alcuni aspetti. È successo per quanto riguarda il tema della formazione. Credo sarebbe utile avere sempre, nell'analisi di impatto, anche una ricaduta concreta sulle strutture che, in maniera molto pratica, saranno chiamate a realizzare le attività che vengono stabilite a livello comunitario, poi traslate nell'ordinamento nazionale in forma diretta, nel caso del regolamento, o indiretta, nel caso di direttive o di altri strumenti.
  Passo all'ultima domanda, quella relativa alla normativa ambientale. Dal punto di vista nazionale, evidentemente risentiamo molto della normativa eurounitaria, dell'Unione. A livello nazionale, quindi, è una normativa che ha un impatto molto forte sulle attività non solo del nostro istituto, ma – come dicevo prima – anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente e del SNPA. Uno dei modi con cui cerchiamo di governare la situazione, di far fronte a questa situazione è proprio il coinvolgimento del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente.
  Spero di aver dato, sia pure un po' a volo d'angelo, le risposte che chiedeva il relatore.

  FIORENZO FUMANTI, responsabile della struttura di missione «Gestione sostenibile delle georisorse minerarie» di ISPRA. Per quanto riguarda il coinvolgimento di ISPRA, che citava all'inizio, nel Critical Raw Materials Act abbiamo agito su due fronti: da una parte, come servizio geologico all'interno del network dei servizi geologici europei; dall'altra, come coordinatori del gruppo Mining, del tavolo nazionale di materie prime critiche, insieme a tutto il gruppo di lavoro, quindi università, centri di ricerca, regioni, eccetera.
  Volevo ribadire che, comunque, tutta l'attività che stiamo facendo, a partire dal supporto informatico, è mutuata con gli altri servizi geologici europei. Penso alla costruzione di un database europeo, di cui noi facciamo la parte italiana. Credo che il database verrà utilizzato nella prossima normativa europea. Siamo perfettamente in linea da questo punto di vista.

  STEFANO CANDIANI. Presidente, se è possibile, nei prossimi giorni, ovviamente con il debito tempo che serve, avere dati oggettivi, cioè numeri, le informazioni relative ai siti da bonificare, tutto quello che è quantificabile.

  STEFANO LAPORTA, presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). D'accordo. Questa era una risposta – ha ragione – che avevo omesso di dare. Questo, però, dà l'idea del problema nel suo complesso. Uno degli aspetti che abbiamo sempre messo in evidenza è quello di dover utilizzare in maniera responsabile e sostenibile la risorsa suolo. In questo uso sostenibile c'è anche la necessità di bonificare le aree che sono gravate, a livello nazionale, a livello Pag. 11regionale, da fenomeni di inquinamento consistente, che rappresentano, in maniera spannometrica, intorno al 4-5 per cento di territorio nazionale, tra i SIN e i SIR. Non è poco, soprattutto in un Paese che ha necessità di implementare il discorso sulle fonti rinnovabili in un certo modo.
  Evidentemente, recuperare a una destinazione produttiva frazioni di territorio che oggi sono completamente inutilizzate può essere una priorità, non solo perché si sanerebbe una ferita con i territori, e questo credo sia sotto gli occhi di tutti, sono territori molto colpiti e ne risentono anche sotto il profilo della vita sociale, ma consentirebbe anche di dare una prospettiva diversa. Nello stesso tempo, probabilmente, avremmo già delle soluzioni rispetto alla necessità di dover individuare delle aree o delle zone dove poter insediare attività economiche e produttive.
  Quindi, è proprio un paradigma, se mi permette, tipico – ringrazio per questa domanda – dell'economia circolare.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio i nostri ospiti per le interessantissime informazioni e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di SVIMEZ.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di SVIMEZ, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia dei processi d'attuazione delle politiche dell'Unione europea e di utilizzo dei fondi strutturali e d'investimento europei per il Sistema-Paese.
  Saluto e ringrazio il dottor Luca Bianchi, direttore generale, e il professor Carmelo Petraglia, consigliere economico di SVIMEZ.
  Ringrazio i nostri gentili auditi di essere venuti a questa audizione, richiesta dal questore Scerra.
  Do, quindi, la parola ai nostri ospiti, ringraziandoli nuovamente per la disponibilità a svolgere l'odierna audizione e pregandoli di restare entro i quindici minuti.

  CARMELO PETRAGLIA, consigliere economico di SVIMEZ. Signor presidente, la ringrazio.
  Illustro, almeno nei suoi tratti fondamentali, la memoria che abbiamo prodotto per i lavori.
  Innanzitutto, grazie per questo invito a fornire il nostro contributo ai vostri lavori su un tema che – è inutile dirlo – è al centro delle nostre analisi, sia nell'ambito delle nostre attività istituzionali che di ricerca, per la sua centralità non solo per il mezzogiorno, ma anche per l'intero Paese.
  Per rimanere nei tempi, sarò molto schematico, illustrando i principali aspetti coperti della memoria. Anticipo che sono tre i temi coperti. Il primo ha a che vedere con l'anticipazione di alcuni risultati di uno studio più esteso, che è in via di pubblicazione, che riguarda gli esiti finanziari del ciclo 2014-2020. Schematicamente, alla luce delle tante riprogrammazioni che hanno interessato il ciclo per la sua peculiarità, soprattutto rispetto alla necessità di mobilitare fondi per finanziare misure emergenziali (prima per lo shock pandemico e poi per lo shock energetico), l'obiettivo dello studio è quello di valutare, in qualche modo, se tutto ciò che è avvenuto ha intaccato oppure ha salvaguardato le finalità prioritarie dei fondi, che sono quelle relative al riequilibrio territoriale.
  Schematicamente, in questo studio partiamo dalla ricognizione della programmazione iniziale, concentrandoci sul Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), che è stato quello maggiormente interessato dalle programmazioni, guardando alla programmazione iniziale, articolata per sei ambiti di intervento, ai quali guardiamo riclassificando gli undici obiettivi tematici del ciclo, dopodiché, passando in rassegna le innovazioni che hanno riguardato tanto la normativa europea quanto quella italiana, che ha portato con sé, come conseguenza, diverse riprogrammazioni e riallocazioni delle risorse disponibili tra obiettivi, aree di intervento e così via, guardiamo come sono risultati tutti questi interventi, come hanno inciso sull'entità complessiva delle risorse, ma anche sull'allocazione delle stesse per ambiti di intervento.Pag. 12
  Il secondo tema è legato alle riforme che sono intervenute di recente nell'ambito dell'utilizzo delle risorse europee per il 2021-2027, tema sul quale siamo stati già auditi in Parlamento. Abbiamo pensato di riproporre in questa sede le nostre valutazioni.
  L'ultimo tema riguarda le nostre prime considerazioni rispetto al dibattito che si è avviato sul futuro della coesione nel post 2027, un dibattito che in Italia si sta avviando con un certo ritardo, nonostante la rilevanza del tema, rispetto a quello che sta avvenendo in altri Paesi europei.
  Primo tema, quindi, 2014-2020, gli esiti finanziari del ciclo, come tutto ciò che è avvenuto in termini di riallocazione delle risorse ha condizionato la quantità delle risorse e loro allocazione tra ambiti di intervento, a partire da risorse (parliamo di FESR) dell'ordine di 31 miliardi per il Paese e per il Mezzogiorno dell'ordine di 24,7 miliardi, di cui circa 18 a valere sui POR.
  Un primo aspetto che segnaliamo è che, a partire da queste dotazioni iniziali, è stato adeguato l'incremento della dotazione di circa 1,5 miliardi, intorno al 2018, come conseguenza di un aggiustamento tecnico del quadro finanziario unico a livello europeo.
  Dopodiché, alla luce della flessibilità che è stata introdotta a livello europeo per indirizzare queste risorse per finanziare misure emergenziali, prima per la crisi Covid e poi per lo shock energetico, a supporto di famiglie e imprese, l'utilizzo di queste risorse ha implicato riduzioni dell'ordine di 3 miliardi. Una parte consistente di queste riduzioni ha avuto a che vedere con la scelta operata dalle regioni del sud di rivedere al ribasso il tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi regionali, che era molto più elevato rispetto al 25 per cento fissato per normativa europea, il che ha comportato uno spostamento rilevante di risorse dal FESR alla programmazione complementare, che porta con sé alcune conseguenze che hanno a che vedere, in prospettiva, con la programmazione complementare, caratterizzata da una certa lentezza di avanzamento e anche da problemi di monitoraggio di queste risorse.
  Dall'altro lato, questo spostamento di risorse ha riguardato soprattutto risorse originariamente allocate per interventi infrastrutturali, sia in ambito produttivo che in ambito sociale, quindi reti, infrastrutture per la mobilità e infrastrutture sociali.
  In estrema sintesi, la riallocazione di risorse, avvenuta alla luce di tutte queste riprogrammazioni, e questo è di particolare interesse per la prospettiva meridionale, ha portato con sé uno spostamento di risorse, in generale, da interventi infrastrutturali a misure orientate al supporto delle imprese, quindi misure a favore dei sussidi alle imprese, e solamente in maniera marginale altre misure orientate al supporto di famiglie e imprese durante lo shock energetico.
  L'effetto netto della ricomposizione della spesa va da interventi infrastrutturali, che sono quelli maggiormente rilevanti per la coerenza rispetto al riequilibrio territoriale, a misure orientate a sussidi alle imprese.
  Sul secondo punto, rispetto a tutto ciò che è avvenuto di recente in termini di riforma dell'utilizzo delle risorse europee 2021-2027, in generale, trasversalmente a ciò che è avvenuto sia in ambito FSC che di risorse europee, segnaliamo questo ritorno, in qualche modo, almeno della volontà di maggior presidio del centro rispetto alla scelta, al monitoraggio degli interventi, la selezione dei settori strategici e così via. C'è una sorta di ritorno di assunzione di responsabilità da parte del Governo centrale in questo ambito, che è una nota positiva, che sconta qualche criticità, che va verificata, in termini di attuazione di queste riforme, che hanno a che vedere in primo luogo con l'efficacia che avranno le misure di rafforzamento della capacità amministrativa a livello centrale. Aumentano le competenze delle strutture centrali, a livello di Governo. In quell'ambito non si è ancora completato tutto il riassetto che è stato previsto a quel livello. Dall'altro lato, aumentano le competenze degli enti decentrati, con particolare riferimento a tutto ciò che è a carico degli enti decentrati per accedere, in particolare, al meccanismo di Pag. 13premialità, che è stato introdotto con la riforma.
  Ultimo aspetto, si tratta di un tema rilevantissimo. Si è appena avviato il dibattito sulla coesione nel post 2027. Noi abbiamo contatti diretti di scambio con gli estensori del rapporto. Abbiamo letto, studiato, analizzato nei dettagli, per l'interesse che ha, il report che è stato pubblicato di recente da un gruppo di esperti nominati dalla Commissione europea. Quel documento ha avviato il dibattito su quella che dovrà essere la coesione nel post 2027.
  Mi soffermo su due aspetti che per noi sono molto rilevanti, che riguardano l'Europa nel suo complesso e l'Italia in particolare. Il primo ha a che vedere con l'idea che non sia più soddisfacente, a livello europeo, l'individuazione delle diverse regioni oggetto di intervento sulla base della loro distanza dal PIL pro capite, questo in considerazione del fatto che negli anni le disuguaglianze sono aumentate, sono maturate anche in ambito sociale, oltre che in ambito economico, e incominciano a riguardare non solo le regioni in ritardo strutturale di sviluppo (il sud, nel caso italiano), ma anche le regioni classificate come strutturalmente «forti» (il nord, nel caso italiano).
  C'è questa proposta di allargare l'ambito delle regioni beneficiarie delle politiche a regioni meno sviluppate, le attuali regioni in ritardo di sviluppo, parlando anche, però, di regioni che sono carenti in termini di dinamismo, cioè che sono forti, ma che negli ultimi anni hanno avuto problemi di crescita, di occupazione, prodotto e produttività, e questo è il caso delle regioni del nord, come risulta dalla deludente performance del ventennio pre-Covid. Inoltre, si parla anche di regioni dove mancano le opportunità individuali di crescita, ma anche delle imprese.
  Questo è un argomento di grande interesse, ma che sconta anche un problema rispetto alla possibilità che amplifichi il problema delle politiche di coesione. Il problema delle politiche di coesione è che negli anni hanno dovuto occuparsi di molti obiettivi per coprire un vuoto lasciato dalle politiche ordinarie. Quindi, la criticità che sconta questo aspetto è: andiamo in questa direzione, è molto utile guardare anche ai problemi di crescita delle regioni dinamiche, ma attenzione a conservare l'obiettivo originario della politica di coesione, che è quello di favorire la convergenza, soprattutto la convergenza regionale.
  Un ultimo aspetto, rapidamente. C'è un'indicazione nel rapporto, che noi condividiamo e che, anzi, abbiamo anticipato negli anni: attenzione a limitare il dibattito sul riequilibrio territoriale, sulla riduzione dei divari alla politica di coesione, perché la convergenza regionale dipende da fattori sui quali la coesione non può incidere. Quindi, sono le politiche ordinarie, nel loro complesso, in Italia e in Europa, che dovrebbero assorbire al loro interno l'obiettivo del riequilibrio territoriale. È un tema molto attuale, tanto in Italia quanto in Europa, perché – pensate al caso europeo – non sta cambiando solamente la politica di coesione, ma stanno cambiando, in prospettiva, le politiche generali, tanto in termini di competitività (qui il riferimento è al rapporto a Draghi), tanto in termini di nuove regole per il mercato unico (rapporto Letta).
  Mi fermo qui. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO CANDIANI. Signor presidente, ringrazio per la disponibilità all'audizione.
  Al contrario di quello che accade di solito, voi ci avete dato tanti numeri, che sono importanti per poter avere delle basi oggettive su cui dialogare. Ne chiederò ancora, magari nei prossimi giorni. Sono sempre utili.
  Qui c'è la programmazione. Al termine della programmazione, c'è il consuntivo. Non c'è, però, una cosa che mi interessa particolarmente: l'efficacia. Abbiamo speso i soldi, sono stati collocati. Questo è un dato che mi interesserebbe conoscere, sia in termini numerici sia in termini – so che è più difficile – di valutazione qualitativa. Pag. 14Temo che, spesso e volentieri, noi ci si limiti a considerare assolto l'obiettivo spendendo le risorse, il che per una parte del dibattito politico è sufficiente. Abbiamo speso i fondi europei, siamo riusciti, è già un successo. Occhio, perché il vero successo è l'efficacia, poi, della spesa. L'operazione è riuscita, ma il paziente è morto. Non è un buon risultato.
  Se qui ci potete aiutare – ripeto, non è necessario oggi, non serve oggi, ma nei prossimi giorni – ad avere delle valutazioni qualitative, se ci sono. Se non ci sono, forniteci, ovviamente, una vostra lamentela (come direbbero gli inglesi) per capire quali strumenti dobbiamo mettervi a disposizione perché ci sia una, a mio avviso indispensabile, valutazione dell'efficacia delle azioni. Abituarsi semplicemente a ritenere soddisfatto il tutto con la spesa è troppo poco. Lo era all'inizio, doveva esserlo dall'inizio, ma lo è, oggettivamente, a distanza di tempo, soprattutto nel momento in cui – ne abbiamo, purtroppo, coscienza – le diseguaglianze non sono diminuite, ma sono aumentate. Peggio mi sento quando penso che alcune regioni stanno passando in fase di transizione, il che vuol dire che qualcosa va pensato, rivisto e riorganizzato.
  Possono esserci questioni interne? Sì. Ci sono sicuramente elementi esterni che si sono aggiunti? Sì. È cambiato il mondo. È evidente che, limitarsi nella propria palla di vetro, come un pesciolino, è un po' poco. Non lo era già ieri abbastanza, oggi men che meno.
  C'è, però, una questione sulla quale non è possibile non richiedere un ulteriore approfondimento: la capacità delle strutture regionali di utilizzare le risorse e di avere efficacia e, se ne abbiamo, valutazioni quantitative dei risultati ottenuti. Abbiamo speso tutte queste risorse, tantissime: quanto è aumentata l'occupazione? I progetti hanno prodotto sviluppo locale o sviluppo territoriale? Macro-regionale quantomeno, non mi avventurerei neanche a chiedervi locale, troppo preciso. Guardiamo l'indice di Gini, andiamo a vedere le statistiche, andiamo a vedere qualcosa che ci dica che queste risorse hanno diminuito le diseguaglianze. Se non le hanno diminuite, poniamoci la domanda di che cosa non ha funzionato. Possono essere questioni esterne. Non ci possiamo fare niente, non possiamo farci molto, quantomeno. Pensiamo a quello che è accaduto con il Covid e con la guerra. Ci sono questioni organizzative interne. Le risorse vengono spese con ritardi, e i ritardi non producono efficacia. Se ordino adesso dal mio sarto un bel vestito estivo, ma mi arriva d'inverno, non ho fatto la spesa con risultato il successo, ma avrò qualcosa che probabilmente non userò o che forse userò in altri tempi.
  Come mai? Perché queste cose non hanno funzionato? Non funzionano le strutture regionali? Non avete – o non abbiamo – sufficienti strumenti per il controllo e per l'indirizzo? Ci sono, ad esempio, esperienze di regioni che hanno assorbito le risorse senza dare, in quella linea di obiettivo, il risultato? Mitico sempre il tema, che gira sottobanco, dei corsi di formazione: prendi i soldi per la formazione e poi non attivi i corsi di formazione. Queste cose le possiamo mettere nell'archivio di quello che è stato o sono ancora condizioni su cui dobbiamo fare necessariamente un focus?
  Mi fermo, per ora, presidente. Aggiungeremo sicuramente qualche ulteriore richiesta.

  LUCA BIANCHI, direttore generale di SVIMEZ. Grazie mille della domanda. È il grande tema quello dell'efficacia. D'altronde, il tema della spesa è un po' l'orientamento che ci danno anche i Regolamenti europei. Notoriamente, la spesa dei fondi europei è una spesa a rendicontazione. I meccanismi di verifica e controllo sono sostanzialmente concentrati sulla capacità di spesa piuttosto che sull'identificare se la spesa ha attivato dei risultati in termini di efficacia.
  Nella nota che abbiamo predisposto, a maggior ragione su quella più ampia, credo ci siano valutazioni indirette – se mi consente – di efficacia. Cosa intendo? Di fatto, quello di cui parlava prima il professor Petraglia, le rimodulazioni in corso di programmazione, che ne hanno profondamente stravolto la natura stessa, sono state orientate non a una valutazione di maggiore efficacia, ma semplicemente a identificarePag. 15 meccanismi che consentivano di spendere. Questo ha portato prima alla riduzione complessiva dei programmi con i POC, i piani complementari, soprattutto con l'utilizzo, secondo me, ovviamente, reso necessario dall'emergenza Covid, che, però, di fatto, ha salvato la programmazione, diciamolo tra virgolette, cioè la capacità di spesa è stata sostenuta dalla possibilità di rendicontare interventi di carattere emergenziale sul Covid.
  Ci sono anche negli interventi specifici, tipo un aumento consistente della spesa per infrastrutture stradali che all'inizio non era prevista ed è stata introdotta nel corso della programmazione per coprire necessità di spesa, in particolare nella regione Sicilia.
  Questo è un meccanismo classico, che poi rende difficile valutare l'efficacia. Si sono presi progetti che erano finanziati su fondi ordinari, ad esempio di carattere statale, e sono stati rendicontati su fondi europei, con un utilizzo esteso dei cosiddetti progetti che prima si chiamavano «sponda», ora si chiama in un altro modo che non ricordo. Però, di fatto, era questo. Quindi, nel momento in cui valutiamo l'efficacia quella spesa per la strada, per la infrastruttura stradale è un impatto positivo della spesa europea, però, d'altra parte, è una spesa in meno che hai avuto sulla spesa ordinaria perché quella era già finanziata. È un meccanismo molto complesso avere valutazioni di carattere macro economico perché c'è inevitabilmente un effetto spiazzamento.
  Invece, è fondamentale andare sulla valutazione di efficacia sui singoli interventi. In questo senso, ovviamente rimaniamo disponibili per verificare cosa è accaduto nel passato, ma secondo me si apre una prospettiva di riflessione molto interessante, per capire quale sarà la politica di coesione post PNRR. Abbiamo due modelli molto diversi che si confrontano, un modello a rendicontazione rispetto a un modello performance-based. Quindi, è chiaro che la nuova politica di coesione dovrà andare verso un modello più simile al PNRR, quindi più legato alla realizzazione di performance e quindi al raggiungimento degli obiettivi piuttosto che un sistema di pura rendicontazione.
  Poi, però, bisognerà tenere insieme la pluralità degli obiettivi che ha la politica di coesione con quel tipo di modello. Credo sia quello il tema. I limiti di alcuni meccanismi di coesione sono evidenti. Quel tipo di approccio, molto place-based, con un grande coordinamento territoriale, un grande coinvolgimento, di fatto ha portato a una frammentazione degli interventi e a una difficoltà per ciascuno di noi di valutare poi effettivamente l'impatto di quella spesa. Quindi, il meccanismo che in parte si è introdotto con il DL n. 60, quello sulla riforma della coesione introdotto dal Ministro Fitto, è un primo passo, perché porta il coordinamento da varie parti degli interventi. Il secondo step, secondo noi, è invece aprire una riflessione molto più ampia proprio sui regolamenti a livello di Commissione per prevedere una transizione dalla rendicontazione verso un progetto performance-based.
  Chiudo sulla valutazione. La valutazione, in realtà, è prevista ed è anche ampiamente finanziata dai programmi. Lì dobbiamo fare una riflessione un po' più ampia su come viene fatta la valutazione, perché il paradosso un po' italiano è che la valutazione viene finanziata da coloro che vengono valutati perché il meccanismo è tale che è l'autorità di gestione che gestisce i fondi che poi bandisce o gestisce direttamente la valutazione delle politiche.
  In questo senso, forse, anche andare verso una agenzia di valutazione nazionale indipendente potrebbe essere un ulteriore passo avanti. Questo fa parte delle proposte che potremmo fare insieme ai dati che ovviamente ci ha chiesto e nel corso del tempo provvederemo a farle avere.

  STEFANO CANDIANI. Prendo spunto da quanto detto prima. Oggi paradossalmente ci troviamo con una risposta che è data dal sistema, non sto dicendo che mi ha dato una risposta che non mi piace. È così, è difficile controllare, e controllare in termini oggettivi. Ha efficacia quella spesa? Ha prodotto crescita? Ha prodotto sviluppo? È difficile con le spese fatte.Pag. 16
  In questo momento abbiamo 200 e rotti miliardi di PNRR con i milestone e da lì non si sfugge: o li hai raggiunti o non li hai raggiunti. Quindi, a mio avviso, questo potrebbe essere – magari mi ha già risposto – un punto di fuga del ragionamento sul futuro, avendo ben chiaro che evidentemente qualche cosa non ha funzionato.
  Nelle vostre relazioni non c'è la comparazione regionale, che è sempre molto fastidiosa, ma è molto veritiera. Mettere i panni stesi vuol dire vedere quello lungo, quello stretto, quello largo. Lì ti fai poi un giudizio su come funziona quella famiglia. Perché alcune regioni, non tutte sono uguali, alcune del sud in particolare, non riescono a spendere i fondi? Che cosa non funziona? Non funziona nell'organizzazione, non funziona nella modalità con cui diamo questi fondi? Questo è un tema su cui non bisogna avere, a mio avviso, pudori o falsi pudori. Se ci sono i problemi dobbiamo individuarli e affrontati.
  Se non lo facciamo noi, lo faranno gli altri, perché nel momento in cui ti mettono i milestone nel PNRR, hai voglia a dirgli «Dammi i soldi e poi faccio quello che voglio».
  Io credo che lei, come me, personalmente, non sia disponibile a mettere in mano i soldi al primo che passa per strada dicendogli: «Fai quello che vuoi e poi dopo vediamo quando me li ridai», perché quella roba lì non funziona nel sistema economico.

  CARMELO PETRAGLIA, consigliere economico di SVIMEZ. In due minuti mi riallaccio alla risposta del direttore sul primo tema.
  Sul tema della valutazione è estremamente difficile, dal punto di vista tecnico, isolare l'effetto su PIL, occupazione, crescita solo della politica di coesione. Anzi, molte volte, in maniera troppo semplicistica si fa questa equazione tra mancanza di convergenza regionale, non si spendono i soldi della coesione. La convergenza regionale dipende da molti altri fattori, che sono molto più importanti rispetto a quelli sui quali la coesione riesce ad incidere.
  Sul tema della valutazione segnalo che nel dibattito corrente al quale facevo riferimento in precedenza, si pone molta enfasi sul tema della valutazione, nel tentativo di portare la coesione verso il metodo PNRR. Per inciso, però, diciamoci anche che il metodo PNRR non è il migliore dei modi possibili, perché da quei target non si scappa. Sono definiti a livello nazionale e non a livello territoriale.
  La valutazione su cosa la facciamo? Non ci siamo posti dei target territoriali, che sono quelli rilevanti per il riequilibrio territoriale.
  Il dibattito verte sulla valutazione, ma non solo valutazione ex ante ed ex post, ma anche valutazione in itinere, durante il ciclo di programmazione, per aggiustare il tiro rispetto agli interventi che stiamo facendo e gli obiettivi che ci siamo posti.
  Sul tema del perché sia differenziata a livello regionale la capacità di spesa, ricordiamo che l'avanzamento lento della spesa non è una peculiarità dei programmi regionali, è un tema che riguarda tutte le amministrazioni, anche le amministrazioni centrali. Basta guardare ai dati di avanzamento, ad esempio, del FSC.
  È un tema generalizzato alle pubbliche amministrazioni, in termini centrali e regionali. Sul tema sud, evidentemente, incide anche la dotazione finanziaria, che è molto più ampia rispetto a quella delle regioni del centro-nord.
  Più in generale, però, la politica di coesione ha i suoi limiti interni, propri, endogeni, legati anche al modo in cui si fa la programmazione. Però, più che avere caratteristiche proprie, di ritardi, sprechi e quant'altro, non può che riflettere problematiche che riguardano l'insieme dell'intervento pubblico.
  Se la macchina pubblica è quella e funziona in un certo modo per le politiche ordinarie, mi chiedo perché dovrebbe essere diverso quello che avviene nel mondo della coesione, al netto del fatto che esistono differenze a livello regionale, che interessano anche le regioni del sud, sui cui naturalmente noi non chiudiamo gli occhi e non facciamo sconti.
  La valutazione però è che a parità di sprechi, a parità di ritardi nell'attuazione, quello che segnaliamo è che quei ritardi Pag. 17naturalmente impattano molto di più nei territori in cui ci sarebbe molto più bisogno di quegli interventi piuttosto che nelle regioni più avanzate.
  Il tema della valutazione è fondamentale. Un risultato abbastanza consolidato, tornando al tema della capacità amministrativa, attiene al fatto che, tipicamente, l'efficacia, in termini di risultati che si conseguono, è maggiore laddove la capacità amministrativa è più elevata; capacità amministrativa, per come viene misurata, spesso non è legata al saper fare delle cose meglio di altre amministrazioni, ma alla possibilità amministrativa, cioè alla dotazione di organici e soprattutto alle loro competenze.
  A livello territoriale hanno importanti differenze, tanto a livello di amministrazioni regionali quanto a livello di amministrazioni comunali.

  PRESIDENTE. Il dibattito potrebbe durare, come una partita a ping-pong, fino a questa sera. Prima mi avete visto un attimo bloccato nel ridare la parola, perché stavo pensando all'intervento dell'onorevole Candiani e stavo anch'io sviluppando un pensiero.
  Ad ampliamento – non serve la risposta perché avete già risposto in modo completo – di quanto detto da Candiani, come vedete, in questa fase stiamo svolgendo due lavori parlamentari insieme alla III Commissione, una importante risoluzione sull'ampliamento, sull'allargamento dell'Unione ai Balcani occidentali e stiamo per iniziare un lavoro sulla comunicazione della Commissione europea sull'allargamento ad est, che comprende quindi, oltre ai Balcani occidentali, tutto quello che va oltre i Balcani occidentali.
  In particolare, nel lavoro parlamentare già iniziato, quello sulla risoluzione, come XIV Commissione, io a nome dei capigruppo di maggioranza e di opposizione, ho chiesto che fosse messa in calendario l'audizione di alcune figure istituzionali o miei omologhi presidenti di Commissione, presidenti delle Commissioni d'integrazione alla normativa comunitaria dei Paesi di quell'area.
  Stiamo parlando della Repubblica di Macedonia del Nord, stiamo parlando dell'Albania, stiamo parlando della Serbia, stiamo parlando del Kosovo e così via.
  Quando si parla di ampliamento ai Balcani occidentali, in particolare, quindi quei Paesi che sono sulla porta dell'Unione europea, spesso e volentieri ci si concentra su temi di tipo geopolitico, temi importantissimi, perché se l'Unione europea lascia certe regioni del mondo e si disimpegna di certe regioni del mondo, in geopolitica il vuoto non esiste, quindi qualche altro attore poi andrà a prendere in mano quelle regioni.
  Spesso non si concentra, invece, su quelli che sono gli aspetti prettamente unionali e, in particolare, in questo caso, su quelli che sono aspetti finanziari riferiti all'Unione europea; Unione europea che già finanzia questi Paesi come Paesi terzi, come Paesi del vicinato. È chiaro che quando questi Paesi – è un «quando», non è un «se» – entreranno all'interno dell'Unione europea verranno riviste le quote di fondi unionali destinate ai vari Paesi.
  Evidentemente, viene da pensare che l'Italia, e in particolare il Mezzogiorno del nostro Paese, sarà fra quei territori dell'Europa penalizzati dal fatto che, ovviamente, questi Paesi richiederanno parti dei fondi di coesione e parti delle varie linee di finanziamento da parte dell'Unione europea.
  Sarà uno dei territori penalizzati perché, evidentemente, si verrà a tagliare dove si riesce. Intanto, vi saranno territori considerati ancora più svantaggiati rispetto al cuore forte dell'Europa della produzione, della finanza, dell'economia, e saranno questi i Paesi che man mano entreranno.
  Evidentemente, l'Europa dovrà cercare di portare questi Paesi perlomeno allo stesso livello dei Paesi delle aree più svantaggiate, dei Paesi già membri dell'Unione.
  È chiaro che sarà svantaggiato chi riesce a spendere meno rispetto ai fondi che ad oggi vengono assegnati. Oltre ai ragionamenti e alle giuste osservazioni dell'onorevole Candiani, c'è da fare anche questo tipo di osservazione, che presumo per voi non sia nuova. È una osservazione un po' più di proiezione. Se è vero che la politica, l'istituzione non si deve solo occupare dell'immediato,Pag. 18 su questi temi non si può far altro che pensare a quello che succederà fra cinque o dieci anni, posto che il processo di allargamento sarà probabilmente qualche cosa di molto molto più veloce, anche perché le loro opinioni pubbliche stanno mordendo, quindi bisognerà scegliere e la scelta dovrà essere anche abbastanza rapida.
  In agenda, comunque, è fra i punti più importanti di questa Commissione. Nella prima metà del mandato di questa Commissione bisognerà ragionare in quest'ottica per far sì che l'Italia diventi più competitiva nello spendere.
  Sarà una competizione a dimostrare chi spenderà meglio e quindi evidentemente a chi dovrà avere meno tagli per favorire questi altri Paesi.
  Era solo un'altra riflessione che presumo che per voi non sia nuova.
  Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.