Sulla pubblicità dei lavori:
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA LEGATA ALLA PRESENZA DEL PATOGENO XYLELLA FASTIDIOSA NELLA REGIONE PUGLIA
Audizione di rappresentanti della Società italiana di agronomia (SIA), della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) in videoconferenza e del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS).
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 3
Perniola Michele , rappresentante della Società italiana di agronomia (SIA) ... 3
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 5
Piccinno Pantaleo , presidente del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS) ... 6
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 7
Valentini Riccardo , componente del Comitato tecnico-scientifico del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS) ... 8
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 9
Ferrante Antonio , presidente della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ... 9
Catalano Luigi , socio della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ed esperto in materia di olivicoltura ... 10
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 11
Catalano Luigi , socio della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ed esperto in materia di olivicoltura ... 11
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 12
Vaccari Stefano (PD-IDP) ... 12
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 13
Piccinno Pantaleo , presidente del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS) ... 13
Perniola Michele , past president della Società italiana di agronomia (SIA) ed esperto della materia ... 13
Ferrante Antonio , presidente della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ... 14
Caretta Maria Cristina , Presidente ... 14
Allegato 1: Presentazione informatica illustrata da Luigi Catalano, rappresentante della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ... 15
Allegato 2: Presentazione informatica illustrata da Pantaleo Piccinno, presidente del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS) e Riccardo Valentini, componente del Comitato tecnico-scientifico del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS) ... 32
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
MARIA CRISTINA CARETTA
La seduta comincia alle 13.40.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti della Società italiana di agronomia (SIA), della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) in videoconferenza e del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Società italiana di agronomia (SIA), della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) e del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia.
Ringrazio i nostri auditi per aver accolto l'invito della Commissione.
Sono presenti per la Società italiana di agronomia Michele Perniola, per il Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino il presidente Pantaleo Piccinno e Riccardo Valentini, membro del Comitato tecnico-scientifico.
Sono, altresì, collegati in videoconferenza per la Società di ortoflorofrutticoltura italiana il presidente Antonio Ferrante e Luigi Catalano, socio.
Avverto che il tempo complessivamente a disposizione della Commissione è di circa 45 minuti, per cui propongo per gli interventi dei nostri ospiti una durata massima complessiva di circa dieci minuti per associazione, in modo che possa svolgersi, nel tempo rimanente, un successivo dibattito con le domande e le osservazioni dei deputati, alle quali gli auditi potranno replicare.
Cedo, quindi, la parola a Michele Perniola, per la Società italiana di agronomia.
MICHELE PERNIOLA, rappresentante della Società italiana di agronomia (SIA). Nell'introdurre la mia presentazione, ringrazio, a nome della Società italiana di agronomia, la Commissione per l'invito ad intervenire.
Vi porto anche i saluti del presidente, il professor Marco Bindi, che ha delegato me, in quanto agronomo ed esperto della materia, anche perché in una precedente audizione quando si era all'inizio dell'epidemia, come past president della Società italiana di agronomia, ho partecipato ai lavori.
Sarò certamente breve, perché ho visionato gli interventi dei colleghi della Società italiana di patologia vegetale (SIPaV) e della Società entomologica italiana (SEI) nelle precedenti audizioni, e ovviamente concordo con quanto hanno affermato in questa sede.
In particolare, i colleghi hanno fatto il punto sulla causa principale, che è il batterio, così come hanno parlato del vettore (e quindi questo mi agevola). Il collega della Società di ortoflorofrutticoltura, che mi seguirà, illustrerà uno scenario più completo. Pertanto, io mi limiterò a svolgere alcune considerazioni di carattere agronomico.Pag. 4
È vero che le patologie vanno combattute colpendo l'agente principale, in questo caso il batterio, e purtroppo la complicanza è anche quella data dal vettore, ma è altrettanto vero che – come i colleghi hanno detto – anche la gestione agronomica dell'oliveto è fondamentale, in primis per quanto riguarda la lotta al vettore, al cicadellidae. Sappiamo bene che è importante tenere l'oliveto pulito dalla flora spontanea durante il periodo in cui il cicadellidae può procurare la malattia. Le tecniche di gestione del suolo, quindi, sono fondamentali.
C'è da dire, in primis, che l'eco-schema 2, che – come noto – dà, per quanto minimo, un contributo per l'inerbimento, in questo caso rappresenta un problema, perché certamente le aziende olivicole che praticano questo eco-schema non dovrebbero farlo.
L'eco-schema 2 prevede infatti la copertura del suolo vegetale durante l'intero periodo. Questo è assolutamente sconsigliabile nel caso in cui abbiamo la problematica in oggetto.
In questo caso bisogna indurre, nella maniera più assoluta, questi olivicoltori a non entrare nell'eco-schema 2, altrimenti questo comporterebbe la loro mancata conformità con la PAC e ciò sarebbe un problema dal punto di vista agronomico (ci tenevo a dirlo).
Sappiamo bene che la PAC ha una visione molto più ampia e molto «spostata» verso il nord Europa e l'Italia settentrionale. Nel caso specifico, forse una deroga andava accordata, in maniera tale che gli agricoltori potessero usufruire di quel piccolo premio, che comunque è previsto, ma nello stesso tempo non applicare alla lettera le indicazioni.
«Non applicare alla lettera» significa che l'inerbimento può andar bene durante il periodo invernale; tuttavia, anche considerando i cambiamenti climatici che stanno anticipando la ripresa vegetativa anche della flora infestante, specialmente nelle condizioni climatiche delle zone più a sud del Salento, a fine marzo e, al massimo, inizi di aprile, occorre che l'oliveto sia mantenuto pulito.
Tornando alle problematiche di carattere agronomico, la pulizia va svolta non soltanto con lo sfalcio o la trinciatura del manto erboso, ma anche attraverso la completa distruzione, in questo caso mediante erpicatura. Esistono degli erpici a dischi che, in questo caso, sarebbero più opportuni da utilizzare nell'oliveto; certamente non si consiglia l'aratura e nemmeno gli strumenti discissori.
La completa distruzione della flora infestante con le dischiere o, meglio ancora, con erpici a dischi, è la pratica agronomica sicuramente da consigliare, per quanto riguarda il contenimento. Chiaramente non possiamo avere la pretesa di distruggere in quel periodo tutta la flora presente negli ambienti, però negli oliveti questo va sicuramente effettuato.
Sempre rimanendo nei temi riguardanti la parte agronomica, è importante la gestione più generale dell'oliveto. È stato dimostrato, se guardiamo, per esempio, agli oliveti nella parte più a nord del territorio barese, che oliveti in buono stato di salute nutrizionale (e dove si irriga) sicuramente sono più resistenti e sono in grado di tollerare meglio la presenza del patogeno.
C'è un aspetto importante da sottolineare: purtroppo buona parte della nostra olivicoltura è praticata quasi a mo' di svago, come un hobby, quindi non si pone tanta attenzione alla gestione agronomica.
Prendendo in considerazione, però, anche gli oliveti che hanno subìto il danno e che ora sono in una fase di ricostituzione con le varietà resistenti e trascurando la gestione della nutrizione della sostanza organica del suolo – tutti argomenti a cui la PAC tiene in maniera particolare ed attenta – è evidente che, laddove ci sia la possibilità di irrigare, questo dal punto di vista agronomico è importante per contrastare la malattia, perché sicuramente si rende l'oliveto più tollerante e più resistente. Ripeto: ciò vale particolarmente per i nuovi impianti, che partono da un terreno già abbastanza trascurato, perché non c'era la convenienza a continuare la coltivazione. Riteniamo importante tutto questo da un punto di vista agronomico.Pag. 5
Considerate che, adesso, con i nuovi strumenti che abbiamo – l'agricoltura di precisione che, tramite il telerilevamento, permette di individuare anche all'interno dell'oliveto le piante più sofferenti – si agevola molto una gestione di precisione anche in questo caso.
Abbiamo tutti gli strumenti tecnici, sia per quanto riguarda il monitoraggio sia per quanto riguarda la gestione della concimazione e dell'irrigazione, per prestare particolare attenzione a quelle piante che o sono in fase di ripresa oppure sono in fase di eradicazione.
Da un punto di vista agronomico, questi sono i consigli derivanti dall'esperienza che abbiamo maturato seguendo oliveti «borderline» o già colpiti dalla malattia e che sono in una fase di ricostituzione.
La ricostituzione è molto importante. È inutile dire – questo i colleghi del miglioramento genetico lo sanno – che su questo c'è da lavorare.
La selezione di varietà resistenti è importante. Le quattro varietà che abbiamo al momento resistenti sono uno strumento importante, però non dimentichiamo - io opero particolarmente in Basilicata, che è un territorio molto «preoccupato», perché molto contiguo e quindi l'epidemia può arrivare – che abbiamo varietà di pregio sotto il profilo della qualità. Dobbiamo infatti pensare anche alla qualità!
Anche con le nuove tecniche genetiche, cercare di indurre la tolleranza e quindi aumentare il numero delle varietà tolleranti, rappresenta, a nostro avviso, un altro strumento importante per contrastare la malattia.
Nel ricapitolare, farò anche alcuni considerazioni di carattere più generale, al di fuori della questione prettamente agronomica, sulla gestione dell'oliveto – sappiamo bene che nelle epidemie la prima operazione fondamentale – purtroppo, è brutto da dirsi, però va detto – è l'abbattimento. Questo lo si sta facendo già nella fascia «tampone» e infatti si vedono i risultati. Abbiamo sentito negli interventi precedenti che la malattia nella zona «tampone» ha rallentato.
Il rallentamento non è stato casuale, ma è dovuto proprio al fatto che siano state applicate tutte le tecniche che sono state consigliate, quindi non solo la pulizia, l'inerbimento, ma anche e soprattutto la precoce soppressione delle piante malate, che sono, poi, il «focolaio».
Sappiamo bene che tutte le epidemie – anche l'ultima che ha colpito direttamente tutti quanti noi – vengono risolte in questa maniera. È importante, quindi, il monitoraggio; è fondamentale, operato, naturalmente, da un ente esterno, perché molte volte l'imprenditore, l'olivicoltore in particolare, non ha gli strumenti per una diagnosi precoce. Con la diagnosi precoce e l'abbattimento dei focolai delle piante malate, sicuramente si riduce molto la possibilità.
Questo non significa distruggere l'olivicoltura. Certo, se parliamo di piante storiche questo è un problema, però nel sud del Salento vedere oliveti con questi «scheletri» è altrettanto poco piacevole. Rimuovere subito le piante malate e sostituirle con piante nuove e resistenti sicuramente è il primo punto di partenza fondamentale – la soluzione totale non ci sarà mai – per un forte contenimento.
La lotta al cicadellidae è altrettanto importante, quindi vale tutto quello che ho detto poc'anzi in merito alle tecniche agronomiche per il controllo. I colleghi entomologi hanno anche parlato della possibilità di utilizzare dei presìdi fitosanitari a basso impatto ambientale, che sicuramente aiutano molto nel contenimento del cicadellidae, e poi dell'aspetto del miglioramento genetico.
Ripeto: avere già quattro varietà resistenti è un buon punto di partenza. Tuttavia, sicuramente sarà utile e necessario che il miglioramento genetico «induca» la tolleranza anche in altre varietà.
Questa che ho illustrato è un po' la «visione» della Società italiana di agronomia su questa problematica. Per qualsiasi ulteriore chiarimento, resto ovviamente a disposizione.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Perniola. Le chiedo se è possibile avere una sua memoria.Pag. 6
Darei ora la parola, per il Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino, al presidente Pantaleo Piccinno, che dividerà il tempo del proprio intervento con il professor Riccardo Valentini.
PANTALEO PICCINNO, presidente del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS). Vi ringrazio per il cortese invito. Ho portato alcune slide da mostrarvi.
Il DAJS (Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino) è una società mista pubblico-privato, a maggioranza privata, la cui ragione sociale è «società consortile a responsabilità limitata», riconosciuta come distretto produttivo e distretto agroalimentare di qualità dalla regione Puglia e dal MASAF come distretto del cibo (vedi slide n. 2).
Il DAJS opera sui territori di Lecce, Brindisi e Taranto dal 2011.
Quanto alle modalità di composizione del DAJS, ricordo che abbiamo 334 imprese socie dell'agricoltura e agroalimentare, 14 organizzazioni professionali nelle tre province (Lecce, Brindisi e Taranto), da quelle agricole, quindi Coldiretti, CIA, Confagricoltura, a Confcooperative, Confartigianato, Confindustria, una Camera di commercio, la provincia di Lecce e 15 Comuni dell'areale jonico salentino. Sono presenti anche, come soci, tre università e centri di ricerca (vedi slide n. 3).
Quanto alla composizione del Consiglio di amministrazione, c'è una forte presenza di imprenditori, ma anche di imprese che hanno rappresentanza nelle organizzazioni professionali ed è anche ben rappresentato il settore pubblico, visto che abbiamo il piacere di avere il Presidente della Provincia di Lecce, Stefano Minerva e il sindaco del Comune di Lecce, Adriana Poli Bortone (vedi slide n. 4).
Nel 2020 il DAJS ha aderito all'avviso emanato dal MASAF (ex MIPAAF) relativo ai contratti di distretto in area Xylella fastidiosa: un avviso che nasce con una dotazione finanziaria che era stata «costruita» nelle leggi di bilancio, dal 2017 al 2019. In più, era prevista una piccola quota di 5 milioni di euro dal Piano della rigenerazione olivicola, con una misura specifica per i contratti di distretto.
Il DAJS ha partecipato a questo avviso motivando le imprese del territorio. Alla fine siamo riusciti a confezionare tre programmi, che sono tre «facce» della stessa medaglia, nel senso che riguardano tre aspetti diversi della rigenerazione post Xylella, che il DAJS ha cercato di costruire sui territori salentini: Rigenerazione sostenibile, Radici virtuose, Innovazione e benessere. (vedi slides nn. 5 e 6).
Complessivamente, si tratta di 193 aziende beneficiarie, con 132 milioni di euro di investimenti proposti e con un contributo, in conto capitale, di 80 milioni di euro (vedi slide n. 4).
Nel 2020 fu approvato il primo programma Rigenerazione sostenibile; a seguire, nel 2021, Radici virtuose; un mese fa vi è stata l'approvazione del terzo programma – Innovazione e benessere –, che ha una sua particolarità ulteriore, di cui siamo decisamente molto fieri: è il primo intervento significativo cofinanziato congiuntamente dal MASAF e dalla Regione Puglia. Entrambi hanno messo una quota di risorse, in maniera quasi paritaria, per dare il senso che la condivisione degli obiettivi molto spesso porta a risultati.
Sono interventi molto importanti per le imprese, soprattutto per la «visione» che si sta cercando di costruire.
Nella consapevolezza che l'olivicoltura è la radice storica – e dovrà essere anche la radice del futuro agricolo del Salento –, occorre probabilmente evitare nel futuro certi «guasti» dovuti all'eccessiva monocoltura puntando sulla diversificazione produttiva.
Pertanto, occorre «risvegliare» proprio un processo di diversificazione produttiva per rendere il territorio più resiliente e produttivo.
Le azioni trasversali significative erano sostanzialmente due. Nel programma Rigenerazione sostenibile abbiamo coinvolto quattro istituti di ricerca – l'Università del Salento, l'Università di Bari, il Politecnico di Bari, il CNR di Bari – , e due ulteriori istituti di ricerca (quindi in tutto sei soggetti), il CMCC (Centro euro-mediterraneo Pag. 7sui cambiamenti climatici) e il CIHEAM (ex IAMB), che hanno un profilo più internazionale, ma di questo vi parlerà meglio di me il professor Valentini, per cercare di costruire un pensiero «lungo», una visione non solo nell'immediato, ma anche del prossimo futuro, di come dovrebbe essere l'agricoltura salentina, sempre nella fase di rinascita e ricostruzione dopo la devastazione causata dalla Xylella.
Questo «processo» è stato governato da un Comitato tecnico-scientifico decisamente autorevole, rappresentato sicuramente dal professor Valentini, dell'Università della Tuscia, anche Premio Nobel per la Pace per le ricerche condotte sul cambiamento climatico, dal Magnifico Rettore dell'Università del Salento, Fabio Pollice, e dal segretario generale Teodoro Miano del CIHEAM, a Parigi. Quindi, si tratta di un Comitato scientifico decisamente prestigioso (vedi slide n. 7).
Nel programma Radici virtuose, invece, l'azione trasversale era rappresentata da un progetto di promozione per cercare di recuperare l'immagine deturpata del Salento attraverso gli «alfieri della salentinità», quindi i vini e gli oli a marchio DOP e IGP.
Vi racconto ora lo stato dell'arte. È stata sicuramente una bella avventura, con il coinvolgimento del territorio, le Istituzioni che rispondono in maniera efficace; però, purtroppo, occorre anche dire che «di burocrazia si muore» a Lecce, come a Bari e a Roma.
Probabilmente, l'Italia non è un Paese che riesce a governare l'eccezionalità, ma soltanto l'ordinarietà. C'è stata una forte spinta all'investimento da parte delle aziende, mentre la risposta in termini di liquidazione delle risorse lascia alquanto a desiderare.
Vi presento il quadro attuale. Per il programma Rigenerazione sostenibile, che è iniziato prima, sono state già sostenute spese per un importo di 22 milioni di euro a fronte di un contributo previsto di 8 milioni. Sono ancora da liquidare circa 4 milioni di euro, quindi complessivamente devono essere liquidati ancora 40 stati di avanzamento (v. slide n. 8). Lo stesso può dirsi sul programma Radici Virtuose. Ci sono addirittura 20 contratti su 97 che sono ancora in attesa di registrazione!
Negli ultimi mesi c'è stata una riconfigurazione della struttura dedicata al Ministero, che probabilmente sta cominciando a dare risposte, visto che negli ultimi giorni ci sono state liquidazioni molto importanti. Speriamo che si continui così, altrimenti i benefici degli investimenti si «ritorcono» contro le aziende stesse, perché, se non arrivano le liquidità, diventa tutto più difficile.
Un'altra azione significativa che ha fatto il DAJS è la stipula di un protocollo d'intesa con la Regione Puglia, in particolare con l'assessorato all'ambiente, in merito alla definizione di standard di processi rigenerativi del territorio (vedi slide n. 9).
Proprio recentemente abbiamo partecipato all'ulteriore bando emanato dal MASAF, (secondo bando) sui contratti dei distretti del cibo. Abbiamo partecipato con una proposta molto interessante, che spero possa essere vincente, che si «incardina» su quello che è già stato costruito finora (vedi slide n. 10).
Quelle cifre, ovviamente, rimangono sempre numeri, però dietro i numeri ci sono le persone che potrete vedere nel filmato. In ogni caso, vorrei lasciare la parola al professor Valentini, che vi racconterà meglio i dettagli del programma di ricerca sulla rigenerazione sostenibile nel Salento.
Vorrei farvi vedere il filmato, lasciando la parola al professor Valentini, perché queste risorse sono state indirizzate ad aziende e a persone che hanno fatto investimenti e che hanno contribuito alla rigenerazione e alla «restituzione della bellezza» di un territorio che è stato profondamente «ferito», ma che ha tanta voglia di risorgere. Se in qualche maniera riuscissimo a trovare procedure più agevoli e più veloci, secondo me, la risposta sarebbe veramente «esplosiva» e straordinaria.
PRESIDENTE. Darei la parola al professor Riccardo Valentini, professore ordinario di ecologia e componente del Comitato tecnico-scientifico del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS). So anche che ha ricevuto un importante Pag. 8riconoscimento, il Premio Nobel per la pace per le ricerche condotte sul cambiamento climatico.
RICCARDO VALENTINI, componente del Comitato tecnico-scientifico del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS). Vi ringrazio per questa opportunità.
Le immagini che scorrono dietro di noi, come ricordava il presidente Piccinno, ci ricordano questa grande tragedia che ha dato una scossa a questo territorio.
Al di là di tutte le operazioni di emergenza e di tutto ciò che ne è conseguito, come i dibattiti nella società civile e altro, oggi dobbiamo pensare al futuro.
Questo è stato il punto di forza di questo progetto di ricerca, che ha accompagnato questo finanziamento per le imprese. È stata un'azione molto positiva.
Per la prima volta anche noi della parte scientifica, ci sentiamo molto più responsabilizzati perché abbiamo dovuto pensare a un progetto che fosse anche operativo, che potesse dare informazioni concrete e reali per una rinascita del territorio. Oggi di questo si parla, si parla di rinascere, di ricostruire, di rimettere in piedi un'agricoltura che è stata devastata.
È un progetto che riguarda tutti i settori economici, perché dall'olivo nasce anche tutta la parte in termini di paesaggio e di turismo che oggi per il Salento è una straordinaria risorsa economica, come abbiamo visto anche negli ultimi tempi, con il G7, che ha portato l'Italia nel mondo.
Dentro questo contenitore cosa hanno fatto i cinque attori? Anche questa è stata un'operazione di successo, perché in genere le università non sono sempre molto disponibili nel lavorare insieme. Noi ci siamo riusciti e abbiamo messo insieme l'Università di Bari, l'Università del Salento, il CNR, la Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo), che è una istituzione importante a livello anche europeo per gli scenari climatici del futuro, e l'Istituto Agronomico Mediterraneo, che è un'entità internazionale, con sede a Parigi. Abbiamo anche l'opportunità di avere il segretario generale che è un pugliese, che è stato eletto dall'OCSE, dai Paesi che compongono la governance di questo istituto.
Questa è stata un'occasione unica per lavorare a qualcosa di importante e di concreto. È chiaro che, come è stato ricordato prima, non ci sono solo gli aspetti legati all'olivicoltura, ma piuttosto occorre esaminare una monocoltura che, purtroppo, storicamente è stata molto «statica», sia come specie olivo che come pratiche colturali e che oggi ha bisogno di un rinnovamento.
Dobbiamo aumentare la biodiversità, accogliere le sfide di un'agricoltura sostenibile, perché ce lo chiedono l'Europa, i mercati e i nostri clienti.
Quando i turisti vengono nella nostra bella regione, lo fanno anche perché vogliono assaggiare prodotti di qualità e salutari, che non impattino sull'ambiente. Pensiamo ai mercati europei, in particolare del Nord Europa e degli Stati Uniti.
Questo è un po' lo spirito, mettere insieme anche una ricostruzione del paesaggio, quindi, non soltanto la coltivazione dell'olivo, ma anche la ricostruzione del paesaggio, pensando anche al futuro inteso come cambiamenti climatici, climate change, perché sarebbe folle fare una progettazione – il nostro obiettivo è fare un piano di rigenerazione – senza considerare che tra vent'anni cambieranno le cose (stanno già cambiando, anzi stanno cambiando ogni anno), quali saranno le colture del futuro, quali saranno le risorse idriche che avremo a disposizione nel futuro, come saranno i suoli del futuro.
Tutto questo fa parte di un lavoro di analisi di dati e di proiezione di scenari grazie anche al fatto che abbiamo il Centro Euro-Mediterraneo che produce scenari climatici anche per il futuro.
Poi ci sono le sfide ulteriori dell'agricoltura. Abbiamo parlato di coltura rigenerativa, che è un tema che sta emergendo sempre più e si collega bene a quello che dicevo prima del turismo e del turismo enogastronomico, della fruizione ambientale del paesaggio, e anche dell'ultimo regolamento approvato definitivamente, che è quello del carbon farming.Pag. 9
Quest'ultimo è un grande tema. A breve saremo tutti «dentro questa storia» ovvero di come l'agricoltura può anche essere una soluzione ai mutamenti climatici, nel momento in cui assorbe l'anidride carbonica (la CO2) attraverso operazioni colturali, inerbimenti, carbonio nei suoli, produzione di biomasse e quant'altro, che vanno anche nella direzione di una agricoltura sostenibile.
Abbiamo voluto inserire anche questa componente nel Piano di rigenerazione, perché è il futuro. Sicuramente ci saranno dei contributi anche per il carbon farming e i nostri agricoltori pugliesi devono avere la possibilità di accedere a queste nuove risorse di finanziamento.
Il progetto oggi è arrivato quasi alla conclusione: consegneremo agli inizi del 2026 il nostro rapporto finale, che conterrà alcuni elementi che riteniamo utili in termini di implementazione, per la regione, gli enti e il distretto, di una serie di innovazioni in campo agricolo.
In primo luogo, abbiamo una piattaforma informatica molto ricca di tutte le informazioni del territorio, a cominciare da quelle attuali: dove sono le risorse idriche, come stanno i suoli, le analisi dei suoli e della vegetazione, con vari vincoli. Poi bisogna fare i conti anche, se andiamo a modificare il territorio, con quali sono le barriere anche di tipo amministrativo.
Nello stesso tempo, abbiamo scenari climatici ad alta risoluzione. Sapremo, da qui al 2030, al 2050 e al 2080, per ogni due chilometri di spazio, quali saranno le precipitazioni, le temperature e tanti altri parametri climatici che ci servono a capire cosa potremo coltivare da adesso (e non trovarci quindi più impreparati). Questo è il senso di questo lavoro.
Stiamo anche predisponendo alcune progettazioni per favorire la riforestazione dei terreni, al fine di «rigenerare» soprattutto quelli che non sono più produttivi; stiamo inoltre favorendo le opportunità legate all'utilizzo di energia da fonti rinnovabili da parte delle aziende agricole, attraverso lo sviluppo delle comunità energetiche (che consentono appunto di auto-produrre anche energia da fonti rinnovabili).
Infine, stiamo implementando il cosidetto carbon farming, con un'ambizione: riteniamo infatti che nel Salento si possa arrivare alla produzione di cibo a «emissioni zero». Questa è una cosa che stiamo studiando ormai da qualche anno. Compensando le emissioni in agricoltura con interventi sul territorio (riforestazione e gestione migliore anche dell'agronomia), potremo essere il primo distretto europeo a vantarsi di poter dire ai propri turisti che da noi «si mangia senza impattare». Questa è una nostra ambizione: rendere questa certificazione disponibile per le nostre aziende.
Non vi sfuggirà il fatto che la Xylella sia stato un grande tema europeo e non solo. Mi capita spesso anche negli Stati Uniti di sentire colleghi che mi chiedono cosa sta succedendo e cosa abbiamo messo in pratica. Il valore di quello che stiamo facendo va oltre la regione Puglia e probabilmente anche oltre l'Italia. Si rifà anche ad altre situazioni che potrebbero succedere in futuro.
Ci stanno tutti guardando perché in qualche modo abbiamo messo a disposizione le nostre migliori risorse umane e anche istituzionali per questo progetto che, comunque, ha bisogno di essere seguito ancora. Non può esaurirsi in tre anni, ma dovrà essere seguito anche in futuro perché poi le cose, magari anche belle, rischiano di rimanere isolate e di non essere portate avanti.
Le istituzioni di ricerca ci sono e le Istituzioni ci stanno aiutando in questa direzione.
PRESIDENTE. Grazie, professore.
Do la parola, per la Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI), al presidente Antonio Ferrante, al quale chiedo di dividere il tempo del proprio intervento con il dottor Catalano.
ANTONIO FERRANTE, presidente della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI). Ringrazio la Commissione per il coinvolgimento della nostra Società nella presente indagine conoscitiva sulla Xylella fastidiosa.Pag. 10
Lascerei subito la parola al nostro socio esperto in materia di olivicoltura, Luigi Catalano.
LUIGI CATALANO, socio della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ed esperto in materia di olivicoltura. Vi ringrazio. È la seconda volta che sono audito in rappresentanza della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI).
Sono stato precedentemente audito in qualità di past president della Sezione frutticoltura. Ho preparato questa breve presentazione, che in realtà si «aggancia» a quanto precedentemente illustrato, nella scorsa audizione, da parte della SIPaV e della Società Entomologica Italiana, e anche rispetto a quanto ha precedentemente accennato il professor Perniola.
La olivicoltura pugliese rappresenta un terzo dell'olivicoltura nazionale. Sottolineo che le due zone, (quella del Nord Barese – provincia di Barletta-Andria-Trani – e quella del Foggiano), che rappresentano circa il 25 per cento della produzione nazionale e laddove persiste una grossa fetta della olivicoltura professionale italiana, sono attualmente zone indenni alla Xylella fastidiosa (v. slide n. 2).
Richiamo una slide che ha illustrato il rappresentante della SIPaV, che ha fatto vedere come ormai la Puglia sia divisa in tre macro-zone (vedi slide n. 3). Abbiamo la zona gialla, che è la zona di insediamento, dove purtroppo è stata adottata una strategia di contenimento, non si può fare più l'eradicazione. Abbiamo questa zona verde dove praticamente si registra un rallentamento dell'epidemia ed è stato spiegato anche per quali ragioni. Poi abbiamo tutta la zona a nord della Puglia, che è questa zona indenne che, secondo noi, costituisce una sorta di «linea Maginot», dalla quale poi devono partire determinate specificazioni per evitare la diffusione del batterio.
Vi mostro alcune immagini di qualche giorno fa della ripresa – questa è stata scattata in notturna per farla meglio apprezzare – della olivicoltura nel Salento attraverso le varietà resistenti. Abbiamo quattro varietà resistenti, come è stato innanzi accennato. Queste sono piantine di appena un anno di età (v. slides nn. 4 e 5).
Con l'attuazione di alcuni protocolli agronomici che sono stati implementati, diffusi e attuati da parte di alcuni agricoltori, possiamo vedere una parziale ripresa di alcuni oliveti che sussistono nella zona dove tutto è stato precedentemente distrutto.
Questo ci porta a svolgere una serie di considerazioni che iniziamo a vedere nella prossima slide. (v. slide n. 6)
Il gruppo di lavoro della SOI è un gruppo trasversale composto da accademici, ricercatori, imprenditori e tecnici.
Il gruppo ritiene che ci siano due linee direttrici da dover implementare. La prima è il contrasto della diffusione della epidemia nelle zone indenni (quindi stiamo parlando della zona del nord barese). La seconda è una gestione appropriata dei nuovi impianti, sia per quanto riguarda gli impianti olivicoli, con le varietà resistenti, che per quanto riguarda nuove specie che si stanno introducendo nel Salento per incrementare la biodiversità del territorio.
Un altro auspicio è quello di un programma di miglioramento genetico che permetta anche l'utilizzo delle tecniche di evoluzione assistita, che possono ridurre di molto la costituzione di nuovi genotipi che possono presentare tratti di resistenza al batterio.
Prima di tutto c'è il contrasto dell'epidemia. In questo senso, dovremmo focalizzarci su una attività di formazione e di assistenza tecnica (v. slide n. 7).
Sono pugliese – si sente dall'accento! – e sembra che il problema riguardi solo gli abitanti del Salento, senza tener conto che questo insetto è un eccezionale «autostoppista» perché può essere trasferito a lunghe distanze attraverso l'attività dell'uomo, attraverso le auto, attraverso i teloni dei camion, insomma attraverso i trasporti.
Bisogna innalzare la percezione del rischio, che non è solamente limitata nella zona sud della Regione, ma interessa, ahimè, l'intera regione sotto il profilo olivicolo.
Questo si può fare attraverso campagne promozionali e per il tramite di una capillare formazione attraverso le Istituzioni o attraverso le organizzazioni di categoria, Pag. 11alle quali poi bisognerebbe anche affiancare un'assistenza tecnica specializzata per mettere in atto tutte le procedure che rallentano la diffusione del batterio.
Queste sono le misure che vengono prescritte dalle varie norme e regolamenti per la gestione della Xylella fastidiosa: controllo delle erbe infestanti, lavorazioni del terreno, trinciatura e interramento (v. slide n. 8). Su questo è intervenuto il professor Perniola e non mi ripeterò.
Vorrei invece sottolineare l'aspetto della «difesa» dell'olivo, con principi attivi che sono ammessi per il controllo di altri insetti, e pensiamo alla mosca dell'olivo o alla tignola dell'olivo. Se posizionati correttamente in determinati periodi, sono anche utili al contrasto e al controllo del batterio, laddove il batterio adulto sia sfuggito dalle pratiche preventive durante la fase primaverile per il controllo delle fasi giovanili, prima che l'insetto passi alla fase adulta e sia quindi in grado di trasmettere il batterio.
L'eco-schema 2, di cui ha già parlato il professor Perniola, prescrive di mantenere l'inerbimento costante nel periodo tra il 15 settembre e il 15 maggio.
Sappiamo che la mosca sputacchina è il vettore di questo batterio e che questo insetto nelle zone più calde è già presente e attivo da metà febbraio: per tale ragione, una delle prescrizioni è quella di non effettuare le lavorazioni del terreno (v. slide n. 9).
Capite benissimo che togliamo dalla «faretra» degli agricoltori alcune frecce da poter utilizzare per una lavorazione meno impattante dal punto di vista ecologico.
Quindi, ci sono dubbi sull'applicazione di questa norma nella PAC, che dava un contributo alle aziende, compresa la somma che è stata liquidata lo scorso anno, che oscilla tra 100 e 130 euro.
Penso che il legislatore possa prendere in considerazione l'abrogazione di questa norma per le aree dove dobbiamo contrastare l'introduzione del batterio e possa prevedere un ristoro, sotto altre forme, di quel «premio PAC» che viene così a mancare.
La gestione appropriata di queste nuove varietà (v. slide n. 11). Il Salento era noto per avere due varietà principali, la Cellina di Nardò e l'Ogliarola Leccese, che avevano un habitus vegetativo tipico e, quindi, una gestione agronomica particolare.
Oggi la maggior parte delle aziende agricole, che, come è stato richiamato, sono aziende che praticano quasi a mo' di svago, come un hobby, la propria attività, non è in grado di saper gestire correttamente le nuove varietà e, quindi, di ridurre il periodo improduttivo di queste varietà e di cercare di ricostituire un tessuto produttivo nel più breve tempo possibile.
Quindi, abbiamo la necessità di alcuni «bugiardini», esplicativi di alcune norme e linee guida per la gestione di queste nuove varietà e di quelle che verranno in futuro.
Questo che vedete in questa slide è il quadro del censimento agricoltura (v. slide n. 12). Ben il 77 per cento delle aziende salentine ha meno di due ettari e il 21 per cento tra due e dieci ettari. Sono poche le aziende – solo l'1 per cento –, che hanno superfici superiori a venti ettari.
Questo che cosa significa? Significa la difficoltà di intercettare tutti i proprietari terrieri e spiegare loro le corrette norme gestionali da adottare. Questa è stata una delle problematiche più complesse da affrontare. Però, bisogna perseverare: proprio per questo dico che una campagna promozionale, tipo «Pubblicità progresso» (potrebbe essere utile, a mo' di «martellamento»), che veda coinvolte le varie amministrazioni, da quella nazionale fino a quella comunale, potrebbe essere utile.
PRESIDENTE. Le chiederei la cortesia di avviarsi alla conclusione, perché è già fuori tempo massimo previsto.
LUIGI CATALANO, socio della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI) ed esperto in materia di olivicoltura. Cercherò di essere ancora più sintetico. Vorrei introdurre, adesso, questo concetto.
I fondi che sono stati stanziati bisognava utilizzarli nei tempi burocratici e amministrativi, ma non è stato dato tempo alle aziende di attuare le normali pratiche, penso Pag. 12alla buona pratica agricola, che significa avere una rotazione degli impianti, o alla necessità di preparare queste persone alla gestione delle novità.
Quindi, bisogna incrementare la capacità gestionale delle imprese per arrivare a un risultato migliore nell'utilizzazione dei fondi stessi.
In questa slide n. 14 vedete un esempio. Nella fotografia posta in alto, sullo sfondo scorgete la «morte» degli impianti, mentre in primo piano vedete la ripartenza dell'olivicoltura con nuovi impianti.
Questi impianti devono essere gestiti e interpretati in maniera completamente differente rispetto al passato. Questo che vedete è il risultato dopo quattordici mesi dalla piantumazione.
Sono piante che andranno in produzione già il prossimo anno.
In conclusione, per quanto riguarda le varietà resistenti, proponiamo che il legislatore prenda in considerazione ciò che è stato fatto in passato, per esempio, con i progetti di frutticoltura di quarant'anni fa, progetti di miglioramento genetico che permisero alla frutticoltura italiana di cambiare e diventare competitiva rispetto alle frutticolture internazionali.
Oggi, invece, siamo «succubi» di varietà che vengono costituite in altri Paesi. Questo si può facilmente realizzare con l'utilizzo delle tecnologie di evoluzione assistita (TEA). In questo caso, il legislatore dovrebbe permettere, a nostro avviso, il trasferimento in campo degli eventi TEA – non sono OGM, sia ben chiaro – per accelerare la validazione di questi nuovi genotipi per la costituzione del tessuto produttivo.
Attualmente, come è stato ricordato in precedenza, ci sono ben quindici consorzi di ricerca a livello nazionale e internazionale, che fruiscono di fondi che ammontano a ben 55 milioni di euro. Sono risorse che la ricerca italiana, almeno in agricoltura, fino ad oggi non ha mai avuto, ricerca alla quale partecipano molti ricercatori, accademici e tecnici afferenti alla SOI (v. slide n. 17).
Noi auspichiamo, insieme alle altre società, che venga costituita una cabina di regia che valuti tutti questi progetti, in modo da evitare sovrapposizioni e cercare di raggiungere sinergie, perché la ricerca è di ampio respiro e non è ristretta a piccoli settori.
Non bisogna tralasciare, però, specifici interventi per quanto riguarda la formazione e l'assistenza tecnica, che permetteranno un innalzamento culturale e lo sviluppo di capacità pratiche di campo per la rigenerazione.
Vi ringrazio per il tempo che ci avete concesso.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
STEFANO VACCARI. Ringrazio gli auditi anche per il quadro di informazioni e progettualità che ci hanno presentato, molto ricco e sicuramente di grande prospettiva.
Mi interessa capire, in particolar modo dai rappresentanti del Distretto agroalimentare di qualità, quale sia attualmente il rapporto con il MASAF e come sta «funzionando», visti i tre programmi che avete presentato e che sono stati approvati dal MASAF e l'attuale numero di beneficiari, che vedo essere particolarmente consistente, mentre in una tabella che ci avete presentato vi è una discrepanza tra numero delle domande presentate e risorse attualmente erogate.
Sul tema della governance rispetto al futuro – questa è una domanda che rivolgo a tutti i nostri interlocutori – considerati i contenuti che ci avete raccontato, con particolare riferimento al tema della rigenerazione sostenibile, vorrei sapere quale ritenete sia lo strumento più adatto in termini di governance di quel territorio per avviarlo definitivamente, in una prospettiva di medio-lungo termine, dentro un percorso che ne disegni un futuro anche diverso, anche innovativo, dopo quello che è successo e dopo i danni prodotti dalla Xylella fastidiosa.
Mi pare di capire, infatti, anche sul tema della ricerca, che vi sia il rischio di frammentare gli interventi, i soggetti e le risorse. Personalmente, sul tema «Commissari» ho molti dubbi e molte perplessità Pag. 13per come sono stati interpretati fino ad oggi; però mi interessa capire, secondo voi, quale sia lo strumento per garantire una governance diversa per realizzare tutte queste idee di prospettiva.
PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola ai nostri auditi per la replica.
PANTALEO PICCINNO, presidente del Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (DAJS). La ringrazio, onorevole, anche per la domanda, che riguarda altresì il problema della gestione delle emergenze, non soltanto in agricoltura ma anche per eventi calamitosi ancora più gravi, eventi che purtroppo si sono verificati anche nelle nostre regioni.
Si arriva sempre a un «collo» di bottiglia: la politica svolge la sua funzione, perché indica gli strumenti e mette a disposizione le risorse, la parte amministrativa predispone i bandi, però da quel momento in poi comincia il «dramma», perché non arrivano le risorse.
Questo è un tema trasversale a livello istituzionale, sia regionale che nazionale, è un tema trasversale rispetto alla politica, perché il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste è stato governato, in questi anni, da un po' tutti i rappresentanti delle forze politiche presenti in Parlamento.
Che cosa fare? Una soluzione «banale» ma pratica potrebbe essere quella che si sta già utilizzando per le amministrazioni pubbliche sui fondi PNRR, ovvero dare l'anticipazione del 90 per cento e poi «andare a collaudo» con il restante 10 per cento.
Questa potrebbe essere una soluzione banale, se vogliamo, però concreta, perché chi è in difficoltà e non vede reddito già da 7-8 anni, ci mette tutto il suo entusiasmo e le sue ultime risorse per investire, convinto di avere il finanziamento, ma non ha la risposta nella restituzione del conto capitale, è chiaro che va verso il fallimento. Quindi, già con questa semplice possibilità di andare al 90 per cento delle anticipazioni, sempre su fideiussione, secondo me agevolerebbe tantissimo il processo.
È chiaro che è aperto il dibattito su «commissario sì, commissario no». Io non so se sia questa la scelta giusta. Certamente occorrerebbe un commissario «pagatore», ossia un soggetto che paga. Purtroppo, il MASAF non è strutturalmente predisposto per pagare, e non certo per la qualità dei funzionari, con i quali abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto.
D'altronde, la funzione del Distretto agroalimentare di qualità è quella di rappresentare le azioni degli imprenditori e fungere da interfaccia con il Ministero competente. Il rapporto è sempre stato di ottimo livello sia con la politica che ha governato il Ministero in questi anni, sia con i tutti i funzionari, di ottimo livello.
Il problema è che il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste non è strutturalmente predisposto per pagare, quindi ogni pagamento ha una procedura burocratica «pazzesca», che ovviamente le imprese sul territorio non comprendono, legittimamente.
Avanzerei un'idea: si potrebbe pensare a un soggetto locale attuatore? Potrebbe essere individuato in una norma un soggetto, che non è un commissario, che svolga l'unica funzione di prendere i soldi e distribuirli e non altro? Successivamente, i controlli e le verifiche, quelle possono essere fatte da livelli superiori, nei tempi giusti, con più calma e senza alcun problema.
Intanto, però, si riattiva il meccanismo, perché un'impresa che conclude un finanziamento e comincia ad andare a reddito richiede poi un altro finanziamento. Lo stiamo già vedendo sul territorio. I «semi» che sono stati lanciati attraverso questi finanziamenti si vedono, e sono evidenti, nelle piantagioni ma anche sul volto delle persone, che ci credono ancora.
MICHELE PERNIOLA, past president della Società italiana di agronomia (SIA) ed esperto della materia. La questione della governance è una questione complessa, però dipende dagli obiettivi che ci si pone.
Come è già stato detto, il problema Xylella fastidiosa è stato importante anche perché è stato uno strumento per capire come contenere. Ora dobbiamo preoccuparci delle zone colpite, ma secondo me Pag. 14dobbiamo preoccuparci anche delle zone limitrofe, dove c'è la possibilità che continui a progredire la malattia. Io opero molto in Basilicata e posso dirvi che in Basilicata c'è grande preoccupazione.
Avete parlato, inoltre, di trasferimenti. Io non ne vorrei fare sempre e soltanto una questione di soldi, quanto piuttosto una questione di governance: e la governance non può che essere di carattere politico.
La politica dovrebbe utilizzare gli strumenti per mettere in atto tutto quello che è stato studiato ed evitare che nelle zone limitrofe possa continuare a espandersi la malattia.
In che maniera? C'è lo strumento del PSR. Siamo in partenza con la nuova programmazione e siamo ancora in tempo, quindi se la politica centrale, che si rivolge poi alla politica «periferica», stimolasse gli amministratori della Puglia e della Basilicata ad adottare misure specifiche in cui vengono dati i soldi per la gestione corretta (quindi l'utilizzo delle varietà resistenti, il controllo del batterio), darebbe vita a uno strumento più efficiente intanto nel mantenere la produttività ma anche nel migliorare la produttività delle aree limitrofe, senza nulla togliere, ovviamente, agli interventi da portare avanti anche nelle zone infette.
Lo ripeto ancora una volta, non è detto che sia sempre e solo una questione di erogare fondi. Bisogna certamente utilizzare i fondi, però proprio per questo trasferimento di informazioni e per fare misure specifiche, perché gli strumenti politici per fare misure politiche ci sono, basta in questo caso che la governance politica contatti chi ha lavorato su queste questioni e faccia dei regolamenti specifici per la gestione. Quei 130 euro a ettaro diamoglieli!
Ma diamoglieli modificando leggermente l'eco-schema 2 e operando, facendo prima lo sfalcio, poi interrando, quindi utilizzando i presìdi fitosanitari che si possano utilizzare, ma, ripeto, contattando chi ci ha lavorato e conosce adeguatamente la tematica!
ANTONIO FERRANTE, presidente della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI). Vorrei aggiungere una considerazione. Siccome il tema è molto complesso e richiede un approccio multidisciplinare, sarebbe opportuno coinvolgere l'Associazione italiana società scientifiche agrarie (AISSA) con funzione di coordinamento della formazione delle attività di ricerca – rammento che tutte le società delle scienze agrarie afferiscono all'AISSA – nelle diverse materie (entomologia, patologia, agronomia).
PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio i nostri auditi, ai quali chiedo di inviare memoria del loro intervento.
Autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto delle presentazioni informatiche illustrate dagli auditi (vedi allegati) e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.40.
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ALLEGATO 2