XIX Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Martedì 30 gennaio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELLA MEDICINA DELL'EMERGENZA-URGENZA E DEI PRONTO SOCCORSO IN ITALIA

Audizione, di Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia (in videoconferenza); Piero Paolini, direttore della centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli (in videoconferenza); Giovanni Buonocore, direttore del pronto soccorso di Merate (in videoconferenza); Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118.
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 3 
Paolini Piero , direttore della centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli ... 3 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 5 
Staderini Gianluca , direttore generale della Confederazione delle Misericordie d'Italia ... 5 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 7 
Buonocore Giovanni , direttore del pronto soccorso di Merate ... 7 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 9 
Balzanelli Mario , Presidente della Società italiana sistema 118 ... 9 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 12 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL:
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 12 
Ganga Ignazio , segretario confederale della ... 12 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 14 
Zagatti Cristiano , coordinatore area dello stato sociale e diritti della CGIL nazionale ... 14 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 15 
Biondo Santo , segretario confederale della UIL ... 15 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 17 
Biondo Santo , segretario confederale della UIL ... 17 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCIANO CIOCCHETTI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, di Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia (in videoconferenza); Piero Paolini, direttore della centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli (in videoconferenza); Giovanni Buonocore, direttore del pronto soccorso di Merate (in videoconferenza); Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118.

  PRESIDENTE. Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza sia dei deputati che dei soggetti auditi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Partecipano all'audizione odierna il dottor Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia; il dottor Piero Paolini, direttore della centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli; il dottor Giovanni Buonocore, direttore del pronto soccorso di Merate; il dottor Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118.
  Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione. Ricordo che allo svolgimento di ciascuna relazione, da contenere entro dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati alle quali seguirà la replica dei soggetti auditi. La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione Geo Camera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati. Do ora la parola a Piero Paolini.

  PIERO PAOLINI, direttore della centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli. Buongiorno presidente, grazie per l'opportunità che viene data. Intanto mi presento, io sono un medico, sono uno specialista in Anestesia e Rianimazione, oramai da anni mi occupo del problema dell'emergenza urgenza in particolare per quanto riguarda l'emergenza preospedaliera. Ho prodotto anche un breve documento nel quale sono rappresentati, almeno sono ampliati e anche approfonditi, i temi che tratterò durante questo mio breve intervento di pochi minuti alla Commissione.
  Intanto ho visto anche il programma d'indagine della Commissione che sostanzialmente per la maggior parte, è finalizzato e improntato sull'attività all'interno del pronto soccorso ed è rivolto a capire quali sono le problematiche e le possibili soluzioni per quanto riguarda il boarding e l'overcrowding all'interno del pronto soccorso.
  Io chiaramente non sono un esperto, esplicando la mia attività quasi esclusivamente nell'ambito dell'emergenza preospedaliera e anche per quanto riguarda il 118. Vero è che comunque, a mio avviso, una riorganizzazione e un buon funzionamento dell'emergenza territoriale chiaramente ha un impatto notevole per quanto riguarda anche l'attività del pronto soccorso.Pag. 4
  Ho portato alla Commissione anche una serie di dati che ho ripreso dal sito NSIS (che è il nuovo sistema informatico del Ministero della salute) che va ad analizzare le attività per quanto riguarda il sistema Italia 118.
  Come potete vedere si tratta di numeri veramente enormi perché si sta parlando di oltre 7 milioni di schede aperte sulle centrali operative 118. Peraltro ci sono anche dati mancanti di alcune regioni importanti (fra le quali la Sicilia) non perché non abbia fatto attività, ma perché ci sono problemi da un punto di vista informatico.
  Questo ha prodotto oltre 5 milioni di interventi, quindi non di mezzi sanitari inviati che sono nettamente superiori, e da qui possiamo fare subito una prima analisi. Le centrali operative del 118, che sono ad oggi oltre 60 in tutta Italia, intanto fanno un primo filtro da un punto di vista della richiesta degli utenti. In circa il 25 per cento dei casi, come dimostrano questi dati, non viene inviato un mezzo di soccorso ma la richiesta viene evasa attraverso il consiglio telefonico o il rinvio alla continuità assistenziale, piuttosto che al medico di medicina generale e al pediatra di libera scelta, oppure ad altri enti del Servizio sanitario nazionale. A questo va aggiunto, non ho i dati ma chiaramente va aggiunto, il filtro che viene fatto da mezzi di soccorso direttamente sul posto. Cioè quei pazienti che beneficiano del soccorso del sistema 118 che però vengono trattati direttamente a domicilio e che quindi non vanno a sovraccaricare l'attività del pronto soccorso.
  Quindi già due elementi importanti riguardano l'attività del 118. Comunque la mission del sistema di emergenza territoriale è rappresentata dalle patologie cosiddette tempo dipendenti. Su questo chiaramente vengono valutati con una serie di indicatori sull'efficienza e l'efficacia del sistema, con riflessi notevoli dal punto di vista dell'outcome dei pazienti, in termini immediati per quanto riguarda la restitutio in integrum di questi pazienti, ma poi successivamente per quanto riguarda anche problematiche di natura sociosanitaria, per ridurre gli esiti invalidanti che queste patologie possono portare.
  Mi riferisco a quelle che sono nell'ambito first hour quintet, cioè delle cinque patologie più importanti dal punto di vista delle catene tempo dipendenti. Io ho estrapolato le quattro principali che sono l'arresto cardio-respiratorio, l'ictus, l'infarto del miocardio nel settore ST sopraslivellato e il grande trauma. È qui che si gioca una partita fondamentale per i nostri pazienti e questo ha un riflesso importante per quanto riguarda l'attività del pronto soccorso. Intanto il sistema deve essere tarato per portare il paziente giusto nell'ospedale giusto nel minor tempo possibile, evitando di sovraccaricare pronto soccorso che in quel momento non rispondono alle necessità di quel paziente, ma addirittura bypassandolo anche nello stesso ospedale. Per fare un esempio, portando il paziente direttamente nelle sale di emodinamica se questo ha un infarto del miocardio. Oppure direttamente in TAC nei presidi che sono abilitati al trattamento dell'ictus bypassando anche, in un primo momento, il pronto soccorso per accelerare notevolmente i tempi. È chiaro che per fare questo occorre una organizzazione importante da un punto di vista sanitario.
  Certo non ci possiamo nascondere dietro al fatto che siamo in un momento di scarsità di risorse, e non mi riferisco solamente al punto di vista economico, mi riferisco anche al punto di vista della ricerca dei professionisti. È sui giornali tutti i giorni che abbiamo una carenza di personale medico e quindi facciamo fatica a mantenere uno status quo di questo tipo, ma esistono a mio avviso delle soluzioni che possono in qualche modo andare a sopperire un'attività di questo genere. Intanto il ruolo che viene svolto dalla centrale operativa. La centrale operativa 118 deve essere vista come un elemento clinico importante. All'interno della centrale operativa 118 devono essere svolte attività di supporto, attività di telediagnosi a distanza che permettano per dove è possibile – ma posso garantire che è possibile in una buona quantità di queste patologie soprattutto per quanto riguarda la tempo-dipendenza – Pag. 5anche di sopperire in alcuni casi alla presenza del medico. Chiaramente è molto limitato e il medico non va tolto assolutamente dall'emergenza territoriale, però devono essere – l'applicazione del DM 70 ce lo insegna – in posti strategici che possano fare la differenza. In questo oltre alla centralità (e mi scuso per il bisticcio di parole) della centrale operativa dobbiamo prendere in considerazione il fatto che esistono figure professionali quali gli infermieri che oramai da tempo, attraverso percorsi formativi ma anche attraverso una specifica norma di legge, sono in grado di utilizzare procedure e protocolli specifici per il trattamento di alcune patologie, in particolare quelle che vengono definite i trattamenti salvavita o addirittura salva organo. La tecnologia aiuta moltissimo attraverso gli strumenti di telemedicina e quindi di telediagnosi in una situazione di questo genere, anche il ruolo dei soccorritori. Oggi saranno auditi anche i rappresentati delle Misericordie che sono una delle associazioni di volontariato impegnate in questo settore. Questo è fondamentale perché la formazione e l'utilizzo di questo personale accanto a tecnologie specifiche aiuta molto.
  Per tentare, o comunque per dare un aiuto alla risoluzione di una serie di problemi, il sistema (a mio avviso) va costruito intorno a centrali operative sempre più cliniche, che devono diventare un punto di riferimento per tutto il sistema di emergenza territoriale. Poi c'è il territorio, riorganizzato con medici, infermieri e soccorritori in un percorso formativo e di implementazione di tecnologie assolutamente virtuose.
  Esistono già degli esempi virtuosi in Italia dove abbiamo degli esiti e quindi degli outcome molto buoni che sono importanti e possono instradare in questo. La recente pandemia ha insegnato che il sistema sostanzialmente ha retto l'urto, anzi il sistema dell'emergenza è andato a sopperire una serie di attività che facevano fatica in quel periodo, soprattutto per quanto riguarda la medicina territoriale.
  Poi c'è il tema delle grandi emergenze, non a caso io rappresento una delle due CROSS, cioè le centrali remote per le operazioni di soccorso sanitario che ci sono in Italia – una appunto a Pistoia e l'altra a Torino – e che sono state individuate dalla Conferenza delle regioni e le province autonome su richiesta del Dipartimento della protezione civile.
  In questo il sistema dell'emergenza territoriale, perché queste sono una derivazione del sistema dell'emergenza territoriale, è inserito appieno. Molti dei referenti sanitari per le emergenze sono di provenienza, anzi direi la quasi totalità, dal sistema dell'emergenza del 118. È una rete costruita per affrontare il problema delle grandi emergenze attorno al mondo del 118; ce lo sta a dimostrare la pandemia, ma anche altre macro emergenze che sono state vissute in questo periodo sono un elemento che avvalora questa tesi.
  Io sostanzialmente avrei terminato, poi sono a disposizione chiaramente per le domande. Ringrazio di nuovo per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie del suo contributo e anche per averci inviato la documentazione.
  Do quindi la parola al dottor Gianluca Staderini. Prego.

  GIANLUCA STADERINI, direttore generale della Confederazione delle Misericordie d'Italia. Dal punto di vista nostro, quindi Misericordie e di chi opera su servizi territoriali, abbiamo la prospettiva di chi si trova a interfacciarsi dal territorio con quella che è la realtà dei vari pronto soccorso in Italia.
  Io in questi giorni ho fatto una verifica con tutte le nostre realtà territoriali, quindi dal nord fino al sud, per capire se le criticità erano comuni a tutte le varie zone d'Italia. Direi che sostanzialmente ho trovato una rispondenza in tutte le parti d'Italia, dal nord, al centro, al sud, rispetto a quelle che sono le problematiche, in particolare i lunghi tempi di sbarellamento dei pazienti in pronto soccorso che ovviamente creano difficoltà rendendo le ambulanze non operative in tempi rapidi, allungandone la permanenza e quindi sottraendole di fatto al territorio.Pag. 6
  Prima ascoltavo il dottor Paolini e trovo corretto il passaggio sulle integrazioni che ci sono su alcuni territori e confermo che sono assolutamente positive, assolutamente virtuose ma mi viene anche naturale ritornare su un argomento che ormai da anni più volte si ripresenta sui tavoli, che è quello della formazione dell'autista soccorritore e del soccorritore, perché anche su questo più volte ci sono state visioni diverse.
  È chiaro che ad oggi non esiste un percorso condiviso che normi di fatto questa figura. Ma oltre alle norme è importante che a monte abbia una formazione che sia condivisa dalle associazioni di volontariato e dalle altre realtà che operano in questo settore, e che sia la medesima (almeno che dia gli strumenti perché questo accada) dalla Valle d'Aosta fino alla Sicilia, dove i sistemi di emergenza territoriale sono purtroppo diversi. Questo forse potrebbe in qualche modo aiutare una integrazione migliore nel momento in cui i nostri equipaggi arrivano nei pronto soccorso, perché una delle cose che mi è stata fatta presente un po' dappertutto è la scarsa collaborazione e attenzione rispetto alle notizie. Io parlo dal punto di vista dei soccorritori ovviamente; spesso i nostri soccorritori viaggiano da soli (e i nostri equipaggi molto spesso viaggiano senza il sanitario a bordo) e quando si arriva in pronto soccorso le notizie che vorrebbero riportare non vengono ascoltate, non vengono prese in grande considerazione. Ovviamente lavorare sul territorio è un lavoro complicato, ma credo che dall'ascolto di chi è stato sul territorio possono arrivare notizie molto importanti anche per il sanitario che riceve il paziente. Quindi avere un percorso che dà più garanzie rispetto alla figura che entra nel pronto soccorso e consegna un paziente, che non è né un medico né un infermiere, forse anche dal punto di vista di chi riceve quel paziente e poi lo prende in carico, dà maggior tranquillità o maggiore attenzione nel prendere in considerazione quello che viene riferito rispetto a quello che è stato fatto, a quello che è successo, come è stato trovato quel paziente.
  Rispetto all'esperienza legata alle centrali operative, sempre più spesso ci si trova davanti a una situazione che non è una situazione di emergenza, per cui non ci sarebbe necessità di ricorrere al pronto soccorso ma dovrebbe seguire dei percorsi diversi.
  Ovviamente quei pazienti noi dobbiamo portarli al pronto soccorso perché non abbiamo alternative, ma poi vanno a ingolfare l'operatività delle varie strutture. Mi permetto di dire, probabilmente anche le centrali dovrebbero riuscire a fare un'operazione curando meglio quello che è l'aspetto clinico nel momento in cui si fanno le valutazioni, perché oggi sono i software che gestiscono la chiamata, e su quello vengono fatte le attivazioni. Per l'amor del cielo, strumento assolutamente importante ma che forse da solo, togliendoli quello che è l'aspetto medico clinico importante, probabilmente non garantisce un setaccio che sia il più adeguato possibile a portare al pronto soccorso chi effettivamente ne ha necessità, piuttosto che essere indirizzato a strutture diverse. È naturale che per indirizzare in strutture diverse queste devono esistere e devono funzionare.
  Qui si apre un altro mondo perché si potrebbe parlare dei medici di famiglia, della continuità assistenziale, quindi di quella che dovrebbe essere una rete territoriale che va in aiuto, anzi più che in aiuto che svolge il proprio ruolo all'interno del sistema ma che troppo spesso, per vari motivi, che non sta a me valutare, ci rendiamo conto che invece è assente. Il pronto soccorso alla fine deve sopperire anche a queste necessità. Capita che qualcuno se ha un problema anche da solo, anche senza l'ambulanza, prende e va al pronto soccorso: si rivolge lì perché pensa di trovare la soluzione. Poi magari si arrabbia perché aspetta nove ore. Fa questo invece di andare dove forse non avrebbe risposte o avrebbe risposte che non soddisfano.
  Un altro dei temi è quello della violenza che ovviamente subiscono anche i nostri operatori sul territorio. Purtroppo molto spesso in situazioni anche un po' – passatemi il termine – meno protette rispetto al pronto soccorso, perché quando arriviamo Pag. 7per strada e magari c'è solo il nostro equipaggio ci si trova direttamente a contatto con situazioni che possono essere davvero al limite e pericolose. Su questo credo che la sostanza sia che è cambiato il rapporto fra chi svolge il soccorso e la cittadinanza. Parlo dal punto di vista delle associazioni del volontariato: fino a qualche anno fa il rapporto con chi ci chiamava era un rapporto di grande gratitudine, di rispetto, di valorizzazione per quello che i volontari, i dipendenti delle associazioni di volontariato fanno sulle ambulanze. Oggi è cambiato profondamente il rapporto con il cittadino che ha bisogno, che ci vede in maniera diversa e quindi si rapporta anche in modo diverso, spesso avendo atteggiamenti aggressivi nei confronti dei nostri volontari.
  Ovviamente non entro nel tema della carenza di personale o altro perché naturalmente non ci riguarda, pur comprendendo che è un problema serio e assolutamente di prim'ordine. Per quello che ci riguarda, credo che debba essere migliorata la relazione tra chi arriva al pronto soccorso, quindi in questo caso i nostri equipaggi, e chi è in pronto soccorso e questo passa anche nel dare un quadro normativo più chiaro sulla formazione dei nostri soccorritori. Occorre inoltre una diversa organizzazione delle centrali operative 118 che nella fase di valutazione, dovrebbero avere strumenti maggiori, strumenti diversi per fare un setaccio. Servono anche territorialmente dei riferimenti che consentano di non dover dire per forza alla fine della chiamata «va be' le mando un'ambulanza, andiamo al pronto soccorso» perché molto spesso le telefonate al 118 finiscono così in mancanza di altre soluzioni. Quindi dal nostro punto di vista mi fermerei qui; faccio una lettura esterna rispetto alla struttura e invece capisco che il limite è in particolare legato a quelle che sono le difficoltà delle strutture.

  PRESIDENTE. Grazie. Do adesso la parola al dottor Giovanni Buonocore. Prego.

  GIOVANNI BUONOCORE, direttore del pronto soccorso di Merate. Buongiorno a tutti vi ringrazio per questa opportunità. Io lavoro in pronto soccorso dal 1998 e dirigo il pronto soccorso di Merate dal giugno del 2008.
  Entro subito nello specifico di alcune problematiche anche a costo di sembrare categorico, cosa che non voglio essere, ma è solo per motivi di tempo. Parto da una domanda. Quando si dice che il pronto soccorso è in sovraccarico, che è sovraffollato, che le risorse messe a disposizione sono insufficienti rispetto alla quantità e alla tipologia di richieste, il primo dubbio che mi viene è, a parte il perché, se abbiamo deciso quante persone o, facendo una similitudine con altre tipologie di lavoro, quante linee di produzione debbano essere attivate in un pronto soccorso e queste linee di produzione da chi sono composte. Se io creo una squadra e immagino che sia una squadra tra medico, infermiere e attività di supporto, questa squadra è veramente fatta da un medico e da un infermiere? Il rapporto giusto è uno a uno, uno a 1,5, uno a due? In tutti i pronto soccorso siamo organizzati alla stessa maniera, stiamo applicando una linea e quindi sappiamo esattamente che cosa bisogna fare? Perché se è sì, visto che il pronto soccorso non sta soddisfacendo i propri stakeholder – che sia la popolazione o che siano le stesse aziende che chiedono un miglior utilizzo e distribuzione del tempo – e lo stesso personale non è contento, allora vuol dire che quella linea comune che stiamo tutti utilizzando forse va ridiscussa.
  Forse c'è bisogno di più squadre o le squadre devono essere composte in una maniera diversa. Però poi, fatta a me stesso questa domanda, in realtà parte della risposta che viene fuori, sempre a me stesso è che no, non è vero, ogni pronto soccorso è organizzato in maniera diversa. Facciamo cose simili, nella realtà dei fatti trattiamo i pazienti bene o male tutti nella stessa maniera e con lo stesso fine, ma in un pronto soccorso siamo 15 medici e 30 infermieri, in un pronto soccorso con lo stesso numero di utenti annuo abbiamo invece 25, 26, 27 medici e di conseguenza 40-45 infermieri. E qui la mia domanda diventa come mai? Allora me ne faccio un'altra di domanda, Pag. 8forse perché la lavorazione sul paziente è diversa. Strano. Allora vuol dire che un pronto soccorso fa delle cose diverse da un altro? Anche questo è molto strano; oppure perché la popolazione è diversa. Quindi noi sappiamo, perché abbiamo i mezzi tecnologici e la conoscenza scientifica per stabilirlo, che un determinato bacino d'utenza ha delle esigenze diverse dal bacino di utenza da un altro pronto soccorso, cioè i pazienti sono diversi.
  Cento distorsioni di caviglia impiegano una certa quantità di risorse e cento pazienti di novant'anni con un sacco di patologie ciascuno, un sacco di terapie, impiegano risorse diverse. E mi rispondo anche a questa domanda: no non sappiamo qual è il cosiddetto case-mix di uno specifico pronto soccorso, quindi non sappiamo la popolazione di quella zona come è composta e che tipo di risorse abbia, e in realtà non facciamo in pronto soccorso esattamente le stesse cose.
  E allora mi faccio l'ultima domanda, ma come pensiamo di far funzionare un sistema del genere? Cioè ci stupiamo che in una zona d'Italia venga fatta una rianimazione cardiopolmonare per terra e leggiamo sui giornali per settimane «sospensione del primario perché è stata fatta una rianimazione per terra». Questa è una storia di anni fa, ma la domanda che si fa uno normale da casa, mia mamma, è perché non c'era una barella in più? Se c'era bisogno nel corridoio, perché non c'è una stanza in più? Allora la domanda sempre che faccio a me stesso è: cos'è che manca nel mio mondo?
  La prima cosa, e a questo punto vado con le risposte, cosa facciamo, in quanti dobbiamo essere e allora si risponde anche alla domanda perché la gente si arrabbia. Perché la maggior parte si arrabbia perché sta aspettando tanto e non capisce. Perché sta aspettando tanto? Mettiamo una linea di produzione in più. Se è un giorno solo no, ma se sono 360 giorni su 365 allora il discorso è diverso. Forse le linee di lavoro non sono strutturate in maniera corretta rispetto alla richiesta.
  Aggiungo l'ultimo pezzo e anch'io ho mandato una memoria. Perché i ragazzi scappano o per lo meno perché i ragazzi non scelgono di lavorare in pronto soccorso? Di base perché oggi, si parla di errori di programmazione, ritengo che abbiano troppa scelta. Cioè c'è troppa offerta rispetto alla reale richiesta di lavoro e questo permette loro di scegliere quello che ritengono essere meglio. Allora a questo punto, quando fanno il confronto tra un certo tipo di vita e quella del pronto soccorso e quest'ultima che è ritenuta meno competitiva.
  Allora è sempre colpa mia. Come direttore non sono stato capace di spingere la mia azienda a organizzare il lavoro all'interno del pronto soccorso in maniera competitiva. Il perché? Non l'ho riempito di contenuti per una scelta mia a questo punto, perché se abbiamo detto che non c'è un modo di lavorare comune, non siamo tutti d'accordo, non siamo tutti d'accordo sui numeri, non siamo tutti d'accordo su quante notti debbano fare; sono troppe? Se aumento il personale se ne fanno meno. Perché in un reparto di ricovero, di degenza, si fanno meno notti? Bisogna fare il conto delle notti del personale impiegato.
  Io ritengo quindi che il primo passaggio sia per noi stabilire delle linee comuni, che poi andranno discusse, che probabilmente poi discuteremo per tanti anni, ognuno di noi tirerà la corda dalla propria parte, pensando di fare sicuramente bene, ma almeno abbiamo un riferimento. Avremo un riferimento su quante persone ci devono lavorare. Vi posso dire che mediamente da noi un medico vede tra i 13 e 17 pazienti ogni turno di sei ore. Io posso fare il conto di quanti medici ho bisogno a seconda di quanti accessi ho al giorno.
  Un'ultima cosa che volevo dire relativamente al boarding. Anche qua, è vero che i pazienti in attesa di posto letto si possono ridurre aumentando i posti letto a valle, è anche vero che secondo me si può tentare invece di gestire il boarding non lasciandolo affidato alle stesse équipe di pronto soccorso che invece hanno come mission quella di accogliere e dare le prime cure al paziente che arriva al pronto soccorso. Si possono accogliere nelle cosiddette admission room, delle aree scelte all'interno delle Pag. 9strutture, nelle quali ci sono i letti, c'è il personale che si prende cura dei pazienti e che fa le riconciliazioni farmacologiche e l'inizio delle terapie. Anche se poi il ricovero vero e proprio viene spostato magari di ventiquattro, quarantotto ore il paziente una volta stabilita la necessità iniziale, inizia le terapie che farebbe in degenza già in quell'area.
  Quindi vuol dire che quando il paziente è buttato in mezzo al corridoio di un pronto soccorso nella realtà dei fatti è perché non è stato introdotto (non è stato possibile per carità di Dio) all'interno di quella struttura un modello di gestione diverso da quello di lasciarlo su una barella in attesa.
  Io sostanzialmente ho cercato di riassumere, spero non troppo rapidamente, quello che è il mio pensiero sulla causa principale della situazione di oggi, cioè non avere tra noi tutti stabilito quelle che sono delle linee minime garantite. Basate sulla letteratura, basate sui bisogni della società attualizzati e quindi stabilire un organico minimo e una struttura minima di funzionamento sulla scorta della quale poi ogni azienda può discutere con il proprio personale quelli che sono da un lato gli obiettivi e dall'altro la capacità di accoglienza.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do infine la parola al dottor Mario Balzanelli che è qui in presenza e quindi la ringrazio. Prego.

  MARIO BALZANELLI, Presidente della Società italiana sistema 118. Buongiorno a tutti. Io porgo ai presenti il saluto della Società italiana sistema 118 di cui sono il presidente nazionale. Mi congratulo con i lavori della Commissione, col presidente e con tutti voi, per la sensibilità che avete dimostrato nei confronti del sistema dell'emergenza. Il sistema salvavita che rappresenta uno scudo fondamentale laddove la vita all'improvviso possa essere messa in pericolo per un malore o per un trauma.
  È un sistema che a fronte della sua importanza, perché non c'è niente di più importante della vita che noi viviamo, è stato paradossalmente dai Governi precedenti – e in un contesto che definiremo di amnesia cronica perseverante di almeno 25 anni – completamente dimenticato, con quelle risultanze che poi sono all'oggetto della vostra attenzione per la quale appunto vi ringraziamo.
  Un sistema che merita quindi il sostegno del legislatore, una focalizzazione di interessi, un confronto tra le varie tesi perché magari tra tesi e antitesi si possano raggiungere delle sintesi formidabili. L'obiettivo è di diventare tutti più forti. I contributi che la Società italiana dei sistemi 118, che nasce nel 1997, che ha fornito sino ad ora che io vi sto presentando, che ho lasciato per il presidente in forma sintetica, e in forma analitica con gli standard con un testo dedicato, rappresentano ciò che noi abbiamo realizzato studiando e vivendo in prima persona sul campo i problemi.
  Il 118, come voi sapete è il sistema dell'emergenza territoriale, cioè quel sistema che è finalizzato dal punto di vista istituzionale a fare la differenza tra la vita e la morte di qualcuno prima che acceda in ospedale, perché si è dimostrato che tante sono le morti che si possono evitare laddove si intervenga molto rapidamente ed in modo corretto.
  Dovendo stare nei dieci minuti che mi avete concesso, quali sono i nostri contributi?
  Noi riteniamo intanto che questo sistema 118 debba, alla pari del sistema dell'emergenza del quale lo stesso 118 è sostanziale, integrante ed integrato, debba essere potenziato rispetto allo smantellamento al quale facevo riferimento poc'anzi.
  Vi faccio presente, per esempio, che i medici se ne stanno andando tutti e questo è un problema importantissimo, perché la presenza del medico non può considerarsi velleitaria, inutile o sostituibile; come è determinante quella dell'infermiere, come è determinante quella dell'autista soccorritore. Sono tutte figure determinanti che insieme costituiscono dei macro team H24 che si portano ovunque in tempi rapidi e salvano vite tutti i giorni. Il 118 merita il vostro aiuto, merita la vostra attenzione e merita il vostro sostegno.
  Quali sono i contributi? Intanto riteniamo che debba conservarsi per questo Pag. 10Paese la possibilità di accesso diretto del cittadino che stia per morire o di qualcuno che si trovi vicino a lui, presso il sistema di emergenza territoriale 118. L'accesso diretto alla centrale operativa 118 senza perdere un solo secondo, perché se c'è un arresto cardiaco improvviso per ogni minuto che passa si perdono circa il 10 per cento di possibilità che quel cuore possa ritornare a battere. Se c'è un ictus cerebrale di tipo ischemico per ogni minuto che passa si bruciano due milioni di neuroni e 13 mila chilometri di fibre nervose, per un solo minuto in più. Allora noi siamo fortunati perché la legislazione europea consente ai Paesi membri di conservare il numero di emergenza di quel Paese affiancando ad esso il 112, che è un'ottima rivoluzione culturale. Noi siamo favorevolissimi al 112, ma riteniamo che lo stesso debba affiancarsi al 118 per gli italiani e non sostituirlo evitando quindi un doppio passaggio tra le centrali operative che in alcune situazioni può predisporre a perdere dei minuti anche determinanti per la vita di qualcuno.
  Come secondo punto noi siamo interessati a precisare al legislatore l'importanza del modello organizzativo del sistema perché il modello organizzativo determina anche una omogeneità tra i vari territori, del tipo e della qualità della risposta. Perché il cittadino, per i pari diritti di accesso alle cure dei LEA, non può ritenersi fortunato di sentirsi male in un punto del Paese piuttosto che in un altro avendo (a seconda di dove si è sentito male) più probabilità o meno di sopravvivere per una stessa determinata situazione patologica. Dobbiamo garantire un modello organizzativo di base. Certo la riforma del Titolo quinto della Costituzione consente alle regioni di personalizzare, di sviluppare secondo quelle che sono le caratteristiche specifiche delle regioni, anche questo rientra nella fisiologia della nostra legislazione, della riforma appunto del Titolo quinto della Costituzione. Ma il modello base, il nucleo essenziale, lo zoccolo duro secondo noi deve essere riposizionato in modo uguale per tutti, per dare pari standard omogenei di elevata qualità. Riteniamo che il modello più economico in un benchmark che possiamo fare tra diversi modelli (e lo potremmo eventualmente dimostrare in una prossima occasione se vi dovesse essere gradito) è quello dipartimentale che sta all'interno delle aziende. Il dipartimento è la macrostruttura di maggiore complessità riconosciuta dall'attuale ordinamento sanitario. Il dipartimento rispetto alla struttura complessa ha un valore perché c'è un organo consultivo e deliberante che si chiama il comitato di dipartimento, dove si mettono intorno a un tavolo tutti i protagonisti che devono governare quel sistema. Non c'è quindi un modello gerarchico verticale; c'è una dirigenza medica e infermieristica (perché c'è anche una dirigenza infermieristica di dipartimento), c'è un comitato di dipartimento dove tutti insieme lavorano nella stessa direzione. Nessuno può remare contro a quel punto perché sono tutti corresponsabili della gestione. Riteniamo che il legislatore fu illuminato nel 1992 quando sancì il mattoncino chiave uguale per tutti nelle province italiane, perché se voi vedete l'ordinamento giuridico del Paese, lo sapete, perfettamente è provinciale: il Questore è provinciale, i vigili del fuoco sono provinciali, la polizia è provinciale, i Carabinieri sono provinciali. Il 118 nacque provinciale e nelle valutazioni che poi sono state fatte e pubblicate dal Sole 24 Ore sulla minore mortalità per infarto miocardico acuto negli anni 2016-2022, risulta che quelli che avevano meno morti per infarto erano i sistemi 118 provinciali. Quindi abbiamo anche un dato. Riteniamo quindi che il modello dipartimentale provinciale con Centrali operative rappresenti una base preziosa, da valorizzare e che affidiamo alla vostra riflessione e al confronto.
  Poi sulla centrale operativa. La centrale operativa non è un call center telefonico, perché si è spesso confusa l'idea della centrale come un call center, non è così. Se fosse un call center ne basterebbe uno in Albania per tutta l'Italia, ne potremmo mettere una sulla Luna per tutto il pianeta Terra e chiudiamo la storia. È un centro di responsabilità, è un centro di governo clinico, è un centro di controllo capillare di coordinamento, di direzione e di responsabilitàPag. 11 davanti alla magistratura di tutte le attività.
  Riteniamo che ogni dipartimento provinciale debba avere una centrale operativa, peraltro il PNRR (anche qui sapete bene) non ha mai preso in considerazione il 118 e invece prevede fondi dedicati per l'alta tecnologia. Quindi potremmo rendere forti tutte le province; proprio il Covid ha fatto comprendere quanto fosse importante avere una risposta immediata in un territorio che si organizzava perfettamente in modo omogeneo e tempestivo.
  Medico e infermiere riteniamo debbano essere affiancati nelle postazioni avanzate, uno ogni 60 mila abitanti. Sono preziosi e insieme sono formidabili, si completano reciprocamente, quindi noi pensiamo che sia superato il dualismo medico da una parte, infermiere dall'altra. Insieme lavorano meravigliosamente e salvano vite, sono una forza straordinaria. Proponiamo lo standard per le regioni di una postazione medicalizzata e avanzata ogni 60 mila abitanti.
  Questa Commissione ha accentrato l'attenzione in un modo meraviglioso sul dramma della paralisi gestionale dei pronto soccorso di questo Paese. Ora, la stragrande maggioranza dei soggetti che fisicamente sovraffollano oggi un pronto soccorso, almeno l'80-85 per cento, non ne ha necessità – essendo un centro di elevato livello qualitativo di risposta per l'emergenza urgenza – perché è affetta da acuzie minori le quali devono essere drenate da un'altra parte. Il tema non è costruire un pronto soccorso gigantesco che praticamente li accolga tutti, perché poi ne arriveranno altrettanti, è fare in modo che ognuno vada dove deve essere gestito, secondo percorsi di appropriatezza.
  Riteniamo invece che vada recuperata e valorizzata una clamorosa svista, uno scivolone importante del DM 70 che chiuse in alcune parti punti di primo intervento del 118 che garantivano proprio la decongestione sulle acuzie minori. Come strutture intermedie, i punti di primo intervento sono postazioni medicalizzate e infermierizzate fisse, dove stanno h24 i medici e gli infermieri in grado di gestire con appropriatezza codici dal rosso, al giallo, e che fanno però prevalentemente acuzie. Dei super ambulatori però in grado di gestire l'arresto cardiaco, l'edema polmonare; se poi è necessario il paziente viene portato in ospedale.
  Noi abbiamo l'esperienza, che potremmo documentare, per la quale i punti di primo intervento sono in grado di filtrare il 97 per cento degli accessi portando in ospedale solo il 3 per cento. Si eviterebbe la coda delle ambulanze che non soltanto espone i pazienti a rimanere in una condizione che è irricevibile, anche perché c'è il rischio di un deterioramento clinico, ma anche perché quella coda delle ambulanze e quel gigantesco ammassarsi di umani sulle barelle (che io definii sulla stampa nazionale la «barellopoli») poi diventa «barellandia» perché serve a far spendere molto di più.
  È chiaro che se il 118 è senza ambulanze si ha bisogno di prenderle da qualche altra parte, dai privati, quindi diventa un circuito perverso. Bene quelle code di ambulanze sequestrano alle centrali operative una parte della flotta mezzi significativa; in misure anche maggiori del 60 per cento sono bloccate per ore. Questo significa se c'è un 60 per cento di ambulanza bloccate in fila indiana che non si possono muovere e se c'è un codice rosso, un incidente stradale, un arresto cardiaco ci arriviamo tardi lì.
  Allora riteniamo che sia fondamentale drenare i codici minori, le acuzie minori sul territorio rinforzando la medicina del territorio. Riteniamo che i medici convenzionati del 118 devono poter passare alla dipendenza su base facoltativa rimanendo però a lavorare nel 118, non mettendogli il cappio «se vuoi diventare dipendente devi andare al pronto soccorso». Infatti se ne stanno andando tutti e non è bene avere una desertificazione degli organici medici.
  Chi vi parla è un direttore di dipartimento, nello specifico del 118 della ASL di Taranto, e vado anche io a fare anche i miei interventi (anche perché siamo rimasti in pochissimi) sui pazienti critici. Ieri mattina ho gestito due codici rossi per esempio. Dovendo andare ad alta velocità sulle strade Pag. 12corriamo il rischio di fare incidenti, di morire e molti dei nostri sono morti negli ultimi anni. Quindi riteniamo che sia importante incentivare il medico, l'infermiere e l'autista soccorritore del pronto soccorso con un'indennità di rischio che non hanno i colleghi ospedalieri. Perché se devi scendere in una scarpata, se devi scendere in un burrone a prendere qualcuno, o ti devi calare dal verricello di un elicottero è chiaro che ci sono rischi specifici che andrebbero riconosciuti. Riteniamo anche importante che sia istituita la figura del profilo professionale dell'autista soccorritore. Ricordate i Promessi sposi, con don Abbondio, che dice «Carneade chi era costui». L'autista soccorritore è un protagonista fondamentale, per un magistrato è un incaricato di pubblico servizio, però lo Stato, sino ad oggi, non ha riconosciuto il suo profilo professionale. Come è possibile questa cosa? Da un lato è incaricato di pubblico servizio, dall'altro gli manca il profilo. Diamoglielo, sono migliaia, sono bravi, meritano tantissimo, sono fondamentali alla pari dei medici e degli infermieri.
  Come ultimo tema: Il 118 connesso. Come dicevo il PNRR prevede dei fondi per l'alta tecnologia, la telemedicina, l'intelligenza artificiale anche perché abbiamo sempre meno medici. La telemedicina consentirebbe alle centrali operative di guardare nelle case, di guardare ovunque (come già sta accadendo in alcune realtà virtuose) e di parlare in tempo reale, con l'integrazione funzionale di percorso, con le unità di area critica ospedaliera attraverso la tecnologia. Quindi pensiamo ad un 118 connesso.
  Io ho cercato in questi pochi minuti di riassumere i pilastri di quello che servirebbe oggi e ve li affidiamo con fiducia e volentieri, un po' scoraggiati dalle ultime due decadi in cui ci è andata malissimo, non abbiamo portato a casa credetemi nessun risultato.
  Auspico bene per tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Abbiamo purtroppo altre audizioni alle 14.30 quindi non possiamo fare domande, anche perché alle 15 ricomincia l'Aula. Quindi io vi ringrazio, le audizioni sono state molto chiare e molto precise, abbiamo i documenti che ci avete lasciato. Quindi vi ringraziamo e vi salutiamo. Dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio. La Commissione prosegue l'audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza urgenza e dei pronto soccorso in Italia. Partecipano all'audizione odierna per la CGIL Cristiano Zagatti, coordinatore area dello stato sociale e diritti della CGIL nazionale e Andrea Filippi, CGIL FP medici; per la CISL Ignazio Ganga, segretario confederale e Marianna Ferruzzi dipartimento politiche sanitarie; per la UIL Santo Biondo, segretario confederale e Rossella Buccarello funzionaria; per l'UGL Fiovo Bitti dirigente confederale.
  Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione e vi pregherei di mantenere la vostra relazione entro i sette minuti perché abbiamo tempi assolutamente ristretti, alle 15 abbiamo nuovamente l'Aula.

  IGNAZIO GANGA, segretario confederale della CISL. Innanzitutto onorevoli deputati, presidente, vi ringraziamo per questa opportunità. È un tema particolarmente sentito e l'organizzazione e la condizione in cui si trova il nostro SSN richiede interventi normativi di carattere organizzativo non più rinviabili. Li stiamo sollecitando da tempo e occorre un progetto organico di riforma complessiva, pena l'impossibilità di continuare a garantire livelli uniformi di assistenza e presa in carico dei cittadini condizione che, il Parlamento sa, è già presente in diverse realtà regionali.
  L'emergenza epidemiologica ha portato all'evidenza di tutti una situazione già critica che, come sindacato, da molto tempo stiamo denunciando, in particolare per quanto riguarda l'aspetto della carenza del personale. Quindi se da un lato abbiamo espresso un giudizio positivo sui diversi Pag. 13interventi di carattere economico volti a sostenere la permanenza dei professionisti nei servizi di emergenza-urgenza, però rappresentiamo la difficoltà di erogazione da parte di queste risorse in quanto legate ad accordi regionali su cui stanno tardando le intese con le amministrazioni. Questo è il primo livello di criticità che sottoponiamo nell'immediato, insieme ovviamente all'aspetto del personale. Inoltre vi evidenziamo che il beneficio ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata previsto nell'articolo 12, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2023, dove è indicato un coefficiente di trasformazione pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di emergenza urgenza, alla luce del limite temporale introdotto, il 2032, e del limite di accesso con il primo accredito contributivo successivo al primo gennaio 1996, si applica a pochissimi casi.
  Noi riteniamo che andrebbe allargata la platea dei beneficiari così da diventare realmente attrattiva in particolare per tutti coloro che lavorano già da molti anni nel servizio di emergenza-urgenza. Complessivamente però siamo anche consapevoli che gli stessi non sono sufficienti a superare il reale problema dei carichi di lavoro e delle condizioni in cui si trovano a operare i professionisti sanitari, con le inevitabili ricadute sulla qualità del servizio per noi cittadini e con situazioni che spesso degenerano e sono causa di aggressioni allo stesso personale.
  Per la CISL è quindi oramai imprescindibile affrontare con strumenti nuovi il tema della spesa del personale e delle reali possibilità di reclutamento da parte delle aziende. Vanno quindi definitivamente superati i limiti ai tetti di spesa per le assunzioni del personale, come vanno definitivamente superati anche i tetti e i vincoli sulla contrattazione decentrata di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 75 del 2017. La realtà è che oggi molte strutture si vedono costrette, per garantire le prestazioni ai cittadini, ad aggirare il vincolo delle assunzioni attraverso l'acquisto di prestazioni dal privato, spesa che come è noto entra in capitoli di bilancio diversi da quello del personale, con una palese contraddizione nel nostro sistema. Una contraddizione che penalizza esclusivamente la possibilità di assumere personale nel sistema sanitario pubblico senza determinare poi un reale risparmio.
  Allo scopo di superare questa situazione, pur non ritenendo ancora esaurita la fase di confronto col Ministero della Salute e con AgeNaS, riteniamo utile verificare l'applicazione che le diverse regioni stanno dando all'accordo raggiunto in Conferenza Stato regioni il 21 dicembre 2022, sullo schema di decreto di adozione della metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2022, 2023 e 2024. Sottolineiamo anche che l'applicazione di tale metodologia non può essere fatta mantenendo il vincolo al tetto di spesa, pena l'inutilità del sistema stesso. La necessità di garantire personale adeguato riguarda tutte le unità operative della rete ospedaliera e territoriale perché, come è noto, oggi uno dei principali problemi di permanenza eccessiva dei cittadini nei pronto soccorso e nelle osservazioni brevi intensive è quasi sempre legato alla mancanza di posti letto di ricovero nei reparti di degenza ordinaria e nell'impossibilità di attivare percorsi di dimissioni protette.
  Questo avviene sia perché l'aver previsto 3,7 posti letto per mille abitanti ha fortemente ridotto l'offerta dei cittadini, ma anche perché abbiamo riscontrato che spesso la dotazione di posti letto effettivamente disponibili non corrisponde a quanto stabilito negli atti di programmazione. In particolare dopo il Covid in quanto molte strutture che erano state chiuse non sono più state aperte o sono solo parzialmente aperte, proprio per mancanza di personale.
  Riteniamo quindi utile anche una rilevazione dei posti letto, dei posti disponibili per comprenderne la reale disponibilità. I ritardi accumulati negli anni rispetto alla riforma della medicina territoriale (che ci auguriamo vengano recuperati con gli interventi previsti nella Missione 6 del PNRR) hanno fortemente indebolito la capacità di risposta facendo sì che i cittadini si rivolgano ai pronto soccorso anche per situazioniPag. 14 di bassa criticità che dovrebbero o potrebbero essere gestiti con altri percorsi. Abbiamo dei dati disponibili che lo dimostrano: oltre il 65 per cento degli accessi ai pronto soccorso è improprio e questo continua a rimanere un punto di grave criticità su cui occorre trovare soluzione.
  Da tempo si pensa di definire percorsi diversificati di accesso, ci sono delle sperimentazioni importanti, sarà importante recuperarle e valutare i risultati. Si tratta però sempre di soluzioni che richiedono personale dedicato. Il punto sta qui, resta per noi quindi come elemento non più ignorabile la definizione di un diverso rapporto anche con i medici di medicina generale, il cui ruolo è strategico non solo per la presa in carico di tutte le situazioni a bassa complessità, ma anche per la ridefinizione della rete territoriale che può aiutare sensibilmente a non gravare eccessivamente sui pronto soccorso. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Adesso se, è pronto, interviene Cristiano Zagatti per la CGIL.

  CRISTIANO ZAGATTI, coordinatore area dello stato sociale e diritti della CGIL nazionale. Grazie presidente e grazie alle deputate e deputati. Molto velocemente ringrazio anche per il programma d'indagine che ci facilita molto questa audizione, soprattutto perché avete già sentito la Conferenza delle Regioni e l'AgeNaS per cui gli elementi di merito li avrete sicuramente già tutti raccolti.
  Il documento individua molte delle ragioni che determinano la pressione sul sistema di emergenza urgenza; alcune non sono condivisibili da parte nostra, e ci arriverò, ma la criticità viene comunque assolutamente molto ben evidenziata.
  Condividiamo assolutamente che tra le cause principali vi è la carenza del personale. La lettura delle cause per cui c'è carenza di personale la condividiamo un po' meno. Siamo d'accordo sulla pressione organizzativa e sul fatto che i tempi di vita e di lavoro sono ormai inconciliabili Non è citato, ma ci tengo a sottolinearlo, che lo scarso riconoscimento sociale delle professioni sanitarie, frutto di anni di destrutturazione rispetto a queste figure, fa sentire il suo peso.
  Come anche la ragione economica: ricordo che il gap salariale sia per quanto riguarda la dirigenza medica che il comparto sanitario, è di quasi del 30 per cento rispetto ai Paesi di riferimento europei. Si fatica a fare formazione proprio per i carichi di lavoro, per la pressione eccessiva in quelle strutture, come eccessiva è la responsabilità che giustifica ovviamente la fuga dal sistema di emergenza urgenza e la poca attrattività per le professioni sanitarie.
  Si è timidi però nell'individuare una delle ragioni principali che è il sotto finanziamento del Servizio sanitario nazionale e ci tengo a sottolineare questo aspetto perché se parliamo di superamento dei tetti di spesa per il personale, ciò rischia di essere una finta soluzione; i tetti di spesa vanno finanziati, se non sono finanziati difficilmente riusciremo a risolvere il problema.
  Se noi andiamo a vedere quante regioni in Italia superano il tetto ci accorgeremo che c'è solo una regione in tutta l'Italia che arriva a sforare il tetto di spesa, altre hanno centinaia di migliaia di euro non spesi perché non disponibili all'interno dei bilanci.
  Tra le cause che condividiamo, una è la mancata presa in carico proprio della medicina territoriale, ma ci arriverò dopo sull'importanza della riforma dell'assistenza territoriale.
  Non abbiamo trovato evidenza e vorremmo anche conoscere le fonti per cui si attribuiscono ai pazienti extracomunitari le ragioni delle pressioni sul sistema di emergenza urgenza, perché davvero è una grande novità che si trova nel programma, come è una un'altra novità – che assolutamente non condividiamo e non abbiamo trovato in letteratura – quella relativa a errori nella gestione del triage e dell'attribuzione dei codici colore da parte degli operatori del 118. Fino a prima di questa lettura era un sistema che veniva messo a valore da tutti i soggetti, compreso anche il Ministero della salute e Agenas. Potreste verificare diversi lavori che mettono proprio a valore, Pag. 15in termini di risposta, la struttura del triage e il sistema codice colore.
  Condividiamo invece molto quello che è segnalato come un problema rilevante che è la disomogeneità del servizio di emergenza urgenza. 21 servizi sanitari regionali che rispondono in modo differente, ad esempio di fronte ad un'emergenza nazionale. Dobbiamo trovare una soluzione anche perché questo può essere l'assaggio di ciò che potrebbe determinare l'autonomia differenziata, abbiamo già delle evidenze molto significative e ne stiamo discutendo oggi.
  Non riusciamo a condividere anche come fattore che mette in crisi il sistema di emergenza urgenza la stagionalità. I picchi influenzali o le ferie estive o invernali ci sono ogni anno, al limite proviamo a ragionare sulla flessibilità del sistema, la flessibilità organizzativa e gli investimenti necessari affinché possa esserci personale in quei determinati periodi.
  È assolutamente centrata e puntuale l'individuazione del problema del boarding, il fatto che possano rimanere troppo a lungo in attesa i pazienti per ragioni assolutamente evidenti: mancano posti letto perché anni di tagli hanno ridimensionato il numero di posti letto per mille abitanti nel nostro Paese.
  Il confronto con altri servizi sanitari nazionali europei è impietoso, e si va ad aggiungere un'indisponibilità di posti letto sul sistema territoriale, perché a fronte della riforma dell'assistenza ospedaliera non c'è stata la riforma dell'assistenza territoriale. È prevista nel decreto ministeriale n. 77 del 2022, è una riforma che deve trovare un'accelerazione, peccato però che nella legge di bilancio troviamo zero risorse per l'assunzione del personale, proprio per dare una risposta anche al sistema dell'emergenza urgenza attraverso gli investimenti in case della comunità, in ospedali di comunità, ma assolutamente, lo ribadisco, non ci sono risorse disponibili. È in parte un segnale positivo quello dell'indennità specifica per il personale dell'emergenza ma non è sufficiente e oltretutto è una misura temporanea.
  Malissimo il cottimo in sanità. Le aziende che producono nella filiera industriale, le più avanzate, di cottimo non ne vogliono proprio sapere. Se noi prevediamo il cottimo e la libera professione all'interno di strutture che sono già sotto pressione, se abbiamo già professionisti che scappano da quei servizi perché lavorano troppo, non possiamo immaginare che misure incentivanti sotto un profilo economico possano dare risposte adeguate.
  La norma sulle pensioni prevista in legge di bilancio rischia completamente di azzerare i giusti benefici che erano stati previsti per il personale dell'emergenza. Il cambio del coefficiente cancella quell'attenzione che si era data giustamente al personale dell'emergenza. Bene il tentativo di superare il fenomeno dei gettonisti (e vado a chiudere) ma manca completamente un coordinamento tra le regioni. Ci sono regioni che cercano di dare delle risposte, altre che assolutamente non sono allineate, per cui anche qui una regia del Ministero dovrebbe essere almeno un po' più puntuale. Non siamo assolutamente concordi, se non come misura straordinaria, sull'inserimento di forze dell'ordine all'interno delle strutture sanitarie. Le forze dell'ordine sarebbero sottratte al territorio e di sicurezza il territorio ne ha davvero bisogno. Mettiamo dei medici e degli infermieri, dei professionisti all'interno del sistema emergenza e vedrete che supereremo assolutamente anche questo il problema.
  Come organizzazione sindacale, come CGIL, forniremo una memoria scritta e non in termini polemici, ma allegheremo anche i numerosi lavori che questa organizzazione ha già prodotto proprio per dare risposte e ha già presentato sia in Commissione che al Ministero.
  Mi sembra però che continuino i tavoli tecnici ma non producono nessuna risposta concreta sotto il profilo organizzativo per migliorare la condizione di lavoro degli operatori e soprattutto i servizi per gli utenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci rimangono solo dieci minuti perché purtroppo alle 15 ricomincia l'Aula.

  SANTO BIONDO, segretario confederale della UIL. Grazie a voi per questa indagine Pag. 16e ci auguriamo che la conclusione di questi lavori possa invertire il trend che in questi anni ha caratterizzato l'impegno di risorse nel sistema sanitario nazionale.
  È dal 2012, con la legge sulla spending review, che il Servizio sanitario nazionale subisce dei tagli e purtroppo questa legge di bilancio non è riuscita a invertirlo questo trend. I pronto soccorso sono la cartina di tornasole delle difficoltà che il sistema sanitario nazionale sta scontando ormai da tempo. Noi riteniamo che per migliorare la qualità di risposta sanitaria da parte dei pronto soccorso e anche evitare quelle tensioni che si scaricano sul personale purtroppo in queste occasioni, è fondamentale mettere in campo delle azioni che siano mirate su quattro punti fondamentali.
  Intanto sulla infrastruttura ospedaliera. Noi abbiamo ospedali che sono in condizioni molto precarie e lo sono ancor di più all'interno delle strutture adibite al pronto soccorso. Questa è una situazione che bene o male si trova da nord a sud in tutto il Paese. Altro tema importante, perché è uno dei motivi per il quale i pronto soccorso vanno in difficoltà, è quello della congestione dovuta da accessi impropri all'interno del pronto soccorso che voi nel programma in parte documentate.
  Manca, come ormai sappiamo, una medicina territoriale che possa essere degna di questo nome soprattutto in alcune parti del Paese. Su questo aspetto vorremmo avere anche dei dati sulla fase di attuazione per quanto riguarda la costruzione e la realizzazione delle Case di comunità e degli Ospedali di comunità, che sappiamo perfettamente essere quelle infrastrutture territoriali che permette di evitare gli accessi impropri negli ospedali e nei pronto soccorso. Su questo vorremmo un ritorno da parte della cabina di regia sul PNRR. È fondamentale anche intervenire sulla telemedicina che serve a evitare la congestione dei pronto soccorso. Siamo in ritardo sulla telemedicina, ma siamo anche in ritardo rispetto alla costruzione dei punti di connessione nel Paese. Sappiamo che ci sono molti comuni in cui la banda larga non è operativa, in altri lo è a tratti, ci sono 4.600 comuni su 7.902 dove non c'è copertura di rete, quindi anche su questo credo che bisogna avere un quadro chiaro per poter poi intervenire a mettere in campo quella medicina territoriale che servirebbe a decongestionare le infrastrutture ospedaliere.
  Ma il punto fondamentale e centrale per rilanciare la sanità, a parte il territorio, è quello del personale. Lo hanno detto anche i colleghi che mi hanno preceduto: c'è un problema che questa legge di bilancio non ha risolto, ovvero la cancellazione del tetto di spesa alle assunzioni di personale, che è ancorato al 2004. Sappiamo perfettamente che è un riferimento anacronistico, anche rispetto all'emergenza sanitaria che ci ha fatto vedere quanto bisogno di personale c'è nel nostro Servizio sanitario nazionale. Su questo la legge di bilancio purtroppo non è intervenuta.
  Sappiamo anche che c'è una mancanza di attrattività delle professioni mediche nel confronto per i giovani, soprattutto nella parte dell'emergenza-urgenza. Bisognerebbe fare una contrattazione collettiva che renda alcuni settori dell'ambito sanitario più attrattivi, a partire dell'emergenza-urgenza. Sappiamo essere un ambito dove poco considerato da parte dei giovani nei percorsi di specializzazione.
  Da questo punto di vista è chiaro che bisogna togliere il tetto di spesa alla contrattazione integrativa che è ferma e non permette ai territori di incentivare la mobilità di persone presso questo reparto, che è scartato anche nella scelta da parte del personale sanitario e dai giovani che si approcciano alle professioni sanitarie.
  Sempre sul tema del personale, c'è anche la questione dei gettonisti. In riferimento ai pronto soccorso noi siamo fortemente preoccupati, lo dite anche voi nel programma, che con i gettonisti e le cooperative, in riferimento proprio ai pronto soccorso (e qualche sperimentazione in giro per l'Italia c'è stata) alla lunga si vada ad esternalizzare questa attività perché non si trova personale che lo vuole fare, non si trovano giovani che si approcciano. Questo andrebbe a impattare non soltanto sui costi del sistema sanitario nazionale, ma andrebbe anche a peggiorare la risposta sanitaria nei pronto soccorso. Sappiamo perfettamentePag. 17 che non c'è controllo su queste professionalità, se siano quelle giuste per approcciarsi al settore dell'emergenza-urgenza.
  C'è sulla questione del pronto soccorso un'attenzione particolare, ma va data all'intero sistema sanitario nazionale partendo – lo diciamo in maniera molto chiara – da due pilastri fondamentali che sono: il territorio, rispetto al quale noi vogliamo sapere qual è l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e sul personale, dove attendiamo risposte da parte del Parlamento e da parte del Governo sulle assunzioni.
  Mancano medici, mancano infermieri, manca personale sociosanitario ed è sottopagato perché i contratti non si rinnovano in modo adeguato, la contrattazione di secondo livello non decolla e quindi c'è il rischio che le persone e il personale si allontani sempre più, come sta accadendo dalle professioni sanitarie. Se manca il personale diviene difficile dare risposte alla sanità e sul personale poi c'è anche un altro tema. Il Piano Nazionale...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Purtroppo noi dobbiamo interrompere la Commissione perché alle 15 inizia l'Aula.

  SANTO BIONDO, segretario confederale della UIL. Ho finito, l'ultima cosa. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanzia le Case di comunità, gli Ospedali di comunità, ma non finanzia le assunzioni di personale che dovrebbero essere fatte con la spesa corrente. Se non si fanno le assunzioni di personale quelle strutture difficilmente si renderanno operative per dare risposte ai bisogni di sanità delle persone.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa al dottor Fiovo Bitti ma purtroppo noi dobbiamo scendere in Assemblea. Se lei è disponibile la contatteremo nei prossimi giorni per recuperare l'audizione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.