Sulla pubblicità dei lavori:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI RIORDINO DELLE PROFESSIONI SANITARIE
Audizione, in videoconferenza, dell'Associazione italiana
ingegneri clinici (AIIC).
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3
Nocco Umberto , presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC) ... 3
Cappellacci Ugo , Presidente ... 5
Nocco Umberto , presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC) ... 5
Cappellacci Ugo , Presidente ... 5
Ciocchetti Luciano (FDI) ... 5
Cappellacci Ugo , Presidente ... 6
Nocco Umberto , presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC) ... 6
Cappellacci Ugo , Presidente ... 6
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti delle Organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 6
Semeraro Gabriella , responsabile Sanità – Area stato sociale e diritti della CGIL nazionale ... 6
Cappellacci Ugo , Presidente ... 8
Semeraro Gabriella , responsabile Sanità – Area stato sociale e diritti della CGIL nazionale ... 8
Cappellacci Ugo , Presidente ... 9
Ferruzzi Marianna , rappresentante del dipartimento politiche sanitarie della CISL ... 9
Cappellacci Ugo , Presidente ... 11
Biondo Santo , segretario confederale della UIL ... 11
Cappellacci Ugo , Presidente ... 13
Bellusci Giampiero , segretario confederale della UGL ... 13
Cappellacci Ugo , Presidente ... 14
Audizione, in videoconferenza, di Francesco Saverio Proia e Rossana Ugenti, esperti della materia:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 15
Proia Francesco Saverio , esperto della materia ... 15
Cappellacci Ugo , Presidente ... 17
Ugenti Rossana , esperta della materia ... 17
Cappellacci Ugo , Presidente ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO CAPPELLACCI
La seduta comincia alle 14.20.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, dell'Associazione italiana
ingegneri clinici (AIIC).
PRESIDENTE. La Commissione prosegue il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie.
L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, dell'Associazione italiana ingegneri clinici.
Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza sia dei deputati che dei soggetti auditi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
È presente all'audizione odierna il presidente Umberto Nocco, che saluto e ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
Ricordo che allo svolgimento della relazione, da contenere entro dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati alle quali seguirà la replica del soggetto audito. La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione Geo Camera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
Do quindi la parola a Umberto Nocco.
UMBERTO NOCCO, presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC). Buongiorno. Signor presidente, voglio ringraziare della possibilità di partecipare all'audizione a nome di tutta l'Associazione italiana ingegneri clinici. Se posso, ho preparato quattro slide, che in realtà forse aiutano più me che voi nella presentazione. Le vorrei condividere, in modo che possiate anche seguire il ragionamento.
L'ingegnere clinico è un professionista che, per definizione dello statuto dell'associazione, ma anche per definizioni che si ritrovano in altre associazioni «sorelle» che abbiamo in giro per il mondo e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, contribuisce alla valutazione e alla cura della salute attraverso tre grandi aspetti principali. Primo, contribuisce alla valutazione multidimensionale delle tecnologie sanitarie in tutte le fasi del ciclo di vita, quindi dalla fase di valutazione preliminare con l'HTA (Health Technology Assessment) alla fase di acquisizione e poi durante tutta la vita utile delle tecnologie all'interno del sistema sanitario.
Inoltre, garantisce direttamente, attraverso la propria azione professionale, l'uso sicuro per pazienti e operatori, appropriato ed economico della strumentazione e delle attrezzature elettromedicali, oltre che – ed è una nuova frontiera di questi aspetti – tutta la parte di software e altre applicazioni informatiche certificate come dispositivo medico che sono ormai lo standard nella cura dei nostri pazienti in tutta la rete di offerta del Servizio sanitario nazionale. Quindi, parliamo dei presìdi ospedalieri, ma anche nelle strutture distribuite sul territorio, case di comunità, presìdi territoriali e quant'altro, fino all'assistenza domiciliare, attraverso la telemedicina e il supporto con la fornitura di dispositivi anchePag. 4 agli infermieri di famiglia e a tutte quelle iniziative di prossimità che sono in corso di attivazione o sono già state attivate in questo periodo. Ovviamente, per estensione del concetto di tecnologia che ritroviamo nella definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'ingegnere clinico contribuisce anche alla definizione, ottimizzazione e implementazione dei processi e delle modalità innovative di erogazione delle cure che hanno come componente portante la tecnologia, ma sono viste nel loro insieme.
L'organismo di riferimento per tutti gli ingegneri (perché noi siamo ingegneri) è il Consiglio nazionale degli ingegneri, che, come sapete, è organizzato attraverso gli ordini provinciali, a cui ciascuno di noi è iscritto secondo le regole dell'iscrizione agli ordini professionali. Dal punto di vista del percorso di studi – ho cercato di seguire lo schema della comunicazione che avete mandato in allegato all'invito – è affine a quello che c'è nelle professioni sanitarie attuali. Noi arriviamo da una laurea triennale o quinquennale (tre più due, sostanzialmente); abbiamo un esame di abilitazione all'esercizio della professione, il cosiddetto «esame di Stato», come viene chiamato dagli ingegneri, che è condizione necessaria e sufficiente per potersi iscrivere all'albo. L'albo è diverso per i triennali e i quinquennali, quindi i due percorsi di laurea esitano in un albo diverso. Ci sono altri due aspetti che sono interessanti, nel senso che la formazione post-universitaria, comunque su base volontaria, è molto sentita ed effettuata tramite partecipazioni a master, corsi di alta formazione, che tra l'altro sponsorizziamo anche come associazione attraverso borse di studio.
Sempre in analogia con la parte sanitaria, sono ormai anni che il Consiglio nazionale degli ingenieri (CNI) ha istituito i crediti formativi anche per gli ingegneri (CFP, CFU, adesso è inutile entrare nel dettaglio di come acquisirli). Noi abbiamo un debito formativo annuo, come iscritti all'ordine, che è gestito in maniera un po' matematica, nel senso che vengono tolti dal nostro monte crediti 30 crediti ogni anno e di fatto non possiamo mai andare in negativo. Se si scende sotto la soglia di zero crediti residui si perde sostanzialmente l'iscrizione all'albo e la possibilità di esercitare la professione di ingegnere.
Ultimo entrato nell'ambiente normativo, l'articolo 10 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, istituisce l'elenco certificato degli ingegneri biomedici e clinici presso il CNI. Quindi, nell'ambito della legge che aveva definito tutti gli aspetti o la maggior parte degli aspetti delle professioni sanitarie, è dedicato un articolo anche agli ingegneri che – lo devo dire per dovere di cronaca, ma penso lo sappiate già – in questo momento non sono professione sanitaria, però mi interessava, e ringrazio della possibilità, portare all'attenzione della Commissione quante siano le affinità che ha la specifica professione dell'ingegnere clinico con le professioni sanitarie, a partire dal percorso formativo ma anche dal fatto che noi siamo parte integrante del processo di cura all'interno degli ospedali.
Questo perché, in realtà, se pensiamo alla medicina del terzo millennio, abbiamo molte caratterizzazioni che ho semplificato in questi termini: la moltiplicazione e specializzazione dei dispositivi medici a supporto del processo di cura; il processo di delocalizzazione delle cure, che comporta una gestione della tecnologia e una scelta della tecnologia che deve essere pensata anche per questa delocalizzazione, e quindi è parte integrante del processo di cura perché proprio è elemento sostanziale di questo percorso a supporto dei medici, degli infermieri e di tutti quelli che interagiscono con la tecnologia verso il paziente; un sempre maggior utilizzo dei sistemi informatici, sistemi di analisi e valutazione automatizzata dei dati strumentali, anche con l'uso dell'intelligenza artificiale, si comincia a parlare di valutazione incrociata dei dati provenienti da diverse sorgenti a vantaggio della medicina personalizzata e di una sempre maggiore rapidità di risposta; non ultimo, il discorso della trasmissione dei dati a centri remoti in cui si possa fare attività di analisi e anche teleassistenza e telemonitoraggio dei pazienti.Pag. 5
L'ultimo entrato è il mondo ancora da esplorare delle terapie digitali, che richiedono competenze terapeutiche ma anche informatiche e di regolamentazione dei dispositivi medici, perché a tutti gli effetti rientrano nell'ambito dei dispositivi medici. Questo fa tutto parte del bagaglio culturale dell'ingegnere clinico biomedico e ha come denominatore comune la tecnologia medicale, che richiede competenze di valutazione e di gestione estremamente specifiche, legate al mondo ingegneristico.
Quanti siamo in Italia? L'associazione di cui sono presidente raccoglie circa l'80-90 per cento degli ingegneri clinici presenti sul territorio nazionale. Gli iscritti al 31 dicembre sono 1.274, con una distribuzione territoriale estremamente variegata. Le tre regioni più significative sono la Lombardia, la Campania e il Lazio; anche nell'Emilia-Romagna c'è una forte presenza di ingegneri clinici (sono meno gli iscritti all'associazione, ma so che ci sono tanti ingegneri clinici). Comunque la presenza delle nostre figure professionali è estremamente ben distribuita sul territorio nazionale.
Quali sono i problemi della nostra professione? Assomigliano tantissimo a quelli evidenziati anche nel vostro programma d'indagine per le professioni sanitarie. Il corso di laurea in ingegneria biomedica è uno dei primi quattro per immatricolazioni a ingegneria, quindi sicuramente non c'è una difficoltà di reperimento potenziale di colleghi che possano fare il nostro lavoro. Le strutture sanitarie sono uno degli sbocchi professionali privilegiati per chi ha fatto un corso di studi fondato soprattutto sugli aspetti manageriali delle tecnologie, quindi l'ingegneria clinica in particolare.
Le criticità di arruolamento del personale derivano dalle scarse possibilità di assunzione legate a mille fattori diversi e da una ridotta attrattività della pubblica amministrazione, di fondo per ragioni di natura economica, ma anche per tutta una serie di altri aspetti che sono stati ben evidenziati nella vostra nota, e su cui mi ritrovo, relativi alla nostra capacità effettivamente di essere appealing nei confronti dei colleghi. Ovviamente, di contro, c'è da dire che l'aumento della tecnologia, l'aumento della complessità dei processi, la diversificazione dei processi ci chiede che siano presenti molti più colleghi all'interno delle strutture.
Il ruolo sanitario può essere la soluzione. L'identificazione dell'ingegneria clinica come professione sanitaria può essere la soluzione? In questo momento non ve lo so dire. Sicuramente è un elemento di merito e di premio per una figura che anche nel periodo del Covid è stata identificata come uno degli elementi che ha consentito di far fronte, insieme a tutti gli altri evidentemente, alla pandemia.
Ho concluso. Vi ringrazio del tempo che mi avete messo a disposizione. Resto disponibile per le domande. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, ingegnere. Come prima cosa le chiederei, se è possibile, la cortesia di farci avere le slide che ci ha illustrato.
UMBERTO NOCCO, presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC). Assolutamente sì.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LUCIANO CIOCCHETTI. Ringrazio il nostro ospite per la sua esposizione. Spero, come ha detto il presidente, di poter avere le slide che ha illustrato.
Credo che il sistema pubblico delle aziende sanitarie locali sia ancora in ritardo nella assegnazione di un ruolo specifico agli ingegneri clinici e biomedici, nel senso che non sempre e in tutte le aziende sanitarie locali, in tutte le regioni, questo è previsto in maniera organica all'interno degli atti aziendali ed è previsto in maniera specifica anche come funzionalità del ruolo nel poter scegliere insieme ai clinici gli apparecchi migliori con le qualifiche e con le caratteristiche tecnologiche importanti.
La domanda è se è vera questa mia impressione oppure se, invece, nel tempo, questo tema sia stato superato e in qualche modo questa figura, a mio avviso assolutamente importante, possa ormai essere considerataPag. 6 a pieno nell'organizzazione delle aziende sanitarie locali.
PRESIDENTE. Do la parola all'ingegnere Nocco per la replica.
UMBERTO NOCCO, presidente dell'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC). Confermo che è vero. Non tutti gli atti di indirizzo regionali, quindi poi gli atti aziendali, hanno recepito in maniera completa e complessiva la necessità a tutti gli effetti della figura dell'ingegnere clinico. Non è solo un problema di dove la colloco nell'organigramma aziendale, che tipo di struttura dovrebbe essere, struttura semplice o struttura complessa, ma che in alcuni casi proprio non c'è. Alcune regioni sono più avanti. Cito quella dove lavoro io, che è la Lombardia, in cui dal 2002 all'interno delle linee guida è scritto chiaramente che ci deve essere una struttura di ingegneria clinica all'interno degli ospedali. Alcune hanno fatto un gran lavoro, come ad esempio la Campania, altre sono effettivamente più indietro e non c'è un'indicazione normativa, chiamiamola così, o comunque di indirizzo anche a livello regionale sulla presenza e la necessità dell'ingegnere clinico all'interno delle strutture.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite per il contributo offerto, dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti
delle Organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.
PRESIDENTE. La Commissione prosegue il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie.
Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza sia dei deputati che dei soggetti auditi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Partecipano all'audizione odierna la CGIL con Gabriella Semeraro e Giancarlo Go, la CISL con Ignazio Ganga, Marianna Ferruzzi e Roberto Chierchia, la UIL con Santo Biondo e Rita Longobardi, e la UGL con Gianpiero Bellusci e Fiovo Bitti.
Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione. Ricordo che allo svolgimento di ciascuna relazione, che pregherei di contenere in dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati, alle quali seguirà la replica dei soggetti auditi.
La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione Geo Camera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
Do, quindi, la parola a un rappresentante della CGIL.
GABRIELLA SEMERARO, responsabile Sanità – Area stato sociale e diritti della CGIL nazionale. Grazie, presidente. Buongiorno a tutte le onorevoli deputate e agli onorevoli deputati. Ringraziamo tutta la Commissione per l'invito a questa audizione. In questi dieci minuti proverò a porre l'attenzione facendo una premessa di contesto e invieremo le nostre memorie più dettagliate nei prossimi giorni.
Nella mia illustrazione presenterò delle slide. Inizierei dicendo che il lavoro dei servizi pubblici rappresenta il più grande patrimonio professionale a disposizione del nostro Paese. La pandemia, soprattutto nel sistema sanitario nazionale, ha mostrato come i professionisti sanitari, sociosanitari e tutti i professionisti del servizio sanitario di tutti i ruoli siano riusciti con professionalità e dedizione a far fronte alla pressione ospedaliera e alla richiesta di assistenza dei cittadini acquisendo nuove competenze e adattandole alle nuove richieste di servizio, rispondendo ai crescenti bisogni sanitari.
Inizierei innanzitutto a illustrare il contesto in cui il nostro servizio sanitario si trova in questo momento. Ci sono quattordici regioni in cui continua a crescere il disavanzo. C'è un fenomeno nuovo in questi ultimi anni: sta aumentando il disavanzo anche nelle regioni non sottoposte al Piano di rientro, che passa da 251 milioni di euro del 2022 a 680 milioni del 2023.
La spesa per i redditi da lavoro dipendente torna a diminuire. Mentre c'era stato un trend positivo intorno al 2022, più 6,8, Pag. 7dovuto anche alle dinamiche per i rinnovi dei contratti, oggi ci troviamo a meno 1,8 come non accadeva dal 2018. Per contro, crescono le spese per acquisto di prestazioni da privati dell'1,5 per cento, che nell'ultimo decennio passano da 24,64 miliardi di euro a 28,07 del 2023.
Vengo alle dinamiche di assunzione. Abbiamo provato, in base ai dati ufficiali, a fare una comparazione rispetto al rapporto assunti/cessati dal 2015 al 2019: i dati ci mostrano un grave tasso di disoccupazione nel settore sanitario. Solo nel 2020 si registra una temporanea crescita delle assunzioni per fronteggiare l'emergenza sanitaria, assunzioni che sono in prevalenza contratti precari, che comunque limitano la stabilità e la continuità assistenziale.
Dal dato relativo al conto economico abbiamo rilevato che nel 2022 l'Italia conta un totale di 681.855 operatori sanitari impiegati, di cui 107.772 sono medici, 283.939 sono infermieri e 70.401 sono operatori sociosanitari. Ma che cosa succede se facciamo una comparazione con l'Europa? Ebbene, emerge che l'Italia ha solo 6,2 infermieri ogni mille abitanti, attestandosi al di sotto della media europea, che è pari a 8,4 infermieri ogni mille abitanti. Poi, se prendiamo in considerazione Paesi come la Germania, la Norvegia e la Finlandia, vediamo che questi Paesi superano i 12 infermieri ogni mille abitanti. È evidente che questa distanza ha un impatto negativo rispetto all'efficienza del sistema sanitario in termini di assistenza ai pazienti.
Abbiamo cercato di individuare quali potessero essere i fattori critici alla base di questa carenza di personale e abbiamo focalizzato la nostra attenzione su quattro focus: l'invecchiamento del personale, la formazione, il blocco delle assunzioni e la decrescita dei salari.
Rispetto all'invecchiamento del personale, secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato nell'anno 2022 i medici cessati risultavano 12.648, a fronte di 10.778 assunzioni, inoltre su 343.566 lavoratori appartenenti alle quattro classi di laurea delle professioni sanitarie nel 2020 ne sono andati in pensione 11.739. Siccome siamo in piena gobba pensionistica, è evidente che questi numeri nei prossimi anni aumenteranno in modo esponenziale, tenuto conto che attualmente il 27 per cento dei medici italiani ha più di sessantacinque anni e il 50 per cento ha più di cinquantacinque anni, mentre l'età media degli infermieri è di cinquant'anni.
Sulla formazione intendo soffermarmi maggiormente, perché ha bisogno di una riforma più complessiva, sia per quanto riguarda i medici, sia per quanto riguarda il personale infermieristico. C'è da tener conto che, per far fronte ai pensionamenti, la formazione dei medici non ha considerato la loro uscita dal sistema sanitario nazionale per gli effetti delle norme pensionistiche e dell'età dei medici. A ciò si aggiunge l'andamento piatto riferito alla formazione specialistica in quest'ultimo decennio. Abbiamo riscontrato una forte disaffezione rispetto all'accesso alla formazione specialistica. Ma vorrei ricordare che i medici specializzandi rappresentano il futuro del nostro sistema sanitario. Per questa ragione, noi pensiamo che serva una vera riforma che superi il sistema delle borse di studio e favorisca un vero inserimento all'interno del sistema sanitario nazionale attraverso la contrattualizzazione di questi medici specializzandi e l'introduzione di un contratto di formazione e lavoro che consenta ai medici di formarsi nella rete dei servizi, con progressiva assunzione degli stessi e con tutti i diritti e le tutele derivanti da un contratto collettivo nazionale applicabile. Non solo, attraverso questa operazione pensiamo che possa aumentare anche la fidelizzazione di questi professionisti sin dalla loro formazione.
Altro discorso riguarda la formazione del personale infermieristico. Il numero dei nuovi laureati in infermieristica è aumentato in Italia, ma non al ritmo necessario per colmare le carenze di personale. Nel 2022 l'Italia ha avuto circa 24,7 laureati in infermieristica ogni 100 mila abitanti, che rispetto alla media europea è un numero piuttosto basso, considerato che essa si attesta al 37,5 per cento. Pensiamo che sia necessario, per far fronte alla carenza e, dunque, offrire prestazioni di qualità, riprogettare le professioni sanitarie ripartendoPag. 8 dalla base, tenendo conto dei modelli organizzativi più efficaci e più moderni, dell'evoluzione dei bisogni di salute sociale della popolazione, delle tecnologie biomediche e della messa in atto delle cosiddette «buone pratiche». Inoltre, in questo contesto è indispensabile la riduzione di alcuni percorsi formativi dedicati a specifici corsi di laurea che potrebbero risultare ridondanti, in quanto per programmi e obiettivi potrebbero essere assimilati ad altri presenti in classi diverse.
Proprio in merito alla formazione post-base degli infermieri, oggi abbiamo due percorsi: il master di primo livello e la laurea magistrale. Purtroppo, per via dell'autonomia decisionale degli atenei, non esistono percorsi specialistici unitari in termini di piani di studio non solo a livello nazionale, ma addirittura tra le università di una stessa regione. Questo comporta che a un master conseguito in una stessa area non corrisponde lo stesso piano di studi.
In Italia si accede al master di primo livello dopo la laurea triennale, mentre le direttive europee definiscono l'accesso al master dopo la laurea specialistica magistrale. Questo ovviamente crea delle diversità, che noi pensiamo debbano essere al più presto sanate. Crediamo anche importante, attraverso una regia pubblica, proporre un cambiamento e puntare all'unificazione dei percorsi formativi, al fine di poter garantire un'assistenza uguale in ogni regione, identificando i vari professionisti.
Il nostro sistema sanitario nazionale necessita urgentemente della valorizzazione del proprio personale e della valorizzazione degli attuali professionisti, suddivisi per i propri ruoli, per cui non comprendiamo l'idea dell'istituzione di una nuova figura, quella dell'assistente infermieristico. Questa figura è stata introdotta con l'approvazione, l'8 agosto scorso, di due decreti ministeriali. Esiste un problema evidente con tale figura, perché essa si inserisce in un contesto storico critico per la professione infermieristica, dimostrato dalla crescente diminuzione dell'attrattività della professione, da una forte riduzione delle iscrizioni ai test di ingresso ai corsi di laurea e dalla fuga di infermieri, che decidono di andare all'estero o addirittura rinunciano all'esercizio della professione.
Dunque, esiste un problema evidente di carenza di interesse per la professione ma, anziché affrontare questa profonda crisi con incentivi reale e valorizzazione di strategie utili al reclutamento, stiamo rilevando che si cercano scorciatoie pericolose, come appunto l'istituzione della figura dell'assistente infermieristico, con l'intento di sopperire alla carenza di personale con un'operazione che pare rappresentare un ritorno al passato, da cui riemerge la figura dell'infermiere generico o, meglio, una via di mezzo tra l'operatore sociosanitario e l'infermiere generico. Nel dettaglio, per questa nuova figura si prevede una formazione di 500 ore, aggiuntive ai mini-moduli didattici dedicati all'operatore sociosanitario. Noi pensiamo che 500 ore non siano sufficienti per acquisire le competenze prettamente infermieristiche. Faccio l'esempio della somministrazione dei farmaci per via intramuscolare sottocutanea oppure della medicazione per colostomie stabilizzate: per acquisire queste competenze gli infermieri seguono un intero anno accademico, con lezioni frontali e diverse ore di simulazioni in laboratorio, e svolgono molte ore di tirocinio.
C'è un'assenza chiara di inquadramento...
PRESIDENTE. Mi perdoni, ho l'antipaticissimo compito di chiederle di accelerare, perché siamo a quindici minuti. Grazie.
GABRIELLA SEMERARO, responsabile Sanità – Area stato sociale e diritti della CGIL nazionale. Procedo velocemente.
Noi crediamo, pertanto, che non abbiamo bisogno di ulteriori figure professionali, ma abbiamo bisogno della valorizzazione e dell'inquadramento, come da noi richiesto più volte, dell'operatore sanitario all'interno del contratto.
Per quanto riguarda il blocco delle assunzioni, la legge n. 226 del 2005 ha predisposto il tetto di spesa, che è stato rivisto con il «decreto Calabria» nel 2019, ma ancora oggi, anche se si è intervenuti attraverso il «decreto liste d'attesa», di fatto Pag. 9non è stato superato il tetto di spesa, ma si rimanda a un decreto successivo per la rivisitazione degli standard.
Infine, con riferimento alla decrescita dei salari, per procedere a un ragionamento compiuto rispetto alla questione dei salari degli operatori in forza presso il sistema sanitario nazionale, è necessario fare un ragionamento riprendendo tutta la filiera del lavoro pubblico, della sanità privata e anche del sociosanitario. È noto che i salari medi di medici e infermieri sono molto più bassi rispetto ai salari applicati nei Paesi europei. Proprio la settimana scorsa non si è proceduto alla sottoscrizione del rinnovo del contratto della sanità pubblica in quanto non è stata raggiunta la maggioranza della rappresentanza al tavolo.
Noi partiamo da questo evento. È ovvio che le proposte che sono state messe sul tavolo per il rinnovo non sono adeguate rispetto alla piattaforma unitaria che è stata presentata dalle categorie firmatarie del contratto. Noi chiediamo che siano valorizzati i lavoratori sia in termini di carriera che in termini economici e che il rinnovo del contratto riconosca il potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori del sistema sanitario nazionale.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Do ora la parola a un rappresentante della CISL.
MARIANNA FERRUZZI, rappresentante del dipartimento politiche sanitarie della CISL. Onorevole presidente, onorevoli deputate e onorevoli deputati, la CISL ringrazia per l'opportunità di questa audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva che la Commissione ha voluto programmare sul riordino delle professioni sanitarie.
Per brevità di tempo, concentrerò il nostro intervento sul secondo punto da voi indicato, ovvero fornire elementi utili sulle misure per recuperare rispetto alle criticità che sono da tempo all'attenzione di tutti.
È ormai patrimonio comune che la grave carenza di organico che si riscontra sia nelle diverse specializzazioni mediche che nelle diverse professioni sanitarie è dovuta a molteplici fattori, più volte evidenziati, di cui richiamiamo i principali: il limite al tetto di spesa per le assunzioni di personale, che ha fortemente limitato la copertura del turnover e progressivamente ridotto gli organici; la programmazione sbagliata, che ha determinato un pesante imbuto formativo fra medici laureati e percorsi di specializzazione, a cui si è aggiunta negli ultimi anni, come è noto, la drammatica fuga da alcune specializzazioni, che invece sono fondamentali per una risposta complessiva ai principali bisogni di salute e di presa in carico dei cittadini; le pesanti e non più sostenibili condizioni di lavoro, che pregiudicano il benessere organizzativo dei professionisti; un trattamento economico ancora non allineato alla media stipendiale dei medesimi colleghi a livello europeo; un sistema organizzativo, sul quale continuano a insistere svariate regioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, che, nonostante i dettati normativi e contrattuali, ancora non riconosce appieno le competenze acquisite e l'autonomia professionale delle diverse professioni; da ultimo, una sempre e maggiore difficoltà a sostenere i costi degli spostamenti e degli affitti nelle grandi città, che limitano la possibilità di assecondare i percorsi professionali intrapresi.
L'insieme di questi punti ci portano a dire che oggi occorre ragionare non solo di come tornare a rendere attrattive, nel loro complesso, le diverse professioni sanitarie sia per la dirigenza che per il comparto, ma anche come trattenere in servizio il nuovo personale che entra.
La condizione in cui si trova oggi il nostro Servizio sanitario nazionale richiede interventi normativi e di carattere organizzativo non più rinviabili, dentro un progetto organico di riforma complessiva, pena l'impossibilità di continuare a garantire livelli uniformi di assistenza e presa in carico dei cittadini.
Siamo tutti convinti – non è un elemento su cui c'è divergenza – della necessità di intervenire in primis sul dato economico. È per questo che giudichiamo importantissima, da un lato, la chiusura del contratto del comparto sanità, che purtroppoPag. 10 è saltata la settimana scorsa, e, dall'altro, l'avvio immediato del tavolo per il rinnovo del contratto della dirigenza medica e sanitaria, non dimenticando le attese in sede SISAC – non se ne parla molto, ma ci sono anche questi professionisti – degli atti di indirizzo per aprire le trattative degli accordi collettivi nazionali sulla specialistica ambulatoriale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.
Giudichiamo molto grave, presidente e onorevoli parlamentari, che ad oggi il Comitato di settore della Conferenza delle regioni non abbia ancora provveduto a emanare gli atti di indirizzo propedeutici allo scopo. Occorre, quindi, accelerare per poter rendere pienamente fruibili le risorse che le leggi di bilancio 2024 e 2025 hanno già messo a disposizione. Occorre ridurre i tempi per definire sia la tornata 2022-2024 che la tornata 2025-2027, aspetto su cui ognuno, per i propri ambiti di responsabilità, è chiamato a intervenire e rispondere. Diciamo questo – lo ripeto – anche alla luce della mancata sottoscrizione del contratto nazionale del comparto sanità, che secondo la CISL determina un'ulteriore dilazione dei tempi per erogare ai professionisti quanto già stanziato dal Governo.
Dal punto di vista economico occorre, inoltre, trovare il modo per valorizzare le attività e i reparti dove i carichi di lavoro sono maggiori, che ad oggi riteniamo non siano stati adeguatamente riconosciuti. Si è concentrata, opportunamente di questi tempi, una grande attenzione sui pronto soccorso, ma è mancata la necessaria attenzione a valorizzare chi oggi si occupa di gestire le cronicità e gli anziani, problema che riguarda sia i reparti ospedalieri che il territorio, come dimostrano largamente gli ultimi dati di iscrizione ai percorsi di specializzazione del personale medico.
Riteniamo che occorra uniformare il percorso iniziale di studio di tutte le professioni sanitarie non mediche, così come occorre avviare una riflessione sull'ordinamento universitario, con una visione anche all'attuale contesto europeo, percorso di studi che per il personale sanitario del comparto va rivisto dopo il triennio iniziale e che deve vedere strutturare i percorsi sia di laurea magistrale che di master sviluppati in modo specifico sia per la parte professionale che per la parte gestionale. Attenzione, però: ragionare solo di revisione dei percorsi formativi per la CISL non è sufficiente. Molti giovani abbandonano il Servizio sanitario nazionale perché nel momento in cui vi entrano si scontrano con la mancanza di volontà di riconoscere appieno l'autonomia e le competenze acquisite o che si possono acquisire con ulteriori percorsi formativi o con l'esperienza professionale maturata.
Ferma restando la specificità dell'atto medico, che non è in discussione, è quindi fondamentale rendere strutturale un approccio non solo di revisione dei percorsi formativi, ma anche dei modelli organizzativi, a cui vincolare tutte le regioni, che, riconoscendo l'autonomia delle diverse professioni sanitarie, consenta il lavoro di équipe multiprofessionale e multidimensionale dentro una riorganizzazione delle competenze tra i diversi poli sanitari, aspetto quanto mai necessario.
Il giovane professionista, sia medico che del comparto, che entra oggi nel Servizio sanitario nazionale deve poter avere certezza a quale prospettiva di carriera può realisticamente ambire.
Vanno definitivamente superati i limiti ai tetti di spesa per le assunzioni di personale. C'è il tema dei gettonisti. Abbiamo letto con grande attenzione le recenti dichiarazioni del ministro. La realtà, però, sulla quale riteniamo sia necessario intervenire, è che oggi molte strutture si vedono costrette, per garantire le prestazioni ai cittadini, ad aggirare il vincolo delle assunzioni attraverso l'acquisto di prestazioni dal privato, spesa che – come è ben noto – entra in capitoli di bilancio diversi da quello della spesa del personale. Questa è una palese contraddizione del nostro sistema, che penalizza esclusivamente la possibilità di assumere personale nel sistema sanitario pubblico, senza determinare un reale risparmio. Riteniamo sia giunta l'ora di superare e correggere questo aspetto.
Così come vanno definitivamente superati anche i tetti e i vincoli alla contrattazione decentrata aziendale. Occorre introdurre sistemi di welfare aziendale anche Pag. 11nel pubblico, superando gli attuali limiti, per realizzare la stessa attrattività che oggi, invece, è presente per chi opera nel privato. A tal proposito, ci preme segnalare che giudichiamo in modo molto negativo la norma inserita al comma 124 della legge di bilancio 2025, che ha, invece, limitato tale sviluppo. La segnaliamo alla Commissione affinché la possa ulteriormente valutare e, se ritiene, provare a intervenire per correggerla.
È necessaria anche una riflessione sulla burocratizzazione del lavoro, che pesa sui professionisti sanitari, sottraendo tempo al lavoro di cura. La digitalizzazione, che avrebbe dovuto snellire le procedure, infatti, ha spesso finito per gravare ulteriormente il lavoro. Ecco perché riteniamo necessario avviare un confronto su come intervenire per ottimizzare il dato sanitario, ma all'interno di uno snellimento delle procedure.
Occorre, a nostro giudizio, riflettere anche su un tema di cui si parla ancora poco, ossia il lavoro amministrativo all'interno delle strutture sanitarie, che sconta anch'esso i limiti imposti delle assunzioni e che, invece, nei fatti avrebbe potuto favorire attività, quindi tempi di cura del personale sanitario.
Mi avvio alle conclusioni. Altro aspetto su cui ci si deve interrogare è il tema della mobilità e dei costi dell'abitare, che genera difficoltà nel reclutamento di personale, sia nelle grandi realtà urbane che in quelle più periferiche, disagiate e/o difficilmente raggiungibili. Questo è un tema che rimanda a una riflessione su incentivi e forme di sgravio fiscale che consentano una maggiore disponibilità di alloggi a prezzi calmierati.
Resta, infine, per la CISL un'esigenza non più rinviabile: l'apertura di un tavolo di confronto organico con il Ministero della salute sul nuovo Piano sanitario nazionale, attraverso il quale dare le attese risposte di tipo organizzativo e professionale, che agevolino una nuova e reale valorizzazione dei professionisti sanitari, tornando a rendere attrattiva ulteriormente la professione.
Riteniamo altrettanto importante calendarizzare un cronoprogramma, da qui a metà del 2026, che monitori l'andamento della missione 6 del PNRR, in particolare sull'attuazione del nuovo modello di sanità territoriale, come l'ha disegnata il decreto n. 77 del 2022, noto a tutti, che comporta porsi per tempo il tema dei professionisti da impiegare.
Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Grazie a lei e complimenti per i tempi, rispettati al secondo.
Do la parola a un rappresentante della UIL.
SANTO BIONDO, segretario confederale della UIL. Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio la Commissione per aver predisposto questa audizione in ordine alle professioni sanitarie.
La carenza di personale nel nostro Paese ormai è un dato conclamato, se ne discute da diversi anni, non soltanto nel dibattito politico, senza che siano trovati interventi strutturali di qualità per risolvere alcuni problemi riguardanti la crisi del nostro sistema salute. Le stime più prudenti ci dicono che in Italia mancano circa 60 mila infermieri, 40 mila medici, 15 mila ostetrici, 18 mila fisioterapisti, più di 10 mila logopedisti. In tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, altra questione calda del nostro Paese, c'è una carenza di tecnici della prevenzione di almeno il 30 per cento rispetto al fabbisogno nazionale.
Come ormai noto, questo scenario, soprattutto critico nelle aree interne del Paese e che peggiora di anno in anno, si riflette su una carente assistenza sanitaria ai cittadini. L'esempio più conclamato sono le lunghe liste d'attesa, che ricadono su tutti gli operatori della sanità del nostro Paese, che subiscono ormai da diverso tempo condizioni di lavoro non soltanto pessime, ma che in alcuni casi sfiorano l'illegalità. L'Italia in alcuni casi non applica la direttiva europea delle 11 ore di riposo alla fine del turno di lavoro. Chiaramente questo crea enorme disagio, che pregiudica le condizioni del benessere lavorativo. Molti lavoratori sono anche a rischio burnout.
Ribadiamo anche in questa sede, in questa occasione, che per la nostra organizzazione, la UIL, la risposta alla carenza di personalePag. 12 da parte del Governo – per la verità questo problema ha radici lontane e non trova a oggi soluzione – non può risolversi con un finanziamento costante e indiscriminato nei confronti della sanità privata né può consistere nell'apertura sottotraccia ai gettonisti. Il Milleproroghe proroga la possibilità per le strutture sanitarie di assumere in collaborazione medici specializzati. Crediamo che questa non sia la soluzione e che si possano individuare altri percorsi più stabilizzanti per il personale sanitario.
Così come la soluzione non può essere quella di creare figure intermedie denominate «collaboratori» o «assistenti».
Continuiamo a ribadire che per la sanità servono interventi strutturali e di qualità. Per affrontare la carenza di personale – avevamo preso di buon auspicio quanto dichiarato dal Ministro Schillaci ad Ancona – serve un piano straordinario per il personale sanitario nella sanità. Purtroppo quell'annuncio non ha trovato riscontro all'interno della manovra economica, perché, nonostante il decreto sulle liste d'attesa dica delle cose, c'è ancora il blocco al tetto di spesa del personale della sanità, ancorato a un anacronistico 2004 implementato dell'1,4 per cento. Occorre stabilizzare il personale precario e finirla con l'esternalizzazione di attività del comparto della sanità.
Un'altra questione sulla sanità è quella dovuta alla carenza di vocazione, soprattutto nell'area infermieristica, da parte dei giovani. Negli ultimi quindici anni le immatricolazioni, soprattutto per quanto riguarda il corso di laurea in Scienze infermieristiche, si sono ridotte del 50 per cento e in molti atenei i concorsi banditi trovano meno partecipati rispetto ai posti disponibili.
Noi abbiamo l'assoluta convinzione – ma crediamo di non essere i soli a crederci – che la migliore campagna promozionale per attrarre giovani alle professioni sanitarie sia quella di trattare bene il personale già in servizio nel nostro sistema sanitario nazionale. Purtroppo, gli interventi predisposti nella legge di bilancio non lo consentono, soprattutto per quanto riguarda una contrattazione congrua, sia sulla parte economica che normativa. Il contratto 2022-2024, che la nostra categoria, insieme alla maggioranza delle organizzazioni sindacali rappresentative del comparto, non ha sottoscritto, di fatto nel rapporto tra incremento salariale e inflazione al periodo dato fa perdere il potere d'acquisto del personale del comparto di circa 11,4 punti percentuali.
C'è anche tanto da fare per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, il welfare aziendale, l'individuazione di percorsi di crescita professionale ben definiti e soprattutto, come dicevo, riallineare le retribuzioni del personale sanitario alla media europea.
Ci auguriamo che per quanto riguarda la trattativa sul rinnovo 2022-2024 l'ARAN apra il tavolo negoziale. In caso contrario, si arrecherebbe un grosso danno ai lavoratori e alle lavoratrici del comparto sanitario.
Infine, continuiamo a esprimere le nostre perplessità per quanto riguarda l'attuazione della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza in ordine alle Case di comunità e agli Ospedali di comunità, dalla cui realizzazione dipende l'attuazione del decreto ministeriale n. 77 sulla medicina territoriale. Su questo tema, per quanto riguarda il personale, dai nostri approfondimenti, servirebbero circa 29 mila persone, tra personale infermieristico, amministrativo e personale sociosanitario, per una spesa sul bilancio dello Stato di circa 1,4 miliardi per anno. Ricordiamo che le Case e gli Ospedali di comunità sono finanziati dalla missione 6, ma le assunzioni per renderle operative ed evitare che quelle infrastrutture diventino cattedrali nel deserto devono essere finanziate dalla spesa del bilancio dello Stato, che non ritroviamo neanche all'interno del Piano strutturale di bilancio che è stato presentato dal Paese in Europa, che ha una visione di medio termine.
Sempre sulla medicina territoriale segnaliamo che, per quanto riguarda l'infermiere di comunità, una figura fondamentale nella strategia di rilancio della medicina territoriale, ad oggi, su 9.600 infermieri previsti, ne sono stati assunti solo Pag. 131.464 e solo in 11 regioni. Quindi, siamo in forte ritardo, soprattutto nelle aree interne del nostro Paese, che scontano la maggiore difficoltà dovuta alla carenza di servizi di assistenza sanitaria.
Chiudo dicendo che le professioni sanitarie sono il cuore del nostro Servizio sanitario nazionale, il punto dal quale partire per dare risposta alle tante persone, milioni di persone, che rinunciano a curarsi nel nostro Paese, che purtroppo sono anche quelle che hanno maggiori difficoltà economiche. Quindi, c'è una risposta di civiltà che deve essere assunta con grande responsabilità da tutta la classe dirigente.
Ormai è evidente che nel nostro Paese è necessario che ci sia una riforma del sistema sanitario. Questa è la domanda che facciamo alla politica, a partire da chi oggi governa il Paese: se siamo d'accordo che una possibile e necessaria riforma che rimanga ancorata ai princìpi sanciti dall'articolo 32 della Costituzione. Su questo non abbiamo risposta da parte di tutta la politica. Crediamo che da lì si debba partire per mettere in campo un ragionamento di riforma.
Si aprano i tavoli, si apra il confronto. Anche questa Commissione credo parta da questa sensibilità nel mettere in campo questa audizione. Ormai non si può più far finta che non ci sia un'emergenza sanitaria all'interno di questo Paese, È necessario, quindi, aprire un confronto serio, strutturato, informato, preventivo, e su questo, come organizzazione sindacale, saremo sempre pronti a fare la nostra parte, sta al Governo e al Parlamento aprire il confronto.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Do, infine, la parola a un rappresentante dell'UGL. Prego.
GIAMPIERO BELLUSCI, segretario confederale della UGL. Signor presidente, ringrazio e saluto lei, la Commissione e tutti i presenti. Vi ringraziamo per la possibilità di essere auditi presso questa Commissione con riferimento all'indagine conoscitiva sul riordino delle professioni sanitarie.
Il riordino delle professioni sanitarie rappresenta solo un tassello di un puzzle complesso, che rimanda alla valorizzazione e al potenziamento del Servizio sanitario nazionale. L'articolo 32 della Costituzione dispone che la Repubblica tuteli la salute come fondamentale diritto dell'individuo e nell'interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti.
Negli anni sono, però, emerse gravi criticità, che hanno generato un paradosso: la crescita esponenziale della spesa sanitaria che, però, non ha coinciso con il miglioramento dei servizi a disposizione del cittadino, che, infatti, ha iniziato a percepire come sempre più scadente quanto erogato dal sistema sanitario nazionale.
La conseguenza diretta di ciò è la profonda svalutazione, oltre ogni legittima aspettativa, del ruolo dei professionisti della sanità, che non a caso sono diventati troppo spesso oggetto di aggressioni, come ben evidenziato nell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza nei pronto soccorso in Italia.
In una spirale negativa, gli stessi professionisti che operano nel campo sanitario hanno iniziato a manifestare una crescente insofferenza per le condizioni di lavoro. Se l'aspetto economico in tale rivendicazione è comunque centrale, è pur vero che sarebbe un errore non considerare tutti gli elementi che conducono alla valorizzazione e al riconoscimento del ruolo sociale della singola professione sanitaria. Complici tanti fattori, in questi anni larga parte delle figure professionali nell'ambito sanitario ha conosciuto una svalutazione illogica, dalla quale si può uscire soltanto ridando autorevolezza alle stesse.
Premesso che la nostra organizzazione (UGL) ha apprezzato il contenuto della legge di bilancio per la parte sanitaria, ferma restando la necessità di assicurare maggiori risorse in rapporto al prodotto interno lordo, con riferimento specifico al riordino delle professioni sanitarie, proveremo a formulare anche alcune considerazioni sintetiche.
In primo luogo, un riordino delle professioni sanitarie, che appare necessario per molti versi, dovrebbe essere oggetto di Pag. 14un confronto permanente, approfondito e preventivo sia con gli Ordini che con le organizzazioni sindacali. La valorizzazione delle professioni sanitarie dovrebbe essere a tutto campo, per cui dovrebbe guardare alle retribuzioni, alla tutela assicurativa e previdenziale, alla stabilizzazione del posto di lavoro, ma anche alla crescita professionale in un'ottica di formazione continua. La considerazione vale per chi opera nel pubblico, ma anche per gli addetti nella sanità privata, più esposti a fenomeni di sotto-inquadramento professionale.
Un'attenzione specifica deve essere riposta ai percorsi di studio oggi progettati esclusivamente sull'università. In prospettiva, potrebbe essere utile e funzionale una diversa taratura della filiera delle ITS Academy, cosa possibile rivedendo la normativa vigente, oggi incentrata quasi esclusivamente sulla correlazione tra imprese ed enti locali.
Per l'UGL la formazione è un altro elemento essenziale a tutti i livelli per gli operatori del Servizio sanitario nazionale. A partire dalla formazione universitaria, è importante eliminare la vecchia cultura che tiene in considerazione solo i pur importantissimi rapporti tra paziente e medico. Oggi si impone che questo rapporto sia visto in funzione della presenza del Servizio sanitario nazionale.
Tutto ciò che si fa di inutile o di non confacente alle conoscenze scientifiche si ripercuote sul Servizio sanitario nazionale. I dirigenti del Servizio sanitario nazionale non possono derivare da nomine politiche o provenire da esperienze in attività private.
La rivisitazione dei percorsi di studio dovrebbe essere finalizzata anche a ridurre l'attuale carenza di personale. L'individuazione di nuove figure professionali in ambito sanitario e sociosanitario dovrebbe essere supportata da un'intesa Stato-regioni, così da ricondurre lo scenario complessivo a uniformità, evitando l'individuazione di qualificazioni ibride che potenzialmente possono prestarsi a fenomeni elusivi dei contratti collettivi di lavoro principalmente nella sanità privata.
Fra i settori che necessitano una puntuale operazione di riordino normativo vi è sicuramente quello delle professioni e delle attività legate alla prevenzione e alla cura, attraverso la pratica sportiva. A tal proposito il CNEL ha avviato un gruppo di studio con l'obiettivo di fornire ogni indicazione utile al Parlamento e al Governo.
Concludo, presidente. Nel ringraziarla, vorrei precisare che sarà cura dell'organizzazione depositare una nota completa nelle prossime ore. Non serve più raccontare una sanità come quella che vediamo nei telefilm americani, né prendersela con il Governo che sta lavorando e finanziando, come abbiamo detto, per migliorare l'accesso alle prestazioni sanitarie e rendere trasparente l'intera filiera delle liste di attesa, ferme restando le competenze regionali in materia.
Per quanto riguarda l'UGL, bisogna chiamare a raccolta tutte le componenti che operano nel mondo della sanità, convocando gli Stati generali della sanità, perché siamo convinti che occorra un patto per la salute che coinvolga nei processi decisionali la componente dei lavoratori.
Pensiamo, infine, che sia cosa buona rilanciare la medicina preventiva, con lo scopo di limitare le malattie ad elevato costo sociale, come quelle cardiovascolari, tumorali, metaboliche. Serve l'insegnamento anche nelle scuole degli stili di vita sani che contribuiscono ad evitare di incorrere in malattie gravi, spesso croniche e gravemente invalidanti.
Grazie mille.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Chiedo a questo punto se ci siano deputati che intendono porre qualche domanda. Nessuno chiede di intervenire.
Rinnovo, per chi non l'avesse ancora fatto, l'invito – peraltro lo avete già in parte dichiarato nei vostri interventi – a trasmettere le memorie scritte, che saranno per noi estremamente utili per continuare il lavoro.
Vi ringrazio per i contributi, tutti veramente molto puntuali e preziosi, e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione, in videoconferenza, di Francesco Saverio Proia, esperto della materia e Rossana Ugenti, esperta della materia.
PRESIDENTE. La Commissione prosegue il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie.
Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza sia dei deputati che dei soggetti auditi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Partecipano alla audizione odierna Francesco Saverio Proia e Rossana Ugenti, esperti in materia di professioni sanitarie. Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione. Ricordo che allo svolgimento di ciascuna relazione, che pregherei di contenere entro dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati, alle quali seguirà la replica dei soggetti auditi.
La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione Geo Camera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
Do, quindi, la parola a Francesco Saverio Proia.
FRANCESCO SAVERIO PROIA, esperto della materia. Buon pomeriggio, onorevoli deputati. Vi ringrazio di avermi invitato a contribuire a questa importante iniziativa di consultazione.
Suppongo di essere stato invitato per il fatto che in vari decenni ho contribuito all'evoluzione normativa, formativa e contrattuale delle professioni della salute, nonché ho avanzato in forma scritta in numerosi convegni proposte in materia. Per questa visione complessiva mi è pertanto impossibile produrre un documento con note sintetiche e invece vi ho già trasmesso un elaborato complessivo in materia quale ipotesi di nuova normativa, proposta di legge per la riforma dello stato giuridico dei professionisti della salute di cui alla legge n. 3 del 2018 e conseguente istituzione della relativa categoria speciale.
Penso che si possa condividere che nel quadro delle scelte politiche e legislative per invertire lo stato di criticità, se non di decadenza del Servizio sanitario nazionale, sia opportuno, se non doveroso, adottare scelte coraggiose, discontinue e innovative per riformare alle radici lo stato giuridico dei professionisti della salute, la loro contrattazione e la loro formazione e quant'altro sia necessario al fine di restituire dignità e passione per la propria attività lavorativa ai professionisti della salute e, perché no, anche a far rinascere e fortificare la loro vocazione professionale e missione alla promozione e tutela della salute individuale e collettiva.
Da decenni ho svolto e svolgo in più ruoli (sindacato, Ministero della salute, regioni, Parlamento, Servizio sanitario nazionale, AGENAS, ARAN, università, ordini professionali, eccetera) attività di consulenza e progettazione normativa ed organizzativa, nonché ricerche, studi ed attività di docenza sulle questioni dell'evoluzione e trasformazione dell'organizzazione sanitaria e sociosanitaria, in particolare sulle questioni relative alle professioni e al personale dipendente e convenzionato. Siamo, quindi, in presenza di ormai mezzo secolo di esperienza professionale, in particolare sulla questione riguardante quelli che chiamo «produttori di salute», cioè l'oltre un milione di professionisti sanitari e sociosanitari impegnati nelle linee di produzione della salute sul territorio, negli ospedali, nei dipartimenti di prevenzione e di quelli di salute mentale, nella ricerca scientifica e sanitaria.
In base a tale esperienza complessa e articolata ho ritenuto opportuno elaborare una proposta complessiva di riforma delle professioni della salute. Sono, quindi, idee e proposte che metto a disposizione di chi voglia condividerle, anche in parte, volendo sviluppare un percorso legislativo.
È ormai opinione diffusa che qualsiasi operazione di valorizzazione delle professioni della salute debba necessariamente produrre un consistente apprezzamento economico retributivo nella forma più adeguata possibile alla loro rilevante funzione e per la conseguente responsabilità in ambito professionale. Tuttavia, per realizzare questo obiettivo, una profonda riforma del Pag. 16loro status giuridico non potrebbe che essere la premessa e allo stesso tempo la conseguenza; riforma che riesca a far traghettare l'insieme dei professionisti della salute e dipendenti della sanità fuori dalla contrattazione e dalla logica degli altri comparti del pubblico impiego svolta presso l'ARAN, con una diversa e particolare modalità speciale, che ne apprezzi e ne valorizzi la diversità e la particolarità.
La proposta di legge che avanzo inizia con una dichiarazione di valenza quasi costituzionale, cioè con l'impegno della Repubblica, intesa come Parlamento, Governo e regioni, a valorizzare questo personale, garantendo loro diritti e aspettative sinora, se non negati, di sicuro non attuati, a fronte di doveri sempre più richiesti e talora non attinenti alle funzioni proprie di una professione della salute.
Il testo della proposta offre una visione di una riforma significativa dello stato giuridico dei professionisti della salute in Italia, con l'obiettivo di migliorare la qualità del Servizio sanitario nazionale e garantire una determinata e strategica partecipazione più attiva da parte dei professionisti stessi nella programmazione e nella erogazione delle cure, andando oltre il potere monocratico del direttore generale, con l'obiettivo che si sviluppi un loro soggettivo protagonismo tale da far sì che comprendano, condividano e concertino l'elaborazione, l'attuazione, il monitoraggio e l'eventuale modificazione delle scelte strategiche e tattiche della programmazione sanitaria e sociosanitaria e della sua attuazione in ogni fase nazionale, regionale e aziendale.
Gli assi portanti della proposta prevedono l'istituzione della categoria speciale dei professionisti della salute, al pari delle altre categorie speciali che garantiscono l'attuazione di un diritto costituzionalmente sancito (magistratura, sicurezza, esercito eccetera), per il personale del Servizio sanitario nazionale appartenente alle professioni e ai profili professionali previsti dalla legge n. 3 del 2018, il che permetterebbe una contrattazione specifica per questa categoria, liberando da questa contrattazione il personale amministrativo, tecnico e professionale del servizio sanitario, che rimarrebbe nella contrattazione dei comparti pubblici presso l'ARAN.
Passo alla contrattazione nazionale e all'accordo quadro di filiera in sanità. La contrattazione nazionale per la nuova categoria speciale avverrebbe presso il Ministero della salute. Ho apprezzato che il presidente della regione Lazio, Francesco Rocca, si sia già espresso sullo spostamento della contrattazione del personale della sanità dall'ARAN al dicastero della salute. Mi auguro che anche altri presidenti di regione si esprimano in tal senso. Oltre al Ministero della salute, la contrattazione prevede la partecipazione di rappresentanti del Ministero del lavoro, della funzione pubblica, delle regioni, propedeutico alla contrattazione per area dirigenza medica e sanitaria, professionisti della salute, dipendenti, medici e altre professioni convenzionali.
Preliminare a questa contrattazione sarebbe previsto un accordo quadro di filiera dell'insieme delle realtà pubbliche e private e dei professionisti della salute, al fine di omogeneizzare gli istituti contrattuali e favorire la partecipazione sindacale nella programmazione della salute.
Quanto alla riforma del lavoro sanitario, la depenalizzazione dell'atto medico e di quello sanitario, il rapporto di lavoro dei professionisti della salute andrebbe orientato e regolato per obiettivi di salute concordati e condivisi. Si propone la depenalizzazione dell'atto medico e di quello sanitario, eccetto che nei casi di colpa grave. Andrebbero ridotti gli adempimenti non sanitari o clinici che non rientrano nelle competenze dirette dei professionisti della salute.
Occorre promuovere la partecipazione e la democratizzazione dell'attività professionale, garantendo una maggiore partecipazione delle rappresentanze sindacali e ordinistiche nella definizione del Patto per la salute e attraverso la riforma del potere monocratico del direttore generale, la creazione di organi elettivi del personale realmente e diffusamente rappresentativi prevedendo di conseguenza la non punibilità delle azioni e atti esercitati in virtù del mandato elettivo.Pag. 17
Serve la riforma del mercato del lavoro sanitario e sociosanitario, con il divieto di ricorrere ad agenzie interinali o cooperative, salvo situazioni emergenziali, previa concertazione e d'intesa con le rappresentanze sindacali, prevedendo al posto delle attuali borse di studio sia per i medici che per gli altri professionisti sanitari specializzandi, uno specifico contratto di formazione di lavoro inserito all'interno del contratto della dirigenza medica e sanitaria.
Parimenti avrebbe realizzato un analogo contratto di formazione lavoro per gli studenti del terzo anno del corso di laurea abilitanti degli infermieri e delle altre professioni sanitarie, garantendo quindi i medesimi diritti normativi, previdenziali ed economici, tenendo conto della specificità dello status di specializzandi o in formazione nel personale già dipendente, evidenziando che costituiscono un valore aggiunto e una componente fondamentale nell'organizzazione del lavoro.
Ho recentemente scoperto che nella provincia autonoma di Bolzano i contratti di formazione lavoro per gli infermieri e le altre professioni di lavoro già sono stati istituiti da quest'anno. È una cosa realmente possibile.
È necessario uno specifico e articolato impegno per affrontare e risolvere l'emergenza infermieristica e di altre professioni essendo la cronica carenza di infermieri una se non la principale questione da risolvere attraverso una strategia complessiva. Ci vorrebbe una diversa riforma della formazione specialistica e delle lauree abilitanti e delle professioni sanitarie attraverso una maggiore responsabilizzazione e partecipazione della sanità nel Servizio sanitario nazionale attraverso anche la realizzazione di una sede formativa speciale integrata, servizio sanitario e universitario, attraverso l'istituzione della Accademia di alta formazione delle professioni sanitarie.
È un'idea che riprende, contestualizzandola, quella delle scuole di sanità pensata nel secolo scorso da più esponenti illuminati, basata sul principio indiscutibile che i futuri professionisti sanitari vadano formati e specializzati nell'ambito della elezione privilegiata del loro esercizio professionale, cioè nei servizi e presidi territoriali e ospedalieri del Servizio sanitario nazionale.
È pertanto una proposta di legge che riflette una visione ampia e articolata nella riforma del settore della salute, mirando a coinvolgere attivamente i professionisti nella gestione del sistema sanitario e a migliorare le condizioni di lavoro e la qualità delle cure offerte ed insieme a un miglioramento economico delle retribuzioni. È la giusta risposta alle attese della categoria, nel loro ruolo determinante nella tragedia del Covid, che hanno visto subito disatteso l'impegno: tutto non sarà come prima, restituendo così l'onore e la dignità a quei combattenti nell'unica guerra che va fatta, quella per la tutela e la promozione della salute individuale e collettiva, conditio sine qua non per lo sviluppo economico sociale e politico del Paese.
Appare evidente che l'attuazione della riforma di questa portata ha bisogno di un approfondito e partecipato dibattito e una valutazione dettagliata degli impatti e delle implicazioni.
Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Do quindi la parola a Rossana Ugenti.
ROSSANA UGENTI, esperta della materia. Buonasera. Vi ringrazio dell'invito. Mi fa piacere ritrovarmi oggi a parlare nuovamente delle professioni sanitarie, visto che sono stata direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane nel Servizio sanitario nazionale del Ministero della salute per più di nove anni, fino al 31 marzo del 2023. Dal 1° aprile poi ho fatto una scelta lavorativa diversa, dopo quarant'anni al Ministero, e mi sono dedicato alla libera professione di avvocato.
Ho fatto alcune riflessioni che ho riportato nella relazione che avrò cura poi di inviare alla segreteria della Commissione e che mi accingo quindi a riferire. In questi ultimi anni il Servizio sanitario nazionale, a fronte delle modifiche demografiche ed epidemiologiche in atto, è stato impegnato in una profonda riflessione sul ruolo delle proprie strutture erogative e sulla riorganizzazione dell'offerta dei propri servizi.Pag. 18
Le linee di sviluppo adottate sono state delineate tenendo conto, da un lato dell'incremento delle patologie croniche o degenerative e dei pazienti fragili, dall'altro del contenuto tecnico-scientifico in continuo miglioramento in termini sia di strumento diagnostico e terapeutico, sia di reti telematiche.
Il passo più importante è stato superare la visione ospedalocentrica e mettere il cittadino al centro del sistema, sviluppando il territorio, che appare il luogo più appropriato rispetto alle realtà ospedaliere per affrontare i numerosi bisogni di salute oggi prioritari, come l'alto numero di patologie croniche e riassegnando all'ospedale i propri compiti in tema di emergenza-urgenza, alta specialità e gestione delle acuzie e delle riacutizzazioni non affrontabili in altri setting assistenziali. Tale nuovo assetto assistenziale non può non coinvolgere tutti i professionisti sanitari chiamati ad apportare profonde modifiche nel loro modo di operare. Infatti, l'emergere dei nuovi bisogni assistenziali impone lo sviluppo delle competenze tradizionali, richiedendo soprattutto nuovi obiettivi in termini di collaborazione e di integrazione tra i diversi professionisti, per rispondere alle reali necessità dei pazienti, nel rispetto comunque delle reciproche competenze e delle autonomie e responsabilità affidate alle varie professioni.
Le nuove reti assistenziali ospedaliere e territoriali che si stanno costituendo a seguito della riorganizzazione degli ospedali del territorio dovranno necessariamente prevedere, a garanzia della loro effettiva funzionalità, un percorso di definizione dei ruoli, dei compiti, delle responsabilità, delle interrelazioni dei vari operatori e delle strutture e dei servizi, per divenire quel presupposto efficace di garanzia della continuità dell'assistenza e della presa in carico globale.
Si impone, pertanto, una riflessione sulla ridefinizione degli ambiti di cura e assistenza, con una particolare attenzione alle competenze, abilità e conoscenze che devono avere le diverse professioni sanitarie, per una migliore risposta ai bisogni di salute del cittadino.
È chiaro che ogni iniziativa diretta alla ridefinizione degli ambiti di attività delle professioni sanitarie dovrà privilegiare la interazione e la collaborazione tra le diverse risorse professionali. Si dovrà promuovere il lavoro in équipe composte da figure professionali con competenze elevate e diverse, medici di medicina generale, medici specialisti, infermieri, ostetriche, professioni sanitarie tecniche della prevenzione e della riabilitazione e altre figure di assistenza alla persona, organizzate per un'attività comune. In tale modello i vari professionisti coinvolti devono operare in una logica multiprofessionale e multidisciplinare, favorendo il raccordo ospedale-territorio, con lo scambio delle notizie cliniche e lo sviluppo dei percorsi diagnostico-terapeutici comuni, la presa in carico globale sanitaria e assistenziale.
Per il corretto funzionamento di tale nuovo assetto assistenziale occorre che tutti i professionisti coinvolti siano formati a lavorare in team all'interno di un contesto organizzativo che richiede un forte grado di confronto, raccordo e collaborazione. I professionisti sanitari dovranno pertanto sviluppare capacità operative nuove in funzione dei nuovi modelli organizzativi. Condizioni indispensabili per realizzarli sono perciò l'adeguamento delle competenze delle professioni sanitarie e lo sviluppo di capacità di collaborazione e cooperazione su obiettivi e programmi assistenziali predefiniti, valutabili attraverso indicatori di processo e di risultato.
Fondamentale risulta in tale contesto anche l'utilizzo di sistemi e tecnologie ICT, favorendo l'efficienza delle cure attraverso l'integrazione in rete dei professionisti sanitari, nonché agevolando i processi di continuità assistenziale. A tale proposito, va ricordato che i profili professionali delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (attualmente 22, cui va aggiunto il profilo dell'osteopata, di recente istituzione) sono stati definiti a partire dal 1994. A distanza di quasi trent'anni dalla loro istituzione, si sente la necessità, a fronte dei mutati contesti di salute ed organizzativi sopra richiamati, di individuare Pag. 19spazi di miglioramento che tutelano i percorsi di sviluppo, specializzazione e acquisizione di competenze avanzate, e le progressioni di carriera in ambito clinico e organizzativo per le professioni sanitarie. Ciò anche al fine di rendere tali professioni più attrattive per i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro. Si pone, quindi, l'esigenza di una revisione globale dei profili professionali delle professioni sanitarie, infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, anche eventualmente con una razionalizzazione delle stesse attraverso un percorso che li adegui ai nuovi bisogni di cura, con competenze che rispondano ai nuovi modelli organizzativi nei quali le suddette professioni sanitarie saranno chiamate a prestare la loro attività.
Da qui la necessità anche di una formazione adeguata dei professionisti sanitari, che i nuovi assetti assistenziali portano con sé. È necessario, infatti, che già durante gli anni della formazione universitaria i professionisti vengano formati al lavoro in team. La formazione specifica al lavoro in team abbraccia non solo la medicina del territorio, ma anche quella ospedaliera, proprio per i bisogni di salute presenti nella popolazione anziana e, più in generale, nei pazienti complessi o fragili.
Occorre accrescere la capacity building nella gestione della complessità e, proprio per la necessità di molti saperi e apporti di molte figure professionali ad essa connessi, è necessario promuovere un cambiamento anche nelle modalità formative, prevedendo accanto alla formazione frontale anche un approccio di team learning, che sviluppi nel confronto tra pari la capacità del gruppo di affrontare e risolvere i problemi, poiché è il team multidisciplinare che consente un elevato livello trasversale di competenze. Occorrerà, inoltre, coniugare l'altissima specializzazione con la capacità di un approccio olistico al paziente, che tenga conto anche delle opportunità diagnostiche e terapeutiche che la moderna tecnologia ci offre, con un'attenzione particolare, nel percorso formativo, anche all'utilizzo di sistemi e tecnologie ICT (Fascicolo sanitario elettronico, cartella clinica elettronica, telemedicina), al fine di sviluppare quelle competenze digitali dei professionisti sanitari di cui oggi si avverte una forte carenza.
In conclusione, per far fronte alle nuove sfide che il Servizio sanitario nazionale è chiamato ad affrontare, in particolare per la gestione della cronicità e dell'emergenza, occorrerà proseguire verso modelli multidisciplinari e multiprofessionali, con conseguenti interventi anche sulle competenze dei professionisti sanitari, per renderle adeguate ai mutati contesti di salute e organizzativi, assicurando in ogni caso la valorizzazione di tutti i professionisti sanitari, in una logica non di contrapposizione o sovrapposizione, bensì di sinergia fra gli stessi, a tutto vantaggio del Servizio sanitario nazionale e soprattutto dei cittadini. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottoressa. Le sarei grato se potesse farci pervenire anche una memoria, se le è possibile. Abbiamo già acquisito quella del precedente audito.
Non essendoci domande da parte dei deputati, ringrazio ancora i nostri ospiti per il contributo di assoluto valore, che sarà certamente tenuto nella giusta considerazione, e auguro buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione odierna.
La seduta termina alle 15.50.