Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3
Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione dei tavoli di crisi industriale aperte presso il Ministero delle imprese e del made in Italy
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 3
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7
Ghirra Francesca (AVS) ... 7
Cappelletti Enrico (M5S) ... 8
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD-IDP) ... 9
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M) ... 11
Squeri Luca (FI-PPE) ... 11
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 12
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 18
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 19
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI
La seduta comincia alle 14.45.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione dei tavoli di crisi industriale aperte presso il Ministero delle imprese e del made in Italy.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulla situazione dei tavoli di crisi industriale aperte presso il Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT).
Ringrazio il Ministro per aver risposto all'invito della Commissione e saluto i colleghi deputati.
Prima di cedere la parola al Ministro, chiedo ai colleghi che intendano intervenire di comunicare le loro richieste alla presidenza.
Do la parola al Ministro Urso, ringraziandolo per la sua presenza.
ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Ringrazio il presidente della Commissione e i componenti per l'invito a questa audizione, a cui ovviamente abbiamo subito aderito.
La gestione delle crisi aziendali è un elemento fondamentale dell'attività di questo dicastero, a tal punto che spesso il Ministero veniva percepito come il Ministero delle crisi. Noi vorremmo, invece, che diventasse sempre più il Ministero delle opportunità, cioè delle imprese.
A tal fine, dall'inizio della legislatura ho voluto introdurre alcuni elementi di discontinuità affermando innanzitutto principi di efficienza e trasparenza, che devono sovrintendere ad ogni attività istituzionale tanto più a fondamento di una corretta politica industriale che coinvolga le parti sociali e gli altri attori istituzionali. Nello specifico, affinché ogni soggetto coinvolto nelle situazioni di crisi conosca i casi su cui questo Ministero è impegnato e come procede per la loro soluzione.
Con il provvedimento ministeriale dell'aprile 2023 ho disposto la pubblicazione sul sito istituzionale di tutti i tavoli attivi di monitoraggio gestiti dal Ministero delle imprese e del made in Italy.
Ogni atto è pubblico e ciascuno di voi può conoscerlo così da meglio svolgere la propria attività parlamentare. Altrettanto, ovviamente, possono fare le regioni, i sindacati, le associazioni, le imprese come qualunque lavoratore e cittadino.
Ricordo che io stesso al vostro posto feci più volte interrogazioni nelle precedenti legislature, anche solo al fine di conoscere quanti fossero i tavoli di crisi, spesso senza ottenere alcuna risposta. Oggi tutto è pubblico. La trasparenza è il primo criterio per ottenere efficienza.
Alla giornata odierna i tavoli attivi sono 33 e interessano circa 30.300 lavoratori. I tavoli di monitoraggio sono 22 e coinvolgono circa 15.000 lavoratori. Da inizio legislatura abbiamo svolto 176 riunioni di tavoli plenari di gestione delle crisi, mentre Pag. 4quelli di approfondimento tecnico hanno raggiunto quota 380.
La nostra azione ha nettamente migliorato la situazione ereditata.
In questi quasi due anni di governo abbiamo portato a soluzione casi come quelli di Marelli in Emilia-Romagna, Wartsila in Friuli Venezia Giulia, F.O.S Prysmian in Campania, Industria Italiana Autobus in Campania e in Emilia-Romagna, Treofan, Ecologistic, Ferrosud e, seppure con qualche criticità, Condotte d'Acqua.
Perfino il caso di Termini Imerese è giunto a soluzione dopo tredici anni di cassa integrazione. Considerato che il dato comunicato dal Ministero dello sviluppo economico nel 2022 era di 55 tavoli attivi e 14 tavoli di monitoraggio per un totale di 80.000 lavoratori diretti interessati, abbiamo avuto un netto miglioramento. Molte crisi sono diventate opportunità di sviluppo e nessuno è rimasto indietro, come dimostra proprio il caso eclatante di Termini Imerese.
Il nostro impegno è continuo ed è rivolto a rafforzare il sistema nazionale di gestione delle crisi aziendali. Tanto si può fare anche a livello locale, per affrontare, in prima istanza, casi che per la loro minore dimensione non rientrano nella casistica nazionale.
Per questo è mia intenzione convocare nei prossimi giorni una riunione con le regioni, con due obiettivi: implementare, dove non sono già attive – vi sono dei casi in alcune regioni particolarmente efficaci –, strutture tecniche territoriali che gestiscano le situazioni aziendali delle piccole e medie imprese e allineare le strumentazioni economiche finanziarie nazionali e regionali in un'ottica di complementarietà e accesso al credito.
Lo stesso farò successivamente con un tavolo di confronto con sindacati e associazioni di impresa. A nostro avviso, questo modello di gestione, che coinvolge e responsabilizza tutti, regioni, sindacati e associazioni di impresa, così come oggi il Parlamento, rappresenta la condizione necessaria per far crescere una cultura della gestione delle crisi aziendali matura e utile al Paese.
Anche per questo intendiamo adeguare la direttiva ministeriale per la gestione delle crisi di impresa con l'inserimento del ruolo strategico delle regioni e delle parti sociali. In questo contesto, si inseriscono le procedure di amministrazione straordinaria, su cui siamo già intervenuti, con una prima azione riformatrice condivisa dal Parlamento.
Con il decreto-legge n. 4 del 2024 abbiamo esteso l'ambito di applicazione dell'amministrazione straordinaria anche alle imprese che, pur dotate di un più contenuto requisito dimensionale, cioè più piccole rispetto a quanto previsto in precedenza, presentino carattere strategico anche ai fini di quello che noi vogliamo raggiungere, l'autonomia strategica europea, che deve essere un obiettivo della nostra politica industriale.
Abbiamo previsto, come regola di carattere generale, il passaggio a seguito della realizzazione del programma, della fase liquidatoria al tribunale competente, salvo che il Ministero non valuti opportuno mantenere anche in questa fase la propria funzione di vigilanza.
Insomma, vi sono alcune cose che è meglio che faccia il Ministero, quelle specifiche di un rilancio industriale, ed altre che è meglio che faccia il tribunale, quelle liquidatorie. Attraverso questa importante azione di sburocratizzazione, il Ministero può effettivamente concentrare il proprio impegno sulle azioni di politica industriale a noi propria. Non ci interessa nominare, ma governare.
Attualmente i gruppi di imprese in amministrazione straordinaria sono complessivamente 116, per un totale di 386 imprese in amministrazione straordinaria. Ripeto, sono 116 gruppi. Di questi, però, solo nove sono in esercizio d'impresa, 9 su 116. Solo nove hanno un'attività produttiva in corso o comunque occupati in cassa integrazione.
Il resto, cioè ben oltre il 90 per cento, sono in liquidazione, in alcuni casi anche da trent'anni. È una situazione anomala, che altri Esecutivi hanno tollerato, che va rimossa.
Le procedure di amministrazione straordinaria in esercizio d'impresa, cioè quelle Pag. 5che possono avere una soluzione industriale, sono: Abramo, Fiber, Istituto di Vigilanza Privata A.N.C.R., La Perla, Piaggio, Work Service Group e le ben note Ilva Acciaierie d'Italia e Blutec.
Anche per questo, per evitare che le crisi diventino mere procedure di liquidazione – i numeri parlano chiaro – procedure che si trascinano per decenni, a beneficio per lo più dei professionisti coinvolti, a gennaio di quest'anno, gennaio 2024, abbiamo costituito un gruppo di lavoro con la finalità di elaborare una proposta di riforma complessiva nella disciplina dell'amministrazione straordinaria, che a breve sottoporremo al Parlamento attraverso un disegno di legge delega.
Indico alcune delle linee guida del provvedimento affinché sin d'ora possiate fornire il vostro contributo. La proposta appronterà strumenti per risolvere la crisi aziendale prima che si trasformi in insolvenza irreversibile.
È nostra intenzione introdurre due nuove procedure di risoluzione anticipata delle crisi. Siamo al lavoro.
La prima è quella che abbiamo chiamato, o che potrebbe chiamarsi, «meccanismo di intervento anticipato», che consentirebbe, a nostro avviso, all'imprenditore che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, di perseguire il risanamento dell'impresa con il supporto di un esperto nominato dal Ministero che agevoli le trattative con i creditori e altri soggetti interessati.
La seconda linea che vorremmo perseguire è quella che, in caso di mancato accordo con i creditori, prevede la possibilità per l'imprenditore che abbia agito in buona fede di accedere a una successiva fase denominata «amministrazione straordinaria preventiva» che si svolge sotto il controllo, l'egida del MIMIT in vista della predisposizione di un piano di risanamento redatto dall'imprenditore con il sostegno di un professionista designato dal Ministero e infine sottoposto alla omologazione del tribunale.
Oltre a questi strumenti di prevenzione dell'insolvenza, che vorremmo introdurre, la legge delega riformerà la disciplina in materia di amministrazione straordinaria attraverso la parziale revisione e la raccolta delle disposizioni attualmente vigenti, cresciute negli anni, in un unico decreto legislativo, mantenendo, per le sole imprese che superano i livelli dimensionali di indebitamento particolarmente elevati, la procedura di amministrazione straordinaria accelerata avviata con istanza presentata al Ministero delle imprese e del made in Italy e successivo ricorso al competente tribunale per la dichiarazione dell'insolvenza.
Si tratta, quindi, di una riforma complessiva che meriterà la giusta attenzione del Parlamento e per questo ho ritenuto corretto anticiparla sin da oggi.
In questa seconda parte conclusiva dell'intervento illustro lo stato di alcune crisi in corso che sono state oggetto anche di recenti attività parlamentari. Ovviamente, poi, sulla base delle vostre indicazioni e delle vostre domande, posso approfondire questi o anche altri casi.
In particolare, vi porto il caso di La Perla, che vede le varie società italiane ed estere del gruppo coinvolte in differenti procedure concorsuali. In questa situazione, assolutamente inedita, il nostro impegno è orientato a far sì che tutte le procedure concordino in una modalità congiunta di individuazione di un soggetto industriale in grado di valorizzare il celebre marchio e i suoi lavoratori. Come sapete, vi sono procedure anche straniere, oltre che diverse tra quelle giudiziali e quelle dell'amministrazione straordinaria in Italia.
Abbiamo riattivato la produzione e nel contempo garantito la percezione della cassa integrazione. Nel contempo, ovviamente, abbiamo anche avviato questo percorso che dovrebbe consentirci di procedere insieme nel valorizzare il marchio e il sito produttivo e quindi salvaguardare il lavoro italiano.
Rispetto alla situazione della Bellco, società appartenente al settore biomedicale di Mirandola, anch'essa in Emilia-Romagna, società specializzata nell'ambito della dialisi, siamo impegnati affinché il processo di reindustrializzazione del sito, oggetto di dismissione da parte della proprietà, trovi un acquirente a vocazione industriale in Pag. 6grado di valorizzare i 300 lavoratori impiegati. Durante l'ultimo incontro ministeriale di settembre le manifestazioni di interesse ammontavano già a sei. I prossimi elementi di novità emergeranno a novembre.
Continuiamo poi a seguire con grande attenzione la situazione del sito di Grugliasco di Lear Corporation Italia, azienda dell'indotto automotive, produttrice di sedili per Maserati, e quindi dei suoi 400 lavoratori. Abbiamo chiesto all'azienda di intensificare l'interlocuzione con il possibile investitore interessato a valorizzare Grugliasco, oltre che a continuare a ricercare nuove interlocuzioni con altri soggetti industriali. Il prossimo incontro ministeriale si terrà a fine ottobre.
Alla nostra attenzione vi è poi la chiusura dello stabilimento Jabil di Marcianise, in Campania. A tale riguardo, proseguono gli incontri con l'azienda e le organizzazioni sindacali al fine di individuare una soluzione industriale e occupazionale per i circa 450 lavoratori coinvolti.
Come abbiamo proceduto in questi quasi due anni? Quando vi era un caso di un'azienda, talvolta una multinazionale, Wartsila o Marelli, che aveva intenzione di dismettere gli impianti per la cessazione di attività, abbiamo lavorato con esse in maniera intensa con i sindacati, con le regioni interessate, affinché avessimo il tempo per individuare un soggetto industriale che intendesse intervenire e investire in quello stabilimento, spesso anche in altri settori produttivi, quindi riconvertendo sul piano industriale quello stabilimento, ma salvaguardando l'occupazione.
Questa strategia ha avuto successo in molti casi: nel caso di Wartsila, nel caso di Marelli, nel caso di Whirlpool Emea, nel caso di F.O.S. di Battipaglia. Abbiamo lavorato con le regioni interessate per riconvertire lo stabilimento a un'altra attività produttiva, ovviamente congeniale a quel sito e a quella tipologia di occupazione.
In merito alla situazione della Glencore, lo scorso 24 settembre, alla proprietà, che ha annunciato la decisione di cessare la produzione dello zinco, abbiamo ribadito con forza la necessità che il sito di Portovesme venga valorizzato al massimo delle potenzialità al fine di non disperdere le competenze degli 800 lavoratori coinvolti, oltre a quelle molto significative dei dipendenti impiegati nell'indotto.
Abbiamo realizzato una riunione molto importante e significativa con tutte le parti, con la regione, con i sindacati e ovviamente con la proprietà, delineando loro un percorso che si realizzerà a breve.
La prima sessione tecnica in sede ministeriale di approfondimento di possibili soluzioni tese a valorizzare il sito è fissata per il 9 ottobre con l'analisi del progetto Litio che la società ha presentato in ambito comunitario.
Il progetto Litio del gruppo Glencore è uno dei dieci progetti italiani presentati alla Commissione europea secondo le procedure del nuovo regolamento europeo sulle materie prime critiche, sulla base del quale noi abbiamo realizzato, e il Parlamento ha convenuto convertendolo, un importante decreto-legge, quello sulle materie prime critiche. Come sapete, questo decreto-legge consente di realizzare in Italia quello che il Regolamento UE pone come obiettivo europeo secondo le proprie procedure.
In merito alle condizioni di crisi strutturale dei call center, stiamo verificando la sostenibilità tecnica ed economica di progetti sperimentali nell'ambito, ad esempio, della digitalizzazione della pubblica amministrazione, che vede impiegate e valorizzate le competenze dei lavoratori toccati dalla crisi – mi riferisco, ovviamente, al caso Abramo in Calabria, ma anche, pur essendo diverso, al caso Almaviva in Sicilia – e, sulla base di questo, costruire un modello che può essere realizzato anche in altri casi nelle stesse regioni o in altre regioni.
Concludo con l'ex Ilva, che è il caso più emblematico di una situazione di crisi dell'industria del nostro Paese, coinvolgendo quello che era il primo impianto siderurgico d'Europa.
È già iniziato il processo di ricerca di un nuovo soggetto industriale in grado di rilanciare il gruppo e dare discontinuità rispetto alla situazione di difficoltà registrata negli ultimi anni. Come voi sapete, abbiamoPag. 7 commissariato, sulla base della richiesta del soggetto pubblico, Acciaierie d'Italia alla fine di febbraio. Io stesso mi sono recato in fabbrica al cambio turno della mattina per presentare quella iniziativa ai commissari, ai sindacati e soprattutto ai lavoratori nell'assemblea di fabbrica. Parlo di una data che credo fosse il 27 febbraio di quest'anno o comunque a fine febbraio.
In questi sei mesi sono state fatte tutte le opere principali e necessarie per mettere in salvaguardia gli impianti; opere che hanno consentito di ripristinare il pieno livello produttivo dell'unico altoforno rimasto aperto, l'altoforno 4.
Tra pochi giorni mi recherò nello stabilimento in occasione della riattivazione di un altro altoforno chiuso quasi due anni fa, l'altoforno 1. Siamo, quindi, sulla strada del ripristino delle attività produttive in piena salvaguardia sia della tutela ambientale sia di quella dei nostri lavoratori.
Nel contempo, abbiamo attivato le procedure per l'assegnazione a nuovi player industriali. La prima fase della procedura si è chiusa lo scorso 20 settembre. In questa fase preliminare hanno manifestato il loro interesse quindici player internazionali e nazionali, tre per l'intero asset produttivo e dodici per parti di esso.
È iniziata già la seconda fase in cui queste aziende potranno accedere a ulteriori informazioni sulla base delle quali costruire i loro piani industriali, finanziari, ambientali e occupazionali secondo quanto già illustrato in una procedura che ha dato avvio alla manifestazione di interesse.
Nel contempo, dovranno comunque essere accolti altri interessamenti, altri player che intendono aggiungersi a questi in cordata o anche con singole proposte. Nei prossimi mesi si definiranno i piani industriali e sarà nostro compito individuare la proposta in grado di garantire meglio il rilancio della siderurgia nazionale e il percorso green del sito Ilva, che riteniamo possa diventare la più grande realtà siderurgica green d'Europa.
Io mi limiterei a questa prima introduzione. Sono disponibile, come dicevo, a rispondere sia nella parte generale, di prospettiva anche riformatrice, sia nella parte successiva su eventuali singoli casi che voi ritenete utili illustrare in questo incontro.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCA GHIRRA. Presidente, la volevo ringraziare per la celerità con cui si è adoperato a dare risposta alla richiesta di audire il Ministro.
Ringrazio ovviamente anche il Ministro per aver risposto altrettanto celermente e per essere qui. Non è una cosa usuale, mi pare, all'interno delle Commissioni, che siate presenti.
Ho apprezzato molte delle cose che ha detto, soprattutto degli intenti, perché uno dei problemi del nostro Paese è che tutte le politiche industriali sembrano un po' essersi arenate. Il fatto che lei abbia la consapevolezza che il Ministero venga visto più come il Ministero delle crisi che delle opportunità e ci sia la volontà, invece, di dare un reale rilancio al Paese, non può che vedermi favorevole.
Rispetto al tavolo attivato per la Portovesme S.r.l., con la Glencore c'è stata un'ottima collaborazione con la regione e con le parti sociali. Confido che l'azienda sia conseguente e che, diversamente, come lei mi anche ha detto in Aula rispondendo a un question time, diversamente il Governo sia pronto a intervenire per garantire la produttività.
Non ho chiesto al presidente di poter audire Glencore come invece abbiamo fatto per l'AST di Terni perché, appunto, c'erano delle interlocuzioni e degli importanti tavoli in programma. Magari rifaremo il punto, confido, dopo il 9 ottobre per comprendere quanto il progetto presentato dall'azienda possa avere gambe per andare avanti e che benefici possa dare ai territori, anche perché sappiamo bene che tutto il Sulcis è stato utilizzato nei decenni come polo industriale dell'intera Sardegna, con le attività minerarie e siderurgiche, che poi hanno lasciato più danni che benefici ai territori sia in termini occupazionali, visto che la maggior parte dei lavoratori sono in cassa Pag. 8integrazione, che in termini soprattutto ambientali, perché chiaramente le bonifiche vengono fatte. Anche su questo, Ministro, la invito a sollecitare Glencore perché sia conseguente rispetto ai suoi obblighi.
Glencore è un caso virtuoso, ma altrettanto non possiamo rilevare di altre situazioni. Terni lamenta l'eccessivo costo dell'energia a cui io non credo si possa rispondere con il nucleare, come invece mi sembra che abbia ipotizzato, sempre rispondendo a un question time, o lo stesso per quanto riguarda Stellantis, dove è evidente che bisognerebbe intervenire, visti anche gli investimenti che sono stati fatti dallo Stato negli anni, intanto per evitare che le grosse aziende delocalizzino le produzioni creando un doppio svantaggio per il nostro Paese, non solo con un calo delle produzioni, ma anche con un raddoppiamento dei costi. È vero, l'azienda non paga più gli stipendi dei lavoratori che lavorano all'estero e il Governo deve pagare la cassa integrazione a dei lavoratori che perdono, di fatto, il proprio posto di lavoro. Credo che su questo ci debba essere un impegno serio per impedire che certe dinamiche abbiano luogo. Questo si può mutuare anche per quello che riguarda il mondo dei call center. Abbiamo delle proposte di legge all'esame di questa Commissione e della IX. Curiosamente la Commissione Lavoro non è stata coinvolta. Lo stesso problema, però, si verifica nelle commesse dei call center anche per quanto riguarda gli enti pubblici o a partecipazione pubblica, dove nei bandi non vengono introdotte generalmente le clausole sociali e dove si consente la delocalizzazione dei lavoratori.
Volevo chiederle rispetto a queste questioni come intendete intervenire e se il disegno di legge delega che ci ha anticipato possa prevedere anche delle misure per evitare che questi fenomeni continuino a verificarsi.
Grazie.
ENRICO CAPPELLETTI. Grazie, signor Ministro, per la sua relazione.
Io sposterei l'attenzione da un punto di vista un pochino più generale, perché il numero e l'intensità dei tavoli di crisi che ci si trova ad affrontare risentono evidentemente dello stato di salute della nostra economia e in particolar modo della manifattura.
Oggi, signor Ministro, la manifattura nel nostro Paese non sta attraversando un periodo particolarmente felice. Si può sintetizzare con un numero, 18, cioè 18 mesi consecutivi di calo della manifattura in Italia.
Lei ha citato Termini Imerese, e le sono grato, naturalmente, però Stellantis sta abbandonando il Paese. Lei se ne rende conto più di tutti noi e forse più di chiunque altro. Questo è un argomento ovviamente di grande preoccupazione nostra come opposizione e sicuramente del Governo. Ci sarà anche un approfondimento a breve in questa Commissione e anche a livello di dibattito in Assemblea con la mozione che è in corso di discussione in questo momento.
Abbiamo perso l'occasione di attrarre nel nostro Paese investimenti miliardari che erano dati per certi. Io provengo dal Veneto. Il presidente Zaia li dava per certi, infatti ha dichiarato: «Noi come Veneto sull'investimento Intel abbiamo fatto tutto quello che era necessario. Se Intel ha deciso altrimenti, andate a chiedere al Governo».
Il Governo è rappresentato da lei e lei dovrebbe rispondere a Zaia, oltre che agli altri cittadini, del perché è stata scelta la Polonia, è stata scelta la Germania, è stato scelto, mi pare, perfino Israele.
Il problema della manifattura è anche un problema oggettivo. Il lavoro si riduce. È vero, si crea qualche posto di lavoro in più, ma non nella manifattura. Il numero di ore lavorate è inferiore addirittura al 2019. È aumentata la cassa integrazione e i redditi e i salari sono al palo. Anche questa è una causa. È un po' un cane che si morde la coda. Anche questo ha un effetto sulla domanda interna di beni e servizi.
Della «Nuova Sabatini» abbiamo già parlato e non voglio entrare nel merito, ma è stato un disastro. Le risorse c'erano, ma non si è dato modo agli imprenditori di poterne approfittare.Pag. 9
La disponibilità finanziaria di copertura della «Nuova Sabatini» non è stata data all'inizio dell'anno, ma durante l'anno stesso, creando dei problemi all'utilizzo della stessa, soprattutto alla pianificazione di questo strumento, non avendo la certezza, gli imprenditori, che potesse essere rifinanziato.
Il decreto attuativo del Piano Transizione 5.0 noi l'abbiamo definito un mostro burocratico, e non solo noi. Sono crollati gli investimenti dei beni strumentali nel nostro Paese. Questo deriva, in primo luogo, dal ritardo pazzesco – non so che aggettivo utilizzare – di questo decreto, che è stato probabilmente il decreto più annunciato della storia. Sto esagerando, ma è un decreto annunciato tantissime volte. Finalmente è arrivato, però sicuramente non sta semplificando le cose agli imprenditori.
Servono iniziative per sostenere le imprese e per far ripartire la crescita. È un indirizzo politico. Sono state affossate le norme che creavano sviluppo, però non sono state sostituite da altre norme.
Pochi minuti fa in Commissione abbiamo audito i rappresentanti sindacali sulle prospettive di rilancio AST, che ci hanno rappresentato una situazione di crisi aziendale legata al problema del prezzo dell'energia, che ha innescato sostanzialmente questa situazione di crisi aziendale dal punto di vista del prezzo dell'energia. Sappiamo che l'energia, non solo in Italia, ma al mondo, più economica è quella che proviene da fonti sostenibili (FER, eolico, solare eccetera) ed è lì che dobbiamo andare.
Da quando è iniziata questa legislatura avevamo già approvato cinque o sei provvedimenti che vanno tutti nella direzione di limitare, ostacolare e rendere impossibile l'investimento nelle FER nel nostro Paese. Questo rende veramente difficile abbassare il costo dell'energia. È un disegno probabilmente voluto di chiudere una strada nonostante ci si dichiari tecnologicamente neutrali. In realtà, però, se si chiude la via agli investimenti per le FER nel nostro Paese chiaramente si apre un'autostrada per le fonti fossili e per il nucleare, cosa che causerà un ulteriore aumento del costo della bolletta delle famiglie e delle imprese.
Arrivo alla domanda, signor Ministro. Come pensate di velocizzare quanto meno gli investimenti legati al PNRR con attinenza alle imprese? Come commenta il fatto che la riduzione della manifattura nel nostro Paese dura da 18 mesi? La riduzione della produzione industriale coincide con l'entrata in vigore dei primi provvedimenti di questo Governo e da quando sono entrati in vigore non è mai cessata.
VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il Ministro per la presenza e per la relazione.
Ovviamente, gli spunti sono tanti e la materia è ampia, complessa, di stretta attualità. Tutti, quindi, dobbiamo fare lo sforzo di cercare di stare in un perimetro più certo possibile.
Mi permetterà, Ministro, di riprendere molto velocemente alcuni concetti anche di carattere generale che ha sottolineato nella sua relazione. Intanto, non lo dico come battuta, ma c'è un elemento concettuale secondo me significativo. Lei diceva all'inizio: «Vogliamo evitare che, in riferimento al numero dei tavoli di crisi, venga considerato il Ministero delle crisi mentre deve essere quello delle opportunità e delle imprese», facendo riferimento a un elemento concettuale, ma anche a una sorta di riferimento nominale al Ministero. All'inizio di questa legislatura, quando avete deciso di cambiare la denominazione del ministero da Ministero dello sviluppo economico a Ministero delle imprese e del made in Italy, secondo me, avete indicato una strada che poi segna il passo, perché un Ministero che ha perso competenze nel corso degli anni, ha perso, mi sembra, con questo passaggio, anche l'ambizione, restringendo il proprio perimetro e non avendo, invece, al centro quello che dovrebbe essere il portato, quello di essere un driver di sviluppo complessivo di questo Paese.
Passo alla seconda cosa. Ascoltandola, facendo riferimento al numero dei tavoli aperti, valuti il Ministro, forse potrebbe anche essere utile nell'interlocuzione con il Parlamento una relazione che viene inviata alle Commissioni rispetto allo stato di avanzamento dei tavoli. È evidente che poi su ogni singola vertenza c'è lo strumento dell'interrogazione,Pag. 10 dell'iniziativa parlamentare, però credo che possa essere un elemento utile, questo lo valuti il Ministro.
La riforma complessiva della disciplina dell'amministrazione straordinaria credo sia un elemento di interesse, anche perché nella fase di conversione del decreto, che ne estendeva l'ambito, avevamo presentato una serie di emendamenti anche di prospettiva. Però, questa è evidentemente una discussione che deve essere fatta con attenzione in maniera puntuale rispetto a quella che sarà la proposta presentata.
Alcuni temi che ha sollevato il Ministro li riprendo, presidente, molto velocemente, però, siccome sono sul tavolo, può essere utile un'interlocuzione.
Parto dai costi dell'energia, tema trasversale a tante crisi aziendali. Rispondendo a me e a una collega al question time sulla situazione AST di Terni, che è stata oggetto anche dell'audizione precedente, chiudeva il Ministro con una chiosa indicando che la soluzione per i costi dell'energia è il nucleare, come a dire «ci vediamo tra dieci anni». La possiamo tirare come vogliamo, ma questi sono i tempi di attuazione di un qualunque progetto di rientro nel nucleare.
Questa Commissione ha in corso un'indagine conoscitiva sul nucleare, lo abbiamo già segnalato nella discussione con i colleghi, visto che il suo collega, il Ministro Pichetto Fratin parla di un disegno di legge entro l'anno. Forse la maniera più ordinata e più rispettosa di procedere è che prima si completa l'audizione parlamentare e poi si inizia la discussione anche sulle evidenze dell'indagine rispetto ai propositi del Governo. In ogni caso, lo diceva adesso bene il collega Cappelletti, quello che c'è già di disponibile, non solo utile per l'ambiente, ma soprattutto per la riduzione della bolletta, sono le energie rinnovabili su cui ogni provvedimento presenta elementi d'inciampo.
Ministro, noi dobbiamo esprimere il parere sul decreto legislativo, sul cosiddetto Testo unico delle rinnovabili. Tutti gli auditi che erano in larga parte gli operatori non solo chiedevano un intervento normativo di semplificazione, stanno dicendo che era meglio che non ci fosse, perché è più complicato con questa disciplina che precedentemente.
Se il tema è quello dei costi dell'energia, evitiamo di rendere la vita complicata alle tecnologie disponibili, che sono quelle rinnovabili.
Sulle materie prime critiche e recepimento del Regolamento, anche qui, Ministro, quel testo, quel decreto-legge insisteva molto sulla riapertura delle miniere, che è la cosa più complicata che c'è da tanti punti di vista. La seconda parte del Regolamento europeo, che era tutta la filiera del riciclo e del riutilizzo, è lasciata in secondo piano quando non solo ha un effetto positivo dal punto di vista ambientale, ma ha un effetto positivo dal punto di vista industriale di ricostruzione di una filiera. Questo significa creare azione d'impresa e posti di lavoro. Su Stellantis credo che ne riparleremo a breve, perché questo è il problema principale che in questo momento stiamo affrontando come sistema economico produttivo, come sistema Paese. Ci sarà l'audizione dei vertici il giorno 11 ottobre.
Abbiamo chiesto con le altre forze di opposizione ovviamente l'audizione anche dei sindacati. Ci sarà la discussione d'Aula con le mozioni. Credo che intorno a questo ci sia lo sforzo più impegnativo che riguarda il Governo e il complesso delle forze politiche perché attiene al sistema Paese.
Concludo, presidente, con una segnalazione. Il Ministro nelle ultime settimane, sul tema dell'automotive, ha assunto un'iniziativa nei confronti di altri governi europei e anche nei confronti della Commissione rispetto all'anticipazione all'anno prossimo della verifica sulla tempistica prevista dal Regolamento europeo sulla cessazione del motore endotermico al 2035.
A me colpisce perché, se guardiamo bene i numeri, anche gli ultimi che sono stati pubblicati ieri, è evidente che stiamo parlando di una crisi di competitività del segmento dell'automotive nel nostro Paese, di Stellantis, ma più complessivamente nel nostro sistema Paese.
Forse, più che pensare a scadenze che procrastinano i problemi e non li affrontanoPag. 11 dal punto di vista, che è la via principale, ossia della capacità competitiva, forse c'è bisogno di un'altra discussione. Ho visto che la presidente Meloni ha incontrato il presidente Draghi, estensore di questo report per la Commissione europea.
Al di là del giudizio complessivo o parziale su quel report o su un'iniziativa di questo tipo, il punto principale mi sembra essere questo: qual è il posto dell'Europa in un mondo che è profondamente cambiato all'interno di una competizione strategica tra Cina e Stati Uniti, che non è solo geopolitica, ma è soprattutto, sui settori tecnologicamente avanzati e industrialmente più maturi, la capacità di competere su questa dimensione, che non è solo l'auto elettrica o a guida autonoma, l'intelligenza artificiale, che sono i segmenti più avanzati.
È evidente che su questo c'è bisogno di recuperare terreno con investimenti pubblici e capacità di mobilitare investimenti privati.
All'Inflation Reduction Act statunitense o al made in China 2025 non c'è stata una risposta europea all'altezza. Ogni Paese da solo non ce la può fare. Forse, Ministro, questa dovrebbe essere la discussione e l'iniziativa. Visto che, come ricordava il collega Cappelletti, noi siamo un Paese manifatturiero, che ha la manifattura in profonda crisi in termini di capacità competitiva, noi dovremmo essere i primi a chiedere politiche industriali a livello europeo e quindi costruire politiche industriali nazionali coerenti con quelle europee.
Penso che non sia più il tempo di chiedere di spostare un termine, di procrastinare. È il tempo di individuare gli strumenti per affrontare una crisi di questo tipo. Tra l'altro, sempre del report ci sarebbero anche delle suggestioni dal punto di vista del completamento dell'Unione bancaria, del mercato dell'energia, dell'emissione di debito comune.
Ho concluso, presidente. Mi scuso, però ho colto l'occasione di avere qui il Ministro Urso per sollecitarlo su una riflessione di carattere più ampio.
ILARIA CAVO(intervento in videoconferenza). Buongiorno, Ministro. Buongiorno a tutti. Mi scuso di non essere presente. Ci avrei tenuto, ma purtroppo sono stata bloccata da un infortunio.
Grazie, Ministro, per tutta la presentazione che ci ha fatto, l'ampia descrizione. Ovviamente, è molto apprezzabile tutta la parte soprattutto della riforma che ci ha presentato, nell'ottica di interventi soprattutto mirati alla prevenzione.
Nella parte iniziale di rapporto intenso con le regioni ho colto, collegandomi all'inizio, anche l'intenzione di attivare – le chiedo velocemente se può specificare questo – strumenti ed implementarli per il sostegno alle piccole e medie imprese.
Le chiedo di dettagliare questa parte, ma forse soltanto perché non sono riuscita ad ascoltarla ampiamente.
L'unica cosa che veramente chiedo, visto che sono state fatte delle precisazioni sulle nove situazioni che rientrano nell'elenco delle amministrazioni straordinarie, sostanzialmente ancora in esercizio d'impresa, è perché non è stata citata Piaggio. Io questo lo colgo come segnale di positività, che è quello che si respira qui. Dalla Liguria e da parlamentare ligure, essendo particolarmente interessata alla vertenza, chiedo quello che, allo stato dell'arte, capisco che ci può essere ancora una certa cautela, può dirci sul dossier Piaggio, visto che non è stato citato.
Grazie.
LUCA SQUERI. Intervengo brevemente. Il sintetico intervento del collega Peluffo mi ha indotto a un pensiero che ritengo importante evidenziare in questa sede con la presenza del Ministro.
Rispetto alla critica da una parte legittima di come la politica industriale italiana deve farsi sentire in Europa e dunque poi condizionare le decisioni europee, ci tengo a rimarcare come il Ministro in questo si sia dato tanto da fare. Non è facile interagire con una politica industriale che viene da lontano e che l'Italia ha evidenziato nelle sue criticità.
L'invito è quello di continuare su questa linea e farsi valere perché abbiamo visto come si è mossa la politica industriale europea, dettata da vincoli ideologici che non sto qui ad approfondire. Non dimentichiamoPag. 12 che per la prima volta in Germania la Volkswagen chiuderà una fabbrica come conseguenza di questa politica industriale ideologica, che ha stretto la morsa nelle possibilità dell'industria europea di agire in maniera più libera.
Volevo dare atto al Ministro che su questo è stato fatto tanto. Qualche risultato è stato portato a casa, non certo risolutivo, ma cambiando un po' gli equilibri dopo le ultime elezioni, spero che questa politica incisiva italiana in Europa possa andare avanti.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Urso per la replica.
ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Credo che occasioni come questa siano molto utili, non solo per il Parlamento, ma anche per il Governo. Essendo stato a lungo parlamentare anche qui alla Camera, riconosco che il confronto è sempre produttivo.
Cercherò di dare delle risposte seguendo i vostri interventi, quindi, necessariamente, alla fine, non saranno molto coordinate tra loro.
Il nostro Ministero vuole diventare sempre più, nella percezione complessiva, il Ministero delle opportunità. Questo si è dimostrato anche nelle crisi che sono giunte al Ministero in questi venti mesi.
In questi venti mesi tutte le crisi giunte al Ministero hanno trovato una soluzione industriale e occupazionale. Ripeto, tutte le crisi venute al Ministero hanno trovato una soluzione industriale e occupazionale. Questo ci fa ben sperare. Infatti, i tavoli di crisi si sono notevolmente ridotti in maniera significativa.
Per quanto riguarda il caso di Portovesme, è un caso complicato come sa la presidente della regione Todde con cui mi sono confrontato anche personalmente, che è stata con me al tavolo. Abbiamo detto con chiarezza all'impresa che ove vi fosse, e vi è, un progetto significativo come quello che hanno presentato alla Commissione europea nell'ambito del Regolamento che riguarda il settore del litio, abbiamo la strumentazione e l'intenzione di sostenere questo progetto, che riguarda le materie prime critiche, nella convinzione che quel sito debba restare un sito produttivo significativo in quella regione, che ne ha davvero bisogno.
Abbiamo fatto presente all'impresa, in quel confronto molto trasparente, che laddove loro decidessero di dismettere il sito o di non realizzare significative attività produttive, noi abbiamo riformato anche la legge per quanto riguarda la restituzione degli incentivi e in questo caso la legge prescrive la restituzione degli incentivi ottenuti negli ultimi dieci anni.
Come nel caso specifico, ma riguarda anche tanti altri siti industriali, ovviamente quello è un sito che ha bisogno di una bonifica. Siamo convinti che si possa procedere a una soluzione positiva e questo sarà il confronto delle prossime settimane sulla base di un progetto significativo anche per l'industria del futuro, riguardante le materie prime critiche. Ci auguriamo che l'azienda proceda su questa strada con il sostegno di tutte le istituzioni.
Per quanto riguarda Terni, so che avete poco fa audito anche i sindacati e l'azienda, ho convocato il tavolo di Terni con la regione per l'8 ottobre. In quella sede faremo delle proposte per quanto riguarda anche l'ultimo aspetto che manca, perché, in realtà, noi da tempo abbiamo definito tutti gli aspetti dell'accordo di programma.
C'è stata un'ulteriore richiesta dell'azienda in merito al costo dell'energia, e lo comprendiamo perché, nel frattempo, il costo dell'energia, rispetto ad altri competitori europei internazionali, è aumentato. Speriamo che in quella sede si possa trovare un percorso, si possa individuare e concordare un percorso che consenta di definire un accordo di programma anche per quanto riguarda la parte energetica.
Voglio dire in questa sede, e lo ripeterò sempre perché è una mia convinzione, che noi dobbiamo intervenire sin da subito per consentire che le imprese – parlo delle imprese, ovviamente, che sono una mia competenza – possano avere un costo dell'energia competitivo con quello di altri Paesi e assicurarsi l'approvvigionamento. Pag. 13Lo stiamo facendo anche per quanto riguarda le energie rinnovabili.
Ricordo a tutti che il Piano Transizione 5.0 è un piano che ha sostanzialmente due misure contenute in una. Una derivante da Industria 4.0, 6,4 miliardi di euro del bilancio nazionale per l'innovazione tecnologica e digitale, e l'altra derivante da risorse del PNRR attraverso il canale del REPowerEU, 6,3 miliardi di euro per l'efficientamento energetico attraverso tecnologie green.
Questo è il piano più avanzato in Europa perché mette insieme le due misure, che hanno due fonti di finanziamento diverse: Industria 4.0, bilancio nazionale, Transizione 5.0, efficientemente energetico, risorse PNRR, che quindi hanno una scadenza.
Si parla di ritardo, ma il Parlamento dovrebbe essere consapevole che quando noi abbiamo presentato – l'ha fatto il Ministro Fitto e il Premier Meloni – il percorso di riprogrammazione dei fondi europei, quindi del PNRR, secondo la contrattazione che è avvenuta anche su mandato del Parlamento, nell'ultima parte dello scorso anno e si è concluso sostanzialmente a dicembre dello scorso anno, in quel progetto c'era la Transizione 5.0, perché noi l'abbiamo presentato sulla base di risorse che avevamo intenzione di recuperare nella riprogrammazione dei fondi, 17 miliardi di euro. Infatti, di quei 17 miliardi di euro, riprogrammati a fine dicembre nella contrattazione con la Commissione europea lunga e complessa, che è passata anche dal via libera di questo Parlamento, vi è la richiesta di utilizzare parte di quelle risorse per il Piano Transizione 5.0.
Per l'esattezza, di quei 17 miliardi, 9,7 miliardi sono finiti al mio dicastero, anche perché è quello che ha più facilità di spesa per quanto riguarda il sostegno alle imprese. Infatti, per l'utilizzo di risorse PNRR, vedete i dati, noi siamo pienamente in linea con gli obiettivi, le modalità e la tempistica del PNRR.
Abbiamo avuto contezza della possibilità di utilizzare queste risorse soltanto quando è finito il confronto con la Commissione europea che li ha autorizzati, autorizzando anche la misura. Tra l'altro, ha dato qualcosa in più di quanto richiedevamo su questo Piano Transizione 5.0. Questo lo abbiamo saputo soltanto alla fine delle contrattazioni, cioè a fine dicembre.
Da quel momento abbiamo potuto elaborare il piano e, sulla base delle risorse così ottenute e dall'indicazione della Commissione, è nato ovviamente un lungo confronto con la Commissione, significativo. Essendo risorse derivanti dal PNRR, dobbiamo contrattare per quella missione anche le misure con cui le risorse vengono impiegate. Questo ha significato impiegare qualche mese anche per ottenere una condizione che per noi era fondamentale che le risorse potessero essere utilizzate da tutte le imprese di tutti i settori produttivi, esclusivamente ovviamente ai fini della decarbonizzazione, cosa che non c'è nei precedenti piani.
Tanto è vero che noi crediamo in questo percorso che abbiamo fatto un Piano Transizione 5.0 in cui 6,3 miliardi di euro andranno all'innovazione delle imprese attraverso anche l'utilizzo, per esempio, di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia ai fini dell'autoconsumo industriale e la riduzione del consumo energetico.
In più, tanto teniamo a questo che, a differenza di quello che era previsto nei progetti precedenti, Industria 4.0 ad esempio, sino a un massimo del 10 per cento delle risorse così impiegate può essere rivolto alla formazione dei propri lavoratori affinché possano utilizzare impianti di innovazione digitale o efficientamento energetico e tecnologia green per i quali magari hanno bisogno di formazione.
Ora il piano è finalmente pienamente operativo. Mi auguro che possa dare un grosso impulso all'innovazione delle imprese nella duplice transizione, digitale e green, e anche, ovviamente, agli investimenti.
Nel preparare il piano, avendo un pensiero strategico, abbiamo messo nel decreto cosiddetto «Energia», approvato ben prima del piano, una norma che affida all'ENEA il compito di stabilire dei criteri di qualità per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici, perché pensavamo che, attraverso un piano Pag. 14maturato soltanto quando abbiamo avuto le risorse europee incentivassimo la produzione nazionale ed europea di tecnologia green.
Infatti, gli incentivi di Transizione 5.0, grazie a questi criteri di qualità che erano e sono stati definiti dall'ENEA sulla base di una norma di legge approvata nel «Decreto Energia» e quindi ben prima di Transizione 5.0, saranno destinati esclusivamente a impianti fotovoltaici realizzati in Europa con la migliore tecnologia, con la migliore performance.
Questo ci permette di sviluppare una filiera nazionale di produzione di pannelli fotovoltaici, tra l'altro consentendo a 3SUN di Catania di diventare, nell'arco dei prossimi mesi, lo stabilimento più importante nella produzione di pannelli fotovoltaici d'Europa, ma anche di sviluppare una filiera sul fotovoltaico.
Lo stesso stiamo facendo sugli impianti eolici. A voi non sarà sfuggito quello che stiamo facendo supportando il gruppo Toto nella partnership con il principale produttore di impianti eolici mondiale, il gruppo cinese Ming Yang, che prevede la realizzazione in Italia di impianti eolici di grandi dimensioni per l'off-shore, quindi per gli impianti nel Mediterraneo, nel Nord Atlantico, ma anche in altri continenti, con un'assunzione verosimilmente nella regione Puglia, dove dovrebbe essere localizzata questa filiera produttiva diretta, di 1.200-1.400 persone, vado a memoria, e qualche migliaio nella filiera indiretta. Quindi, da una parte stiamo incentivando l'utilizzo di tecnologia green per le imprese e, dall'altra parte, stiamo sostenendo lo sviluppo di stabilimenti che producono tecnologia green in Italia per non limitarci a diventare consumatori di impianti eolici realizzati in altri continenti. È una strategia chiara, che si enuclea nel nostro atto.
Per quanto riguarda Stellantis – ho letto che avete questa audizione che credo sarà particolarmente significativa – è un problema che mi pongo non da questa legislatura, da quando, come componente del COPASIR, poi vicepresidente e poi presidente feci delle relazioni al Parlamento chi vi prego di leggere, perché sono pubbliche, in cui ponevo il problema, ponevamo il problema, chiedendo al Governo di allora e al Parlamento di intervenire nella fase costitutiva di Stellantis, quando era possibile porre delle condizioni.
Invece, il Governo di allora, il Governo Conte 2, decise di non esercitare i poteri della golden power, mentre il Governo francese chiese precise condizioni.
In quella sede, da parlamentare, avendo anche una significativa responsabilità riguardo alla sicurezza nazionale, mi rivolsi al Parlamento. Ovviamente, ci stiamo lavorando, perché comprendiamo il valore di questa grande casa automobilistica, l'unica che noi abbiamo, a differenza degli altri Paesi produttori, in un confronto continuo e serrato con l'azienda e con i sindacati. Penso che il Parlamento possa dare il suo contributo nelle audizioni che si appresta a fare per mantenere e rafforzare la filiera automobilistica del nostro Paese.
L'onorevole Cappelletti ha parlato della manifattura. C'è un problema che riguarda la manifattura europea, non solo italiana, che è il problema della politica industriale nel nostro Paese, anche se dobbiamo notare come i dati di oggi ci confortano sul fatto della tenuta produttiva del Paese e della sua tenuta occupazionale.
I dati Istat di oggi ci dicono che nell'ultimo anno, quindi agosto di quest'anno e agosto dello scorso anno, si sono creati 494.000 occupati in più, nella quasi totalità con contratti stabili. In un anno, nell'ultimo anno, da agosto ad agosto, abbiamo avuto 494.000 occupati in più. Questo vuol dire che comunque l'economia produttiva italiana va meglio di quella di altri Paesi.
Secondo l'ultima stima dell'OCSE, che ci ha dato in rialzo, l'Italia quest'anno segnerà una crescita del prodotto interno lordo superiore alla media dell'Eurozona, di gran lunga superiore alla Germania, che è il primo Paese manifatturiero europeo, che peraltro influisce sul nostro sistema industriale, perché noi siamo legati in maniera indissolubile all'industria tedesca, quindi una crescita del prodotto interno lordo superiore a quella media europea, una crescita dell'occupazione evidente a tutti, anche con significativi risultati nel Pag. 15campo dell'export perché in un mondo molto complicato, con le guerre che sono intorno all'Europa, con le linee di approvvigionamento che sono saltate, il nostro Paese comunque ha segnato dei risultati significativi.
Se è vero che lo scorso anno abbiamo superato la Corea del Sud, che è il quinto Paese esportatore globale, nella prima parte di quest'anno abbiamo superato il Giappone, che è il quarto Paese esportatore mondiale, pur avendo un numero di abitanti notevolmente inferiore al Giappone.
Si cita il caso di Intel. Intel aveva programmato nel quadro del Piano europeo una serie di investimenti in Europa. La regione Veneto e la regione Piemonte hanno fatto tutto quello che era stato chiesto alle regioni e allo Stato. Poi si è compreso che Intel aveva ridotto i suoi investimenti in Europa, che avrebbe rinunciato all'investimento in Francia e in Italia, mantenendo e forse rafforzando quelli in Polonia e in Germania.
Pochi giorni fa l'amministratore delegato di Intel ha mandato una lettera ai dipendenti dicendo che sospendeva gli investimenti in Germania e in Polonia.
Il problema di Intel Italia o Intel Europa non è un problema dell'Italia, della Germania, della Polonia o della Francia. È un problema di Intel, che ha sospeso il piano anche in Israele, ancor prima.
Giunto al Governo ho riflettuto sulla cosa, perché è mio dovere riflettere e capire anche le previsioni di sviluppo delle aziende. Ho avviato una task force ministeriale nei principali Paesi occidentali produttori di microchip: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Stati Uniti. Mi sono anticipato rispetto a questo e questo ci ha consentito di annunciare già un investimento importante e significativo per il quale abbiamo applicato una norma di legge, realizzata lo scorso anno, che consente al Governo di nominare un commissario straordinario per dare, in un unico processo autorizzatorio, tutte le autorizzazioni necessarie, locali e nazionali, per quell'investimento di Silicon Box da 3,2 miliardi di euro, il primo investimento di questa tipologia, il più avveniristico in Europa, realizzato da questa azienda singaporese-americana.
Nel contempo, siamo riusciti a sbloccare l'investimento di STMicroelectronics a Catania, 5,1 miliardi di euro, già autorizzato dalla Commissione, che ci consente di poter dire che insieme ad altri investimenti di più piccola taglia in altre regioni, nella prima parte di quest'anno abbiamo potuto conteggiare già oltre 9 miliardi di euro di investimenti nella microelettronica. Continueremo a lavorare in questa direzione.
Sulla «Nuova Sabatini» lo strumento funziona, soprattutto in una fase in cui il tasso d'interesse è ancora particolarmente significativo, anche se tutti ci auguriamo che si riduca. Abbiamo rifinanziato, lo abbiamo fatto anche recentemente, lo strumento e lo faremo anche nella legge finanziaria, perché lo riteniamo molto utile.
L'onorevole Peluffo suggerisce, nell'ambito di una riforma più complessiva rispetto a quella che abbiamo già fatto del sistema delle amministrazioni straordinarie e dei tavoli di crisi, di prevedere una relazione periodica al Parlamento. Io credo che sia una cosa interessante, anche per monitorare quello che il Governo fa e quello che il Parlamento giustamente può realizzare sia in termini legislativi che in termini ispettivi.
Vengo al costo dell'energia, tema che riguarda tutte le imprese italiane. Parto dalla mia conclusione a quel question time su Terni o su altri.
Noi lavoriamo a condizioni date, perché attraverso lo sviluppo delle energie rinnovabili, e ho parlato di Transizione 5.0, che spero si possano intensificare nel nostro Paese, anche quelle idroelettriche dove, secondo me, si può fare ancora molto, a bacini esistenti, purché si investa in maniera significativa nell'ammodernamento degli attuali bacini e dell'attuale produzione, piuttosto che energia rinnovabile, eolica, solare, fotovoltaica, geotermica. Nel nostro Paese si può fare anche bene la geotermica.
Nel contempo, però, dobbiamo sapere che queste energie rinnovabili, per quanto importanti e significative siano, non possono soddisfare del tutto la produzione industriale, anche perché non possono garantirePag. 16 una continuità di produzione energetica della quale il sistema industriale ha assolutamente bisogno.
Sappiamo che anche il gas è una forma di energia in transizione, a cui dovremo rinunciare nei prossimi decenni. Quindi, dobbiamo intervenire nell'immediato, come cerchiamo di fare, per dare un supporto alle imprese sul fronte del costo energetico, che è sicuramente il principale differenziale competitivo del nostro Paese. Tutti gli imprenditori stranieri che riceve il mio Ministero, uno anche oggi, che presentano i loro progetti, pongono sempre e solo una questione: il costo dell'energia.
Ricordo che quando ero Ministro del commercio con l'estero, delegato, nei primi anni Duemila, all'epoca della globalizzazione, mi parlavano sempre di costo del lavoro e di scioperi, perché allora ci dovevamo confrontare con altri sistemi, che nella globalizzazione competeva a loro, dove il costo del lavoro, pensiamo all'Asia, era bassissimo e gli scioperi non esistevano.
Oggi nessuno mi pone il problema del costo del lavoro e francamente nemmeno degli scioperi, perché il costo del lavoro, lo sapete, è minore che in altri Paesi europei. Nella fase di ri-globalizzazione noi dobbiamo competere con gli altri Paesi europei perché le imprese stanno ricollocando i propri investimenti a livello planetario garantendo le filiere di approvvigionamento e di produzione all'interno dei singoli continenti.
In questo contesto se ci confrontiamo con gli altri Paesi dell'Unione europea il differenziale maggiore, forse l'unico, sicuramente il principale, è il costo dell'energia che dobbiamo affrontare.
Per affrontarlo, l'unica strada, a nostro avviso, è quella di utilizzare l'energia nucleare. Già la utilizziamo, perché la compriamo a più caro prezzo dai soggetti che la realizzano a poche decine di chilometri dai nostri confini. Quindi, già la utilizziamo pagandola a caro prezzo.
Per questo, il Governo è intenzionato a procedere con un quadro legislativo che consenta di produrre energia nucleare di terza generazione avanzata e poi di quarta generazione e quando sarà possibile di fusione nel nostro Paese. Nel contempo si porta avanti, come vi dicevo anche prima, per produrre impianti di energia rinnovabile o di energia nucleare di terza generazione avanzata nel nostro Paese. La legge consente di realizzare impianti nucleari di terza generazione avanzata, quelli industriali componibili, gli small modular reactors, di realizzarli in un altro Paese per collocarli laddove vengono richiesti in Europa e nel mondo. Quando il quadro legislativo sarà completato, se ce lo chiederanno, per esempio se ce lo chiederanno le grandi società industriali, per impiantarli anche in Italia. Nel frattempo pensiamo a produrre in Italia, cosa possibile perché le nostre imprese, a cui era stato inibito di realizzare impianti produttivi di energia nucleare in Italia, hanno continuato a sviluppare tecnologia e capacità di gestione all'estero.
Io stesso sono stato qualche mese fa in Slovacchia per inaugurare, insieme al presidente Robert Fico, un nuovo reattore nucleare realizzato in uno stabilimento dell'Enel in Slovacchia, piuttosto che in Romania laddove Ansaldo Nucleare ha sviluppato una significativa capacità tecnologica nelle centrali nucleari di Cernavodă.
Noi pensiamo che questa sia una fonte energetica necessaria nel futuro, pulita e sicura, che può, accoppiata al rinnovabile, garantire una migliore competitività del sistema industriale e anche garantire l'autonomia strategica del nostro Paese e della nostra Europa per quanto riguarda la produzione energetica.
I padri fondatori – mi riferisco a Schuman, Adenauer e De Gasperi – volevano fondare l'Europa su due sostanziali pilastri, sul pilastro della CED, la Comunità europea di difesa, che poi fu bocciata dal Parlamento francese, e sul pilastro della CECA, la Comunità economica del carbone e dell'acciaio. Avevano visto giusto loro. Poi l'Europa ripiegò sulla Comunità del commercio. Ripiegò, ma il progetto iniziale era ben diverso.
Veniamo a Draghi, e concludo. Nel novembre del 2022, nella prima audizione in Parlamento, quando un ministro deve illustrare la politica programmatica del suo Pag. 17dicastero alle Commissioni riunite di Camera e Senato, qui in Parlamento, alla Camera, in una Commissioni Riunite, io dissi, e credo che iniziai così il mio intervento, che a fronte della sfida degli Stati Uniti che, per rispondere al tentativo egemonico cinese, avevano messo in atto un piano industriale e commerciale teso a supportare le proprie imprese, che allora quantificavo in 2.000 miliardi di dollari e che nel frattempo credo che abbia ben superato i 3.000 miliardi di dollari, dissi in quella sede a voi parlamentari, due anni fa, a inizio legislatura, che l'Europa non avrebbe potuto e dovuto, a mio avviso, reagire come già in qualche cancelleria allora si ipotizzava, cioè con il modello Airbus-Boeing, ovvero con una guerra commerciale nei confronti degli Stati Uniti che attraevano così gli investimenti nel loro continente. Una nuova guerra commerciale con gli Stati Uniti, infatti, in un contesto in cui la Russia aveva invaso l'Ucraina, avrebbe spaccato l'Occidente, oltre ad essere, come si è dimostrato nel caso Airbus-Boeing, del tutto illusoria.
Né ritenevo possibile – dissi in quella sede – che l'Europa avrebbe dovuto lasciando liberi gli Stati di far da sé, perché in questo caso, se ben ricordo, dissi: «se nel primo si spaccherebbe l'Occidente, in questo secondo caso, lasciando liberi gli Stati di utilizzare le risorse nazionali liberando le mani dalle norme sugli aiuti di Stato, noi spaccheremo l'Europa, e non ce lo possiamo permettere, tra chi può e chi non può». Dissi in quella sede che l'unica risposta che noi potevamo sollecitare e realizzare con l'Europa era quella di una politica industriale europea come gli Stati Uniti stavano realizzando per investire sulle imprese europee tutelandoli anche, nel contempo, dalla concorrenza sleale.
Segnalai in questa sede, e poi il Governo Meloni e Giorgia Meloni, in maniera specifica, lo hanno fatto al Parlamento, alle istituzioni europee, la necessità che si utilizzassero anche risorse comuni europee sul modello del PNRR. Si parla di fondo sovrano, di eurobond e di altri strumenti.
Tutto questo noi l'abbiamo detto in questo Parlamento e l'abbiamo detto in tutti i consessi europei in questi due anni. Le analisi di Draghi rispecchiano esattamente le nostre valutazioni. Per capire la necessità di intervenire subito, e vengo al caso delle auto, porto l'esempio proprio di Mario Draghi, che ho citato qualche volta qui nelle ultime settimane, per capire l'accelerazione del cambiamento.
Quando Draghi, credo nel giugno di quest'anno, anticipò al Parlamento di Strasburgo alcune linee di quello che sarebbe stato il suo report portò due esempi che mi colpirono. Lo lessi nelle agenzie e poi l'ho riportato in Aula.
Parto dal primo esempio. Per recuperare competitività rispetto agli Stati Uniti e ovviamente alla Cina Draghi indicò che era necessario investire almeno 500 miliardi di euro l'anno ogni anno per i prossimi dieci anni. Sono passati pochi mesi da quella data e nel report conclusivo questa cifra è salita a 800 miliardi di euro in tre mesi. Questo per farvi capire l'accelerazione e il ritardo competitivo che si sta accumulando, anche di risorse comuni. Lo ha detto lui, come lo diciamo anche noi. Non solo, ovviamente, di risorse comuni.
Poi ha portato un altro esempio che oggi deve far riflettere. Draghi disse «come fa l'industria dell'auto europea a resistere quando i dazi alle auto elettriche in Europa sono pari al 10 per cento?». Negli Stati Uniti, allora, in giugno, erano pari al 26,5 per cento. Draghi disse «il Presidente Trump, ove fosse rieletto, ha promesso che li innalzerebbe al 67,5 per cento».
Nel frattempo il Presidente Biden si è anticipato rispetto alle promesse di Trump e li ha subito portati al 102 per cento. L'accelerazione delle politiche industriali e delle misure di tutela commerciale di altri continenti – ho parlato degli Stati Uniti, ma posso parlare anche del Canada, che ha subito seguito gli Stati Uniti – è tale che non è che l'Europa può aspettare altri due anni per decidere cosa fare nel settore delle auto, perché il regolamento sui veicoli leggeri, approvato nel 2023, prevedeva che nel 2026, fine 2026, si potessero rivedere le procedure, i tempi o anche gli obiettivi sui veicoli leggeri.Pag. 18
Se aspettiamo altri due anni per sederci a un tavolo sulla base di un report che la Commissione ci deve fornire per decidere, nel frattempo saremo spazzati via o comunque i ritardi si accumulerebbero. Soprattutto, le imprese nel settore delle auto, ma posso parlare anche di altri settori, in un clima di incertezza come questo, a fronte di una decisione che comunque andrebbe presa tra due anni, non investirebbero più. Di fatto, già non stanno più investendo, perché in un clima di incertezza nessuno investe, tanto più che i consumatori, in un clima di incertezza come questo, decidono di non comprare e di rinviare, aspettando una decisione che verrà tra due anni.
Il buon senso mi ha portato a dire all'Europa di anticipare quella decisione all'inizio del prossimo anno, in modo da dare un clima di certezza agli investitori e ai consumatori. Magari accogliamo in quella sede, contemporaneamente, la richiesta di Draghi di realizzare una politica industriale con risorse significative sul fronte delle imprese e sul fronte dei consumatori, per sostenere le imprese in questa transizione tecnologica, accelerandola, e per sostenere i consumatori all'acquisto di auto elettriche che oggi non sono alla loro portata.
Nel contempo, Draghi stesso dice che non c'è stata coincidenza tra politica industriale e politica ambientale, che invece devono procedere insieme, e come non ci sia stata sufficiente valorizzazione del principio di neutralità tecnologica. Noi crediamo che ci debba essere, per esempio per quanto riguarda l'utilizzo di ogni forma di carburante sostenibile come il biocombustibile. È esattamente quello che Draghi ha detto nel suo report.
Ai Paesi europei mi appresto a presentare un non-paper, che in parte ho anticipato al Consiglio Competitività e in alcuni incontri bilaterali, che sostanzialmente dirà che se vogliamo mantenere la data del 2035, che noi non contestiamo come obiettivo finale, creiamo tutte le condizioni affinché in quella data le imprese europee e i lavoratori europei giungano competitivi.
Se vogliamo mantenere quell'obiettivo del 2035, che alcuni Paesi ritengono assolutamente necessario, dobbiamo creare le condizioni, che significa avere risorse importanti per l'industria dell'auto, per fare in modo che possa accelerare sul percorso del rinnovamento tecnologico e competitivo; risorse per i consumatori europei, che possano acquisire e fare domanda di auto elettriche, che altrimenti non fanno più; una visione di piena neutralità tecnologica, come ci chiede lo stesso Mario Draghi e come è evidente a tutti e aggiungo anch'io una visione prospettica che garantisca l'autonomia strategica europea.
Se il problema è poi importare da altri continenti le materie prime che servono alla tecnologia digitale o addirittura le batterie elettriche piuttosto che pannelli solari, impianti eolici e quant'altro, noi passeremo da una drammatica dipendenza dal carbon fossile russo a una peggiore e più drammatica dipendenza da altri continenti. Questo non ce lo possiamo permettere.
Il nostro non-paper dirà che, se vogliamo mantenere quella data, creiamo le condizioni per raggiungere quella data con un continente competitivo sul piano della tecnologia green e io aggiungo della tecnologia digitale e quant'altro ancora.
Spero che su questo si possa concentrare l'attenzione del Parlamento. Io sarò in Aula, se ci riuniremo in una data in cui posso garantire la mia presenza, per la parte conclusiva del dibattito sull'automotive che avete promosso, perché penso – lo dico perché ne sono sempre stato convinto – che una politica industriale del Paese, tanto più una politica energetica, e l'energia è la prima industria tra le industrie, perché condiziona ogni industria, si può realizzare se vi è una larga condivisione che garantisca, per esempio, agli investitori stranieri che al cambio di un Governo non cambi una politica industriale, una politica energetica. Altrimenti, sarebbe poi difficile attrarre, come stiamo facendo, i più grandi investitori internazionali.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Visto che l'ha citato, approfitto per ringraziarla per quanto ha fatto il suo Ministero per l'insediamento di Silicon Box nella mia Pag. 19provincia di Novara. Ho un «interesse» privato.
Se ha ancora un minuto, le chiedo di rispondere su Piaggio all'onorevole Cavo.
ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Mi scusi, onorevole Cavo.
Io sarò tra l'altro a Genova. Credo che avrò un confronto in quella sede con regione e sindacati. Quando sono sul territorio, per tanti motivi, cerco sempre di realizzare un confronto in sede con i sindacati e con le regioni sulle principali crisi o comunque opportunità, perché non solo di crisi parliamo, spesso parliamo di opportunità di sviluppo. Lo farò anche in quella sede. Credo che verrò lunedì 7.
In quella sede darò qualche altra informazione sulla Piaggio. Posso dirvi che la procedura sulla Piaggio sta proseguendo. Vi sono alcune significative manifestazioni di interesse, con una procedura consentita dalle norme di una trattativa negoziale privata con ciascuno di coloro che hanno manifestato interesse. Fino a questo momento le manifestazioni di interesse sono nove. Alcune provengono da grandi e significativi player internazionali del settore.
Mi auguro che la procedura giunga a conclusione positiva, perché credo in questo asset strategico del Paese.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.05.