Sulla pubblicità dei lavori:
L'Abbate Patty , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO DELL'ENERGIA NUCLEARE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA E NEL PROCESSO DI DECARBONIZZAZIONE
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Legambiente.
L'Abbate Patty , Presidente ... 3
Eroe Katiuscia , responsabile energia di Legambiente ... 3
L'Abbate Patty , Presidente ... 4
Audizione di rappresentanti di Italia nostra:
L'Abbate Patty , Presidente ... 5
Campisi Michele , segretario generale di Italia nostra ... 5
L'Abbate Patty , Presidente ... 6
Ghirra Francesca (AVS) ... 6
L'Abbate Patty , Presidente ... 6
Campisi Michele , segretario generale di Italia nostra ... 6
L'Abbate Patty , Presidente ... 7
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di QualEnergia:
L'Abbate Patty , Presidente ... 7
Ferraris Sergio , amministratore delegato di QualEnergia ... 7
L'Abbate Patty , Presidente ... 9
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Proxima fusion:
L'Abbate Patty , Presidente ... 9
Milanese Lucio Maria , co-fondatore e chief operating officer di Proxima fusion ... 10
L'Abbate Patty , Presidente ... 11
Squeri Luca (FI-PPE) ... 11
L'Abbate Patty , Presidente ... 11
Allegato 1 – Documentazione depositata dai rappresentanti di Legambiente ... 12
Allegato 2 – Documentazione depositata dai rappresentanti di QualEnergia ... 29
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE PATTY L'ABBATE
La seduta comincia alle 12.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Legambiente.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Legambiente nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Ringrazio Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, per la partecipazione ai nostri lavori e le cedo la parola, pregandola di voler sintetizzare e non dare lettura del documento che sarà eventualmente trasmesso alle Commissioni, che sarà comunque allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
KATIUSCIA EROE, responsabile energia di Legambiente. Buongiorno. Il documento ve lo manderò in seguito a questo momento di ascolto, per cui vi ringrazio.
Esprimiamo come associazione una forte preoccupazione rispetto alla volontà di questo Governo di inserire il nucleare all'interno del mix energetico, per problemi che non sono affatto risolti rispetto alle tecnologie che vengono proposte.
Provo a concentrarmi su due tematiche. La prima riguarda i costi, che ha più a che fare con la volontà, giustissima e necessaria, di ridurre i costi energetici per le imprese e – aggiungerei – per le famiglie, ovviamente. Abbiamo recentemente pubblicato un rapporto sui costi del nucleare, attraverso l'appello per un «100% rinnovabili network», con tantissime sigle, in cui abbiamo messo in evidenza che l'Agenzia internazionale per l'energia associa alla generazione elettrica da nucleare un costo di 170 dollari a megawattora contro i 50 dollari del fotovoltaico, i 60 dollari dell'eolico on-shore e i 70 dollari dell'eolico off-shore. Questi dati sono confermati non soltanto dall'Agenzia internazionale ma anche dalla banca d'affari Lazard, una delle banche d'affari più importanti, che si occupa anche di investimenti, che addirittura dà un valore del costo della generazione elettrica da nucleare del 14 per cento più alto rispetto a quello dell'Agenzia internazionale, ovvero pari a 183 dollari. Questo fa il paio con le esperienze della realizzazione di impianti nucleari in America, che arriva a un costo di 16.000 dollari a chilowatt contro gli 8.000 dollari di uno degli impianti più vicini a noi, che è quello di Flamanville, in Francia. Sono costi decisamente importanti, che dovrebbero essere presi in considerazione nel momento in cui si decide di investire su una tecnologia.
Ricordo che nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) viene fatto specifico riferimento agli small modular reactor (SMR) e agli advanced modular reactor (AMR) su cui noi non abbiamo particolari informazioni. Il ministero si era impegnato addirittura a dare delle fonti per settembre, che però non sono uscite, rispetto alle previsioni dei costi, quindi ad oggi viviamo con una mancanza di informazioniPag. 4 da parte del Governo rispetto a quelle che sono state le loro previsioni. Costi che sarebbero decisamente ridotti, se andiamo a vedere le esperienze di altri Paesi, come la Germania, che voi citate nel documento di sintesi che ci avete mandato, ma che, rispetto a quelle che sono oggi le tecnologie mature e pronte per davvero per ridurre i costi dell'energia, richiedono sicuramente investimenti, che faremmo comunque anche rispetto al PNIEC. Difatti, nella peggiore delle ipotesi si tratta di un 80 per cento da rinnovabili e un 20 per cento da nucleare – la fascia indicata nel PNIEC oscilla tra l'11 e il 20 per cento – quindi con un mix energetico che vede protagonista le fonti rinnovabili, per cui dovremmo fare ugualmente investimenti in termini di reti, di accumuli, di infrastrutture, di sviluppo degli impianti, di idrogeno verde, che sarebbe già oggi pronto a ridurre i consumi.
L'altro tema riguarda i tempi. Se stiamo alle esperienze europee, per l'impianto di Flamanville, in Francia, ci sono voluti diciassette anni, ma l'emergenza per ridurre i costi energetici per le imprese è un'emergenza attuale, per cui non possiamo certamente aspettare, nelle migliori delle ipotesi, dieci o quindici anni per dare una risposta. Questo, dunque, è un altro tema che ci preoccupa. Di nuovo, riteniamo che ci siano tecnologie su cui potremmo puntare con immediatezza.
Chiudo con le due specifiche inserite all'interno del documento di sintesi, che secondo noi sono un esempio lampante di come gli investimenti sul nucleare rischino, invece, di far perdere tempo al nostro Paese e di continuare a farci rimanere dipendenti dal gas, che, oltre a essere una fonte climalterante, è anche una fonte decisamente costosa, e lo vediamo con gli ultimi rialzi delle bollette. L'EDF è un'impresa francese che nel 2022 ha accumulato 64 miliardi di euro di debiti, proprio perché doveva garantire prezzi bassi dell'energia, tant'è che è dovuto intervenire lo Stato francese e dopo diciassette anni di borsa questa impresa è stata nazionalizzata. Ma porto anche l'esperienza della Germania che con la chiusura delle centrali nucleari – sono dati del Governo, quindi dati pubblici – per le rinnovabili è passata dal 48,9 al 62,7 per cento dal 2022 al 2024 e ha ridotto anche la generazione elettrica da carbone dal 33 al 24 per cento. Secondo noi questi numeri dovrebbero essere presi in considerazione. Tali numeri continuano, anche rispetto agli esiti dei due referendum e di tutte le motivazioni che abbiamo portato avanti in questi anni, a non tranquillizzarci rispetto all'utilizzo del nucleare, rispetto a cui continuiamo a insistere per l'adozione di soluzioni assolutamente diverse.
A questi problemi si aggiungono quelli più tradizionali, penso, ad esempio, alla questione delle scorie. Ricordo che siamo in attesa del deposito nazionale definitivo, rispetto a cui ci sono grandi problemi anche nell'individuazione dei luoghi. Dovremmo anche capire come eventualmente un certo numero di centrali nucleari potrebbero essere dislocate sul nostro territorio, i costi relativi al trattamento dei rifiuti e ai depositi da realizzare. Ma penso anche ai temi legati alla sicurezza. La fisica del reattore non è cambiata, quindi i problemi relativi al nucleare sono esattamente gli stessi. Non esistono in commercio soluzioni diverse che garantiscano misure di sicurezza e riduzione dei rifiuti.
Per tutte queste ragioni, a nostro giudizio le proposte avanzate dal Governo, rispetto all'inserimento del nucleare nel mix energetico, ci appaiono decisamente poco esaustive rispetto ai problemi di crisi energetica e riduzione dei costi e soprattutto rispetto all'emergenza della crisi climatica.
Grazie.
PRESIDENTE. Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, per il contributo reso ai nostri lavori, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Legambiente (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.
Pag. 5Audizione di rappresentanti di Italia nostra.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Italia nostra nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Ringrazio Michele Campisi, segretario generale di Italia nostra, per la partecipazione ai nostri lavori e gli cedo la parola, pregandolo di voler sintetizzare e non dare lettura del documento che sarà eventualmente trasmesso alle Commissioni, che sarà comunque allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
MICHELE CAMPISI, segretario generale di Italia nostra. Buongiorno e grazie.
Italia nostra ha iniziato a occuparsi del nucleare già dal lontano 1977. Ricordo brevemente che quest'anno ricorre il centenario della nascita di Mario Fazio, che è il primo autore di un testo che tratta di energia nucleare, intitolato L'inganno nucleare, pubblicato in prima stesura per Einaudi nel 1977 e in seconda stesura nel 1980. Noi partivamo da un preciso presupposto in quel tempo, che antecede di dieci anni la celebrazione dei referendum: avevamo delle posizioni critiche rispetto all'utilizzo dell'energia nucleare, in quanto era direttamente legata e strumentale alla risorsa utilizzabile in chiave di produzione di materiale bellico, oltre alle problematiche connesse alla questione dello smaltimento delle scorie radioattive e all'incertezza sui problemi legati alla sicurezza della gestione degli impianti. Questo presupposto ci condusse – questo è un preambolo essenziale – ad affiancare le azioni del comitato che si presentò a sostegno di una visione antinuclearista della questione energetica.
Falsamente ci si diceva, allora, che la questione antinucleare era sostenuta da una difesa della posizione petrolifera, nel senso di un'economia legata essenzialmente agli interessi delle produzioni delle attività petrolifere, non segnalando il fatto, però, che le attività principali erano sviluppate proprio dai soggetti che tradizionalmente erano riferiti alla produzione energetica da petrolio.
Ricordo che, all'epoca, il Parlamento era alla ricerca di un concetto, che pian piano nel tempo si è abbandonato, ovverosia l'idea di pervenire a una condizione ideale costituita dall'uso di un'energia che non avesse fine per definizione e che non avesse scarti o residui tali da impegnare economie pari a quelle eventualmente prodotte. Lo stato attuale, ovviamente, è in una forte e dinamica accelerazione, perché sta impegnando settori di ricerca industriale molto impegnativi e importanti. Certamente la questione nucleare, dal punto di vista dell'investimento pubblico, è la parte che può competere alla sfera governativa, ma non riguarda semplicemente il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, perché questo è un obiettivo che sta all'interno di una problematica molto più vasta, che è quella della sicurezza e della capacità di controllo sul territorio.
L'ambito delle ricerche sperimentali ritengo che sia da indirizzare verso i parametri principali, che sono quelli della sicurezza, della sostenibilità e della prospetticità. Sappiamo benissimo che tutte le ricerche che si stanno conducendo nel settore del nucleare, nonostante ci siano ampi spazi di manovra economica e si producano varie possibilità e configurazioni, non hanno ancora un livello di certezza e di affidabilità importante, quindi è un campo che ci appare estremamente disordinato.
Noi vorremmo segnalare alla vostra attenzione il principio secondo cui non si può ammettere un'opzione di tipo orizzontale, ovvero lo sviluppo anche della ricerca nel settore deve rimanere nella sua rilevanza di sicurezza e strategia nazionale a regia pubblica. In altri termini, la coscienza di dove indirizzare le attività di ricerca, almeno quelle pubbliche, deve essere saldamente legata a una strategia complessiva a livello nazionale. Questo non avviene con i modelli sociopolitici che si stanno sviluppando negli ultimi anni in questo settore, che deve mantenere livelli di attenzione elevatissimi.
Ovviamente non possiamo discostarci dal principio che il livello finalizzato al risultato energetico deve anche completarsi Pag. 6alla luce dei risultati che stiamo ottenendo con le energie rinnovabili. Mi è gradita l'opportunità di sottolineare il principio che Italia Nostra non è contraria alle fonti di energia rinnovabile. Precisiamolo. Anzi, dirò di più: proprio noi nel 1977 siamo stati i primi a costituire un fronte che, proprio nei confronti dell'energia nucleare, si appellava alla necessità di sviluppare energia alternativa, di fonte rinnovabile.
Oggi gli ultimi dati sono molto soddisfacenti, l'utilizzazione dell'energia alternativa, cioè dell'energia da fonte rinnovabile è pari al 53 per cento dell'energia utilizzata a livello nazionale. Tale tipologia di fonte energetica però deve essere sviluppata. Adesso dobbiamo fare una puntualizzazione sulla questione dell'assetto, quindi vigilare attentamente sulla capacità di assorbire anche sviluppi nel settore energetico rinnovabile, alla luce dell'individuazione delle aree idonee. Questo è un tema apparentemente disgiunto dalla questione nucleare, però noi riteniamo che non lo sia assolutamente.
Le diverse attività, le diverse formulazioni, che ancora sono state proposte all'interno del nuovo prospetto, della nuova prospettiva di sviluppo dell'energia nucleare, sono sicuramente importanti e interessanti. La ricerca non si può abbandonare. Però noi sosteniamo che, ai livelli attuali, la sicurezza, proprio rispetto a ciò che la Commissione solleva nei confronti della questione dello smaltimento dei residui, dei rifiuti nucleari a bassa, media e alta intensità, debba essere ad un livello importante.
Proprio al punto in cui si dice «verificare le iniziative da adottare per attrarre nel Paese imprese e tecnologie» purché queste siano osservate, valutate attentamente sotto il principio dell'interesse pubblico.
Ci farebbe piacere sapere come mai i decommissioning degli impianti nucleari partiti dal 1987 sono ancora in una fase di realizzazione. Non vorremmo che si desse vita a ulteriori carrozzoni – i famosi carrozzoni – che non producono effetti e non producono risultati.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
L'onorevole Ghirra intende rivolgere una domanda.
FRANCESCA GHIRRA. Signor presidente, la ringrazio.
Ringrazio il rappresentante di Italia Nostra per la sua audizione e anche per aver dettagliato meglio la posizione rispetto alle rinnovabili nella parte finale del suo intervento, però non mi è chiara una questione. Mentre la rappresentante di Legambiente ha chiarito da subito la loro contrarietà allo sviluppo dell'energia nucleare, facendo riferimento soprattutto alla questione dei costi, oltre che della sicurezza, non ho ben capito quale sia la vostra posizione.
Volevo ricordare quanto ha detto Ansaldo in audizione, in questa sede, facendo riferimento ai costi di sviluppo degli small modular reactor, per cui occorrono ancora 700 milioni semplicemente per lo sviluppo della progettazione, non riferendo quanto costerà la loro installazione e la produzione, rimandando comunque al 2040 i reattori di quarta generazione e addirittura la fusione al 2050.
Volevo chiederle se ci può meglio dettagliare la posizione di Italia Nostra rispetto alle politiche sul nucleare che il Governo intende mettere in campo.
Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Campisi per la replica.
MICHELE CAMPISI, segretario generale di Italia nostra. La ringrazio.
Noi non abbiamo una aprioristica avversione alla questione nucleare, tuttavia riteniamo che, allo stato attuale dell'arte, i termini per cui la nostra associazione si era espressa nel secolo scorso possono essere aggiornati alla luce di una certezza di sviluppi scientifici che oggi ancora ci paiono in divenire.
Siamo nelle vostre stesse condizioni, cioè attendiamo lumi e luci che ci chiariscano le opportunità e le possibilità, sia in termini di utilizzazione economica finalizzata allo sviluppo, all'utilizzazione delle fonti energetiche, sia riguardo, soprattutto, a quello Pag. 7che può essere il principio della sicurezza, della sostenibilità non soltanto e semplicemente economica, ma ovviamente ambientale, con le ricadute importanti rispetto al residuo.
Ci sono ultimamente delle attività che si propongono rispetto al materiale da utilizzare come risorsa per la produzione soprattutto dell'uranio, delle scorie e dei residui prodotti dalla passata utilizzazione. Anche per queste, però, per quanto siano legate a questo concetto di conformazione, di utilizzazione diffusa, a maggior ragione dal momento che se ne configura una utilizzazione che difficilmente può essere assoggettata a una capacità di controllo, mi pare vi sia l'esigenza di una certezza scientifica, che tuttora non esiste. Non c'è un prodotto che oggi può essere utilizzato con una accezione di sicurezza e certezza, che ci possa consentire il superamento di una posizione che noi ancora dobbiamo ritenere assodata, con la disponibilità, ovviamente, ad aprirci.
Non so se sono stato chiaro.
PRESIDENTE. Grazie mille.
Ringrazio Michele Campisi, segretario generale di Italia Nostra, per il contributo reso ai nostri lavori e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di QualEnergia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di QualEnergia nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Ringrazio Sergio Ferraris, amministratore delegato di QualEnergia, per la partecipazione ai nostri lavori e gli cedo la parola, pregandolo di voler sintetizzare e non dare lettura del documento, che sarà eventualmente trasmesso alle Commissioni, che sarà comunque allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
SERGIO FERRARIS, amministratore delegato di QualEnergia. Signor presidente, la ringrazio.
Procedo molto rapidamente. Noi ci siamo soffermati fondamentalmente sugli aspetti industriali legati alla realizzazione e ai costi del nuovo nucleare, come da indicazioni PNIEC.
Cito una questione di fondo. Le prospettive per il nucleare a livello globale danno al 2050 – i dati sono dell'IEA – un aumento da 416 gigawatt di oggi a 647 del 2050. Oggi l'atomo fornisce il 9 per cento dell'elettricità a livello globale e si prevede che arriverà al 10 per cento. L'aumento della potenza installata è in linea con l'aumento dei consumi globali che sono attesi tra venticinque anni.
Attualmente la filiera principale è quella dei grandi reattori di terza generazione. Qui vedete un rapido elenco (vedi allegato 2, slide n. 3), che non mi soffermo a leggere, dei reattori attivi o in via di finalizzazione che ci sono in giro per il mondo.
Il costo dell'energia da fonte nucleare di grandi dimensioni (parliamo di Westinghouse, AP1000 e quant'altro, sempre dati dell'IEA) per l'Europa sono valutati a oggi 170 euro a megawattora, che scenderanno a 135 nel 2030 e a 125 nel 2050.
Oltre ciò, il nucleare è troppo lento nella sua realizzazione. Questa è un'analisi dei tempi che sono stati impiegati per la realizzazione di impianti nucleari di grandi dimensioni (vedi allegato 2, slide n. 4). Nella prima colonna ci sono quelli comunicati al momento della posa della prima pietra e nella seconda colonna ci sono quelli effettivi. È sistemico il ritardo ed è un ritardo che influisce sui costi, perché gli interessi sulle cifre che vengono investite sono una parte preponderante dei costi dei reattori.
Anche gli SMR, che il PNIEC italiano nell'ultimo aggiornamento fissa come sistema nucleare auspicabile per l'Italia, soffrono dello stesso difetto. Gli unici tre SMR in funzionamento allo stato attuale hanno avuto un triplicamento dei tempi di realizzazione.
Per quanto riguarda gli SMR in questione, recentemente ce ne siamo occupati sulla nostra rivista, sintetizzo perché poi sarà a disposizione degli onorevoli il documento, l'azienda statunitense NuScale Power avrebbe dovuto costruire una centrale Pag. 8con dodici SMR da 77 megawatt negli Stati Uniti. I costi sono passati da 3,6 miliardi, complessivamente, per tutti i reattori, a 9,3 miliardi, con una riduzione di quasi il 40 per cento della potenza installata. Nonostante i costi fossero stati in parte coperti dal Dipartimento per l'energia e dall'Inflation Reduction Act, lasciando 5,1 miliardi ai privati, questi si sono ritirati. Per cui, questa installazione è praticamente abortita, è fallita.
Per NuScale – che, detto tra parentesi, è l'unica azienda che ha una approvazione per gli Stati Uniti di un modello di SMR a oggi – il colpo è stato abbastanza duro, perché hanno perso il posto di lavoro 154 persone, il 28 per cento dei dipendenti di NuScale Power e il titolo è crollato del 30 per cento.
Un'altra azienda, sempre statunitense, recentemente – a ottobre 2024 – ha presentato il Chapter 11, che è praticamente la dichiarazione di fallimento negli Stati Uniti, perché i suoi prodotti, che sono piccoli reattori da 1,5 a 15 megawatt, quelli che in Italia si vorrebbe far installare – tra parentesi – a imprese, consorzi di imprese e cose di questo tipo, non hanno trovato finanziamenti sufficienti e l'azienda non è in grado di continuare la sperimentazione necessaria. Per cui, vi è stato un Chapter 11. Adesso sta tentando di vendere le licenze a prezzi di saldi.
Quali sono le questioni dei costi degli SMR? «Piccolo» per quanto riguarda il nucleare non sempre vuol dire «meno costoso». Vari studi che sono stati fatti a tal riguardo stimano che a parità di potenza un SMR da 250 megawatt richieda il 25 per cento in più di materiali e personale. Una serie di studi economici condotti dall'International Energy Agency e dall'OECD Nuclear Energy Agency stimano che il costo energetico degli SMR sia tra il 50 e il 100 per cento superiore ai reattori tradizionali a parità di potenza. Le economie di scala, con la riduzione dei costi, sulla produzione di massa sono puramente teoriche, mentre l'aumento dovuto alla scala ridotta è piuttosto certo. Il rapporto Atkins per il Governo britannico afferma che il primo SMR nel Regno Unito costerebbe più del 30 per cento.
Da questa analisi si evince la lievitazione dei costi a mano a mano che ci si avvicina alla realizzazione per quanto riguarda gli SMR: tutti quanti partono da una cifra piuttosto bassa, però poi viaggiano a installazioni tra i 15 mila e i 20 mila dollari per chilowattora.
L'Italia non dispone di una filiera industriale completa per la componentistica nucleare. Ha sempre realizzato alcuni pezzi in passato e siamo rimasti alla seconda generazione del nucleare. La questione fondamentale è quella del combustibile nucleare. Si punta al nucleare per una questione strategica, dopodiché ci si rende conto che almeno il 38 per cento della capacità globale del commercio dell'uranio e il 46 per cento della capacità di arricchimento dello stesso arrivano da un unico fornitore economicamente sostenibile, che è Rosatom, un'azienda pubblica russa. Oltretutto, dal rapporto strategico «Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese», realizzato da TEHA Group per Edison e Ansaldo Nucleare – alcuni pezzi sono stati usati per il PNIEC – emerge che i reattori avanzati permetteranno l'uso di altro tipo di combustibile nucleare, come quelli basati su uranio ad alto dosaggio (HALEU). Questo combustibile nucleare è la punta di diamante della fornitura di Rosatom.
Sempre lo stesso rapporto, che vi invito ad analizzare, dichiara che il costo di installazione degli SMR è pari a 6.500 euro per chilowatt elettrico, ma si usa un capacity factor del 95 per cento, contro il valore medio del capacity factor nucleare, fissato nel 2023 dalla Nuclear World Association, dell'81,5 per cento (vedi allegato 2, slide n. 7).
Bisogna soffermarsi su questa questione pochi secondi. Il capacity factor è il fattore che determina il costo del megawattora. Questo è un aspetto molto importante anche per ciò che dirò a breve. A mano a mano che diminuisce l'utilizzo del rettore aumentano i costi dell'energia prodotta, perché gran parte del costo dell'energia nucleare sta nell'installazione. È marginale rispetto al combustibile, al contrario dei Pag. 9sistemi a fonte fossile. Nel rapporto si afferma che il nucleare è in grado di modulare seguendo l'andamento delle rinnovabili, per cui può lavorare con le rinnovabili. Tecnicamente è una cosa molto dibattuta. I francesi non lo fanno. Forse è possibile, in parte, ma in pratica è falso. La modulazione in base alle esigenze della rete introduce uno stress dei materiali – vedremo nell'ultima slide (vedi allegato 2, slide n. 8) che cosa succede – ma soprattutto aumenta i costi dell'energia, diminuendo il capacity factor. Pertanto, se si modula con un reattore nucleare per inseguire l'intermittenza delle rinnovabili, aumenta il costo dell'energia, non diminuisce.
Questa è l'ultima slide (vedi allegato 2, slide n. 8), molto importante dal punto di vista delle politiche industriali. L'ho chiamata la «sindrome Boeing 737 MAX». Su un oggetto molto, molto controllato, come un aereo di linea, la Boeing ha avuto due incidenti critici, per i quali l'intera flotta è stata bloccata per anni, perché c'era un difetto di progettazione inaspettato e non identificato. Se noi andiamo su sistemi come gli SMR, che si vogliono altamente standardizzati, un difetto sistemico può causare interruzioni prolungate e costose, riparazioni e modifiche del design, che influenzano i costi di funzionamento di altri SMR con gli stessi design, perché andrebbero tutti bloccati, in attesa della revisione necessaria.
Si tratta di un'ipotesi? Assolutamente no. Guardiamo un attimo alla storia del nucleare. La World Nuclear Association afferma che gli operatori sono stati costretti a sostituire i generatori di vapore in più di 110 reattori ad acqua pressurizzata sui 351 in esercizio negli ultimi quarant'anni, perché hanno dovuto sostituire alcune parti a causa della deformazione e dell'assottigliamento delle pareti in un gran numero di tubi generatori di vapori, per cui cinque PWR (pressurized water reactor) statunitensi sono stati chiusi permanentemente, prima del loro fine vita, a causa della rottura dei generatori di vapore. Anche i reattori ad acqua bollente hanno avuto problemi sistemici da questo punto di vista, che hanno portato a significative corrosioni nei condotti (non entro ulteriormente nel dettaglio). Questi problemi sono noti alle industrie nucleari.
Se noi standardizziamo modelli di reattori SMR e ne facciamo, per esempio, mille a livello globale, se dovessero contenere dei difetti andrebbero tutti bloccati, in attesa delle revisioni. Mi preme sottolineare che tutti i difetti di questi sistemi non hanno prodotto fughe radioattive, per fortuna. C'è stato un intervento e un controllo. Ciò non toglie che gli interventi di manutenzione da questo punto di vista, specialmente quando diventano sistemici, sono lunghi e costosi e possono portare alla chiusura prematura del reattore, con azzeramento della redditività degli investimenti, ma soprattutto aumentano i prezzi per via di una carenza di produzione energetica per imprese e cittadini.
Grazie.
PRESIDENTE. Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio Sergio Ferraris, amministratore delegato di QualEnergia, per il contributo reso ai nostri lavori, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di QualEnergia (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione, in videoconferenza,
di rappresentanti di Proxima fusion.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Proxima fusion nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Ringrazio Lucio Maria Milanese, co-fondatore e chief operating officer di Proxima fusion, per la partecipazione ai nostri lavori e gli cedo la parola, pregandolo di voler sintetizzare e non dare lettura del documento che sarà eventualmente trasmesso alle Commissioni, che sarà comunque allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
LUCIO MARIA MILANESE, co-fondatore e chief operating officer di Proxima fusion. Grazie. Buon pomeriggio tutti, egregio presidente e onorevoli deputati. Grazie per l'opportunità di intervenire oggi su un tema cruciale per il futuro energetico dell'Italia e del mondo: la fusione. Questo settore non è solo una frontiera tecnologica ma anche una promessa concreta di energia pulita, sicura e sostenibile per il nostro pianeta.
Sono Lucio Milanese, co-fondatore e chief operating officer di Proxima fusion, una start-up con sede a Monaco di Baviera e filiali negli Stati Uniti d'America, in Svizzera e in Inghilterra. Sono un fisico specializzato in fusione, con un percorso accademico intrapreso all'estero, con laurea magistrale e dottorato conseguito presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston.
La fusione rappresenta il processo attraverso cui nuclei leggeri, come quelli dell'idrogeno, si combinano per formare nuclei più pesanti, rilasciando grandi quantità di energia. Questo processo è alla base del funzionamento delle stelle, compreso il nostro Sole, e offre un potenziale straordinario per generare energia, senza emissioni di gas serra, senza scorie radioattive a lungo termine e con una disponibilità praticamente inesauribile di combustibili. È, quindi, una tecnologia fondamentalmente diversa dalla fissione nucleare.
La comunità scientifica internazionale è impegnata da decenni nello sviluppo di tecnologie per rendere la fusione una realtà industriale. Progetti come ITER in Francia rappresentano collaborazioni globali per dimostrare la fattibilità tecnica e scientifica della fusione su larga scala. Parallelamente aziende private come Proxima fusion stanno accelerando l'innovazione in questo settore, con approcci nuovi e promettenti. Aziende leader del settore si trovano negli Stati Uniti d'America e in Cina. Negli Stati Uniti, Commonwealth Fusion Systems (CFS) ha raccolto più di 2 miliardi di euro per completare il loro dimostratore ad energia netta da fusione entro il 2027, nel loro campus nei pressi di Boston. Hanno piani concreti per la costruzione della prima centrale a fusione al mondo in Virginia, vicino a Washington, nei primi anni Trenta. Questi progetti sono finanziati in larga misura dal gigante italiano ENI.
Proxima fusion, una start-up europea con solide basi tecnologiche e prima spin-out dell'istituto Max Planck per la fisica del plasma, si distingue per l'impiego di tecnologie avanzate di confinamento magnetico e dell'intelligenza artificiale per ottimizzare i processi di fusione. In particolare, Proxima fusion concentra i suoi sforzi sugli stellarator, dispositivi altamente complessi ma altrettanto promettenti, che offrono un confinamento magnetico stabile e continuo per il plasma di idrogeno, ovvero il carburante per la fusione. Inoltre, l'uso di superconduttori ad alte temperature consente di migliorare l'efficienza e ridurre le dimensioni delle centrali a fusione, riducendo, quindi, costi e tempi di realizzazione. Intendiamo costruire in Europa un primo dimostratore ad energia netta, Proxima Alpha, entro il 2031 e una prima centrale a fusione, Stellaris, entro la metà degli anni Trenta.
Proxima fusion conta tra i fondatori e i primi membri della squadra diversi italiani, inclusi Francesco Sciortino, amministratore delegato, Oliva, Andrea Merlo e Niccolò Fabiani. Questi esperti di alto livello sono stati formati nelle più prestigiose università italiane e straniere, inclusa la Scuola Normale Superiore di Pisa, la Scuola Superiore Sant'Anna, l'Università di Harvard e il Massachusetts Institute of Technology. Questa presenza italiana testimonia l'eccellenza del nostro Paese nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico in fusione. L'Italia ha, infatti, l'opportunità di posizionarsi come protagonista nello sviluppo della fusione. Il nostro Paese vanta eccellenze scientifiche, come l'ENEA, che già contribuiscono attivamente ai principali progetti internazionali. In aggiunta, l'industria italiana è già leader nella produzione di componenti d'avanguardia per la fusione, con aziende come Walter Tosto e SIMIC, che forniscono pezzi critici per progetti come ITER e in futuro per centrali a fusione. Queste imprese sono un esempio di come il nostro tessuto industriale sia Pag. 11capace di rispondere alle sfide tecnologiche più avanzate e costituiscono un'opportunità eccellente per il futuro.
È essenziale, tuttavia, rafforzare ulteriormente il supporto alla ricerca e incentivare collaborazioni pubblico-privato. Proxima fusion, con la sua presenza in Europa, potrebbe diventare un partner strategico per sviluppare filiere tecnologiche e industriali anche sul nostro territorio. Proxima fusion intende creare, nella prima metà del 2025, una filiale in Italia, rafforzando ulteriormente i legami con il nostro Paese e contribuendo alla crescita del settore energetico nazionale. Inoltre, è fondamentale adottare politiche che favoriscano l'attrazione di investimenti e talenti in questo settore. La creazione di un quadro normativo chiaro per la fusione, la semplificazione dei processi burocratici e l'incentivazione fiscale per le start-up e le imprese possono rappresentare sfide cruciali per stimolare lo sviluppo della fusione in Italia. Sarebbe anche importante offrire contributi diretti per progetti di ricerca e sviluppo che coinvolgano aziende private in fusione.
Nonostante le sfide tecniche ancora da superare, i progressi recenti indicano che la fusione diventerà una fonte di energia commerciale nel corso degli anni Trenta. Il supporto istituzionale è indispensabile per accelerare questa transizione e per garantire che l'Italia possa beneficiare delle opportunità economiche, industriali e ambientali offerte da questa tecnologia.
La fusione non è solo una risposta alla crisi energetica ma è una pietra miliare per costruire un futuro più sostenibile. Investire oggi in ricerca, sviluppo e innovazione e supportare il nascente tessuto di impresa privata in fusione significa non solo risolvere i problemi energetici di domani ma anche creare occupazione qualificata, rilanciare la competitività industriale e contribuire alla leadership globale dell'Italia in un settore strategico.
In conclusione, vi invito a considerare la fusione e gli attori emergenti come Proxima fusion non solo come opportunità tecnologiche ma anche come leve strategiche per garantire un futuro energetico sicuro, sostenibile e prospero per l'Italia e per il mondo intero.
Vi ringrazio per l'attenzione. Resto a disposizione per rispondere a eventuali domande.
PRESIDENTE. Grazie mille.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LUCA SQUERI. Signor presidente, ho chiesto la parola, ma nel finale è stato chiarito l'oggetto della mia domanda, ovvero obiettivamente quando si potrà immaginare di utilizzare commercialmente, al di là dei dimostrativi, l'energia da fusione, ed è stato detto negli anni Trenta. Sappiamo, infatti, che la domanda che sorge spontanea quando si parla di fusione è, appunto, quando obiettivamente potrà esserci. Pertanto, se non ci sono aggiunte rispetto a quanto già detto, la mia domanda ha già avuto una risposta.
PRESIDENTE. Perfetto.
Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio Lucio Maria Milanese, co-fondatore e chief operating officer di Proxima fusion, per il contributo reso ai nostri lavori e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12.50.
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