XIX Legislatura

Commissioni Riunite (VIII e X)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 22 maggio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO DELL'ENERGIA NUCLEARE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA E NEL PROCESSO DI DECARBONIZZAZIONE

Audizione di Marco Bella, professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Bella Marco , professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 4 
Cappelletti Enrico (M5S)  ... 4 
Squeri Luca (FI-PPE)  ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Bella Marco , professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7 

Audizione di Fabio Giannetti, professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7 
Giannetti Fabio , professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza ... 7 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 9 
Cappelletti Enrico (M5S)  ... 9 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 9 
L'Abbate Patty (M5S)  ... 10 
Colombo Beatriz (FDI)  ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 
Colombo Beatriz (FDI)  ... 11 
Simiani Marco (PD-IDP)  ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Giannetti Fabio , professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza ... 12 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 13 

Allegato 1: Documentazione consegnata dal professor Marco Bella ... 14 

Allegato 2: Documentazione consegnata dal professor Fabio Giannetti ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA X COMMISSIONE ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 15.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Marco Bella, professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca l'audizione, in videoconferenza, presso le Commissioni riunite Ambiente, territorio e lavori pubblici e Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, di Marco Bella, professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza nell'ambito dello svolgimento dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
  Do la parola a Marco Bella, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di cinque minuti circa, pregandolo altresì di voler sintetizzare e non dare lettura del documento trasmesso alle Commissioni procedenti, focalizzandosi sull'oggetto dell'indagine come definito dal programma inviato per e-mail.

  MARCO BELLA, professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Signor presidente, ringrazio lei per avermi dato l'opportunità di parlare e i membri della Commissione per essere presenti.
  Sono Marco Bella, mi occupo nell'ambito accademico anche di divulgazione scientifica. Divulgazione scientifica è anche raccontare in maniera semplice che cosa è scienza e che cosa non è scienza. La scelta che voi state facendo con questa indagine conoscitiva è una scelta che non consiglia o sconsiglia il ricorso all'energia nucleare, quella è una decisione di indirizzo politico, basata sull'analisi di costi e benefici. Infatti, l'AIEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, non fa alcuna raccomandazione ai Paesi che decidono di non usare l'energia atomica o a quelli che decidono di usarla. Se decidono di usarla dice come farlo. Questo è il ruolo della scienza.
  Per un ritorno eventuale all'energia nucleare in Italia, la criticità principale riguarda i tempi per la realizzazione di nuovi reattori. Infatti, tutti i reattori costruiti nell'Unione europea dal 2000 in poi hanno visto dei ritardi spaventosi per il loro completamento. C'è stato in Finlandia e c'è stato in Francia. Ricordiamo che per il reattore di Flamanville, che forse partirà quest'anno, abbiamo un ritardo, per ora, di dodici anni sulla tabella di marcia. L'Italia ricordo che aveva investito ben 630 milioni nella costruzione di questo reattore, soldi che abbiamo potuto recuperare grazie al referendum del 2011.
  Si pensava che, dopo la costruzione dei primi nuovi reattori di tipo EPR, le cose potessero migliorare. In realtà, gli stessi problemi li stiamo vedendo per i reattori Hinkley Point C e D nel Regno Unito, i cui tempi dilatati, ovviamente, portano a dei costi che aumentano enormemente, imprevedibili. Per questi due reattori si stima un Pag. 4costo che adesso si avvicina a 50 miliardi complessivamente, quindi 25 miliardi ciascuno. Qualcuno potrà dire: se ci mettiamo tanti anni, alla fine, però, l'avremo. Questo non succede sempre. Per esempio, nel progetto di Virgil Summer, in Carolina del Sud, i due reattori che si dovevano costruire non saranno costruiti, ma questo dopo aver speso 9 miliardi di dollari, essenzialmente, come potete vedere in questo articolo (vedi allegato 1, slide n. 4), per scavare un buco nel terreno e per riempirlo di nuovo.
  Ho sentito dire che il nucleare abbassa le bollette. Questo è vero, eventualmente, se riusciremo a realizzarlo e quando lo realizzeremo, ma se succede un caso tipo quello di Virgil Summer è chiaro che, poi, il problema diventa notevole.
  Perché ci sono questi ritardi? In realtà, una volta che si sono perse le competenze di tipo tecnico-ingegneristico per costruire i reattori, ad esempio quello che è successo in Francia, diventa molto più difficile ricostruirli. Una rivista autorevole come il Financial Times è molto critica sul piano di rinascita nucleare francese, che prevede l'avvio del primo reattore nel 2037. Secondo il Financial Times, questa è una data molto complessa da raggiungere (vedi allegato 1, slide n. 5). Questo perché, per esempio, per formare un saldatore che può operare nell'ambito di un impianto nucleare abbiamo bisogno dai tre ai quattro anni.
  Oltre al problema dei tempi, c'è anche un problema di tipo politico. L'età dei reattori nel mondo è molto alta, quindi costruire nuovi reattori vuol dire semplicemente rimpiazzare i vecchi (vedi allegato 1, slide n. 6). Chi costruisce reattori al momento sono, essenzialmente, due Paesi: la Cina, ma soprattutto la Russia. Qui avete un articolo della prestigiosa rivista Nature Energy, che è una rivista collegata a Nature, in cui si tratta della diplomazia russa e delle sue implicazioni nell'ambito della sicurezza energetica (vedi allegato 1, slide n. 7).
  In Turchia si sta costruendo una nuova centrale che è stata inaugurata da Putin insieme al presidente Erdogan. Questa centrale sarà finanziata dalla Russia, gestita dalla Russia e utilizzerà combustibile nucleare russo, che non è il semplice uranio, ma è uranio arricchito, con delle infrastrutture che, di fatto, ormai sono solo in Russia. Quindi, avremo una infrastruttura energetica chiave in quella che, di fatto, è una enclave russa all'interno di un Paese NATO. Questo è un aspetto che va considerato (vedi allegato 1, slide n. 8).
  Faccio presente che persino gli Stati Uniti fino a questo momento hanno comprato combustibile nucleare per miliardi dalla Russia. Loro hanno una fortissima dipendenza.
  Infatti, e concludo con l'ultima slide (vedi allegato 1, slide n. 9), prima di discutere di un eventuale ritorno di energia nucleare in Italia, ci sono delle incognite forti che andrebbero affrontate durante questa indagine conoscitiva. La prima riguarda i tempi di realizzazione. Se in Francia ci abbiamo messo diciassette anni, dobbiamo aggiungere cinque anni per il processo autorizzativo. L'Italia deve ancora trovare i siti. Questo porta a una stima realistica, per l'Italia, che va sui vent'anni. Poi ci sono i costi: se i tempi sono imprevedibili, i costi sono imprevedibili. E poi, soprattutto, la situazione geopolitica.
  Vi ringrazio per l'attenzione e resto a vostra disposizione per qualsiasi domanda.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO CAPPELLETTI. Signor presidente, la ringrazio.
  Ringrazio il professor Bella per la sua presentazione. Ammesso e non concesso che sia tutto vero ciò che abbiamo visto, abbiamo una grande spinta da parte di esponenti del Governo per andare nella direzione, invece, di un'apertura nucleare.
  In particolar modo, il Ministro Pichetto Fratin spinge, ad esempio, delineando la possibilità di realizzare non mega-centrali nucleari come quelle che abbiamo visto, ma i cosiddetti «small modular reactors», cioè tante piccole centrali nucleari a livello locale.
  Non viene data una risposta, però, sui tempi, che difficilmente sono compatibili Pag. 5con l'emergenza climatica che ci troviamo ad affrontare. Io arrivo dal Veneto, che anche in questi giorni è sommerso da un problema di alluvioni veramente preoccupante, chiaramente dovuto al riscaldamento globale. C'è bisogno di una risposta oggi. Ieri, se era possibile. Non certo tra alcune decine di anni.
  Non viene data una risposta sul fatto che a livello mondiale c'è una crescita esponenziale della fornitura di energia da parte di fonti sostenibili. Anche in Europa le fonti sostenibili hanno superato l'energia nucleare in termini di approvvigionamento, di produzione di energia.
  Il Ministro Pichetto Fratin non dice nulla su dove mettere i siti per le scorie nucleari, nulla viene detto su chi sono gli investitori che dovrebbero realizzare questi tipi di impianti e neppure come si ottiene l'indipendenza e l'autonomia energetica del nostro Paese, visto e considerato che tra i principali fornitori a livello mondiale di combustibile nucleare c'è la Russia e sappiamo benissimo i problemi geopolitici che questo comporta. Infine, non è affatto detto che sia una soluzione economica per i cittadini e per le aziende.
  Detto tutto questo, stante che questi sono i problemi del nucleare in Italia, ciò che viene affermato è che non ci saranno più scorie, avremo centrali nucleari in pochissimo tempo, avremo un vantaggio economico straordinario con gli small modular reactors, la mia domanda è questa: è una verità oppure in questo momento dovremmo guardare in una direzione opposta, che è quella dell'energia sostenibile?
  Grazie.

  LUCA SQUERI. Signor presidente, la ringrazio.
  Un piccolo contributo al dibattito. Ho sentito tesi abbastanza riconosciute. Ci sarebbe da stare qui più di cinque minuti a parlarne.
  Faccio presente solamente una cosa, rispetto sia a quanto ho sentito dal nostro audito sia a quanto ha detto il collega Cappelletti. I tempi: nel 2050 non finisce il mondo. Il 2050 è un obiettivo da cui deve cominciare un'altra fase per il mondo. Ci volessero dieci anni, quindici, venti o venticinque, l'importante è capire se il contributo nucleare è valido o meno. Ripeto: se ci vogliono quindici o trent'anni non è questo il tema.
  È chiaro, subentrano i temi dei costi, della sostenibilità e quant'altro. Tant'è che, quando vedo che un allarme è che una delle poche centrali in Europa è quella progettata in Turchia da Putin, mi chiedo perché a COP28 il mondo occidentale ha stabilito che al 2050 bisogna triplicare il contributo del nucleare alla produzione energetica nel mondo, perlomeno in quei Paesi nostri alleati che rappresentano in maniera sintetica quello che io definisco «mondo occidentale».
  Sento dire che le rinnovabili sono un'alternativa al nucleare. Addirittura il collega Cappelletti ha parlato di direzione opposta. Le rinnovabili sono funzionali, complementari, armoniche con il nucleare. Questa guerra tra fonti che devono sostituire il fossile non porta a nulla. Anzi, ci allontana dall'obiettivo di sostituire il fossile.
  Ci sarebbero tante altre obiezioni, ma penso che quello che ho detto sia già sufficiente.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per le risposte.

  MARCO BELLA, professore associato di Chimica organica presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Parto dall'onorevole Squeri, dall'ultima domanda posta. Nel 2050 non finisce il mondo. Sicuramente no. Però ricordo che l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha posto degli obiettivi: al 2025 il raggiungimento del picco delle emissioni e al 2030 la riduzione del 40 per cento delle emissioni. Nel nucleare questi obiettivi sono altrettanto importanti rispetto all'obiettivo del 2050. Ripeto, per quanto riguarda l'Italia, entro il 2050 forse potremo costruire uno o due reattori. Questo è un obiettivo realistico per il 2050.
  Consideri che la Cina, che è uno dei Paesi che investe più di tutti nel mondo per il nucleare, in trent'anni è arrivata a una produzione del 5 per cento dell'energia da nucleare. L'IPCC dice molto chiaramente Pag. 6che prima si decarbonizza e meglio è. Certo, può esserci anche il nucleare in questa strategia, ma in Italia la vedo molto difficile.
  Nelle COP20 e 28 il mondo non ha stabilito nulla. È stato un gruppo di Paesi (circa 22) che hanno detto, giustamente: «Vogliamo triplicare la capacità nucleare nel mondo». Globale. Quindi, non in Italia. Tutti gli scenari dell'IPCC ricordo che sono a livello globale, non sono a livello italiano. Invece si parla di triplicare la capacità delle rinnovabili entro il 2030.
  Le rinnovabili sono un'alternativa al nucleare? Le rinnovabili permettono di decarbonizzare molto più velocemente rispetto al nucleare. Faccio sempre l'esempio della Cina. Nel 2022 la produzione da nucleare è aumentata di 10 terawattora. Notevole per la Cina. Sono passati da 407 a 417 terawattora prodotti da nucleare. Nello stesso periodo, la produzione da rinnovabili – produzione, non potenza installata – è aumentata di 200 terawattora. Mi dica lei cosa è più conveniente.
  Noi non abitiamo su un'isola sperduta nel mare. Noi siamo in Europa. Immagino, quindi, un'integrazione della rete europea dove la parte costante può essere fornita dalla Francia e la parte aleatoria, chiamiamola così, dagli altri Paesi europei, che poi non è così aleatoria, perché l'eolico offshore – quello fatto in mezzo al mare – ha un capacity factor che può arrivare al 50 per cento. Stiamo lì. Tutto sommato, io immagino un'integrazione della rete europea. Quella è la strada da fare per un Paese che non ha il nucleare.
  Che cosa può fare la Francia? La Francia, oramai, ha investito tanto nel nucleare. Deve cambiare i suoi impianti nucleari. Ma noi non siamo legati alla strategia francese. È una decisione politica. Come è una decisione politica quella del Ministro Pichetto Fratin, che, essendo il mio Ministro, in questo momento rispetto, al di là di qualsiasi posizione politica. Io sono qui come tecnico. Questo vorrei ribadirlo.
  SMR sta per «small modular reactors». Possono essere una soluzione? Al momento gli small modular reactors non esistono nel mondo. L'unico progetto pilota, avanzato fino a un certo punto, quello di NuScale, quest'estate negli Stati Uniti è stato cancellato perché antieconomico. Il discorso è: visto che devo fare una centrale grande e mi trovo purtroppo nella situazione in cui, per esempio, quella centrale non mi produrrà energia finché non ho sistemato l'ultimo bullone, lo small modular reactor, in teoria, non è una cattiva idea: costruisco dieci reattori e intanto puoi produrre il primo reattore, il secondo reattore, il terzo reattore. È un po' il discorso del campo di pale eoliche. La centrale nucleare se ha un problema si ferma tutta. In un campo di pale eoliche se una pala eolica ha un problema si ferma quella pala, ma tutte le altre nel frattempo producono. Quindi, è un'idea interessante.
  Però, per sostituire 400 reattori che hanno un'età media – come avete visto nella slide (vedi allegato 1, slide n. 6) – di quasi quarant'anni, quanti small modular reactors servono? Secondo l'ufficio dell'energia tedesco decine di migliaia. E non ne abbiamo nemmeno costruito uno.
  Quindi, può essere interessantissimo: non fermiamo la ricerca. Finanziamo la ricerca sul nucleare. Questo è un appello forte che faccio.
  Il nucleare in certe situazioni può essere veramente utile. Non avremmo mai esplorato lo spazio profondo con la sonda Voyager senza un generatore a radioisotopi con dentro plutonio. Ma produrre energia in Italia, che è l'oggetto dell'indagine, secondo la mia opinione, presenta forti criticità. Se queste criticità non vengono risolte, neppure gli small modular reactors ci saranno. Non c'è uno small modular reactor di cui sia stata avviata la costruzione. Questo è il vero problema. «Modular» vuol dire che deve esserci una fabbrica che mi può fare in serie i reattori. Se non c'è la richiesta di poter costruire in serie, non esiste questa soluzione in questo momento. Esistono piccoli reattori.
  Se voi, poi, mi parlate di altre soluzioni, di reattori al sodio o reattori al piombo, queste sono soluzioni proposte dagli anni Cinquanta. Il sottomarino K-64, sovietico, utilizzava un reattore al piombo. Dopo due anni quel reattore ha avuto una perdita e Pag. 7non ha funzionato più. Il reattore di Monju, in Giappone, ha prodotto energia commerciale per la bellezza di non un anno, non un mese, non un giorno: una sola ora. C'è stata una perdita di sodio. Il sodio è un liquido infiammabile. A quelle temperature è stato un grosso problema. Ci sono problemi tecnologici che vanno risolti. Magari si risolveranno e funzionerà tutto bene. Ma, al momento, gli small modular reactors sono ancora un qualcosa a livello di progetto pilota.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio l'ospite intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Marco Bella (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di Fabio Giannetti, professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca l'audizione, presso le Commissioni riunite Ambiente, territorio e lavori pubblici e Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, di Fabio Giannetti, professore associato di impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, nell'ambito dello svolgimento dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
  Do la parola a Fabio Giannetti, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di cinque minuti circa, pregandolo altresì di voler sintetizzare e non dare lettura del documento che sarà eventualmente trasmesso alle Commissioni procedenti, focalizzandosi sull'oggetto dell'indagine come definito dal programma inviato per e-mail.

  FABIO GIANNETTI, professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Signor presidente e onorevoli deputati, vi ringrazio.
  Quelli che oggi vorrei presentarvi sono due aspetti. Il primo riguarda il contributo che l'energia nucleare può dare alla decarbonizzazione, con uno scenario al 2050. Come secondo punto, vorrei farvi notare qual è l'approccio alla sicurezza nucleare, cosa è richiesto e perché sarebbe sicuro anche in Italia.
  Riguardo ai consumi, ho riportato gli studi che presentano il trend del totale dell'energia consumata in Europa (vedi allegato 2, slide n. 1) divisa per fonti e, in particolare, un focus sull'energia elettrica, proprio per rendersi conto della portata epocale di questa sfida che è la decarbonizzazione.
  Noi stiamo parlando della decarbonizzazione del settore elettrico, che, però, è soltanto una minima parte, ad oggi, del totale dell'energia consumata. Noi dovremo tentare, da qui al 2050, di decarbonizzare l'intera amount (quantità) dell'energia prodotta in Europa, non solo quella elettrica. Una delle strategie sarà sicuramente l'incremento della quota parte di energia elettrica. Dovremo preoccuparci, dunque, di raddoppiare o triplicare, molto probabilmente, l'energia elettrica prodotta in Europa.
  Quali sono i nostri strumenti? Gli strumenti a disposizione sono principalmente, ad oggi, ahimè, le fonti fossili. Noi dobbiamo cercare di eliminarle dalla strategia futura. Come possiamo farlo? Le armi a disposizione sono sostanzialmente due: le energie rinnovabili e il nucleare. L'ottimo individuato in ambito internazionale dagli scenari di IEA è proprio andare in uno scenario completamente decarbonizzato, che abbia una grossa quota di rinnovabili e il nucleare sia a supporto anche con altre tecnologie, quali batterie e altri tipi di storage.
  Facciamo un piccolo focus sull'Italia. Noi in Italia, in realtà, non sappiamo – o meglio, voi lo sapete, ma molti non lo sanno – che abbiamo già il nucleare, perché lo usiamo (vedi allegato 2, slide n. 3). Questa voce del bilancio Terna che riguarda il «saldo estero» è, in realtà, una Pag. 8quota molto grande, in cui l'import è 54 terawattora. Il saldo è comunque negativo. Importiamo 51 terawattora principalmente da Francia, Svizzera e Slovenia, che sono nazioni che ci esportano, soprattutto durante la notte, la maggior parte di quota di energia nucleare. Quindi, noi, nel nord Italia, durante la notte usiamo energia proveniente da centrali nucleari.
  Cosa possiamo fare in futuro? Ovviamente, noi vorremmo tenere questo bonus che ci offrono, però in uno scenario futuro il problema è che tutti devono triplicare la quota parte di energia elettrica prodotta. Quindi, sarebbe il caso di cominciare a preoccuparsi di come sostituire, eventualmente, questa quota di import. La tecnologia di ottimo che ci dà la minimizzazione dei costi del sistema è proprio il nucleare, perché importiamo quella fonte di energia. L'ideale sarebbe sostituirla più o meno «uno a uno» con quella e, magari, cercare di fare con le rinnovabili il resto della quota di sistema.
  Riguardo a questi aspetti possiamo vedere gli studi dell'AIEA al 2050, che ci danno una prospettiva di triplicazione nello scenario NZE, che sarebbe zero emissioni di CO2. Questa triplicazione di energia presuppone, a valle degli accordi sottoscritti alla COP28, una triplicazione anche della quota di energia nucleare prodotta (vedi allegato 2, slide n. 4).
  In questo scenario, possiamo usare il nucleare come strumento per la riduzione della CO2 e anche ridurre i costi. Non solo i costi di produzione, ma anche il costo finale dell'energia elettrica, che è quello che a noi interessa di più, il costo che viene pagato in bolletta dall'end user dell'energia elettrica. Questo grazie all'affidabilità e alla produzione continua che ci offre il nucleare, accoppiato in uno scenario ad alta integrazione di rinnovabili (vedi allegato 2, slide n. 5).
  Quindi, contrariamente a quanto ho sentito in precedenza, l'integrazione delle rinnovabili con il nucleare è uno scenario auspicabile per il futuro. Non sono in concorrenza. Sono in piena sinergia, proprio perché il nucleare, non in una quota eccessiva, ma in una quota di base load, che vedremo poi essere quantificato negli studi di scenari, a seconda di quello che si prende a riferimento, tra il 10 e il 30 per cento del totale, può offrire un ottimo strumento di riduzione dei costi, di garanzia di diversificazione e, soprattutto, affidabilità di produzione.
  Il secondo aspetto, molto breve, che vorrei farvi notare è quello sulla sicurezza nucleare. La sicurezza nucleare non è delegata agli Stati, ma a un organo sovrano che è l'AIEA, che tutti i trattati internazionali riconoscono come l'ente che ci permette di controllare in tutte le sedi, con regole comuni, la sicurezza nucleare. Questo avverrebbe anche in Italia. La garanzia della sicurezza nucleare ci è data da questo quadro internazionale sotto l'egida della AIEA, che garantisce una sicurezza nucleare contraddistinta da molti obiettivi, tra cui i principali sono proprio la difesa in profondità, con la previsione dell'applicazione di molte barriere tra noi e la sorgente di radioattività, che è il combustibile, e poi analisi di sicurezza estremamente dettagliate, che prevedono l'utilizzo di molti software di calcolo appositamente sviluppati e validati tramite molti esperimenti. Non togliendo, per ultimo, la preparazione alla risposta all'emergenza, che rimane (vedi allegato 2, slide n. 6). Quindi, una garanzia che, anche in caso di rischi incidentali severi, ci siano molte barriere protettive per le persone e per l'ambiente.
  Vi riporto rapidamente un grafico (vedi allegato 2, slide n. 7), che si chiama «curva di Farmer», che individua la zona di rischio tollerabile di una tecnologia. In questo caso, la tecnologia nucleare è quella che ha, sostanzialmente, una bassa probabilità per le conseguenze. Noi definiamo «probabilità di conseguenze» il rischio. Quella che noi chiamiamo «zona a rischio tollerabile» è quella che ha basse probabilità di accadimento e, soprattutto, basse probabilità per conseguenze.
  La sicurezza nucleare si basa su questa divisione. Per ogni incidente, sostanzialmente, noi andiamo a massimizzare le misure mitigative, che ci permettono di limitare le conseguenze, e le misure preventive e protettive, che ci permettono di ridurre la Pag. 9frequenza di accadimento dell'incidente, garantendo che questa tecnologia sia sicura almeno quanto altre energie. In particolare, sicuramente ha numeri migliori dal punto di vista della sicurezza contro eventi incidentali severi rispetto, ad esempio, all'idroelettrico, che, invece, è ben tollerato, ben diffuso anche in Italia.
  Cosa si consiglia di proseguire per valutare l'utilizzo di questa tecnologia? Dobbiamo inserirci in un contesto internazionale, in cui, una volta inclusa nella strategia energetica nazionale l'opzione nucleare, bisogna seguire un lungo percorso con la AIEA per realizzare diciannove infrastrutture in tre fasi (vedi allegato 2, slide n. 8). Una delle prime azioni da fare sarebbe la creazione di una nuclear energy programme implementing organization, così definita dalla AIEA, che permetta di gestire l'implementazione in tre fasi di tutte queste strutture e, durante la prima fase, proprio uno studio di prefattibilità che preveda la giustificazione del perché si voglia utilizzare la tecnologia nucleare. Questo, a maggior ragione, per giustificare come in ambito internazionale la sicurezza venga prima di tutto.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO CAPPELLETTI. È evidente che non si può che concordare che andiamo verso un aumento del fabbisogno di energia elettrica dovuto chiaramente alla transizione ed è giusto che questa energia elettrica debba essere prodotta con sistemi che siano a bassa emissione o a zero emissione di CO2, quindi rinnovabili e nucleare.
  C'è anche l'efficientamento energetico. Ci tengo a dirlo perché è importantissimo. Se devo investire 50 miliardi di euro su un progetto, per ottenere una determinata produzione di energia, anche avere un metro di confronto è importante: se investo in efficientamento energetico, quanta energia consumo in meno? In qualche maniera vado a compensare quella che non produco.
  Al di là di questo, è interessante quello che lei dice sulla integrazione. L'integrazione è un valore, però mi dà lei la risposta. L'integrazione c'è già, perché già adesso consumiamo energia nucleare in Italia. Se andiamo a investire su fonti sostenibili, comunque abbiamo un sistema integrato. Certo, non a livello nazionale ma a livello europeo. Però, con un sistema integrato riusciamo anche eventualmente ad esportare energia fatta da fonti sostenibili negli altri Paesi, eventualmente in un'ottica integrata.
  Comunque, vado alla domanda. Non ho avuto risposta dalla sua presentazione rispetto ai tempi, perché è vero che il 2050 non è domani mattina, ma è altresì vero che se io investo su un impianto fotovoltaico, ultimato l'impianto, ho la produzione. Dall'investimento all'ottenimento del risultato dell'investimento i tempi sono molto brevi. Se faccio un investimento analogo in una centrale nucleare ho dei tempi che sono, invece, di decine di anni.
  Forse potrebbe darci qualche indicazione sull'indipendenza, perché l'obiettivo è quello dell'abbassamento delle emissioni, ma anche quello dell'autonomia energetica nazionale. Nel momento in cui costruiamo una città nucleare, ma non abbiamo il combustibile che dobbiamo importare dalla Russia ci troviamo magari nella stessa situazione di dipendenza che vorremmo in qualche maniera cercare di ovviare in questo momento.
  Le chiedo se ci può dare un'idea anche sulla gestione delle scorie e soprattutto sul finanziamento. Chi andrebbe a finanziare oggi in Italia questo tipo di progetto?

  EMMA PAVANELLI. La ringrazio per la sua esposizione, sicuramente molto interessante e puntuale.
  Sappiamo bene che ci sono gli enti preposti alla gestione del nucleare già esistenti in Italia, come c'è anche chi dovrebbe occuparsi delle scorie e sappiamo bene che ancora oggi abbiamo un enorme problema, perché ancora non è iniziata, purtroppo, minimamente, la progettazione per il deposito. Eppure, sappiamo che è una cosa assolutamente necessaria.Pag. 10
  Per quanto riguarda i progetti futuri nel nucleare, come abbiamo visto, tra l'altro, presidente, dalla nostra precedente audizione, non sono solo vaghi i tempi, ma anche le progettazioni perché vediamo in giro per il mondo che i progetti magari ci sono, ma poi dopo vengono o dismessi o non ultimati oppure ci sono enormi costi e tempi lunghissimi.
  Ovviamente, si parla di nucleare di nuova generazione. Va bene parlarne, però stiamo parlando di un qualcosa che sappiamo non essere ancora disponibile. Tutti gli esperti che abbiamo potuto ascoltare ci dicono che, prima del 2030-2040 circa, difficilmente sarà commercializzabile.
  Pertanto, va bene studiare e migliorare la tecnologia, lo sviluppo tecnologico e la ricerca, però da qui a decidere oggi che sono impianti che vanno bene, finché non li abbiamo è difficile anche dare un tipo di giudizio come questo.
  Oggi un Paese come il nostro, che sta vivendo tantissimi casi di siccità da nord a sud, che sta vivendo purtroppo tantissime alluvioni, da una parte, ed estremo caldo, da un'altra parte si troverebbe in difficoltà – come abbiamo visto – in Francia negli ultimi anni hanno dovuto chiudere alcuni impianti o li hanno dovuti fermare perché non riuscivano a gestire il caldo mentre, per l'innalzamento, tra l'altro, delle acque in alcune zone, hanno dovuto bloccare tali impianti e fermare la produzione.
  Pertanto, vedendo quello che sta succedendo in Paesi così vicini a noi, mi domando come in Italia, vedendo la conformazione del nostro Paese e vedendo che abbiamo continuamente momenti di crisi non solo climatiche, ma purtroppo anche di natura diversa, come i terremoti, come si possa riuscire a gestire, in un futuro, gli impianti che conosciamo oggi. Non parlo di quelli futuri, perché non ne conosciamo ancora abbastanza e non c'è la commercializzazione di tali impianti. Grazie.

  PATTY L'ABBATE. Rivolgo al nostro ospite una domanda molto veloce e piuttosto scientifica. Lei qui riporta alcune cose sulla valutazione LCA (valutazione del ciclo di vita). Io avrei preferito un discorso di comparazione di LCA fra unità base di tot kilowattora ottenuti con un sistema di cui stiamo parlando oggi, stiamo parlando di questo, con le rinnovabili e altro, perché sappiamo che se facciamo un discorso di comparazione l'LCA potrebbe vacillare.
  Io adesso qui leggo che non ci sono impatti sulla salute umana, eccetera. Non mi trova molto d'accordo, perché dipende poi chiaramente da che cosa viene inserito all'interno e quali voci vengono inserite nelle varie fasi, nei miei processi unitari che vengono utilizzati.
  A mio avviso, dalla letteratura scientifica, ma nemmeno se parliamo di letteratura scientifica, anche così, in modo molto evidente, è ovvio che dobbiamo costruire dal nuovo un qualcosa, una serie di centrali, una serie di materie prime e sappiamo che la LCA va dall'estrazione delle materie prime ai trasporti, CO2 che va in atmosfera, eccetera. Si consuma elettricità per costruire qualche cosa di nuovo.
  A parte questo, arriviamo all'uso, arriviamo al fine vita. Suppongo che anche lì c'è lo smantellamento della centrale in sé.
  Ritengo che questo, se viene fatta una comparazione, ci porta a capire proprio scientificamente la questione. Non sto dicendo «no» a questa tecnologia, valutiamo. Valutiamo quello che più ci conviene, perché questa è l'Italia. La coperta è corta e dobbiamo anche inserire investimenti in qualche cosa che ci frutti il più possibile energia non solo a basso impatto, ma anche che costi poco anche ai cittadini come bolletta un domani, che costi poco sotto tutti i punti di vista.
  Quindi, oltre all'LCA io farei anche una valutazione dei costi. Se facciamo questa valutazione, è probabile che ci convenga continuare con le rinnovabili, continuare anche con l'idrogeno, che non abbiamo nominato, ma che comunque sappiamo che quello è un vettore (carrier). Però, anche quello ci potrebbe essere utile.
  Potremmo creare una filiera dell'idrogeno, che in Italia un pochino abbiamo. È un po' in difficoltà perché non viene molto ascoltata. Sarebbe importante che anche in Italia, per non restare indietro rispetto agli altri Stati, ci fosse una filiera dell'idrogeno che funzioni.Pag. 11
  Tutto è utile. Non restiamo indietro sugli studi, sulla ricerca, perché assolutamente l'Italia non deve restare indietro rispetto agli altri Stati, ma realmente, se portiamo, carte alla mano e dati scientifici, probabilmente, per come è strutturata l'Italia, che è una penisola, per come siamo fatti, per come è anche la parte principale, settore economico trainante dell'Italia, l'Italia è anche molto presa fortunatamente di mira come un Paese turistico.
  Attenzione a valutare, a livello sistemico, tutto quello che abbiamo, perché quello che dobbiamo fare deve portare sollievo e supporto alle imprese italiane, e qui siamo nella Commissione adatta, anche se io sono della Commissioni Ambiente. Non dobbiamo danneggiare la resilienza del territorio, non dobbiamo danneggiare i cittadini un domani, perché purtroppo i rischi e i danni successivi dobbiamo anche quelli metterli in conto se vogliamo creare uno scenario futuro.
  Per questo noi a volte diciamo questo «no». Non è un «no» perché ci siamo alzati la mattina e abbiamo deciso che è così. È un «no» valutando «anche» la letteratura scientifica, ma valutando anche quello che gli altri Stati, ahimè, stanno facendo, perché magari, se tornassero indietro, alcune cose non le farebbero più. Però, ce le hanno e adesso le devono gestire. Credo che ci siamo capiti.
  Grazie.

  BEATRIZ COLOMBO. Sarò velocissima per lasciare tempo alle risposte.
  Secondo me, molte di queste obiezioni hanno due pesi e due misure. Innanzitutto, onorevole Cappelletti, se parliamo di autonomia energetica nazionale non vedo come si possa dire che tanto l'Italia si rifornisce dalla Francia e quindi già utilizziamo il nucleare. È un discorso che non sta in piedi se vogliamo parlare di autonomia energetica nazionale. Per quello che riguarda, invece, il discorso della dismissione, anche lì ho qualche obiezione da fare, anche perché, per quello che riguarda anche il fotovoltaico e l'eolico, nella dismissione anche di queste centrali il fotovoltaico e l'eolico...

  PRESIDENTE. Ricordo che l'interlocuzione è con l'audito, non con gli altri membri della Commissione.

  BEATRIZ COLOMBO. Capisco signor presidente.
  Ringrazio il dottor Giannetti per il suo intervento che ho trovato molto mirato. Apprezzo il fatto che consiglia l'inserimento del nucleare a braccetto con le altre tecnologie per l'energia.
  Grazie.

  MARCO SIMIANI. Ho letto anche altre cose che il nostro ospite ha scritto. Anche in altri contesti ho seguito le vostre esperienze e anche i vostri pensieri.
  Sappiamo benissimo che esiste un carico di base che noi dobbiamo abbattere: i 23-24 gigawatt circa, che è tutto legato alla produzione delle fonti fossili.
  Per fare questo, dobbiamo metterci lì e capire come poter fare. Sicuramente le opportunità sono molte e lei giustamente propone anche quella del nucleare.
  Ho letto di alcune centrali che stanno nascendo in Inghilterra, ma anche nel nord Europa, che hanno raggiunto costi molto elevati, dai 15 ai 18 miliardi addirittura per una centrale che ha una produzione abbastanza importante.
  Lei sa quanto produce una centrale nucleare all'incirca? Quante ce ne vorrebbero per abbattere quel carico di base che lei conosce bene?
  Sappiamo benissimo i tempi che ci vogliono per costruire queste centrali, che variano dai dieci ai quindici anni, da quello che emerge oggi. Poi, qualcuno dice da sette a dieci. Vedendo le esperienze in giro per il mondo, sappiamo benissimo che i tempi sono diversi.
  Sappiamo benissimo, inoltre, che oggi, tra le difficoltà che abbiamo nel nostro territorio c'è quella di definire la pianificazione delle possibili centrali in giro per l'Italia. Credo che questo rappresenti un problema.
  In base a queste riflessioni, come pensate di poter pianificare, tener conto delle economie e, soprattutto, arrivare poi ad abbattere quel carico di base di cui c'è Pag. 12bisogno per poter raggiungere gli obiettivi al 2030 e al 2050? Secondo me i tempi non tornano e le economie non tornano, sicuramente anche sulla questione delle risorse visto che lo Stato in questo avrebbe qualche problema.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  FABIO GIANNETTI, professore associato di Impianti nucleari presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Avendo solo cinque minuti darà risposte brevi.
  Riguardo ai tempi, innanzitutto c'è da notare che in Italia non abbiamo il framework normativo, quindi bisogna iniziare da subito da quell'aspetto.
  Riguardo quell'aspetto, le tempistiche indicate dalla AIEA danno un framework di dieci-quindici anni per arrivare al completamento di questo. L'Italia, in realtà, non parte da zero. Abbiamo competenze nucleari molto forti in accademia, in enti di ricerca, ma anche a livello industriale e a livello di utilities. Una delle poche utilities per costruire impianti nucleari in Europa è italiana.
  Riguardo ai tempi, voi avete fatto degli esempi negativi, ma ne esistono altrettanti positivi in giro per il mondo, in cui sono riusciti a mantenere i tempi, partendo da zero e non dalla situazione italiana in cui qualcosa c'è, ma non c'è sicuramente tutto il framework. Ci sono voluti sette anni per arrivare alla prima centrale.
  Io vi ribalto il problema. Dobbiamo decarbonizzare tutto. Avete idea di quanto tempo ci voglia con le sole rinnovabili? Perché i tempi di autorizzazione delle centrali di grande taglia delle rinnovabili hanno problemi simili a quelli di un impianto nucleare, con la differenza che di impianti ce ne servono una miriade.
  Il problema non è guardare il singolo. Come al solito, dobbiamo guardare all'intero sistema. Se vogliamo raggiungere la decarbonizzazione al 2050, dobbiamo usare tutte le armi a nostra disposizione.
  Riguardo ai costi del nucleare, se pensiamo a uno scenario del passato in cui c'erano le fonti fossili, il nucleare rispetto al fossile costa tanto. Se vediamo, invece, uno scenario ad alta penetrazione di rinnovabili e prendiamo la California, prendiamo la Germania in alcuni punti, l'energia elettrica costa molto di più in quegli scenari. Non dobbiamo considerare il costo di produzione dell'energia, ma il costo all'utente finale. Costando molto di più, il nucleare diventa paradossalmente conveniente, tant'è vero che le tariffe folli del passato, come Hinkley Point o altri siti inglesi di 70 euro al megawattora, adesso sarebbero pienamente concorrenziali.
  Riguardo al deposito, è un problema solo in Italia. Sono d'accordo che è un problema, ma esistono tecniche ampiamente consolidate, da un punto di vista scientifico, in cui non c'è assolutamente problema. Esiste, poi, volendo aspettare la quarta generazione, la possibilità di «riciclare» queste scorie. Sono, quindi, un problema assai limitato.
  Le energie rinnovabili hanno lo stesso problema. Si tratta di altre tipologie di rifiuto, che concorrono tutte in un'ottica comparativa all'LCA.
  Se facciamo questo discorso comparativo dell'LCA, e vengo ad un altro punto, riguardo all'LCA abbiamo la possibilità di comparare tutte le tecnologie. Trattandosi di un'audizione sul nucleare ho parlato soltanto dell'LCA nucleare, ma ovviamente il valore assoluto non ha molto peso. Conta in ottica comparativa.
  UNECE (Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite), che è il riferimento delle Nazioni Unite, l'organo per l'Europa più attendibile riguardo l'LCA, classifica il nucleare con un contributo che va tra il 5 e il 6, che è il più basso in assoluto. Quindi, a livello di impatto totale, considerando tutto il ciclo di vita, il nucleare, stando ad articoli scientifici e cifre che vengono da istituti internazionali, ha un LCA minore rispetto addirittura ad alcune rinnovabili. Comunque, è dello stesso ordine di grandezza, quindi chiaramente questo ha portato l'Europa a definire il nucleare compliance con il principio «do no significant harm». Quindi, chiaramente, il nucleare è considerato sostenibile.Pag. 13
  Riguardo alla nuova generazione al 2035, questo è un target possibile, perché noi abbiamo tante nuove generazioni che vengono, forse in modo non corretto, nominate. In realtà, la generazione di reattori attualmente disponibile, che è la III o la III+, è in commercio. Gli small modular reactor sono una piccola evoluzione di quel filone e saranno disponibili a quella data, al 2035. Quando si parla di IV generation probabilmente l'orizzonte temporale è un po' più lungo.
  Noi abbiamo tante tipologie di reattori. A livello italiano ci stiamo indirizzando solo su alcuni. Sicuramente quelli più pronti li stiamo escludendo. Però, al 2035 sicuramente avremo la possibilità di avere quell'orizzonte, quindi in tempo per il 2050 sicuramente ci saranno molte tecnologie. Poi sarà probabilmente il mercato oppure fasi successive a indirizzare quale sia la più adatta.
  Riguardo ai cambiamenti climatici, invece, c'è da notare un fatto semplice. L'Italia non ha siti fluviali disponibili per le centrali idroelettriche. Qualcuno si libererà probabilmente e ci sarà la dismissione di impianti termoelettrici, ma la posizione migliore può essere uno o due siti fluviali, magari sul Po. Tutti gli altri dovrebbero essere siti marini. Avendo la disponibilità del mare, ovviamente, il problema dei cambiamenti climatici è ancora presente, ma molto più limitato. Sicuramente non diventa stagionale, ma diventa sul lunghissimo termine in cui il Mar Mediterraneo potrebbe avere un incremento di temperatura, ma stiamo parlando di centinaia di anni.
  A livello di terremoti, stessa cosa, l'Italia nei siti marini è debolmente o non sismica nella maggior parte dei siti considerati. Non possiamo mettere di certo una centrale nucleare sul Vesuvio o una centrale nucleare ai Campi Flegrei. Questo è ovviamente escluso dall'approccio alla sicurezza nucleare, che vieta tassativamente alcune ipotesi fantasiose. Di siti ce ne sarebbero di possibili, sarebbero sufficienti ad installare la capacità necessaria che se fossero grandi unità potrebbero essere nell'ordine della decina o poco più, se ci riferiamo al base load.
  Se ci riferiamo ai piccoli reattori e consideriamo un reattore medio da 340 megawatt ce ne vogliono circa il triplo. Questo è il numero. Ovviamente, fino a quel numero, perché non è detto che bisogna arrivare completamente al base load. Proprio in un'ottica di decarbonizzazione che vede tutti gli aspetti, si potrebbero sfruttare i pompaggi che già abbiamo, inserire una piccola percentuale di batterie che già abbiamo e questo porterebbe a limitare i 20 gigawatt necessari a qualcosa di meno, limitando qualche sito. Penso di aver risposto a tutti.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio l'ospite intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Fabio Giannetti (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.

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