Sulla pubblicità dei lavori:
Mollicone Federico , Presidente ... 2
Audizione del Ministro della cultura, Alessandro Giuli, sulle linee programmatiche del suo dicastero
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati)
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Mollicone Federico , Presidente ... 2
Giuli Alessandro , Ministro della cultura ... 2
Mollicone Federico , Presidente ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FEDERICO MOLLICONE
La seduta comincia alle 11.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che con la redazione del resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro della cultura, Alessandro Giuli, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della cultura, Alessandro Giuli, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Ricordo che i deputati possono partecipare all'audizione in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Ringrazio il Ministro Giuli per aver accolto l'invito a riferire sulle linee programmatiche del suo dicastero, offrendo così l'occasione per un primo confronto politico con le Commissioni permanenti.
Prima di cedere la parola al Ministro, sono lieto di salutare il presidente della Commissione cultura del Senato, senatore Roberto Marti, e tutti i colleghi e senatori oggi presenti. Saluto il Sottosegretario Gianmarco Mazzi.
D'intesa con il presidente Marti abbiamo convenuto, a causa dei tempi ristretti a nostra disposizione, per consentire l'opportuno approfondimento ai componenti delle Commissioni, di procedere oggi alla sola esposizione delle linee programmatiche, rinviando alla prossima settimana gli interventi dei gruppi e la replica del Ministro.
Do pertanto la parola al Ministro Giuli.
ALESSANDRO GIULI, Ministro della cultura. Ringrazio voi tutti, a cominciare dai presidenti delle Commissioni. Mi scuso preventivamente se vi infliggerò per qualche decina di minuti una sgraziata voce nasale. Mi prenderò la libertà di inserire qualche considerazione a braccio all'interno del testo altrimenti ben confezionato e protocollare, su cui ovviamente poi avrete modo di ragionare scendendo un po' più in profondità.
Esordisco dicendo che a un mese dall'insediamento al Ministero della cultura è un onore, di cui vi ringrazio, poter già delineare quelle che saranno le linee programmatiche del Ministero della cultura, considerando il fatto che saranno linee non concordate con il consesso delle due Commissioni che ho di fronte, ma sono delle linee programmatiche che vengono sottoposte alle Commissioni.
Vi dico fin da subito che, per quanto mi riguarda, le linee programmatiche di qualsiasi Ministro della cultura dovrebbero sostanzialmente corrispondere a una variazione sul tema dell'articolo 9 della Costituzione, che è un saldo punto di riferimento e di ancoraggio, oltretutto nella sua ultima formulazione. Le linee programmatiche sono l'articolazione aderente alla realtà e alle necessità del presente di quelle che sono le missioni fondamentali di chi ha giurato sulla Repubblica, una Repubblica che appunto promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio artistico Pag. 3della nazione, ma anche l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, e aggiungo, nell'interesse delle future generazioni.
Comincio a leggere una parte un po' più teoretica: la conoscenza è il proprio tempo appreso col pensiero. Chi si appresta a immaginare un orientamento per l'azione culturale nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni, che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso.
Il presidente Mollicone ricorderà che da presidente del MAXXI sono stato chiamato in audizione presso la Commissione cultura. Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante, un'ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell'infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare: l'entusiasmo passivo che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione e, per converso, l'apocalittismo difensivo che rimpiange l'immagine del mondo trascorsa, impugnando un'ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro, intesi come una minaccia.
Siamo dunque precipitati nell'epoca delle passioni tristi? No. Fare cultura è pensare sempre da capo, riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell'uomo, ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del Rinascimento ha reso universale. Non l'algoritmo, ma l'umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un'illusione ottica pensare a una distinzione di categorie o peggio a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche, come in una disputa tra un fronte culturale e progressista e uno conservatore: si tratta di una dialettica errata. Si tratta di pensare a Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi insieme con Leonardo Da Vinci, Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi. Al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita, che costruisce lo specifico della cultura, farne un'idea forza, un principio di impresa e di azione.
C'è una definizione di cultura di Adriano Olivetti, laureato in chimica farmaceutica, che esprime in modo esemplare quanto si sta cercando qui di dire, una definizione che testimonia un'esigenza spirituale insopprimibile anche nel tempo dell'intelligenza artificiale e dell'algoritmo: la cultura – dice Olivetti – è ricerca disinteressata di verità e bellezza. È una definizione che va lasciata risuonare, meditandone la profonda implicazione, cogliendo le forze che evoca ogni parola: ricerca, verità, bellezza. Non sono semplici termini, sono immagini potenti, idee forza appunto, che vanno lasciate agire. Adriano Olivetti è stato un imprenditore, un intellettuale e un politico che non ha solo segnato la particolarissima stagione della storia italiana, ma che con la sua iniziativa ha piantato un fecondissimo seme di futuro nell'anima europea e italiana. Nella visione di Olivetti lavoro, scienza e cultura sono i termini di un processo di sviluppo organico diffuso nelle comunità concrete di territorio capace di mettere in connessione vitale le aziende, i servizi, la cultura, in una gestione della conoscenza come bene accessibile comune.
Ivrea, per tornare alla sfida dell'ipermodernità e della quarta rivoluzione scientifica e industriale, è il luogo dove è stato concepito il primo computer a transistor commerciale prodotto in Italia, uno dei primi completamente transistorizzati del mondo, ma al tempo stesso è uno spazio politico e culturale dove si è sperimentata e attuata la bellezza nelle fabbriche, il cinema, i libri per gli operai, gli scrittori nel management aziendale, l'architettura della luce, l'idea di socializzare senza statizzare o sovietizzare, pratiche concrete di cultura integrata che dall'azienda Olivetti si riversavano nella comunità. Una concezione della dimensione culturale che diventa assolutamente centrale nei temi del lavoro, dell'innovazione e del rapporto tra ricerca della Pag. 4bellezza, dello sviluppo delle comunità, dei territori. Un modello che Olivetti tentò di esportare fuori dai propri confini, fuori dal canavese, con l'insediamento produttivo di Pozzuoli a partire dal 1951, quando Olivetti dà a Luigi Cosenza l'incarico di realizzare uno stabilimento Olivetti affacciato sul Golfo di Napoli, e a Matera, con l'esperimento dei borghi rurali. Due fuochi culturali accesi nel Meridione.
Olivetti, insomma, ha indicato un metodo consistente nel creare processi virtuosi di decentramento, lasciando emergere le risorse comunitarie dei territori. Più in generale, ha additato un'idea di cultura integrata, positiva, moderna, senza essere ideologicamente progressista, conservatrice, senza essere reazionaria, ma una cultura organica, che crede nell'uomo, nella sua possibilità di elevazione e riscatto (questa bella frase non è mia, ma di Olivetti).
La cultura intesa come sistema, stare insieme (synistemi), come modo di connettere nell'orizzonte di senso compiuto uomo, natura e sviluppo sostenibile. Viene alla mente un altro grande maestro della cultura italiana, Paolo Portoghesi, recentemente scomparso, pioniere dell'architettura bioclimatica ed ecocompatibile, quella geoarchitettura che egli stesso definiva un'architettura umanistica, capace di imparare dalla natura e dalla storia, mirata all'innovazione ma nella tutela degli equilibri della natura e della tradizione.
Qui mi piace ricordare una lettera che ho ricevuto da Portoghesi nel momento in cui mi sono insediato alla presidenza del MAXXI. Era la fine del 2022. Portoghesi scrisse una specie di legato ideale nei confronti non miei personali ma della funzione che andavo a ricoprire, cercando di ricordare agli operatori della cultura, della politica, dell'impresa quanto sia importante connettere centro e periferia nel mondo della cultura intesa come bene e nella sua funzione sociale superiore. L'idea di Portoghesi delle città multicentriche, l'idea di filosofia del paesaggio, in cui il genius loci, che non è nulla di impositivo o di sciovinista, è semplicemente l'anima, la Stimmung, come diceva lui riprendendo una formula di Norberg-Schulz, un suo grande amico architetto scandinavo, cioè quello stato d'animo che nasce dal rapporto tra persone e paesaggio che è fondamentalmente il cuore di ogni tipo di architettura del pensiero e che esula dal contesto semplicemente specialistico. Chi fa cultura deve sapere che l'«orrenda quantità delle periferie», come la definiva Portoghesi, deve trovare una connessione con una concezione in sideris forma, diceva lui, con una concezione multicentrica e stellare di tutto ciò che è stata la grande storia dell'architettura italiana. Quindi, interessarsi delle periferie senza più considerarle tali, prima che le periferie si riversino con tutte le loro difficoltà e contraddizioni dentro quello che a volte con troppa superficialità chiamiamo centro storico o ZTL, è un elemento fondamentale nelle linee programmatiche di chi abbia a cuore la cultura come servizio pubblico.
È da queste linee di fondo – l'universalità della civiltà italiana, il diritto d'accesso al sistema della produzione e della fruibilità dei beni culturali, la necessità di un sistema integrato tra centro e periferia, di collaborazione tra enti regionali e locali, tra pubblico e privato – che sono definite le linee programmatiche del Ministero, in continuità con il lavoro fatto negli ultimi anni, naturalmente.
Un Ministero che custodisce e promuove il patrimonio culturale più considerevole e importante del mondo. I risultati di questo impegno sono stati finora molto incoraggianti per quanto riguarda la sua fruizione e valorizzazione. Nei primi due anni di questo Governo i luoghi della cultura statali hanno ottenuto il doppio record di visitatori e incassi. Il numero assoluto di visitatori ha raggiunto nel 2023 quota 57.730.502, dato mai registrato prima. Il 2023 rappresenta un record anche per gli incassi, che raggiungono la cifra di 313,9 milioni di euro, con un incremento di quasi il 34 per cento rispetto al 2022 (+ 79,3 milioni di euro). L'introduzione del biglietto per l'ingresso al Pantheon ha portato a un introito per le casse pubbliche di circa 12 milioni di euro in un anno, senza mortificare il flusso di visitatori, e di fatto Pag. 5creando un fondo a favore del nostro patrimonio culturale.
Mi permetto di richiamare la vostra attenzione sulla necessità di superare la dialettica tra gratuità e profitto. È stata oggetto di critiche, ovviamente, come è sempre oggetto di critica la decisione di introdurre dei costi per i visitatori di musei o di luoghi che sono molto più che musei, come il Pantheon, o addirittura di alzare il costo del biglietto di ingresso per altri luoghi della cultura. Il punto centrale è che in un sistema in cui la gratuità assoluta, al di là della possibilità che finisca per deprezzare la qualità dell'offerta, è comunque impossibile da un punto di vista oggettivo, perché i soldi dei contribuenti sono sacri e la gratuità comunque genererebbe delle voragini nei conti del Ministero, l'obiettivo non può essere quello di mirare al profitto per il profitto. Il punto vero è identificare un sistema di redistribuzione sociale degli utili, laddove si decide di creare dei costi d'ingresso. Su questo vi assicuro che lavoreremo, a cominciare dal Pantheon e dalla destinazione dei soldi (che non sono pochi, come ho appena detto) ricavati dall'introduzione del biglietto. Bisogna concepire il ricavo della cultura come qualcosa che viene sì redistribuita, ma con una destinazione identificata a monte, quasi fosse una tassa di scopo.
Parliamo di numeri e cifre, ma valorizzare anche la potenzialità economica del nostro patrimonio culturale non deve essere un tabù. Deve diventare un compito strategico fondamentale, compito che, nello specifico, si delinea su due vettori principali: in primo luogo, potenziare la tutela e la fruizione dei luoghi culturali e dei siti minori, che seppure altrettanto importanti sono meno capaci di attrarre risorse; in secondo luogo, utilizzare i maggiori incassi per investire in progetti socioculturali, rispondendo alla vocazione più alta della cultura, che è quella di mettere "a servizio" la bellezza alla conoscenza di ogni forma di disagio e di marginalizzazione facendosene carico, prendendosene cura. Perciò punteremo sulla rigenerazione culturale delle periferie italiane, premiando chi incoraggia l'accesso al sapere, l'accesso ai saperi, sostenendo le biblioteche, che sono avamposti di democrazia, di formazione e di socialità nei quartieri e nelle aree urbane.
Questa è una prima risposta al mondo dell'editoria, che è un mondo di chi stampa libri e di chi legge libri. Il tentativo di accorciare le distanze, di superare gli equivoci e le diffidenze sta principalmente nel garantire l'accesso alla lettura, nell'incoraggiare l'accesso alla lettura, laddove condizioni geografiche o socio-economiche lo rendano complicato. Rimuovere ogni forma di barriera sociale e architettonica nei confronti dell'accesso alla lettura, attraverso le biblioteche, è a mio avviso uno dei principali requisiti di un'azione che ovviamente mira a riqualificare l'editoria e a sostenere l'intero comparto.
Si tratta di incoraggiare soprattutto nei più giovani il gusto e il piacere della lettura, aiutando così l'editoria, ma appunto partendo dal sostegno a chi rende possibile il contatto con il pubblico dei lettori: le biblioteche, le librerie, comprese quelle storiche che sono un patrimonio nazionale da salvaguardare.
L'attitudine che ci guida è di nuovo olivettiana: muovere dalla comunità concreta, favorendo la riarticolazione del tessuto sociale e umano soprattutto laddove risulta sfilacciato dai processi dell'atomizzazione sociale, del degrado urbano e dal fenomeno dello spopolamento che affligge migliaia di paesi e borghi italiani.
Penso a molte delle realtà della dorsale appenninica, e non solo, dove pure esiste un'inestimabile ricchezza artistica e culturale diffusa. Qui vedo il commissario Guido Castelli, con il quale ci siamo posti, in tempi remoti ormai, il problema di considerare dal punto di vista della cultura le criticità dell'area del cratere, di quella meravigliosa civiltà appenninica che comprende quattro regioni italiane, su cui hanno impattato in modo devastante i terremoti degli ultimi anni e degli ultimi decenni.
Allora, un'offerta culturale in quel mondo deve combinarsi con un osservatorio sullo spopolamento delle aree appenniniche, dei paesi, che precedeva largamente anche lo sfregio dei terremoti. Lì si tratta di ragionare in termini di riconnessione di città e Pag. 6paesi, di prendere le misure di un'offerta culturale che non può essere ridotta semplicemente alla riqualificazione e alla rigenerazione di palazzi e di quartieri. Ci si deve porre il problema di riconnettere tutto un tessuto socioeconomico attraverso quanto c'è di attrattivo nelle aree metropolitane che possa ricreare, in modo diffuso, lavoro e interesse nei borghi che vanno spopolandosi. Su questo partiamo un po' attrezzati perché già ci eravamo posti il problema in una feconda collaborazione culturale e non soltanto con il commissario Castelli.
L'Italia possiede un patrimonio storico, monumentale e paesaggistico sostanziato da migliaia tra siti, musei, gallerie, pinacoteche, chiese, parchi archeologici, complessi monumentali, dimore e giardini storici che si configura in modo capillare. Occorre capitalizzare questa capillarità, risvegliando ogni specifica realtà fin nel suo genius loci, valorizzando la sua originalità, risvegliandone l'immenso sopito potenziale, in un processo di riconnessione che immagini aree e percorsi culturali integrati, che siano fattori di sviluppo culturale, turistico e sociale.
Tra i primi provvedimenti del Governo c'è stata l'estensione dell'accesso gratuito ai luoghi della cultura nelle ricorrenze festive del 25 aprile, del 2 giugno e del 4 novembre, per associare alle celebrazioni un'occasione di conoscenza e di condivisione del patrimonio culturale, scelta determinante di identità e di coesione che comprende tutti. L'iniziativa ha riscosso un tale successo da diventare permanente e il nostro Governo darà seguito alla sua agenda di iniziative e interventi che renderanno questo patrimonio sempre più accessibile e fruibile, diversificato e plurale. Un patrimonio fatto di luoghi di cultura e itinerari capaci di valorizzare il territorio, di rendere connesso ciò che è isolato, di irradiarsi dal centro alle periferie e anzi di trasformare le periferie in centri pulsanti di cultura, imprese e servizi. È una ripetizione, ma forse è più una sottolineatura di quanto vi ho detto prima a braccio.
Il Governo ha dato, con il modello Caivano, un buon esempio di cosa può fare lo Stato. A partire dal sud Italia, intendiamo intervenire con un'imponente opera di rigenerazione culturale nelle grandi periferie. Il nostro obiettivo è di ampliare il più possibile al sud, al centro e al nord Italia gli spazi culturali. In questi luoghi – e questo vale ovviamente anche per i musei già esistenti – potremmo ad esempio, pensare a misure che consentano di destinare alcuni spazi di altrettanti musei e siti culturali per offrire servizi di welfare, in particolare per l'infanzia. Ci piace l'idea di bambini che possano crescere e vivere nella cultura sin da piccoli, aiutando le lavoratrici madri e i lavoratori padri che operano in quei contesti e al contempo consentendo la possibilità ai bambini – e non solo ai figli dei dipendenti, naturalmente – di avere esperienze didattiche già connotate fin da fanciulli.
In quest'ottica di riconnessione e di riaccensione delle anime dei luoghi è fondamentale il progetto Itinerari Culturali. Villa Verdi, ad esempio, che il mio predecessore si è impegnato a far diventare bene pubblico, sarà un paradigma di questa nostra interpretazione. Daremo forma a itinerari verdiani che collegheranno i luoghi e le memorie di un gigante del popolo italiano. Di itinerari abbiamo intenzione di crearne per ogni grande area italiana, al nord, centro e sud, isole comprese naturalmente: da quello dedicato alle popolazioni originarie del settentrione agli Etruschi, alla Magna Grecia, chiamando a collaborare a questa iniziativa coordinata dal centro, ma che avrà il suo protagonismo nei territori, gli enti locali, le università e, naturalmente, i privati.
Nel 2024 l'Italia è diventata la prima nazione ad avere 60 siti iscritti nella lista del patrimonio mondiale, confermando la leadership mondiale davanti alla Cina. Il Comitato UNESCO ha infatti decretato la Via Appia Regina Viarum Patrimonio dell'Umanità e itinerario simbolo della biodiversità culturale italiana e della sua capacità di collegare, unire e integrare. Altrettanto significativa è stata l'iscrizione dell'arte del canto lirico italiano come patrimonio immateriale dell'umanità UNESCO.Pag. 7
Non c'è dubbio che i riconoscimenti UNESCO rappresentino un prezioso indicatore della leadership culturale italiana nel mondo, ma devono essere considerati anche e soprattutto come preziosi strumenti di coesione sociale, civile ed economica dei nostri territori.
L'Italia ha recentemente ospitato il G7, – è stato il mio debutto istituzionale. – Gli incontri sulla cultura sono stati allargati anche a Brasile, Grecia, India, Unione Africana, UNESCO e ICCROM. Si tratta di un risultato reso possibile da un prezioso lavoro di diplomazia culturale che deve diventare centrale e strategico anche dal punto di vista della politica internazionale che sappia svolgere il proprio ruolo di mediazione, strumento di dialogo e di pace in un mondo percorso da guerre sempre più diffuse.
Detenere il primato dei siti iscritti nella lista del patrimonio UNESCO non significa soltanto potersene vantare, significa mettere al servizio di luoghi meno noti, meno ricchi, meno avvantaggiati – come avviene spesso nell'area mediterranea e africana in particolare – delle capacità di valorizzazione che possano indurre e confortare le strategie culturali dei Paesi meno valorizzati. È un modello esportabile come sistema di dialogo, di confronto, di incentivo affinché i Paesi dotati di siti riconosciuti dall'UNESCO siano in crescita, piuttosto che in una condizione di abbandono, come in molti casi avviene in Africa.
Il 2025 ci vedrà al lavoro su grandi mostre che andranno all'estero, mentre saremo impegnati nella semplificazione dei meccanismi autorizzativi per i prestiti internazionali e per l'utilizzo dell'enorme patrimonio che è custodito nei grandi depositi di opere d'arte. In questa strategia di proiezione sarà centrale il Piano Mattei per l'Africa, dove si identifica nella cultura uno dei settori principali di intervento. L'italia può mettere a disposizione dei Governi africani le sue straordinarie competenze tecniche per la valorizzazione del patrimonio culturale africano, in un'ottica di sviluppo e di crescita. Continueremo dunque a investire sulla Biennale di Venezia, naturalmente, e sul sud Italia come ponte per il Nordafrica, come strumento di creazione di corridoi culturali in tutto il Mediterraneo, nella più ampia strategia del Piano Mattei.
Taranto, con la cosiddetta «Biennale del Mediterraneo», che non avrà forse più questa denominazione ma sarà qualcosa di più importante ancora, insieme con Messina, dove già il MAXXI Med sta piantando le proprie radici in un dialogo fecondo già strutturato con gli enti locali, saranno il fulcro di iniziative che, irradiandosi in tutto il Mezzogiorno, esalteranno i profondi legami interculturali e interreligiosi, economici e commerciali con gli altri Paesi e le altre regioni dell'area mediterranea, oltre a consentire il potenziamento e la promozione della ricerca, sostenendo i talenti nel campo dell'arte, dell'architettura e della fotografia. Sulla fotografia sarà necessaria una particolare sottolineatura, perché il Ministero si appresta a fare un grande lavoro: un piano nazionale della fotografia che vedrà nel Fo.Co. un centro cardinale di valorizzazione, sostenendo i talenti. Su questo cammino sfrutteremo le buone pratiche già avviate con altre realtà, non stiamo scoprendo nulla che già non fosse in essere, ovviamente.
L'impegno all'estero sarà centrale, indirizzato in collaborazione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale verso vari settori. Tra gli altri, è doveroso ricordare quello che stiamo facendo per il patrimonio culturale ucraino. Non permetteremo – l'abbiamo promesso e lo stiamo dimostrando con i fatti – che l'arte, l'architettura e i tanti segni della cultura di un grande popolo europeo come quello ucraino vengano distrutti dalla guerra.
Mostre, musei, esposizioni di opere d'arte in luoghi inusuali all'estero saranno più in generale promosse in crescendo dal nostro Ministero. Ci impegneremo maggiormente a difendere l'arte dai pericoli del nostro tempo. La sicurezza del patrimonio colpito ad esempio dai cambiamenti climatici sarà al centro del nostro lavoro, così come è stata al centro di tanta parte del dialogo del recente G7. Servono consiglieri per la sicurezza. L'Italia non ha avuto, dai tempi di Palma Bucarelli, di Argan, di altre straordinariePag. 8 figure, neanche un piano per la messa in sicurezza delle opere d'arte in caso di tragici eventi imprevisti, naturalmente di carattere bellico oltre che di aggressioni da parte di eventi atmosferici calamitosi.
Continueremo a sostenere l'eccellente lavoro dei Carabinieri del Comando tutela del patrimonio culturale. I Carabinieri del TPC stanno facendo scuola nel mondo e sono un modello a cui si ispirano diversi Stati. Tra le operazioni più importanti dell'ultimo anno c'è quella che ha permesso il recupero di 750 reperti archeologici rimpatriati da Londra, così come i 60 reperti archeologici rimpatriati dagli Stati Uniti, con la significativa restituzione del prezioso incunabolo del 1493 in cui Cristoforo Colombo, al primo rientro dalle Americhe, descrive il suo viaggio ai reali di Spagna.
Mi permetto una piccola divagazione. Quando si celebra la restituzione di grandi oggetti d'arte, di collezioni, e lo si fa ovviamente con una certa magniloquenza, diciamo così, cerimoniale, non si fa altro che dare il dovuto cono di luce ai Carabinieri che lavorano ogni giorno per misurare i rischi del nostro patrimonio. Quindi, c'è un lavoro di diplomazia culturale quando si tratta di grandi restituzioni che vengono dai musei internazionali, attraverso accordi diplomatici, e anche su questo stiamo lavorando e abbiamo lavorato nei bilaterali del G7. Ma in generale non si tratta di mettere in vetrina dei beni culturali spesso antichi per bearsi di questa operazione quanto la volontà di dimostrare che le Forze dell'ordine che presiedono e tutelano i beni culturali stanno svolgendo in modo encomiabile il proprio lavoro.
Allo stesso modo, questo Ministero ritiene di proporre al pubblico anche gli artefatti unici che abbiamo prodotto nell'era della tecnologia, come satelliti o addirittura gli strumenti di posa dei cavi sotterranei, che saranno molto prima di quanto immaginiamo parte degli allestimenti dei musei del futuro, che racconteranno a chi verrà dopo di noi quest'era di transizione tecnologica, nella quale il genio italiano continua ad affermarsi anche nel design di componenti, sulla scia dell'insegnamento di un grande scienziato come Guglielmo Marconi. Esiste un design industriale che giace nelle collezioni di grandi imprese italiane e che merita di essere riscoperto. Grandi realtà che potrebbero divenire l'alimento di esposizioni, di quella che era una grande capacità di immaginare il futuro anche dal punto di vista estetico, con la tecnologia più sofisticata.
Veniamo alle future generazioni, e non soltanto. La cultura pervade ogni ambito della vita sociale, economica e civile e per questo vogliamo rafforzare i rapporti di collaborazione interministeriale. Ho in animo – siamo ancora a livello esplorativo – di proporre ai Ministri dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, e dell'Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, una sorta di piano di educazione integrato, un osservatorio interministeriale (la formula poi si troverà e sarà migliore di come la sto raccontando). L'idea nasce anche da alcune sollecitazioni ricevute da insigni intellettuali italiani. Pensate a Massimo Cacciari, che sulla Stampa ha invitato il neo Ministro della cultura addirittura a esondare dalle proprie competenze per rimettere in moto una grande riflessione sull'educazione e la formazione, la ricerca e l'istruzione in Italia. Ecco, il Ministro invece di esondare preferisce collaborare armonicamente con gli altri Ministeri afferenti e cercare in una logica interministeriale di porre il tema come se le osservazioni critiche, ma anche incoraggianti, degli intellettuali che osservano il nostro lavoro fossero l'innesco di una riflessione che non può rimanere dentro i confini del Ministero della cultura.
Da quando questo Governo è in carica si è discusso e scommesso su una categoria fondamentale: il concetto di identità. Questa parola non deve essere vista come un elemento di chiusura ma, al contrario, deve essere considerata come un fattore di dialogo. È per questo che dobbiamo declinarla nel senso di un'identità plurale, capace di coniugare il sé e l'altro, in una relazione rispettosa delle differenze. Ogni identità contiene elementi specifici e noi dobbiamo aiutare la conservazione e la promozione di questa pluralità.Pag. 9
Se volessimo considerare la cultura come scienza e le sue istituzioni come un sistema non potremmo fare a meno di una nuova prospettiva politica che veda il nostro Ministero impegnato al fianco di altri dicasteri, tra i quali appunto, in termini generali e per progetti specifici, il Ministero dell'istruzione e del merito e il Ministero dell'università e della ricerca.
Pensiamo a una visione integrale della cultura e della sua fondamentale funzione sociale, il che ci impone una riflessione che porti alla definizione di nuovi obiettivi di governo che possano coniugare una volta per tutte la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale alle esigenze dell'istruzione pubblica e della formazione delle future generazioni. L'articolo 9 della Costituzione, che ho citato in apertura, ci ricorda – è bene ripeterlo – che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e della tecnica, tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. E aggiungo che la legge dello Stato, sempre secondo l'articolo citato, disciplina i modi e le forme di tutela degli animali. Questo passaggio nella nostra Costituzione ci dice espressamente che cultura, ricerca scientifica, tutela del paesaggio e dell'ambiente, con tutto ciò che ne è parte integrante, vanno di pari passo e richiedono l'azione congiunta di tutti i soggetti chiamati a dar seguito al precetto costituzionale. L'azione di governo del Ministero della cultura continuerà a essere partecipe e a farsi promotrice di progetti interministeriali che dalla rigenerazione urbana alla tutela del paesaggio, dalla ricerca scientifica all'esplorazione delle nuove frontiere dell'intelligenza artificiale, dall'accessibilità alla cultura in tutti i suoi aspetti, a cominciare dalla massima attenzione che sarà sempre riservata alle diverse abilità, alla sua fruibilità diffusa, abbiano come primi destinatari i giovani e soprattutto gli studenti di ogni ordine e grado.
Anche qui vorrei ricordare quella che per me è la necessità di superare la dialettica tra scienza e doxa, (opinione), incoraggiata a volte nella fruizione un po' superficiale dell'infosfera. La scienza è conoscenza, e la fiducia nella scienza è parte integrante del nostro dovere costituzionale.
Poi c'è l'Italia profonda dei borghi. La conservazione dell'identità si attua, come si accennava, attraverso la tutela delle aree a rischio demografico. Conservare quel capitale di saperi e di identità plurali che rischiamo di perdere è fondamentale. Penso a quell'Italia colpita dal terremoto, di cui vi ho parlato poco fa, e penso alla necessità di rivedere anche la lettura, il racconto che di noi stessi abbiamo fatto negli ultimi anni rispetto al pericolo sismico. Più volte ci siamo detti che il terremoto è la nostra origine e il nostro destino, il moto della terra. Dobbiamo cercare di operare per una messa in sicurezza ovviamente delle aree e dei luoghi, ma dobbiamo anche riconoscere il fatto che dobbiamo coesistere con i grandi eventi calamitosi come i terremoti, cercando di non nascondere le cicatrici.
Cito l'esempio di un museo che ho felicemente ereditato, il MAXXI dell'Aquila, dove le stratificazioni architettoniche di un palazzo del Settecento mostrano come è possibile mettere in sicurezza un palazzo storico senza ricostruirlo com'era e dov'era, ma facendo in modo che la grande qualità architettonica, combinata con tutti i sistemi di messa in sicurezza del palazzo generino opere d'arte ulteriori rispetto a quelle che il terremoto ha distrutto. È una chiave di lettura completamente diversa, che l'Italia ha già saputo valorizzare in alcuni luoghi. Pensate a quello che è stato fatto da artisti come Mimmo Jodice, come Joseph Beuys, cioè tutti coloro che ci hanno detto che il terremoto è anche un modo per esprimere, irradiare, irraggiare energia e capacità di rigenerazione. Questo ha una forte ricaduta in termini di visione architettonica, urbanistica e culturale in senso lato.
Torniamo ai borghi e all'obiettivo del bando «Borghi» del PNRR: da pochi mesi sono state finanziate per sostenere le attività economiche nei 294 comuni del Piano Nazionale Borghi quasi 2800 fra micro, macro e medie imprese. A partire dal 2026, come sapete, sarà assegnato il titolo della capitale italiana dell'arte contemporanea, Pag. 10un nuovo riconoscimento istituito per incoraggiare e sostenere la capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della promozione e valorizzazione dell'arte contemporanea, attraverso la realizzazione e la riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione, affinché venga recepito, in maniera sempre più diffusa, il valore della cultura per la formazione delle identità nazionali, per la coesione, l'inclusione sociale, l'integrazione, la creatività, l'innovazione, la crescita, lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo.
Il nuovo percorso tracciato a sostegno del progetto per la capitale italiana dell'arte contemporanea (che, se è possibile, prima o poi potrebbe chiamarsi «delle arti contemporanee») punta a realizzare e riqualificare aree e spazi da destinare alla produzione e alla fruizione delle arti, alla valorizzazione del territorio, coinvolgendo giovani talenti, artisti contemporanei nazionali e internazionali per sviluppare scambi di esperienze professionali e di confronto creativo. Dobbiamo favorire la costruzione di reti tra enti pubblici (musei, centri d'arte, istituzioni) ed enti privati senza scopo di lucro (associazioni, fondazioni, spazi indipendenti, spazi no profit) votate alla ricerca e alla sperimentazione sull'arte contemporanea. Puntiamo a rafforzare la coesione e l'inclusione attraverso lo sviluppo della partecipazione pubblica e una nuova consapevolezza del valore sociale della cultura.
Il cinema: veniamo agli elementi che sono stati, anche negli ultimi giorni, a volte materia di equivoci, a volte di confronti e conflitti. Il cinema è il luogo dove l'esperienza del singolo si trasforma in un grande racconto sociale, una visione condivisa che plasma lo spettatore e lo rende partecipe di un discorso culturale collettivo. Il Ministero della cultura ha attuato un programma di riforma del sostegno pubblico al cinema e all'audiovisivo che per il 2024 può contare su una dotazione finanziaria di 700 milioni di euro.
La riforma corregge alcune storture che nel tempo hanno portato a considerare i vari meccanismi di finanziamento pubblico, tra i quali il tax credit, come un automatismo livellatore della qualità, e a erogare contributi pubblici a pioggia, indipendentemente dalla qualità delle opere e dalla loro capacità di stare sul mercato. Qui bisogna capirsi: stare sul mercato non significa soltanto generare profitto, significa semplicemente stare lì dove i telespettatori (nel caso della televisione) e gli spettatori (nel caso del cinema) cercano di vedere un film. Sappiamo benissimo che ci sono circostanze in cui la cultura si pesa e non si conta, è evidente, ma dobbiamo anche recepire le istanze che vengono dal settore dell'audiovisivo, che ha chiesto e del resto ha ottenuto con una legge specifica una messa in ordine dei meccanismi di selezione. Dunque, ci sono state delle distorsioni che hanno consentito di finanziare opere qualitativamente discutibili, diciamo, o pellicole proiettate in orari perlomeno clandestini, in taluni casi, eludendo obblighi di programmazione specifici e pubblici.
La riforma prevede controlli più stringenti e sanzioni più severe per chi viola le regole e introduce alcune novità importanti: l'introduzione di bandi selettivi e di un fondo per il 2024 di 52 milioni di euro per opere audiovisive capaci di valorizzare, promuovere e diffondere l'identità culturale della nazione è un segno di forte incoraggiamento nei confronti del comparto dell'audiovisivo. La riforma si pone un duplice obiettivo: da un lato, rafforzare la qualità e la diversità culturale delle opere e delle iniziative sostenute; dall'altro, accrescerne la diffusione presso un pubblico nazionale e internazionale.
Lo scorso 14 agosto è stato pubblicato il nuovo decreto interministeriale, adottato dal Ministro della cultura di concerto con quello dell'economia e delle finanze, contenente le disposizioni applicative in materia di credito d'imposta per le imprese di produzione cinematografica e audiovisiva. Inoltre, – ecco il punto, – sono in dirittura d'arrivo i decreti direttoriali che contengono le specifiche tecniche riguardanti gli aspetti attuativi del richiamato decreto interministeriale: la definizione delle spese istruttorie da versare per la presentazione Pag. 11delle domande, le modalità di certificazione dei costi, i requisiti di circuitazione cinematografica, le caratteristiche che qualificano le primarie società di distribuzione cinematografica, le modalità per assicurare il rispetto della copertura finanziaria, la documentazione da allegare in occasione della presentazione delle domande. Tutto ciò ad ascoltarlo può sembrare un aggravio di burocrazia, invece ci accorgeremo, leggendo i decreti direttoriali, che si tratta dell'esatto contrario, cioè di un tentativo di semplificazione, pur nel rigore, nell'ordine, ma semplificazione autentica nei confronti del mondo cinematografico e audiovisivo.
È prossima finalmente l'apertura della piattaforma che consentirà di accogliere la presentazione delle domande di tax credit produzione, secondo le modalità previste dal nuovo decreto, in modo da concretizzare il supporto a un settore così strategico per il nostro Paese.
Tutto ciò testimonia la massima attenzione che stiamo ponendo a sostegno di questo settore, nella piena consapevolezza delle necessità e delle aspettative dell'intero comparto. Come ho già avuto modo di dire e che sento di ribadire, abbiamo il dovere di schivare due rappresentazioni estreme e false al contempo: da una parte, che il tax credit possa essere il superbonus per un mondo assistito da un reddito di cittadinanza cinematografico, non è e non può essere così; dall'altra, che il Ministero della cultura abbia dei pregiudizi ideologici verso una catena del valore culturale che dà lavoro, prestigio e reputazione globale all'Italia. Tutt'altro. L'idea è di rendere più semplice e trasparente l'accesso al credito, nella consapevolezza che non esiste una norma che non sia perfettibile una volta misurata la sua efficacia sul campo.
L'impegno del Governo per il cinema continuerà, con la massima dedizione, riservando la massima attenzione agli artisti e ai professionisti di talento, ma anche a quelli senza talento, ai lavoratori onesti e competenti, contro ogni stortura, abuso e privilegio.
Veniamo allo spettacolo dal vivo. Le attività di spettacolo dal vivo sono parte fondamentale del nostro patrimonio culturale e artistico, e mi riferisco anche alle rievocazioni storiche, su cui il presidente Mollicone ha svolto un lavoro che si è concretizzato in una legge che finalmente ci mette in condizioni di operare con la massima celerità e buona disposizione d'animo.
Il Ministero della cultura ha un ruolo centrale nelle misure di coordinamento, incentivazione e promozione anche sul piano internazionale e nell'ausilio finanziario di tali attività, dalla musica al teatro, dalla danza alle rievocazioni storiche e ai carnevali, dai circhi agli spettacoli viaggianti. La gestione del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo rappresenta una priorità utile a sostenere le 14 fondazioni lirico-sinfoniche e i circa 1500 organismi che operano nei settori del teatro, della musica, della danza e delle arti circensi e non soltanto.
Le risorse per il 2024 ammontano a oltre 423 milioni di euro, incrementate di ulteriori 23 milioni di euro, ai quali si aggiungono le risorse extra del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo per i carnevali storici (3 milioni), per festival, cori e bande (3 milioni) e per le rievocazioni storiche di cui ho appena detto (2 milioni).
Guardando al futuro e considerando lo spettacolo dal vivo come fattore di cultura ma anche come strumento di socialità, come irrinunciabile fattore economico dell'industria culturale nazionale, ci concentreremo su importanti obiettivi strategici. Continueremo a monitorare il percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, grazie finalmente alla finalizzazione del nuovo contratto collettivo nazionale del lavoro, autenticato proprio ieri dalla Corte dei conti, che ne dà certificazione positiva, ponendo fine alla situazione di indecidibilità e precarietà che si era prolungata a lungo negli anni (e va dato atto al Sottosegretario Mazzi di aver fatto un lavoro straordinario in tempi relativamente ristretti). Inoltre, pensiamo all'introduzione e al rafforzamento delle moderne tecniche di comunicazione e marketing che aiutino a sostenere il settore.Pag. 12
Finalizzeremo i decreti legislativi di attuazione della legge n. 106 del 2022 recante delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo, che consentirà il riordino e la revisione degli strumenti di sostegno in favore dei lavoratori dello spettacolo, nonché il riconoscimento di nuove tutele in materia di contratti di lavoro e di equo compenso per i lavoratori autonomi del settore. Sosterremo in tutti i modi possibili il teatro, la danza, la musica, con particolare attenzione alle potenzialità delle arti performative quale strumento di rigenerazione e di riqualificazione delle aree periferiche, in tutte le loro dimensioni, dalla formazione delle nuove generazioni al supporto dei professionisti, fino all'incoraggiamento della fruizione più ampia di questo straordinario patrimonio di bellezza.
Porteremo avanti, anche attraverso l'utilizzo dei fondi del PNRR, interventi di efficientamento energetico nei luoghi della cultura, favorendone la fondamentale azione di transizione ecologica. Si tratta di cose già in essere, naturalmente, e che cercheremo di portare avanti con maggiore energia e con maggiore attenzione.
Arriviamo alla poesia e ad altro. Negli ultimi due anni abbiamo avviato grandi progetti. Tra gli altri, a Milano Palazzo Citterio non sarà più il simbolo di un degrado durato oltre cinquant'anni. Fra un mese l'edificio finalmente aprirà al pubblico e ospiterà le collezioni contemporanee della Pinacoteca di Brera. Le Gallerie degli Uffizi diventeranno diffuse per valorizzare il patrimonio custodito nei depositi. Centrale sarà a Napoli l'ex Albergo dei poveri – lo sapete da prima e meglio di me – che diventerà una delle più grandi infrastrutture culturali d'Europa. Con 130 milioni di euro sarà realizzato uno spazio immenso, di oltre 100.000 metri quadri, che ospiterà la succursale del Museo archeologico nazionale di Napoli, una biblioteca moderna, una scuola di specializzazione dell'Università Federico II, oltre a eventi culturali di livello internazionale.
Racconteremo la storia di Roma e quindi d'Italia in un luogo centrale, sulla Crypta Balbi a via delle Botteghe Oscure. Stiamo pensando al racconto di un viaggio nei millenni della Roma antica, passando per il Medioevo, la Roma dei Papi, rinascimentale, fino alla Roma delle vittime del terrorismo. La Crypta Balbi, sapete, si situa nel luogo in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro. Spesso – faccio una brevissima divagazione – dal punto di vista della proliferazione dei musei non si tiene conto della necessità che non tutto si esaurisca nello spazio espositivo e si rinuncia al racconto del contesto. La Crypta Balbi si presta in modo speciale, proprio dal punto di vista stratigrafico, a diventare un paesaggio in costruzione di diverse epoche storiche, di sedimentazioni. È un racconto che ci consente di raccontare l'identità e la storia di Roma.
Lo stesso può valere per altri contesti, addirittura anche per l'ex Albergo dei poveri. Raccontare i contesti significa combinare ricerca e tecnologia al servizio di un sapere che sia diffuso e accessibile e non soltanto calligrafica esposizione di artefatti raccontati attraverso didascalie. Esistono dei luoghi che si prestano particolarmente, per la loro conformazione, geologica perfino, a essere l'epicentro di un grande racconto. Se dovessimo fare, sulla base di una formidabile intuizione di Andrea Carandini, un grande museo di Roma, un museo della grande Roma, dovremmo pensare a luoghi come la Crypta Balbi, per esempio, il che vale, ripeto, anche per altre grandi o meno grandi città italiane.
La memoria. Ieri è stato il primo anniversario del 7 ottobre. La cultura deve fare memoria, essere memoria e impedire l'obliterazione del ricordo e la ripetizione dell'orrore. Il Parlamento ha approvato la nascita a Roma del Museo della Shoah. Il Ministero ha realizzato il Binario 21, il binario della memoria, totem multimediali allestiti alla stazione centrale di Milano e alla stazione Tiburtina di Roma, da dove migliaia di ebrei italiani furono costretti a partire, senza poter più tornare, per i campi di concentramento. All'inaugurazione del Binario 21 la toccante intervista testimonianza della senatrice a vita Liliana Segre, alla quale permettetemi di rivolgere un affettuosissimo omaggio.Pag. 13
Quei video sono stati visti centinaia di migliaia di volte e questo – permettetemi di sottolinearlo – è uno dei grandi meriti del Ministro che mi ha preceduto, non pochi.
A proposito di storia e memoria, nelle prossime settimane, proprio qui alla Camera, verrà votata e spero approvata l'istituzione del Museo del ricordo. Nel frattempo, si lavorerà anche a una grande mostra al Vittoriano in collaborazione con la Federesuli. Anche qui, mi piace pensare che si esca dallo schema «una mostra mia, una mostra tua». Spesso si dice: governa la sinistra, allora qualcosa va pur concesso, governa la destra, qualcosa va pur concesso. Non mi piace, non ci piace questo schema.
Nel 2025 ricorderemo Antonio Gramsci. Non lo faremo al MAXXI per ovvie ragioni. Con una mostra davvero importante ricorderemo Pasolini, in una combinazione inedita con un grande e controverso scrittore giapponese e autore teatrale come Yukio Mishima, pubblicato da Feltrinelli. Sarà un'inedita confessione di due maschere. Di Pasolini, saprete benissimo, di recente è stata particolarmente valorizzata in una mostra diffusa a Roma una parte del suo itinerario culturale. Ecco, qui si tratta di mettere in dialogo un aspetto di Pasolini, un aspetto meno noto, con quello di una grande e controversa figura eccentrica come Mishima, proveniente da tutt'altra latitudine.
Cultura è anche tradizione che si dispiega nel futuro tramite l'innovazione. Il Ministero impegnerà risorse e professionalità per analizzare le nuove opportunità offerte dall'intelligenza artificiale nell'ambito culturale. La nostra intenzione è di creare, anche su questo tema, sinergie, elaborando progetti interministeriali e attivando partnership con istituti e centri di ricerca nazionali e internazionali. Verrà rinnovato un impegno nel settore dei processi digitali applicati alla conservazione, alla gestione e al monitoraggio del patrimonio culturale.
L'intelligenza artificiale consente di analizzare e ripristinare immagini, suoni, dipinti, fotografie, ricomporre capolavori artistici frammentati, analizzando le caratteristiche e i modelli visivi, può identificare e classificare manufatti, sculture ed elementi architettonici; può aiutarci a tradurre testi antichi, iscrizioni e manoscritti. Attraverso la realtà virtuale, la realtà aumentata consente ai visitatori di esplorare virtualmente antiche rovine, siti storici o mostre museali, facendoli interagire con personaggi e oggetti virtuali.
L'obiettivo, oltre a difendere la bellezza del patrimonio, è alimentare un'economia della cultura. È a tale fine fondamentale che la cultura riesca a sfruttare le potenzialità di sviluppo prefigurate dall'applicazione dell'intelligenza generativa già visibili in altri settori industriali. Pensiamo al recente gemellaggio tecnologico tra il Vittoriale e il MAXXI, che qualcuno ha trovato un po' distonico e che, se proiettato in realtà come l'Abruzzo, come avverrà, può diventare un modello di fruizione e di conoscenza del Vittoriale degli italiani nei luoghi in cui D'Annunzio ha vissuto, ha creato, è stato ispirato. Questo è un modello che naturalmente può valere per molte altre realtà, cioè creare una connessione virtuale tra musei consente di valorizzare anche gli enti locali, i comuni, le biblioteche che attraverso gli strumenti tecnologici riescono realmente a connettersi visivamente e plasticamente con luoghi altrimenti inaccessibili alla maggior parte dei cittadini dei borghi e delle realtà più piccole.
Crediamo nel nostro patrimonio culturale come fondamento dell'identità nazionale, motore dell'economia, vetrina internazionale dell'Italia e strumento di politica estera. Ma questo patrimonio funziona se i lavoratori, i professionisti, i tecnici esperti addetti di ogni livello sono riconosciuti e valorizzati come meritano. Dal punto di vista dell'organizzazione strutturale del Ministero, intendiamo procedere in continuità con il lavoro sviluppato negli ultimi due anni, con il quale si è avviato un procedimento assunzionale (espressione terribile, però dà la misura, comunque sia, di una buona pratica) che ha visto l'inserimento nei ruoli di 4205 unità e che vedrà l'ingresso di ulteriori 1400 unità entro la fine dell'anno. È del resto intenzione di Pag. 14questo Ministero programmare un ulteriore reclutamento di risorse che possa garantire un passaggio di conoscenze delle funzioni tra i lavoratori presenti e i futuri nuovi assunti, con l'obiettivo di massimizzare l'esperienza acquisita all'interno dell'amministrazione, ai fini di una maggiore efficacia ed efficienza del dicastero, e soprattutto garantendo la non dispersione dell'ingente e variegato bagaglio di competenze tecniche possedute all'interno.
L'obiettivo è quello di dotare il Ministero di maggiore nuova e consapevole linfa vitale, non solo per gestire al meglio le quotidiane attività ministeriali, ma soprattutto, anche grazie all'istituzione di nuovi profili professionali, per garantire l'adattamento sempre maggiore del personale con le novità tecniche e tecnologiche che stanno investendo e trasformando la società contemporanea. In linea con questa ratio sono state già introdotte una serie di figure di elevata professionalità, adeguate ai processi di innovazione e cambiamento in atto, caratterizzate da competenze sempre più specifiche e aggiornate, attinenti al vasto contesto che ci troviamo a regolare e in particolar modo avente una funzione di raccordo, coordinamento e promozione delle attività di diverse unità.
Particolare attenzione sarà dedicata al benessere organizzativo e allo sviluppo, puntando strategicamente alla crescita professionale di tutto il personale, sia in un'ottica di riqualificazione sia in un'ottica di crescita. A nostro avviso, la centralità del benessere organizzativo appare ancora più rilevante nei processi lavorativi intrinsechi alla dimensione immateriale dei beni culturali. È infatti in questo contesto che balza in primo piano quell'insieme di forze e di vettori, non sempre immediatamente evidenti, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo e la correlata percezione pubblica della nostra realtà nazionale. Qui la cultura organizzativa è particolarmente importante, determinando direttamente strategie, obiettivi e modi di agire.
I princìpi guida, e lo schema di pensiero di dirigenti e lavoratori del comparto sono in gran parte determinati da un bagaglio culturale, si diceva, dalla formazione continua e dalle esperienze sviluppate sul campo. Se si vuole rendere un'organizzazione complessa, quale quella del dicastero, sempre più virtuosa, efficiente ed efficace si deve puntare con determinazione sul ruolo giocato dalle stesse ricadute della cultura in ambito organizzativo. In questa chiave l'amministrazione mira alla formazione continua e alla valorizzazione del personale, ai fini di consentire la massima espressione del proprio potenziale, venendo così a creare maggiore valore pubblico in un'ottica di ottimizzazione della performance lavorativa al servizio della missione del Ministero.
A tale fine, sarà prevista, nello specifico, l'istituzione di un sistema automatizzato per la gestione delle attività formative, con la possibilità di creare percorsi individuali per una formazione a misura d'uomo che possa fungere da reale sostegno e stimolo per l'accrescimento delle competenze del singolo lavoratore.
Dal 2025, infine, stiamo lavorando per introdurre l'assicurazione dei lavoratori, welfare, e sarà potenziato il fondo destinato alla valorizzazione del personale. Questa è la notizia forse un po' più concreta rispetto a tante parole che avete ascoltato da me finora.
Entrando nel merito della macchina ministeriale siamo ora giunti al momento dell'attuazione della riforma avviata all'inizio della Legislatura. Il decreto di riorganizzazione del Ministero ha previsto il passaggio dalla struttura segretariale a quella dipartimentale, con la finalità di migliorare e rendere più agevole l'esercizio delle funzioni. Ciascuno dei quattro Dipartimenti esercita in modo più efficace e rapido la funzione di coordinamento di compiti attribuiti alle Direzioni generali afferenti. Un apposito strumento di raccordo, la Conferenza dei capi dei Dipartimenti, presieduta dal Ministro assicura il coordinamento e la programmazione delle attività amministrative, nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi fissati dall'organo di indirizzo politico. È di pochi giorni fa la registrazione da parte della Corte dei conti del decreto ministeriale che reca l'articolazione degli uffici dirigenziali e degli istituti dotati di Pag. 15autonomia speciale di livello non generale del Ministero, con il quale sono state ridefinite la struttura e le funzioni degli uffici centrali, periferici e autonomi, in coerenza con il nuovo assetto organizzativo denominato dal regolamento.
Questo prevede dei servizi del Dipartimento per l'amministrazione generale, che oltre alle competenze relative alle risorse umane e a quelle di bilancio, programmazione e monitoraggio, comprende le nuove Direzioni generali per gli affari europei e internazionali e per la digitalizzazione e la comunicazione. Con la riorganizzazione vengono potenziate le funzioni del Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale, in cui sono ricondotte le competenze in materia di archeologia, belle arti e paesaggio, archivi e beni librari, nonché di sicurezza del patrimonio culturale, con l'istituzione di servizi di staff e l'assegnazione di istituti autonomi prima non afferenti alle strutture di tutela.
Al Dipartimento per la tutela afferisce gran parte delle strutture periferiche del Ministero, che costituiscono insieme ai musei il cuore dell'apparato statale radicato nel territorio: soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio, soprintendenze archivistiche e bibliografiche, soprintendenze archivistiche e archivi di Stato. Le attribuzioni degli uffici periferici sono state oggetto di minime rimodulazioni, volte a razionalizzare l'assetto nel rispetto delle specificità territoriali, come nel caso di Taranto, dove è scoppiato un piccolo caso, un fraintendimento sulla possibilità (in realtà totalmente assente) che la soprintendenza che si occupa di archeologia subacquea e di tutela potesse essere spostata, ma nulla di tutto ciò.
La riforma ha inoltre previsto il rilancio delle funzioni di valorizzazione anche economica del patrimonio culturale con l'ampliamento dei musei, parchi archeologici e altri luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale, ora divenuti 60; l'attribuzione dell'autonomia speciale anche alle direzioni regionali, musei nazionali e la creazione dell'Istituto centrale per la valorizzazione economica del patrimonio culturale. Il Dipartimento per le attività culturali riunisce le funzioni in materia di spettacolo, cinema e audiovisivo, creatività contemporanea, biblioteche e istituti culturali accomunati dalla gestione trasversale delle competenze in materia di diritto d'autore.
La nomina dei capi di dipartimento, perfezionata nel mese di luglio scorso, sarà seguita dall'imminente avvio delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali di livello generale e successivamente di quelli di livello non generale che andranno a comporre il quadro del nuovo assetto del Ministero.
È mia intenzione accompagnare in modo vigile ed efficiente, – se ci riuscirò, – lo svolgimento di questo delicato processo, in modo da assicurare il massimo supporto agli uffici centrali e periferici più direttamente investiti dalle innovazioni. È una fase di transizione, lo sappiamo. Ciò è possibile soltanto attraverso il coinvolgimento di tutto l'apparato nell'attuazione concreta della riforma, per garantire l'operatività degli uffici e, in definitiva, la legittimazione dell'operato dell'amministrazione del patrimonio culturale nei confronti di tutti i portatori di interesse, dalle istituzioni pubbliche ai soggetti privati, dagli enti territoriali agli istituti di ricerca, dai cosiddetti stakeholder sociali alla società civile in senso lato.
Forse, pur avendo parlato non poco, ho dato poco risalto ad altri temi chiave del mondo culturale, al racconto del mondo del libro, delle biblioteche e degli archivi, su cui avrei potuto e vorrei diffondermi, ma sostanzialmente più con fatti che con declamazioni, e qualcosa ho già fatto capire. Alla vigilia della Buchmesse di Francoforte ci predisponiamo a intensificare il dialogo e a dare risposte concrete a tutto il settore dell'editoria. Penso anche all'importanza dei festival culturali, agli eventi dedicati alle religioni tutte, nessuna esclusa, e a tutta la ritualità che caratterizza la dimensione comunitaria delle feste popolari italiane, tutto ciò che è forza aggregante e che crea e promuove socialità.
Avrei voluto parlarvi di come il Ministero si confronterà con fenomeni culturali sempre più presenti nella quotidianità dei Pag. 16cittadini, una terra semi-incognita ma molto importante a mio giudizio: la cultura dei videogame, del gaming, il rapporto con i social network. Arriverà il momento in cui dovremo confrontarci in modo più compiuto con tutto ciò.
Siamo al lavoro per creare un progetto unitario e reticolare gli interventi per dare all'Italia una governance in grado di consolidarne il posizionamento e una magnitudo che la rendono unica nel mondo.
Chiudo, nel ringraziarvi, riconoscendo in questa occasione quella che si definisce la cosiddetta «centralità» del Parlamento. Questa è l'illustrazione di linee programmatiche in due Commissioni riunite che hanno il diritto e il dovere di presentare critiche, rilievi, che sono benedetti e ben accetti, perché la potestà del potere legislativo rende esecutivo il potere di un Governo e responsabilizza il Ministro competente. Il dialogo non può ridursi, a mio giudizio, a un'esposizione priva di una misurazione comune di quelli che saranno e spero siano i risultati concreti delle linee programmatiche che vi ho appena presentato.
La via del confronto c'è, sempre, per chi vuole percorrerla. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Giuli per l'esauriente esposizione.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 12.10.