XIX Legislatura

Commissioni Riunite (VII e XI)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 1 marzo 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Latini Giorgia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE AFFERENTI AL LAVORO SPORTIVO

Audizione del presidente del CONI,
Giovanni Malagò.

Latini Giorgia , Presidente ... 3 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 3 
Latini Giorgia , Presidente ... 7 
Perissa Marco (FDI)  ... 7 
Berruto Mauro (PD-IDP)  ... 7 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 8 
Berruto Mauro (PD-IDP)  ... 8 
Latini Giorgia , Presidente ... 9 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 9 
Latini Giorgia , Presidente ... 10 

Audizione del presidente della Commissione fiscale del CONI, Andrea Mancino:
Latini Giorgia , Presidente ... 10 
Mancino Andrea , presidente della Commissione fiscale del CONI ... 10 
Latini Giorgia , Presidente ... 16 
Berruto Mauro (PD-IDP)  ... 16 
Amato Gaetano (M5S)  ... 17 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 17 
Perissa Marco (FDI)  ... 18 
Latini Giorgia , Presidente ... 19 
Mancino Andrea , presidente della Commissione fiscale del CONI ... 19 
Latini Giorgia , Presidente ... 21 

Allegato 1: Memoria presentata dal presidente del Coni, Giovanni Malagò ... 22 

Allegato 2: Memoria presentata dal presidente della Commissione fiscale del Coni, Andrea Mancino ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
GIORGIA LATINI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web TV della Camera dei deputati.

Audizione del presidente del CONI,
Giovanni Malagò.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche afferenti al lavoro sportivo, l'audizione del presidente del CONI, dottor Giovanni Malagò, che saluto e ringrazio per la sua presenza, e a cui cedo subito la parola per la relazione.
  Grazie, presidente.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Buonasera a tutti.
  Ringrazio lei, presidente e il presidente Rizzetto. Cari, illustrissimi deputate e deputati, innanzitutto faccio una premessa: non sono abituato a leggere; però, secondo me, sono talmente importanti le parole e forse anche le virgole, che ho preparato un appunto, proprio per cercare di essere il più possibile chiaro sulle tematiche e per l'importanza dell'invito che mi avete rivolto.
  Il CONI è la confederazione delle federazioni nazionali: è l'organo apicale dell'ordinamento sportivo. Vi voglio veramente ringraziare per questo invito. Con grande franchezza, è un invito particolarmente apprezzato perché lo aspettavamo da diversi mesi – mi riferisco soprattutto a chi ha presieduto i lavori di queste Commissioni – data la sua delicatezza e importanza; proprio perché avete avuto coinvolgere l'istituzione che rappresento in questa indagine conoscitiva, che consente per la prima volta di approfondire e di affrontare in maniera completa e circostanziata una tematica così importante, coinvolgendo gli attori principali di tutto il settore.
  Una tematica importante, ovviamente, sia per i lavoratori sportivi sia per le associazioni e società sportive, soprattutto quelle dilettantistiche – sottolineo la parola «soprattutto» – che costituiscono l'asse su cui si fonda il movimento sportivo italiano.
  Costituiscono il sistema sportivo italiano nel suo complesso, ovviamente quello organizzato, ovvero rappresentano il tutto.
  Siamo perfettamente consapevoli del fatto che sia necessario e non più procrastinabile dar vita a una riforma seria ed organica del lavoro sportivo. È, oltre che doveroso, sacrosanto, infatti, che chi opera nell'ambito del comparto sportivo possa vedere riconosciuti i propri diritti.
  Tuttavia, la riforma culminata nell'adozione del decreto legislativo n. 36 del 2021 e più volte rinviata è stata influenzata anche da spinte demagogiche, in parte populistiche, oltre che da alcune disposizioni, secondo noi, alquanto frettolose e non troppo ponderate.
  Il punto cruciale della riforma del lavoro sportivo è pertanto quello di riuscire a coniugare la tutela dei diritti dei lavoratori con la sostenibilità, soprattutto economica – e, se volete, aggiungo anche finanziaria, perché sembrano la stessa cosa, ma non proprio lo sono – delle misure adottate.Pag. 4
  Cito il concetto finanziario perché anche il bilancio di una ASD o di una SSD può essere a posto, ma spesso ci sono problemi di cassa, di cash flow, a seconda di quando entrano gli introiti. Poi, se volete, entriamo nel dettaglio.
  Uno dei punti più critici, infatti, è proprio questo, tanto più in un momento congiunturale difficile come quello che stiamo vivendo.
  Sono argomenti che conoscete benissimo; però, quando si è cominciato a parlare di questo tema eravamo ancora nel pieno del coinvolgimento del Covid, e le ASD e le SSD arrivavano da due stagioni in cui gli introiti erano stati praticamente cancellati, non dimezzati o parzialmente abbassati.
  Ci sono in sala persone che conoscono a memoria questi argomenti, ma penso che sia importante ripeterlo tra noi; vorrei ricordare che i ricavi, gli incassi di una ASD e di una SSD sono sostanzialmente di tre tipi: il primo, proviene dalle scuole di sport, cioè i ragazzi e le ragazze che frequentano le attività didattiche del mondo sportivo, che si iscrivono; il secondo, potrebbe derivare da qualche ente locale, qualche sponsor locale, qualcosa del genere, che dà un addendum a quella che è l'attività core; il terzo, potrebbe giungere dal rappresentante legale, da una persona appassionata, un mecenate, qualcuno che dà un contributo di passione, magari perché ha un'attività, un figlio che ha seguito questi corsi di sport e dà un ulteriore incremento.
  Possiamo quantificare numericamente queste associazioni sportive in circa centomila; dico questo numero perché, come conosce molto bene l'onorevole Marco Perissa, ci sono diverse società che sono contemporaneamente affiliate a più federazioni sportive nazionali, o anche a una sola, e a un ente di promozione sportiva o, in alcuni casi, a più enti di promozione sportiva; per cui c'è sempre questa situazione di vasi comunicanti.
  Dal mio punto di vista c'è innanzitutto un problema, come abbiamo detto, finanziario e, secondo me, c'è un problema, se volete, psicologico, perché quando le cose vanno alla grande, tutto sommato, si affrontano le nuove problematiche con uno spirito diverso. Poiché nessuno è riuscito veramente a identificare un numero che dice quanto potrà costare al sistema l'onere di questa riforma – ci sono state diverse ipotesi di cifre, lo stesso onorevole Berruto ne ha parlato in qualche suo intervento, anche prima di questo suo ruolo da parlamentare – ed è talmente ampia la forchetta tra quello che potrebbe essere il costo, dal basso verso l'alto, che indubbiamente, anche se ci limitiamo ad andare alla metà di queste ipotesi, non può che esserci preoccupazione.
  La preoccupazione nasce ancora di più perché qui, paradossalmente, le due parti in causa sono della stessa famiglia; perché il presidente, il rappresentante legale, il titolare di una ASD, vive con il suo storico lavoratore sportivo – se non è quello occasionale, che magari fa un'attività stagionale di tre mesi – magari da quindici, venti, trenta, cinquant'anni, e quindi il suo patrimonio è anche avere formato e costruito quella persona, che oggi, giustamente, chiede dei diritti; al tempo stesso, però, il primo può essere in grande difficoltà nel garantirglieli, non certo perché non voglia.
  A me ha colpito qualche mese fa, parlando di una nota azienda multinazionale che era in crisi nel nostro Paese, quando i rappresentanti dell'azionariato e i rappresentanti sindacali, nel confrontarsi hanno detto che gli operai vanno salvati, ma che è fondamentale anche salvare la fabbrica, perché altrimenti si chiude tutto. Dal mio punto di vista, in una misura se volete anche marginale, questo rischio esiste, proprio perché veniamo da questi anni particolarmente complicati.
  Il decreto correttivo ha sicuramente reso più sostenibile la riforma del lavoro sportivo, ma i costi, seppur inferiori rispetto alla prima versione, innegabilmente restano.
  A questo proposito desidero esprimere sincero apprezzamento per quanto dichiarato giorni fa dal Ministro per lo sport e per i giovani, Andrea Abodi, nell'ambito della presente indagine conoscitiva, il quale ha parlato della necessità di prevedere ammortizzatori finanziari per limitare l'impattoPag. 5 economico della riforma. Per noi è veramente molto importante sapere quanto si limita, perché dal 1° luglio – basta interloquire, e io lo faccio abitualmente quotidianamente con decine di questi soggetti – c'è questo grande punto interrogativo sul bilancio, che, come voi sapete, nel caso di cui alcuni sport va sull'anno solare e per altri sport va sull'anno dell'attività sportiva (quindi 30 giugno-1° luglio). Infatti, in questa necessità, il Ministro ha auspicato una defiscalizzazione degli oneri sociali entro i cinque anni.
  Una proposta. Lo dico per la seconda volta, noi siamo grati di questa occasione perché finalmente siamo stati messi nelle condizioni di intervenire sulla materia, nelle sede istituzionale più appropriata. Con uno spirito costruttivo e propositivo, vi chiediamo se possono essere riviste alcune importanti criticità.
  La prima cosa è che si deve partire, dal nostro punto di vista, dal concetto della definizione di sport e di riconoscimento ai fini sportivi. Giustamente qualcuno di voi potrà chiedere cosa c'entra questo con il lavoro dello sportivo. Questo è assolutamente il presupposto su cui, secondo me, si può trovare una chiave di risoluzione dei problemi; innanzitutto perché evitiamo – in questa moltitudine di numeri – che ci sia qualcuno che fa il furbo, e che quindi, con la scusa di fare attività sportiva, svolge invece esclusivamente o in massima parte attività commerciale; questo ovviamente non deve rientrare nella casistica che oggi noi stiamo analizzando. Ma per fare questo, a monte, ci deve essere il concetto di quella che è la definizione di sport. In particolare quella che è inserita nel decreto legislativo n. 36 del 2021 e nel successivo decreto n. 39 del 2021 – consentitemi di dire – è molto generica e non è riconducibile a logiche sportive internazionali (Comitato olimpico internazionale, Comitato paralimpico internazionale), per quanto attiene alle discipline riconosciute dal CONI e dal CIP.
  Cosa voglio dire? Che ciò che costituisce sport per l'ordinamento sportivo, facente capo al Comitato olimpico e al CIP, non coincide con ciò che costituisce sport per lo Stato, ed è plausibile ritenere che, alla luce della così generica ed ampia definizione di sport contenuta nei citati decreti, lo Stato potrà, non solo legittimamente – ma io mi permetto di dire dovrà, almeno io questo mi auguro da uomo di sport e da cittadino – riconoscere quale sport qualsiasi attività fisico-ricreativa suscettibile di apportare benefici alla salute pubblica, ma che mai troverebbe cittadinanza nell'ambito dell'ordinamento sportivo facente capo al CIO, al CONI e al CIP.
  È un po' come quando io cerco di sintetizzare il famoso discorso che siamo un mondo, mal contati, di tredici milioni e mezzo di tesserati e di affiliati, distribuiti tra le FSN (Federazioni sportive nazionali), le DSA (discipline sportive associate) e gli enti di promozione sportiva, e poi ci sono gli altri quarantasei milioni e mezzo di italiani che non sono coinvolti nel nostro mondo, ma che assolutamente non solo hanno diritto, ma hanno il dovere di fare sport, e secondo me uno Stato moderno, efficiente e preveggente si deve occupare di loro. Questo, però, è un discorso che fuoriesce da quella che è la dinamica dello sport organizzato e strutturato all'interno del sistema della filiera della confederazione e delle federazioni.
  È pertanto, secondo noi, indispensabile che il riconoscimento ai fini sportivi di queste associazioni e società sportive, che svolgono attività riconducibili allo sport strettamente inteso, di matrice internazionale, nel limitato ordinamento settoriale di appartenenza, venga confermato e ritorni in capo al Comitato olimpico.
  Due riflessioni. Sono felice che qui ci sia Andrea Mancino, che è il presidente della Commissione tributaria e fiscale del CONI, peraltro è presidente anche di un organismo sportivo, dunque conosce la realtà a memoria, e lui entrerà molto più nel dettaglio di me. È chiaro che bisogna, una volta per tutte, chiarire la tipologia del rapporto di lavoro, perché è molto ampio. Credo che ognuno di voi conosca qualcuna di queste ASD: c'è qualche società grande e strutturata, dove sono presenti mansioni diverse, e in alcune società la stessa persona si mette, due, tre, cinque, dieci giacche Pag. 6all'interno della stessa struttura. Qualcheduna, onestamente, faccio fatica a pensare e a capire che rientri nell'alveo e nel perimetro delle dinamiche del lavoro sportivo. Per cui mi limito solo a dire – e Andrea Mancino sarà molto più preciso di me – che sarebbe opportuno semplificare l'attuale disciplina prevedendo un'unica tipologia contrattuale, quella del lavoro subordinato, con la previsione delle medesime aliquote contributive previste per le collaborazioni coordinate e continuative, fino alla soglia di reddito prefissata, che starà al Parlamento individuare.
  Definizione delle mansioni. È opportuno prevedere che è un lavoratore sportivo colui il quale svolge mansioni direttamente connesse alla pratica sportiva, che dovranno essere definite con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulla base di indicazioni delineate sempre dal Comitato olimpico e dal CIP, in collaborazione con l'autorità politica di Governo delegata alla gestione dello sport, proprio per evitare casacche diverse all'interno di questa categoria.
  Consentitemi di dire che nello sport dilettantistico ci sono moltissimi soggetti che svolgono occasionalmente alcune mansioni fondamentali per lo svolgimento di attività sportive e a cui vengono riconosciuti gettoni di modico, di simbolico importo. Questi gettoni dovrebbero continuare a essere configurati come redditi diversi, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR, pur con un limite di indennità giornaliera e con un limite annuale, per evitare distorsioni, così come i premi, che spesso sono veramente di un'incidenza irrisoria. Nell'ambito delle competizioni sportive sono talmente esigui che gli adempimenti richiesti sarebbero eccessivi rispetto alle somme erogate, e sarebbe allora opportuno prevedere delle soglie di esenzione, anche di importo minimo, in maniera tale da semplificare gli adempimenti.
  Due considerazioni finali. So che il Ministro, anche in un recente incontro nella Giunta nazionale del CONI, ha garantito che ci sarà un'attenzione specifica normativa, ma così come è presentato il decreto c'è un problema mostruoso, e cioè quello dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Come sapete, questo tema dovrà essere affrontato con grande attenzione da parte del legislatore, perché l'attuale formulazione dell'articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 36 del 2021 impedisce agli organismi sportivi di avvalersi dei dipendenti della pubblica amministrazione. Questo rischia di mettere in ginocchio il mondo dello sport, che spesso si avvale di atleti e tecnici appartenenti ai gruppi sportivi militari o a corpi dello Stato. Sarebbe dunque fondamentale definire, con il supporto dei Ministeri competenti, i criteri e le procedure da adottare per la concessione dell'autorizzazione.
  Oggi siamo entrati nel mese di marzo e il decreto, così com'è, entra in vigore il 1° luglio. Considerate che ci sono almeno il 60-70 per cento delle federazioni che oggi si avvalgono di collaborazioni tecniche, con persone che lavorano nella pubblica amministrazione. Voi immaginatevi, lo dico affettuosamente, la preoccupazione, per non dire il panico, da parte di qualcuno, perché siamo entrati nei mesi da cui parte tutta la qualificazione olimpica, e sono tutte discipline, consentitemi di dire, meno finanziariamente strutturate rispetto agli sport professionistici.
  Un'ultima questione. Vorrei evidenziare un aspetto, che ritengo altrettanto fondamentale e del quale fino ad adesso non si è mai parlato. Sempre il decreto legislativo n. 36 del 2021 ha abrogato in toto la legge n. 91 del 1981, quella famosa legge sul professionismo sportivo, abrogandone, dunque, anche l'articolo 12.
  L'articolo 12 della legge n. 91 del 1981 prevedeva che, allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi professionistici, le società sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati.
  Dunque, i provvedimenti che le federazioni sotto l'egida del CONI riterranno di adottare risulteranno di essere privi della necessaria copertura legislativa e, pertanto, più facilmente attaccabili da chi non intendePag. 7 adeguarsi o da chi viene escluso a causa di un comportamento gestionale non virtuoso.
  È evidente che il danno in termini di credibilità e di funzionamento del sistema, in relazione ovviamente solo ai campionati di calcio e pallacanestro, che riguarda la legge n. 91 del 1981, e al loro regolare svolgimento, può essere devastante se il legislatore non interverrà in sede di riforma del decreto legislativo n. 36 del 2021.
  Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Malagò.
  Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO PERISSA. Colgo l'occasione per ringraziare il presidente Malagò e il Comitato olimpico nazionale di questa presenza e anche del contributo estremamente pratico e pragmatico rispetto a questa riflessione; una riflessione che era un atto d'obbligo, soprattutto nelle sedi opportune e soprattutto in continuità con l'impegno che il Governo ha preso di non rinviare l'entrata in vigore del 1° luglio.
  Chiaramente questa decisione assunta dal Governo ci ha dato una finestra di sei mesi di tempo, che in realtà sono un po' meno, perché abbiamo appreso dalla scorsa audizione che entro il termine di aprile il Governo deve accingersi a redigere il testo integrativo e correttivo del decreto che entrerà in vigore. Era, dunque, un atto dovuto cercare di utilizzare tutto il tempo disponibile per censire, anche in sede di Commissioni riunite, quali criticità vi fossero, individuando spunti volti alla correzione di queste eventuali criticità.
  Sicuramente quello della sostenibilità economica e finanziaria è un tema che ci preoccupa. Un dato appreso per le vie informali, ma da fonti estremamente attendibili, ci porta a supporre – ma è un dato che nelle prossime audizioni cercheremo di verificare anche meglio – che, al di là di quello che questa riforma costa alle associazioni e ai collaboratori sportivi, c'è un costo a carico dello Stato di circa 26-27 milioni l'anno, derivato dalla copertura dei diritti riconosciuti (ad esempio, quelli connessi alla maternità, e via discorrendo); si tratta di tutta una serie di costi che lo Stato, attraverso gli strumenti di cui dispone, deve andare a coprire nel momento in cui diventano diritti maturati.
  Non vado oltre, perché non voglio sottrarre tempo agli altri interventi, tanto meno agli impegni istituzionali che susseguono. Era soltanto un intervento per rimarcare un ringraziamento sentito a questa partecipazione da parte del CONI, rappresentata dal suo presidente e dal presidente della Commissione fiscale del CONI, Mancino.
  Da parte nostra, ovviamente, l'intendimento è quello di andare ad elaborare un documento conclusivo da sottoporre al Governo. Colgo l'occasione per chiarire che è un lavoro che intendiamo fare di comune accordo con le forze di opposizione, perché è un tema di interesse assolutamente trasversale e credo che ci sia davvero il bisogno di portare a sintesi le possibili soluzioni rispetto alle criticità che sono state elencate nelle scorse audizioni e che in parte ritornano anche in questa.

  MAURO BERRUTO. Grazie, presidente Malagò. Mi perdonerà se mi sbaglierò nel darle del lei o del tu.
  La premessa è che sono convinto che lei sappia che io voglio molto bene al mondo dello sport, e quindi parto da ciò che lei ha detto nella prima frase, parlando di una riforma che è necessaria e non più procrastinabile; naturalmente, immediatamente dopo, ha aggiunto che dovrà essere una riforma sostenibile.
  Io sono completamente d'accordo sul fatto che occorra trovare questo equilibrio tra il rispetto dei diritti, delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici – ho lavorato per tantissimi anni in tale ambito – e la sostenibilità affinché tutto ciò succeda.
  Proprio per questo concordo su quello che lei ha definito essere il problema psicologico. Come immaginerà, incontro continuamente e quotidianamente realtà, dall'oratorio alla Serie A, che si occupano di sport, e quel problema psicologico oggi esiste. C'è anche un altro problema che io segnalo, e cioè una specie di convinzione, che non so da che cosa nasca, che poi alla Pag. 8fine ci sarà un altro anno ancora, e che magari poi ce ne sarà uno successivo e così via.
  Dopo anche avere audito il Ministro Abodi, che è stato, da questo punto di vista, perentorio sul fatto che il 1° luglio questa riforma partirà. Mi chiedo e le chiedo in che modo possiamo insieme dimostrare questa volontà di tutelare i lavoratori e le lavoratrici e dimostrare la sostenibilità di questa riforma da un punto di vista proprio di comunicazione e di informazione. Io credo, ascoltando moltissimo le realtà piccole, medio-piccole, grandi e grandissime, che veramente ci sia un'enorme confusione da questo punto di vista e ci sia anche una specie di rifiuto della realtà – non so come definirlo in un altro modo – che non credo che risolverà solo una delle due parti in causa, ma che dovremo affrontare insieme nel modo più efficace, nel modo più chiaro.
  Lei ha citato dati che io cito, che sono al momento quelli disponibili, di osservatori esterni, che dimostrano che l'intervento del decreto correttivo ha molto ridotto le problematiche per quanto riguarda le ASD e le SSD. Ascoltandola però è chiaro che riemerge una grande e principale preoccupazione, che è quella dell'impatto economico e finanziario.
  Qui parlo un po' da allenatore, più che da deputato. Credo che non si possa non partire dai dati, e quindi questo impatto dobbiamo calcolarlo nella maniera più oggettiva possibile, perché è la prima fonte di confusione e di disinformazione che ascolto; sento numeri sparati qualche volta davvero molto a caso.
  Quindi, la domanda è in che modo possiamo fare sì che il CONI stesso alle sue federazioni possa comunicare in maniera razionale e oggettiva cosa succederà dal 1° luglio, data che ci metterà poi di fronte necessariamente al compito di individuare una soluzione del problema.
  La seconda questione che voglio affrontare è che, ovviamente, come lei sa benissimo, laddove non arrivasse il legislatore con un'azione realizzata bene, ahimè, arriverà la magistratura, e mi riferisco alle tante sentenze della Corte di cassazione – citate anche dal Ministro Abodi – che si sono espresse tutte in maniera unitaria.
  Temo, proprio da persona che ha a cuore il mondo dello sport, che quello potrebbe essere lo tsunami. Se crescesse ancora – ed evidentemente è destinato ad aumentare – il numero di sentenze della Corte di cassazione che hanno riconosciuto unanimemente quei diritti e quelle tutele, quello sarebbe il meteorite definitivo sul mondo dello sport. Penso si possa affrontarlo con un intervento legislativo.
  Chiudo dicendo che siamo di fronte a un'estate potenzialmente molto importante. Ancora ieri abbiamo lavorato in un'altra Commissione sulla modifica dell'articolo 33 della Costituzione, quindi sul riconoscimento istituzionale di un diritto allo sport. Lei è stato decisivo nel ruolo di unire forze politiche nella precedente legislatura per avviare quel processo.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Primo firmatario.

  MAURO BERRUTO. Esatto. Quindi, come immaginerà, il percorso, se non avrà intoppi – credo di no – porterà probabilmente a giugno, a luglio, ad avere la quarta lettura, l'ultima lettura alla Camera, e vedremo riconosciuto il diritto allo sport.
  Quindi, metto insieme questi due elementi: nascerà un diritto allo sport, quindi nasceranno necessariamente politiche pubbliche destinate a difendere e a mettere a disposizione quel diritto a tutti e a tutte, e probabilmente la legge di riforma del lavoro sportivo, per la prima volta nella storia, riconoscerà la dignità del ruolo di lavoratore.
  Mi piacerebbe sinceramente che queste due occasioni rappresentassero una svolta epocale, naturalmente in meglio, nel mondo dello sport. Credo che sia possibile ed è per questo che siamo qui per cercare davvero di migliorare ciò che è migliorabile.
  Chiudo partendo da quella premessa: una riforma che non è più rinviabile, che non è procrastinabile e che entrerà in vigore. Mi piacerebbe che passasse questo messaggio e che naturalmente potessimo insieme trovare quei correttivi ulteriori, da Pag. 9qui alla data del 1° luglio, per fare sì che questa riforma venga percepita come un bellissimo avvenimento, tanto per i lavoratori quanto per le società.
  Un'ultima questione. Quando valuteremo – so che l'onorevole Perissa ci sta lavorando, ci stiamo lavorando tutti – l'impatto, sia rispetto alle ASD, alle SSD, sia rispetto allo Stato, avremo una cifra potenziale; saranno x milioni di euro (70, 80, non ne ho idea), credo che quello sarà un elemento sul quale insieme, di nuovo, possiamo lavorare anche con proposte di legge, in virtù delle decisioni che prenderà il Governo.
  Perdonatemi, faccio un esempio, che metto molto volentieri a disposizione: esiste una proposta di legge, il cui iter è partito in VII Commissione: è la proposta di legge C. 534 – io sono il primo firmatario – che riguarda l'incremento delle aliquote sull'imposta unica sui concorsi a pronostico e sulle scommesse sportive. Questa proposta di legge ha l'obiettivo di generare un fondo strutturale, che viene definito nell'ordine di 80 milioni all'anno. Quella destinazione, attualmente, riguarda la promozione dello sport, riguarda il CONI, il CIP, gli enti di promozione sportiva. Sarei felice di mettere a disposizione questo salvadanaio, che arriverebbe da questa proposta, per creare quell'ammortizzatore che lei e il Ministro avete sottolineato; che siano tre, che siano cinque, che siano sei anni io non lo so, ma so che siamo in un momento di grande difficoltà e so quello che è successo negli ultimi tre anni. Qualunque sia l'impatto – si parla della famosa forbice fra i 5 e i 15 milioni, del 6-9 per cento – ma so che anche l'1 per cento può essere un problema quando uno è in difficoltà. Credo che una delle vie di uscita, che migliorerebbe anche la comunicazione al mondo intero dello sport dell'entrata in vigore di questa legge, potrebbe essere trovata in questo salvadanaio, che serve per poterla fare entrare in vigore, magari anche a costo zero, per le associazioni sportive, per i primi tre, quattro, cinque anni (poi le cose andranno a sistema e credo che avremo un modello sportivo migliore).

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Malagò per la replica sulle osservazioni che sono state fatte dai colleghi.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Apprezzo molto che si arrivi a una conclusione trasversale, proprio perché il nostro mondo ha questa connotazione, e sarebbe bellissimo, anche come segnale – mi permetto di dire, visto che si è parlato di comunicazione – da parte del mondo della politica.
  In merito alle riflessioni dell'onorevole Perissa e dell'onorevole Berruto – con i quali io per primo ho difficoltà a mantenere questo ruolo formale e istituzionale dandoci del lei, loro sanno benissimo i temi di cui stiamo parlando, conoscono a fondo l'argomento – che cosa mi sento di aggiungere?
  Fate conto che le ASD sono dei ragazzi. Più o meno tutti siamo padri – auguro a chi non lo è di diventarlo – siamo nonni. Ai ragazzi non puoi sempre dire: «Devi fare qualcosa di più», penso che sia sbagliato, penso che alla fine non funzioni, e quindi rientra questo nella dinamica della psicologia. Il cappello della mia relazione era la improcrastinabilità di tutto questo.
  Se però, contestualmente, al ragazzo si dice che c'è qualche opportunità, ad esempio, di uno sgravio fiscale superiore e diverso – iniziativa di cui si è parlato e che sembrerebbe portare un gettito per lo Stato, con gli strumenti che ha a disposizione (addirittura sento una proposta di legge), trasportando nella pratica tutto questo – già rendi il ragazzo – non dico più felice, però sicuramente più disposto ad accettare tutto questo. Infatti, quel ragazzo lì è lo stesso – come sanno Alfio Giomi e Davide Tieghi, che mi hanno accompagnato – che ha scritto, reiteratamente che gli hanno aumentato gli oneri di concessione dieci volte rispetto a quello che era. Si tratta dei circoli della pesca sportiva, della canoa, del canottaggio e della vela: loro svolgono attività no-profit, non vendono prodotti commerciali al banco; no, sono delle piccole ASD dove si fa sport a certi livelli, e non gli è mai stata data una risposta. Sono gli stessi ragazzi che, poiché le ASD non hanno patrimonio, sono arrivati prosciugati, considerataPag. 10 l'assurdità dei costi energetici; non mi riferisco solo ed esclusivamente al caso per antonomasia delle società energivore, quelle legate all'acqua, ma pensate a quelle legate al ghiaccio e a tutte le attività indoor che hanno avuto un carico di costi per bollette spaventosi. Per cui, se tu arrivi con il fiato corto alla fine di questa corsa e ti ritrovi, qualcosa di più, tutto diventa più complicato.
  Andrebbe calibrato – e questo è il vostro mestiere – qualcosa che ricompensi rispetto ad un intervento che è giusto. Purtroppo, non è colpa di nessuno: siamo in questo momento di contingenza storica e questo è rappresentato.
  Consentitemi una riflessione finale. Prima ho detto che loro sono non le fondamenta, non una parte del tutto, ma «sono il tutto». Ma questo perché? Perché, piaccia o non piaccia – dico che piace molto, perché siamo un modello, soprattutto fuori dal nostro Paese – dal dopoguerra il sistema sportivo organizzato è tutto in capo a questi signori; di conseguenza, si sarebbe dovuto trovare un discorso alternativo, soprattutto per attività che riguardano lo sport. In realtà, come ho cercato di spiegare prima, è stata generata della confusione, perché quello è lo sport organizzato, mentre altra cosa è lo sport in capo allo Stato.
  L'onorevole Perissa e l'onorevole Berruto sanno benissimo quanto ci siamo soffermati su questo equivoco di partenza, secondo cui si confonde lo sport di base con lo sport di vertice. Nulla è più sbagliato di questo per chi conosce lo sport, e lo cita chiaramente la carta olimpica, che è praticamente la costituzione del sistema sportivo, non in Italia, ma nel mondo. Lo sport di base con lo sport di vertice. Nelle stesse ASD, come Mauro Berruto sa perché ha allenato una squadra formidabile, si parte con il ragazzino che svolge sport, per sei, sette, otto anni, e ci si ritrova poi con una società che sta in A1 e che porta gli atleti a fare da rappresentanza ai mondiali e alle olimpiadi. Lo sport di base è il principio e la continuità, è le sport di vertice.
  Quello che invece non rientra nel sistema – perché negli altri Paesi è in capo a un'organizzazione sportiva scolastica o a un'organizzazione sportiva universitaria – è lo sport per tutti; è questo il problema. Logicamente, finita la scuola e finita l'università, se uno non si vuole tesserare a una ASD, qualunque essa sia, anche per attività amatoriali, come può essere un EPS (Ente di promozione sportiva), logicamente deve avere alcune opportunità di svolgere attività sportiva.
  Non c'è solo la questione del gruppo sportivo militare – un corpo dello Stato, che lavora con la federazione – ma se non si modifica il decreto legislativo n. 36 del 2021, tutti i professori delle scuole non potranno più andare a insegnare pallavolo o pallacanestro il pomeriggio presso le ASD; per cui ci si ritroverà, non solo a pagare il lavoratore sportivo, ma ad essere costretti a ricorrere al libero mercato privato per prendere qualcuno che faccia i corsi di scuola di sport.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Malagò per il contributo fornito alle Commissioni. Avverto che il presidente Malagò ha messo a disposizione delle Commissioni una memoria, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente della Commissione fiscale del CONI, Andrea Mancino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche afferenti al lavoro sportivo, l'audizione del presidente della Commissione fiscale del CONI, il dottor Andrea Mancino, che saluto e ringrazio per la presenza. Saluto anche il presidente Rizzetto, che prima avevo omesso di salutare, all'inizio dell'audizione.
  Ricordo che, dopo l'intervento del nostro ospite, darò la parola ai colleghi.
  Adesso lascio la parola al dottor Andrea Mancino. Prego, presidente.

  ANDREA MANCINO, presidente della Commissione fiscale del CONI. Grazie.Pag. 11
  Partirei dall'ultima affermazione dell'onorevole Berruto. Onorevole, io sono tra quelli che ritiene questa proroga al 1° luglio non improcrastinabile, ma pericolosa perché, come lei giustamente ha citato, ci sono state queste sentenze della Corte di cassazione, per cui tutti i nostri collaboratori sportivi – che oggi non hanno un'alternativa all'essere inquadrati come collaboratori, ai sensi dell'articolo 67, le cosiddette collaborazioni sportive – che oggi sono in un limbo. Peraltro, se c'era una cosa che ho molto apprezzato del decreto legislativo n. 36 era il fatto che non si dava luogo al recupero contributivo per i contratti antecedenti. Quindi, diciamo che nessuno vuole la proroga.
  Lei, giustamente, parlava dei costi. Le posso dire che ho fatto alcune simulazioni che ho anche illustrato in qualche seminario. In realtà, se andiamo a guardare i soli contributi previdenziali, i costi sono irrisori in questo momento, con la riduzione del 50 per cento, soprattutto se consideriamo i compensi minimi. Ma le posso dire di più: paradossalmente, per compensi di 15.000 euro, oggi il collaboratore incasserebbe addirittura di più di quello che ha incassato oggi. Percepirebbe di più.
  Apprezzo moltissimo lo sforzo fatto prima per redigere il testo e poi per modificarlo con le integrazioni successive, entrate in vigore a novembre del 2022. Detto questo, secondo me oggi abbiamo tutti l'obbligo non di fare il tifo, ma di sederci e di vedere quella che in gergo definirei una messa a terra; ovvero, evidenziare quelli che possono essere degli angoli, degli ostacoli, incongruenze e incoerenze. C'è tutto il tempo, perché fino al 30 giugno, se ci lavoriamo seriamente tutti, il tempo c'è; bisogna mettere intorno al tavolo tutti gli interlocutori, a partire dal Ministero del lavoro, dall'INPS e dall'INAIL.
  Uno dei punti su cui ci si è poco soffermati, è quello di cui lei prima parlava: non i costi contributivi, ma quelli assistenziali. C'è un minimale INAIL per cui corriamo il rischio che per compensi sportivi o di collaborazione di 200-300 euro – proprio l'altro giorno mi è capitato sott'occhio un contratto di collaborazione sportiva fatto per un tecnico di una piccola associazione, il compenso era 200 euro mensili – ci ritroviamo con 200 euro mensili e con 140 euro di contributo minimale dell'INAIL. Corriamo il rischio che ci siano degli obblighi, perché se li consideriamo lavoratori, bisognerà adottare tutte le norme per la sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro. Quindi dobbiamo capire che non siamo in una fabbrica, ma siamo in un'associazione sportiva dilettantistica, e quindi, forse, dovremmo lavorare per perfezionare un abito su misura che vada bene al mondo sportivo e che risponda alle esigenze. Quindi, la preoccupazione non sono i 200 euro in più di contributi previdenziali, ma è tutto quello che gira intorno. E dobbiamo oggi metterlo a fuoco.
  Primo punto. Oggi dobbiamo parlare del lavoro sportivo e delle mansioni. Innanzitutto è fondamentale, per definire il lavoro sportivo, capire quando si verifica un caso di lavoro sportivo. Per definire un caso di lavoro sportivo dobbiamo parlare di mansioni, che devono essere molto delimitate, perché questa è una norma agevolativa e, come tutte le norme agevolative, dobbiamo stare attenti che non ci siano abusi, non ci siano elusioni, non ci siano eccessi; perché, altrimenti, avremmo vanificato tutto il lavoro che stiamo cercando di compiere in questi mesi. Dobbiamo anche capire le mansioni che sono collegate alle attività e alle prestazioni.
  In qualsiasi contratto di lavoro ci sono un committente e un prestatore d'opera. Dobbiamo innanzitutto capire se il committente ha diritto di effettuare contratti di collaborazione sportiva. L'associazione sportiva dilettantistica iscritta nel registro fa veramente l'attività sportiva per la quale le spettano queste agevolazioni applicate ai propri collaboratori?
  Il primo presupposto da cui partire è quello del riconoscimento a fini sportivi. Prima il presidente parlava delle discipline, ma io vorrei declinarla meglio, visto che siamo qui. Se l'associazione sportiva deve essere riconosciuta da una federazione, bisogna eliminare quella che è un'incongruenza della norma: infatti, alle associazioni sportive paralimpiche il riconoscimentoPag. 12 viene dato dal CIP, il Comitato italiano paralimpico – come, secondo me, è giusto che sia – mentre, per le associazioni sportive che fanno capo alle federazioni affiliate al CONI, il riconoscimento è stato tolto al CONI ed è stato affidato alle federazioni. È una incongruenza: penso che siamo tutti d'accordo. O tutte vengono riconosciute dalle federazioni o tutte vengono riconosciute dal CONI. Poiché abbiamo un ente pubblico, che è il Comitato olimpico nazionale, sarebbe giusto dare questo compito al CONI.
  Ma il riconoscimento poi passa attraverso la certificazione delle attività. Nel decreto legislativo n. 39 e nel decreto legislativo n. 36 ci sono alcune incongruenze, in quanto la certificazione delle attività può essere fatta dopo l'inizio dell'attività, non attraverso la semplice iscrizione nel registro. Quindi, forse su questo bisognerà intervenire ragionando su chi certifica l'attività.
  Oltre a essere presidente della Commissione fiscale, sono presidente di una federazione. Devo essere io, come presidente della federazione, ad avere la responsabilità – qui è un problema di responsabilità di tutti gli organismi affiliati – di verificare se le associazioni sportive affiliate svolgono o meno le attività sportive per le quali hanno avuto il riconoscimento e per le quali possono entrare in questo meccanismo del contratto di lavoro sportivo. Se non partiamo dall'elemento soggettivo stiamo sbagliando tutto. Questo controllo, secondo me, deve tornare alle federazioni e agli enti di promozione. Quando parlo di federazioni, intendo federazioni, discipline associate ed enti di promozione.
  Questo punto è importante perché da qui derivano la definizione e il controllo dell'associazione sportiva: se non fai attività sportiva o fintamente vuoi fare attività sportiva, ma fai altro, allora vai fuori e applichi le norme dei normali contratti di lavoro, con le disposizioni fiscali previste per gli enti commerciali. Questo è il primo punto.
  Il secondo punto sono le attività. Nel decreto legislativo n. 36 abbiamo una definizione generica di sport, che è quella della carta europea dello sport, ma è generica. Abbiamo fatto, come CONI, un lavoro lunghissimo per cercare di ripulire il registro da tutta una serie di discipline ignote, che negli anni avevano dato luogo anche ad abusi. Penso che sarà capitato a tutti noi di entrare in qualche ristorante e sentirci chiedere di fare la tesserina. Quindi parlo di controllo e di responsabilizzazione degli enti affilianti perché il controllo lo deve fare l'ente affiliante.
  L'attività sportiva. Visto che, di fatto, mi si dice che il riconoscimento viene dato dalle federazioni, dagli enti e dalle discipline associate, riconosciuti dal CONI, io federazione non posso dare il riconoscimento a un'associazione che non faccia biliardo, parlando della federazione biliardo, ad esempio, perché io sono riconosciuto dal CONI per quelle discipline, così come gli enti di promozione sono riconosciuti dal CONI per sviluppare le discipline. Ma quelle discipline non sono inventate da qualcuno: sono esattamente le discipline riconosciute dal Comitato olimpico internazionale, dal CIO, per il CONI, e dal Comitato italiano paralimpico. Quindi è giusto, secondo me, che quella definizione ritorni a quella che è la sua natura.
  Se questa è una riforma dello sport che va a riformare il CONI, il mondo sportivo e le associazioni sportive dilettantistiche, la definizione di sport deve essere puntuale, perché già abbiamo una definizione di sport generica, ma è quella del codice del terzo settore. Quindi, noi abbiamo una mission: stiamo regolamentando un settore, e quel settore non può prescindere da quelle discipline sportive, non possiamo dire tutto. Questo è il primo punto.
  Secondo punto, e cominciamo ad entrare nel merito. Una volta messi a posto questi punti, ho definito l'associazione sportiva o la società sportiva dilettantistica e l'ho identificata in base ai criteri che ci siamo dicendo: controllo l'attività che fa e verifico che fa quell'attività per la quale io l'ho riconosciuta.
  Quale attività deve fare? Non è chiaro, perché si parla di iscrizione nel registro per le attività sportive, comprese didattica e formazione. La domanda è: le devono fare Pag. 13tutte e tre o ne devono fare una? Secondo me ne basta una delle tre, però va chiarito, altrimenti corriamo il rischio che domani mattina, a fronte di un regolamento di qualche funzionario distratto – perché la legge deve essere fatta in maniera tale da ridurre al minimo le interpretazioni, altrimenti non è una buona legge – che si inventa che vanno fatte tutte e tre, si corre il rischio che qualche associazione sportiva, che con i suoi atleti partecipa solo alle attività sportive agonistiche, poiché decide di non fare attività formativa o attività didattica, potrebbe essere cancellata dal registro e perdere le agevolazioni. Capite tutti che non è una cosa logica: questa cosa non può funzionare. Così come può esserci un'associazione sportiva che si dedica esclusivamente a fare i corsi di formazione per i ragazzini, dopodiché, quando i ragazzini, quelli già bravi, sono diventati più bravini, magari vanno in un'associazione più importante che partecipa ai campionati, che facciamo con questa associazione? La cancelliamo perché non partecipa ai campionati? Questo va chiarito, non può essere lasciato in balìa di una interpretazione.
  Entriamo nel merito del lavoro sportivo. Primo punto: tipologia del rapporto. Per legge possiamo fare rapporti di lavoro subordinato, autonomo o nella forma di collaborazione coordinata e continuativa. Giustamente prima l'onorevole Berruto faceva riferimento alle sentenze della Corte di cassazione. Il punto è che dobbiamo tutelare il lavoratore, ma dobbiamo anche creare una norma che tuteli il presidente dell'associazione sportiva dilettantistica. Quando arriva una verifica, un accertamento, e viene contestato lavoro nero, la sanzione viene irrogata all'associazione sportiva, ma ne risponde in solido e illimitatamente il presidente dell'associazione. Ci sono presidenti di associazioni che hanno dedicato la loro passione, il loro tempo e si trovano a dover rispondere con il loro patrimonio per accertamenti di 300.000 o di 400.000 euro per lavoro nero. Allora dobbiamo fare in maniera tale che ci sia la tutela del lavoratore, ma una norma chiara che tuteli anche l'associazione sportiva.
  Giustamente l'onorevole Berruto parlava delle sentenze della Corte di cassazione. C'è anche una sentenza della Corte costituzionale, più o meno degli Anni '90, che dice che nemmeno il legislatore ha la disponibilità del tipo di rapporto di lavoro. Il Parlamento italiano non può mettere dei parametri e dire se il contratto di lavoro è subordinato, autonomo o di collaborazione coordinata e continuativa, perché dipende dalle modalità in cui quel rapporto di lavoro si sviluppa. Solamente il giudice – così dice la Corte costituzionale – è abilitato a poter decidere se quel rapporto di lavoro è di collaborazione o di lavoro subordinato. Questo significa che abbiamo una presunzione di diciotto ore all'interno di questa norma per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, dove si dice che fino a diciotto ore c'è la presunzione. Ciò non esclude che anche oltre le diciotto ore il contratto possa essere di collaborazione coordinata e continuativa, perché se viene svolto in maniera autonoma, senza una eterodirezione, è un contratto di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa. Quindi, se dobbiamo mettere questa presunzione – fermo restando che di fronte a un tribunale potrebbe non reggere, perché non è una presunzione assoluta, visto che nemmeno il Parlamento può decidere questa cosa – allora diamo un'indicazione più ampia, giusto per tranquillizzare le associazioni. Diciotto ore in una piccola associazione sportiva sono poche, perché diciotto ore, esclusa la partecipazione a manifestazioni sportive, significa tre-quattro ore al giorno. Magari c'è qualcuno che vi si dedica, anche autonomamente, nel pomeriggio per cinque ore. Pertanto, se vogliamo tranquillizzare l'ambiente sportivo, aumentiamo da diciotto a ventiquattro ore. Tuttavia, in realtà, il vero problema non è questo. Il vero problema è che – a meno che non parliamo di persone che hanno un altro lavoro e che nel pomeriggio poi si dedicano in autonomia a fare questo – se faccio solamente quel lavoro, faccio solamente l'istruttore in quell'associazione sportiva per quattro-cinque ore al giorno e se domani mattina vengo cacciato, potrei rivendicarePag. 14 un rapporto di lavoro subordinato.
  Allora diamo un'alternativa, diciamo alle associazioni sportive dilettantistiche che, in alternativa al contratto di collaborazione coordinata e continuativa, può essere previsto anche un rapporto di lavoro subordinato, con aliquote previdenziali agevolate, fissando una soglia di reddito. Immaginiamo che la soglia di reddito che vogliamo fissare sia 25.000 euro, e quindi fino a 25.000 euro tu paghi le stesse aliquote previdenziali, le stesse soglie di esenzione fiscale e previdenziale previste per la collaborazione coordinata e continuativa. Questo lo lasciamo nella libera autonomia di scelta, a seconda dei casi, delle associazioni, ma diamo un percorso, un'alternativa, una possibilità a chi vuole inquadrare regolarmente come lavoratore subordinato il soggetto che va tutti i giorni a fare l'istruttore di biliardo, di tennis, di ginnastica, di pallavolo.
  Anche su questo aspetto dobbiamo dirci le cose chiaramente. È vero che diamo una tutela previdenziale con questa norma, è vero che diamo una tutela assistenziale, perché comunque dobbiamo versare i contributi INAIL, ma anche su questo sarà opportuno, e spero che venga fatto, un tavolo con l'INPS e con l'INAIL in particolare, per definire anche quelle che possono essere le aliquote applicabili nei casi di compensi bassi; perché se noi partiamo sempre dal minimale, o prendo 200 euro al mese, come il caso che vi citavo prima, o ne prendo 1.200, sempre su un minimale di 1.400 euro mensili devo pagare i contributi INAIL. Quindi, probabilmente, anche là bisognerà fare un ragionamento, perché altrimenti si corre il rischio di pagare più contributi INAIL di quelli che si pagano per il compenso minimo al collaboratore.
  Tornando al discorso, questi collaboratori che versano questi contributi, alla fine che pensione avranno? Avranno un trattamento previdenziale? La risposta è no, perché quelli che vengono versati sono tutti contributi silenti. E allora il contributo, se c'è la disponibilità, non deve essere dato all'associazione sportiva, ma deve essere dato sotto forma di sgravi contributivi. Quindi sarebbe meglio non parlare di riduzione dei contributi del 50 per cento fino al 31 dicembre 2027, ma di sgravi contributivi fino al 31 dicembre 2027. La differenza la mette lo Stato, così come prevede adesso la legge di bilancio per i giovani che vengono assunti. Tutto ciò sempre che ci siano le risorse: questo dovrà verificarlo il MEF.
  Però voglio dire anche che, attenzione, ad oggi noi non incameriamo nulla sotto forma di versamento contributivo ma da domani mattina cominceremo a incamerare. Nel momento in cui si faranno i conteggi bisognerà comprendere anche quello che stiamo incamerando, perché tutti i soggetti che per tutti questi anni hanno fatto solo attività nel mondo sportivo e non hanno versato nessun euro di contributo, poi comunque percepiranno la pensione sociale e quindi ci sarà un'uscita per lo Stato, senza che ci sia mai stata un'entrata. Allora forse bisogna, insieme con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero del lavoro, fare proiezioni e conteggi. Io non sarei per dare i soldi all'associazione sportiva, ma per metterli come oneri figurativi sulla singola posizione del collaboratore.
  Le mansioni. Qua si parla di mansioni e si dice che è lavoratore sportivo colui che percepisce un corrispettivo a fronte di mansioni, definite in base ai regolamenti delle federazioni, degli enti promozionali e delle discipline associate.
  Quando nel 2015 facemmo un tavolo di confronto con l'Ispettorato nazionale del lavoro, venne emanata la circolare n. 1 del 2016 che stabiliva che le mansioni dovevano essere definite dagli organismi affilianti. È stata una cosa che non ha funzionato, tant'è che chiedemmo di modificare la norma per far coordinare queste mansioni dal CONI. Accadeva che se una federazione inseriva una mansione e un'altra non la inseriva, il soggetto che svolgeva la stessa mansione per due organismi diversi affiliati a due federazioni diverse, per una era lavoratore sportivo, era collaboratore sportivo, e per l'altra non lo era. Quindi c'è bisogno di un coordinamento. Anche sulle mansioni è necessario che ci sia la regia Pag. 15dell'organismo preposto, quindi CONI e Comitato italiano paralimpico da un lato, che, ascoltate le federazioni, viste le esigenze, elabori un elenco di mansioni che sia poi approvato dal Ministero competente, in questo momento il Ministero dello sport, insieme con il Ministero del lavoro. Il lavoro preliminare può essere fatto dal CONI, in modo da dare uniformità, distinto per discipline, perché le mansioni che servono per il ciclismo non sono le stesse che possono servire per il nuoto; ci deve essere perlomeno una coerenza e un'analisi.
  Abbiamo le collaborazioni per le prestazioni amministrativo-gestionali. Anche là bisogna fare chiarezza. Da un lato, ci dicono che non rientrano nel lavoro sportivo. Quando si parla di definizione del lavoratore sportivo si dice che non si applica per le collaborazioni amministrativo-gestionali. Posso essere d'accordo o meno, non è questo l'aspetto importante. Negli articoli successivi, invece, viene detto che le collaborazioni amministrativo-gestionali godono delle stesse agevolazioni delle collaborazioni sportive. Allora: rientrano o non rientrano? E, se rientrano, quale aliquota applicare, quella del 33 per cento – l'aliquota base per il lavoro subordinato e delle collaborazioni coordinate e continuative – o l'aliquota del 25 per cento o del 24 per cento, a seconda che io abbia o meno un altro impiego e un'altra forma previdenziale? Quello è un altro aspetto importante, perché chi ha vissuto, ma credo un po' tutti, la vita delle piccole associazioni sportive, sa benissimo che ci sono queste figure come quelle della ragazza che annota l'incasso, fa la prima nota e organizza delle cose, che viene inquadrata come collaboratore amministrativo-gestionale. E anche là il mondo dello sport ha bisogno di certezze. Ci sono o non ci sono? E, se ci sono, quali sono le aliquote e quali sono le condizioni?
  Come ha detto prima il presidente Malagò, abbiamo abolito – secondo me con un po' di fretta – l'articolo 67, comma 1, lettera m), che è quello che regolamentava le indennità sportive. L'articolo 67 disponeva che sono redditi diversi se non rientrano nel reddito di lavoro autonomo o di lavoro subordinato: è quello che la Corte di cassazione, nelle sentenze che venivano citate prima, ha dichiarato non applicabile. Però ci sono tante figure nel mondo dello sport che percepiscono indennità irrisorie da 200 euro, 100 euro. Li inquadriamo come collaboratori coordinati e continuativi? Nel mondo dello sport esiste la figura di chi si reca in gara durante una manifestazione, accompagnando i ragazzini che devono partecipare, e che percepisce dalla sua associazione sportiva 50/100 euro di rimborso forfettario delle spese. Come la inquadriamo? Non possiamo eliminare la figura del lavoro da reddito diverso per questi casi, perché questi sono proprio i casi tipici di reddito diverso. Come caso tipico di reddito diverso è quello degli arbitri e dei direttori di gara. La legge dice che devono essere contrattualizzati dalle federazioni, che devono stipulare un contratto di collaborazione con i direttori di gara e con tutti gli altri soggetti che sono addetti alle misure, ai tempi, eccetera. Questo va bene se parliamo di sport di alto livello; può andare bene per gli arbitri di Serie A di calcio, per gli arbitri di basket, piuttosto che di pallavolo. Già anche nelle stesse federazioni, quando andiamo nelle serie minori, l'arbitro è un soggetto al quale capiterà dieci domeniche all'anno di andare ad arbitrare e per quell'arbitraggio prende 50/100 euro. Che facciamo, li contrattualizziamo tutti come federazione? È impossibile. Queste sono le classiche figure che hanno un altro lavoro o sono studenti che, per passione, arbitrano dieci partite all'anno, convocati dalla loro commissione arbitrale regionale, e prenderanno 50/60 euro. Che facciamo, facciamo tutte collaborazioni? Mi viene detto che fino a 5.000 euro non c'è. Onorevole Berruto, sono d'accordo, ma non può essere contrattualizzato. Sono migliaia queste figure, perché qua parliamo di tutte quelle figure occasionali, degli arbitri, del dirigente accompagnatore, parliamo di chi va a dare la propria opera su un campo di gioco per garantire la manifestazione sportiva. Sono prestazioni prettamente occasionali e non possiamo pensare che tutte queste vengano contrattualizzate. Sono proprio il caso specificoPag. 16 dei redditi diversi. Allora mettiamo un limite di gettone giornaliero, mettiamo un limite di numero di prestazioni, ma semplifichiamo, perché in tanti casi sono le piccole associazioni che organizzano manifestazioni, tornei a sessantaquattro partecipanti e chiamano una persona ad arbitrare. Che fa la federazione, fa i contratti a tutti? Idealmente va tutto bene, però poi ci dobbiamo calare nella realtà e far sì che questa legge risponda a tutte le varie esigenze della realtà operativa.
  I premi. Anche qua c'è una regolamentazione. Sono d'accordo sulle regolamentazioni e che i premi corrisposti durante le manifestazioni vengano assoggettati a ritenuta del 20 per cento a titolo d'imposta. Ma dobbiamo prevedere una piccola soglia di esenzione perché, in tanti casi, magari non negli sport di squadra, ma negli sport individuali, ci sono gare regionali e provinciali, dove il premio del sedicesimo è 100 euro e viene affidato all'associazione sportiva. Stiamo parlando di importi minimi – poi quando cominciamo a parlare di importi di 500 euro, 1.000 euro, 10.000 euro, allora ci siamo, perché vuol dire che dietro c'è un'organizzazione che li vuole corrispondere – e quando parliamo di piccoli importi prevediamo una piccola soglia di esenzione che consente, dal mio punto di vista, di evitare aggravi e appesantimenti.
  Infine, abbiamo bisogno di definire le regole per i dipendenti della pubblica amministrazione. Tutti: dal dipendente della scuola, al dipendente del comune, al dipendente delle Forze armate, perché è vero che possono svolgere la loro opera in maniera volontaria, previa comunicazione o, in alcuni casi, autorizzazione, ma ci sono tantissimi casi, e, se parliamo di federazioni, parliamo addirittura di tecnici che adesso sono a fianco alle squadre che dovranno qualificarsi per le olimpiadi, e dal 1° luglio 2023 corriamo il rischio che questi tecnici non possano più prestare la loro opera. Allora sarà il caso di sedersi e, come è stato risolto il problema dei professionisti che svolgono la loro attività professionale, dei professori universitari che svolgono comunque la loro attività, dei medici che svolgono la loro attività intramoenia a determinate condizioni, affrontiamo pure questo problema, perché nell'alto livello abbiamo i tecnici delle Forze armate e gli atleti delle Forze armate, che praticamente sono fondamentali in questo momento delicato per le qualificazioni olimpiche, sono un elemento vitale per le federazioni; ma se scendiamo al livello delle associazioni sportive dilettantistiche, se parliamo di dipendenti pubblici parliamo anche nell'insegnante di educazione fisica o dell'impiegato comunale che ha una passione per uno sport e dopo il lavoro magari si dedica, per quelle famose 200 euro al mese che vi dicevo prima, a seguire i ragazzini. E noi che facciamo? Questo è un punto che assolutamente andrà affrontato subito, perché il 1° luglio è domani. Altrimenti, dal 1° luglio alcuni gruppi sportivi militari hanno già comunicato che non daranno le autorizzazioni ai propri tecnici e ai propri atleti di poter continuare le attività che stanno svolgendo. Sarà quindi importante che questa Commissione solleciti o prenda atto di questa difficoltà del mondo sportivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Andrea Mancino. Passiamo agli interventi dei colleghi.

  MAURO BERRUTO. Grazie, dottor Mancino, per i tantissimi elementi e per il dettaglio delle informazioni. Ci sarebbero tantissime cose, però mi riservo solo un paio di notazioni.
  Innanzitutto, la ringrazio tanto, mi permetta di dirlo, per la crudeltà con la quale ci ha ricordato che purtroppo i lavoratori dall'INPS non riceveranno nessun tipo di restituzione. Come immaginerà conosco bene il principio. Però mi interessava sottolineare come nell'attuale proposta, con il correttivo necessario da trovare per i minimali dell'INAIL, quello sia comunque un passo in avanti, che vale sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, nel senso che, come lei sa, ha fatto più volte riferimento a un mondo vastissimo di volontari e di persone che magari si mettono in macchina tre ragazzini o ragazzine per andare a giocare alla partita, che rischiano poi in solido in maniera individuale. Certamente, con un Pag. 17correttivo, credo che quello sia un grosso passo in avanti anche per la fascia più piccola rispetto al reddito.
  Su questo tema onestamente ho compreso di meno il passaggio legato alla retribuzione di quelli che sono volontari o pseudo volontari. La soglia a 5.000 euro, se la matematica non mi inganna, significa più o meno un rimborso mensile di 400 e rotti euro. Evidentemente esiste, in questo momento, una tutela che riguarda questa parte, che è molto numerosa. Chiaramente dovremo approfondirlo. Abbiamo chiesto anche al dottor Cozzoli il reale dato numerico di quel mondo, perché sappiamo bene che probabilmente è molto più vasto di quello che i numeri ci dicono.
  Un'ultima cosa. Io ho fatto parte sia del mondo sportivo da ragazzino, per cui andavo nella palestra di pallavolo e ci stavo sette/otto ore al giorno perché allenavo under 14, under 16, under 18 e così via, quindi comprendo quello che ha detto sul monte orario. Ho fatto anche parte di un mondo che è molto difficile sostenere che non rientri in un contesto di eterodirezione: quando mi allenavo in un club mi dicevano anche a che ora andare a pranzo e a cena e come vestirmi, ed è dura sostenere che lì non ci sia una eterodirezione molto più forte che in altri ambiti del mondo lavorativo.
  Quindi volevo un ulteriore chiarimento, se è possibile rapidamente, su questa proposta di avere due macrocategorie – se ho capito bene, – con una soglia economica, quando tutto il lavoro dei correttivi è stato fatto sulla base di un errore iniziale, che era quello di fare una fotografia unica di un mondo estremamente vasto, che va dall'oratorio alla Serie A di calcio. È stato fatto un tentativo, secondo me, molto efficace di mettere a fuoco invece diverse anime di quel mondo, e mi sembra che lei proponga di tornare a una semplificazione su due macrocategorie. Volevo solo un chiarimento su questo. Grazie.

  GAETANO AMATO. Grazie, presidente. Dottor Mancino, vorrei che lei ci chiarisse, quando accenna ai 50 euro di rimborso, se ritiene che si stia parlando di un lavoro continuativo, e quindi arriviamo ai 5.000 euro di cui parlava l'onorevole Berruto, o se parla di cose altamente saltuarie. Se non sbaglio, lei ha fatto riferimento a dieci prestazioni l'anno; per cui non si può parlare di un lavoro a 5.000 euro, non è una cosa continuativa, è una cosa che capita occasionalmente. Non ritiene che questo tipo di contribuzione debba uscire completamente fuori dal dichiarato fiscale? Ne avevo già parlato con lei. Quando si parla di volontario, che non percepirà più un euro per quello che fa, a meno che non esca fuori dal comune di residenza, lei ha fatto notare che il comune di residenza Roma è un conto e il comune di residenza Valmontone è un altro. Spostarsi da Roma Sud a Roma Nord è come andare da Valmontone a Tivoli praticamente. Quindi le volevo chiedere di precisare meglio il suo pensiero su queste figure di volontari che percepiscono di tanto in tanto una forma reddituale, che è solamente un rimborso.
  Concludo dicendo che, con tutto quello che lei ci ha fatto notare, non so immaginare dove arriveremo; ci sarà non da lavorare, ma da passare giorni a ragionare su questo, perché lei ci ha posto una serie di interrogativi, secondo me, seri, su cui riflettere davvero tanto. La ringrazio.

  VALENTINA BARZOTTI. Grazie, presidente. Semplicemente mi collego a quello che diceva il collega Amato, rispetto alle tematiche lavoristiche. Chiederei se si può precisare meglio intanto il numero delle persone di cui stiamo parlando e spiegare meglio, puntualizzando, il perché la presunzione di subordinazione non è lo strumento adatto per il contrasto agli abusi nell'ambito del lavoro sportivo. Lo chiedo perché il ragionamento dell'occasionalità potrebbe avere un senso, in astratto, però poi nelle declinazioni pratiche sono tantissime le professioni per cui c'è il problema dell'occasionalità; mi vengono in mente, banalmente, le guide turistiche, piuttosto che tanti altri comparti. Per cui, se dovessimo applicare questo tipo di ragionamento, quello dell'occasionalità, in generale, a cascata, dovremmo poi replicare questo modello anche in altri settori. Quindi le chiederei una precisazione. Grazie.

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  MARCO PERISSA. Grazie, presidente. Grazie anche al dottor Mancino per l'intervento.
  Le sollecitazioni che sono pervenute dall'intervento del presidente Mancino sono molteplici, di caratterizzazione differente rispetto agli ambiti di intervento, di potenziale criticità che ha toccato, e credo ci aiutino in maniera estremamente esaustiva a comprendere la complessità del tema che stiamo cercando di affrontare in queste settimane di intense audizioni.
  Saluto, devo dire, con gioia anche l'intervento del collega Amato, soprattutto nella sua parte conclusiva, quando giustamente diceva: «Di fronte a così tante, oltre che nel numero, anche nella qualità, segnalazioni, non so dove arriveremo». Lo saluto con piacere perché almeno in queste due, tre settimane di lavoro in audizione, mi sembra chi ci sia una rinnovata consapevolezza da parte di queste Commissioni – e già il fatto che sono due a lavorare sul tema dovrebbe dare la misura della complessità dell'argomento – quando andiamo a vedere nel dettaglio, come abbiamo fatto in queste settimane, che si tratta di un tema davvero difficile.
  L'improcrastinabilità dell'entrata in vigore del decreto del 1° luglio, la ribadisco e ci tengo, per l'affermazione del principio che sottintende al concetto di lavoro sportivo, che è un principio di dignità nei confronti dei lavoratori sportivi e di rispetto delle loro professionalità. È improcrastinabile anche perché è collegata al tema del vincolo sportivo, che, secondo me, è una delle peggiori pratiche che esistano in Italia all'interno del sistema sportivo e che necessariamente va sostituita, con il contributo fondamentale delle federazioni, il più presto possibile, restituendo ai genitori la patria potestà dei propri figli minori sulla libertà di scegliere dove potersi allenare, senza dover pagare una società o l'altra per effettuare questo cambio, pur riconoscendo il legittimo investimento in termini di formazione alle società sportive che hanno investito sulla crescita tecnica dei ragazzi e delle ragazze che si allenano presso i loro centri sportivi.
  L'improcrastinabilità però ci mette anche nelle condizioni, come dicevo in passato, di una assunzione di responsabilità cogente.
  Non farò un intervento di quattordici minuti, però ci tengo a precisare, anche riprendendo le parole del presidente Malagò, che credo in un modello sportivo circolare. Mi piace credere alla narrazione rappresentata da un importante atleta olimpico durante un convegno, in cui diceva: «Io sono nato bambino in una piccola società di periferia, poi ho vinto quattro medaglie olimpiche, e ora che la mia carriera professionale è volta al termine perché ormai ho raggiunto una certa età e le mie performance non sono più all'altezza di quanto richiesto, ho deciso di tornare a fare l'allenatore gratuitamente nella società nella quale sono cresciuto». Credo che questa narrazione rappresenti in maniera estremamente plastica quello che io intendo per sistema sportivo circolare, che parte dalla base, arriva al vertice, ma che poi rimette a disposizione quelle competenze alla base.
  Noi dobbiamo intervenire ora su quello che citava il presidente Mancino poco fa, che è la definizione di sport. Mi perdoni questo gioco che sto per fare, ponendole una domanda della quale già conosco la risposta, ma anche a beneficio di chi ci ascolta è bene chiarire. Quando lei pone l'attenzione sulla definizione di sport che è prevista all'interno del decreto e richiama l'eventuale possibilità di rischio che soggetti che non sono assoggettati a controllo istituzionale possano aderire a un sistema fiscale e tributario giuslavoristico agevolato in forza della definizione ampia, stiamo sostanzialmente dicendo che il parkour, che non è una disciplina tra le trecentottanta e passa riconosciute dal Comitato olimpico nazionale – motivo per cui un'associazione che pratica parkour non ha diritto di accedere al registro e quindi ai benefici fiscali e tributari giuslavoristici derivati – secondo questa definizione, pur senza entrare nel registro e quindi senza subordinare la propria attività a un controllo delle istituzioni preposte, potrebbe accedere alla normativa sul rapporto di lavoro. Se questo Pag. 19è quello che ho inteso, mi sembra evidente che delle due l'una: o il parkour torna a essere una disciplina sportiva, oppure si aggiusta la definizione di sport all'interno del decreto previsto.
  C'è un altro aspetto, per cui mi viene da citare le parole del ministro Abodi nelle audizioni precedenti, che riguarda il tema dei conteggi. Al termine di un primo ciclo di audizioni, ad eccezione fatta dal CIP, che spero possa partecipare presto alle audizioni, è prevista l'audizione dei principali stakeholders del sistema sportivo, Ministero, Sport e Salute, CONI. Mi sembra evidente che nessuno dei nostri soggetti interlocutori istituzionali autorevoli sia in grado di dare cifre sull'impatto economico della riforma e dal punto di vista di certificazione dei soggetti giuridici che operano, oppure delle persone fisiche che dovrebbero rientrare in questa riforma.
  Lo dico solo come spunto – e arrivo immediatamente alla conclusione di questa riflessione – circa la necessità di fare emergere il mondo dello sport, non dal nero, ma da questo velato pregiudizio che lo vincola a non poter decollare continuando a dire: «è volontariato, quindi è approssimazione, quindi non c'è bisogno dei bilanci, non c'è bisogno del deposito, non c'è bisogno delle ricevute, non c'è bisogno dei contratti», È arrivato il momento – forse questo 1° luglio e il riconoscimento in Costituzione del diritto allo sport – che questo mondo emerga. Però questo ci dà la misura di come l'entrata in vigore del 1° luglio e l'inizio di queste audizioni non siano il punto di partenza di un tavolo permanente, ma non di una o due Commissioni; bensì delle istituzioni tutte e delle forze parlamentari in maniera orizzontale e trasversale, per permettere a questo mondo di ricoprire il ruolo che merita.
  In questo scenario il 1° luglio diventa una tappa, e se anche la riforma dovesse entrare in vigore con un certo numero di correttivi, possiamo immaginare nel corso di questa legislatura che possa essere il punto di partenza per continuare a correggere il sistema del lavoro sportivo, portandolo a perfezionamento. È importante introdurre questo elemento: si ha la possibilità di correggere i decreti anche entro i primi dodici mesi dalla loro entrata in vigore e quindi c'è tempo anche dopo il 1° luglio per mettere in campo una serie di elementi migliorativi, correttivi e maggiormente esaustivi dal punto di vista normativo, per andare a costruire un sistema di monitoraggio e di censimento che permetta al legislatore anche di certificare l'impatto delle proprie iniziative legislative. Ma, ancora prima – e qui cito le parole del ministro Abodi della settimana scorsa – è importante fare i conteggi prima scrivere le norme, e non dopo. Perché se noi riusciamo, come giustamente diceva il Ministro, a fare i conti prima di mettere in campo una norma, preveniamo la degenerazione di un effetto normativo indesiderato; se lo facciamo, contiamo i morti, e non credo che ce le possiamo permettere.
  Per concludere davvero questa mia riflessione, ringraziando ancora tutte le persone che sono state audite in queste tre settimane, dal presidente Cozzoli, al presidente Malagò, al ministro Abodi, al presidente Mancino, credo che in questa prima fase, in questo primo ciclo di audizioni, l'elemento principale che porto personalmente a casa, a nome personale, a nome di Fratelli d'Italia, è l'enorme quantità di lavoro che c'è da fare su questo tema. E, nel ribadire la ferma volontà di Fratelli d'Italia di non tirarsi indietro neanche di un centimetro sull'affermazione del principio che sottintende il riconoscimento del lavoro sportivo, ribadiamo il ringraziamento a tutti quelli che hanno partecipato alle audizioni e la nostra ferma disponibilità a operare quotidianamente nella soluzione dei problemi, che speriamo siano il meno possibile, nel minor tempo possibile.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Perissa. Presidente Mancino, se vuole replicare brevemente, prego.

  ANDREA MANCINO, presidente della Commissione fiscale del CONI. Onorevole Berruto, non mi sembra che la mia proposta – forse sarò stato io poco chiaro, magari la leggerà nella relazione – sia quella di ritornare a due fronti, amatori e Pag. 20lavoratori. La mia proposta è quella di incrementare le possibilità per una associazione sportiva.
  Come giustamente diceva lei prima, in tanti casi, a fronte di un controllo di un ente accertatore o di una contestazione mossa dal collaboratore sportivo, potrebbe diventare difficile per il presidente dell'associazione dimostrare che non è lavoro subordinato, ma è una collaborazione gestita in piena autonomia. Quello che io sto dicendo è semplicemente, per soglie di reddito più basse (immaginiamo per compensi fino a 25.000 euro) di prevedere la possibilità per l'associazione sportiva di stipulare un contratto di lavoro subordinato, in modo che stia anche più tranquilla, con le medesime condizioni di favore che abbiamo previsto per le collaborazioni coordinate e continuative. Lei sa benissimo che ci sono casi, ne abbiamo parlato in questi anni, di sportivi dilettanti che percepivano centinaia di migliaia di euro come sportivo dilettante. Quindi, forse, superata una soglia minima di 25.000 euro, per la differenza, si cominciano ad applicare le aliquote ordinarie del lavoro subordinato e magari si riduce la soglia di esenzione.
  Diamo un'ulteriore possibilità a un presidente di un'associazione sportiva, che magari a parità di costo o anche con un costo leggermente più alto – perché con il contratto di lavoro subordinato saranno necessari alcuni adempimenti – di una finestra in più, diamogli una carta in più da poter giocare. Questa è la mia proposta, che quindi non è ritornare a una dicotomia amatore e lavoratore, ma è quella di una struttura; ma, con il lavoro subordinato, prevediamo anche delle agevolazioni per compensi di importo più basso. Posso fare un contratto di collaborazione coordinata e continuativa anche per 1 milione di euro, quindi non mi sembra che se do la possibilità a un'associazione fino a 25.000 euro, fino a 20.000 euro di fare un contratto di lavoro subordinato, con quelle aliquote previste per le collaborazioni coordinate e continuative, sia uno scandalo. Credo che su quello si possa ragionare e non è detto che debba essere per forza così.
  Per quanto riguarda il lavoro occasionale, per occasionalità parliamo di situazioni che non hanno una continuità. Per me va bene se stipulo un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con una continuità di rapporto, ma se parliamo della persona che su quarantotto/cinquantadue domeniche di un anno, ne dedica venti per andare ad accompagnare i ragazzini sul campo di gara la domenica, non si può parlare di continuità, ma di un'occasionalità e comunque per minimi importi. Poi vedremo quali possono essere le soglie minime e massime.
  Sui 5.000 euro, mi dispiace, ma per quelli non devo fare comunicazione al centro per l'impiego; non devo fare niente. Tuttavia, i 5.000 euro che citava prima l'onorevole Berruto, sono per la continuità, per un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che non c'entra niente con i rapporti occasionali. Anzi, vi dico di più: le integrazioni che sono state fatte a novembre hanno abrogato l'unica voce del decreto legislativo n. 36 che parlava di lavoro autonomo occasionale.
  I rimborsi dei volontari. È quello che ci dicevamo prima. Ma, attenzione: perché una cosa è fare Valmontone-Roma come trasferta; ma, probabilmente, faccio più chilometri se devo partire da Roma Sud e andare all'estremo di Roma Nord. Quindi perché lo deve fare a sue spese solo perché è nel comune di residenza? Dobbiamo valutare questa cosa.
  L'onorevole Barzotti mi chiedeva la presunzione di subordinazione. C'è un limite molto labile tra l'autonomia e la subordinazione, quando c'è una continuità di rapporto, quando ci sono ore di lavoro predeterminate e quando c'è un compenso predeterminato. Se entro alle 9 di mattina ed esco all'una dalla palestra, ritorno alle 3 del pomeriggio ed esco alle 7 non è semplice. Come presidente di un'associazione sportiva, ripeto che dobbiamo ringraziare queste persone che si assumono responsabilità e corrono rischi enormi. Credo che abbiamo il dovere di tutelare i lavoratori, ma anche tutti quelli che mettono a disposizione la loro opera e dar loro normative certe e chiare, che non possano essere Pag. 21oggetto di interpretazione. Più facciamo una norma calata sulla realtà e più siamo sicuri che tutti questi fenomeni emergano. Peraltro, vi sottolineo un'altra cosa. Sarebbe il caso, forse, di reintrodurre come obbligo per le associazioni sportive di comunicare tutti i rapporti di collaborazione che hanno nel registro e di depositare il rendiconto economico finanziario. Sarebbero altri due aspetti che consentirebbero ancora di più di fare emergere la realtà del movimento.

  PRESIDENTE. Grazie per il suo contributo dato alle Commissioni, presidente Mancino.
  Avverto che il presidente Mancino ha messo a disposizione delle Commissioni una memoria, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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