Sulla pubblicità dei lavori:
Calandrini Nicola , Presidente ... 4
Audizione di rappresentanti dell'ANCI, in videoconferenza, dell'UPI, in videoconferenza, e della Conferenza delle regioni e delle province autonome
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Calandrini Nicola , Presidente ... 4
Canelli Alessandro , sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'ANCI ... 5
Calandrini Nicola , Presidente ... 11
Menesini Luca , componente del comitato direttivo e responsabile per la finanza dell'UPI ... 11
Calandrini Nicola , Presidente ... 16
Alparone Marco , vicepresidente della regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 16
Calandrini Nicola , Presidente ... 22
Righini Giancarlo , assessore per il bilancio, la programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia, pesca, parchi e foreste della regione Lazio e coordinatore vicario della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 22
Calandrini Nicola , Presidente ... 24
Roggiani Silvia , intervento in videoconferenza ... 25
Lorenzin Beatrice ... 26
Rossi Angelo (FDI) ... 27
Grimaldi Marco , intervento in videoconferenza ... 28
Calandrini Nicola , Presidente ... 30
Alparone Marco , vicepresidente della regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 30
Righini Giancarlo , assessore per il bilancio, la programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia, pesca, parchi e foreste della regione Lazio e coordinatore vicario della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 32
Menesini Luca , componente del comitato direttivo e responsabile per la finanza dell'UPI ... 33
Canelli Alessandro , sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'ANCI ... 34
Calandrini Nicola , Presidente ... 37
Audizione di rappresentanti del CNEL
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Calandrini Nicola , Presidente ... 37
Brunetta Renato , presidente del CNEL ... 37
Calandrini Nicola , Presidente ... 47
Magni Tino , intervento in videoconferenza ... 47
Dell'Olio Gianmauro (M5S) ... 48
Calandrini Nicola , Presidente ... 50
Brunetta Renato , presidente del CNEL ... 50
Calandrini Nicola , Presidente ... 53
Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Calandrini Nicola , Presidente ... 53
Nicoletti Altimari Sergio , capo del Dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia ... 53
Calandrini Nicola , Presidente ... 63
Lorenzin Beatrice ... 63
Dell'Olio Gianmauro (M5S) ... 65
Del Barba Mauro (IV-C-RE) ... 66
Calandrini Nicola , Presidente ... 67
Nicoletti Altimari Sergio , capo del Dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia ... 67
Calandrini Nicola , Presidente ... 69
Audizione di rappresentanti della Corte dei conti
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Calandrini Nicola , Presidente ... 69
Flaccadoro Enrico , presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 70 ... 70
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 80
Rossi Angelo (FDI) ... 81
Lorenzin Beatrice ... 81
Pagano Ubaldo , intervento in videoconferenza ... 82
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 83
Flaccadoro Enrico , presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 85
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 88
Flaccadoro Enrico , presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 89
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 89
Audizione di rappresentanti dell'ISTAT
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 89
Chelli Francesco Maria , presidente dell'ISTAT ... 89
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 103
Chelli Francesco Maria , presidente dell'ISTAT ... 105
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 106
Savio Giovanni , direttore della Direzione centrale per la contabilità nazionale dell'ISTAT ... 106
Misiani Antonio ... 107
Chelli Francesco Maria , presidente dell'ISTAT ... 108
Savio Giovanni , direttore della Direzione centrale per la contabilità nazionale dell'ISTAT ... 108
Chelli Francesco Maria , presidente dell'ISTAT ... 109
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 110
Audizione della presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 110
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 111
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 121
Guerra Maria Cecilia , intervento in videoconferenza ... 121
Del Barba Mauro (IV-C-RE) ... 123
Misiani Antonio ... 124
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 125
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 126
Misiani Antonio ... 127
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 127
Arachi Giampaolo , componente del Consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 128
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 128
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 132
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 132
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 132
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 132
Misiani Antonio ... 132
Cavallari Lilia , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 132
Dell'Olio Gianmauro , Presidente ... 133
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
NICOLA CALANDRINI
La seduta comincia alle 14.40.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'ANCI, in videoconferenza, dell'UPI, in videoconferenza, e della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
PRESIDENTE. Buonasera a tutti. Grazie di essere qui.
Iniziamo i lavori per quanto riguarda le audizioni sull'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio 2025-2029.
Si tratta della prosecuzione del ciclo iniziato giovedì. Ci siamo riuniti giovedì 3 ottobre per fare il primo ciclo di audizioni con corpi intermedi e sigle sindacali. Oggi audiamo tutta una serie di soggetti istituzionali e chiuderemo domani, alle ore 18, con il Ministro Giorgetti.
L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato, di rappresentanti di ANCI, UPI e della Conferenza delle regioni e delle province autonome.Pag. 5
Intervengono per ANCI, in videoconferenza, Alessandro Canelli, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'ANCI; per UPI, in videoconferenza, Luca Menesini, componente del Comitato direttivo e responsabile per la finanza dell'UPI; per la Conferenza delle regioni e delle province autonome, Marco Alparone, vicepresidente della regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Sono anche presenti Giancarlo Righini, assessore per il bilancio, la programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia, pesca, parchi e foreste della regione Lazio e coordinatore vicario della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome; Antonello Turturiello, coordinatore interregionale della Commissione affari finanziari e segretario generale della regione Lombardia; Marco Marafini, coordinatore vicario interregionale della Commissione affari finanziari e direttore al bilancio della regione Lazio; Rita Arcese, funzionario Conferenza delle regioni e delle province autonome; Danilo Capitanio, funzionario Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Chiedo cortesemente ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di quindici minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari, che – ricordo – sono anche presenti da remoto, e alle relative repliche.
Do la parola al dottor Canelli, sindaco di Novara.
ALESSANDRO CANELLI, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'ANCI. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, vi ringrazio per questa audizione.
La nuova governance economica, definita con l'accordo del 20 dicembre 2023, trova un primo approdo in questo Piano strutturale di bilancio che tratta le linee evolutive della finanza pubblica per il quinquennio 2025-2029.Pag. 6
La prima considerazione da fare per il comparto dei comuni è che, nell'ultimo decennio – più di un decennio, a partire dal 2010-2011 – i comuni si sono già posti su una traiettoria di forte contenimento della spesa e di grande attenzione all'evoluzione della spesa del comparto stesso. Di fatto, i comuni stanno già praticando da anni ciò che ora viene richiesto al nostro Stato dall'Unione europea.
Mi spiego. La spesa pubblica del comparto dei comuni sul totale della spesa pubblica in Italia, è passata dall'8,2 per cento del 2011 al 6,5 per cento attuale. L'indebitamento è passato dal 3 per cento all'1,5 per cento.
Nel frattempo, come tutti sappiamo, ci sono state dinamiche inflazionistiche forti, ma se noi prendiamo come parametro di riferimento «fatto 100», diciamo così, l'indice dei prezzi del 2010, vediamo che nel biennio 2022-2023 in media, l'indice dei prezzi, è passato da 100 a 127,2; vediamo che l'indice di spesa per lo Stato è passato a 132, quindi sopra l'indice dei prezzi di 127, mentre quello dei comuni è pari a 105. Ciò significa che la spesa reale per il comparto dei comuni in tutti questi anni è diminuita sensibilmente.
A fronte di questo, abbiamo costi per le forniture e per i servizi che, soprattutto nell'ultimo biennio, nell'ultimo triennio, sono aumentati sensibilmente. Abbiamo dovuto far fronte ad aumenti dei contratti collettivi nazionali del lavoro, quindi ad aumenti della spesa per il personale, a parità di personale, l'ultimo ha impiegato risorse pari a 500 milioni di euro per l'intero comparto dei comuni. Abbiamo dovuto far fronte a una crescente spesa sociale, soprattutto per gestire il fenomeno dei minori e di coloro i quali hanno bisogno di assistenza scolastica perché certificati con varie disabilità. Pensate che questa spesa è più che raddoppiata nell'ultimo quadriennio, a fronte di una struttura dei bilanci dei comuni piuttosto rigida.Pag. 7
A fronte di tutto questo, noi abbiamo, comunque, degli strumenti, dei meccanismi, quali il pareggio di bilancio e il fondo crediti di dubbia esigibilità, che ci consentono di tenere sotto controllo la spesa del nostro comparto.
Queste sono le premesse che è doveroso illustrare per farvi capire che, in questo momento, un ulteriore taglio, oltre a quello che abbiamo già subìto nella manovra finanziaria dell'ultimo anno e che, quindi, porterà, nel quinquennio 2024-2028, a un impoverimento della parte corrente dei bilanci dei comuni di circa un miliardo di euro sul comparto (stiamo parlando di 200 milioni all'anno, oltre 300 milioni a carico di Città metropolitane e province), diventerebbe insostenibile per tantissimi enti.
Vorrei sottolineare, inoltre, che dal 2024 verrà nuovamente applicato il meccanismo di perequazione, che in questi anni siamo riusciti a sterilizzare grazie all'utilizzo del rimborso dei 560 milioni di euro, derivante dal taglio dovuto al decreto-legge n. 66 del 2014, che ANCI, ovviamente concordemente con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha utilizzato per sterilizzare il meccanismo di perequazione, consentendo, così, agli enti che in teoria sono più ricchi e con più capacità fiscale – dico «in teoria» perché, alla fine della fiera, sono sempre in forte difficoltà sulla tensione finanziaria, sulla parte corrente dei bilanci – di donare agli enti «più poveri».
Questo meccanismo ci ha consentito, da una parte, di non far perdere risorse ai comuni con più capacità fiscale e di consentire, dall'altra, ai comuni con minore capacità fiscale di continuare ad avere le risorse per andare avanti nel meccanismo di superamento della spesa storica. Meccanismo che, peraltro, dovrebbe essere assicurato anche con una perequazione verticale, secondo quanto dice l'articolo 119 della Costituzione, in base al quale, laddove vi siano fabbisogni che Pag. 8superano le capacità fiscali delle città, in quel caso deve provvedere lo Stato attraverso una perequazione verticale. In tutti questi anni, invece, ce la siamo cavata da soli, nel senso che c'è stato un trasferimento di risorse dai comuni con maggiore capacità fiscale a quelli con minore capacità fiscale grazie al meccanismo di sola perequazione orizzontale.
Solo negli ultimi tre anni abbiamo avuto maggiori risorse su tre temi specifici – servizi sociali, trasporto per disabili e asili nido – che, però, sono vincolati, non sono senza vincolo di destinazione, così come recita l'articolo 119 della Costituzione.
Ho voluto fare questa introduzione per farvi capire in che stato di salute è la finanza pubblica del comparto dei comuni e per farvi capire che, in questo momento, ulteriori ipotesi di tagli sul comparto o, comunque, di richiesta di contributo ai comuni per il risanamento della finanza pubblica diventerebbero estremamente gravose, soprattutto per una serie di enti che hanno già difficoltà e sono già in crisi di vario genere. Le crisi finanziarie che colpiscono i comuni sono di vario genere, e in questo momento sono già in forte difficoltà.
Detto questo, avendo avuto degli incontri con il Ministero dell'economia e delle finanze, un'ulteriore ipotesi sarebbe quella di prevedere un accantonamento sulla parte corrente dei bilanci, in modo tale, poi, una volta accertato che non ci siano necessità sugli equilibri, di poterlo far spendere sulla parte investimenti. Anche questo, comunque, sarebbe un forte limite, un forte vincolo che non consentirebbe ai comuni di poter affrontare tante spese, tanti servizi, soprattutto sulla parte del sociale, che – come abbiamo detto – è esplosa negli ultimi anni sul tema dei minori. Potrebbe, quindi, mettere in difficoltà tantissimi comuni.
Nel caso, comunque, si voglia procedere verso un ulteriore restringimento delle possibilità di spesa dei comuni, noi chiediamoPag. 9 che ci sia un approccio alla questione di comparto nel suo complesso.
Cerco di spiegarmi meglio. Qualsiasi norma, qualsiasi regola che vada a impattare sulla spesa del comparto dei comuni dovrebbe essere presa nella sua dimensione di comparto, non sui singoli comuni, anche perché sarebbe facilmente verificabile a livello di comparto e consentirebbe comunque ad ANCI – concordandolo, ovviamente, con il Ministero dell'economia e delle finanze – di andare a regolare l'intervento sulla spesa in maniera quasi chirurgica, comune per comune, in modo tale da non mettere in estrema difficoltà coloro i quali già sono in forte difficoltà.
Il comparto dei comuni è composto da un'articolazione di comuni che presentano grandi diversità nelle rispettive strutture di bilancio. Quindi, fare regole di carattere generale potrebbe veramente produrre forti iniquità e mettere in forte difficoltà tanti enti locali.
Questo ci consentirebbe, attraverso un monitoraggio costante fatto durante l'anno, con certificazioni che possono essere fatte anche semestralmente, di poter correggere eventuali rotte, magari nella seconda metà dell'anno, in modo tale da poter andare nella direzione di raggiungere l'obiettivo desiderato a inizio anno da parte della Ragioneria dello Stato o del Ministero dell'economia e delle finanze.
Questi sono i punti cardine del documento sul Piano strutturale di bilancio che abbiamo preparato e che sottoponiamo a queste Commissioni riunite di Camera e Senato.
Noi chiediamo – voglio sottolineare l'ultimo concetto che ho espresso – che sia valutata l'opzione di fissare l'obiettivo generale di comparto, intorno al quale, poi, orientare la gestione finanziaria locale, senza precostituire ulteriori regole finanziarie rispetto a quelle già vigenti e di apprezzata efficacia, Pag. 10come ad esempio quella del pareggio di bilancio. Noi abbiamo già il pareggio di bilancio, abbiamo un fondo crediti di dubbia esigibilità che pesa circa 6 miliardi di euro. Tenete conto che abbiamo contribuito agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica nel nostro Paese, nell'ultimo decennio, con circa 14 miliardi di euro, compresi i 6 miliardi del fondo crediti di dubbia esigibilità. Riteniamo, quindi, di aver fatto il nostro lavoro dal punto di vista del contenimento della spesa pubblica nel nostro Paese.
In più, in maniera seria e con efficacia, così come dimostrano i dati di tutti gli enti che si sono espressi in tal senso, stiamo facendo il nostro lavoro anche sulla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con tutte le difficoltà che un piano straordinario di questo genere comporta.
C'è anche un altro aspetto che chiedo alle vostre Commissioni di considerare. Se il concetto della spesa primaria netta per lo Stato è chiaro, definito, perché dalla spesa primaria netta possono essere anche scorporate una serie di componenti che attendono misure di tipo anticiclico di vario genere, questo non è molto chiaro sul comparto dei comuni. Su questo aspetto, quindi, chiediamo che ci sia un'attenta riflessione da parte della Ragioneria generale dello Stato e da parte del Ministero dell'economia e delle finanze per determinare con esattezza che cosa si intenda per «spesa primaria netta» anche per il comparto dei comuni.
Noi abbiamo preparato un documento, che consegniamo alle Commissioni riunite di Camera e Senato, sul quale potete fare le vostre valutazioni. Noi siamo a disposizione, come ANCI e come IFEL, per interloquire nel miglior modo possibile per contemperare i vari interessi, che – ci rendiamo conto – sono quelli di andare incontro alle esigenze del Ministero dell'economiaPag. 11 e delle finanze per raggiungere queste traiettorie di spesa.
Tuttavia, bisogna anche considerare tutti gli aspetti che vi ho appena esposto. I numeri, sui quali non si sbaglia, dimostrano inequivocabilmente che il nostro comparto, negli scorsi anni, ha già fatto il suo lavoro; questa traiettoria di spesa richiesta dalla governance economica europea noi l'abbiamo già intrapresa da tempo.
Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Canelli.
Passiamo all'Unione delle province Italiane. Sempre in videoconferenza c'è il dottor Menesini, che ha facoltà di intervento.
LUCA MENESINI, componente del comitato direttivo e responsabile per la finanza dell'UPI. Signor presidente, grazie. Buon pomeriggio a tutti. Ben trovati. Intanto, vi ringrazio per questa audizione, per gli elementi che oggi ci è dato di esporre.
Anch'io, come il sindaco Canelli, invierò, come UPI, un documento nel quale, in maniera più dettagliata, ci sono i diversi punti che toccherò.
Il sindaco Canelli ha fatto un quadro della situazione dei comuni. Viene da dire che quella delle province non è che sia migliore, anzi. Da un certo punto di vista, come sapete bene voi parlamentari, il processo di riforma è sostanzialmente rimasto a metà. In Parlamento si è iniziato a discutere di una riforma che ponga rimedio a quanto è successo.
Si tratta, quindi, di una situazione finanziaria delle province particolarmente delicata e anche particolarmente fragile. Se da una parte i comuni dicono che non c'è sostenibilità, da parte delle province noi diciamo che rischia proprio di cadere il castello. Siamo veramente in una situazione al limite, anche Pag. 12rispetto allo sforzo e al contributo che noi oggi, come province, nonostante tutto – e dopo toccherò alcuni punti – stiamo dando allo sviluppo del Paese, in particolar modo con il piano degli investimenti e con il PNRR, ma non solo con il PNRR, perché comunque il Parlamento, in questi anni, ha messo in atto alcune misure sul fronte degli investimenti, sulle strade, sui ponti, sull'edilizia scolastica, e infine il PNRR, e, in questo caso, soprattutto edilizia scolastica e infrastrutture anche legate ad attività sportive per le scuole superiori.
Qual è, quindi, la situazione delle province? Quant'è ancora il carico o il concorso alla finanza pubblica che le province stanno dando a livello nazionale? È pari a oltre un miliardo. Da una parte, c'è quasi un miliardo che deriva dalla legge n. 190 del 2014. In più, ci sono state le due spending review successive, quella del 2021 e quella del 2024, anche molto inaspettata. Una situazione, quindi, che ha aggravato la condizione delle province stesse, anche in un contesto dove per i fabbisogni standard, come ci hanno detto, per avere un equilibrio di bilancio, rispetto anche alle funzioni che ci sono date, ci sarebbe bisogno di 840 milioni di euro per le province. Se ci mettiamo anche la Città metropolitana, arriviamo a oltre un miliardo. Sostanzialmente, una cifra analoga a quella che continua a costituire il prelievo, il concorso netto alla finanza pubblica.
Su questo un elemento da considerare, come già faceva il sindaco Canelli prima, è la questione della spesa corrente. La spesa corrente delle province, in questi anni, non è aumentata, e questo va evidenziato, anzi è diminuita. C'è stato un aumento dal 2021, ma molto basso e legato solo all'adeguamento contrattuale, ai rinnovi contrattuali per il proprio personale. Questo è sicuramente un elemento molto positivo, però è una situazione al limite. Non siamo in grado di sostenere ulteriori Pag. 13contributi, nemmeno sotto forma di accantonamento. Su questo dobbiamo essere chiari.
Rispetto alla questione degli investimenti, vi do alcuni dati. Dal 2021 al 2023 l'investimento delle province è aumentato del 50 per cento, siamo passati da 1.100.000.000 a 1.690.000.000 di euro, quindi è aumentato in maniera molto consistente. Se lo andiamo a vedere solo in un semestre, il primo semestre 2023 rispetto al primo semestre 2024, anche qui passiamo da 620 milioni a 975 milioni di euro, con un aumento del 56 per cento, quindi molto significativo. Abbiamo avuto anche una diminuzione del 17 per cento dell'indebitamento delle province. Come dicevo, però, molto al limite, questo non dobbiamo dimenticarcelo, a fronte anche dell'aumento dei quadri economici dei progetti del PNRR e anche di alcuni finanziamenti precedenti. Su questo vogliamo rivolgere al Parlamento e a queste Commissioni un appello, perché ci sia un'attenzione ad andare a coprire, con residui PNRR piuttosto che con altri residui di altre misure, queste risorse che, come province, abbiamo dovuto mettere, quindi abbiamo anche dovuto togliere ad altre funzioni delle province stesse.
In questo caso, quello che vogliamo scongiurare è che il Piano strutturale di bilancio abbia ricadute negative sugli equilibri di bilancio e sulla capacità di investimento degli enti locali, in particolar modo delle province stesse. Anzi, sul fronte investimento noi siamo pronti a sostenere ulteriori investimenti dal 2026 in poi. Prepariamoci su questo. La richiesta specifica che facciamo è che ci siano delle previsioni ad hoc.
Le misure proposte determinerebbero un immediato freno a questo ciclo positivo di investimenti che ho evidenziato prima e deprimerebbero ulteriormente la spesa interna per le funzioni fondamentali, già incisa dall'aumento di componenti di costo significative, importanti, legate agli investimenti del PNRR e Pag. 14anche ad altri tipi di investimento. Si pensi ai mutui BEI 2018, per darvi una data e per farvi capire che con i progetti presentati nel 2017-2018 con un milione di euro si facevano cose molto diverse da quelle che si fanno nel 2023-2024.
Per quanto riguarda le entrate discrezionali, in attesa di avere maggiori informazioni sulle metodologie di determinazione, appare ragionevole far rientrare le medesime nel saldo dell'equilibrio di bilancio e non considerarle soltanto come possibile fonte di aumento della spesa primaria netta.
Evidenziamo come, con riferimento alla spesa primaria netta, l'unico vincolo di finanza pubblica da applicare sia il rispetto dell'equilibrio di bilancio degli enti locali, come disciplinato dal decreto legislativo n. 118 del 2011. Vogliamo escludere qualunque ulteriore taglio alla spesa corrente delle province, neppure surrettizio, come delineato nel Piano strutturale di bilancio, nel quale si prevedono – cito – contributi al bilancio da parte dei singoli enti con trattenuta diretta sui trasferimenti erariali, piuttosto che l'obbligo per gli enti in avanzo di bilancio di accantonare un fondo di parte corrente da destinare, nell'esercizio successivo, al finanziamento degli investimenti e all'estinzione anticipata del debito.
Irricevibile è anche, per gli enti in disavanzo, l'obbligo di incremento dell'importo di disavanzo da ripianare nell'esercizio. Quindi, relativamente al saldo strutturale di bilancio e al relativo strumento di miglioramento individuato nel controllo programmato della crescita della spesa primaria netta, si ribadisce che l'attuale regola di finanza pubblica fondata sull'equilibrio di bilancio rappresenta per gli enti locali lo strumento che meglio orienta i saldi di bilancio locale nel raggiungimento dell'obiettivo di concorrere al controllo della traiettoria della spesa primaria netta.Pag. 15
Infine, ricordiamo che qualunque intervento sulla finanza degli enti locali non potrà prescindere dagli orientamenti costituzionali, con particolare riferimento alle sentenze della Corte costituzionale n. 247 del 2017 e n. 101 del 2018.
In conclusione, si ritiene che l'attuazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine debba richiedere un coordinamento della finanza pubblica che a livello statale mantenga la coerenza e i princìpi riferiti all'armonizzazione dei bilanci pubblici, nonché alla disciplina degli equilibri di bilancio, di cui all'articolo 81 della Costituzione.
Da una parte, quindi, vi sono questi elementi, la preoccupazione sulla parte corrente, la richiesta di investimenti, di poter già programmare il prolungamento degli investimenti, sui quali stiamo dando – come dicevo prima – un grande contributo. Accanto a questo, vi è anche la necessità di spazi occupazionali. Il personale totale delle Province è passato da circa 35 mila dipendenti nel 2014 a circa 15 mila nel 2022. Avevamo previsto nuove assunzioni che, poi, con la spending review del 2024, si sono, purtroppo, arenate.
Infine, il terzo elemento che vogliamo evidenziare – che valutiamo molto positivamente – è che il Piano strutturale sia su sette anni, quindi preveda tutta una serie di riforme, tra cui la riforma della pubblica amministrazione. Il nostro auspicio è che tra le riforme della pubblica amministrazione ci sia anche la riforma ordinamentale delle province integrate nel Testo unico degli enti locali, rivisitato in base alla delega, per definire un quadro normativo certo, che ne valorizzi, da una parte, le funzioni e, dall'altra, le risorse adeguate, non solo economiche, ma anche umane, per dare un contributo, come dicevamo prima, rispetto allo sviluppo del Paese, alla ripresa del Paese stesso ed essere quel tassello di collegamento che i Padri costituenti hanno previsto e che tuttora è in Costituzione.Pag. 16
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Menesini.
Passiamo alla Conferenza delle regioni e delle province autonome. Interviene il dottor Alparone.
MARCO ALPARONE, vicepresidente della regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Signor presidente, ho ascoltato molto volentieri i miei colleghi di province e comuni, perché entrambi hanno messo al centro del loro intervento il fatto che in un Piano strutturale di bilancio di medio termine il tema del monitoraggio, della programmazione e della condivisione sono alla base del percorso che nello stesso Piano viene definito.
Lo dico perché è indubbio che in questi anni per noi il pareggio di bilancio è stato un modello di buon funzionamento degli enti territoriali e delle regioni in particolare, che ha permesso, da una parte, la riduzione dell'indebitamento e, dall'altra, un contenimento della spesa corrente. È indubbio, però, che in un Piano strutturale di bilancio di medio termine, che ha come indicatore quello del tetto di spesa medio all'1,5 per cento, si debba trovare, nel confronto con gli enti territoriali, un percorso di cammino comune, che poi sia anche un obiettivo comune, quello della sostenibilità del debito.
Partendo da questo, ovviamente noi rivendichiamo, come enti territoriali e come regioni, la capacità, in questi anni, non solo di aver ridotto l'indebitamento, sia in termini quantitativi che in termini percentuali rispetto all'indebitamento complessivo, e questo è un tema legato al modello del pareggio di bilancio, che ci ha permesso di utilizzare, per fare spese di investimento, solamente l'avanzo o l'indebitamento. Tutti modelli che ci hanno permesso nel tempo di fare crescita diminuendoPag. 17 l'indebitamento, anche in termini percentuali complessivi, rispetto all'indebitamento nazionale, ma è anche indubbio che noi oggi ci dobbiamo confrontare con delle regole di governance europee che devono trovare un allineamento particolarmente importante per controllare quel tetto di spesa. Quel tetto di spesa c'è, quell'indicatore c'è, e anche noi contribuiamo a tenerlo sotto controllo.
Qual è il modello? In primis, qualcuno lo ha detto prima, lo ha sottolineato, ma io ci tengo a sottolinearlo di nuovo con grande importanza, vi è il tema della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Quel metodo di confronto, di condivisione può trovare modelli che ci permettano di confrontarci rispetto all'eventualità dello sforamento di quel tetto di spesa che, come si vede, nel Piano strutturale di bilancio diventa uno dei temi che viene trattato rispetto alla preoccupazione del mantenimento degli equilibri di bilancio per le amministrazioni locali.
Questo è un tema che il MEF riconosce come preoccupazione, perché c'è il rischio che si sfori il tetto di spesa e che questo non possa essere monitorato per tempo, quindi si ritrovi fuori dall'asse.
Questo deve essere il primo modello di confronto, in maniera tale da poterlo monitorare. In questi anni noi abbiamo ridotto la spesa, quindi siamo sicuri di non sforare quel tetto di spesa, ivi compreso il passaggio che un po' ci preoccupa, che l'eventuale avanzo venga accantonato o per la riduzione del disavanzo o utilizzato solo sull'anno successivo per gli investimenti. Qui dentro c'è l'indicazione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della preoccupazione dell'eventuale sforamento del tetto di spesa.
Su questo penso che la collaborazione stretta ed efficace che abbiamo avuto sul modello del PNRR e dei fondi strutturali, Pag. 18cioè quello del monitoraggio e del confronto continuo, ci possa permettere di trovare soluzioni.
Per quanto riguarda il tema del contributo ai saldi di finanza pubblica, il Piano strutturale di bilancio ne perde un pezzo ed è bene che alle Commissioni riunite venga segnalato da parte nostra. Qui c'è solamente l'ultima parte del contributo ai saldi di finanza pubblica che hanno sostenuto gli enti territoriali, c'è solo la parte legata alla spending review e la parte legata all'ultima manovra di bilancio, che – come ricordate – riguarda i famosi 350 milioni, 300 milioni nel 2024, ma che ritornano a 350 milioni annui dal 2025 al 2028, più i 200 milioni del vecchio Governo.
Vi ricordo che negli anni abbiamo avuto contributi ai saldi di finanza pubblica, in particolare quelli legati alle funzioni delegate delle province, che non abbiamo mai riavuto indietro. Come sapete, una sentenza della Corte costituzionale stabilisce che gli eventuali contributi devono avere una temporaneità rispetto alla necessità, non possono essere lasciati costanti.
Questo ci porta al tema dell'autonomia. Il tema della flessibilità e della manovrabilità dei vari tributi si collega, in misura notevole, alle regole di governance economia europea e anche alle riforme che sono state introdotte, di cui abbiamo parlato in Conferenza: la riforma fiscale, la riduzione da quattro a tre delle aliquote IRPEF. Il tema dell'addizionale IRPEF – lo dico alla Camera e al Senato – impatterebbe per le regioni a statuto ordinario per circa un miliardo di euro e, per le regioni a statuto speciale, per circa 450 milioni. Per adesso lo abbiamo congelato, ma è un tema che dobbiamo affrontare. Sarebbe comunque un tema da confrontare rispetto alla pressione fiscale sui cittadini. La riduzione da quattro a tre delle aliquote IRPEF ha un impatto notevolissimo per gli enti territoriali e per Pag. 19le regioni, che è già stato quantificato e che necessita di questo confronto importante.
I temi che abbiamo messo in campo sono questi. C'è il tema degli enti territoriali, che hanno dimostrato negli anni che la loro capacità di investimento produce un contributo importante alla crescita del territorio. C'è il tema in base al quale gli equilibri di bilancio negli anni (anche di previsione, non solo negli anni passati) diminuiscono sia in quantità che in percentuale. Vi è il tema legato al contributo ai saldi di finanza pubblica, che indubbiamente devono essere confrontati rispetto alle necessità, nel Piano strutturale di bilancio viene definito. Abbiamo capito qual è la preoccupazione legata allo sforamento del tetto di spesa, ma anche su quello, confrontandoci, possiamo trovare un modello che non ci limiti rispetto a un potenziale che ha funzionato, cioè l'utilizzo dell'avanzo di bilancio per fare spesa di investimento, e per quelle regioni che sono, invece, in Piano di rientro, per ridurre il Piano di rientro, quindi migliorare il loro risultato.
Vi è il tema del completamento delle risorse che abbiamo messo per i contributi dei saldi di finanza pubblica anche per gli altri enti.
Vi è il tema delle parti correnti. Noi sul 2023 dimostriamo che riduciamo del 3,8 per cento su base annua anche le spese correnti, quindi una gestione che ci permette di essere particolarmente attenti. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica che può essere uno spazio di confronto sul tema del tetto di spesa. C'è una slide – nella memoria che vi lasciamo – su come in questi anni abbiamo ridotto del 14 per cento, fatto 100 il valore della spesa primaria nel 2009, la spesa delle regioni, mentre quella delle amministrazioni centrali è aumentata del 77 per cento. Questo anche a dimostrazione che quando si opera sul territorio c'è anche Pag. 20una maggiore capacità di utilizzare la spesa al meglio, perché produce crescita, ma anche di ottimizzarla, perché c'è una maggiore conoscenza, probabilmente, del territorio stesso, quindi una maggiore ottimizzazione delle risorse stesse.
Ci sono alcuni punti che ci tengo a segnalare, che per noi diventano fondamentali. Mi riferisco al tema della spesa sanitaria. Il rapporto tra spesa e PIL dobbiamo cercare di tenerlo il più alto possibile. Quindi, quel 6,4 per cento del 2024 per noi è un dato di partenza, è un dato di base. L'obiettivo, e anche la richiesta che facciamo sulla priorità della spesa sanitaria, è partire da quel 6,4 per cento, tendenzialmente a crescere. Noi sappiamo che nel Piano strutturale di bilancio, per via di una serie di fattori, quel numero tende a diminuire da 6,4 a 6,3. Penso che un bel messaggio sarebbe, invece, lavorare su quel 6,4 e far vedere che quel 6,4 rimane quantomeno costante, se non cresce, anche come messaggio ai cittadini; la spesa sanitaria è centrale per le regioni, come voi ben sapete, anche rispetto, però, a una maggiore flessibilità di utilizzo delle risorse stesse. L'anno scorso e anche quest'anno le risorse in incremento ci sono.
C'è un tema legato molto al grosso delle risorse sul personale, alcuni temi legati al pronto soccorso, al territorio. C'è anche un tema di maggiore flessibilità, altro aspetto fondamentale: se mettiamo più risorse sul fondo sanitario nazionale, nel riparto del fondo sanitario regionale riteniamo che una maggiore flessibilità sull'utilizzo in funzione dei bisogni che ogni regione ha su quell'utilizzo della spesa permetterebbe di ottimizzare la risposta ai cittadini al meglio.
Sappiamo che c'è la volontà di andare nella direzione di aumentare le risorse sulla spesa sanitaria, quindi siamo disponibili a questo confronto.Pag. 21
Vi ho parlato dell'importanza della Conferenza permanente per le nuove regole di bilancio.
In Commissione affari finanziari abbiamo affrontato il tema del consolidamento del debito tra le amministrazioni pubbliche. Potrebbe essere un ottimo volano di crescita. Consolidamento del debito tra amministrazioni pubbliche vuol dire che lo Stato libera le regioni o gli enti territoriali di un debito perché fa la compensazione: noi facciamo debito amortizing e voi bullet, il che vuol dire che per voi è anche più conveniente, vuol dire liberare risorse sulla parte di investimento che le regioni che hanno oggi quel carico, sia sulla parte di investimento che sulla parte corrente, potrebbero investire sui territori. Anche questo è un tema che si può affrontare grazie a quelle nuove regole europee sulla governance in materia di indebitamento netto e di fabbisogno. Quindi, quella compensazione potrebbe finalmente trovare, oggi, una risposta, che permetterebbe ai territori di avere veramente delle risorse di investimento molto produttive.
Segnaliamo il tema dell'edilizia sanitaria. Come sapete, sul tema del rifinanziamento dell'edilizia sanitaria abbiamo avuto, con i fondi strutturali, il PNRR, un meccanismo di vasi di compensazione e segnaliamo l'importanza di considerare la possibilità di trovare delle risorse di investimento sull'edilizia sanitaria, anche a compensazione di quella ricalibrazione che abbiamo fatto, con il decreto-legge n. 19 del 2024, tra il PNRR e la legge dell'edilizia sanitaria, ex art. 20 della legge 67 del 1988.
Il tema del trasporto pubblico locale che vi portiamo all'attenzione riguarda un settore che è da sempre sottofinanziato e che ha bisogno di risorse importanti, perché è un aspetto che da sempre impatta notevolmente sulle risorse regionali.
Per quanto riguarda il sistema della contabilità accrual, che entra in vigore nel 2027, ha tutta una serie di complessità che Pag. 22non sto qui a dire, perché voi le conoscete molto bene. L'idea di poterla programmare sui tre anni, attraverso una prima fase sperimentale, ridurrebbe il carico di responsabilità da parte degli enti territoriali. La scadenza del 2027 ci sembra, infatti, un po' troppo pressante per riuscire a metterla in campo tout-court.
I principali temi del Piano strutturale di bilancio e di come impattano sugli enti territoriali li abbiamo messi a fuoco, come comuni, come province e come regioni. La centralità della realizzazione di un Piano di medio-lungo termine, già complesso di per sé, perché soggetto a variabili esogene infinite, trova una sua effettività solo se questo confronto istituzionale è continuo e se abbiamo degli strumenti per monitorarlo insieme, per programmarlo insieme e per rendicontarlo insieme.
I risultati si possono raggiungere. Sono risultati ambiziosi – li abbiamo letti – per riportare questo Paese verso una retta di sostenibilità, sia del debito sia della spesa. Questo non si può fare a prescindere dagli enti territoriali, che indubbiamente in questi anni non solo hanno dato tanto, ma hanno anche dimostrato di saper fare bene. Penso che questo sia l'obiettivo di un incontro come questo, ma anche di una serie di incontri che dobbiamo fare per trovare e mettere in campo le migliori soluzioni.
Vi ringrazio per l'ascolto.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Alparone.
Do la parola all'assessore Righini.
GIANCARLO RIGHINI, assessore per il bilancio, la programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia, pesca, parchi e foreste della regione Lazio e coordinatore vicario della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni Pag. 23e delle province autonome. Signor presidente, solo ad adiuvandum rispetto alle considerazioni già egregiamente rappresentate dal presidente Alparone. Abbiamo svolto, come regione, un supplemento istruttorio rispetto al tema trattato della nuova governance europea. Ci siamo impegnati in valutazioni di carattere economico per dimostrare anche la bontà delle affermazioni che il presidente Alparone ha già rappresentato.
La nuova governance europea favorisce la trattazione del tema, per due ordini di motivi. Il primo, come è già stato detto, è che gli interessi sul debito sono esclusi dal computo della spesa primaria netta. Il secondo, anch'esso rappresentato, è l'orizzonte temporale di medio periodo del Piano strutturale di bilancio, che ci consentirebbe di valorizzare pienamente l'effetto sul PIL degli investimenti. Questo è un dato da non trascurare, che spero venga portato all'attenzione del Governo.
Le risorse liberate nelle amministrazioni territoriali a seguito della politica di consolidamento potrebbero essere vincolate a investimenti ad alto moltiplicatore (quello che già è stato rappresentato), concordando con il Governo un piano di investimenti, in modo da produrre una crescita del PIL regionale e, indirettamente, anche nazionale per generare un surplus, come dimostra questo studio econometrico che ci permettiamo di trasmettere ai componenti delle Commissioni.
Così congegnata, questa operazione di consolidamento del debito non appare come l'ennesimo sostegno alle autonomie territoriali da parte del Governo, le cui ultime misure risalgono ormai a molti anni fa (è di dieci anni fa il decreto-legge n. 35 del 2013 e di quindici anni fa la legge n. 244 del 2007), ma si configura come una vera e propria manovra di politica economica.
Dobbiamo considerare che, centralizzando il debito, vi saranno benefici indotti per la finanza pubblica in termini di Pag. 24risparmio per spese di interessi e per la diversa modulazione del rimborso delle quote capitali e dei prestiti, anche questo già detto dal presidente Alparone, da amortizing a bullet, di fatto creando risorse che, a oggi, sono disperse nel ripagamento del debito da parte delle amministrazioni territoriali.
Ci siamo permessi di dimostrare, anche economicamente, la bontà di questa riflessione in questo studio, che lasciamo, che abbiamo fatto nella nostra Direzione programmazione insieme alla Ragioneria generale, con l'università La Sapienza di Roma.
Infine, due puntualizzazioni sulle slide che ha già rappresentato il presidente Alparone. La prima riguarda l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione. Ci permettiamo di segnalare che nel Lazio, a fronte di 2,2 miliardi di avanzo di amministrazione accantonato in riserve, è possibile spendere 72 milioni. Credo che questa cifra dimostri la totale inadeguatezza di questa norma, che ci priva di risorse che, invece, potremmo utilizzare per valorizzare il territorio e per garantire investimenti, che, essi sì, produrrebbero ricchezza.
Infine, non posso esimermi da una considerazione sul tema della riforma fiscale. Qui c'è necessità di dare certezza ai bilanci 2025-2027. Così come congegnata, crediamo che, non avendo certezza sulle regole del ristoro strutturale delle risorse che verrebbero determinate dalla modifica delle aliquote, una regione come la nostra, che non può, come sapete, privarsi del vecchio regime fiscale delle quattro aliquote, sarebbe in condizioni quasi impossibili quanto alla possibilità di quantificare, nel bilancio, le risorse derivanti dalla pressione fiscale.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, assessore Righini.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SILVIA ROGGIANI, intervento in videoconferenza. Signor presidente, intanto ringrazio i rappresentanti di ANCI, UPI e delle regioni per le sollecitazioni che ci hanno portato e anche per la rappresentazione di tutta una serie di difficoltà, che chi ha a che fare con gli enti territoriali conosce bene, ovviamente, dalla mancanza dei fondi per il TPL fino ai tagli che sono arrivati, alle mancate riforme delle province. Insomma, tutto quello che gli enti territoriali oggi vivono, sui cui non torno.
Vorrei fare una domanda puntuale. Avete citato il tema del PNRR. Vorrei capire, dal vostro punto di vista, se il combinato disposto dei tagli – non tanto al comparto, perché in questo caso, a differenza di quanto diceva il Sindaco Canelli, i tagli, sì, sono stati al comparto, ma sono stati anche puntuali, cioè comune per comune, ente territoriale per ente territoriale – che sono già inseriti nella legge di bilancio, nella vecchia legge di bilancio, che impatteranno nei prossimi cinque anni e il Piano strutturale di bilancio incideranno sulla gestione del PNRR.
Avete degli investimenti da realizzare, si sta facendo di tutto, state facendo di tutto con grandi difficoltà, incluse quelle degli anticipi e dei mancati anticipi che arrivano in ritardo e del personale che manca, per poter realizzare investimenti nel PNRR. Credete che, a fronte dei tagli ormai già approvati, su cui il Governo – come sappiamo – non vuole tornare indietro, il Piano strutturale di bilancio riuscirà a darvi respiro, quindi a garantire che queste opere realizzate con il PNRR possano essere gestite agevolmente, in un quadro complicato come quello che ci avete presentato, oppure no? Nel caso, come potrebbe intervenire il Piano strutturale di bilancio per garantirvi che questi investimenti del PNRR non rimangano cattedrali nel deserto?
BEATRICE LORENZIN. Signor presidente, mi associo ai ringraziamenti a tutti gli intervenuti. Non ripeto le questioni che ha sollevato la collega. Vorrei fare alcune domande.
Da tutti e tre, in particolare dagli interventi dell'UPI e dell'ANCI, è emersa la difficoltà a individuare effettivamente l'ambito di manovra della spesa primaria netta, cioè a comprenderne oggettivamente il confine, il perimetro. Questo mi sembra molto rischioso, considerando che ci troviamo a ottobre 2024, quindi a pochi giorni dalla presentazione della manovra di quest'anno e dall'approvazione del PSB. D'altra parte, tutti hanno richiesto che ci sia un confronto serrato con le strutture, quantomeno degli enti locali, per poter dare una cornice, una definizione precisa. Non è banale questo, perché ballano non so quanti miliardi tra investimenti e accantonamenti. Sarebbe interessante capire bene da loro perché hanno questi timori, come si formano e se già hanno fatto delle proposte in merito al MEF.
Il secondo elemento riguarda il personale, questione dirimente per l'aggiornamento e l'attuazione della nostra macchina amministrativa. Il tema l'ha sollevato in particolare l'UPI, ma credo faccia parte dei gangli di tutto lo Stato: l'età media dei nostri dipendenti, il tema degli stipendi bassi, penso anche soltanto a tutto il gruppo scuola. Questo comporta sicuramente una fuga e un abbassamento della qualità. Questo mi fa pensare che nel PSB non abbiamo ancora una rimodulazione della spesa. Noi sappiamo quanto sarà l'indice di aumento della spesa, cioè 1,5 per cento del PIL, quindi dobbiamo essere solo molto ottimisti, ma sappiamo che è una coperta molto, molto corta. Come si intende rimodulare questa spesa? Si sta pensando a come rimodularla? Dagli interventi fatti mi sembra di no, perché vedo che le problematiche portate sul tavolo sono le problematiche classiche: cosa faccio? Come rifinanzio il personale,Pag. 27 il sociale, le attività sempre maggiori previste in capo, ad esempio, ai comuni?
L'ultima domanda – potremmo parlare ore, perché queste sono audizioni molto interessanti – la rivolgo alla Conferenza delle regioni, su una questione che mi sta particolarmente a cuore, che è stata accennata, cioè che cosa facciamo con l'avanzo – anche in questo caso non è banale – in particolare sulla sanità, dove sappiamo che, negli ultimi dieci anni, per norma, i risparmi effettuati sul fondo sanitario nazionale, risparmi virtuosi, dovrebbero essere reimpiegati nel servizio stesso, a livello regionale, quindi avendo una rimodulazione interna. Bisogna capire: se una regione non riesce a spendere, ad esempio quota prevenzione o quota vaccini o antinfluenzali, o non finisce il budget sul settore farmaceutico, perché ci sono ricorsi, che succede, che cosa accade? Questa è una curiosità. Forse può rispondermi Antonello Turturiello, così mi aiuta a capire meglio.
Grazie.
ANGELO ROSSI. Signor presidente, mi associo anch'io ai ringraziamenti. In particolare, vorrei toccare il tema della proposta proveniente dalla Conferenza delle regioni sul consolidamento del debito, facendo alcune domande.
Mi sembra di comprendere che la nuova governance europea permetta un consolidamento del debito che non si tramuti in un sostegno alle regioni, ma in una vera e propria politica economica, perché libera risorse che oggi, invece, sono vincolate in maniera importante. Il primo dato sarebbe quante risorse sono destinate nei bilanci regionali al servizio del debito, sostanzialmente, quindi quante risorse dai bilanci regionali si libererebbero per investimenti che abbiano un effetto moltiplicatore sul PIL, diventando, la proposta, una vera e propria attività di Pag. 28politica economica. Quindi, quante risorse si liberano sui bilanci regionali che oggi sono al servizio del debito?
È interessante notare che il debito, passando a bullet, si ripiana esclusivamente nella destinazione al pagamento degli interessi, quindi liberando risorse importanti.
Vengo da una «due giorni» a Budapest con il Comitato interparlamentare, abbiamo parlato proprio di governance economica e abbiamo anche riflettuto sulla nuova governance economica, facendo un ragionamento anche di inserimento di nuove spese, che oggi non sono inserite, come ad esempio le spese per la digitalizzazione, il green e la difesa. Abbiamo anche ragionato, per esempio, di diversificare rispetto a ogni Stato le spese possibili da escludere dalla governance economica, dal tetto di spesa primaria. Abbiamo ragionato, per esempio, anche sulle spese sulla sanità. Mi sembra che risorse importanti che si potrebbero liberare dal consolidamento del debito permetterebbero a tutte le regioni di partire dallo stesso livello, operare in maniera proficua per il risanamento del debito e permettere investimenti. Quant'è il moltiplicatore del PIL che voi individuate? Il PIL passerebbe, dalla nostra previsione, con questa manovra, a quanto? Quale sarebbe, quindi, l'effetto moltiplicatore sul PIL di liberare queste risorse.
Queste sono le due questioni principali: quante risorse si libererebbero che oggi sono al servizio del debito, quale effetto questo potrebbe avere sul PIL e, riguardo al ragionamento che ho fatto, quali tipologie di spese pensate possano essere concordate, ad esempio, con il Governo, delle risorse che si sono liberate e che oggi sono al servizio del debito? Quale tipologia di spesa pensate possa avere un effetto moltiplicatore sul PIL regionale, quindi su quello nazionale?
MARCO GRIMALDI, intervento in videoconferenza. Signor presidente, ringrazio gli auditi per questo ciclo di discussione.Pag. 29
Partirei dalle regioni, da uno dei temi più controversi. Il Piano di cui abbiamo parlato, in realtà, dal punto di vista formale, riporta il potenziamento del servizio sanitario, della rete di protezione e inclusione sociale, e dice che è stata al centro dell'azione del Governo. Dice anche che ci vuole un potenziamento di alcune misure per il sistema sanitario, che si sono rivelate più impattanti, tra cui l'efficientamento delle reti di medicina generale, delle reti di prossimità, delle strutture, della telemedicina, per l'assistenza sanitaria territoriale, quindi anche le case di comunità, le centrali operative, gli ospedali di comunità, nonché della digitalizzazione.
Il Piano fa tutto questo quadro e poi, in realtà, parla – così come fa per le politiche invariate di bilancio – del rinnovo dei contratti pubblici. Lo dico perché siamo dentro un confronto, anche acceso, sul tema dell'autonomia differenziata. Si chiedono poteri straordinari ma, con questi dati, come si fa – lo chiedo alle regioni – a gestire poteri ordinari? Vi chiedo formalmente cosa pensate delle previsioni di questo Piano.
Anche perché, più in generale, quando si dice che tutti dovranno contribuire a quei 13-14 miliardi di rientro ogni anno, non mi pare che il Ministro Giorgetti abbia escluso le regioni o gli enti locali. Anzi, sugli enti locali – così arrivo alla domanda all'ANCI – mi pare sia pronta la conferma dei vostri timori. Il Sindaco Canelli diceva, giustamente, che non si ha più la possibilità di ulteriori tagli. Quello che, invece, vediamo è esattamente questo. La legge di bilancio per il 2025 è già scritta nelle parole di questo Piano. Tutti i comuni saranno obbligati a tagliare le loro spese per accantonarle in un fondo per ipotetici e futuribili investimenti da fare l'anno successivo. Vi è la certezza di una forte riduzione, già vista, delle risorse disponibili. Non capisco se l'atteggiamento prudenziale dell'ANCI sia perché non è ancora disponibile il disegno di legge Pag. 30di bilancio, ma c'è il rischio che tale riduzione si traduca in ancora minori servizi garantiti dai comuni con bilanci forti. Nel precipizio del dissesto per il 20 per cento dei comuni, attualmente impegnati in una riduzione di spesa per emergere dal predissesto o per rispettare gli accordi sottoscritti con il Governo, c'è un numero consistente di comuni che, di fatto, chiuderanno in passivo sul fronte dei servizi da garantire.
Mi chiedo, solo per l'ANCI, che ovviamente è in una fase delicata, anche di sua vita democratica, qual è la vera richiesta, oltre quella formulata dall'onorevole Roggiani, per la parte del PNRR, qual è la richiesta anche rispetto a quello che avete già visto nelle leggi di bilancio precedenti, nelle quali alcune di queste traiettorie sono già descritte.
Grazie.
PRESIDENTE. A chiusura, un ciclo veloce di risposte da parte degli intervenuti.
Partiamo con il dottor Alparone. Cortesemente, tre minuti, perché siamo in ritardo.
MARCO ALPARONE, vicepresidente della regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Signor presidente, intervengo velocemente sul tema della spesa di investimento e della spesa corrente. Il PNRR ci ha spinto, sia per target che per obiettivi, su una spesa di investimento forte, che poi deve trovare anche una copertura corrente, in particolar modo, per quanto riguarda le regioni, sull'aspetto della sanità territoriale, che devono trovare un equilibrio di risorse, secondo me legato all'appropriatezza non alla quantità delle risorse. Io lo dico sempre. In questo momento stiamo facendo grandi investimenti. Rischiamo di aumentare la domanda condizionata dall'offerta, mentre dovremmo sempre di più lavorare sull'appropriatezza.Pag. 31 Il PNRR è spesa di investimento. Questa spesa di investimento trova, poi, una sua messa a terra attraverso anche un sostegno della spesa corrente, che in questo momento non è che non ci preoccupa, perché vuol dire riempire di contenuti quelle strutture, sia in termini di personale – pensate al personale sanitario e a quanto è complesso oggi trovarlo – sia in termini di strumenti e di attività degli strumenti stessi. Se invece diventa appropriatezza, vuol dire, complessivamente, secondo me, una riduzione della spesa e quindi una capacità di sostegno.
Su questo rispondo in particolar modo al tema che è legato al tetto di spesa che noi abbiamo, che in questo momento ci preoccupa rispetto all'utilizzo dell'avanzo, ancora di più sul tema dell'avanzo in sanità che, a fronte di un aumento delle risorse del Fondo sanitario nazionale, ci deve permettere – l'ho detto magari velocemente – una flessibilità nell'utilizzo di quelle risorse.
Noi abbiamo in questo Piano strutturale di bilancio indubbiamente una preoccupazione, che è costituita dal tetto di spesa, da come il tetto di spesa impatta sul pareggio di bilancio e come lo riusciamo a monitorare in maniera costante senza mettere in difficoltà chi deve poi rendicontare che non è stato sforato il tetto di spesa e noi che, invece, ci troviamo con un avanzo bloccato che non possiamo utilizzare. Nel Piano è scritto in maniera chiara: «Da parte dei singoli enti territoriali, con trattenuta diretta sui trasferimenti erariali, in alternativa prevedendo, per gli enti in disavanzo, l'obbligo di incrementare l'importo del disavanzo da ripianare nell'esercizio e per gli enti in avanzo l'obbligo di accantonare in bilancio un fondo di parte corrente da destinare negli esercizi successivi al finanziamento degli investimenti e all'estinzione anticipata del debito».Pag. 32
È indubbio che questo è forse l'aspetto più delicato: da una parte avere la conferma dell'utilizzo dello strumento del pareggio di bilancio per gli enti territoriali, perché abbiamo dimostrato che funziona, dall'altro coniugarlo con quel tetto di spesa e in particolar modo permetterci che quelle risorse in sanità possano essere utilizzate per gli obiettivi strategici. Ne abbiamo detto uno per tutti. Oggi parlare di sostenibilità complessiva del sistema sanitario nazionale vuol dire poter investire per esempio in prevenzione superando il tetto di spesa e quindi avere la capacità che per tutte le risorse che ci sono in più in avanzo ci sia la possibilità di investirle in quelle che noi riteniamo siano attività strategiche per i nostri territori.
Ogni regione ha caratteristiche diverse anche in quel tipo di offerta. In questo l'ultima risposta, secondo me, attiene al tema dell'autonomia, che è un tema che non ci fa venir meno rispetto alle regole di governance europee. Quella sostenibilità del debito è una sostenibilità collettiva. Ci sono comuni, province, regioni e Stato. È indubbio che è una responsabilità alla quale tutti concorriamo. Noi abbiamo fatto la nostra parte, il Governo deve fare la propria. È indubbio che un trasferimento di funzioni agli enti territoriali con le relative risorse, quindi parliamo dei famosi LEP e LEA, probabilmente permetterebbe anche un efficientamento, una migliore spesa e anche un migliore risultato.
GIANCARLO RIGHINI, assessore per il bilancio, la programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia, pesca, parchi e foreste della regione Lazio e coordinatore vicario della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Intervengo molto velocemente per rispondere all'onorevole Rossi sui quesiti posti.
Il debito delle amministrazioni locali vale circa 100 miliardi, divisi in 40 alle regioni e 60 alle amministrazioni e agli enti Pag. 33locali, che determinano un costo del servizio del debito per 2,6 miliardi per le regioni e 2,5 miliardi per i comuni.
Dallo studio econometrico che depositeremo dimostreremo come nel nostro caso, nella regione Lazio, questo può determinare un effetto moltiplicatore dell'1,8 per cento, portando il tendenziale dei lead nella regione Lazio dall'1,6 al 3,4 a partire dal 2027 liberando le risorse di cui parliamo.
LUCA MENESINI, componente del comitato direttivo e responsabile per la finanza dell'UPI. Grazie. Sarò telegrafico.
In merito alla questione dei tagli e del PNRR va detto che per quanto riguarda le province noi non abbiamo in gestione un PNRR e investimenti che poi diventano servizi. Abbiamo principalmente scuole secondarie e quindi da un certo punto di vista comporteranno anche delle economie, perché se abbiamo una scuola obsoleta, particolarmente energivora, andiamo su infrastrutture ZEP e quindi avremo delle economie da questo punto di vista. Il problema è arrivarci, proprio per quello che dicevo prima, perché a fronte di quadri economici che sono aumentati, va benissimo il FOI, vanno benissimo i diversi fondi che sono stati messi a integrazione, ma non sono stati sufficienti. Per fare quell'investimento, quella scuola, per il quale avevamo pensato a un progetto a 10 milioni e oggi ne costa 13, 15 o 2, abbiamo bisogno di metterci 1 o 2 milioni in più di risorse proprie, abbiamo bisogno della capacità di investire, prendere un mutuo e quindi avere risorse di parte corrente per coprire questo.
È un corto circuito preoccupante. Quando dico che siamo in una situazione a limite, mi riferisco proprio a questo. Come si dice nelle famiglie, stiamo tirando parecchio la cinghia in attesa di una riforma promessa e mai sostanzialmente arrivata o comunque degli aggiustamenti su alcune questioni, e in particolar modo finanziarie, di funzioni e di personale.Pag. 34
Vengo a quanto diceva l'onorevole Lorenzin sulla questione del personale. È vero, la situazione è questa e noi abbiamo bisogno invece di personale nuovo, abbiamo bisogno di personale che vince anche le sfide del digitale, abbiamo bisogno di personale per qualificarci come stazione unica appaltante. Le province sono una grande occasione anche di semplificazione della pubblica amministrazione, però abbiamo bisogno che il Parlamento ci dia una mano in questa direzione. La mia da essere una risposta diventa un appello.
In merito agli elementi che venivano sottolineati prima sulla questione della spesa primaria netta, abbiamo bisogno di sederci a un tavolo e capire bene perché non ci è chiaro questo ad oggi.
Grazie.
ALESSANDRO CANELLI, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'ANCI. Parto dall'onorevole Grimaldi. Non viviamo su Marte e sappiamo benissimo le difficoltà che il Ministero dell'economia e delle finanze deve affrontare per cercare di contemperare i vari interessi e nello stesso tempo assicurare il raggiungimento dei target che ci sono stati dati.
Le posso dire che noi abbiamo avuto già due confronti, il 31 luglio e l'ultimo non più tardi di dieci giorni fa, con il Ministro Giorgetti e con il ministero. Abbiamo osservato una grande disponibilità nel venire incontro alle nostre esigenze, pur in questo quadro di contemperamento di interessi che, ovviamente, ci deve essere. Ci hanno assicurato che non ci saranno tagli, ci preoccupa comunque un'ipotesi di accantonamento ulteriore sulla spesa corrente per poi poterle eventualmente utilizzare sulla parte investimenti. Non è come avere un taglio, ma è comunque una contrazione della parte corrente dei bilanci che sono già in difficoltà.Pag. 35
Detto questo, voglio sottolineare che abbiamo bisogno di capire qual è la dimensione. Noi chiediamo, una volta che è stata fatta chiarezza sulla dimensione che può impattare sul comparto, che l'approccio sia di comparto, in modo tale che poi noi possiamo andare a verificare, laddove è necessario intervenire, per poter evitare che ci possano essere degli effetti indesiderati e catastrofici su almeno 500 enti locali, che cubano circa 8 milioni di abitanti e che già sono in forte crisi finanziaria.
Noi chiediamo che l'approccio sia di comparto, qualunque esso sia. Questo è il primo punto. Per quanto riguarda, e vado a rispondere alla senatrice Lorenzin, i criteri di spesa primaria netta per i comuni, noi immaginiamo che possano tener conto, ma questo sarà frutto anche di un confronto con il ministero, per quanto riguarda la spesa Titolo I, della detrazione di una serie di poste contabili. Secondo noi, potrebbero essere sicuramente gli interessi passivi sui mutui in essere. Poi ci sono una serie di spese che noi facciamo per i rifiuti, che sono finanziate dalla tariffa dei rifiuti, quindi andrebbero detratti da questo calcolo. Poi ci sono tutti quegli impegni assunti per il trasferimento ai ministeri per regolare pregresse disposizioni finanziarie, e quindi non andrebbero presi in considerazione per la definizione di qualsiasi vincolo di finanza pubblica. Poi ci sono un ammontare di accertamenti per i trasferimenti correnti del Titolo II, che non hanno carattere permanente e quindi bisogna considerare la natura necessariamente vincolata di queste risorse e delle relative spese e al contempo preservare la tenuta finanziaria degli enti.
Questi sono i punti sui quali si può ragionare per andare a identificare un concetto di spesa primaria netta per il comparto dei comuni.Pag. 36
Chiudo con l'onorevole Roggiani. Per quanto riguarda il combinato disposto tagli e gestione del PNRR, è certo che se tagliano ulteriormente la spesa corrente in prospettiva possiamo avere ulteriori difficoltà rispetto alla gestione di una serie di opere che stiamo cercando non di mettere a terra, come si usa dire, ma di far decollare, perché il PNRR dovrebbe far decollare le opere, non buttarle a terra. Secondo me, dipende, perché se io devo gestire un nuovo asilo nido che sto costruendo mi costerà circa 300.000 euro all'anno tra utenze e personale. Se gran parte delle spese PNRR le ho fatte per efficientare gli edifici, probabilmente avrà un risparmio sulla parte delle utenze negli anni successivi. Dipende, quindi, anche dalla tipologia di opere che andiamo a considerare. Sicuramente un impatto sulla parte corrente dei bilanci ci sarà. Le valutazioni d'impatto dovrebbero essere fatte in maniera un po' più approfondita. Auspico che qualunque sindaco si metta lì a valutare attentamente, dal collaudo delle opere in poi, cosa dovrà spendere di più o di meno rispetto a quello che spendeva prima. Sicuramente siamo consapevoli del fatto che ulteriori tagli, non soltanto per il PNRR, ma per le ragioni di cui parlavo prima, cioè per il fatto che noi abbiamo una spesa reale che sta decrescendo nel corso degli anni, abbiamo spese per i minori crescenti, quindi qualsiasi taglio che non tenga in considerazione questi aspetti ovviamente ci preoccupa molto.
La cosa principale, e lo ribadisco per la terza volta, perché si capisca bene, è che abbiamo bisogno di un approccio di comparto. Dopodiché, andremo a delineare gli interventi in maniera chirurgica, in modo tale da minimizzare i rischi che ci siano effetti indesiderati, catastrofici determinati da regole o vincoli un po' troppo semplicistici.
PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi per il contributo fornito ai lavori della Commissione, dichiaro chiusa l'audizione. Buon rientro a tutti.
Audizione di rappresentanti del CNEL.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti del CNEL.
Sono presenti il professor Renato Brunetta, il dottor Monnanni, segretario generale, la dottoressa Venturi, direttore generale per la programmazione e il coordinamento delle politiche settoriali, la dottoressa Mancini, consigliere per la comunicazione istituzionale, il dottor Benadusi, capo ufficio stampa CNEL.
Do la parola al presidente Brunetta, chiedendogli di contenere la propria relazione entro un tempo di quindici minuti, così da lasciare spazio ad eventuali interventi dei parlamentari e alle eventuali relative repliche.
RENATO BRUNETTA, presidente del CNEL. Grazie, presidente. Avendo solo quindici minuti, dovrò fare una sintesi molto forte.
Non ho mai amato il vecchio patto di stabilità: troppo rigido, troppo legato ai Governi, troppo centralizzato, con troppe regole e troppe sanzioni. Quando i «troppo» sono troppi, il risultato è che poi alla fine nessuno rispetta nessuna regola. Il risultato è stato questo. Mai si sono rispettate le regole e mai è stata applicata una sanzione. Sostanzialmente, il vecchio patto di stabilità lasciava che le regole e le sanzioni le facessero i Pag. 38mercati. È un processo lavorativo tutto sommato inutile, superfluo. Il vecchio patto di stabilità ha funzionato alla perfezione quando è stato sospeso, e ci ricordiamo tutti, con grande gioia, la sospensione del patto di stabilità durante il Covid e quindi la libertà.
Quando si è cominciato a costruire il nuovo patto di stabilità ero piuttosto scettico, nel senso che lo vedevo costruito sulla base del vecchio, con alcune modifiche, con alcune specificità. I nostri Governi si sono battuti, più di uno, per modificarlo e adeguarlo. Quando nacque, ero francamente scettico. Facevo il parlamentare e giudicai la nuova struttura tutto sommato se non uguale ancora peggiore della precedente. Mi sto in parte ricredendo, nel senso che, almeno a livello di buone intenzioni, il nuovo patto di stabilità presenta caratteristiche potenzialmente eversive rispetto al vecchio, naturalmente se correttamente interpretate dai giocatori e i giocatori sono la Commissione, i Paesi, non tanto e non più i Governi, e i mercati.
I mercati, ad oggi, dopo tutto quello che sta succedendo nel mondo, transizioni e guerre, non hanno neanche voglia, secondo me, di essere presenti come giudici sanzionatori di comportamenti coerenti e non coerenti e questo non è un bene. Quindi, i mercati li lascerei per il momento un po' da parte.
Mi concentrerei sui due giocatori principali, il giocatore Commissione e il giocatore Paesi. Dico «Paesi» – questa è la prima novità – perché questa volta gli interlocutori non sono più tanto e solo i Governi, ma sono gli Stati, i Paesi, le nazioni. Usiamo qualsiasi terminologia.
Il nuovo patto di stabilità, infatti, prevede, addirittura quasi con un privilegio di citazione e di verbo di obbligo e non di possibilità, di coinvolgere le società civili. Io, consentitemi, tiro l'acqua al mio mulino, cito i corpi intermedi, le parti sociali, con enfasi e con una forza per cui addirittura anche in fase di prima Pag. 39applicazione era obbligatorio sentire le parti sociali e facoltativo passare per il Parlamento. Non me ne voglia il Parlamento. Questo vuol dire molto nelle intenzioni. Ovviamente, si tratta poi di giocare in due e giocare bene. La Commissione chiede questa partecipazione, che non sia solo dei Governi, ma delle società civili, dei corpi intermedi, che poi è quello che i Parlamenti fanno con le audizioni, sentire le parti, gli enti e le istituzioni, però questo è un elemento che paradigmaticamente può cambiare veramente il quadro, l'impianto relazionale.
In secondo luogo, poi aggiungerò una parte finale, i piani che si devono costruire – poi preciserò le tecnicalità – sembrano, almeno nelle intenzioni, essere sartoriali, cioè non come nel passato un impianto unico per tutti, chi lo segue bene, chi non lo segue va in procedura di infrazione, che è deviante e quindi additato al pubblico ludibrio, ma vanno costruiti dei percorsi adattivi Paese per Paese.
Questo, anche qui, potenzialmente, è di grande rilevanza, perché vuol dire che si deve tener conto delle storie, degli andamenti. Noi abbiamo dovuto avere il lodo Ciampi per avere la tendenzialità in una delle tante riunioni in cui si costruivano le regole del gioco per quel famoso 60 per cento dei parametri di Maastricht. Lo abbiamo dimenticato. Perché alla fine serviva più l'angolo di discesa che l'entità parametrica della discesa, perché altrimenti non avremmo ottemperato nessuno e i risultati poi, con il senno di poi, ci sarebbero stati.
Ricordo che un Governo è stato fatto cadere, con la famosa lettera della Banca centrale europea, perché si è spostato il pareggio di bilancio dal 2013 al 2014, di un anno, con una manovra correttiva relativa e si parlava di close to balance. Adesso abbiamo dimenticato il pareggio di bilancio e siamo al 3 per cento, che è il tetto massimo di allora.Pag. 40
All'epoca poteva cadere un Governo perché ci si avvicinava o meno, con il giusto grado di velocità, al pareggio di bilancio, al close to balance. Questo per dirvi della impraticabilità di quella storia e del realismo di questa. Anche questo è un fatto importante.
Con il senno di poi, le regole mai rispettate alla fine hanno prodotto un realismo che trovo utile per fare politica economica, naturalmente se i giocatori giocano entrambi bene, se gioca bene la Commissione e giocano bene i Paesi, gli Stati, i Governi. Questo è il primo punto.
Esprimo un primo giudizio su questo primo parametro. Credo che il documento presentatoci dal Governo, pur essendo il primo, pur non avendo avuto nel DEF di aprile un prolegomeno strutturato, perché c'era solo il tendenziale non c'era il programmatico – questo quindi è il primo programmatico sostanzialmente che abbiamo e anche questo non è completo, per cui è un giro di prova, chiamiamolo così – è un documento realistico, credibile e prudente. Questo è il pensiero del CNEL, non di tutto il CNEL, ovviamente. Il CNEL è un'assemblea, che ha tante anime, tante sensibilità: datori di lavoro, lavoratori, esperti, terzo settore. All'interno del settore dei datori di lavoro, poi, ci sono tutti i sindacati dei datori di lavoro, dentro il settore dei lavoratori ci sono tutti i sindacati dei lavoratori, dentro il settore degli esperti ci sono tutte le anime degli esperti e dentro il volontariato ci sono tutte le anime del volontariato, quindi è quasi peggio del Parlamento.
Da questo punto di vista un mood di sintesi mi fa dire che è realistico, nei limiti dell'essere sperimentale, non darei nessuna colpa al Ministro Giorgetti da questo punto di vista. È certamente il primo, è certamente sperimentale, però, per essere il primo e per essere sperimentale, lo trovo realistico, credibile e prudente. Ne ho viste di peggio nel passato, nel senso Pag. 41di mancanza di prudenza, eccesso di ottimismo, mancanza di realismo, mancanza di credibilità.
Questo, invece, è realistico, credibile e prudente.
Passo a un altro punto nodale, centrale, che attiene un po' alla teoria economica, non me ne vogliate. L'unico parametro – ce ne sono tanti altri, ma penso che lo abbiate già sentito trenta volte – è che la spesa pubblica netta deve avere un tetto. Questo è un tetto, facendo un po' di conti, che è la metà della dinamica del PIL nominale, più o meno.
Comunque, è una attesa spesa netta che è più bassa dell'inflazione. Questo vuol dire che la spesa netta è in calo dal punto di vista reale.
Quando si fa una manovra di questo tipo in economia si aprono come sempre due filoni di pensiero: un approccio depressivo o un approccio potenzialmente espansivo.
È depressivo se, keynesianamente parlando, opera un demoltiplicatore, per cui alla fine si mette meno legna nel fuoco e quindi meno fuoco, oppure si lascia più spazio agli investimenti privati e ai consumi in maniera tale che se ci sono le condizioni particolari per riempire lo spazio che non è più saturato dalla cattiva, fatemi dire, o non buona o non efficiente spesa pubblica, hai non solo un risanamento, ma hai una maggiore crescita e un maggior funzionamento in termini di mercato.
È una scommessa interessante, e anche qui dipende dai giocatori. Se sono giocatori che si sono drogati con il PNRR, che vedono finire il PNRR, che vedono mettere un tetto alla spesa endogena, chiamiamola così, anche se ci sono poi delle componenti sempre europee, non PNRR, ma di altro tipo – san Fitto, pensaci tu! – coesione ed altro, se i giocatori di parte nazionale, di parte Paese, di parte governativa sapranno giocarsela bene, si apre uno spazio interessante per fare più Pag. 42crescita, più efficienza, più produttività, nel contempo risanando o contribuendo a risanare i conti pubblici.
Sappiamo tutti che la medicina per risanare i conti pubblici è intanto avere più crescita e poi avere una composizione della spesa pubblica migliore e più efficiente. Lo sentivamo prima dai colleghi di ANCI, UPI e regioni. Bisogna spendere meglio. Io sarei felice se il PNRR fosse stato usato per efficientare la spesa. Speriamo che sia così. Ho qualche dubbio. Temo che sia stato fatto per fare investimenti hard, per cui alla fine manchino le risorse per fare la gestione. Questo, però, è un mio timore da vecchio economista, da vecchio ex parlamentare.
Certamente finirà l'onda incrementale del PNRR. Finirà nel 2026 e avrà una coda nel 2027. Ci lavoreremo. Io credo che sia necessario comunque avere un trascinamento, una coda. I fenomeni sono sempre flessibili. Sta di fatto, però, che quella stagione finisce. La stagione dei tanti investimenti, facili e abbondanti finisce e inizia un'altra stagione, che è la stagione dei mercati, degli investimenti privati o del PPP (pubblico-privato partnership), che è la cosa più bella, ma anche la più difficile da fare. Di solito, però, è spiazzata dal fatto che quando ci sono tanti investimenti pubblici i PPP non nascono. È più facile fare investimenti pubblici piuttosto che fare partnership pubblico-privato. È però una grande occasione: tetto, realismo, concretezza, credibilità. Questa è una grande occasione.
Vado a chiudere. Questo richiede, però, anche qui, un po' di cose strategiche. Intanto, ci vuole semplificazione, cosa che non abbiamo visto nel passato.
Nel passato ogni ministro e ogni Governo costruiva il proprio algoritmo, quasi fosse Amazon, e pensava che quella storia si chiudesse entro l'anno o entro l'anno successivo. Qui, invece – ho mancato di dirlo – l'altra grande novità paradigmatica è la possibilità di fare un gioco lungo, laddove il vecchio patto di Pag. 43stabilità non aveva la possibilità di avere un medio-lungo termine a disposizione. Secondo me, bene ha fatto il Governo ad accedere all'opzione nei sette anni, però anche qui cambia tutto: tu non sarai più giudicato anno per anno, ma dovrai essere giudicato su un sentiero stretto, arduo, difficile e così via, ma su un sentiero. Questo vuol dire attuare un cambio di cultura anche da parte di tutti, della politica, del Governo, delle parti sociali, dei cittadini.
Il giudizio non può più essere dato – ricordo che fu messo in croce il povero Tria sullo 0,2, il 2, 2,8, 2,18, 2,018 – sui decimali, quanto invece sulla credibilità del sentiero. Siamo attrezzati? Abbiamo la testa attrezzata per cambiare questi comportamenti in queste aule che sono le più importanti dal punto di vista dell'ascolto del mondo esterno o di altre aule? Siamo in grado di fare questo cambio? Secondo me, dovremmo attrezzarci per farlo quanto prima, perché cambia tutto anche in questo caso: non solo i Governi, medio-lungo periodo, sartorialità. Non è poi detto che si cambi di anno in anno, si aggiusti di anno in anno. No, perché l'aggiustamento ha determinate condizioni molto ardue e quindi il sentiero va costruito bene fin dall'inizio. Tra l'altro, abbiamo una procedura di infrazione en passant che dobbiamo onorare. Il Governo ha deciso di onorarla nel prossimo triennio. Anche su questo il giudizio va dato a fine legislatura. E poi bisogna imboccare il sentiero costruito. Serve anche una nuova cultura e un nuovo approccio.
Passo a un elemento puntuale. È stato fatto tutto quello che si doveva fare finora? No. La cosa mancante, lo dico con una riserva in positivo, è soprattutto dal punto di vista del coinvolgimento delle parti sociali e dei corpi intermedi. È stato fatto come nel passato, ma nel passato l'impianto era centralistico, Pag. 44parametrico, a due, governativo. Questa volta io darei un voto di favorevole attesa.
In ogni caso – questa forse è l'unica cosa utile che posso dirvi – il CNEL darà una mano, nel senso che lo faremo noi, o meglio lavoreremo per fare le istruttorie su tutti questi temi per la nostra competenza ex articolo 99 della Costituzione, ma in maniera strutturata e istituzionalizzata, con tutti i tempi e con tutti i contenuti necessari.
Sinceramente, non è una critica a nessuno, sono tutti amici, sono tutti colleghi, e il giudizio di fondo è positivo, non bastano tre o quattro ore a Palazzo Chigi. È meglio di niente, certamente, ma dato il cambio paradigmatico, il cambio culturale, il cambio strutturale, ci rivedremo al DEF – non è una minaccia, ma è una promessa, ovviamente – e in quella data occorrerà evidentemente fare investimenti di altro tipo, investimenti analitici e strutturali. Ne abbiamo tutta la capacità, perché abbiamo un ufficio parlamentare di bilancio che funziona bene, la Banca d'Italia, l'INPS, l'INAIL e se volete metteteci anche il CNEL. Abbiamo chi può dare una mano a far tutto questo e a rendere questo nuovo modo di programmazione utile al Paese, a tutto il Paese.
Giavazzi scriveva ieri un bell'articolo. Questi esercizi servono a dare certezze. Guai a dare insicurezze. Dobbiamo dare trasparenza, responsabilizzare i vari attori e dare certezze. Una delle certezze più importanti è la strutturalità dei provvedimenti che si prendono, delle politiche che si prendono. Se non sono strutturali, che certezze vuoi dare?
Per cui, al di là poi dei numeri, dei parametri, degli 0,2, qui abbiamo un grande problema. Abbiamo la procedura di infrazione, abbiamo la fine del PNRR, abbiamo la necessità della staffetta tra PNRR e tetto, tanto per arrivare alla sintesi, e dobbiamo puntare a un ragionamento corale, coinvolgendo Pag. 45tutta la società civile, tutto il Paese. Siamo in grado di farlo? Questa è una sfida per tutti, anche per la Commissione europea. Adesso ne vedremo delle belle con le audizioni dei commissari, che sarà un bel gioco al massacro. Ho anche partecipato come massacratore e quindi mi sono anche divertito a massacrare i poveri commissari. Speriamo che finisca presto. Abbiamo bisogno di una Commissione in piena legittimità e in piena funzione.
Abbiamo bisogno di un Governo forte, trasparente, credibile, prudente. Abbiamo bisogno di un Parlamento non costipato. Conosco il vostro lavoro, quindi so quanto è frustrante. È un meraviglioso luogo. È unico, con tutti i suoi difetti. È unico, di meglio non c'è. Usiamolo al meglio, però usiamolo e soprattutto vengano dati i tempi per poter esprimere quello che le leggi, le norme e i regolamenti europei prevedono. Tutto questo per fare un lavoro migliore e per dare più certezze ai cittadini.
Dico due o tre cose velocissime sul tema della produttività: produttività dei fattori, produttività del lavoro. È una delle chiavi di volta di tutto. Se ne parla sempre, ma non si è mai andati a fondo. La produttività dell'Italia è legata alla remunerazione dei fattori e uno dei fattori che viene meno remunerato – anche qui parliamo di statistiche ormai acquisite – è il fattore lavoro. Di contro, abbiamo il più alto surplus di esportazioni. A chi vendiamo questi prodotti se abbiamo una produttività così bassa? C'è qualcosa che non torna. Inoltre, abbiamo un'emorragia di giovani, intanto con numeri che non si conoscono. Ho cercato i dati, prima di venire qua. Parliamo, in dieci anni, dai 300.000 ai 500.000 giovani, 50.000 o 60.000 all'anno, ma probabilmente i numeri veri sono doppi o tripli. Giovani che se ne vanno e che non tornano più, e non siamo attrattivi per altri giovani che arrivano nel nostro Paese.Pag. 46
Se perdiamo giovani, non nascono imprese. Abbiamo un grande problema: la mortalità delle imprese supera la natalità. Ai tempi nostri, ai tempi dei più vecchi di questo tavolo, avevamo un grande record di natalità di imprese. Non è più così. D'altra parte, la natalità e mortalità delle imprese fa il pari con la natalità e mortalità degli umani. È un problema straordinariamente grave, di cui si parla troppo poco. Per non parlare dell'immigrazione. Abbiamo accumulato 5-6 milioni – non sappiamo neanche esattamente il numero – di immigrati e sono tutti da offerta, cioè sono tutti venuti non domandati, non richiesti.
L'immigrazione da domanda è pari al 5 per cento. Tanto è l'accumulo nel tempo quanto i nuovi flussi. Anche i nuovi flussi, che astrattamente sarebbero da domanda, in realtà non vengono presi dai Paesi di origine, ma vengono regolarizzati da quelli che già ci sono, sempre da offerta. Con l'immigrazione da offerta non si va da nessuna parte. È un gioco a somma negativa: perdono i Paesi di origine e anche i Paesi di destinazione, perché abbiamo enormi problemi di assimilazione, formazione, laddove invece, se avessimo in gran parte immigrazioni da domanda, cioè immigrazione selezionata, voluta, finalizzata nei settori primari dell'economia, non avremmo neanche i problemi, o sarebbero molto minori, della cittadinanza, della inclusione, perché l'inclusione verrebbe dal lavoro, dalla regolarità. Che inclusione ci può essere da un lavoro in nero, da un lavoro sotto pagato, da un lavoro sotto caporali? Non c'è nessuna inclusione. Perdono tutti, i Paesi di destinazione e i Paesi di origine, che non riceveranno sicuramente rimesse, ma un povero disgraziato che lavora in nero.
Su tutte queste tematiche, che sono tematiche fondanti i nostri equilibri, la nostra sostenibilità, per non parlare delle pensioni, se l'orientamento è quello della flessibilità e della Pag. 47sostenibilità, se è vero che tra pochi anni avremo completato il passaggio dentro il sistema a ripartizione, ma con il sistema contributivo, il sistema contributivo mal tollera le uscite anticipate, perché sono penalizzanti per chi è in pensione. Quindi, è inutile lambiccarsi sulle quote, sulle anticipazioni delle uscite quando chi esce ha un sistema di calcolo – il metodo è sempre quello: ripartizione, sistema di calcolo e contributivo – non conveniente.
Nessuno, quindi, farà l'uscita anticipata avendo il calcolo della sua pensione con il metodo contributivo. Anche qui, pensiamo piuttosto agli incentivi alla permanenza sul posto di lavoro per avere quel sistema contributivo e una pensione più pesante per il prossimo futuro e soprattutto per il medio-lungo periodo.
Su tutto questo, è una promessa, ci vedremo nei prossimi mesi. È bene che il Parlamento rivendichi il ruolo che gli danno le nuove regole sottoscritte dall'Italia.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente, per il suo intervento appassionato.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
TINO MAGNI, intervento in videoconferenza. Vorrei ringraziare il professor Brunetta per le cose che ha detto e che ci ha spiegato. Per alcuni versi sarebbe utile discutere degli spunti che ha dato. Volevo porre, però, una questione fondamentale.
Il professor Brunetta ha citato il fatto che il sentiero è stretto, che bisogna utilizzarlo bene, in particolare dando un ruolo alle parti sociali che vanno in questa direzione. Una cosa che, però, non ho capito, e la chiedo perché a noi non è stata detta, attiene al fatto che in questi anni lavoratori e lavoratrici Pag. 48hanno perso potere d'acquisto. Solo in parte si è salvato questo potere d'acquisto attraverso il cuneo fiscale. I giovani vanno via, vanno all'estero perché molto spesso nel nostro Paese non trovano né un'occupazione stabile né un'occupazione inerente allo studio che hanno fatto e molto spesso sono anche sotto pagati. La precarietà porta ad andare a trovare un posto migliore.
Lei come ritiene sia possibile rinnovare i contratti di lavoro, a partire dal pubblico, se si scrive nel Piano che le politiche invariate comprendono anche le risorse necessarie per rinnovare i contratti? Come si fa a rinnovare i contratti dando una risposta corretta alle esigenze di cui i lavoratori e le lavoratrici hanno bisogno e ai giovani per evitare che vadano via? Bisogna ridurre la precarietà e allo stesso tempo aumentare i salari di questi giovani.
Grazie.
GIANMAURO DELL'OLIO. Professore, approfitto della sua presenza. La ringrazio per il suo intervento e la ringrazio in particolare per quanto ha detto sul Parlamento, che non deve essere costretto. Mi auguro davvero che si possa intervenire, perché questo è anche un punto focale di quello che lei ha detto. Lei ha parlato di questo Piano strutturale di bilancio come di una grande occasione, di una scommessa, positivamente. Ha detto: «È la prima volta. Potrebbe essere meglio. Ho visto di peggio». Il problema è questo. Purtroppo in Commissione Bilancio dobbiamo andare sui numeri. Non voglio parlare di numeri e neanche di decimali. So che a lei non piacciono. Una volta glielo chiesi e me l'aveva detto. Il problema, però, è questo.
Come ha detto, la spesa netta alla fine sarà inferiore rispetto all'inflazione, quindi in termini reali avremo una perdita. Come si può pensare di avere una possibilità di sviluppo per il Paese Pag. 49con questo Piano? È vero, non verremo valutati anno per anno, ma alla fine, quando di fatto noi avremo una spesa netta inferiore. Lei ha parlato della sanità, delle spese sanitarie. Ne hanno parlato anche prima le province, le regioni e i comuni. Sulla spesa sanitaria, con una spesa netta inferiore, alla fine bisognerà mettere di più. Sappiamo che bisogna mettere davvero tanto di più per quanto riguarda la spesa sanitaria, visto che siamo veramente in basso rispetto al resto dell'Europa in termini di spesa sanitaria sul PIL. Dobbiamo mettere di più, ma se avremo una spesa reale inferiore, con aumenti di prezzi, potremo comprare sempre meno cose. Sul PNRR ha detto giustamente che bisogna andare avanti. Io mi metto sempre il cappello nero sulle cose. Va bene pensare che questo Piano possa essere una grande occasione, però mi piace cercare di capire, e se invece non fosse una grande occasione?
Noi abbiamo un PNRR rispetto al quale nel 2024 abbiamo speso credo 4 miliardi dei 40 indicati. Ne dovremo spendere molti di più nel 2025 e nel 2026.
La mia ipotesi è che «san Fitto», che sta a Bruxelles, probabilmente dovrà lavorare forse per avere un'estensione, perché altrimenti noi sforeremo se questi sono i parametri, e senza dare responsabilità di qualsiasi genere. Come si può fare? Quale sarà il risultato?
Il PPP va benissimo, ma in un Governo o Stato, come quello italiano, in cui non si riesce sostanzialmente a velocizzare e a creare occasioni anche nella partnership pubblico-privata, vedo difficile riuscire a incrementare il PIL con una spesa netta reale inferiore. Questo è sostanzialmente il grosso della domanda. Va bene l'ottica positiva per il vostro punto di vista, ma cosa succederà se, in un'ottica negativa, non potremo usufruire di questi vantaggi? Di fatto, e lo ha detto giustamente anche lei, la spesa netta reale sarà inferiore. Lo dicono i numeri. Alla fine, Pag. 50senza andarli a citare, sarà inferiore. Lo sviluppo del Paese non è sostanzialmente previsto. Anche lo sviluppo riportato, il famoso 1 per cento, non è uno sviluppo che ci permetterà di far permettere una crescita del Paese, ancor più perché il Governo ha sempre dichiarato, e l'ha scritto addirittura nella prima legge di bilancio, nel 2022, che spinge verso l'avanzo primario. L'avanzo primario è una cosa sacrosanta e positiva. Va benissimo se c'è la crescita del Paese, ma se non c'è la crescita del Paese o si introducono nuove tasse, e questo Governo ha detto che non vuole mettere nuove tasse, o ci saranno meno servizi per gli italiani. Di fatto, ancora una volta, come si fa a superare questo punto?
Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al professor Brunetta per la replica.
RENATO BRUNETTA, presidente del CNEL. Non ricordo esattamente la data, ma la prossima settimana avremo le società di rating che ci daranno i voti, credo a metà ottobre. Ma non riguarda voi, il 15 voi dovrete fare notte per la tabella. La notte tra il 15 e il 16 il Governo presenterà le due tabelle dei saldi, ma quella è un'altra storia che riguarda la Commissione Bilancio e riguarda voi.
Dicevo, le società di rating daranno i voti, il rate del Paese. Bisognerà vedere se saranno ancora addormentate o impaurite dal contesto, dalla guerra e cioè terranno un po' il giudizio frenato oppure se, spero di no, useranno i loro strumenti di downgrade e allora le cose comincerebbero a farsi difficili. Ci siamo dimenticati che esistono i mercati. Quello che si sta facendo, la prudenza, il tenere la spesa netta con un tetto, il volere l'uscita dalla procedura di infrazione dal 2026 per andare sotto addirittura il 3 per cento, con un tasso di crescita Pag. 51relativamente basso, evidentemente è un segnale rivolto ai mercati. Stiamo facendo una politica economica credibile, prudente, seria.
Altre storie non sarebbero accettate o accettabili. Per cui, rispondendo alle due domande: parti sociali e potere d'acquisto. Non ho mai citato un termine, perché è un po' logoro, che è quello delle riforme. È possibile avendo i soldi. Il mio ministero all'inizio del Governo Draghi li aveva e me li aveva lasciati il Governo precedente. Confesso questo vantaggio. Ci ho messo due anni e mezzo, avendo un presidente del Consiglio che voleva rinnovare i contratti, essendoci un ministro della pubblica amministrazione che voleva rinnovare i contratti. Essendo io anche un po' coercitivo, alla fine ci ho messo più di due anni per rinnovare un contratto avendo i soldi.
Qui c'è un problema anche di regole, di procedure, di trasparenza. Il Governo era tutto favore. Immaginiamoci se ci fosse stato un Ministro dell'economia e delle finanze che non era d'accordo. Bloccava tutto.
Anche adesso l'attuale ministro sta cercando di rinnovare i contratti e sono passati già due anni. Tra l'altro, quando io ho rinnovato i contratti erano già scaduti. Parlare di potere d'acquisto, quando in mezzo hai qualche fiammata inflazionistica diventa una follia. Quando si deve ricorrere all'IPCA, che è solo parziale, ci rendiamo conto che quello che succede in economia ha tempi che non sono compatibili con le nostre regole del gioco. Per esempio, una cosa che avete citato sono i contratti nel settore pubblico. Un contratto nel settore pubblico, se ricordo bene, tra centro e periferia costa 8 miliardi. Con questi chiari di luna non è così semplice, ma ancora peggio è il ritardo. Qui navighiamo in ritardo di un contratto. Quando hai chiuso un contratto lo hai chiuso nel triennio o quadriennio precedente. È già vecchio e sei in rincorsa. Questo non è compatibile con Pag. 52nessuna sostenibilità e non è compatibile soprattutto per il fatto che al settore tu poi devi chiedere produttività, efficienza, trasparenza. Dentro c'è la sanità, dentro c'è l'università, la scuola, c'è tutto poi alla fine.
Non abbiamo parlato delle riforme. Ci sono le riforme del PNRR che sono quasi poi le riforme PSB. In più, c'è questo ambiente imprenditoriale che non è altro che natalità e mortalità delle imprese. Non se ne parla abbastanza. È una cosa gravissima ed è figlia del gelo demografico. Il gelo demografico porta al mismatch, alla non coincidenza tra domanda e offerta, alla carenza di professionalità e quindi alla esigenza di immigrati e quindi alla necessità di avere selettività. La selettività non la fai con il click day, che è una foglia di fico per nascondere la regolarizzazione di chi c'è già dentro e che sono arrivati scappando, magari per andare da un'altra parte. Mi rendo conto che ci sono percorsi assolutamente inefficienti, assolutamente impraticabili con questi chiari di luna dal punto di vista quantitativo. D'altra parte, se non si mette un tetto alla spesa netta, come si fa a rientrare dal deficit, a rientrare dal debito? Stock dei flussi, debito stock, deficit flusso. Come fai, ancorché sia sartorializzato il sentiero? Questa è una grande dieta, una dieta del Paese per tirar fuori i muscoli ed eliminare la massa grassa che non serve, anzi che fa male. Questa è la metafora giusta, non i sacrifici.
Certo, se tu sei sul tendenziale non fai nessun sacrificio, ma ti viene un infarto. Se tu cambi il tendenziale e punti a eliminare la massa grassa che ti genera l'infiammazione e aumenti la massa muscolare – si attaglia bene la metafora – il Paese cresce meglio, cresce di più e cresce più giusto. Hai vita più lunga e cioè più giustizia sociale, più equità, più efficienza.
Se questa fosse la metafora, io ci sto come CNEL a percorrere questa strada, questo stile di vita, questo genere di politica Pag. 53economica che migliora il metabolismo. In fondo, con una spesa pubblica pari al 50 per cento del PIL un po' di massa grassa si può anche eliminare per far funzionare meglio il metabolismo e i muscoli. Quindi, non è impossibile. Abbiamo il tempo giusto? Sì. Abbiamo la cultura per farlo? Mi verrebbe da dire di no, fatemi dire non ancora, ma dobbiamo attrezzarci un po' tutti.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Brunetta, per il contributo fornito ai lavori della Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti della Banca d'Italia.
Intervengono il dottor Sergio Nicoletti Altimari, capo del dipartimento economia e statistica, e il dottor Pietro Tommasino, direttore del dipartimento economia e statistica.
Chiedo ai nostri ospiti, anche perché siamo in nettissimo ritardo, di contenere la propria relazione entro un tempo di venticinque minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
Do la parola al dottor Nicoletti Altimari.
SERGIO NICOLETTI ALTIMARI, capo del Dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia. Grazie, presidente, onorevoliPag. 54 deputati e onorevoli senatori. Ringrazio le Commissioni riunite di Camera e Senato per aver invitato la Banca d'Italia a questa audizione.
Si tratta di un documento nuovo, il Piano strutturale di bilancio di medio termine, particolarmente ricco di informazioni, mi soffermerò, quindi, sui principali aspetti. Salto la prima sezione del nostro contributo, che si concentra essenzialmente a descrivere il ruolo del Piano strutturale di bilancio nella nuova governance economica europea, che è stata approvata lo scorso aprile, e parto dalla seconda sezione, relativa al quadro macroeconomico.
L'economia mondiale mostra segnali di indebolimento legati a condizioni finanziarie globali ancora restrittive e all'incerta evoluzione del contesto geopolitico. Negli Stati Uniti il raffreddamento del mercato del lavoro, poi risultato meno intenso nei dati degli ultimi giorni, e il consolidarsi della dinamica disinflattiva hanno indotto la Federal Reserve a tagliare i tassi di cinquanta punti base. In Cina la domanda interna è ancora frenata dalla crisi del settore immobiliare e sulla ripresa degli scambi internazionali continuano a pesare la debolezza del ciclo manifatturiero globale e gli effetti delle tensioni geopolitiche e commerciali.
Secondo le stime più recenti diffusi dall'OCSE, la crescita del PIL mondiale si attesterebbe poco sopra il 3 per cento annuo nel biennio 2024-2025, in linea con il 2023, ma sensibilmente sotto la media degli ultimi anni.
Nell'area dell'euro l'attività economica nella prima metà dell'anno è tornata a crescere moderatamente, spinta dalla domanda estera, mentre la domanda interna ha ristagnato. Gli indicatori congiunturali suggeriscono, però, un rallentamento nel secondo semestre.Pag. 55
L'inflazione al consumo è scesa ulteriormente nei mesi estivi, portandosi all'1,8 per cento, quella di fondo rimane ancora più elevata. Si è ridotta in misura minore al 2,7 per cento in presenza di una dinamica di prezzi e servizi ancora sostenuta.
Nelle proiezioni di settembre, effettuate dalla BCE, la crescita del PIL è stata rivista al ribasso, quella dell'inflazione è rimasta essenzialmente in linea con le precedenti, con una discesa dell'inflazione al target del 2 per cento il prossimo anno. Come sapete, la BCE ha ridotto i tassi di interesse due volte, a giugno e settembre, negli scorsi mesi.
In Italia l'attività economica ha continuato a espandersi a ritmi moderati nella prima metà dell'anno, grazie al recupero del reddito disponibile reale delle famiglie. Essa continua a risentire delle condizioni restrittive di finanziamento e, come altrove, dell'incertezza del quadro economico e politico internazionale. Nel terzo trimestre l'attività economica sarebbe aumentata leggermente, sulla spinta dei servizi, nonostante una sostanziale stasi nelle costruzioni e una nuova riduzione nella manifattura.
Secondo le nostre stime, nei prossimi trimestri la crescita del PIL si rafforzerebbe per effetto sia dell'espansione dei consumi sia della graduale accelerazione delle vendite all'estero, invece si attenuerebbe il contributo degli investimenti privati, d'altra parte proseguirebbe il buon andamento degli investimenti pubblici, che beneficerebbero delle misure previste dal PNRR.
Nel quadro previsivo, a legislazione vigente, del Piano del Governo, il PIL cresce dell'1 per cento quest'anno, dello 0,9 per cento nel prossimo e dell'1,1 per cento nel 2026. La revisione dei conti economici trimestrali, pubblicata venerdì scorso dall'ISTAT, non è inclusa nel quadro e non poteva esserlo, comporterebbe, comunque, una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l'anno in corso.Pag. 56
Le stime per il biennio 2025-2026 incorporano gli elementi di debolezza emersi negli ultimi mesi e rispetto al profilo delineato dal DEF dello scorso aprile prudenzialmente scontano una revisione al ribasso della dinamica del prodotto di 0,3 punti percentuali.
Nel quadro programmatico, i provvedimenti che verranno inclusi nella manovra di bilancio, tra cui la stabilizzazione della riduzione del cuneo fiscale, nonché gli interventi a sostegno delle famiglie più numerose, dispiegheranno i loro effetti principalmente nel 2025, innalzando la crescita del PIL all'1,2 per cento. Questi effetti attesi sono in linea di principio raggiungibili, ma una valutazione più compiuta richiede informazioni non ancora disponibili sulle risorse stanziate per ciascuna misura e sulle modalità di attuazione.
Nel complesso, lo scenario programmatico si colloca all'interno del ventaglio di proiezioni dei principali previsori, ma risulta più favorevole delle nostre più recenti valutazioni, che segnalano possibili rischi al ribasso. Vi è, infatti, la possibilità che la ripresa degli scambi internazionali sia più contenuta di quanto atteso e che la dinamica degli investimenti si indebolisca in misura maggiore sia a causa degli effetti dell'irrigidimento delle condizioni finanziarie osservate nei mesi scorsi, sia a causa del ridimensionamento dei generosissimi incentivi alla riqualificazione delle abitazioni concessi negli anni scorsi.
La capacità della nostra economia di contrastare l'eventuale materializzarsi di questi e altri rischi dipenderà anche dall'attuazione piena ed efficace degli investimenti e delle riforme del PNRR.
Salto anche la terza sezione per guadagnare tempo, che riguarda l'indebitamento netto e il debito nel 2024. Mi preme soltanto sottolineare che il Piano indica un indebitamento netto in deciso miglioramento rispetto al 2023, in discesa al 3,8 per Pag. 57cento del prodotto interno lordo, e il saldo primario tornerebbe, per la prima volta dal 2019, in avanzo, seppur in lieve avanzo, dello 0,1 per cento. Per l'anno in corso le previsioni del Piano appaiono in linea di massima coerenti con i dati di cassa finora disponibili. In particolare, nei primi nove mesi del 2024 le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato, al netto di lotterie e giochi, sono aumentate di quasi il 6 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, soprattutto in virtù del positivo andamento delle imposte dirette.
Passando ai conti pubblici tendenziali nel medio periodo, il documento aggiorna le stime del quadro dei conti pubblici tendenziali, a legislazione vigente, per il triennio 2025-2027. Il prossimo anno l'indebitamento netto, secondo il Piano, scenderebbe di quasi un punto, collocandosi leggermente al di sotto del 3 per cento del PIL, e contribuirebbe al calo del venir meno di alcune misure a carattere temporaneo, tra cui in particolare il taglio delle aliquote contributive – questo è il quadro tendenziale – che secondo la normativa vigente è in vigore solo fino al termine del 2024. Nel periodo 2026-2027 la contrazione del disavanzo proseguirebbe per complessivi 1,4 punti percentuali del PIL, a fronte di una pressione fiscale invariata. Tale risultato rifletterebbe un calo dell'incidenza dei consumi intermedi e della spesa di lavoro sul PIL, oltre che della spesa in conto capitale, verosimilmente anche in connessione con l'esaurirsi degli interventi del PNRR.
Nell'ambito di quest'ultima voce, il peso degli investimenti pubblici sul prodotto continuerebbe, comunque, ad aumentare fino al 2026, anno in cui dovrebbe terminare il programma NextGenerationEU (NGEU), raggiungendo il 3,6 per cento del PIL, che è il valore più elevato dall'avvio dell'Unione monetaria europea. Scenderebbe leggermente nel 2027, ma rimanendo su valori, comunque, molto elevati.Pag. 58
La spesa primaria corrente si contrarrebbe nel prossimo biennio, attestandosi su un livello inferiore di oltre 1,5 punti in percentuale rispetto a quello prepandemico, e la sua dinamica risulterebbe, quindi, negativa in termini reali per poco meno dello 0,5 per cento nel 2026 e dell'1 per cento circa l'anno successivo.
Il profilo atteso del disavanzo nel prossimo biennio è più favorevole rispetto a quanto presentato nel DEF per circa 0,8 punti di PIL in media all'anno, nonostante uno scenario macroeconomico lievemente più sfavorevole.
La quinta sezione descrive essenzialmente la metodologia con cui la Commissione ha derivato la traiettoria di riferimento per la spesa netta, che consentirebbe, quindi, il rispetto delle nuove regole di bilancio europeo. Possiamo saltare anche questa sezione per risparmiare tempo. Ricordo soltanto che la traiettoria stabilita dalla Commissione prevede un tasso di crescita massimo per la spesa netta pari all'1,5 per cento in media nei sette anni del periodo di aggiustamento, con piccole variazioni intorno a questa media.
Passando al programma di Governo nel medio periodo, il Governo fissa un obiettivo di crescita media annua della spesa pari all'1,6 per cento dell'orizzonte del Piano e all'1,2 per cento nel biennio 2030-2031. Lungo i sette anni degli aggiustamenti il tasso medio sarebbe, quindi, pari all'1,5 per cento, che è un valore in linea con quello della traiettoria della Commissione europea, anche se l'allineamento non è garantito in ogni anno dell'orizzonte.
L'obiettivo di spesa netta del Piano è coerente con un miglioramento medio annuo del saldo primario strutturale di poco più di mezzo punto di PIL, che consente, alla fine del periodo di aggiustamento, un avanzo del 3,2 per cento del PIL, Pag. 59sostanzialmente analogo a quello determinato dalla traiettoria della Commissione.
Il disavanzo coerente con il programma di spesa netta del Governo è più alto di circa 0,4 punti percentuali del PIL nel 2025, dello 0,7 per cento nel 2026 e dell'1,1 per cento nel 2027 rispetto al quadro a legislazione vigente. Questo maggiore disavanzo rispetto agli andamenti tendenziali finanzierà, insieme a nuove minori spese e maggiori entrate, alcune misure espansive, tra le quali in particolare la proroga di interventi di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e l'attuazione della delega fiscale. Il Piano preannuncia, inoltre, interventi per il rinnovo dei contratti pubblici e delle missioni di pace, nonché un impegno per l'aumento delle risorse a disposizione della sanità. Infine, per l'estensione del periodo di aggiustamento da quattro a sette anni, il Governo si impegna a mantenere gli investimenti finanziati con risorse nazionali al livello medio registrato negli anni più recenti.
Nelle stime del Piano strutturale, l'espansione rispetto al quadro tendenziale non impedirebbe una diminuzione relativamente rapida dell'indebitamento netto, che passerebbe al 3,8 per cento del PIL dell'anno in corso al 2,8 per cento nel 2026, quindi rispettando nel 2026 la soglia di Maastricht.
Il programma delineato dal Piano non è esente da rischi. In primo luogo, per finanziare parte della nuova manovra il Piano sfrutta il margine di miglioramento delle maggiori entrate attese per il 2024, con l'assunzione implicita che esse siano interamente permanenti. Inoltre, come evidenziato dal Governo stesso, sarebbe sufficiente uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole, ad esempio un aumento imprevisto di cento punti base dei rendimenti dei titoli di Stato di nuova emissione, per rendere più arduo il conseguimento dell'obiettivo Pag. 60del Governo del rientro sotto il 3 per cento dell'indebitamento già a partire dal 2026.
Riguardo alle misure espansive delineate, ovviamente una valutazione compiuta richiede maggiori dettagli, ma assume rilevanza l'intenzione di rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro. Come già sottolineato in sede di audizione sul DEF, verrebbe meno a livello aggregato l'equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni, che nel medio periodo caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza.
Per quanto riguarda il debito, nel quadro programmatico del Governo il rapporto tra debito e PIL crescerebbe complessivamente di due punti percentuali nel prossimo biennio, per poi iniziare a scendere. Nel 2029 il rapporto si collocherebbe al 134,9 per cento, livello analogo a quello di fine 2023. Qui, come già evidenziato ad aprile in occasione dell'audizione sul DEF, la dinamica del nostro debito pubblico nel breve termine è influenzata da un'ampia componente stock-flussi, connessa principalmente con l'utilizzo in compensazione dei crediti di imposta per il Superbonus, che sono già stati contabilizzati nell'indebitamento netto nel triennio scorso. Infatti, secondo le valutazioni aggiornate del Governo, lungo l'intero orizzonte del Piano il rapporto tra debito e PIL verrebbe accresciuto da queste componenti di 5,6 punti percentuali e di quasi un punto percentuale dagli effetti della differenza tra onere medio del debito e crescita del prodotto nominale, che da quest'anno diventerebbe negativo. In senso opposto opererebbe, invece, l'avanzo primario, che ridurrebbe il rapporto di 7,5 punti percentuali.
Nelle valutazioni del Governo nel 2031, al termine del periodo di aggiustamento, il rapporto tra debito e PIL si collocherebbe al 132,5 per cento, come richiesto dalle nuove Pag. 61regole europee, e la posizione di bilancio raggiunta in quell'anno consentirebbe di porre il debito su una traiettoria plausibilmente decrescente.
Sulle riforme e sugli investimenti mi limito a dire poche cose. Come già ricordato, il Piano, coerentemente con le nuove regole europee, prevede di distribuire l'aggiustamento di finanza pubblica su sette anni, anziché quattro, a fronte dell'impegno di proseguire il percorso di riforme già intrapreso con il PNRR anche oltre il 2026. Le riforme indicate nel Piano per ottenere l'allungamento del periodo di aggiustamento affrontano alcuni dei principali problemi strutturali del Paese. Esse riguardano, in particolare, giustizia, pubblica amministrazione, ambiente imprenditoriale, fisco e controllo della spesa pubblica, anche se su quest'ultimo punto il documento è relativamente scarno.
Va segnalato che il Piano presentato al Parlamento non include informazioni dettagliate circa le scadenze temporali degli obiettivi, delle riforme e degli investimenti, né indicatori idonei al loro futuro monitoraggio. Si tratta di informazioni estremamente utili, come sappiamo e come suggerito dall'esperienza del PNRR.
Nel nostro contributo, che vi lasceremo, sono indicate più nello specifico, anche con alcuni suggerimenti su come modulare e indirizzare queste riforme per quanto riguarda la giustizia, la pubblica amministrazione e l'ambiente imprenditoriale e in materia di concorrenza.
Vado a concludere per rispettare i tempi.
L'approvazione del Piano strutturale di bilancio è un passaggio della massima importanza. Il documento, infatti, fissa le principali direttrici della politica di bilancio italiana almeno fino alla fine della legislatura. A meno di eventi eccezionali, non si potrà derogare dai tetti di spesa inclusi nel Piano.Pag. 62
Assicurare che l'incidenza del debito pubblico si collochi stabilmente su una traiettoria discendente è un obiettivo prioritario per l'Italia, a prescindere dai vincoli europei. Potersi poi basare su un quadro di regole stabile e orientato al medio termine conferisce credibilità alle strategie di politica economica e àncora le aspettative di famiglie, imprese e operatori finanziari.
I conti in corso d'anno mostrano un andamento incoraggiante. Nelle stime del Piano, l'indebitamento netto sul PIL nel 2024 si ridurrebbe sia rispetto al 2023 sia rispetto a quanto stimato nel DEF di aprile. Il saldo primario, come detto, sarebbe nuovamente in avanzo, pur minimo, per la prima volta dal 2019 e l'intero profilo dell'indebitamento netto per gli anni 2024-2027, a legislazione vigente, risulta più favorevole di quanto stimato in primavera.
Rispetto agli andamenti tendenziali dei conti, il Governo programma misure espansive, come abbiamo visto, rispettando al contempo il tasso medio di crescita della spesa netta indicato nella traiettoria di riferimento proposta dalla Commissione a giugno. Spetterà alle prossime manovre di bilancio specificare interventi coerenti con questi obiettivi.
La strategia seguita dal Governo è comprensibile: attenersi al quadro di finanza pubblica a legislazione vigente implicherebbe, come abbiamo visto, significativi tagli alla spesa pubblica corrente in termini reali. Tuttavia, questa è una strategia non esente da rischi. In primo luogo, non è certo che il miglioramento dei conti nell'anno in corso, che riflette anche il vivace andamento delle entrate dirette, abbia natura pienamente strutturale. In secondo luogo, data l'elevata incertezza che caratterizza le stime macroeconomiche, anche piccoli scostamenti dal Piano di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare, come pianificato dal Governo, l'indebitamento netto sotto la Pag. 63soglia del 3 per cento del prodotto interno lordo nel 2026 e, più in generale, conseguire il profilo del debito delineato dal Piano. Infine, un approccio prudente nella gestione della finanza pubblica si deve coniugare con una forte azione riformatrice e di investimento, in modo da innalzare il potenziale di crescita. Su questo fronte il documento indica ambiti rilevanti per le prospettive future dell'economia italiana, molto dipenderà da come le misure di riforma saranno effettivamente disegnate. Sarebbe auspicabile che il Piano fornisse un maggior livello di dettaglio sui tempi e le modalità di attuazione.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Nicoletti Altimari.
Do la parola ai colleghi parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
BEATRICE LORENZIN. Ringrazio per l'attenzione Banca d'Italia. Queste audizioni sono particolarmente utili. Solitamente faccio domande andando sul puntuale, però un'osservazione mi viene alquanto naturale. Come Paese, come Governo abbiamo fatto una battaglia contro l'approvazione del meccanismo europeo di stabilità e poi ci siamo trovati un PSB approvato come se nulla fosse e che presenta per noi più di una criticità. Ma non mi aspetto che qualcuno commenti, questa è una mia osservazione iniziale, perché oggettivamente da tutte le audizioni fatte emerge che stiamo navigando al buio, tutti, rispetto anche a previsioni di crescita molto ottimistiche nel PSB considerando il contesto geopolitico in cui ci troviamo e il fatto che stiamo esaurendo gli effetti di bolla positiva derivati dalla crescita degli scorsi anni del prodotto interno lordo. Questo documento e soprattutto il modo in cui si sta preparando mi ricorda altri momenti della storia, che non auguro a questi ministri di vivere, perché sono piuttosto duri e difficili.Pag. 64
Fatta questa premessa, ci sono due aspetti che voglio chiedervi. Il primo riguarda le riforme. Ne parliamo pochissimo, ma una parte importantissima di questo Piano, che ci permette di arrivare a sette anni, è quella delle riforme. Siccome tra le riforme abbiamo il lavoro, la giustizia e la pubblica amministrazione, se andiamo a vedere le previsioni fatte nel Piano, leggiamo che le spese per il reddito da lavoro vanno dall'8,9 per cento del 2024 all'8,3 per cento del 2027, con consumi che sono previsti dal 7,9 per cento al 7,6 per cento, dunque in calo due criteri di valutazione della crescita. Noi ci stiamo ponendo un problema enorme di necessità di aggiornamento della pubblica amministrazione, il rinnovo del parco capitale umano, il tema dell'attrattività del nostro Paese rispetto ai lavoratori, non più soltanto quelli ad alto valore aggiunto, ma anche quelli più worker, dove assistiamo a una fuga del personale verso altri Paesi, dall'agricoltura al personale sanitario, anche per la scarsa attrattività dei salari della pubblica amministrazione.
Faccio questa premessa per giungere a una domanda: come si fa a pensare di adottare riforme a isorisorse? Parliamo di riforme, come quella della giustizia, che necessitano comunque di investimenti. Se c'è una cosa che abbiamo capito è che a isorisorse non si fa niente. Adesso siamo in una fase straordinaria in cui avremmo bisogno, invece, di mettere benzina dentro questa macchina, anche per agganciarci alla crescita. Quindi, come facciamo a crescere? Su questo una cosa è certa: in sette anni restituiamo 12 miliardi di euro l'anno, però il PIL come cresce? Quindi, forse andrebbe accompagnato da una visione più complessiva di tipo industriale e di sistema. Lo dicevamo prima con gli enti locali: abbiamo un tema enorme che riguarda una rimodulazione della spesa pubblica anche nell'ambito di un settore così stretto e stiamo ragionando sulla spesa sempre con gli stessi parametri, a silos. Quindi, vi chiedo: Pag. 65visto che voi avete fatto una valutazione d'impatto un po' più pessimistica, che cosa succederebbe al nostro sistema del credito se si registrassero delle variazioni, anche decimali, rispetto alla tenuta della nostra economia? Grazie.
GIANMAURO DELL'OLIO. Mi metto in scia di quello che ha detto la senatrice Lorenzin sulla questione che i consumi soffrono e la domanda interna langue. Ce l'hanno detto, la settimana scorsa, Confcommercio e Confesercenti, non lo diciamo noi. Quindi, come fa a crescere questo PIL? D'altronde, il punto è che il debito, con una previsione di crescita del PIL che è prossima allo zero, è destinato necessariamente ad aumentare. Se poi, come ha detto il professor Brunetta e come avete detto anche voi, la spesa reale cala, a questo punto il rischio sulla crescita è ancora più forte. Per cui, come si può aumentare il potenziale di crescita visto che non ci sono numeri, non ci sono sostanze? Questo è un primo punto.
Passo al secondo punto. Nella vostra relazione avete scritto che il programma delineato nel Piano strutturale di bilancio di medio termine non è esente da rischi, perché c'è un'assunzione implicita che il margine è determinato dall'assunzione che le maggiori entrate attese nel 2024 siano permanenti, dunque con il rischio che si potrebbe anche non raggiungere il 3 per cento. Avete fatto una stima al riguardo? Qualora non si dovesse verificare questa situazione, dove arriveremmo, a quanto arriveremmo? Prima volevo chiederlo al professor Brunetta, però lui ha sempre detto che non gli piacciono i decimali. Ma nella realtà abbiamo questo problema di numeri con la spesa primaria netta reale che cresce al di sotto dell'inflazione, per cui vi chiedo: dove ci porta il Piano in questo caso?
Terzo punto. Lei ha parlato del Superbonus e ha affermato che la dinamica del debito pubblico è connessa principalmente con l'utilizzo in compensazione del credito d'imposta per il Pag. 66Superbonus. Noi abbiamo fatto richiesta al Governo e alla Ragioneria generale di avere un'informativa in merito all'utilizzo del Superbonus, perché l'ultimo dato a nostra disposizione, che risale, mi pare, al 2023, riportava una percentuale molto bassa. Voi avete dato per scontato che verranno utilizzati tutti, cosa che, invece, per scontata non credo si possa dare, visto l'andamento della situazione, quindi vorrei capire questo che impatto potrebbe avere, se avete fatto una valutazione al riguardo.
Quarto e ultimo punto. Con riferimento alla questione delle riforme e degli investimenti, lei ha detto che questi sono punti fondamentali, menzionando, tra le altre, la riforma sul controllo della spesa pubblica, punto su cui il Piano è relativamente scarno. Prima ANCI e UPI hanno detto in maniera chiara e tonda: noi non abbiamo la possibilità di ulteriore spazio, neanche come accantonamento; abbiamo già dato, abbiamo già fatto qualcosa. Pertanto, la possibilità che tutte queste riforme, riprendendo in particolare quanto lei ci ha detto prima, si possano concretizzare e, conseguentemente, possano aiutare e far crescere il PIL come la vedete? Nella realtà questo Piano si fonda su un PIL basso, che si riduce a mano a mano che si va avanti e che non supporta la crescita, per cui le chiedo: come possiamo fare a far crescere il Paese con questi numeri? Grazie.
MAURO DEL BARBA. Ringrazio il dottor Nicoletti Altimari per la relazione, che mi è sembrata essere svolta su toni un po' preoccupati. Perlomeno, ho notato una differenza di registro rispetto al precedente relatore, il presidente Brunetta, che ci presentava una dieta dimagrante con cui avremmo tolto un po' di grasso e mostrato i muscoli. Francamente, da questa relazione intravedo le ossa sotto la pelle, non tanto i muscoli. Mi riferisco in particolare ai più richiamati rischi che voi mettete Pag. 67in evidenza, intanto quello circa le previsioni macroeconomiche dove c'è uno scostamento. E qui vogliamo anche noi riabbracciare l'ottimismo del Governo. Non vi chiedo tanto quello che vi è già stato chiesto, di cosa produrrebbe questo scostamento, ma in due punti lei ha sottolineato che non vi sarebbe l'evidenza di come l'aumento straordinario delle entrate di quest'anno possa ripercuotersi sull'anno prossimo, che, tradotto in un linguaggio meno diplomatico, vuol dire che non c'è alcuna evidenza di come l'anno prossimo si possano avere queste entrate. Correggetemi se così non fosse e, quindi, se dal vostro punto di vista qualche evidenza vi sia, altrimenti dobbiamo iniziare a segnarci con grande preoccupazione questo passaggio svolto, sebbene in maniera diplomatica, dalla vostra relazione.
Un ultimo chiarimento. Un linguaggio diplomatico, dal mio punto di vista preoccupante, lo avete usato anche con riferimento all'equilibrio contributivo, laddove evidenziate che la conferma del taglio del cuneo fiscale ci porta fuori da ogni tradizionale equilibrio. Siccome l'osservazione è semplicemente lapalissiana, nel momento in cui la fate evidentemente nasconde una preoccupazione, che vi chiederei di esplicitare meglio. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi parlamentari.
Do la parola al nostro ospite per la replica, che chiedo, cortesemente, di contenere nei cinque minuti, in quanto siamo in ritardo con le ulteriori audizioni.
SERGIO NICOLETTI ALTIMARI, capo del Dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia. Si tratta di domande particolarmente ampie, per cui sarà molto difficile stare nei cinque minuti. Però, ci proverò.
Tutte le domande ruotano intorno a una tema: è impossibile fare manovre espansive nei prossimi anni. Questo è inevitabile, Pag. 68nel senso che ridurre il debito continua a essere una priorità assoluta per l'Italia. Anche soltanto mantenere l'elevato livello di debito che abbiamo, anche mantenendolo semplicemente sostenibile e fisso per i prossimi anni comporta grandi costi per la nostra economia. Un paio di mesi fa, il Governatore della Banca d'Italia ha ricordato che noi spendiamo per interessi l'equivalente della spesa che facciamo per l'istruzione. Questo dà l'idea della necessità di ridurre il debito. Anzi, questo nel medio periodo può essere un fattore che promuove la crescita. Però, non c'è dubbio che questo sarà tanto meno doloroso quanto più riusciamo a crescere, come sottolineava la senatrice Lorenzin e come ribadiva il vicepresidente Dell'Olio. Questa è la grande questione del Paese.
Su questo tema vorrei dare qualche spunto di ottimismo, cauto ottimismo, non relativamente alle previsioni di breve periodo, del prossimo anno. Adesso siamo nella fase di revisione delle nostre previsioni – usciremo alla fine di questa settimana – ma posso già dirvi che probabilmente il prossimo anno saremo un po' più sotto di quanto previsto anche dal quadro programmatico del Governo. Tuttavia, in termini di prospettiva penso che quello a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, dalla fine della decade scorsa fino ai giorni nostri, ci possa far sperare bene per il futuro. Lo dico in questo senso: siamo riusciti a crescere più dei principali Paesi europei, siamo andati, soprattutto dopo la crisi del debito sovrano, verso un processo di ristrutturazione del settore industriale molto doloroso ma anche molto forte e selettivo, che ha fatto restare sul mercato le imprese più forti. Questo, per esempio, si riflette in un'ottima capacità di esportazione del Paese verso i mercati esteri. Le esportazioni sono andate molto bene. Gli investimenti, anche al di là di quelli nel settore delle costruzioni, spinti soprattutto dai generosi incentivi fiscali, sono andati molto bene, il che è un Pag. 69segnale di una certa fiducia delle imprese per il futuro. Quindi, possiamo contare su forze importanti presenti all'interno del nostro sistema produttivo.
Per quanto riguarda le riforme, altro tema richiamato in alcune domande, indubbiamente abbiamo una serie di lavori e di analisi che fanno vedere come le riforme attuate, per esempio, nell'ambito della concorrenza siano state estremamente favorevoli. Negli ultimi anni, nei settori dove sono state applicate, abbiamo visto notevoli sviluppi positivi. Quindi, non c'è dubbio che la direzione sia quella. In questo Piano vi sono alcune indicazioni più precise riguardo alla giustizia, che è uno dei punti fondamentali da affrontare, e riteniamo che tutte le indicazioni contenute nel Piano vadano certamente nella giusta direzione. Essenzialmente si tratta di una continuazione dei programmi del PNRR. Sugli altri temi, invece, tutti temi importanti, ci sembra che manchi un'indicazione più specifica della metodologia e del contenuto delle riforme stesse.
PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, ringrazio gli auditi per il contributo fornito ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti della Corte dei conti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti della Corte dei conti.
Intervengono il dottor Chiappinelli, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo, il dottor Pag. 70Flaccadoro, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo, il dottor Forte, presidente di Sezione onorario, il dottor Chiorazzo, consigliere, e il dottor Quaglini, consigliere.
Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di venticinque minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
ENRICO FLACCADORO, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Buongiorno. Porto i saluti del presidente Carlino. Vi voglio solo spiegare il materiale che abbiamo portato. È stato distribuito un voluminoso contributo, che depositiamo, e una relazione di sintesi, dunque più leggera, che spero vi sia stata fornita, all'interno della quale cercherò di muovermi, senza sforare i tempi, per consentire a tutti di seguire più facilmente l'esposizione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANMAURO DELL'OLIO
ENRICO FLACCADORO, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Il Piano presentato dal Governo dedica una parte iniziale ai tratti distintivi delle nuove regole e all'analisi di sostenibilità del debito. Sui primi, la Corte ha già avuto modo di esprimere le proprie valutazioni nel corso delle indagini parlamentari che si sono tenute sul tema, cui si rinvia. Circa la seconda, giova rimarcare come dietro alle valutazioni della Commissione circa la traiettoria della spesa netta vi siano complesse elaborazioni attraverso le quali si stima l'andamento del rapporto debito/PIL in almeno nove diversi scenari.Pag. 71
Per quel che riguarda l'approccio metodologico, nel Piano si opta, per il triennio 2025-2027, per un aggiornamento delle stime analitiche contenute nel DEF, piuttosto che affidarsi a una stretta applicazione della tecnica della DSA (debt sustainability analysis) metodologia che presenta ovvi profili di semplificazione. Una tale scelta appare più che condivisibile. In particolare, almeno due convenzioni meritano di essere ricordate. La prima è relativa alla situazione di partenza della finanza pubblica, rappresentata sinteticamente dal saldo primario strutturale stimato per il 2024 dalla Commissione nelle Spring Economic Forecast, un valore che nel caso dell'Italia trascura i miglioramenti previsti dalle più granulari previsioni successive al DEF. La seconda è quella di considerare nulli per tutti i Paesi gli effetti di aggiustamento stock-flusso sin dal 2026, circostanza che nel caso dell'Italia toglie realismo alle stime, dal momento che dopo il 2025 il debito vedrà un incremento di ben 75 miliardi di euro, indotto proprio dai menzionati fattori.
È, dunque, positivo che si sia optato per un approccio metodologico che punta a valorizzare le informazioni analitiche per i primi anni dello scenario previsionale e che solo successivamente si affida ai criteri della DSA. Tuttavia, se ciò è vero, non si comprende il motivo per il quale nel Piano, contrariamente a quanto tradizionalmente riscontrabile nei documenti del passato, si rinuncia a illustrare nella loro completezza gli andamenti della finanza pubblica tendenziali. Così si finisce per offrire un corredo informativo per un verso limitato, essendo la pubblicazione di molti dati rimandata al Documento programmatico di bilancio 2025, e per altro verso eccessivamente frastagliato: il conto economico completo delle Amministrazioni pubbliche a legislazione vigente è reso disponibile fino al 2027 e, quindi, non al 2029, data terminale della durata del Piano, né tantomeno al 2031, orizzonte terminale del periodo di aggiustamento.Pag. 72 Né si dà evidenza, in tale contesto, all'andamento di breve e lungo termine del rapporto debito/PIL, in assenza di interventi correttivi e delle voci di dettaglio delle sue determinanti. Nel Piano si dà conto della traiettoria della spesa netta trasmessa al nostro Paese dalla Commissione europea il 21 giugno ultimo scorso. Vengono, infine, illustrate le valutazioni e le proiezioni che hanno portato a fissare le traiettorie in un tasso annuo di crescita massima pari in media, nei sette anni di durata dell'aggiustamento, all'1,5 per cento, valore analogo a quello prefigurato dalla Commissione, ma con una ricalibrazione che riduce il tasso nel primo anno e lo accresce negli anni successivi.
Secondo le previsioni aggiornate, l'indebitamento netto del 2024 è stimato al 3,8 per cento del PIL, in miglioramento di 3,4 punti percentuali rispetto al 2023. All'evoluzione positiva contribuisce, oltre alla crescita nominale del prodotto, la contrazione di oltre 70 miliardi di euro del deficit, che si attesta a fine anno a 82,6 miliardi di euro. Il miglioramento è dovuto all'evoluzione sia delle entrate sia delle spese. La variazione positiva annuale delle prime, infatti, è stimata in quasi 30 miliardi di euro, quale effetto netto dell'incremento di oltre 45 miliardi di euro di quelle di parte corrente, prevalentemente di natura tributaria e contributiva, e della riduzione delle entrate in conto capitale non tributarie di 15 miliardi di euro, legata all'andamento della rilevazione delle sovvenzioni del PNRR. La pressione fiscale aumenta di 0,8 punti e si attesta al 42,3 per cento.
Per le spese finali è prevista una contrazione di 40,6 miliardi di euro, quale risultato del calo di quelle in parte capitale e della crescita delle correnti. Tra le prime, il rafforzamento degli investimenti pubblici di 7,4 miliardi di euro) è più che compensato dalla discesa dei contributi agli investimenti (-81 miliardi di euro), riducendosi il peso finanziario dei crediti d'impostaPag. 73 edilizi e delle spese in conto capitale (-3,2 miliardi di euro). Tra le spese di parte corrente, l'aumento deriva da tutte le principali componenti, quella delle pensioni legato all'inflazione (+22,5 miliardi di euro), dei redditi da lavoro per i rinnovi contrattuali (+8,7 miliardi di euro) e degli interessi (+7,7 miliardi di euro). Al netto di tale ultima voce, il saldo primario mostra un miglioramento più ampio di quello del deficit (-3,7 punti percentuali) raggiungendo a fine anno una posizione di leggero avanzo, +0,1 in rapporto al PIL.
Nel successivo triennio trova conferma, sempre a legislazione vigente, il percorso di consolidamento della finanza pubblica. Il deficit è ulteriormente proiettato in riduzione rispetto al prodotto, collocandosi già a partire dal 2025 al di sotto del 3 per cento, per poi crescere all'1,5 per cento a fine periodo. Si consolida progressivamente anche l'avanzo primario, passando dall'1 per cento del 2025 al 2,5 per cento del 2027. Gli interessi passivi risentono dei progressivi effetti dell'aumento dei tassi su una quota via via maggiore di stock di debito. L'incidenza sul PIL si mantiene inferiore al 4 per cento nel 2025 e nel 2026, per poi salire al 4,1 per cento nell'ultimo anno.
Rispetto all'andamento delineato nel quadro tendenziale, più favorevole rispetto all'aggiustamento di bilancio richiesto per assicurare la sostenibilità della finanza pubblica nel nuovo quadro di vincoli europei, lo scenario programmatico è orientato a garantire il finanziamento degli interventi a politiche invariate, tra i quali vengono specificamente menzionati la proroga degli effetti del cuneo fiscale, l'attuazione della delega fiscale, le risorse per il rinnovo dei contratti e il rifinanziamento delle missioni di pace. Le medesime linee di azione erano stimate nel DEF pari a 0,9 punti percentuali di prodotto interno lordo nel 2025 e a un punto percentuale nel 2026 e nel 2027. A ciò si aggiungono, secondo quanto esplicitato nel Piano, Pag. 74ulteriori risorse da destinare a incrementare i fondi della sanità e a mantenere inalterato il profilo degli investimenti finanziati con risorse nazionali rispetto alla media degli ultimi anni, requisito necessario a ottenere l'allungamento del periodo di aggiustamento di bilancio.
Il peso finanziario complessivo delle misure da adottare in manovra non viene, tuttavia, individuato nel documento in esame. Una parte del finanziamento degli interventi sarà ottenuta aumentando il deficit rispetto al tendenziale. Nello scenario programmatico il livello dell'indebitamento è fissato al 3,3 per cento del PIL nel 2025, al 2,8 per cento nel 2026 e al 2,6 per cento nel 2027. Viene così posposto di un anno, dal 2025 al 2026, il rientro al di sotto della soglia del 3 per cento. Il consolidamento fiscale prosegue nel successivo biennio, con un obiettivo, a fine 2029, di deficit all'1,8 per cento e di saldo primario al 2,4 per cento. Tale scelta consente di mettere a disposizione risorse per oltre 9 miliardi di euro nel 2025, 15,5 miliardi di euro nel 2026 e 25,6 miliardi di euro nel 2027.
La quota ulteriore di risorse a copertura, la cui entità dipenderà dalla dimensione effettiva delle misure di manovra, dovrà essere reperita attraverso il ricorso a fondi aggiuntivi, ottenuti con riduzioni di spesa o maggiori entrate. In termini strutturali, il miglioramento del disavanzo si mostra in linea con quanto richiesto dal braccio correttivo per i Paesi, come l'Italia, sottoposti alla procedura di deficit eccessivo, ossia un aggiustamento minimo annuo strutturale di 0,5 punti percentuali di PIL. Il miglioramento del saldo strutturale primario è pari a 0,55 per cento del PIL nel 2025 e nel 2026, per poi attestarsi allo 0,52 per cento nel successivo quinquennio.
Per quel che riguarda il debito pubblico, il processo di rientro va a iscriversi in un trend già iniziato all'indomani della pandemia e sostanzialmente non compromesso dalla successiva Pag. 75crisi energetica. Da tale punto di vista, le basi su cui viene costruito il Piano sembrano nel complesso incoraggianti. Il Piano conferma che la riduzione del rapporto debito/PIL si è effettivamente arrestata a fine 2023 e che è ora in atto una risalita, la quale dovrebbe portare il debito alla fine di quest'anno al 135,8 per cento, con una crescita di un punto su base annua.
La traiettoria di spesa netta fissata dal PSB è strettamente connessa alle proiezioni di bilancio a politiche invariate e all'aggiustamento del saldo primario strutturale necessario a conseguire simultaneamente tutti gli obiettivi posti dal nuovo framework. Il documento opta per la descrizione del solo scenario programmatico, che vede il debito passare dal 135,8 per cento del PIL nel 2024 al 134,9 per cento nel 2029. Alla fine del periodo di aggiustamento (2031) l'indicatore scenderebbe al 132,5 per cento. La curva continuerebbe a scendere nel quadriennio post aggiustamento, sul quale si valuta la plausibilità della discesa attraverso shock stocastici, fino a portarsi al 113,4 per cento alla fine del decennio successivo alle correzioni discrezionali.
L'elemento che più contribuisce alla riduzione del rapporto debito/PIL è il saldo primario strutturale, che migliora gradualmente, fino a ragguagliarsi in un surplus del 2,2 per cento nel 2029 e del 3,2 per cento nel 2031. Emerge, poi, la crescente spinta degli oneri da interesse nell'ambito dello snowball effect e la rilevanza dell'eredità lasciata dalle politiche del Superbonus alla dinamica del debito. Quanto al primo aspetto, il contributo del costo medio del debito passa dai 3,7 punti stimati nel 2023 ai 4,2 punti per il 2029. La variazione è da ascrivere, naturalmente, agli effetti ritardati della severa stretta monetaria operata negli anni scorsi dalla BCE e tradottasi in un significativo innalzamento dei tassi a breve e a lungo termine. Circa il Pag. 76secondo aspetto, nei primi anni di vita del Piano la discesa del rapporto verrà ostacolata in misura rilevante dall'effetto rimbalzo esercitato dagli aggiustamenti stock-flussi, ciò essenzialmente per gli effetti di cassa del Superbonus, dal momento che l'effetto complessivo dei fattori sotto la linea contrasta la discesa del debito per complessivi 6,6 punti di prodotto.
È da segnalare che, mentre nel DEF di aprile veniva fornita la disaggregazione delle principali componenti dello stock-flow adjustment, allora 6,4 punti cumulati nel quadriennio 2024-2027, quindi più di un punto all'anno in media, il PSB non fornisce informazioni puntuali al riguardo.
Una delle caratteristiche del processo di risanamento programmato è il fatto che i frutti delle correzioni discrezionali del saldo primario tendono a essere colti con un ritardo. Nell'ultimo biennio la riduzione del rapporto debito/PIL diventa, infatti, più sensibile (meno 2,4 punti percentuali di PIL) e ciò nonostante si riduca allo 0,52 per cento la correzione annuale in un contesto in cui l'effetto snowball comincia ad assumere una certa consistenza, data la risalita del costo medio e soprattutto l'effetto restrittivo sulla crescita del PIL.
In tale contesto, inoltre, dal biennio 2030-2031 si azzera l'effetto dello stock-flow adjustment, ciò in virtù di una specifica ipotesi tecnica in linea con la DSA. A tal riguardo, andrebbe valutato se, ai fini di quell'approccio prudente più volte rimarcato nel Piano, non sarebbe opportuno considerare, comunque, nelle proiezioni post aggiustamento una pur limitata pressione rinveniente dalle poste sotto la linea, in aderenza a quanto si è registrato mediamente nel lungo periodo.
Il Piano evidenzia, poi, i risultati in forma compatta delle simulazioni volte a testare la resilienza del sentiero di riduzione del debito, sia shock deterministici che stocastici. Con riferimento ai primi, l'incidenza del debito sul prodotto alla fine del Pag. 77decennio post risanamento sarebbe comunque, nel peggiore dei casi, intorno al 124 per cento, mentre negli esercizi di simulazione di shock stocastici nei cinque anni successivi all'aggiustamento sulle determinanti del rapporto debito-PIL si riscontra che, in linea con quanto richiesto, la probabilità che il rapporto debito-PIL nel 2036 sia inferiore rispetto al 2031 è superiore al 70 per cento. I risultati dell'esercizio di stress stocastico risultano in linea con le valutazioni della Corte, che ha riprodotto la simulazione sulla base di una metodologia leggermente diversa, che arriva a esiti sostanzialmente analoghi.
Per brevità, ovviamente per rimanere nei tempi, salto le analisi che abbiamo introdotto sui settori e sulle riforme, sia nella versione sintetica sia, soprattutto e più ampiamente, nel documento che depositiamo, e mi avvio alle conclusioni.
In conclusione, il documento presentato dal Governo offre un quadro della gestione di bilancio per il prossimo settennio che appare coerente con quanto richiesto dal nuovo Patto di stabilità europeo, descrivendo un percorso di graduale riduzione del debito e un più rapido rientro del disavanzo rispetto al quadro presentato nel DEF dello scorso aprile.
La rilevanza del processo intrapreso giustifica la previsione di un percorso, che si presenta in ogni caso impegnativo, ma la cui piena valutazione e le cui implicazioni potranno essere meglio colte quando sarà disponibile nel dettaglio il quadro programmatico, di cui si rinvia la esplicitazione al DPB.
Saranno necessarie scelte difficili sull'allocazione delle risorse. Su molti fronti si evidenziano necessità crescenti derivanti da problemi strutturali, da andamenti dei costi, dal crescere di aree di sofferenza sociale, dall'emergere di nuove sfide economiche e produttive, a cui si aggiungono le esigenze poste dalle nuove criticità legate al contesto internazionale.Pag. 78
In tema di previdenza, resta di fondamentale rilievo ridare certezza e stabilità al quadro normativo, dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni. È da condividere un approccio che consideri la sostenibilità di lungo termine del sistema tanto sotto il profilo finanziario quanto dal punto di vista sociale.
Resta da affrontare il tema di come garantire una maggiore flessibilità in uscita, preservando le caratteristiche proprie del sistema contributivo, il quale allinea le prestazioni ai contributi e determina l'importo in funzione della speranza di vita.
Vi è da augurarsi che l'adesione piena al modello di calcolo dei trattamenti secondo princìpi di equo rendimento dei contributi versati apra anche spazi, con la necessaria gradualità, per la rimozione di talune anomalie che è stato necessario introdurre nei lustri scorsi per necessità legate al controllo dei conti pubblici, meccanismi instabili e differenziati di indicizzazione dei prezzi, pagamenti ritardati di TFR e TFS, sistema delle finestre di uscita.
Sul fronte della spesa sociale, risorse saranno necessarie per superare carenze e disomogeneità sul territorio nell'erogazione di servizi e prestazioni in natura, interventi cui dovranno affiancarsi – come prevede il Piano – quelli in materia di inserimento sociale e lavorativo, di sostegno alla genitorialità, alla disabilità e non autosufficienza, tutte azioni necessarie a contrastare le tendenze demografiche in atto.
In materia di lavoro pubblico, non trascurabili sono, poi, le esigenze per far fronte ai rinnovi contrattuali, che sul triennio dovrebbero comportare fabbisogni superiori ai 10 miliardi.
In campo sanitario, per rispondere adeguatamente alle necessità di cura, si dovranno innanzitutto affrontare le problematiche relative al personale. Risorse saranno necessarie per il finanziamento di nuove assunzioni che consentano di migliorarePag. 79 le condizioni di lavoro e per avviare un percorso di adeguamento delle retribuzioni, contrastando la disaffezione per il lavoro nelle strutture pubbliche, che si esprime sia in bandi di concorso che vanno deserti sia in crescenti fenomeni di abbandono.
Agire per superare le carenze di personale, soprattutto infermieristico, che rappresenta al momento il principale deficit, sembra rappresentare una condizione indispensabile per dar corpo effettivo alla riforma dell'assistenza territoriale, contribuendo a superare le difficoltà, che si scaricano oggi su liste d'attesa e pronti soccorsi.
Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, infine, mantenere un livello di spesa finanziata a livello nazionale coerente con il profilo dell'aggiustamento del bilancio rende necessario, esaurito il PNRR, reperire risorse aggiuntive. Con riferimento agli investimenti locali e nel Mezzogiorno, caratterizzati da performance particolarmente positive nell'ultimo biennio, ciò è rimesso prioritariamente al progressivo e tempestivo avanzamento della fase realizzativa di quelli afferenti al nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 e agli accordi di coesione sottoscritti nell'anno tra regioni e Governo nazionale. Tutti temi su cui, in raccordo con quanto previsto nel PNRR, nel Piano si delineano linee di sviluppo, ma senza ancora richiamarne modalità di definizione e priorità, un percorso che dovrà essere accompagnato da un attento esame della gestione delle entrate, avuto riguardo al contributo che tutti devono assicurare al benessere del Paese.
La strutturalità della variazione del gettito tributario emersa nel corso dell'esercizio rappresenta un elemento cardine per la realizzazione del quadro che si è delineato.
Il bilanciamento tra le diverse esigenze è il fulcro delle scelte che Governo e Parlamento, come e ancor più che nel passato, Pag. 80sono chiamati ad assumere, una scelta che non può che portare a un sempre più attento esame dell'efficacia e della rispondenza alle attese delle misure attivate e degli assetti organizzativi previsti, un'esigenza che nel documento all'esame del Parlamento il Governo ha ben delineato, che rappresenta la principale sfida da affrontare. Scegliere cosa non giustifica più l'impiego di risorse pubbliche per l'inefficacia dimostrata o per il superamento delle ragioni che ne avevano ispirato l'assunzione rappresenta la sfida più difficile per la gestione del bilancio nei prossimi anni.
Si può sostenere che la rigidità dell'attuale struttura dei conti e, in particolare, i margini ristretti della manovrabilità del bilancio dello Stato porranno l'attenzione all'esigenza di procedere con modifiche alla legislazione in essere, tali da riconfigurare il volume delle prestazioni e dei servizi che la collettività riceve dall'operatore pubblico.
Il crescente ricorso a riduzioni di spese già autorizzate per il finanziamento di nuovi interventi, che ha contrassegnato la gestione di bilancio negli ultimi esercizi, rappresenta un segnale positivo. Da questo punto di vista, importante sarà dare concretezza alla revisione delle spese fiscali, prefigurando una modifica su base pluriennale, in modo da orientare le aspettative di famiglie e imprese, ma anche potenziare gli elementi da prevedere sin dalla fase di impianto delle misure per sottoporre tutti gli interventi a un attento monitoraggio, un processo a cui la Corte si impegna a contribuire attraverso l'attività di controllo ad essa affidata, sia a livello nazionale che locale.
PRESIDENTE. Grazie, presidente.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ANGELO ROSSI. Signor presidente, mi sembra di comprendere dalla relazione che il Piano strutturale di bilancio sia in linea con le previsioni della nuova governance europea. Mi sembra sia stato sottolineato, come nella precedente audizione, che la scelta sta nell'efficientamento della spesa, nell'individuazione di quella spesa improduttiva che deve essere tagliata per produrre un effetto moltiplicatore sul PIL, individuando quella spesa che produce un miglioramento dei nostri risultati economici.
Passo alla domanda. Nella relazione, alle pagine 28 e 29, viene trattato il tema delle entrate. Chiedo se sia possibile avere un focus su questo, perché mi sembra di comprendere, anche qui, che le previsioni di entrata del Piano strutturale di bilancio siano conformi alle aspettative e in linea con i risultati tracciati nel Piano strutturale di bilancio.
BEATRICE LORENZIN. Signor presidente, sarò molto sintetica. Ringrazio, innanzitutto, la Corte dei conti che, come sempre, ci dà relazioni esaustive, con molte tabelle, che ci permettono di approfondire il lavoro.
Due questioni. Io ho colto l'aspetto di preoccupazione, aspetto sotteso a tutte le audizioni che abbiamo svolto. Da un lato, ci sarebbe da dire che quando si ha una cosa nuova la preoccupazione di tutti è che possa avere un impatto non favorevole; dall'altro, c'è più di un indizio che questa struttura così com'è rischia di non permetterci di affrontare i fabbisogni che abbiamo nel Paese, proprio in termini di concretezza. Penso al fabbisogno di salute dovuto dall'andamento demografico. Ricordo che a legislatura vigente il Piano prevede un finanziamento tra il 6,2 e il 6,3 nei prossimi anni, quando l'indice minimo standard di sostenibilità considerato dall'OCSE è 6,6. L'andamento previsto nei prossimi anni, quindi, è sotto l'indice di sostenibilità dei sistemi sanitari.Pag. 82
Abbiamo sottolineato in altre parti di questa audizione i problemi legati alle questioni sociali, tra cui anche quella delle pensioni, che è stata giustamente qui sottolineata, quindi la necessità di dare una traiettoria certa per la sostenibilità delle pensioni e, io direi, anche della solidarietà intergenerazionale in questo Paese.
Vi sono le questioni legate agli enti locali, che poi sono quelli che devono gestire la domanda sociale di investimenti in modo prioritario nei territori. C'è una grossa preoccupazione, che ci è stata comunicata sia dall'UPI che dall'ANCI, sulla definizione corretta della spesa primaria netta, cioè come impatta veramente nelle amministrazioni, così come sull'avanzo, come questo viene reimpiegato. Pensiamo a quanto questo sia importante sulla sanità.
Sull'IRPEF – quindi passiamo alle entrate – tutte le amministrazioni locali, e riporto a voi la domanda, ci hanno chiesto una rimodulazione delle aliquote, nel senso di frenare un attimo. Il problema è che questa previsione di rimodulazione delle aliquote ha un peso molto significativo sulla mancata entrata negli enti locali.
Inoltre, pongo una domanda a voi come Corte dei conti. Ovviamente lo abbiamo studiato, però in questo nuovo Piano qual è il vostro ruolo, esattamente? Come ci interfacciamo? In modo preventivo, working in progress con le analisi mediane, dove poi bisogna riaggiustare il tiro? Quali possono essere i margini di questo aggiustamento?
UBALDO PAGANO, intervento in videoconferenza. Signor presidente, la ringrazio.
Ringrazio anch'io la Corte dei conti per la consueta relazione, sempre molto precisa e puntuale.
Non volendo banalizzare una relazione così ben imperniata, ma volendo dare una linea d'orizzonte sulla relazione stessa, mi Pag. 83sembra di capire che il Piano sia, in realtà, coerente e tarato sugli obiettivi della nuova governance europea, ma molti di quegli obiettivi scontano ancora una certa vaghezza nel tratteggiare quali possano essere le linee di intervento di politica economica.
Mi pare di comprendere che si spera, come se fosse una sorta di auspicio, che nel documento di bilancio, che in realtà dovremmo avere tra meno di una settimana, tutto questo possa essere più chiaro. Evidentemente, è una delle critiche che molti economisti hanno mosso sul merito del Piano strutturale di bilancio.
C'è un altro aspetto di cui, sinceramente, continuo a sentir parlare da diverso tempo: tutta questa narrazione sulla qualificazione della spesa pubblica, salvo, poi, non avere mai alcun tipo di elemento concreto di quali possano essere i criteri per qualificare meglio la spesa che abbiamo oggi; molto spesso, a fronte di notizie riportate in maniera roboante, anche nel frasario comune nella nostra Commissione, producono concretamente un risultato molto modesto in termini di reale capacità di incidere.
A parere dell'autorevole organo, vorrei sapere quali possono essere i primi passi sui quali incidere per provare meglio e in maniera efficace nel breve periodo a qualificare l'enorme mole di spesa pubblica, senza che questo si trasformi in un deperimento di servizi per i cittadini, che poi è il punto di equilibrio su cui molti si sono esercitati e quasi nessuno è riuscito con un grado di precisione e di ragionevolezza importante.
PRESIDENTE. Aggiungo io due o tre domande. La prima è una curiosità personale. Voi avete scritto, e i fatti sono questi, che c'è una ricalibrazione che riduce il tasso nel primo anno all'1,3, per poi passare all'1,6 per il 2025 e lo accresce negli anni successivi. La mia domanda, la mia curiosità è: questa scelta Pag. 84della riduzione quale motivazione può avere, visto che, riducendo la spesa netta, ha un impatto su quella reale? È una curiosità, se vi siete dati una risposta su questo.
Passo al secondo punto. Quando si dice che quella parte di finanziamento degli interventi sarà ottenuta aumentando il deficit rispetto al tendenziale, quei famosi circa 50 miliardi, sui tre anni, poi dite che la quota ulteriore di risorse a copertura dovrà essere reperita attraverso il ricorso a fondi aggiuntivi ottenuti con interventi di riduzione di spesa o da maggiori entrate. Da un lato, negli interventi precedenti: UPI, ANCI e così via – che rappresentano una parte importante della spesa pubblica rispetto al PIL – hanno ribadito che non possono più contribuire, perché hanno già fatto tanto e non possono neanche utilizzare gli accantonamenti. Quindi, se non dobbiamo andare verso riduzioni di spesa, bisogna andare verso maggiori entrate, e le maggiori entrate sono quelle derivanti dalla tassazione. Questo Governo ha già ampiamente detto che, a livello di tassazione, non vogliono mettere le mani nelle tasche degli italiani, almeno queste sono le indicazioni, non vogliono fare tassazioni. A questo punto, questo come si sposa con questa indicazione? Dovranno esserci queste tasse o no? È una domanda che faccio a voi.
Un altro punto, rapidamente. Dite che il percorso sul PNRR dovrà essere accompagnato da un attento esame della gestione delle entrate, avuto riguardo al contributo che tutti devono assicurare al benessere del Paese. Questo si sposa un po' con quello che è appena avvenuto nel Decreto cd. Omnibus n. 113 del 2024, in cui c'è un chiaro – è un mio punto di vista politico – condono, che poi non si può chiamare tecnicamente «condono», perché non viene fornito l'ammontare stimato di evasione. Tecnicamente, però, questa non è una contribuzione da parte di tutti, perché c'è chi contribuisce (prettamente gli Pag. 85statali, chi non può fare evasione) e chi, invece, a questo punto, avrà la possibilità di fare evasione. Questo come si sposa?
In sintesi, lei ci ha detto che tutte queste correzioni di conti avvengono a colpi di avanzo strutturale, avanzo strutturale che nella storia ha sempre dimostrato di essere fallimentare, specialmente in fase di ciclo economico negativo.
Dal vostro documento, ma anche dalle precedenti audizioni percepiamo che questo PSB non ha crescita, sostanzialmente. Anzi, è confermato che la crescita reale è inferiore a quella stimata. Il professor Brunetta ha definito il Piano una «dieta». Una dieta la si fa quando si è magri o quando il frigorifero è vuoto. Prima l'onorevole Del Barba ha detto di vedere lo scheletro. Lui diceva che con questa dieta facciamo vedere i muscoli. Io quei muscoli con la crescita del PIL all'uno per cento non riesco a farli uscire. A questo punto, non capisco. La domanda, alla fine, è secca: questo Piano è anticiclico o prociclico, secondo voi? Grazie.
Le risposte sono importanti per tutti coloro che hanno fatto le domande, però bisogna cercare di contenersi perché siamo, purtroppo, in ritardo. Grazie mille.
ENRICO FLACCADORO, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Sarò molto breve, anche perché mi ponete domande comunque complicate a cui rispondere.
La prima questione riguarda la previsione delle entrate, se sono in linea, posta dall'onorevole Rossi. Noi abbiamo, come ha espresso anche Banca d'Italia, una sospensione di giudizio sulla previsione di entrate. Nei primi sette mesi dell'anno – lo ricordava anche Banca d'Italia – c'è stata una crescita del 6,2 per cento rispetto all'anno precedente di entrate, quindi maggiori entrate che sono state solo in parte riportate nel quadro tendenziale. Certamente è uno dei punti di verifica. Qui rispondoPag. 86 anche alla sua domanda sul perché è stata portata all'1,3 per cento la crescita della spesa netta. A mio avviso, è stato ritenuto che per il quadro di compatibilità generali che consentivano, quindi spingevano verso un'accelerazione della riduzione del disavanzo prima di quello che era previsto dalla traiettoria stessa, fosse in questo caso opportuno lasciare e forse l'obiettivo di disavanzo era premiante rispetto all'andamento della spesa, nel senso che il tasso di variazione della spesa, quello che si apre effettivamente a politiche invariate in questo momento, rimane più basso rispetto a quella che era la traiettoria.
Sicuramente bisognerà verificare che le entrate siano effettivamente come detto strutturali, ma da alcune prime valutazioni mi sembra si possano considerare in buona parte strutturali, nel senso di un'elevazione dell'andamento delle entrate.
L'onorevole Lorenzin, che ringrazio per i complimenti, parlava di preoccupazione. Sì, c'è una preoccupazione, però c'è anche una determinazione a considerare che questo nuovo framework sia un'occasione per affrontare problemi strutturali. Bisogna prendere coscienza della necessità di rientrare dal debito. È un'occasione per assumere una serie di impegni e anche di politiche conseguenti di efficientamento della spesa pubblica. Questo credo sia lo spirito del nostro lavoro.
Anche il PNRR è stata una sfida, che all'inizio si guardava – e si guarda qualche volta anche adesso – con uno spirito di dubbio sulla realizzabilità, però è un programma, come quello che si cerca di delineare, e sono d'accordo, senza dare sufficienti, al momento, informazioni. Noi siamo stati tra quelli che avevano detto, al DEF, che era giusto non prevedere un quadro programmatico, dovendo aspettare un nuovo framework, quindi rendendo difficile definire un quadro. Adesso probabilmente sarebbe stato, in un piano pluriennale, opportuno avere già una Pag. 87calibrazione chiara. È una cosa che, come diceva l'onorevole, dovrebbe arrivare a sette giorni. Dovremmo poter avere un quadro chiaro, ammesso che sia stato definito, delle scelte che sono dietro a questo piano. È un lavoro molto difficile quello che ci si appresta ad affrontare. Tuttavia, è un lavoro che, grazie all'allungamento dei tempi a sette anni del processo di aggiustamento, è meno gravoso di quello che potrebbe esserci richiesto nel momento in cui si dovesse affrontare una crisi finanziaria, cui il Paese può essere sottoposto.
Ho sentito l'audizione degli enti locali. Capisco perfettamente e conosco bene – non come l'onorevole Lorenzin, ma la seguo da anni – la sanità. So che ci sono problemi molto rilevanti da affrontare. Però credo che, a questo punto, sia necessario fare delle scelte, anche di allocazione delle risorse, e in qualche maniera privilegiare alcune di queste criticità nel breve periodo. Credo che il Piano debba mirare a questo, indipendentemente dalle diverse posizioni politiche, dalle diverse forze.
Per quanto riguarda la posizione della Corte dei conti, da anni faccio il controllo sulla spesa pubblica. Ho l'impressione che la Corte possa contribuire a un monitoraggio più stringente dell'efficacia della spesa, che possa portare a rinunciare ad alcuni interventi ove questi si presentino inefficaci.
Nel rapporto lo troverete. In questi anni, il fatto stesso che per la copertura di nuove spese si sia crescentemente ricorso a tagli di vecchia spesa o di spesa già prevista, diciamo così, è un buon viatico, non solo per finanziare nuove spese, ma anche per allocare meglio le spese su altri interventi.
All'onorevole Pagano ho già risposto, in parte. Il DPB non ha ancora, da questo punto di vista, una narrazione chiara di quella che sarà la spesa pubblica e di quali saranno i criteri per fare questa scelta. Questa scelta, però, dovrà essere fatta. Pag. 88Stiamo entrando in un percorso che, una volta sottoscritto, ci obbliga a un certo tipo di andamento. Io sono convinto che nella spesa pubblica ci sia la possibilità di trovare gli spazi per rendere questo percorso, che non è semplice, non è esente da rischi, percorribile.
Per quanto riguarda la richiesta se il Piano può considerarsi ciclico o anticiclico, rispondo che dipenderà dalla capacità di individuare questi elementi per dare quella flessibilità. Teniamo conto che è vero che è necessario sin dal 2025 trovare, almeno per le politiche invariate, qualcosa come 10-12 miliardi, però è anche vero che se questi sono e dovranno essere strutturali riducono il livello di necessità degli anni successivi. Questo dipenderà, quindi, molto dalle scelte che saranno fatte proprio selezionando e uscendo dalla logica dei bilanci annuali aggiuntivi, che abbiamo in qualche modo visto in questi anni.
È vero, come diceva il governatore, il nostro fardello in termini di tassi è tale che spendiamo più per tassi d'interesse che per formazione. Questo lo dobbiamo in qualche maniera, a mio avviso, affrontare, non può essere più eluso, quindi richiederà scelte a volte dolorose. L'attenuazione del rientro che si è ottenuto spalmando l'aggiustamento su sette anni dovrebbe rendere non facile, ma in ogni caso affrontabile questo rientro.
PRESIDENTE. Grazie, presidente. Chiedo scusa, forse su una domanda non mi sono spiegato bene. Rispetto alla quota ulteriore di risorse a copertura, voi avete detto che l'aumento del deficit rispetto al tendenziale, consentirà di reperire risorse pari a circa 9 miliardi. Poiché le voci di corridoio parlano di una legge di bilancio di circa 24-25 miliardi e, comunque, meno di 20-22 miliardi non è possibile nella legge di bilancio, stiamo dicendo che 24 meno 9 miliardi, abbiamo qualcosa come 11 miliardi o di nuove tasse o di tagli. È corretto? Visto che il 50 Pag. 89per cento della spesa pubblica non è tagliabile, stiamo dicendo questo? Volevo capire se era corretta l'interpretazione. Grazie.
ENRICO FLACCADORO, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Secondo me sì, è corretta.
PRESIDENTE. Perfetto. La ringrazio.
Ringrazio gli intervenuti per il contributo fornito ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti dell'ISTAT.
Intervengono per l'ISTAT Francesco Maria Chelli, presidente; Cristina Freguglia, direttrice centrale per le statistiche sociali e il welfare; Claudio Vicarelli, dirigente del servizio per l'analisi dei dati, la ricerca economica, sociale e ambientale del dipartimento per la produzione statistica; Cristina Brandimarte, dirigente di ricerca presso il servizio per l'analisi dei dati e la ricerca economica, sociale e ambientale del dipartimento per la produzione statistica; Giovanni Savio, direttore della Direzione centrale per la contabilità nazionale dell'ISTAT..
Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di venticinque minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi di parlamentari e alle relative repliche.
Immagino sia il presidente Chelli a intervenire. Prego.
FRANCESCO MARIA CHELLI, presidente dell'ISTAT. Signor presidente, la ringrazio.Pag. 90
Signor presidente, onorevoli deputati e onorevoli senatori, anzitutto buon pomeriggio e grazie per l'invito in audizione. Come di consueto, nell'ambito dell'esame dei documenti programmatici, in questa audizione ci concentreremo sull'evoluzione del quadro macroeconomico e descriveremo il percorso di finanza pubblica previsto in questo primo Piano strutturale di bilancio di medio termine.
In chiusura avrò modo di richiamare le evidenze più recenti sul quadro demografico, un tema che – come sapete – è spesso al centro delle nostre riflessioni e che ha importanti riflessi in primo luogo sul mercato del lavoro e sulle politiche di welfare.
Comincio dall'evoluzione del quadro economico internazionale.
Le prospettive di crescita per l'economia mondiale restano moderatamente positive, pur se contraddistinte da una significativa incertezza, dovuta soprattutto alle persistenti tensioni geopolitiche. Le recenti previsioni dell'OCSE stimano una crescita del PIL mondiale del 3,2 per cento sia nel 2024 sia nel 2025. L'andamento beneficerebbe di un ulteriore rallentamento della dinamica inflazionistica, un miglioramento dei redditi reali e un'intonazione più accomodante alla politica monetaria. Dopo una crescita modesta nei primi tre mesi del 2024, i volumi del commercio internazionale di merci sono cresciuti a un ritmo più sostenuto nel secondo trimestre. Le prospettive per i prossimi mesi sono, però, in leggero peggioramento: i costi di spedizione restano elevati, l'indice globale dei manager degli acquisti per i nuovi ordini all'esportazione, che anticipa la tendenza del commercio internazionale, è sceso a giugno al di sotto della soglia dei 50 punti, per poi peggiorare ulteriormente in agosto e settembre. I rischi inflativi sembrano bilanciati, pur scontando il lento processo di riduzione dell'inflazione nel settore dei servizi e le potenziali pressioni sui prezzi dovute alla Pag. 91volatilità delle quotazioni delle principali materie prime energetiche.
Negli ultimi giorni l'escalation delle tensioni in Medio Oriente ha aumentato la volatilità delle quotazioni spot del petrolio, che si sono, tuttavia, mantenute su valori inferiori a quelli medi del secondo trimestre. Anche i listini del gas naturale hanno mostrato una tendenza al rialzo. La fase ciclica delle principali economie rimane moderatamente espansiva.
Nell'area Euro, in particolare, il calo graduale dell'inflazione e la riduzione dei tassi di interesse non hanno avuto ancora un impatto positivo sul recupero dei consumi e degli investimenti privati. Nel secondo trimestre il PIL dell'area ha confermato le stime preliminari, con un incremento dello 0,2 per cento su base congiunturale. L'andamento sottende dinamiche diverse nelle principali economie: una contrazione in Germania (-0,1 per cento), un ritmo modesto in Francia e in Italia (+0,2 per cento in entrambi i Paesi) e uno più vivace in Spagna (+0,8 per cento).
Le prospettive per l'area Euro appaiono stabili, seppure con un'elevata variabilità a livello nazionale. Per quello che riguarda l'economia italiana, la revisione dei conti nazionali trimestrali diffusa il 4 ottobre, coerente con le nuove stime annuali pubblicate il 23 settembre, ha mantenuto invariato il profilo congiunturale del PIL nel primo e nel secondo trimestre dell'anno in corso, rispettivamente a +0,3 per cento e +0,2 per cento. Le variazioni tendenziali risultano, invece, più contenute: +0,2 per cento nel primo trimestre e +0,6 nel secondo trimestre.
La variazione acquisita per il 2024, la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla, nei restanti due trimestri dell'anno, risulta pari allo 0,4 per cento, in diminuzione rispetto alla stima di flussi al 2 settembre (+0,6),Pag. 92
Secondo le nuove stime si conferma debole, seppure in aumento, la spesa delle famiglie residenti e delle istituzioni sociali private. In particolare, la spesa delle famiglie sul territorio economica ha mostrato un marcato aumento per i servizi, mentre tra i beni sono cresciuti i soli durevoli. Diminuiscono ancora, dopo il –0,5 per cento del primo trimestre, gli investimenti fissi lordi. A pesare è soprattutto il calo degli investimenti in abitazione. Quelli in impianti, macchinari e armamenti crescono dello 0,9 per cento, dopo la significativa contrazione del primo trimestre. Dal lato dell'offerta si evidenzia una variazione negativa del valore aggiunto nell'agricoltura. È il secondo calo trimestrale consecutivo dell'industria in senso stretto. A espandersi sono, invece, i servizi.
Nella manifattura gli indicatori congiunturali più recenti non sembrano al momento segnalare la fine della fase di contrazione del settore. La produzione industriale, misurata al netto delle costruzioni, ha segnato a luglio un calo su base congiunturale (-0,9 per cento), dopo la crescita registrata a maggio-giugno. Nella media del trimestre maggio-luglio l'indice risulta in diminuzione rispetto ai tre mesi precedenti (-0,4 per cento). La contrazione è maggiore per i beni strumentali e minore per gli intermedi e i beni di consumo.
L'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni, dopo il calo dello 0,8 per cento registrato a giugno, è aumentato a luglio dello 0,9 per cento, portando la variazione congiunturale media nel periodo maggio-luglio in territorio positivo, evidenziando una sostanziale tenuta dei livelli di attività. A luglio nel settore dei servizi si è osservato un recupero diffuso degli indici di volume, dopo due mesi di flessione, più robusto nel comparto del trasporto e magazzinaggio e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche.Pag. 93
Per quello che riguarda le prospettive a breve termine per l'economia, a settembre il clima di fiducia delle imprese ha fornito segnali positivi, registrando il secondo aumento congiunturale consecutivo dell'indice. Il miglioramento della fiducia è dovuto all'andamento dei servizi, in particolare dei settori trasporti e magazzinaggio, dei servizi turistici e dei servizi alle imprese.
Nel commercio al dettaglio solo la grande distribuzione ha segnato un'evoluzione positiva. Per manifatture e costruzioni le componenti degli indici sono, invece, in diminuzione.
Nel complesso dei settori, i livelli degli ultimi mesi si mantengono comunque inferiori a quelli medi del primo semestre, con l'eccezione dei servizi di mercato. Le indicazioni sull'andamento del terzo trimestre dell'anno in corso giungeranno alla stima preliminare del PIL che l'ISTAT diffonderà il 30 ottobre.
Un breve accenno sull'evoluzione recente dei flussi turistici, a cui abbiamo dedicato un focus.
Nel 2023, in base ai dati definitivi, le presenze turistiche in Italia sono aumentate dell'8,5 per cento rispetto al 2022. A tale andamento ha contribuito quasi esclusivamente la crescita dei flussi dei clienti non residenti (+16,5 per cento). Per la componente residente si rileva, invece, un aumento più contenuto (+1 per cento).
I dati provvisori del 2024 riferiti al periodo gennaio-luglio continuano a mostrare andamenti di flussi contrapposti per le due componenti della clientela. A un sostanziale incremento delle presenze dei clienti non residenti corrisponde una flessione di quello dei residenti. Le presenze sono comunque aumentate complessivamente dello 0,7 per cento.
I flussi turistici del 2023 hanno comunque superato i livelli del 2019. Rispetto all'anno pre-pandemico si registra, infatti, un Pag. 94incremento degli arrivi dell'1,7 per cento e delle presenze del 2,4 per cento. Si tratta di incrementi riconducibili, però, alla sola componente non residente della clientela.
Qualche parola sul commercio estero. Potete trovare nel testo dettagli maggiori.
Nel complesso nei primi sette mesi del 2024, le esportazioni in valore sono rimaste invariate rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, mentre le importazioni sono diminuite del 5,6 per cento. Sia per l'export che per l'import si è registrata una contrazione dei volumi. Il saldo commerciale nei primi sette mesi dell'anno è risultato positivo per circa 36 miliardi di euro, un valore di gran lunga superiore a quello osservato nello stesso periodo del 2023 (15,9 miliardi).
Per quello che riguarda le famiglie e il mercato del lavoro, nel secondo trimestre del 2024 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell'1,2 per cento rispetto al trimestre precedente. La spesa per consumi finali è cresciuta dello 0,4 per cento, mentre la propensione al risparmio ha registrato un aumento di 0,8 punti. Il potere d'acquisto delle famiglie risulta ancora in crescita, +1,2 per cento, la variazione congiunturale nel secondo trimestre, un andamento pressoché ininterrotto da sei trimestri, beneficiando del persistente rallentamento della dinamica dei prezzi.
Sul mercato del lavoro è proseguita la tendenza all'aumento dell'occupazione. Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo giugno-agosto si registra un aumento del livello di occupazione del più 0,5 per cento, ovvero una crescita pari a 114 mila occupati, diffuso tra entrambi i generi, tra i dipendenti permanenti, gli autonomi e in tutte le classi di età.
La crescita dell'occupazione si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro e a un aumento degli inattivi. Le indicazioni più recenti provenienti dalle inchieste sul clima di Pag. 95fiducia mostrano a settembre segnali discordanti circa le attese sull'andamento dell'occupazione, un miglioramento nella manifattura, invertendo la tendenza negativa iniziata a maggio, e nei servizi di mercato e un peggioramento nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio. Dopo la progressiva e importante perdita di potere d'acquisto osservata tra il 2021 e il 2023, nei primi otto mesi del 2024 la crescita delle retribuzioni contrattuali è stata più sostenuta rispetto all'inflazione, confermando l'inversione di tendenza osservata nell'ultimo trimestre del 2023. Tra gennaio e agosto del 2024 la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali è stata mediamente del 3,2 per cento, superando di oltre tre volte quella dei prezzi.
La decisa ripresa della dinamica salariale si lega all'intensificazione dell'attività negoziale, sulla base dei rinnovi siglati fino alla fine di agosto e nell'ipotesi che non vi siano ulteriori rinnovi tra settembre e dicembre, nella media del 2024 la crescita delle retribuzioni contrattuali per il totale dell'economia sarebbe pari al 3 per cento, sintesi di una crescita più marcata per le industrie e più contenuta per i servizi privati.
Nel settore della pubblica amministrazione, sempre nell'ipotesi di mancanza di rinnovi, la crescita media nel 2024 si fermerebbe allo 0,1 per cento, scontando l'effetto della variazione negativa che si dovrebbe osservare nel mese di dicembre a seguito dell'erogazione straordinaria dell'anticipo dell'indennità di vacanza contrattuale avvenuta a dicembre 2023.
Nei mesi più recenti è proseguita la fase di discesa dei prezzi. Secondo i dati preliminari, la dinamica tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività, dopo i rialzi dei mesi estivi, a settembre è scesa allo 0,7 per cento per effetto di un rafforzamento della riduzione dei prezzi dei beni, trainati dal calo degli energetici, e il contenimento della dinamica di quelli dei servizi. L'inflazione acquisita per il 2024 risulta pari Pag. 96all'1 per cento. Nello stesso mese, l'inflazione relativa al cosiddetto «carrello della spesa», che comprende i prezzi dei beni alimentari per la cura della casa e della persona, si porta al +1,1 per cento, dopo lo 0,6 per cento di agosto. L'aumento cumulato rispetto a settembre 2021 ha registrato il 21,2 per cento. Nel confronto con le principali economie europee, l'indice dei prezzi al consumo armonizzato continua a crescere in Italia molto più lentamente sia della media dell'area euro sia dei principali Paesi.
In chiusura di questa prima parte dedicata all'evoluzione dell'economia, mi soffermo sul focus che abbiamo predisposto relativo alla valutazione degli scenari di rischio.
Sulla base delle ipotesi riportate nel Piano, abbiamo provato a simulare, utilizzando il modello macroeconometrico dell'Istituto, l'impatto sul PIL di un più elevato prezzo del petrolio, di un apprezzamento dell'euro e di un aumento del tasso di rendimento dei BTP, limitandoci al triennio 2025-2027. Per quanto riguarda l'ipotesi relativa al prezzo del petrolio, le stime, non direttamente confrontabili con quelle del Piano, evidenzierebbero un effetto pari a –0,1 punti percentuali sia nel 2025 sia nel 2026. Gli effetti dell'apprezzamento dell'euro risultano, invece, più contenuti. Nello specifico, l'impatto sarebbe nullo nel 2025 e pari a –0,1 punti percentuali nel 2026 e nel 2027. Occorre, tuttavia, considerare che le variazioni del tasso di cambio effettivo o nominale sono generate nel nostro modello principalmente dalla quotazione del dollaro rispetto all'euro. Non si tiene, quindi, conto delle variazioni nei tassi di cambio bilaterali nei confronti delle altre valute. Infine, per il 2025 la risposta alla variazione delle condizioni finanziarie sarebbe di uguale intensità a quella descritta nel Piano, con una riduzione del PIL di 0,1 punti percentuali, l'impatto sarebbe, invece, pari Pag. 97a -0,2 punti percentuali nel 2026 e a -0,4 punti percentuali nel 2027.
L'Istituto ha, inoltre, condotto un esercizio di simulazione al fine di fornire una prima indicazione degli effetti di un ulteriore eventuale rallentamento dell'economia tedesca su quella italiana nel 2025. Secondo le previsioni rilasciate dalle principali istituzioni internazionali, la Germania dovrebbe registrare per l'anno in corso un tasso di crescita del PIL vicino allo zero e per il 2025 prossimo all'1 per cento. Nell'esercizio di simulazione si ipotizza una stagnazione del PIL tedesco e si procede a stimare l'impatto tramite una riduzione delle esportazioni italiane in Germania e della mancata crescita della domanda tedesca verso il nostro Paese. Sotto questa ipotesi, i risultati della simulazione quantificano l'impatto sul PIL italiano nel 2025 pari a un decimo di punto.
Passo ora a richiamare gli obiettivi di finanza pubblica previsti nel Piano.
Come è noto, il 30 aprile 2024 è entrata in vigore la riforma della governance economica europea. Il Piano strutturale di bilancio di medio termine, che nell'ambito del nuovo quadro normativo rappresenta il principale documento di programmazione economica, ha l'obiettivo di descrivere il percorso di aggiustamento fiscale necessario ad assicurare la sostenibilità del debito pubblico per un periodo analogo alla durata della legislatura nazionale, con la possibilità di estenderlo fino a sette anni, a fronte dell'impegno a garantire un programma adeguato di riforme e investimenti. Il Piano costituisce, quindi, la cornice entro cui si dovranno muovere la legge di bilancio e le altre politiche pubbliche nei prossimi anni.
Lo scorso 21 giugno, la Commissione europea ha trasmesso a tutti gli Stati membri le linee guida per la preparazione del Piano, indicando una traiettoria di riferimento della spesa Pag. 98primaria netta, che è l'indicatore operativo di riferimento nella nuova governance. L'Italia, come gli altri Paesi, deve definire il proprio percorso di finanza pubblica in modo coerente con questa traiettoria. Il primo Piano elaborato dal Governo ha un orizzonte quinquennale e distribuisce l'aggiustamento della finanza pubblica su sette anni. Per quel che riguarda lo scenario a legislazione vigente, il Piano modifica le stime contenute nel DEF relative agli anni 2024-2027, aggiornandole anche sulla base della revisione dei conti diffusa lo scorso 23 settembre. Rispetto ai principali aggregati di finanza pubblica, il quadro risulta in miglioramento rispetto a quanto atteso nel DEF dell'anno in corso. Il deficit è previsto al 3,8 per cento del PIL e il saldo primario risulta in surplus pari a +0,1 per cento del PIL, rispetto a un deficit dello 0,4 per cento previsto nel DEF, riflettendo una maggiore dinamica delle entrate, soprattutto le imposte dirette, e una riduzione più marcata delle spese correnti, in parte compensata da maggiori spese in conto capitale. L'indebitamento netto passerebbe dal 3,8 per cento sul PIL nel 2024 all'1,5 per cento nel 2027, scendendo sotto il 3 per cento già nel prossimo anno. Il saldo primario, positivo nel 2024, vedrebbe avanzi sempre più significativi, fino a raggiungere il più 2,5 per cento del PIL nel 2027.
Dato il miglioramento della condizione di partenza derivante dall'aggiornamento con gli ultimi dati disponibili, i deficit nominali previsti per gli anni 2024-2026 risultano inferiori a quelli dello scenario presentato nel DEF dello scorso aprile. I dati del conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, diffusi il 4 ottobre, forniscono alcune indicazioni sull'andamento dei conti pubblici nei primi sei mesi dell'anno in corso. Complessivamente, nei primi due trimestri del 2024 le amministrazioni pubbliche hanno registrato un indebitamento pari a -5,8 per cento del PIL, in miglioramento rispetto al -7,9 per Pag. 99cento del corrispondente periodo del 2023. In termini di incidenza sul PIL, il saldo primario e il saldo corrente sono risultati negativi, pari rispettivamente a -1,9 per cento rispetto a -4,3 per cento dello stesso periodo del 2023 e a -0,9 per cento rispetto a -1,6 per cento. Nello stesso periodo, la pressione fiscale si attesta al 39,1 per cento del PIL, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al 38,2 per cento del 2023, per effetto in particolare delle imposte dirette, principalmente IRPEF e IRES, e delle sostitutive sugli interessi, rispecchiando il buon andamento delle basi imponibili.
Per quel che riguarda lo scenario programmatico, esso comprende sia misure di rifinanziamento di provvedimenti in scadenza sia l'introduzione di nuovi interventi che consentano, da un lato, di perseguire gli obiettivi economici e sociali che il Governo si propone e, dall'altro, di rispettare gli impegni richiesti della spesa primaria netta. Nello scenario programmatico, il Governo si impegna a contenere, rispetto alla traiettoria di riferimento, la crescita della spesa primaria netta. Lo scostamento rispetto a tale traiettoria è più marcato nei primi anni, consentendo la conferma della riduzione dell'indebitamento netto al 2,8 per cento del PIL nel 2026, al di sotto della soglia del 3 per cento, e l'uscita dalla procedura di deficit eccessivo nel 2027.
La spesa primaria netta, dopo la riduzione dell'1,9 per cento del 2024, registrerebbe una crescita pari a 1,3 per cento nel 2025, a 1,6 per cento nel 2026, a 1,9 per cento nel 2027, a 1,7 per cento nel 2028 e a 1,5 per cento nel 2029, con un tasso medio di crescita annuo, nel quinquennio 2025-2029, pari all'1,6 per cento. L'andamento del saldo primario strutturale sotteso a tale traiettoria è in miglioramento progressivo durante il periodo.Pag. 100
Secondo le indicazioni fornite, nel 2025 si avrebbe un avanzo primario in rapporto al PIL più basso, rispetto allo scenario a legislazione vigente, di quattro decimi di punto, sette decimi nel 2026 e un punto nel 2027, e gli andamenti dei saldi strutturali rispetterebbero le clausole minime previste dalle regole europee. Anche la clausola di salvaguardia relativa alla sostenibilità del debito, che per l'Italia entrerà in vigore a partire dall'anno di uscita dalla procedura per deficit eccessivo, risulterebbe rispettata, registrando per il rapporto debito/PIL una riduzione media di un punto percentuale nel periodo 2027-2031.
Riguardo alle politiche che il Governo intende adottare, viene confermato il rinnovo delle misure di riduzione del cuneo fiscale e di accorpamento delle aliquote IRPEF su tre scaglioni, rendendole strutturali, nonché il rifinanziamento delle missioni di pace. Si prevede anche lo stanziamento di risorse per il rinnovo dei contratti pubblici e per il finanziamento di misure di sostegno della natalità e del sistema sanitario. Per gli anni successivi al 2026 si garantirebbero le risorse necessarie a mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello raggiunto nel periodo di vigenza del PNRR. Il Piano strutturale di bilancio comprende, inoltre, una serie di riforme e investimenti a sostegno della crescita strutturale, interventi per garantire una migliore programmazione della spesa, il riordino in un'ottica pluriennale delle spese fiscali e interventi di riduzione diretta del debito attraverso introiti dalle dismissioni e da altri proventi e sopravvenienze.
Il documento si sofferma anche su un'analisi dei fattori strutturali che vincolano le potenzialità di crescita e di sviluppo dell'economia.
In questa sede ci sembra opportuno richiamare le analisi che abbiamo realizzato in diverse edizioni del rapporto annuale, le Pag. 101quali hanno posto l'accento sulla sfida demografica, sulla necessità di aumentare la partecipazione al lavoro di giovani e donne e di investire nell'istruzione, sull'importanza di imprimere una traiettoria di crescita alla produttività. Come è stato più volte ricordato, raggiungere tali obiettivi dipenderà anche dalla capacità di realizzare nei tempi previsti gli investimenti e le risorse previste dal PNRR.
Rispetto allo scenario demografico lasciatemi dire solo qualche parola. I dati provvisori relativi ai primi sette mesi del 2024 non mostrano inversioni di tendenza rispetto al recente passato e vedono, anzi, amplificati gli eccessi del processo demografico in corso. Le nascite sono state circa 210 mila, oltre 4 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. Scendono anche i decessi. Il deficit naturale migliora leggermente rispetto al 2023, ma rimane in ogni caso fortemente negativo. Sul versante dei flussi migratori internazionali, crescono sia gli ingressi sia le uscite. Si riscontrano, infatti, 253 mila ingressi e 106 mila uscite. Ne consegue per il momento un saldo migratorio con l'estero ampiamente positivo e di 6 mila unità inferiore a quello registrato nello stesso periodo del 2023. Il risultato di tale dinamica è una popolazione di poco inferiore ai 59 milioni di abitanti, che a fine luglio perde ulteriori 15 mila residenti rispetto all'inizio dell'anno.
L'ISTAT ha diffuso, lo scorso 24 luglio, le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2023. Nel documento che lasciamo all'attenzione delle Commissioni vengono richiamate le principali tendenze demografiche, ponendo principale attenzione allo scenario atteso lungo l'orizzonte del Piano, in un contesto nel quale non mancano, ovviamente, elementi di incertezza. Uno degli aspetti, probabilmente il più critico, sarà il rapporto decrescente nel tempo tra gli individui in età attiva (15-64 anni) e quelli in età non attiva (0-14 e 65 Pag. 102anni e più). Già nel 2031, infatti, la popolazione di 15-64 anni potrebbe scendere al 61,5 per cento del totale, sino al 54,4 per cento nel 2050, registrando una flessione rispettivamente di 2 e di oltre 9 punti percentuali, evidenziando un quadro evolutivo con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sul sistema di welfare.
In conclusione, vorrei soffermarmi rapidissimamente su due temi per noi di interesse. Il primo riguarda l'opportunità di continuare a utilizzare e potenziare il sistema di indicatori BES (benessere equo e sostenibile) come strumento di programmazione e valutazione delle politiche. L'Istituto valuta in modo molto positivo il fatto che il Piano ne faccia esplicito riferimento. Come sapete, il nostro Paese, con il progetto per la misurazione del benessere equo e sostenibile, è stato uno dei primi a sviluppare un quadro concettuale di misurazione del benessere sociale e a integrarlo nel ciclo delle politiche con l'inclusione di dodici indicatori BES nella programmazione economica e finanziaria. Il lavoro dell'ISTAT, in questo ambito e più in generale sul tema della misurazione del benessere, si è peraltro arricchito nel tempo.
Desideriamo, inoltre, cogliere l'opportunità offerta da questa audizione per segnalare quanto richiamato nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti di programmazione economica e finanziaria e delle procedure di bilancio in ambito nazionale, alla luce della riforma della governance economica dell'Unione europea, in merito alla necessità di approfondire l'eventuale modifica delle regole sulla definizione del perimetro delle amministrazioni pubbliche che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge di contabilità n. 196 del 2009, sono tenute a concorrere al rispetto dei bilanci e della sostenibilità del debito pubblico. Come è noto, le previsioni vigenti, incentrate su una ricognizione operataPag. 103 annualmente dall'ISTAT, hanno dato origine a un elevato livello di contenzioso sia amministrativo sia contabile, che più volte ha dato risultati classificatori contrastanti rispetto alle direttive contabili di Eurostat. In tale eventuale revisione sembra, in ogni caso, necessario individuare misure legislative volte a un disaccoppiamento dell'attuale lista delle amministrazioni pubbliche, una funzionale alla produzione statistica, l'altra alla definizione del perimetro dei soggetti ricadenti nell'ambito di applicazione dei provvedimenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Concludo qui il mio intervento. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Chelli.
Non essendovi altri colleghi parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, farei io una domanda. Di fatto, presidente, nelle audizioni precedenti abbiamo percepito – in realtà, l'avete scritto anche voi – tutta una serie di indicatori per cui sostanzialmente non si ha quella crescita necessaria a sviluppare il PIL in maniera sufficiente per far andare avanti il Paese, visto che si cerca di andare verso un avanzo primario con una crescita del PIL molto bassa. Dalle indicazioni emerge, ad esempio, che le retribuzioni contrattuali registrano una progressiva e importante perdita di acquisto e che la crescita economica, che si attesta allo 0,9 nel 2025, all'1,1 nel 2026 e allo 0,7 nel 2027, è più bassa rispetto a quella indicata nel DEF. Lo leggo nel vostro documento. Quindi, di base abbiamo queste indicazioni. C'è, dunque, l'ipotesi che tra le spese primarie correnti si ridurrebbero le prestazioni sociali e i redditi da lavoro dipendente. A un certo punto voi dite che le entrate totali aumenterebbero nei primi due anni, per poi ridursi nel 2027. Come si ipotizza di far aumentare queste entrate totali, che sappiamo essere solo al livello di tassazione, tenuto conto del fatto che abbiamo recentemente ridotto la Pag. 104possibilità di incamerare quanto dovuto dal recupero dell'evasione a seguito del condono?
Nel documento, inoltre, è scritto che il quadro programmatico è un esercizio intermedio di elaborazione di uno scenario a politiche invariate, integrato poi per considerare una serie di misure discrezionali. Ma tutte queste misure discrezionali devono essere fatte attraverso misure correttive sia dal lato della spesa sia da quello delle entrate. Nelle precedenti audizioni ci è stato detto, da parte delle province e dei comuni, che loro non hanno più la capacità di fare nulla. Parlando prima con i rappresentanti della Banca d'Italia abbiamo avuto la certezza che c'è uno spazio, quello dell'output gap, che permette di utilizzare circa 9 miliardi di euro. Quindi, se la prossima legge di bilancio si attesterà sui 20-25 miliardi di euro, abbiamo 14-15 miliardi di euro che dovranno essere ottenuti attraverso nuove tasse. Mi chiedo, dunque: come si potrà confermare questo con la possibilità di rendere strutturali le misure della riduzione del cuneo fiscale e dell'accorpamento delle aliquote IRPEF? Inoltre, visto che prima parlavate di sviluppo e indicatori BES, osservo che gli indicatori BES che peggiorano in maniera sensibile sono proprio quelli che dovrebbero servire a far sì che, grazie alla politica, si realizzi quello sviluppo che ci si attende. Qui vedo, invece, che gli indicatori BES peggiori sono quelli relativi a «Politica e istituzioni», a «Istruzione e formazione» e alle «Relazioni sociali».
Tutte queste circostanze non fanno dunque presagire una possibilità rosea per questo Piano di poter andare a termine in maniera adeguata. Quindi, vi chiedo qualche ulteriore precisazione, perché sembra che questo Piano non contenga tutte le indicazioni necessarie. Dobbiamo certamente aspettare il programma a fine ottobre, quando arriverà con queste indicazioni. Però, non mi sembra che al momento ci siano le indicazioni per Pag. 105far crescere effettivamente il Paese, considerato che, se si va verso l'avanzo primario ma non si ha una crescita del PIL, il Paese stesso non cresce.
Quindi, a questo punto verrebbe meno anche quello che prima diceva il presidente Brunetta, quando parlava di un Piano «eversivo», chiaramente in senso positivo, nel senso di un piano innovativo che potrebbe permettere al Paese di crescere. Lui lo vedeva come una scommessa, come una possibilità, perché permetterebbe di fare questa famosa «dieta», di sgrossare il pubblico di una serie di cose. Lui faceva riferimento al fatto che ci sono tanti costi nel pubblico che ci possiamo scrollare di dosso, cosa che non si è riusciti a fare finora. Quindi, come si fa ad avere quei muscoli? Anche perché nel Piano non ci sono indicazioni di ulteriori potenziali entrate, quindi ci dovranno essere le tasse. Ma anche le indicazioni che si sentono in questi giorni circa le dismissioni del patrimonio pubblico, quali i famosi incassi derivanti dalla cessione delle quote detenute in Poste italiane Spa o dalla cessione dei cosiddetti ex gioielli di Stato, nella realtà non sono effettive, perché rappresentano solo sono una goccia nel mare del debito pubblico, che dopo due minuti che arrivano non fanno migliorare nulla. A tale riguardo, apro e chiudo una parentesi: sappiamo perfettamente che la cessione delle quote di Poste italiane Spa, per come è stata concepita – lo abbiamo visto anche in Commissione Bilancio – di fatto costituisce una perdita per lo Stato. Essa consente, cioè, un incasso immediato, ma a lungo andare determina una perdita dal punto di vista economico. Quindi, come la mettiamo? Grazie.
FRANCESCO MARIA CHELLI, presidente dell'ISTAT. Per quello che riguarda molti dei suoi interrogativi, è naturale che dovremo aspettare che si completi questo iter, così da capire. Pag. 106Ovviamente siamo sempre disponibili, una volta che il quadro sarà completo, a tornare in audizione.
Faccio solo una precisazione, poi lascerei invece la parola al direttore Savio, che vi potrà parlare della contabilità nazionale e, quindi, degli aspetti legati al PIL. La perdita del potere d'acquisto si è avuta tra il 2021 e il 2023. C'è stata poi un'inversione di tendenza nell'ultimo trimestre del 2023 e tra gennaio e agosto del 2024 la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali è stata mediamente del 3,2 per cento, superando di circa tre volte quella dei prezzi. Quindi, è giusto puntualizzare che si è registrato un miglioramento nel potere d'acquisto, dopo due anni in cui il trend è stato invece negativo.
Lascerei, dunque, la parola al dottor Savio.
PRESIDENTE. Prego.
GIOVANNI SAVIO, direttore della Direzione centrale per la contabilità nazionale dell'ISTAT. Grazie, presidente.
Vorrei solamente chiarire che ciò che abbiamo osservato nei primi sei mesi del 2024 è una sostanziale inversione di tendenza negli andamenti dell'indebitamento, ovvero del deficit, in rapporto al PIL e probabilmente anche un'inversione, a cominciare dal 2024, nel rapporto debito/PIL. Questo lo vedremo quando la Banca d'Italia pubblicherà, a metà ottobre, i nuovi dati sullo stock di debito.
Sulle uscite al netto degli interessi e, quindi, sulla situazione entrate meno uscite, abbiamo parimenti registrato, all'inizio di quest'anno, un'inversione di tendenza. Però, come rilevava lei precedentemente, ma penso anche agli interventi svolti ancor prima, senza una crescita consistente del PIL è abbastanza difficile che questa tendenza possa svilupparsi nel corso dei prossimi anni. Su questo il PSB contiene scenari del Governo che noi non possiamo commentare, nel senso che non possiamo Pag. 107giudicare se effettivamente si verificheranno assicurando quell'opportunità di sviluppo del PIL che tutti si attendono. Per ora, dal lato della crescita del PIL siamo essenzialmente tornati a una fase di stato stazionario o di steady state, con tassi di crescita piuttosto contenuti, che stentano a dimostrare la situazione di un'economia che si sviluppa in forma consistente.
Si sono infatti esauriti alcuni stimoli che hanno generato nel corso degli anni precedenti, in particolare successivamente al periodo di crisi dovuto al COVID-19, questa spinta propulsiva, quindi dobbiamo attendere che ci siano altre forze che possano incrementare la crescita.
Questo è quello che mi sento di dire a questo punto.
ANTONIO MISIANI. Vorrei fare alcune domande. La recente revisione dei conti nazionali ISTAT – saluto il presidente Chelli – ha portato a evidenziare un contributo maggiore rispetto alle stime precedenti dell'attività del settore delle costruzioni nelle dinamiche macroeconomiche del nostro Paese. Il superbonus è finito, con i suoi pregi e i suoi difetti, e il Governo si appresta a ridimensionare, da quello che leggiamo sui giornali, anche gli strumenti ordinari di incentivazione dell'attività edilizia. È possibile che queste dinamiche comportino un impatto negativo sulla crescita dei prossimi anni superiore rispetto alle previsioni del Governo contenute nel Piano strutturale di bilancio? Mi spiego. Il fatto che siano emersi dalla revisione quei numeri sull'attività del settore delle costruzioni mi fa pensare che anche i modelli previsivi non abbiano incorporato pienamente gli effetti positivi, quando c'erano, e negativi, quando invece sono venuti meno, di questi incentivi all'attività edilizia. Mi chiedo allora se è possibile che si verifichi un impatto negativo superiore rispetto alle stime del Governo per effetto della fine o del ridimensionamento di questi incentivi.Pag. 108
Seconda domanda: la demografia è stata giustamente evidenziata in modo particolare nel corso della vostra audizione. Come ha ricordato anche il Governatore della Banca d'Italia, noi ci avviamo a perdere circa il 20 per cento della popolazione in età da lavoro nei prossimi vent'anni. Il vostro scenario mediano incorpora un saldo positivo di 230.000 unità all'anno, se non ricordo male. Quanto impatterebbe in positivo una politica di maggiore apertura sui flussi migratori o, comunque, che impatto avrebbe quest'ultima sulla crescita del Paese nei prossimi anni?
Terza domanda. Le stime sull'impatto delle riforme riportate nel PSB – sebbene tale genere di previsioni a me abbiano sempre convinto fino a un certo punto, perché ritengo che siano caratterizzate da ampi margini di aleatorietà – sono importanti, posto che l'insieme delle riforme PNRR produrrebbe un incremento cumulato del PIL del 2,2 per cento al 2031, cui si aggiungerebbe un ulteriore 1,7 per cento derivante dalle riforme programmate nel PSB, se non ho capito male. Che margini di aleatorietà hanno queste stime? Grazie.
FRANCESCO MARIA CHELLI, presidente dell'ISTAT. Lascerei nuovamente la parola al dottor Savio per la questione relativa alla contabilità, poi dirò due parole sulla questione demografica.
GIOVANNI SAVIO, direttore della Direzione centrale per la contabilità nazionale dell'ISTAT. Per quanto concerne il settore delle costruzioni, lo «svuotamento» del comparto si è avvertito in particolare a partire dal primo trimestre di quest'anno e in maniera più forte nel secondo trimestre. Nel primo trimestre c'era infatti ancora qualche miliardo di euro di residuo del superbonus dell'anno precedente, ma a partire dal secondo c'è stato uno svuotamento completo. Questa, in parte, è una delle Pag. 109ragioni che sottende la revisione dei dati di contabilità trimestrale, che abbiamo diffuso qualche giorno fa, rispetto a una versione in cui queste stime un po' pessimistiche non erano state ancora incluse. L'effetto del superbonus, e in particolare del sisma bonus, è stato completamente inserito nei conti con la diffusione dei conti annuali del 23 settembre scorso, quindi ragioniamo essenzialmente con uno stock di incentivi che si è fermato alla fine del 2023.
Parlando invece di prospettive future, dobbiamo ancora capire bene che cosa succederà con il PNRR, perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato utilizzato consistentemente nell'ultima parte del 2023 e sta continuando a sostenere in parte il settore delle costruzioni, soprattutto quello relativo alle opere pubbliche, nel corso di quest'anno e di questi ultimi mesi. Che ci sia un contro-effetto di questo periodo di stimolo del settore delle costruzioni, occorrerebbe verificarlo con un sistema di tavole input-output, a cui abbiamo pensato, poiché è un esercizio che a mio avviso potrebbe essere fatto, in funzione anche della possibilità di disporre di dati completi relativi all'anno in corso.
FRANCESCO MARIA CHELLI, presidente dell'ISTAT. Come lei ha giustamente rilevato, dalla documentazione che vi abbiamo lasciato, se non ci vogliamo allontanare troppo dall'anno base, che è il 2023, emerge che nel 2030 lo scenario contempla un saldo naturale che va da meno 322.000 unità a meno 284.000 unità, nell'ipotesi più favorevole. Si tratta, quindi, di un valore fortemente negativo anche nell'ipotesi più favorevole. Questo vuol dire che, anche considerando una media di flussi netti di circa 230.000 unità annue, che poi si andrebbe a stabilizzare – chiaramente più ci allontaniamo e più le previsioni diventano difficili – verso un flusso medio netto annuo di 170.000 individui fino al 2050, la popolazione è comunque attesa fortemente Pag. 110in discesa. Soprattutto, proprio per l'attuale struttura a fungo della nostra popolazione, nelle classi centrali di lavoro entreranno in pochi e ne usciranno in molti. Pertanto, avremo in generale un impatto negativo, ma l'impatto più forte lo registreremo proprio nelle classi di individui tra quindici e sessantaquattro anni, perché da quelle classi ne usciranno molti e ne entreranno pochi.
È chiaro che le due leve, quella del miglioramento della fecondità e quella migratoria, che si possono sviluppare, però, su periodi diversi come prospettiva, perché una è di più lungo periodo, l'altra è di più breve e medio periodo, devono essere entrambe utilizzate. La terza leva, infine, come dicevo precedentemente, è quella di allargare la base sia dal punto di vista delle donne sia dal punto di vista dei giovani aumentando il tasso di attività, perché lì abbiamo molti spazi di recupero.
Scusate se mi sono dilungato, ma la domanda meritava una risposta articolata. Grazie.
PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi per il contributo fornito ai lavori delle Commissioni, dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione della presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, della presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari.
Intervengono la professoressa Lilia Cavallari, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, la dottoressa Valeria De Pag. 111Bonis e il dottor Giampaolo Arachi, componenti del consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
Chiedo alla nostra ospite di contenere la propria relazione entro un tempo di trenta minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie, presidente. Buonasera a tutti. Cercherò di contenere il mio intervento in trenta minuti. Parleremo naturalmente del Piano strutturale di bilancio. La memoria, come nostro solito, è piuttosto ricca, quindi farò una sintesi basata sostanzialmente sul quadro tendenziale macroeconomico e di finanza pubblica sul quale si innesta il Piano, cui seguirà una serie di valutazioni, commenti e considerazioni sul programma e, quindi, sul Piano.
Per quanto riguarda il quadro tendenziale macroeconomico, noi sappiamo che le previsioni tendenziali prospettano una crescita all'1 per cento per quest'anno, che rallenta leggermente l'anno prossimo, allo 0,9 per cento, per poi aumentare all'1,1 per cento nel 2026 e rimanere nel triennio finale in media intorno allo 0,7 per cento. È una previsione di crescita relativamente più bassa lungo l'orizzonte di previsione rispetto alla primavera scorsa e questo è legato essenzialmente a fattori esterni, quali il rallentamento del commercio internazionale.
Questo quadro tendenziale è stato validato dall'Ufficio parlamentare di bilancio già all'inizio di settembre, dopo la normale e consueta interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze. Avevamo fatto dei rilievi sul quadro tendenziale provvisorio del Ministero stesso, che sono stati accolti. La validazione è positiva ed è stata successivamente confermata dopo la revisione della contabilità nazionale del 23 settembre scorso. Le previsioni, quindi, sono sostanzialmente plausibili.Pag. 112
Alla luce delle ultime revisioni dei conti trimestrali, che abbiamo appreso venerdì scorso, l'obiettivo della previsione di crescita sul 2024 diventa più incerto, quindi aumentano i rischi. Per darvi una misura a spanne di questa incertezza, possiamo aspettarci qualche decimo di punto percentuale in meno, per cui c'è un rischio al ribasso sulla previsione del 2024. Sulle previsioni relative alle annualità 2025, 2026 e 2027 e al resto dell'orizzonte di programmazione, si tratta, come abbiamo detto, di previsioni che abbiamo validato e che, quindi, riteniamo plausibili, sebbene sottoposte a rischi, ahimè, al ribasso, legati sostanzialmente alle tensioni geopolitiche, che incidono sugli scambi, sia sulla dimensione della domanda estera, che è una componente importante della domanda, sia sui prezzi delle materie prime e dell'energia. Questi chiaramente sono rischi esterni. I rischi interni, invece, riguardano la necessità di dare piena attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza, alle riforme e agli investimenti, oltre ai rischi legati a tutte le transizioni estremamente complesse che sappiamo essere in atto. Vi è, pertanto, la necessità di accelerare la spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza e procedere con i piani di investimento e di riforma.
Con riferimento al quadro tendenziale di finanza pubblica, il principale elemento di novità è costituito da un miglioramento netto rispetto alle previsioni che facevamo e che si facevano in primavera, quindi rispetto alle previsioni dell'ultimo documento di programmazione. L'indebitamento netto previsto nel Piano, come sappiamo, scenderebbe dal 7,2 per cento del 2023 al 3,8 per cento nel 2024, per poi attestarsi al 2,9 per cento nel 2025, quindi al di sotto della fatidica soglia del 3 per cento, al 2,1 per cento nel 2026 e così via. Quindi, è un miglioramento piuttosto sensibile e significativo rispetto alle previsioni di primavera. I motivi alla base di questo sensibile Pag. 113miglioramento sono molteplici. Innanzitutto, il monitoraggio sui conti pubblici di ottobre ci dice che le entrate stanno andando meglio del previsto, rispetto a quanto si ipotizzava in primavera. Sono soprattutto le entrate dirette, in particolare l'IRPEF, ad andare bene. C'è l'effetto positivo della revisione dei conti annuali da parte dell'ISTAT, che migliora il punto di partenza, quindi migliora il PIL e i saldi in rapporto al PIL. C'è, inoltre, un andamento favorevole della spesa per interessi rispetto sempre alle previsioni del DEF. Nel DEF si prevedeva, infatti, un onere per il debito che sarebbe andato verso il 4,4 per cento del PIL nel 2027, mentre oggi la previsione è che vada verso il 4,1 per cento del PIL. C'è dunque una dinamica più favorevole, che è legata sostanzialmente al miglioramento della curva dei tassi di interesse, sia a breve sia a lunga durata.
Su questa drastica riduzione dell'indebitamento netto nel 2024 pesano soprattutto i minori contributi agli investimenti legati ai crediti edilizi. C'è un grande apporto che viene dai crediti edilizi, c'è una rimodulazione delle spese del PNRR che va in avanti e che quindi migliora anche il disavanzo del 2024.
Nel triennio successivo, 2025-2027, c'è una previsione a legislazione vigente di riduzione delle entrate primarie, fatta eccezione per alcuni capitoli che riguardano la spesa per interessi che, come sappiamo, anche se le previsioni sono più favorevoli, tende comunque ad aumentare, dal 3,9 fino al 4,1 per cento, la sanità e le pensioni.
Questo è il quadro sul quale si innesta la manovra. I fattori determinanti sono: previsioni macroeconomiche e quadro di finanza pubblica in miglioramento per i motivi che vi ricordavo. Su questo quadro si innesta il Piano, quindi si innesta il programmatico. Nel Piano abbiamo obiettivi di indebitamento netto, obiettivi di disavanzo, che sono meno stretti di quelli del tendenziale. Gli obiettivi di disavanzo sono, quindi, un indebitamentoPag. 114 netto del 3,3 per cento nel 2025, che si riduce al di sotto del 3 per cento nel 2026. Si uscirebbe, quindi, dalla procedura per disavanzi eccessivi un anno in anticipo rispetto a quanto previsto in primavera, nel 2026 anziché nel 2027. Nel 2027 l'obiettivo è del 2,6 per cento.
Come sapete, la grande novità di questo nuovo quadro di regole è quella di aver portato la programmazione di bilancio innanzitutto su una dimensione di medio periodo. Quindi, abbiamo un Piano che ha una durata quinquennale, di legislatura, che prevede peraltro un programma di aggiustamento che è graduale nel tempo, cioè di sette anni.
Il Piano proposto dal Governo è caratterizzato da una uscita dalla procedura per disavanzo eccessivo anticipata e da un aggiustamento che viene espresso nei termini di un obiettivo di spesa netta. L'obiettivo di spesa netta ha un obiettivo più stringente nel 2025, dove la spesa netta crescerebbe dell'1,3 e via via, nel corso dell'orizzonte di programmazione, questo obiettivo aumenta, ponendosi quindi all'1,6 nel 2026 e all'1,9 nel 2027. In media, lungo tutto il periodo, è pari all'1,5, che è esattamente la media della traiettoria di riferimento proposta dalla Commissione.
Questo significa sostanzialmente un'anticipazione dell'aggiustamento, che è fatta per ridurre il debito nel medio termine. Questa è la grande novità delle nuove regole di bilancio. Il focus, l'attenzione è incentrata sulla sostenibilità del debito, ovvero sul mettere un debito elevato su un sentiero plausibilmente discendente nel medio termine.
Attraverso questi obiettivi programmatici e, quindi, attraverso questi obiettivi di indebitamento netto e di spesa primaria netta, si riesce a mettere il debito su un sentiero discendente. Mettere il debito su un sentiero discendente è importante per un Paese come il nostro, che ha un debito elevato. Vi ricordo Pag. 115solamente pochi numeri: nel 2024, il nostro Paese ricorrerà al mercato per emissioni nette di nuovo debito, al netto dei titoli detenuti dall'Eurosistema, per 135 miliardi di euro.
È una cifra considerevole, nonché in aumento anche rispetto all'anno scorso. Questo ricorso al mercato è in prospettiva sempre maggiore, perché diminuisce la quota di debito detenuta dall'Eurosistema, ossia dalla Banca centrale e dalle Banche centrali, ed aumenta invece la quota detenuta dal mercato.
Nella quota detenuta dal mercato, la quota detenuta dai residenti, vale a dire dalle imprese e dalle famiglie italiane, è intorno al 15 per cento, mentre la quota detenuta dai non residenti, quindi dagli investitori non residenti, è il 29 per cento. È una quota non piccola.
Questo programma di consolidamento prevede un aggiustamento del saldo strutturale primario che è nell'ordine di 0,53 punti percentuali di PIL in media ed è un aggiustamento inferiore a quello sotteso alla traiettoria di riferimento della Commissione.
L'aggiustamento della Commissione nella traiettoria di riferimento era infatti dello 0,62 per cento. Adesso noi facciamo un aggiustamento di 0,53 punti percentuali in media. Nella traiettoria della Commissione l'aggiustamento era, come detto, dello 0,62 per cento. Perché questa differenza? Significa, forse, che stringiamo meno? Questa differenza riflette anche una migliore situazione di partenza. È quello che vi dicevo prima. Il quadro tendenziale è migliore rispetto a quanto ci aspettavamo in primavera ed è migliore anche rispetto a quanto si attendeva la Commissione nel momento in cui ha elaborato la traiettoria di riferimento, tant'è vero che alla fine del periodo di aggiustamento si converge su un valore del saldo strutturale che è molto vicino a quello della Commissione. Siamo, cioè, intorno al 3 per cento del PIL.Pag. 116
L'aggiustamento previsto nel Piano ha questo profilo quantitativo. Rispetto alla legislazione vigente è un aggiustamento meno stringente. Gli obiettivi di indebitamento sono per un maggior disavanzo rispetto a quello che era previsto dal tendenziale. Questo in parte è insito nella legislazione vigente, nel senso che la legislazione vigente comprende tante misure che sono temporanee, che non hanno effetti permanenti. Questa differenza tra il programmatico compreso nel Piano e il tendenziale apre degli spazi di manovra. Questi spazi di manovra sono concentrati soprattutto nel 2025, dove abbiamo 4 decimi di punto di PIL, quindi stiamo tra 8 e 9 miliardi di euro di spazi che possono essere utilizzati per finanziare – così dice il Piano – e rendere strutturali e persistenti le misure di riduzione del cuneo fiscale, nonché l'accorpamento dell'IRPEF.
Questa è la dimensione della prossima manovra. Questo quadro, con questi numeri, con questo profilo di aggiustamento quantitativo, ha naturalmente un impatto sull'economia. L'impatto è stato valutato dall'Ufficio parlamentare di bilancio in occasione della validazione del programmatico.
La validazione è stata positiva, nel senso che il Piano concentra gli effetti nel 2025. L'impatto che ciò avrebbe sulla crescita è nell'ordine di 3 decimi di punto di PIL. Questo impatto è stato validato positivamente dall'Ufficio parlamentare di bilancio. La validazione è avvenuta perché si tratta di una previsione di impatto tutto sommato ragionevole, date le dimensioni della manovra lungo tutto l'orizzonte, e quindi è in linea con quanto prevediamo noi, come Ufficio parlamentare di bilancio, e con quanto prevedono i previsori che fanno parte del nostro panel.
Anche la ricostruzione che c'è dietro questo impatto, cioè che esso agisce soprattutto sulla domanda interna, e che quindi Pag. 117questa crescita è più legata alle dinamiche della domanda interna, tutto sommato è condivisa all'interno del panel.
Naturalmente ci sono sempre delle differenze, delle nuances differenti nella valutazione, ma questo impatto è ritenuto plausibile, ragionevole e, in quanto tale, è stato validato.
Questo è, in sintesi estrema, il quadro che abbiamo di fronte, quindi un tendenziale con quelle caratteristiche, sul quale si innesta un programmatico che comporta un aggiustamento naturalmente significativo – stiamo parlando di poco più di mezzo punto percentuale ogni anno sul saldo strutturale – e soprattutto prolungato nel tempo. Ogni anno occorre fare questo aggiustamento, quindi è un impegno significativo.
Vengo alle considerazioni di massima, conclusive, generali che possiamo trarre da quanto vi ho finora sintetizzato. Le previsioni di crescita sono plausibili, soggette a tutti i rischi che conosciamo, ma plausibili. Il quadro tendenziale è sostanzialmente in miglioramento.
Il Piano stabilisce obiettivi di consolidamento e di risanamento che sono in linea con le nuove regole europee, quindi in linea con l'obiettivo di portare il debito su un sentiero discendente nel medio periodo. L'aggiustamento è impegnativo e prolungato ed ha, come lato positivo, la capacità di preservare gli investimenti.
Questo aggiustamento è stato anticipato soprattutto ai primi anni del Piano, quindi soprattutto al 2025. Questa è una cosa positiva, perché, come vi dicevo, il debito pubblico italiano è molto elevato e la quota di nuovo debito che ogni anno bisogna emettere, quindi emissioni nette, al netto dei rimborsi dei titoli in scadenza sul mercato, è anch'essa significativa. Si tratta di tante centinaia di miliardi di euro ogni anno. Questo debito è detenuto, inoltre, da privati sia residenti che non residenti. Su questo debito paghiamo, altresì, interessi che sono ancora molto Pag. 118elevati. Come vi dicevo, il profilo della curva dei tassi, sia a breve che a lungo termine, è migliorato. Rimane, comunque, un profilo piuttosto sfidante e profilo impegnativo: come spesa per interessi siamo nell'ordine del 4 per cento del PIL.
Un impegno credibile di riduzione del debito può avere effetti importanti anche sulla valutazione del credito e quindi sullo spread.
Tanto per darvi un'idea di massima, se l'Italia pagasse sul suo debito uno spread comparabile a quello della Spagna, che oggi è anche molto simile a quello che paga la Francia, noi risparmieremmo nel quinquennio del Piano in totale più di 23 miliardi di euro, con una scansione che è poco meno di 2 miliardi di euro il primo anno e poi via via in misura crescente, giacché qualunque modifica dei tassi di interesse si fa sentire con un certo ritardo sulla dinamica della spesa per interessi, considerato che la vita media del debito, per nostra fortuna, è elevata, pari a sette anni e otto mesi. L'obiettivo di ridurre il debito è importante, poiché porta con sé il beneficio di ridurre questo onere così pesante che il debito pubblico ha sul bilancio italiano, tutto questo in un contesto che comunque rimane estremamente incerto e estremamente volatile. Rimane tale sia nel breve, quindi sia per quanto riguarda l'anno in corso, sia nel medio periodo, quindi per quanto riguarda il 2025-2029.
Ripeto, gli elementi di incertezza ci sono, quali quelli legati alle tensioni geopolitiche che in qualche misura sono fuori dalla nostra portata, ma ci sono anche fattori che possono incidere sulla crescita. Il fattore più importante, che oggi incide sulla crescita, è la capacità di realizzare investimenti e riforme, dare attuazione al Piano e continuare a investire anche dopo la fine del PNRR. Questo è importante.
Il Piano presenta, però, carenze informative sotto due profili molto importanti. Un primo profilo è che le informazioni Pag. 119contenute nel Piano sono minori rispetto a quelle cui siamo stati abituati nei documenti di programmazione, ivi inclusa la NADEF. Per esempio, mancano informazioni sulle politiche invariate. Le politiche invariate sono un importante elemento di programmazione perché ci dicono: su quei circa 20 miliardi di euro, o anche qualcosa in più, di politiche invariate solo per il 2024, quanti di questi saranno poi rifinanziati? Quanti e quali di questi saranno rifinanziati? Queste sono informazioni importanti per una programmazione di bilancio. Questa è una carenza del Piano. Guardando in maniera costruttiva, guardando in prospettiva, noi riteniamo che le informazioni che sono già previste dalla normativa italiana sulla contabilità pubblica è bene che siano mantenute anche in sede di modifica della stessa normativa in materia di contabilità. Queste informazioni, e tipicamente tutte le informazioni che sono contenute nella NADEF, costituiscono infatti un importante presidio di confronto, di trasparenza, di conoscenza per il Parlamento e, in generale, per il Paese.
Il Piano probabilmente è stato redatto pensando all'indicazione che la Commissione ha dato su quale sia il contenuto minimo obbligatorio di un Piano, però consideriamo anche che la Commissione dà un'indicazione che deve valere per 27 Paesi, che a loro volta hanno una contabilità pubblica molto diversa. È pertanto un contenuto, se volete, minimale. È importante che nella nostra contabilità nazionale le predette informazioni siano invece mantenute. Questo è un primo punto. Una seconda carenza informativa riguarda poi un contenuto peraltro previsto anche nell'indicazione della Commissione, cioè indicatori specifici sulle riforme.
Una parte importante di questo percorso di aggiustamento, che si estende su un arco di sette anni, è rappresentata dagli investimenti e dalle riforme che si faranno dopo la fine del Pag. 120PNRR, perché a questo è legata l'estensione. Queste riforme sono state individuate nei loro ambiti, quindi sappiamo che sono riforme che riguardano la pubblica amministrazione, il mercato e via dicendo, però informazioni più puntuali su obiettivi specifici, tempistiche, nonché indicatori ai quali guardare per poter considerare lo stato di attuazione di queste riforme, tutto questo è molto importante.
Il terzo punto ha sempre a che vedere con le informazioni, quindi con i contenuti di questi documenti. È infatti la prima volta che si redige il Piano, che è un documento importante che fissa la programmazione di bilancio su un orizzonte di medio termine. È bene, pertanto, che un documento così importante sia ricco di informazioni. È bene che non sia meno ricco di informazioni di quelle già presenti nei documenti di programmazione ed è bene che sia ricco di informazioni in relazione alla parte concernente le riforme, che sono necessarie per l'estensione del Piano e che quindi vanno ad incidere sulla gradualità e sull'intensità dell'aggiustamento. Ma tutto ciò è importante anche da un punto di vista strategico.
È infatti importante conoscere non solo il perimetro dell'aggiustamento, che è già molto chiaro. I numeri ci dicono chiaramente qual è il perimetro dell'aggiustamento. Il Piano ci dice chiaramente qual è il perimetro. Il Piano è meno chiaro, invece, nell'indicazione di una strategia, il che significa avere informazioni sulla composizione, su come si consegue questo aggiustamento, quindi su qual è l'impatto sui principali programmi di spesa e sui comparti della pubblica amministrazione, su qual è il contributo alla dinamica e agli obiettivi della spesa programmata che deve venire dagli enti territoriali, su qual è il contributo delle fonti di entrata e su qual è il raccordo tra la strategia di consolidamento e l'attuazione delle riforme e degli investimenti.Pag. 121
È importante sia dare le informazioni sia che queste informazioni permettano di capire, di chiarire quale sia la strategia per effettuare il consolidamento. Quando è chiara l'indicazione strategica è anche più forte l'impegno, quindi si rafforza ulteriormente l'impegno di consolidamento.
Per il futuro, è dunque importante che nei passi successivi vi sia un monitoraggio per capire esattamente a che punto stiamo rispetto a quel programma ed è altresì importante che vi sia una valutazione trasparente degli effetti delle misure di entrata e di uscita.
Mi fermerei qui. Poi, naturalmente, se ci sono domande, sono a vostra disposizione.
PRESIDENTE. Grazie.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIA CECILIA GUERRA, intervento in videoconferenza. Ringrazio l'UPB e la sua presidente, in modo particolare, per questa audizione che pure questa volta non ci ha deluso. È stata una relazione molto ricca e importante. La guarderemo e la leggeremo con ulteriore interesse. Mi volevo soffermare tuttavia sulle valutazioni finali, che si incrociano con una preoccupazione che anch'io e che anche noi avevamo proprio rispetto al contenuto informativo della NADEF.
Per quanto riguarda, in particolare, il secondo punto e cioè la mancanza di indicatori specifici sulle riforme, l'Italia vuole ottenere un prolungamento a sette anni del Piano presentando un programma di riforme. Lei, presidente, ci ha già sottolineato che mancano indicatori, obiettivi, tempistiche.
A me sembra, però, che questi indicatori, obiettivi e tempistiche non fossero un optional, dal momento che le guidelines della Commissione indagano addirittura un format su come Pag. 122questi indicatori dovessero essere costruiti e rappresentati. Al di là che ci siamo assestati sul contenuto minimo, mi sembra che ora siamo addirittura sotto il minimo. Questo, quindi, è un primo problema.
Sempre legato a questo, nella nota n. 258 a pagina 173 del PSB, che poi viene ripresa nell'appendice V a pagina 191, ci viene data anche un'idea quantitativa complessiva della spesa che riguarderebbe le nuove riforme e in particolare la spesa per il periodo dal 2027 al 2029. Si parla di 110 miliardi di euro. Questi 110 miliardi di euro sarebbero quelli che giustificano l'impatto aggiuntivo sul PIL della componente nuova delle riforme, quindi non quelle del PNRR attuato o ancora da attuare, che peraltro, a fronte di una spesa di questa dimensione, mi pare piuttosto contenuto, perché sarebbe al 2031 dello 0,5 del PIL, se ho capito bene.
Volevo capire se avevate fatto un ragionamento anche voi sull'impatto di questi 110 miliardi di euro, che non si sa peraltro da dove saltano fuori, quindi è difficile anche capire come possa essere stato valutato l'impatto di queste nuove riforme da 110 miliardi di euro. Bisognerebbe prima capire, per poterne valutare l'impatto, da dove vengono.
Lei ha parlato della strategia. Parlando della strategia ha detto che evidentemente ci sarebbe anche un bisogno di sapere qual è il contributo al consolidamento che viene richiesto, ad esempio, agli enti territoriali. Siccome nelle audizioni precedenti ne abbiamo ascoltato la preoccupazione, volevo chiedere se voi avete un'interpretazione del passaggio sibillino che c'è a pagina 83 del Piano, in cui si ipotizza, adesso non sto a rileggerlo tutto, la possibilità di passare a una nuova regola in cui gli enti decentrati in avanzo siano costretti o a vedere una riduzione dei trasferimenti o comunque a fare un accantonamento che possa servire per investimenti successivi, e gli enti in Pag. 123disavanzo, invece, dovrebbero perseguire un obiettivo di ripianamento più accentuato. Poiché questa sarebbe una variazione forte delle regole in essere, volevo chiederle se le avete prima di tutto capite e se avete una vostra valutazione di come potrebbe altrimenti essere disegnato il contributo al consolidamento da parte degli enti territoriali, visto che, lo ripeto, questo è un tema molto sensibile.
MAURO DEL BARBA. È stata una giornata di audizioni piuttosto in surplace. Sembra che tutti abbiano una certa prudenza, però leggendo tra le righe di questa prudenza – chiedo, in proposito, il vostro autorevole punto di vista – si colgono delle critiche e dei rischi che forse è bene approfondire.
Condivido, intanto, quello che diceva la collega Maria Cecilia Guerra circa l'assenza di alcuni parametri che in realtà ci saremmo aspettati di trovare, però vado oltre con voi. Sembrerebbe che, una volta definite le nuove regole di governance, si sia avuto un approccio da parte del nostro Paese di questo tipo: «prendiamo intanto le previsioni tendenziali migliori possibili tra tutte quelle esistenti». Non lo dico andando a caso, lo dico guardando la vostra relazione. Il Governo è in pole position. Siamo rassicurati rispetto al fatto che sia tallonato dalle previsioni autorevoli dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Mi domando, però, come mai tutti gli altri previsori seguano con distacco queste previsioni.
La cosa importante che voi ci avete detto è che voi avete validato le previsioni. Tuttavia, tale validazione – ed è questa la prima domanda – già sembra tenere dentro un margine di rischio.
La seconda considerazione, che sembra che sia stata scelta nel costruire questo PSB di medio termine da presentare alla Commissione, sembra sia anche quella di dire: «sfruttiamo tutto il vantaggio che abbiamo ora, all'inizio di questo settennato,Pag. 124 e andiamo a fare gli sforzi maggiori verso la fine». Ma, come ci siamo domandati nel corso dell'audizione, è perché si vuole costruire una manovra anticiclica o semplicemente perché si vuole costruire una manovra che rientra nel ciclo della legislatura? Si tratta, infatti, di due cose molto diverse, che hanno entrambe una loro legittimità. Anche questa domanda, però, mi corre l'obbligo di farla a voi, soprattutto per quanto riguarda la prima parte: nell'impostazione delle annualità si ravvisa, cioè, una qualche volontà di essere anticiclici oppure, come noi, anche voi fate fatica a ravvisarla?
Dopodiché, l'ultima considerazione che sembra sia stata messa nella costruzione del Piano è un po' quella di dire: «Il Piano lo dobbiamo fare perché dobbiamo tenere sotto controllo il debito e a questo ci siamo rassegnati». Nel fare questo, cerchiamo di far crescere il Paese il più possibile, ma qui manca non solo la strategia, ma anche la fantasia. O, forse, torniamo alla valutazione iniziale, alla prudenza che ha spinto i redattori del Piano a dire che per ora andiamo a confermare le misure del passato e poi ci penseremo strada facendo. In fondo, dentro un quadro che, per come voi lo avete descritto, sembra formalmente intenzionato a rassicurare i mercati e a metterci su un percorso di controllo del debito, non troviamo quell'energia che, dentro questa virtuosità, dovrebbe scongiurare i rischi che ho messo in evidenza e garantire al Paese una crescita con tutte le premure del caso.
ANTONIO MISIANI. Saluto la presidente e ringrazio l'UPB per la consueta ricchezza di analisi e di informazioni. Io ho una sola domanda sul PNRR. Mi ha colpito moltissimo il dato – presente anche in altre audizioni – secondo il quale, a fronte di una previsione di spesa di 44 miliardi di euro nel 2024, siamo a meno di 9 miliardi al 2 ottobre. Se non ho capito male, le previsioni del Governo incorporano un profilo di attuazione del Pag. 125PNRR coerente con la scadenza del 2026, ma siamo lontanissimi da quell'obiettivo. Mi chiedo allora: se le cose, facendo i debiti scongiuri, per l'amor di Dio, non funzionassero e si proseguisse con il ritmo disastrosamente lento del 2024, che cosa succede?
PRESIDENTE. Aggiungo anch'io due o tre domande. Una è sostanzialmente quella che le ha già rivolto il senatore Misiani. Quanto pesa il PNRR su quello 0,8 per cento che avete stimato sia voi che Banca d'Italia? Indipendentemente dal fatto che comunque con i numeri siamo lontanissimi dalla spesa di quanto dovuto quest'anno, che peso ha?
Vorrei avere, in secondo luogo, una conferma su quello che è successo prima. Lei prima ha detto che c'è una differenza fra deficit tendenziale e programmatico che permetterà di avere spazi fiscali, che valgono circa 9 miliardi di euro. Noi sappiamo che in totale nel triennio sono circa 52 miliardi di euro. Questi 9 miliardi di euro sono quelli che verranno utilizzati come base per la legge di bilancio, legge di bilancio che, però, sappiamo orientativamente sarà di 24-25 miliardi di euro. Se stiamo parlando di queste cifre, vuol dire che ci sono 15 miliardi di euro che dovranno essere reperiti in qualche maniera o mettendo nuove tasse e/o andando a fare una riduzione dei servizi. Volevo avere una conferma su questo.
L'ultimo punto è collegato anche all'ultima cosa che lei ha detto circa la mancanza di chiarezza delle informazioni, perché, per esempio, fra quello che manca aveva citato l'obiettivo del contributo degli enti territoriali. Ma gli enti territoriali, che sono venuti oggi pomeriggio in audizione, ci hanno già detto che non sono in grado di mettere neanche un euro dal punto di vista degli accantonamenti, figuriamoci di fare altri tagli.
Con questa informazione in più e visto che la spesa pubblica sul PIL pesa quasi il 50 per cento, che facciamo? Da dove vanno Pag. 126a prendere questi potenziali altri soldi necessari per andare in linea con le strategie di consolidamento? Chiaramente, come ha detto l'onorevole Del Barba, portiamo avanti quello che dobbiamo andare a fare come obiettivi di aggiustamento a sette anni, tanto ormai fra sette anni la legislatura sarà cambiata e poi vedremo quello che succede.
Quello che voi avete detto sulle carenze informative è abbastanza pesante, che non sono solamente carenze informative tanto per sapere un po' le cose come vanno, ma sono proprio carenze di base per un'impostazione e una validazione del raggiungimento di questi obiettivi tendenziali. Se io non ho informazioni, anzi se so già di partenza che parte di queste informazioni sono contrarie al raggiungimento degli obiettivi, come faccio poi dopo a fidarmi di questi numeri?
Do ora la parola alla presidente Cavallari per la replica.
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie a tutti per gli interventi.
Vado in ordine e parto dall'onorevole Guerra. Sul contenuto informativo, gli indicatori specifici sulle riforme sono facoltativi? No, fanno parte di quel corredo minimo indispensabile suggerito dalla Commissione. Immagino che quella tabella con quelle informazioni sarà riempita nel Documento programmatico di bilancio che il Governo invierà alla Commissione ad ottobre. Indubbiamente ha colpito anche noi la mancanza di quelle informazioni, perché, come dicevo, è un minimo obbligatorio. Noi riteniamo che, anzi, bisognerebbe essere un po' più ambiziosi della Commissione e dare più informazioni rispetto al minimo.
Nel Piano, si diceva, c'è questa maggiore spesa di 110 miliardi di euro per le riforme? Sicuramente noi non abbiamo valutato una maggiore spesa legata alle riforme. Questo è sicuro. Quello che abbiamo fatto e quello che fa anche il Piano Pag. 127quando valuta l'impatto macroeconomico delle riforme non è prendere una stima di spesa e metterla in un modello macroeconomico, ma è prendere gli indicatori che rappresentano la riforma, metterli in un modello di equilibrio generale, in un modello dinamico stocastico di equilibrio generale (DSGE), e vedere, con quegli indicatori, come cambia la crescita.
L'impatto stimato sia dalla Commissione nei vari documenti in cui ha valutato l'impatto delle possibili riforme, per esempio come avvenuto con il Next Generation EU, sia in quella parte del Piano che guarda all'impatto delle riforme, sia da noi stessi che facciamo un esercizio simile per quanto riguarda la riforma della pubblica amministrazione, non sono stime, bensì sono simulazioni ottenute sulla base di un modello DSGE. Sinceramente questi 110 miliardi di euro di spesa non so spiegarli. Comunque, sono sicura che non sono quelli che sono stati considerati nel Piano per simulare l'impatto delle riforme. Ripeto, sono simulazioni e non previsioni.
ANTONIO MISIANI. Quindi non sono incorporate?
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. No. Le riforme che bisognerà attuare non possono essere incorporate nelle previsioni. Quello è semplicemente per corroborare il perché facciamo le riforme. Facciamo le riforme perché hanno un impatto sulla crescita potenziale, tant'è che questo impatto è molto diluito nel tempo. Questi modelli di simulazione danno una indicazione quantitativa di massima di quale potrebbe essere l'effetto potenziale di quelle riforme sulla crescita dell'economia. Quelle da attuare non possono essere considerate nelle previsioni.
Sempre sul contenuto informativo, il Piano non esplicita quale possa essere il contributo degli enti locali. Fornisco un aiuto nell'interpretazione della frase definita «sibillina». Noi Pag. 128abbiamo in altre audizioni considerato varie possibilità per tenere insieme un obiettivo, un indicatore aggregato di spesa primaria netta e le norme che riguardano gli equilibri degli enti territoriali. Abbiamo detto che si possono anche mantenere i concetti e gli equilibri così come sono, ma che sarebbe importante specificare per gli enti territoriali di maggiori dimensioni, quindi lasciando da parte chiaramente gli enti minori, qual è il contributo alla crescita della spesa netta che può venire da quegli enti.
È qui presente il professor Arachi, che può essere più puntuale nella descrizione dell'impatto.
GIAMPAOLO ARACHI, componente del Consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Il passaggio che è presente del PSB non consente di comprendere in maniera chiara quale potrebbe essere questo meccanismo alternativo. Come ricordava la presidente, nelle precedenti audizioni avevamo suggerito, invece, di agire sui trasferimenti, così come è riportato anche nel PSB come alternativa. Agire sui trasferimenti ha anche un vantaggio che occorre valutare con attenzione, perché non tutta la spesa degli enti territoriali può essere compressa nello stesso modo.
Gli enti territoriali hanno funzioni fondamentali e forniscono livelli essenziali delle prestazioni il cui ammontare non può essere compresso, così come altre voci di spesa. Agire attraverso i trasferimenti erariali, quando questi trasferimenti erariali sono, in particolare, perequativi, consentirebbe di garantire che il contributo che viene richiesto a ogni singolo ente territoriale sia commisurato alle sue possibilità relativamente alle spese che deve sostenere.
Questo è quello che abbiamo suggerito in precedenti audizioni.
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Onorevole Del Barba, sono state scelte le previsioni Pag. 129tendenziali migliori e l'UPB ha dato una mano in questo? Non direi. Le previsioni tendenziali sono sempre sull'estremo superiore. Noi abbiamo delle previsioni tendenziali, le nostre, quelle del Ministero dell'economia e delle finanze e quelli di quattro previsori privati che fanno parte del nostro panel. Le previsioni del Governo sono comprese tra la mediana e l'estremo superiore. In alcuni anni sono vicine alla mediana, in altri anni sono più vicine all'estremo superiore.
L'UPB non è sempre l'estremo superiore. L'estremo superiore è solamente in un anno, credo. In questo, non si è preso il massimo possibile sempre. C'è un elemento di cautela se consideriamo non solo le previsioni del PIL reale, ma anche le previsioni del PIL nominale. Le previsioni del Governo sul PIL nominale, che è quello che poi ha un effetto più importante sulla finanza pubblica, sono più vicine alla mediana rispetto alle previsioni del PIL reale. In questo senso, l'esercizio di validazione riflette l'accettazione di previsioni che sono all'interno di quello che noi chiamiamo l'intervallo di accettazione, cioè stanno tutte tra la mediana e l'estremo superiore.
La manovra è anticiclica? La manovra si accompagna a una riduzione dell'output gap, ossia della differenza tra quanto cresce l'economia e quanto potrebbe crescere in potenziale nei primi anni. Nei primi anni, quindi, dà un impulso positivo alla crescita dell'economia. Queste regole, che sono basate su un indicatore di spesa netta, sono disegnate in modo tale che la politica di bilancio sia meno prociclica, che era un po' il vizio delle regole precedenti o meglio il difetto dell'applicazione delle regole precedenti, cioè di essere restrittive quando le cose andavano male e non sufficientemente restrittive quando le cose andavano bene.
Questo nuovo quadro di regole, per come è disegnato, soffre meno di questo vizio, perché se le cose dovessero andare Pag. 130effettivamente peggio del previsto, quindi se il ciclo dovesse manifestarsi più sfavorevole rispetto a quanto previsto alla base del Piano, questo potrebbe non avere un effetto rilevante sulla spesa netta, perché la spesa netta è al netto di quelle componenti di spesa che reagiscono al ciclo. Quindi, già tutto quell'incremento delle spese legate al peggioramento del ciclo è fuori dall'indicatore di spesa.
Può succedere che, per esempio, se le entrate dovessero essere meno positive di quanto previsto, può aumentare il disavanzo rispetto al programmatico, ma si può continuare a rispettare l'indicatore di spesa. Nel modo in cui sono disegnate queste regole, c'è un minor rischio di un'attuazione prociclica delle regole.
L'ultima componente della sua domanda è molta prudenza, ma come si fa a crescere con tutta questa prudenza, con tutto questo stringere. Questa è la mia interpretazione delle sue parole, che sono state forse un po' diverse. Questo è l'appunto che mi sono presa. Come si fa a crescere?
In questo Piano la crescita è sostenuta dal PNRR fino al 2026. È sostenuta dagli investimenti pubblici, che mantengono un ritmo piuttosto accelerato, piuttosto consistente anche nel triennio finale 2027-2029. È proprio una condizione per l'estensione del Piano di aggiustamento a sette anni, che si preservi la media di crescita degli investimenti del triennio precedente. Siamo, quindi, sopra il 3 per cento del PIL, che per l'Italia è un valore importante. Sicuramente la spinta alla crescita viene preservando gli investimenti, attuando le riforme, attuando il PNRR.
È cruciale che questo sia fatto. Per sostenere quella crescita, siccome il sostegno viene tutto o in gran parte da lì, è importante che sia fatto.Pag. 131
Per una valutazione magari più ampia, possiamo anche dire – però non è nel Piano – che in prospettiva sarebbe opportuno e auspicabile che un aiuto e un sostegno alla crescita, in questo quadro così incerto, in cui sono in atto transizioni veramente complicate sulla tecnologia, sul clima, sulla demografia e sono presenti forti tensioni geopolitiche, provenisse anche dai fondi europei.
Nel 2026, ricordo, finirà Next Generation EU. Sarebbe importante che ci fosse un aiuto per affrontare queste sfide che sono significative e peraltro interessano tutti, avendo una dimensione globale. Sarebbe, dunque, importante che una parte di questo sostegno venisse anche dall'Europa.
Senatore Misiani e onorevole Dell'Olio, sul PNRR il dato dei 9 miliardi di euro di spesa di quest'anno sui 44 previsti viene fuori dalla ormai famosa piattaforma ReGiS, che continua ad avere i suoi problemi di aggiornamento. È sicuramente l'indicazione di una difficoltà. Ci sono, infatti, ancora difficoltà nella spesa e quindi, per quanto dicevo prima, è importante che queste difficoltà siano affrontate e risolte al più presto.
Nella memoria diamo anche qualche informazione più di dettaglio su dove si innestano le difficoltà maggiori per tipologia di intervento, per distribuzione territoriale, per fase di attuazione del progetto. Queste possono essere indicazioni utili, pur con tutte le cautele di interpretazione della piattaforma ReGiS, per capire dov'è che bisogna intervenire per dare una sferzata a questa spesa.
Nel Piano è comunque prevista una rimodulazione in avanti, quindi la spesa viene spostata sempre nel biennio conclusivo. Indubbiamente, c'è la necessità di accelerare. Su questo non ci sono dubbi. Qual è il peso del PNRR sulla crescita? Abbiamo fatto più di una volta le stime. In tutto l'orizzonte del Piano Pag. 132stiamo nell'ordine di 3 punti percentuali di PIL, quindi di crescita in più dalla piena attuazione del Piano.
PRESIDENTE. Sullo 0,8.
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. È una parte che oggi sul 2024 è un po' più piccola, perché tutto è spostato al 2025 e al 2026. Indubbiamente, è un elemento che conta.
PRESIDENTE. Non abbiamo un dato?
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. A memoria non lo ricordo, però potrei anche sbagliarmi.
ANTONIO MISIANI. Questo rallentamento del 2024, lo 0,8 invece dell'1 per cento, quanto è dovuto al rallentamento del Piano?
LILIA CAVALLARI, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Questo 0,8 invece di 1 è più legato alla revisione dei conti trimestrali ISTAT.
La revisione dei conti trimestrali vuol dire che è stato rivisto il 2023 ed è stata rivista la scansione temporale della crescita del 2023. Questo ha comportato un minore abbrivio per il 2024. Il trascinamento statistico sul 2024 è dello 0,4 invece dello 0,6. Il 2024 è un anno che ha quattro giornate lavorative in più rispetto al 2023.
Secondo la regola del pollice, ogni giorno lavorativo in più vale mezzo decimo di punto. Quindi, quattro giornate valgono 0,2. Per cui, questo 0,4 di trascinamento equivale, se vale questa regola del pollice, a uno 0,6 di acquisito, cioè di crescita acquisita ad oggi.Pag. 133
Questo significa che, con una crescita acquisita che possiamo calcolare con la regola del pollice, quindi non sono particolarmente scientifica in questa affermazione, possiamo immaginare di avere un acquisito intorno allo 0,6. L'obiettivo dell'1 per cento di crescita è soggetto a rischi al ribasso che possono essere nell'ordine di due punti. Quanto questo sia dovuto al PNRR e quindi alla mancata realizzazione di quella spesa in termini di decimi di PIL non glielo so dire, sinceramente.
L'ultimo parte della domanda è sono stati fatti bene i conti sulla manovra. Sì, 9 miliardi di euro è lo spazio che si libera nella differenza tra programmatico e tendenziale. La riduzione del cuneo, così com'era configurata prima, costava intorno ai 10 miliardi di euro. Siccome sarà resa strutturale, sarà verosimilmente riconfigurata. Anzi, lo dicono nel Piano che ci sarà una riformulazione. Non sappiamo se sarà riformulata a parità di costo o con un costo più basso. Questo non lo sappiamo. Per le altre misure, siamo intorno ai 15 miliardi di euro. Le risorse da dove possono venire? Il Piano dà indicazioni generiche sulle possibili entrate, cioè indica delle fonti. Una fonte è il concordato preventivo, altre fonti ancora sono l'evasione fiscale e la revisione della spesa, senza però attribuire a ciascuna di queste voci un peso o delle quantità.
Sicuramente questi dettagli e queste informazioni saranno contenuti nel disegno di legge di bilancio, quindi a breve saranno sicuramente più chiare.
PRESIDENTE. Il concetto era che non sono state identificate, quindi o dovevano esserci maggiori tassazioni e riduzioni di spesa o una di queste due. Bisogna intervenire. Non sono parte di «tesoretti» o altro ancora. La differenza da 9 a 25 miliardi di euro è dunque ancora tutta da trovare. Ringraziando gli intervenuti per il contributo fornito, dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta termina alle 20.05.