XIX Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Giovedì 3 ottobre 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di ECCO (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 3 
Leonardi Matteo , presidente di ECCO ... 3 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 5 

Audizione di rappresentanti dell'ANCE (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 5 
Brancaccio Federica , presidente dell'ANCE ... 5 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 7 
Roggiani Silvia (PD-IDP)  ... 7 
Pagano Ubaldo , intervento in videoconferenza ... 7 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 7 
Brancaccio Federica , presidente dell'ANCE ... 7 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 8 
Grimaldi Marco (AVS)  ... 8 
Brancaccio Federica , presidente dell'ANCE ... 8 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 9 

Audizione di rappresentanti di Confcommercio-Imprese per l'Italia, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Casartigiani (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 9 
Bella Mariano , responsabile dell'Ufficio studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 9 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 11 
Bussoni Mauro , segretario generale di Confesercenti ... 11 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 13 
Panieri Bruno , direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato ... 13 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 15 
Panieri Bruno , direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato ... 15 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 16 
Comaroli Silvana Andreina (LEGA)  ... 16 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 17 
Bella Mariano , responsabile dell'Ufficio studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 17 
Bussoni Mauro , segretario generale di Confesercenti ... 17 
Panieri Bruno , direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato ... 18 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 18 

Audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane, Confapi, Confprofessioni (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 18 
Venturelli Marco , segretario generale di Confcooperative ... 19 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 21 
Napoli Francesco , vicepresidente nazionale di Confapi ... 21 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 22 
Dili Andrea , delegato per le politiche fiscali di Confprofessioni ... 22 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 24 
Magni Tino  ... 24 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 25 
Venturelli Marco , segretario generale di Confcooperative ... 25 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 25 

Audizione di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, in videoconferenza, Coldiretti, COPAGRI (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 25 
Caputo Nicola , direttore della Direzione Politiche fiscali, creditizie e Amministrazione di Confagricoltura ... 26 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 28 
Calabria Gianfranco , vice capo dell'area legislativa di Coldiretti ... 28 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 30 
Bagnoli Massimo , responsabile dell'Ufficio fiscale di CIA-Agricoltori italiani ... 30 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 31 
Pacifici Manfredi , referente nazionale dell'area legislativa di COPAGRI ... 31 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 33 
Roggiani Silvia (PD-IDP)  ... 33 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 33 
Caputo Nicola , direttore della Direzione Politiche fiscali, creditizie e Amministrazione di Confagricoltura ... 33 
Calabria Gianfranco , vice capo dell'area legislativa di Coldiretti ... 34 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 34 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 34 
Repaci Antonio , consigliere con delega all'area finanza aziendale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ... 34 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 36 
Repaci Antonio , consigliere con delega all'Area finanza aziendale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ... 36 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 36

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIUSEPPE TOMMASO VINCENZO MANGIALAVORI

  La seduta comincia alle 10.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di ECCO.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di ECCO.
  Interviene, in videoconferenza, Matteo Leonardi, presidente di ECCO. Chiedo al nostro ospite di contenere la propria relazione entro un termine di sette minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
  Do la parola a Matteo Leonardi per lo svolgimento della sua relazione.

  MATTEO LEONARDI, presidente di ECCO. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, volevo richiamare il fatto che il Piano strutturale è finalmente uno strumento della governance europea che permette di creare un orizzonte di programmazione economico-finanziaria di più ampio respiro. Ciò crea uno spazio per un'opportunità nella costruzione delle strategie climatiche, che hanno sempre un po' sofferto dell'incapacità di una visione e di una programmazione economico-finanziaria di lungo periodo.
  Nell'ambito di questa funzione svolta dal Piano si situa, in modo energico, il capitolo introduttivo, in cui rientra, soprattutto, la questione della decarbonizzazione, intesa come uno degli elementi portanti dell'organizzazione del Piano, poiché si identificano, l'Italia e l'Europa, dentro un processo di riconfigurazione dei mercati globali, con la conseguente necessità di porre capacità di spesa pubblica anche nel contesto della competizione tra Usa e Cina.
  Viene, altresì, bene evidenziato come le scelte di politica economica, anche molto in sintonia con il dibattito presente in Europa e con il piano Draghi, servano a costruire una strategia organica che permetta di cogliere le opportunità della decarbonizzazione, che vanno viste in termini di competitività e sicurezza dei nostri sistemi sociali e industriali.
  Nell'introduzione, inoltre, viene messo bene in luce come in un contesto di limitate risorse economiche – ed è giusto che ciò sia contestualizzato in un documento che ha a che vedere con il bilancio dello Stato – la qualità e l'efficienza della spesa siano criteri molto importanti: in altri termini, qualità ed efficienza della spesa come criteri per cogliere l'opportunità della decarbonizzazione, assicurare la competitività e misurarsi in quel processo di riconfigurazione dei mercati globali. Tutta questa impostazione - nonché il fatto che il Piano strutturale abbia un respiro di quattro-sette anni - è ben centrata. Tuttavia, nella seconda parte, nel momento in cui si declinano questi principi e questa impostazione Pag. 4dentro le riforme e gli investimenti – in particolare nel capitolo III.2, che è dedicato a ciò – il Piano sembra un po' smarrire questa ambizione. In che cosa la smarrisce? Nella nostra lettura, la smarrisce nella necessità di integrare meglio le politiche che più hanno a che vedere con la decarbonizzazione, che si tratti del PNRR o del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), dentro un quadro complessivo di coerenza della spesa pubblica, in cui vengano definiti i criteri e le condizionalità della spesa complessiva.
  Su questo si può fare riferimento all'esperienza americana, all'Inflation Reduction Act (IRA), un piano che stanzia relativamente molte meno risorse, in termini economici e di spesa pubblica da parte degli Stati, ma che costruisce la propria efficacia sulla coerenza complessiva attraverso un inquadramento organico della spesa pubblica all'interno delle politiche, che, dalla creazione della domanda agli strumenti fiscali, da quelli di supporto della spesa pubblica alle leve per gli investimenti dei privati, consentano la decarbonizzazione.
  Questo elemento di coerenza complessiva - che va a ricomprendere, dentro la programmazione economica-finanziaria di più alto livello, le politiche climatiche - rappresenta un elemento importantissimo soprattutto nel momento in cui si vogliono attivare, così come viene ben descritto, le risorse private.
  Le risorse private, senza un quadro di riferimento chiaro, determinato e coerente, difficilmente riescono ad attivarsi. Questa nostra lettura la possiamo meglio circostanziare proprio andando a vedere un paio di elementi che, a nostro avviso, mancano nel citato capitolo III.2.
  Manca, a nostro avviso, il tema della fiscalità energetica, ossia non viene affrontata l'evoluzione della fiscalità energetica all'interno del processo di decarbonizzazione. Da un lato, occorre stabilire quali saranno le entrate dello Stato a fronte della decarbonizzazione e, dall'altro, occorre comprendere come la fiscalità nel suo complesso possa favorire e accompagnare questo processo. Questa non è la delega sulla riforma della fiscalità, ma è proprio considerare come la fiscalità prende forma durante il processo di decarbonizzazione. Ci sono elementi macroscopici, in termini di entrate dello Stato, che andranno modificati per il fatto che si esce dalle risorse fossili e si va sulle energie rinnovabili, che si esce dal gas e si elettrificano i processi. Questo processo di integrazione, in cui sostanzialmente l'elettricità avrà il grande ruolo di decarbonizzare, deve essere inquadrato all'interno delle strutture fiscali.
  La recente indiscrezione sulla prossima legge di bilancio, ossia la possibilità di modulare l'accisa sul diesel, non deve essere valutata unicamente all'interno della legge di bilancio, ma deve essere considerata all'interno della programmazione, perché, se viene considerata dentro la programmazione, la modifica dell'accisa sul diesel è una decisione inevitabile all'interno di un processo in cui penetrerà una tecnologia elettrica, che è quattro volte più efficiente. Quindi, tale misura vedrà necessariamente quattro volte in meno entrate fiscali rispetto a quelle assicurate dalla disciplina odierna, ma ciò non perché l'elettricità sia meno tassata di quanto non siano tassati il diesel e la benzina – ché, anzi, avviene il contrario – ma proprio perché c'è un'innovazione tecnologica che riduce i consumi energetici per lo stesso servizio.
  Questa circostanza deve essere valutata all'interno della programmazione, così come deve essere considerata in modo analogo la costruzione di una coerenza complessiva in merito alle modalità di gestione di questa trasformazione, perché non si può pensare di gestire questa trasformazione aumentando, ad esempio, le accise sui consumi elettrici, giacché, in questo caso, verrebbero introdotte contraddizioni rispetto agli obiettivi e verrebbero dati segnali discordanti nei confronti dei consumatori e degli investitori privati rispetto alla direzione da intraprendere. Tutta questa parte penso che valga la pena, trovando uno spazio, integrarla dentro il capitolo III.2.
  L'altro punto è la mancanza di integrazione con le strutture fiscali e parafiscali. Vi è ancora, dentro il Piano strutturale, uno schema in base al quale questa misura ha Pag. 5a che fare con il bilancio dello Stato e quest'altra, invece, no.
  Gli oneri parafiscali, che sono le componenti aggiuntive sulle tariffe, piuttosto che i costi che verrebbero introdotti introducendo certificati bianchi, anziché il sistema delle detrazioni, costituiscono comunque un costo, un aggravio complessivo per l'utente finale. Questa parte, quindi, deve essere necessariamente gestita.
  La prima parte delle nostre raccomandazioni attiene dunque alla necessità di integrare una visione della fiscalità energetica generale. La seconda è quella di creare una coerenza tra le strutture fiscali e quelle parafiscali, soprattutto sui beni energetici. La terza, e ultima, è quella di trovare uno spazio per la spesa sociale al fine di accompagnare tutti nel processo di decarbonizzazione.
  Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Leonardi.
  Non essendoci interventi da parte dei colleghi, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ANCE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
  Intervengono la dottoressa Brancaccio, presidente, il dottor Monosilio, direttore della Direzione Affari economici, finanza e centro studi e la dottoressa Ferrante, responsabile relazioni istituzionali.
  Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di sette minuti, in modo da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
  Do la parola alla dottoressa Brancaccio.

  FEDERICA BRANCACCIO, presidente dell'ANCE. Buongiorno. Oggi occorre confrontarsi su una novità, perché il Piano strutturale prevede un orizzonte di programmazione a cinque o sette anni, poi vedremo. È un percorso nuovo per questo Paese, che affrontiamo insieme. Come ogni novità, può spaventare, ma può anche costituire una grande opportunità. Sono molti anni che anche noi chiediamo una programmazione di più lungo periodo. Da questo punto di vista, la consideriamo, pertanto, un'opportunità.
  Il Piano fa un esplicito riferimento al contenimento della spesa primaria corrente e alla minore spesa per i contributi agli investimenti. Questo può destare qualche preoccupazione. Abbiamo visto che cosa è accaduto in passato quando, non riuscendo a contenere la spesa corrente, alla fine si è tagliato in maniera lineare sugli investimenti. Gli effetti di ciò, anche sul piano della carenza di manutenzione e di infrastrutture del nostro territorio, sono ancora evidenti.
  Per questo noi ribadiamo la necessità che nella prossima manovra di bilancio, la prima del ciclo pluriennale, non ci sia una compressione degli investimenti ordinari, anche per ribadire e riconfermare la natura aggiuntiva del PNRR e dare, comunque, una stabilità di crescita economica e una certezza, anche in termini di programmazione, alle nostre imprese.
  Il PNRR – mi rifaccio alle previsioni del documento in esame – impatterà sul PIL con un segno positivo di circa 6 punti percentuali, per effetto sia delle riforme, sia degli investimenti. Da una prima analisi del Piano strutturale si è molto sottolineato il tema delle riforme, non solo importanti, ma assolutamente necessarie per il nostro Paese, per quanto sicuramente non sufficienti qualora le riforme stesse non siano accompagnate da un piano di investimenti. Le riforme riguardano i settori della giustizia, dell'amministrazione fiscale, della pubblica amministrazione e della concorrenza. Noi riteniamo, almeno dal nostro osservatorio, che ci siano alcuni grandi temi che devono far parte del piano di programmazione a medio periodo ed essere già presenti nella prima manovra di bilancio.Pag. 6
  Il primo tema è quello della casa, che è un grande tema che si sta affrontando anche in Europa e che, pertanto, non rappresenta un problema solo italiano. Abbiamo un mercato delle proprietà caratterizzato da una certa frammentazione, ma anche da una percentuale piuttosto elevata di proprietari rispetto al resto d'Europa. Di fatto, però, i nostri giovani, i nostri anziani, le fasce di reddito meno alto non riescono oggi a trovare una casa. Quando la trovano, ciò impatta in maniera troppo alta, in percentuale, rispetto ai redditi medi. È stato calcolato che i costi per l'affitto ammontano a circa il 40 per cento del reddito medio disponibile.
  Occorre, quindi, un grande piano di politica abitativa, che non è più solo quello di una volta – ricordo l'edilizia popolare – ma deve riguardare varie fasce di popolazione, deve essere flessibile, differenziato e presentare un ventaglio di strumenti che, al di là di una quota necessaria di edilizia pubblica, aiutino i privati a realizzare residenze a prezzi accessibili a tutte le fasce di reddito, con un rientro da «finanza paziente», come si dice oggi. Questo è un tema che poi verrà approfondito altrove.
  Il secondo grande tema è quello della rigenerazione urbana. Il futuro è nelle città. Questo significa – ci sono già dei disegni di legge su cui si sta ragionando – concentrarsi davvero sulla definizione di un quadro regolatorio generale sulla rigenerazione urbana, anche con la creazione di un apposito fondo nazionale. Le città sono il futuro non solo del nostro settore, ma anche del nostro Paese. Noi siamo famosi in tutto il mondo per le nostre città. È una capacità che esportiamo, ma dobbiamo anche avere la capacità di prevedere un grande piano che possa rinnovarle con strumenti più adeguati alla società moderna.
  Passo al terzo tema, quello dell'ambiente, del dissesto idrogeologico e degli eventi calamitosi. Abbiamo fatto, insieme al Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato per l'edilizia (CRESME), uno studio. Il dissesto idrogeologico, ogni anno, costa al Paese 3,3 miliardi di euro, con un'impennata impressionante negli ultimi quindici anni. Fino al 2009 i costi erano pari, in media, a un miliardo di euro all'anno. Siamo passati a 3,3 miliardi di euro. Né si può pensare che gli eventi sismici non abbiano lo stesso impatto, perché siamo a circa 2,5 miliardi di euro, ma, in tal caso, si registra una certa stabilità.
  Al di là, ovviamente, delle questioni etiche, morali, di salvaguardia delle vite e della popolazione, si tratta di un tema centrale dal punto di vista economico. Se ci costa 3,3 miliardi di euro l'anno, forse è veramente il caso, una volta per tutte, di adottare un grande piano di interventi per il nostro fragile Paese, così come occorre assolutamente un piano nazionale di interventi per la sicurezza del settore idrico. La siccità sta, infatti, diventando un'altra piaga del nostro Paese.
  Arriviamo alla direttiva europea «Case green», che è stata oggetto di un lungo dibattito. Nel giro di un anno e qualche mese, anche l'Italia dovrà dotarsi di un suo piano nazionale per rispondere alla predetta direttiva. Immagino che voi vi aspettiate che io cominci a parlare di una proroga dei bonus edilizi, del superbonus e di quant'altro, ma non lo farò. Quello che chiediamo, e lo stiamo chiedendo da molti mesi, è un confronto per giungere all'adozione di una misura strutturale di lungo periodo che consenta a famiglie, imprese e cittadini di efficientare le proprie case sul piano energetico e di metterle in sicurezza.
  Il nostro è un territorio ad alto rischio sismico. Questo l'Europa lo deve capire. Quindi, se mai ci sarà un fondo europeo per sostenere le famiglie, l'Italia dovrà chiedere che questo fondo possa essere utilizzato anche per la messa in sicurezza, sul piano strutturale, dei nostri edifici.
  Il 31 dicembre 2024 termineranno tutti gli aiuti alle famiglie per gli incentivi. Rimarrà, forse, l'agevolazione al 36 per cento. C'è un ultimo punto, che noi chiediamo urgentemente nella prossima manovra di bilancio, ovvero la proroga della misura concernente il cosiddetto «caro materiali» per coprire ancora quei cantieri e quei lavori pluriennali che dal 1° gennaio 2025 tornerebbero a lavorare con i prezzari riferiti agli anni 2017, 2018 o 2019.
  Grazie.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottoressa Brancaccio.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVIA ROGGIANI. Ringrazio anzitutto la dottoressa per questo confronto e questa occasione di ascolto. Volevo fare una domanda rispetto a una questione che ha sollevato. Tra l'altro, io sono di Milano, quindi, visto che l'ha sollevata qui in relazione al Piano strutturale di bilancio, colgo l'occasione, dato che abbiamo letto sui giornali di uno studio che è stato commissionato dall'Associazione nazionale tra le società di promozione e sviluppo immobiliare (ASPESI) al professor Cottarelli proprio sul tema che lei ha citato in precedenza, ovvero su come rendere sostenibili gli interventi edilizi garantendo una quota di alloggi in edilizia residenziale sociale (ERS) convenzionata, per poter rispondere all'emergenza abitativa, cosa che noi dovremmo riuscire a fare con questo Piano strutturale di bilancio.
  Non ho capito, dal suo punto di vista, quali potrebbero essere gli strumenti che il Governo dovrebbe mettere in campo per far sì che, ovviamente anche insieme a voi, si possa rispondere all'emergenza abitativa che oggi investe il nostro Paese e le nostre città.

  UBALDO PAGANO, intervento in videoconferenza. Ringrazio particolarmente la presidente Brancaccio per la sua relazione, perché ha posto l'attenzione, dal nostro punto di vista, sulla questione principale: occorre un piano di investimenti. Il semplice contenimento della spesa legato a dei numeri rischia di impiccare il Paese a tassi di crescita che poi renderebbero insostenibile la tenuta del debito pubblico. È evidente, però, che le nuove regole della governance europea ci impongono una riflessione ulteriore.
  Per mobilitare le grandi risorse private esistenti, ma anche per accelerare rispetto al PNRR, al Piano nazionale per gli investimenti complementari allo stesso PNRR e ai fondi strutturali, che ancora, purtroppo, non sono partiti in maniera spedita, lei pensa che il correttivo al codice degli appalti, ormai a un anno dall'entrata in vigore del nuovo codice, possa rappresentare, rispetto al menù che ci è stato fornito, uno strumento utile o lo ritiene un ulteriore ingresso in una vacuità che potrebbe rappresentare anche una mancanza di punti di riferimento e, quindi, una incapacità di procedere verso la spesa?

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, do la parola alla dottoressa Brancaccio per la replica.

  FEDERICA BRANCACCIO, presidente dell'ANCE. Cercherò di essere il più possibile sintetica.
  Sulla questione del piano per la casa, sicuramente vi è una parte che deve essere solo ed esclusivamente pubblica, ed è il concetto di edilizia popolare, che speriamo di qualità migliore rispetto a come si faceva un tempo. Sicuramente quello è un pezzo, ma poi occorre attrarre il risparmio privato: questa è la grande sfida. Ovviamente, per attrarre il risparmio privato bisogna dare certezze, e quindi sicurezza, nonché una certezza di rientro. In che modo? Ad esempio, mettendo in piedi un sistema di garanzie dello Stato a supporto degli investitori e della raccolta di mercato privato, facendo in modo che il rientro dell'investimento, con il relativo margine, possa arrivare fino a un periodo di venti o trent'anni, mentre oggi i fondi non possono stimare oltre i dieci anni. Se oggi ragioniamo in termini di costi di costruzione e di quanto – scusate, lo dico in maniera estremamente semplice – tu devi mettere sul mercato per un fitto, per una locazione o per una vendita, siamo a prezzi insostenibili per i redditi medi delle nostre famiglie, se dobbiamo lavorare sui rientri classici di un investimento. Per tale ragione, mettere in piedi, appunto, un sistema di garanzie dello Stato a supporto degli investimenti privati e della raccolta di investimenti privati, potrebbe aiutare in questo senso. I miei colleghi mi suggeriscono una cosa, che vi leggo ora in diretta: occorre incentivare gli investitori pazienti.Pag. 8
  Non basterà, comunque, una sola misura, ma ci vorrà un insieme di strumenti, perché servirà quella totalmente pubblica, servirà quella per i giovani, serviranno le locazioni per la mobilità, servirà quella per gli anziani. Quindi, non ci sarà un solo strumento che risolve questo problema.
  L'altra esigenza, ma riguarda un tema molto complesso e che necessita di leggi complicate, è cercare di far sì che il grande patrimonio inutilizzato dei nostri enti pubblici – parlo, quindi, di dismissioni – trovi mercato, cosa che molto spesso non accade, in quanto ha valori di bilancio impensabili per fini sociali di residenze a prezzi contenuti. Se gli enti vendessero o dismettessero quei beni a prezzi per fini sociali, andrebbero in dissesto, i bilanci non reggerebbero. Però, quella è un'altra cosa sulla quale si può lavorare, perché vi è tanto patrimonio inutilizzato. Quindi, per un fine sociale occorre provare a realizzare qualche misura che neutralizzi l'impatto sui bilanci, se si cede a prezzi diversi. Questa è un'altra cosa su cui si può lavorare.
  L'altra domanda riguarda il fatto se il decreto correttivo al codice dei contratti pubblici possa in qualche modo costituire uno strumento di supporto alla crescita del Paese. Il codice dei contratti rappresenta una delle riforme del PNRR, tra l'altro, quindi la risposta è positiva. In che modo? Nel correttivo chiediamo un grande intervento sul tema della concorrenza e del mercato, perché in tale ambito abbiamo rilevato moltissime criticità. Ci sono alcune nicchie di mercato a cui si accede in pochi, il che fa male alla possibilità di crescita da parte delle imprese e, quindi, del Paese.
  L'altra nostra grande preoccupazione rispetto al codice e al suo correttivo è un chiarimento sul tema dell'applicazione dei contratti collettivi nazionali, perché anche lì si possono annidare, in nome di un finto aumento salariale, pericoli rispetto alla sicurezza, alla legalità e alla concorrenza. Quindi, il correttivo al codice dei contratti è una di quelle riforme da mettere a punto – per quanto non vi siano stravolgimenti da fare – perché è una delle gambe sulle quali il Paese può crescere in maniera sana.

  PRESIDENTE. C'è un'ultima domanda del deputato Grimaldi.

  MARCO GRIMALDI. Conosco le posizioni dell'ANCE e ho sentito le parole della presidente, che ringrazio, però vorrei che ci addentrassimo, molto rapidamente, sul tema dei bonus. Paradossalmente, abbiamo una posizione unitaria anche rispetto allo slogan del Governo «basta bonus», ma il problema è come sostituiamo i bonus con proposte che vadano anche un po' oltre il tema delle detrazioni, perché le detrazioni, comunque, sono solo per chi ha la capienza o può – come noi, e dico noi perché siamo dei privilegiati – spalmare le ristrutturazioni su più anni.
  Senza ritornare al tema del superbonus al 110 per cento, ci può dire una proposta che avete avanzato al Governo e che vi sentireste di illustrarci anche in questa sede?

  FEDERICA BRANCACCIO, presidente dell'ANCE. Non l'abbiamo ancora ufficialmente avanzata al Governo perché sono ormai moltissimi mesi che chiediamo un tavolo di confronto, non solo con noi ovviamente, ma anche con le altre associazioni datoriali. La nostra proposta è fare tesoro degli errori che sono stati compiuti durante l'esperienza dei bonus, ma anche delle cose positive, una delle quali è che, indubbiamente, senza la possibilità di cedere il credito, la misura non parte. Che l'aiuto sia del 10, del 20, del 30 o del 110 per cento, senza la possibilità di cedere il credito, la misura non parte, perché chi non se lo può permettere non fa gli interventi.
  La nostra proposta muove, sicuramente, dalla necessità di intervenire anzitutto sui condomìni di periferia, che sono quelli più energivori e più degradati. In tale quadro, bisognerebbe dare la priorità ai grandi condomìni. Ovviamente, occorre poi prevedere incentivi differenziati per fasce di reddito, il che significa anche intervenire, però, sulle delibere condominiali, perché, al di là del fatto che il 110 era il 110, chiaramente non c'è stato in quel caso un problema di maggioranze e di delibere. In un condominio, Pag. 9se ci troviamo in una situazione per cui io ho un incentivo del 10 per cento e il mio condomino ne ha uno del 60 per cento, allora cominciano a esserci problemi di delibere.
  Per grandi linee, le nostre proposte sono dunque le seguenti: assicurare priorità ai grandi condomìni, a cominciare dalle periferie; prevedere incentivi differenziati per fasce di reddito; potenziare i certificati bianchi e le energy service company (ESCo), attivando, al contempo, anche altri strumenti che possano anticipare quelle cifre, ma anche quel 100 per cento, considerato che hanno meccanismi finanziari ed economici di recupero negli anni a seguire. Senza entrare ora nei dettagli, a tale riguardo abbiamo anche fatto delle simulazioni. L'aspetto importante, però, è che non si vada di 31 dicembre in 31 dicembre, perché questo crea problemi di affollamento. D'altronde, abbiamo visto le imprese che sono nate e che tutto erano tranne che imprese, le quali hanno anche arrecato un danno d'immagine al nostro sistema e al Paese intero.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, ringrazio la dottoressa Brancaccio per la sua relazione e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confcommercio-Imprese per l'Italia, Confesercenti, Confartigianato, CNA e Casartigiani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Confcommercio-Imprese per l'Italia, Confesercenti, Confartigianato, Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) e Casartigiani.
  Intervengono per Confcommercio-Imprese per l'Italia il dottor Bella, responsabile dell'Ufficio studi, per Confesercenti il dottor Bussoni, segretario generale, e la dottoressa Treré, responsabile relazioni istituzionali, per Confartigianato, CNA e Casartigiani il dottor Panieri, direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato, quale portavoce della delegazione, e i dottori Stabile, Giovine e Barduzzi.
  Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di otto minuti, al fine di lasciare spazio a eventuali interventi dei colleghi parlamentari e alle relative repliche.
  Do, pertanto, la parola al dottor Bella, per Confcommercio.

  MARIANO BELLA, responsabile dell'Ufficio studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Egregio presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, grazie per l'occasione di confronto offerta a Confcommercio sui contenuti del Piano strutturale. Proporrò qui alcune sintetiche considerazioni, mentre una memoria più estesa vi sarà trasmessa a breve.
  Da un lato, il Piano strutturale richiede l'attuazione di una politica fiscale responsabile e prudente e di un rigoroso processo di razionalizzazione della spesa pubblica; dall'altro, la sostenibilità del debito pubblico, alla luce del nuovo Patto di stabilità europeo e dell'esperienza del PNRR, rende indispensabile la programmazione e l'implementazione di riforme e investimenti capaci di stimolare l'occupazione, la produttività e la crescita.
  La battuta d'arresto che stimiamo per il terzo trimestre del 2024 non mette in discussione la possibilità di raggiungere, nel breve termine, la prevista riduzione del deficit nominale. Nonostante la maggiore occupazione e i maggiori salari derivanti dai rinnovi contrattuali, i consumi delle famiglie languono.
  La crescita dell'ultimo trimestre del 2024 è tutta da costruire. Essa è importante non tanto per il contributo alle grandezze attuali, ma, soprattutto, per realizzare un trascinamento florido per l'anno prossimo. Pur nell'incertezza che pervade lo scenario Pag. 10internazionale, vi è qualche fondata ragione di ottimismo per le prospettive a breve termine dell'economia italiana. Se, fino ad oggi, l'inceppamento della catena redditi-fiducia-consumi ha compresso il prodotto interno lordo, i dati di agosto su fiducia e occupazione potrebbero preludere a un imminente e completo ripristino della funzionalità, che si traduce in maggiori redditi reali e in maggiore domanda delle famiglie.
  Ciò è di fondamentale importanza, considerato che i consumi costituiscono il 60 per cento del PIL, o il 48 per cento dello stesso prodotto ove dai consumi si deduca il valore delle importazioni corrispondenti.
  La prosecuzione, magari in accelerazione, del processo di allentamento monetario gioverebbe ai consumi e agli investimenti: la componente privata di questi ultimi deve completare e rafforzare quella pubblica, sostenuta dai piani europei. D'altra parte, stime autorevoli e indipendenti indicano un tasso naturale d'interesse, computato al netto dell'inflazione attuale o attesa, largamente al di sotto di quanto stiamo sperimentando.
  Si deve, inoltre, sottolineare – questo è un aspetto che forse è un po' trascurato nella pubblicistica – che le dinamiche della disinflazione, piuttosto eterogenee tra i Paesi dell'area euro, suggeriscono che l'Italia sconti oggi tassi reali ai massimi storici degli ultimi trent'anni. Questo ostacolo alla crescita della propensione al consumo e all'investimento andrebbe rimosso.
  Nel complesso, comunque, abbiamo le energie per affrontare le sfide che ci attendono con buone possibilità di successo. Nonostante il recente rallentamento congiunturale, ripeto, le evidenze statistiche confermano che l'economia italiana è, tutto sommato, in salute, a partire dal terziario di mercato che, già nel 2023, ha rappresentato il 43,6 per cento del PIL e il 50,5 per cento dell'occupazione nel nostro Paese.
  L'impostazione logica del Piano appare convincente laddove si prefigge di muoversi all'interno di un'economia sociale di mercato dinamica e aperta, definendo, cito testualmente: «linee di intervento capaci di promuovere e rafforzare le energie imprenditoriali e le forze di mercato quali motori chiave della crescita economica, a vantaggio del lavoro e dello sviluppo complessivo della nostra società».
  L'obiettivo del Governo è perseguire una strategia volta non solo alla riduzione del debito e del deficit, ma, soprattutto, indirizzata a investimenti e riforme per promuovere una crescita sostenibile, contrastare il declino demografico e confermare la riduzione del prelievo fiscale sui redditi, introdotta negli ultimi due anni.
  Sotto il profilo del percorso di aggiustamento dei conti pubblici, apprezziamo la migliore traiettoria di rientro dell'indebitamento netto in rapporto al PIL prevista dal Governo rispetto al percorso ipotizzato dalla Commissione europea. Tale rapporto dovrebbe portarsi nel prossimo anno al 3,3 per cento, per poi ridursi al 2,8 per cento nel 2026.
  A sua volta, il rapporto debito/PIL, che, dall'anno in corso, per note ragioni, invertirà la tendenza alla discesa, riprenderà dal 2027 un sentiero di riduzione.
  Come scritto e ripetuto nel Piano, il problema del debito va affrontato con determinazione. Piace l'idea che una finanza pubblica bene ordinata sia obiettivo morale, prima che di contabilità e condividiamo la cautela dell'Esecutivo con riferimento a tutti i provvedimenti che riducono il gettito atteso: il minore gettito potenziale va infatti compensato, nel breve periodo, da riduzioni di spesa della medesima entità.
  Auspichiamo che il Governo riesca a dare piena attuazione agli impegni assunti con il PNRR, soprattutto in materia di riforma della giustizia e della pubblica amministrazione, proseguendo, per quanto riguarda la prima, con il percorso di riduzione della durata dei processi civili e delle procedure concorsuali e, per quanto concerne la seconda, con il completamento dei processi di digitalizzazione e miglioramento della qualità dei servizi, senza dimenticare quella fondamentale riforma di accompagnamento che riguarda il fisco, attraverso l'intensificazione dell'attuazione della legge delega.Pag. 11
  Un diverso e migliore rapporto tra fisco e contribuente dovrebbe avere spazi di recupero di elusione ed evasione. Non possiamo, invece, condividere la suggestione di manovrare le accise su alcune tipologie di carburante al fine di equipararle a quelle più elevate.
  Le accise – è pacificamente riconosciuto – secondo buoni principi di tassazione hanno un effetto internalizzante rispetto alle esternalità negative collegate alle emissioni di gas climalteranti, ma il livello delle accise nel nostro Paese - anche tacendo del ruolo dell'imposta sul valore aggiunto, che ha un effetto internalizzante anch'essa - è ampiamente superiore alla soglia di internalizzazione a qualsiasi livello assunto dal valore monetario della tonnellata di anidride carbonica.
  Prospetticamente, peggiorare ulteriormente lo squilibrio tra esternalità negative e imposte internalizzanti comporterà maggiori - e, forse, insuperabili - difficoltà per approdare a un sistema fiscale equo ed efficiente, un tema di sicuro interesse nell'ambito della difficile transizione green.
  Riforme e investimenti per valorizzare il capitale umano, una solida strategia per incentivare l'occupazione, soprattutto femminile, insieme all'apertura dei mercati per favorire il pluralismo imprenditoriale e l'innovazione tecnologica e organizzativa sono elementi chiave per aumentare la produttività sistemica e, quindi, la prosperità diffusa dell'Italia.
  Concludo menzionando una nostra forte preoccupazione. Il difetto principale delle nuove regole di bilancio europee è l'eccessiva complessità. Viene così delusa la legittima aspettativa dell'opinione pubblica di poter disporre, finalmente, di un sistema di conteggi semplice, chiaro e condivisibile, almeno nelle linee generali. Anche questo aspetto è bene indicato nella premessa al Piano strutturale. L'eccessiva complessità non giova alla partecipazione dei cittadini al grande progetto collettivo di un'Europa più competitiva, prospera e solidale.
  Forse, in un'ottica di maggiore trasparenza e chiarezza relativamente al nuovo percorso di aggiustamento dei conti pubblici, gli staff tecnici governativi dovrebbero farsi carico di un ulteriore onere informativo più esteso e completo e l'occasione potrebbe essere proprio quella della presentazione del Documento programmatico di bilancio, che funge da base macroeconomica per la manovra della legge di bilancio per il 2025.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola al dottor Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti.

  MAURO BUSSONI, segretario generale di Confesercenti. Grazie per l'attenzione e per l'invito.
  L'orizzonte di tempo lungo su cui si incardina il Piano strutturale di bilancio costituisce l'occasione per impostare politiche volte a dare certezza alle aspettative di famiglie e imprese. Partire con il piede giusto già dalla legge di bilancio per il 2025 diventa fondamentale. Raggiungere tassi di crescita non inferiori all'1 per cento per tutto l'arco programmatico è oggi possibile, a condizione, però, che la manovra di bilancio venga concentrata sugli elementi di fragilità emersi nell'ultimo quadriennio.
  Nella lettura macroeconomica, tali fragilità sono da rinvenirsi principalmente nell'assenza di una spinta propulsiva dei consumi delle famiglie, a sua volta conseguenza di una forte perdita di potere d'acquisto subita dalle stesse famiglie nel biennio 2022 e 2023.
  Nei valori nominali la revisione contabile apporta sui consumi delle famiglie una correzione al ribasso di 6,5 miliardi di euro e ne quantifica una quota sul PIL che è scesa al 57,5 per cento, registrando in dieci anni un crollo di tre punti percentuali, pari a 60 miliardi di euro.
  Il debole andamento dei consumi è in linea con la stazionarietà dei redditi delle famiglie. In termini reali, e sempre facendo base al 2019, l'aumento cumulato della massa retributiva è stato appena dello 0,4 per cento: un dato deludente spiegato dal fatto che l'aumento dell'inflazione ha sovrastato il pur brillante incremento dell'occupazione. Occorre, pertanto, utilizzare la leva fiscale in modo intelligente. Alla luce Pag. 12dei dati richiamati, la manovra di finanza pubblica sottesa alla predisposizione del Piano strutturale di bilancio non può che assegnare priorità al sostegno dei redditi, attraverso un opportuno utilizzo della leva fiscale.
  L'accorpamento delle aliquote di imposta gravanti sui redditi e la conferma del taglio del cuneo contributivo, se attuati secondo le dimensioni finanziarie annunciate, possono arrivare a fornire una spinta addizionale ai consumi pari allo 0,5 per cento: questa sembra oggi la via maestra per coniugare il rientro del deficit e la stabilizzazione del ciclo economico. Va semplificato, ovviamente, anche il sistema fiscale. È possibile farlo, anche inserendo elementi innovativi, specie in una manovra di lungo raggio.
  Considerata l'ottica di medio e lungo raggio in cui si articola il Piano strutturale di bilancio, come Confesercenti ci sentiamo di ipotizzare due linee di intervento sulle quali insistiamo da tempo. La prima riguarda la detassazione degli incrementi salariali derivanti dai rinnovi contrattuali. Si può anche ipotizzare, come seconda linea, una detassazione decrescente al crescere del livello del salario, a partire dal 100 per cento per i redditi più bassi.
  Occorre intervenire, inoltre, per lo sviluppo e il consolidamento degli esercizi di vicinato. L'economia dei territori e il commercio di vicinato stanno evolvendo in risposta a diversi fattori, tra cui il cambiamento delle abitudini di consumo e l'innovazione tecnologica. I negozi locali e le attività commerciali, che rappresentano una parte fondamentale del tessuto economico e sociale delle comunità, stanno vivendo una fase di trasformazione che presenta sfide e opportunità. Una linea di intervento che proponiamo è costituita da una misura organica di sostegno agli esercizi di vicinato, pensata sia per rafforzare la loro presenza nelle aree più deboli, sia per aiutarli a competere con le diverse forme distributive.
  Per il turismo vanno fatte alcune considerazioni sulla capacità che questo comparto può avere nel sostenere il ciclo economico italiano. I risultati della ripresa post-COVID sono indubitabili. I dati del 2023 sono stati molto positivi. È stato un anno da record, con oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze.
  Il turismo in Italia, però, nei primi sette mesi del 2024 mostra una ripresa solo moderata, soprattutto in termini di presenze. Gli stranieri sono cresciuti, ma le presenze degli italiani sono diminuite. Durante l'estate, quindi, c'è stato un incremento del numero di turisti, in particolare di quelli stranieri, che ha compensato la diminuzione delle presenze del mercato endogeno. Ci sono, però, alcuni elementi da tenere in considerazione in un'ottica, anche questa, di medio periodo.
  Un elemento su cui finora si è discusso poco è quello degli effetti del cambiamento climatico sul turismo. Nel medio periodo, il cambiamento avrà un impatto significativo sul turismo in Europa, influenzando sia le destinazioni, sia le stagioni turistiche. In questa prospettiva, abbiamo bisogno di realizzare interventi strutturali a sostegno delle reti che portano comunque flusso turistico in Italia.
  Costruire un Green Deal a misura delle imprese richiede un approccio integrato che tenga conto delle esigenze economiche, sociali e ambientali delle aziende. Anche in relazione ai criteri Environmental, Social and Governance (ESG), evitiamo che si trasformi in un mero adempimento penalizzante e non sostenibile per le piccole e medie imprese.
  Riforme e investimenti sono necessari, anche a sostegno della qualificazione del capitale umano e dell'occupabilità come solido fondamento di sicurezza sociale e di contrasto del rischio di povertà. Occorre impostare un intervento strutturale sugli incentivi. Operazioni spot non aiutano l'occupazione, che ha bisogno di una programmazione e di una visione stabile delle misure incentivanti.
  Il Fondo di integrazione salariale, ossia lo strumento utilizzato principalmente per gli ammortizzatori sociali nei settori del terziario di mercato, presenta, al 31 dicembre del 2023, un saldo patrimoniale prossimo ai 4,9 milioni di euro. C'è, pertanto, l'esigenza di ampliare la casistica delle causaliPag. 13 di accesso al fondo e di riconsiderare l'entità delle vigenti aliquote contributive che pesano sulle imprese. Occorrono, altresì, regole uguali per tutti, anche in tema di innovazione.
  È, infatti, importante che le imprese si trovino di fronte a regole certe e uguali per tutti, semplici ed efficaci per migliorare il funzionamento del Paese, promuovendo la libertà delle imprese e del lavoro, ma all'interno di regole che debbono essere condivise.
  Passo ora alla denatalità. Fra il 2014 e il 2024 la popolazione italiana si è ridotta di oltre 1,3 milioni di unità e nei prossimi quindici anni si prevede una diminuzione di persone in età lavorativa di 5,4 milioni di unità. Ma il problema della denatalità riguarda anche le imprese. Nel settore del commercio in dieci anni c'è stato un crollo della natalità delle imprese di quasi il 50 per cento, ossia 20.000 unità in meno. Anche su questo aspetto occorre trovare delle soluzioni per rigenerare il tessuto urbano.
  Sui rischi catastrofali, è opportuno trovare e ricercare soluzioni che permettano di dare alle imprese reali garanzie di copertura assicurativa nei casi di eventi calamitosi. Il tutto, però, deve essere compatibile con i costi e con le garanzie a favore delle imprese. La norma prevista dalla legge di bilancio per l'anno 2024 deve essere necessariamente riformulata e noi crediamo che varrebbe la pena prendere in considerazione un'operazione di natura mutualistica che veda una partecipazione da parte delle imprese, all'interno di un quadro che eviti comunque gli sprechi e garantisca reali sostegni alle imprese.
  Invieremo comunque il documento alla vostra attenzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola al dottor Bruno Panieri, in rappresentanza di Confartigianato, CNA e Casartigiani.

  BRUNO PANIERI, direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato. Grazie, presidente. Grazie agli onorevoli deputati e senatori delle Commissioni Bilancio riunite per averci voluto ascoltare in audizione sul Piano strutturale di bilancio di medio termine presentato dal Governo, che, come annunciato dal Ministro dell'economia e delle finanze nel corso dell'audizione con le parti sociali il 25 settembre 2024, si muove in una direzione di stretta aderenza con i princìpi e le regole imposte dalla revisione del Patto di stabilità, quindi all'insegna di un rigore che ha l'obiettivo primario di garantire una stabilità finanziaria e rassicurare i mercati, evitando quelle tensioni che potrebbero compromettere un corretto riallineamento dell'Italia rispetto ai parametri europei.
  Confartigianato, CNA e Casartigiani, pertanto, si riconoscono nell'esigenza di un investimento necessario nella direzione del contenimento dei conti pubblici. Tuttavia, non possono esimersi dall'esprimere una preoccupazione di fondo, ossia che questa situazione possa compromettere l'atteggiamento di fiducia - che, comunque, ancora caratterizza le posizioni del mondo produttivo, che, come è già stato detto, è motore necessario dello sviluppo - rispetto alle reali capacità di ripresa e crescita economica. Che vi sia un atteggiamento positivo del mondo imprenditoriale è testimoniato dall'andamento del PIL, che dal 2021 al 2023 in Italia è stato superiore alla media europea, così come dall'incremento dell'occupazione, che rappresenta un indicatore importante rispetto alle aspettative di prospettiva degli imprenditori.
  In questo quadro, pertanto, è sicuramente necessario mantenere un'attenzione alla crescita, senza, ovviamente, compromettere i conti pubblici, ma contemporaneamente mantenendo l'orientamento - come, peraltro, anche la natura moderatamente espansiva della manovra sembrerebbe testimoniare - verso un atteggiamento positivo rispetto all'esigenza di agganciare la crescita.
  Va nella giusta direzione, secondo noi, la parte del Piano che richiama gli interventi di natura ordinamentale e di riforma. Alleggerire, semplificare e rendere più efficiente il contesto nel quale le imprese operano è certamente un'esigenza ormai indifferibile. Così come riteniamo che affrontarePag. 14 la finanza pubblica in un contesto di programmazione pluriennale consenta di allungare lo sguardo in una dimensione di medio-lungo periodo, soprattutto in ragione dell'obiettivo di raggiungere, nel 2026, il rientro sotto il parametro del 3 per cento del rapporto deficit/PIL imposto dalle regole europee: ciò nell'aspettativa di recuperare spazi di manovra per poter, nei prossimi anni, intervenire a sostegno della crescita.
  Purtuttavia, nell'esame del documento rileviamo che l'andamento dichiarato dal Governo vede un indebolimento della leva fiscale di sviluppo proprio a partire dal 2027, al termine dell'impulso prodotto dall'implementazione del PNRR. Non possiamo sottacere che si innesta, nel percorso, una necessità di dialogo con le istituzioni europee, che all'inizio di una nuova stagione legislativa del Parlamento europeo e della Commissione europea deve necessariamente accompagnare gli Stati nazionali nella giusta direzione di mantenere gli impegni assunti con le nuove regole europee. Quindi, è necessario che uno sforzo importante venga fatto dal Governo nello stimolo delle istituzioni europee ad accompagnare, comunque, la crescita del mercato interno, altrimenti si rischia di soffocare ogni aspettativa e ogni possibilità di crescita. Vanno, peraltro, nella giusta direzione le indicazioni contenute sia nel rapporto presentato da Mario Draghi, sia in quello presentato da Enrico Letta. Da questo punto di vista, ci aspettiamo, quindi, che, finalmente, ci sia quello scatto in avanti da parte delle istituzioni europee volto a recuperare spazi di politica industriale che garantiscano, come detto, un giusto accompagnamento dei sistemi economici europei in un percorso che non sia di depressione, ma di crescita.
  Per quanto attiene alle misure fiscali, Confartigianato, CNA e Casartigiani apprezzano la scelta del Governo di rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale e dell'IRPEF già in vigore per il 2024. È del tutto evidente che, per rendere maggiormente competitivo il nostro sistema, oltre a servizi di qualità a favore delle famiglie e delle imprese, è anche necessario garantire livelli di tassazione in linea con quelli dei nostri competitor europei. Per cui vanno sicuramente nella giusta direzione le misure per accrescere la compliance. Da questo punto di vista, certamente l'implementazione e l'ampliamento dei servizi erogati dalle agenzie fiscali al fine di semplificare i rapporti tra fisco e contribuente potranno fare la loro parte, così come il potenziamento della interoperabilità delle banche dati. Ciò, però, non deve tradursi in nuovi oneri di adeguamento a carico delle imprese.
  Le nostre organizzazioni esprimono preoccupazione per la partita attinente alla revisione dei meccanismi delle accise. Anche noi ricordiamo che questi meccanismi devono comunque garantire una perequazione tra le diverse condizioni di mercato in cui si trovano a operare gli imprenditori nazionali rispetto agli imprenditori esteri. Così come, in termini di agevolazioni fiscali, sicuramente il riordino va nella giusta direzione, ma anche in questo caso il monito è quello di evitare procedure estremamente burocratizzate, che rendano, di fatto, vano l'intervento di semplificazione che sarebbe ad esse sotteso.
  Per quanto riguarda la riforma fiscale tracciata dalla legge di delega, anche questa, a nostro parere, va in una direzione corretta, nell'obiettivo di garantire un equo rapporto tra fisco e contribuente. Da questo punto di vista, il nostro avviso è che si debba proseguire nella direzione intrapresa. Procedendo ora per titoli - giacché gli approfondimenti li troverete nel documento che vi abbiamo prodotto e cercando di sintetizzare al massimo gli argomenti per restare nei tempi prestabiliti - occorre, pertanto, proseguire nel cammino della riforma fiscale dell'IRPEF e stabilizzare per un triennio le agevolazioni fiscali previste per gli interventi edilizi e per le ristrutturazioni. Da questo punto di vista, non vorremmo che l'effetto superbonus facesse venir meno quelle misure agevolative che sono già state pianificate e previste, perché, come abbiamo visto, esse costituiscono un motore importante per lo sviluppo economico.
  Ascoltavamo, mentre eravamo in attesa, le considerazioni che venivano fatte dall'ANCEPag. 15 a proposito del sistema della cessione del credito. È evidente che anche per noi è un istituto importante, in quanto consente all'impresa di cedere i crediti derivanti dai crediti d'imposta per i bonus edilizi. In assenza di tale meccanismo, questa macchina, indipendentemente dall'intensità dell'agevolazione, farà fatica a partire e, quindi, a dare il giusto impulso all'economia.
  Occorre altresì, secondo noi, proseguire nel processo di eliminazione dell'IRAP, così come abolire, in un'ottica di semplificazione, alcuni adempimenti introdotti con finalità antifrode, che sono già perseguibili attraverso altri strumenti di digitalizzazione del sistema fiscale. Parliamo, in particolare, del reverse charge e dello split payment, che rappresentano, ormai, un onere gravoso che insiste in maniera importante sulla liquidità delle imprese.
  Per quanto concerne il tema del lavoro, la questione chiave è risolvere il problema del mismatch tra domanda e offerta. Da questo punto di vista, le nostre richieste - che, peraltro, non sono nuove a questo uditorio - riguardano il potenziamento dell'istituto dell'apprendistato professionalizzante e il miglioramento del rapporto tra mondo della scuola e mondo del lavoro, a partire dall'orientamento scolastico e professionale, insistendo sul rafforzamento dell'istruzione tecnica.
  Bisognerebbe, poi, rendere strutturali gli interventi a sostegno dell'occupazione stabile, quali: il taglio del cuneo fiscale, di cui abbiamo in precedenza detto; la deduzione rafforzata del costo del lavoro dei neoassunti; gli esoneri contributivi per giovani e donne e il bonus rivolto alle assunzioni nell'ambito della «ZES unica» del Mezzogiorno, che, a nostro modo di vedere, deve assolutamente entrare a regime, con i migliori effetti possibili che può generare.
  Si tratta, ovviamente, di misure che sono state introdotte in una logica di breve periodo, ma è evidente che a queste misure deve essere dato un respiro più lungo di quello che è stato immaginato.

  PRESIDENTE. Dottor Panieri, le chiedo di avviarsi alla conclusione. Grazie.

  BRUNO PANIERI, direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato. Certo, giungo alle conclusioni, procedendo a questo punto soltanto per titoli.
  Intervenire sui flussi migratori è un obiettivo prioritario per intercettare le competenze di cui in questo momento vi è bisogno nel mondo del lavoro, così come occorre incentivare la produttività delle imprese attraverso l'applicazione della tassazione agevolata al 5 per cento sui premi di produttività, con annessa semplificazione dei meccanismi di accesso. Estendere l'anticipo pensionistico, «APE sociale», anche ai lavoratori autonomi e rendere strutturale «Opzione donna» sono, per noi, altri elementi importanti nelle politiche del lavoro.
  Per quanto riguarda il tema del recupero competitivo, mi limiterò ad accennare soltanto alcuni titoli, il primo dei quali è la crisi che stanno vivendo due settori fondamentali della nostra manifattura: il settore della moda e il settore dell'automotive. Presso il Ministero delle imprese e del made in Italy sono aperti tavoli di crisi, che finora, però, hanno stentato a mettere a terra interventi urgenti di sostegno a questi comparti, con il grosso rischio che perderemo nel nostro Paese queste specificità produttive se non si interviene con misure urgenti, che richiedono sicuramente, per quanto riguarda il settore della moda, il ripristino del fabbisogno di circolante, che è venuto meno per la crisi di ordinativi che si è improvvisamente verificata, e la necessità di intervenire sull'allungamento delle scadenze fiscali e creditizie per un periodo congruo, atto a consentire a queste imprese di recuperare presenza sul mercato.
  Invece, per quanto riguarda l'automotive, come è già stato detto in molte sedi – ma vogliamo ribadirlo anche noi – vi è l'esigenza di rendere visibili e certi i termini della transizione green fissati a livello europeo, così come quella di recuperare un'elementare condizione di neutralità tecnologica che consenta di sviluppare la ricerca nell'ambito dei biocarburanti e dei carburanti alternativi, oltre, ovviamente, alla direzione dell'elettrico, che certamente, ormai, assume una dimensione irreversibile, per quanto il sistema debba trovare altre Pag. 16strade, in quanto probabilmente l'elettrico è insufficiente.
  Richiamo, inoltre, la necessità di intervenire sul completamento o, comunque, sulla finalizzazione della riforma del Fondo centrale di garanzia, recuperandone la missione di sostegno alle imprese, soprattutto alle micro e piccole imprese, e accompagnare questa finalizzazione della riforma del Fondo di garanzia con la riforma, da noi auspicata e annunciata diverse volte dal Governo, della disciplina dei confidi, che è essenziale per dare a questi strumenti l'impulso fondamentale per diventare complementari al Fondo di garanzia attraverso la garanzia privata e, al contempo, ragionare in termini di mutate esigenze di mercato.
  Un altro tema che cito in questo ambito riguarda la semplificazione dei meccanismi di incentivazione. È stato annunciato un disegno di legge per la riforma degli incentivi. Noi esprimiamo, da un lato, soddisfazione per questo, ma, dall'altro, anche qualche preoccupazione, perché a noi sembra che i meccanismi che sono stati individuati per la gestione dell'accesso a queste misure siano particolarmente complessi, soprattutto per il sistema delle micro e piccole imprese. Se l'esigenza è semplificare, bisogna pensare innanzitutto alle esigenze di questa categoria di imprese.
  Ancora, nel nuovo codice degli appalti bisogna garantire una maggiore inclusività delle micro e piccole imprese negli appalti pubblici, sia nella creazione dei lotti, sia nella creazione di una specifica riserva per le micro e piccole imprese. Sembrerebbe andare in questa direzione il correttivo al codice stesso annunciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Vedremo se quanto ci è stato anticipato si tradurrà effettivamente in norma.
  L'ultimo tema che tocco riguarda la semplificazione amministrativa. Richiamo alla vostra attenzione l'importante esigenza che essa avvenga non soltanto attraverso l'auspicabile aumento dell'efficienza dell'apparato amministrativo in termini di competenze e di organizzazione interna, ma anche in termini di ricadute e di rapporto con le imprese. Alcuni princìpi che vigono dalla notte dei tempi - quelli di cui alla famosa legge n. 241 del 1990 - alla fine, per certi istituti, rimangono del tutto inapplicati. Non entra nel vocabolario della pubblica amministrazione il fatto che non possono essere richiesti nuovamente i documenti di cui la pubblica amministrazione è già in possesso. Sono tutte cose che penso voi conosciate, perché le abbiamo raccontate ormai da anni, ma riteniamo che una giusta e corretta impostazione della manovra di bilancio debba tenerne conto.
  Vi ringraziamo per l'attenzione e ci scusiamo se abbiamo sforato sui tempi, ma in realtà parlavamo per tre organizzazioni.

  PRESIDENTE. Capisco. Scusate il richiamo al rispetto dei tempi, ma è mio dovere.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio gli auditi per la loro relazione. Riconoscendo l'importanza dei commercianti e degli artigiani e del loro valore di apporto che contribuisce alla produzione del PIL – non ci sono, infatti, solo le imprese, ma ci siete anche voi che contribuite a questo – il Piano si regge proprio se aumenta il PIL. In modo particolare, sto constatando due problematiche. In Italia ci sono più di 8.000 comuni – rivolgo questa domanda ai commercianti, mentre ne farò un'altra agli artigiani – fra i quali ve ne sono tantissimi di piccole dimensioni. Purtroppo, come giustamente è stato evidenziato prima, vi è una denatalità delle attività commerciali, inclusi i piccoli negozi, e ciò dispiace veramente perché, poi, si riflette sia sui consumi, sia sul tessuto sociale. Faccio l'esempio di un piccolo comune dove c'è la piccola gastronomia o la merceria, che purtroppo chiudono. Io sono convinta che occorra una riforma importante da questo punto di vista, per aiutare piuttosto ad aprire tali attività anche in questi comuni, il che, poi, si riflette su tutta la catena.
  Non pretendo subito una risposta, ma sarebbe utile se riuscissimo ad averla per l'esame del prossimo disegno di legge di bilancio, in modo da ipotizzare interventi Pag. 17fattibili. Molte volte non è solo – io penso – una questione di incentivi economici, ma forse ci saranno anche altre soluzioni. Chiedo dunque se, da questo punto di vista, riuscite a farci pervenire un vostro contributo.
  Per quanto riguarda gli artigiani, parlando con le vostre associazioni locali è stata evidenziata una carenza nell'incentivare i giovani a imparare il mestiere dell'artigiano. Mentre una volta c'era una voglia pressante di imparare il mestiere dell'artigiano, adesso, purtroppo, questa voglia non si riscontra più nei giovani, a parte il fatto stesso che ci sono meno giovani. Anche a tale riguardo, chiedo che cosa si possa dunque fare per incentivare i giovani ad imparare il mestiere dell'artigiano, perché se non c'è più chi fa determinati mestieri questo si ripercuote su tutta la nostra catena di produzione.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per le repliche.

  MARIANO BELLA, responsabile dell'Ufficio studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Solo una battuta. Non ho una risposta sui provvedimenti, però vorrei che fosse chiaro un punto. Il problema della riduzione dei livelli di servizio alla cittadinanza, dovuta alla morìa dei piccoli negozi e dei negozi di prossimità, è sì un problema dei commercianti, ma è, soprattutto, un problema della cittadinanza. Quindi, non si tratta di una battaglia di retroguardia. Su questo punto mi verrebbe da dire che bisogna votare a livello locale, perché qualcuno potrebbe dire che va bene il commercio elettronico e che non è interessato al negozio sotto casa.
  Alcuni comuni magari li potremmo anche chiudere, ossia potremmo decidere di accettare la desertificazione. Questo, però, è un tema che parte dal commercio, ma arriva, poi, alla vivibilità delle città. Se prima non affrontiamo e risolviamo il problema in maniera molto laica - non da guerra di trincea, nel senso che dobbiamo dare i soldi ai poveri commercianti - poi non lamentiamoci del fatto che le persone non vanno a votare, che le persone sono disilluse o sono tristi. Cosa c'entra il voto? Il comitato dei consulenti della Presidenza della Repubblica francese ha correlato l'intensità delle proteste dei Gilets jaunes di alcuni anni fa al problema della chiusura dei negozi, delle farmacie, degli asili nido. Quindi, io vi suggerirei, anche come rappresentanti della collettività e del popolo, di affrontare il problema in quest'ottica. È importante per i commercianti, ma soprattutto per i cittadini.

  MAURO BUSSONI, segretario generale di Confesercenti. Onorevole Comaroli, le rispondo volentieri, entrando nel merito. Nei comuni che hanno meno di 15.000 abitanti vive il 40 per cento della popolazione italiana. Sono comuni che, nel corso del tempo, hanno subito una serie di riduzioni di servizi e nei quali vi sono problemi di natura sociale e in cui mancano i servizi primari. Noi stiamo facendo, comunque, un approfondimento e uno studio specifico. Il problema vero è che con l'abbandono dei servizi primari si impoveriscono non solo le attività imprenditoriali, che vengono a mancare, ma si impoverisce lo stesso tessuto economico dei territori. Con l'online, che è una grande invenzione e un grande punto di riferimento, di fatto, però, si delocalizzano le vendite. Ciò significa che si trasferisce ricchezza dai luoghi dove prima questa ricchezza veniva generata ad altri luoghi.
  Non polemizzo su chi paga le tasse e chi non le paga, però, di fatto, vi è il problema di riportare i livelli territoriali - in particolare, per come siamo organizzati noi in Italia - a determinati standard di sostenibilità dei servizi, senza i quali il territorio si impoverisce. È un problema di ricchezza, è un problema di opportunità, tant'è che nei comuni più piccoli il reddito medio della popolazione residente è più basso rispetto a quello dei comuni intermedi e dei grandi comuni. Vi è il rischio di un effetto di natura centripeta che porta comunque chi ha bisogno di lavorare, chi ha bisogno di studiare, chi ha bisogno di avere dei servizi dalle piccole comunità a comunità diverse. Quindi, vi è un problema di equilibrio dal punto di vista sociale. Un Piano a sette anni può permettere di creare Pag. 18le condizioni per rigenerare il tessuto. È, comunque, un problema non solo di natura economica e sociale, ma anche di natura culturale su come vogliamo organizzare le nostre città. Io credo che diventerà un tema centrale. Grazie per la domanda.

  BRUNO PANIERI, direttore della Direzione Politiche economiche di Confartigianato. Intervengo anch'io sulla domanda fatta ai commercianti, perché, ovviamente, è una problematica che vive anche il mondo dell'artigianato e il mondo dell'impresa di prossimità. Quindi, è evidente che quanto è stato richiamato dai colleghi è per noi, comunque, una condizione penalizzante perché, come è stato giustamente ricordato, non soltanto ne patisce il segmento economico, ma ne patisce l'intera collettività. Peraltro, noi amiamo spesso dire che il PIL, per quanto riguarda le imprese diffuse sul territorio, debba essere misurato in termini non soltanto di ricaduta economica, ma anche di ricaduta sociale. Molto del valore generato dall'impresa di prossimità non si trasforma immediatamente in indicatori economici, ma si trasforma in ricadute essenziali – e tra queste c'è la coesione sociale – sui territori e sulle comunità nelle quali insistono le imprese. Da questo punto di vista, nel nostro Paese - che è un Paese caratterizzato da una importante densità di aree interne - vi è un piano da mettere a punto, che è stato tentato più volte attraverso diverse strategie delle aree interne e che ha cercato, intanto, di ricostituire gli elementi essenziali affinché una comunità possa esistere. Sono elementi di natura infrastrutturale, considerato che le persone, se non hanno la possibilità di spostarsi o, comunque, non trovano più in una dimensione di vicinato la risposta ai propri fabbisogni, necessariamente si spostano verso l'esterno e, di conseguenza, spopolano quelle aree.
  Per quanto riguarda l'attrattività dell'artigianato verso i giovani, ormai amiamo parlare di imprese a vocazione artigiana, ricomprendendo quel segmento d'impresa che, pur non avendo le caratteristiche formali che sono disciplinate dalla legge sull'artigianato, comunque esprime lo stesso modo di affrontare il mercato tipico delle imprese artigiane, che sono caratterizzate, in prevalenza, dalla dimensione personale dell'imprenditore che interviene nel processo produttivo, perché sa fare qualcosa. Quindi, qual è il punto a partire dal quale il giovane può essere attratto ad entrare in questa dimensione? È rafforzare la capacità dei giovani di vedere che questo saper fare qualcosa è un motivo di realizzazione di sé stessi e non soltanto un'occasione economica di fare impresa.
  In questo vi è una dimensione culturale, nella quale un ruolo fondamentale lo occupa la scuola. Richiamavamo nella nostra relazione l'esigenza di ravvivare e potenziare l'istituto dell'apprendistato professionalizzante. Da sempre, dal Rinascimento in poi, l'artigianato si impara in bottega. Quindi, la scarsa simpatia che questo istituto ha generato, soprattutto nell'immaginario collettivo, secondo noi non è fondata su elementi reali, anzi è disfunzionale e provoca, comunque, un allontanamento dei giovani, che non sono messi neanche nella condizione di conoscere che cosa significa fare impresa ed essere un artigiano.

  PRESIDENTE. Grazie a tutti gli auditi per le relazioni e le risposte. Vi chiedo, pertanto, se volete mandarci un vostro contributo tramite e-mail, per poi metterlo a disposizione di tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane, Confapi e Confprofessioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane, Confapi e Confprofessioni, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato.
  Intervengono per Alleanza delle cooperative italiane il dottor Venturelli, segretario generale; il dottor Mingrone, responsabile dell'ufficio legislazione Legacoop; Massimo Rosati, responsabile area fiscale dell'AssociazionePag. 19 generale delle cooperative italiane (AGCI); il dottor Della Vecchia, capo servizio legislativo, legale e fiscale Confcooperative; il dottor Ficicchia, responsabile ufficio fiscale Legacoop. Per l'Associazione italiana della piccola e media industria privata (Confapi), il dottor Napoli, vicepresidente nazionale, e la dottoressa Multari, responsabile legislativo. Per Confprofessioni il dottor Dili, delegato per le politiche fiscali, e il dottor Girella, ufficio relazioni istituzionali.
  Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro il tempo di sei minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle relative repliche.
  Do la parola al dottor Venturelli.

  MARCO VENTURELLI, segretario generale di Confcooperative. Buongiorno a tutti.
  Parto con tre flash di introduzione. Vorrei, in primo luogo, rappresentare che l'andamento nel 2024 del settore delle cooperative non si discosta molto dall'andamento economico generale; non vi sono, quindi, grandi difficoltà, ma restano forti problematiche dovute agli alti tassi, alle difficoltà di matching per trovare manodopera e agli aumenti contrattuali che non hanno trovato nei committenti, pubblici o privati, aumenti corrispondenti. Conosciamo lo sforzo che fanno le parti sociali per trovare una risposta, attraverso gli adeguamenti contrattuali, alle difficoltà derivanti dal potere di acquisto delle retribuzioni a fronte del consistente aumento inflattivo degli ultimi anni.
  Noi condividiamo l'impostazione del Piano strutturale proposto nei termini di una politica di bilancio prudente. Condividiamo, altresì, la necessità di rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale, così come quella di consolidare la riduzione delle aliquote IRPEF.
  Sappiamo benissimo che la riduzione del cuneo fiscale doveva essere rivolta ai lavoratori, ma speriamo, dal prossimo anno, di poter ricevere un piccolo segnale di riduzione del costo del lavoro anche sul versante delle imprese, perché, come noto, abbiamo un alto costo del lavoro rispetto ad altri Paesi europei.
  Permettetemi una battuta sul PNRR. Sappiamo che vi è il tema dei ritardi, dovuto anche a una coraggiosa ridefinizione della programmazione effettuata dal Governo. Una proposta di proroga negoziata al post 2026 credo che sia, pertanto, assolutamente necessaria.
  Circa 2.000 cooperative, per oltre 2,3 miliardi di euro, hanno presentato progetti riferiti alle diverse missioni del PNRR. Per quanto concerne la politica di coesione – ultima considerazione di carattere generale –, crediamo che il partenariato economico e sociale possa rappresentare un alleato strategico per la piena attuazione dei programmi, facilitando la spesa finalizzata a progetti che rispondono a bisogni reali. Quindi, è positiva la riforma della coesione, che ha cercato di integrare diversi strumenti. Crediamo che il partenariato economico e sociale debba essere uno strumento, unitamente ai momenti partecipativi dei comitati di sorveglianza dei diversi piani nazionali.
  Veniamo ora ad alcune proposte flash. Rappresentiamo, anzitutto, un appuntamento importante per la cooperazione e per tutta l'economia sociale: quello che ci attende entro il prossimo anno, segnatamente nel mese di novembre 2025, a seguito di un provvedimento dell'Unione europea, che impone ai Paesi membri l'elaborazione di una strategia nazionale dell'economia sociale.
  Si tratta di un piano dell'economia sociale che riguarderà la parte non imprese, ma anche la parte imprese che sono riconosciute come soggetti rispetto ai quali - in virtù della loro natura e delle loro caratteristiche quali l'indivisibilità del patrimonio, la partecipazione, la democraticità, le finalità di interesse generale e collettivo - alcuni strumenti esistenti formalmente per tutte le imprese dovrebbero essere declinati, in modo specifico, per le imprese dell'economia sociale, che, diversamente, faticano ad accedervi. Sto pensando ad alcune tipologie di appalti, ai finanziamenti pubblici e privati, nonché agli strumenti più potenti del sistema pubblico della finanza per le imprese - come la Cassa depositi e prestiti S.p.A. - che a volte, in Pag. 20Italia, propongono misure che non si adattano alla natura dell'impresa cooperativa. Quindi, per l'economia sociale è molto importante che questa regolamentazione, attenzione e declinazione per le imprese dell'economia sociale avvenga nell'ambito di questo Piano.
  Sul rapporto pubblico-privato, è positivo che il codice dei contratti pubblici abbia previsto, tra l'altro, il principio dell'equilibrio contrattuale, la revisione obbligatoria dei prezzi e la rinegoziazione; è positiva, altresì, la lotta al dumping contrattuale, con il contratto di riferimento e il principio dell'equivalenza, che, purtroppo, comunque dovrà trovare opportuna declinazione e applicabilità, si spera, nel correttivo.
  Dobbiamo, però, segnalare che questa rivisitazione dei prezzi è, in realtà, sofferente nel settore dei servizi, perché non si applica agli appalti in vigore, che sono sotto stress a causa del consistente aumento dell'inflazione in questi ultimi anni e al rinnovo dei contratti.
  Quello del rinnovo di un contratto collettivo delle cooperative sociali che ha cercato di andare incontro ai lavoratori, è, forse, il caso più eclatante, con una grandissima attenzione rivolta dalle parti sociali stipulanti al potere d'acquisto dei lavoratori, mentre, finora, le stazioni appaltanti pubbliche e le pubbliche amministrazioni non hanno riconosciuto, neppure parzialmente, un adeguamento delle tariffe che risponda alle esigenze di un lavoro giusto e dignitoso e di una retribuzione adeguata.
  Le imprese del settore delle costruzioni stanno, anch'esse, vivendo fortissime difficoltà per l'aumento del costo dei materiali e delle spese energetiche. È bene che il Governo abbia finanziato, nel 2023-2024, il fondo istituito dal «decreto aiuti» per il riequilibrio delle condizioni contrattuali dei contratti in essere. Occorre, tuttavia, che nella prossima legge di bilancio il finanziamento del fondo sia riproposto per tutto il 2025. Il settore sanitario, invece, ha un problema di tariffe.
  Come ho già detto, noi condividiamo il taglio del cuneo fiscale. Insistiamo, inoltre, sulla possibilità di arrivare a detassare gli aumenti contrattuali, perché detta misura può rafforzare il potere d'acquisto dei lavoratori e, parzialmente, andare incontro anche alle esigenze delle imprese. La rivisitazione in aumento dei tetti per i premi di produttività e del welfare aziendale aiuterebbe, inoltre, la coesione sociale. Tra gli strumenti finalizzati alla creazione di un «buon lavoro» andrebbe rafforzata anche la previdenza complementare, per non ritrovarci una nuova generazione di poveri. Sono tutte misure con le quali si chiede di andare incontro al futuro, che possono essere foriere di sviluppo, di incremento e quindi, riteniamo, anche con un peso contenuto sul bilancio dello Stato. Sulla riforma fiscale è bene proseguire. Abbiamo, infatti, apprezzato i principi che ne sono a fondamento.
  Evidenzio, però, due aspetti. Manca assolutamente uno strumento di sostegno alla capitalizzazione delle imprese. La soppressione dell'Aiuto alla crescita economica (ACE) e le misure che sono state introdotte in sostituzione di quest'ultima non rispondono a questa necessità, motivo per cui occorre riflettere se ripristinare l'ACE stessa o, comunque, prevedere uno strumento alternativo.
  Faccio anche presente che come cooperazione, invece, sulla riforma fiscale vi sono problematiche di applicabilità degli indici sintetici di affidabilità (ISA), dai quali, tra l'altro, deriva l'applicabilità del prossimo strumento rappresentato dal concordato preventivo biennale. Occorre, cioè, che gli indici vengano profilati in modo idoneo a cogliere gli istituti dell'impresa cooperativa.
  Sulle politiche per le piccole e medie imprese (PMI), a parte il fatto che con la legge per la concorrenza occorrerà riequilibrare il rapporto tra gli emettitori di buoni pasto e la distribuzione organizzata, occorrono anche misure fiscali volte a garantire l'aggregazione delle PMI e l'investimento delle persone nel capitale delle medesime PMI.
  Sulla transizione energetica auspichiamo che si arrivi a un codice unico dell'energia, al fine di riordinare e integrare la normativa in materia.Pag. 21
  Concludo con un accenno al servizio civile universale, uno strumento che crediamo risponda effettivamente a un bisogno reale, nonché alla necessità di andare incontro ai giovani e alla realizzazione di investimenti sul terreno della coesione sociale. Attraverso lo strumento del servizio civile, si può, infatti, anche favorire il successivo inserimento lavorativo al termine dell'esperienza fatta dal giovane. Per questo noi auspichiamo che ci possa essere un raddoppio delle risorse destinate al finanziamento del servizio civile rispetto a quelle che erano presenti nell'ultima legge di bilancio. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola adesso al dottor Napoli, vicepresidente nazionale di Confapi.

  FRANCESCO NAPOLI, vicepresidente nazionale di Confapi. Signor presidente, onorevoli senatori, onorevoli deputati, la Confederazione della piccola e media industria privata ringrazia per l'invito all'odierna audizione e accoglie con favore l'opportunità di discutere le vostre valutazioni sul Piano strutturale di bilancio 2025-2029, che è un documento strategico per il futuro dell'economia italiana, in particolare per le piccole e medie imprese industriali.
  Gli ultimi dati, confermati recentemente dall'ISTAT, mostrano una crescita del PIL in linea con le previsioni per il 2024, ma ciò non basta. Per garantire una crescita sostenibile nel lungo termine occorre affrontare sfide significative. La più grande sfida è quella di bilanciare la riduzione del deficit con l'implementazione di riforme strutturali e investimenti strategici che migliorino la competitività delle nostre imprese. È una sfida decisiva, quella italiana, signor presidente, che si affianca a quella europea, con la necessità di interventi coordinati da parte degli Stati membri, in tre aree prioritarie.
  La prima è un'innovazione più rapida, per contribuire ad aumentare la produttività europea. La seconda è la riduzione dei prezzi dell'energia, coniugando decarbonizzazione e competitività. La terza è una vera e propria politica economica europea basata sulla sicurezza delle risorse. La proposta per l'energia e la competitività industriale è un tema centrale per il nostro mondo. Uno degli aspetti più urgenti da affrontare è sicuramente l'aumento dei costi energetici e delle materie prime.
  Le imprese italiane stanno affrontando uno svantaggio competitivo notevole rispetto ai partner europei, con costi energetici significativamente più alti. Ad esempio, ad agosto i prezzi spot hanno registrato un più 70 per cento rispetto alla Francia, un più 45 per cento rispetto alla Germania, addirittura un 35 per cento in più anche rispetto alla Spagna.
  Confapi ritiene che non sia più procrastinabile un piano pluriennale per l'energia, con l'obiettivo, innanzitutto, di disaccoppiare il prezzo dell'energia elettrica da quello del gas per ridurre l'impatto delle fluttuazioni internazionali sulle imprese.
  Signor presidente, è inoltre necessario aumentare l'aumento della produttività e del potere d'acquisto dei lavoratori. La Confederazione della piccola e media industria privata italiana ritiene che una delle priorità debba essere quella di favorire investimenti tesi ad aumentare la produttività delle imprese italiane, oltre al potere d'acquisto dei lavoratori. A tal proposito, proponiamo alcune misure tra loro sinergiche, che possono realizzare tale obiettivo.
  La prima è la detassazione del lavoro straordinario oltre una certa soglia. Detta misura potrebbe incentivare i lavoratori a prestare più ore in quei settori dove la carenza di manodopera limita la produzione. Oltre il 62 per cento delle piccole e medie industrie italiane ha difficoltà a reperire personale qualificato, in particolare operai specializzati e tecnici.
  La seconda è il rafforzamento della detassazione dei premi di produttività, rendendola strutturale ed eliminando il requisito dell'incremento continuativo degli obiettivi, in periodi di incertezza come gli attuali. È altrettanto necessario, onorevoli senatori e onorevoli deputati, valorizzare il welfare premiale legato ad obiettivi aziendali.
  La terza è rendere strutturale ed equiparare, indipendentemente dalla presenza Pag. 22di figli, la soglia di esenzione dei fringe benefit aziendali per i lavoratori.
  Altri temi, signor presidente, sono il contrasto alla denatalità e la gestione dell'immigrazione qualificata. Il calo demografico è una delle sfide più complesse che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi decenni.
  Confapi ritiene che, oltre ai previsti incentivi alla natalità, il Piano dovrebbe includere una defiscalizzazione e misure premiali per le imprese che investono, anche in forma aggregata, nel welfare aziendale collegato all'incremento della natalità, come asili aziendali, centri estivi, campus per bambini e strutture sportive per i figli dei dipendenti.
  Occorre, inoltre, favorire politiche tese a contrastare il fenomeno dei «cervelli in fuga», ossia tutti quei giovani laureati, tra il 5 e l'8 per cento del totale, che emigrano all'estero dopo essersi formati, con un doppio costo per la collettività in termini di formazione e di capitale umano. È, altresì, necessario promuovere, nell'immediato, una gestione più efficiente dell'immigrazione controllata, che possa integrare in modo sostenibile la popolazione attiva, portando nuove competenze e forza lavoro nel sistema produttivo italiano. Il «Piano Mattei», in questo senso, offre sicuramente un'opportunità strategica per formare i lavoratori qualificati nei loro Paesi d'origine.
  Con riferimento al tema della competitività e di una legge quadro per le piccole e medie imprese, per le PMI è altrettanto fondamentale, signor presidente, adottare una strategia italiana per la competitività connessa a quella europea. In tale contesto, la legge quadro per le PMI dovrà contenere la creazione di misure ad hoc per la piccola e media industria, con un sistema di garanzie, norme e modelli per raggiungere quei livelli di competitività che le piccole e medie industrie richiedono per operare in mercati sempre più globalizzati. Tra i fattori che incidono negativamente sulla produttività delle imprese, signor presidente, il Piano individua, oltre alla carenza di manodopera, la questione dimensionale, evidenziando come le imprese più piccole, ossia quelle micro, scontino un deficit di produttività rispetto a quello di altri Paesi europei. Sono, pertanto, condivisibili misure che possano facilitare l'aggregazione tra imprese, anche al fine di promuovere l'innovazione e l'investimento in ricerca e sviluppo.
  Sul fronte delle riforme è necessario che i processi avviati siano al più presto completati, uno su tutti quello relativo alla riforma fiscale per le PMI. Confidiamo che si possa completare quanto prima l'attuazione della riforma fiscale anche per le imprese. Il fisco deve diventare una leva di competitività, favorendo investimenti e capitalizzazioni.
  Per quanto concerne i capitoli della giustizia e della semplificazione normativa, un altro pilastro essenziale per il rilancio delle PMI è, appunto, costituito dalla riforma della giustizia. Confapi chiede che si concluda il percorso di riforma della giustizia, garantendo tempi certi e procedure snelle per risolvere le controversie.
  In conclusione, signor presidente, onorevoli senatori, onorevoli deputati, Confapi crede fortemente che le PMI industriali debbano essere poste al centro delle politiche economiche e fiscali del Paese. È fondamentale adottare un approccio strategico che valorizzi il nostro sistema produttivo, rendendolo competitivo e sostenibile nel tempo, contribuendo in concreto per garantire un futuro di crescita per l'Italia e per il comparto industriale, che, da sempre, ha rappresentato un'eccellenza nel mondo.
  Una relazione più articolata e completa è già stata inviata ai vostri uffici. Grazie, signor presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Napoli. Do adesso la parola al dottor Dili, in rappresentanza di Confprofessioni.

  ANDREA DILI, delegato per le politiche fiscali di Confprofessioni. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.
  Io farò alcune considerazioni sintetiche, rimandando al documento che abbiamo trasmesso per gli specifici approfondimenti.
  In via generale, per quanto riguarda le valutazioni macroeconomiche esprimiamo Pag. 23apprezzamento per l'impostazione che è stata data al Piano, in particolare, relativamente alla messa in sicurezza dei conti pubblici, considerata, soprattutto, l'attenzione dedicata alla traiettoria del rapporto tra deficit pubblico e PIL, che dal 2026 comincerà ad attestarsi su valori inferiori al 3 per cento, ma anche con riferimento al contenimento dell'incremento della spesa pubblica. Su quest'ultimo argomento riteniamo necessaria una riflessione organica, che dovrebbe portare nel medio e lungo periodo, anche considerando le dinamiche demografiche del nostro Paese, a gestire i tagli e i nuovi stanziamenti in maniera selettiva.
  Per quanto riguarda le azioni di riforma contenute nel documento, abbiamo focalizzato la nostra attenzione su quattro specifici punti. Il primo riguarda la necessità di ingenerare investimenti su infrastrutture materiali e immateriali. Parlo dei trasporti – e abbiamo visto quello che, purtroppo, è successo ieri – ma mi riferisco anche all'energia – chi mi ha preceduto vi ha fatto un riferimento –, nonché alla messa in sicurezza del territorio e alla sanità, rispetto alla quale, rappresentando i professionisti, caldeggiamo il rinnovo della convenzione dei medici di medicina generale e la messa in campo di strumenti di incentivazione per i medici di medicina generale in quelle aree del Paese a bassa densità di popolazione, giacché lì potrebbero esserci dei problemi.
  Il secondo punto riguarda gli incentivi selettivi sugli investimenti. Tendenzialmente, siamo d'accordo e comprendiamo, vista la congiuntura, la decisione di confermare e rendere strutturali gli effetti del cuneo fiscale e quelli dell'accorpamento delle aliquote IRPEF. Tuttavia, noi consideriamo che il taglio del cuneo contributivo sia una misura che genera un elevato costo a carico della fiscalità generale, senza incentivare le imprese a mettere autonomamente in atto azioni volte all'incremento della produttività. In un'ottica di medio e lungo periodo, riteniamo che tale obiettivo possa essere raggiunto in maniera più efficace concentrando selettivamente le risorse disponibili sui soggetti meritevoli, ossia su quelle imprese che mettono in atto processi di aggregazione e che investono in ricerca e sviluppo, nonché in beni strumentali che garantiscono il miglioramento dei processi.
  Il terzo punto riguarda, invece, il sostegno ai processi di aggregazione e patrimonializzazione delle imprese. Tutti sappiamo – anche chi mi ha preceduto ne ha fatto cenno – che in Italia abbiamo un problema dimensionale. È vero che ciò che è piccolo è bello e piace a tutti, però è anche molto poco efficiente. Questo lo dimostrano i dati relativi alla produttività delle imprese per dimensione e quelli relativi agli stipendi. Quindi, più le imprese sono grandi, tanto più gli stipendi dei dipendenti sono elevati. Ciò vuol dire che occorre in tutti i modi incentivare i processi di aggregazione delle imprese e degli studi professionali, rappresentando i professionisti.
  Ciò mi fa pensare a due connessioni. La prima è una connessione fiscale. Nella legge di delega per la riforma fiscale, da un lato si procede verso il superamento dell'attuale sistema sostanzialmente duale IRPEF-flat tax o, meglio, regime forfetario e, dall'altro, si va verso una revisione delle cosiddette tax expenditure. Vi esortiamo ad accelerare questo processo perché, fin quando coloro che hanno una dimensione molto ridotta avranno un trattamento fiscale decisamente migliore rispetto a chi, invece, cresce, ciò costituirà un grande problema per questo Paese.
  Sempre relativamente all'aggregazione, mi soffermo, ora, sugli studi professionali: c'è un'ottima norma nel decreto legislativo delegato della riforma fiscale su IRPEF e IRES, che rende questi processi fiscalmente neutri per quanto riguarda gli studi professionali. Questo decreto è stato approvato il 30 aprile dal Consiglio dei ministri, ma non è ancora arrivato in Parlamento per l'espressione dei relativi pareri. Su questo vogliamo, dunque, focalizzare la vostra attenzione, invitando tutti quanti a cercare di accelerare questo processo.
  Il quarto e ultimo punto riguarda la certezza delle regole del gioco. Questo è un tema fondamentale, giacché regole del gioco che cambiano continuamente disorientano le imprese e i contribuenti e producono Pag. 24costi. Capiamo bene gli intenti positivi della riforma fiscale nel cercare di riequilibrare, anche su questo fronte, il rapporto fisco-contribuenti; rimaniamo un po' delusi, però, dalle modalità di attuazione. Faccio un esempio. Il concordato preventivo biennale cambia radicalmente il 4 agosto; adesso cambia di nuovo con la norma approvata dal Senato e il 31 ottobre scade il termine per aderirvi. Ciò dà luogo a difficoltà per chi intende capire se, effettivamente, il percorso possa essere conveniente o meno. Peraltro, questa è una situazione che riguarda non solo il concordato preventivo. L'abbiamo già visto anche in passato: il superbonus è stato cambiato tantissime volte, così come le regole del credito d'imposta in ricerca e sviluppo. Potrei fare riferimenti infiniti su questo tema. Quindi, è importante garantire la certezza delle regole del gioco.
  È positivo l'impegno preso sulla riduzione dei tempi dei processi per quanto riguarda la riforma della giustizia, sulla quale siamo totalmente d'accordo.
  Mi si consenta di chiudere il mio intervento facendo un riferimento a coloro che rappresentiamo, vale a dire i professionisti. A tale proposito, individuiamo due priorità. C'è una priorità di tutele e, quindi, di welfare, che è stata in parte risolta, per quanto riguarda i professionisti iscritti alla gestione separata dell'INPS, con il varo dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO), una forma di indennità che va a coprire il professionista nel caso di una riduzione del reddito. Riteniamo che questa misura debba essere rafforzata e che debbano essere lievemente allargati i requisiti richiesti per l'accesso, perché, al momento, vi è un accesso ridotto anche rispetto alle previsioni fatte dalla Ragioneria generale dello Stato all'atto dell'individuazione delle coperture finanziarie.
  La seconda priorità, di stretta attualità, è l'equo compenso. Su questo leggo che, per quanto riguarda gli appalti pubblici, si stanno ideando soluzioni di compromesso tra l'esigenza del professionista di avere un compenso equo, proporzionale all'attività prestata e le esigenze di spesa delle pubbliche amministrazioni. Al riguardo, mi permetto di dire che il compromesso non si può fare su un aspetto di questo tipo, perché il professionista è un lavoratore esattamente come il lavoratore dipendente; quindi, se diciamo che il compenso per svolgere una determinata prestazione è «x», non può essere meno di quell'«x», deve essere confermato quel valore. E su questo la pubblica amministrazione deve dare il buon esempio, altrimenti si configura una differenza di trattamento tra il lavoratore dipendente - che, giustamente, è pagato secondo i contratti collettivi di lavoro e secondo le convenzioni stipulate con la pubblica amministrazione - e il professionista, che deve subire una deroga rispetto a princìpi che, peraltro, sono fissati nell'ordinamento dalla legge n. 49 del 2023, cosiddetta «legge Meloni» e dai relativi parametri ministeriali che sono stati approvati.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Dili. Do ora la parola ai colleghi parlamentari che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TINO MAGNI. Vorrei fare un ragionamento insieme al rappresentante di Confcooperative. Oggettivamente, è vero che il contratto delle cooperative sociali è stato rinnovato dopo cinque anni, dal 2019 a gennaio 2024, con un aumento medio di 120 euro, di cui 60 euro nella prima tranche, poi 30 e 30 euro. Se il trend di questi lavoratori, che sono più o meno 450.000, va di questo passo, la perdita del loro potere d'acquisto è certa. Parlo con cognizione di causa, perché conosco bene il settore.
  Ora, ragionando in termini di bilancio a medio termine dello Stato e considerato che molto spesso il lavoro sociale riguarda un decentramento da parte dello Stato o dei comuni, è necessario avere risorse per remunerare in modo adeguato i lavoratori e le lavoratrici di questo settore. Tuttavia, percepisco che siete d'accordo su quanto propone questo documento, mentre io vi chiedo di non esserlo, perché bisogna alzare il potere d'acquisto dei lavoratori e Pag. 25delle lavoratrici se, come si dice, lo si vuole difendere. Quindi, vi chiederei di fare uno sforzo per andare in questa direzione. D'altronde, 120 euro dopo cinque anni, con gli aumenti dei prezzi che ci sono e senza nessun meccanismo di recupero del potere d'acquisto, significa che questi lavoratori, che lavorano otto ore al giorno, hanno una retribuzione di 1.100-1.200 euro mensili. Questa è una vergogna in generale, che il nostro Paese non può permettersi.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Magni. Do la parola agli auditi per la replica.

  MARCO VENTURELLI, segretario generale di Confcooperative. Qui occorrerebbe soffermarsi perché, come non è facile – lo dimostra il codice degli appalti – valutare l'equivalenza, così non è facile valutare un contratto e i suoi aumenti, soprattutto se semplificati con l'importo che poneva. Questo, invece, è un dato oggettivo: il contratto ha inciso sull'aumento del costo del lavoro per circa il 14 per cento, anche se c'è chi afferma che abbia inciso, in realtà, per il 17 per cento, in ragione dell'aumento del welfare aziendale, dell'introduzione della quattordicesima mensilità e di tutta una serie di ulteriori questioni. Il fatto di essere d'accordo su alcune impostazioni fondamentali di questo Piano di bilancio, cosa che io confermo, non significa che condividiamo tutto. Anzi, nelle nostre richieste, che forse ho citato velocemente e che, comunque, saranno ulteriormente poste in modo più articolato, evidenziamo la necessità, soprattutto sul versante dei servizi, di destinare risorse nei fondi per consentire una revisione dei prezzi, poiché l'impatto degli aumenti contrattuali e di altri costi è stato significativo.
  È chiaro che non l'abbiamo salutato con favore, anzi abbiamo anche discusso piuttosto animatamente con l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), che si è immediatamente premurata, dopo il rinnovo del contratto collettivo delle cooperative sociali, di comunicare, ai comuni, che non erano tenuti all'adeguamento delle tariffe. Noi abbiamo fatto un grande sforzo, che, tra l'altro, porrà alcune cooperative sociali - il che significa servizi alle persone - in gravissima difficoltà e in una condizione di dubbia sostenibilità ai fini del prosieguo dell'erogazione, ma certamente per l'aumento di tariffe adeguate a dare ristoro e risposta ai lavoratori occorre che siano stanziate risorse a sostegno anche degli enti locali.
  Concludo, presidente, sottolineando che, con riferimento a un modello di servizi alla persona nel settore sanitario e socio-sanitario – nella nostra memoria ci soffermiamo anche sul tema delle case di comunità e dei servizi integrati – noi non siamo assolutamente per la sanità privata o per quella pubblica, bensì siamo per un sistema integrato che valorizzi entrambe per quelli che sono i punti di forza, di qualificazione e di specializzazione di ciascuna di esse e, in questa dimensione, osserviamo che quando c'è accreditamento, quando c'è qualità, quando c'è presenza su un territorio diffuso, le cose funzionano. Del resto, è facile realizzare un'organizzazione socio-sanitaria fatta solo per grandi poli, ma la diffusione sul territorio la garantiamo molto anche noi, per cui vorrei che gli enti pubblici valutino la necessità, a volte, di investire con risorse equivalenti, o quasi equivalenti, quando si tratta di una figura lavoratrice presso un servizio a gestione diretta del pubblico e quando c'è una gestione convenzionata, che però garantisca qualità, accreditamento e tutte le altre condizioni.
  Sappiamo tutti bene che, invece, quando si affida a un soggetto terzo esterno – al Terzo settore – una gestione integrata, al privato sociale, la disponibilità di investimento delle risorse da parte di un ente cala sensibilmente, ponendo in grande difficoltà l'equilibrio dei conti e la sostenibilità.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti per il loro contributo e per le relazioni che hanno depositato, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, in videoconferenza, Coldiretti, COPAGRI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminarePag. 26 all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, in videoconferenza, Coldiretti, COPAGRI.
  Intervengono il dottor Caputo e la dottoressa Ausanio per Confagricoltura, il dottor Bagnoli per Confederazione italiana agricoltori (CIA-Agricoltori italiani), il dottor Calabria e la dottoressa Carulli per Coldiretti e il dottor Pacifici per Confederazione produttori agricoli (COPAGRI).
  Chiedo ai nostri ospiti di contenere la propria relazione entro un tempo di sette minuti, al fine di lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alle vostre repliche.
  Do la parola al dottor Caputo, per Confagricoltura.

  NICOLA CAPUTO, direttore della Direzione Politiche fiscali, creditizie e Amministrazione di Confagricoltura. Buongiorno. Grazie, presidente, dell'invito a nome dei dirigenti dell'organizzazione Confagricoltura.
  Per quanto riguarda l'oggetto dell'audizione – il Piano strutturale di bilancio – esprimiamo apprezzamento per l'indirizzo volto a mettere in sicurezza i conti dello Stato e, quindi, in relazione alla nuova governance europea, ad adottare impegni che vanno dal contenimento – così come previsto nel documento – di circa l'1,5 per cento dell'incremento medio, nell'arco settennale, della spesa primaria netta, al piano del rapporto tra deficit e debito pubblico rispetto al PIL. Ovviamente, alla luce di quelle che saranno le altre misure, le altre caratteristiche tipiche del bilancio pubblico – penso ad esempio agli interessi sul debito pubblico – si creerà quell'ammontare di deficit che, evidentemente, è stato concordato con gli uffici della Commissione europea.
  È importante che in questo periodo si aprano anche degli spazi fiscali, che evidentemente saranno figli di quella differenza, come si legge nel documento, tra il limite di incremento della spesa primaria e quella che sarà poi la spesa complessiva, compresi gli interessi sul debito pubblico. Già quest'anno l'obiettivo di rendere strutturale la riduzione dell'IRPEF con le tre aliquote - come è stato per il 2024, sebbene ancora in via non definitiva - è da apprezzare, così come è da apprezzare l'intervento preannunciato sul cuneo fiscale. Sono sicuramente misure positive, che incideranno sul lato dei consumi, con un miglioramento del reddito disponibile per i lavoratori e con un risparmio a livello di costi aziendali.
  Le altre questioni che ci inducono a esprimere il nostro apprezzamento sono quelle relative alle riforme utili a sviluppare l'economia e, quindi, a incentivare l'impresa a realizzare investimenti. Su questo versante, la nostra richiesta è di destinare risorse per favorire gli investimenti. Considerato che nel 2026 verranno meno i contributi che derivano dal PNRR, riteniamo che un bilancio dello Stato che accompagni gli investimenti privati sia assolutamente necessario. In questa sede possiamo ricordare che cosa è successo negli anni, per esempio, con il credito d'imposta per gli investimenti «Transizione 4.0». Adesso aspettiamo gli sviluppi del credito d'imposta 5.0, anche se ha caratteristiche leggermente diverse da quello precedente, nonché di altre misure di incentivo.
  Riteniamo che la riforma fiscale, accanto a quella della giustizia, che ovviamente è molto importante, e a quella della pubblica amministrazione, rappresenti un altro elemento molto rilevante sia per quanto riguarda l'ampiezza dell'intervento - che ha inciso su tutte le componenti del sistema fiscale - sia per quanto riguarda i procedimenti, gli adempimenti collaborativi – ivi incluso il concordato preventivo biennale – nonché le altre misure di miglioramento del rapporto tra pubblica amministrazione e contribuente. Lo stesso dicasi per quanto riguarda il procedimento di riscossione e la giustizia tributaria.
  Per quanto riguarda gli aspetti relativi alle imposte e, quindi, le modifiche sostanziali alle leggi fiscali, come settore agricolo siamo interessati dal provvedimento che al Pag. 27momento è all'attenzione delle Commissioni parlamentari competenti per l'espressione del parere al Governo, che è già stato emesso da quest'ultimo in sede di esame preliminare e che attende ora il ritorno per l'approvazione definitiva, ossia quello relativo alle modifiche all'IRPEF. Nell'articolato è infatti presente una variazione importante sotto il profilo fiscale per il settore agricolo, che attiene alla valorizzazione di produzioni che vanno oltre le produzioni tradizionali, quelle, cioè, che utilizzano il terreno tradizionale agricolo, per ricomprendervi, per esempio, produzioni in strutture chiuse, come le vertical farm, che segnano un'evoluzione del sistema produttivo, attraverso misure di accompagnamento a queste nuove tecniche di produzione, che sempre più sono utili per il raggiungimento dell'obiettivo del fabbisogno, che progressivamente aumenterà, delle produzioni alimentari.
  Un'altra questione da sottolineare, passando al settore dell'energia, è quella della decarbonizzazione. Ci sono misure che incoraggiano interventi di cattura del carbonio da parte delle imprese agricole, che con talune procedure di agricoltura rigenerativa possono produrre effetti benèfici sull'ambiente catturando anidride carbonica e determinando, di conseguenza, un effetto positivo per il raggiungimento degli obiettivi della neutralità climatica.
  Relativamente al settore delle agro-energie avremmo alcune segnalazioni da fare, che, peraltro, non impattano dal punto di vista delle risorse di cui necessita questa tipologia di interventi. Il settore agricolo è stato interessato, soprattutto attraverso gli investimenti del PNRR, dallo sviluppo delle agro-energie, come dimostrano la realizzazione di parchi agrisolari, la realizzazione di sistemi di produzione d'energia in grado di garantire l'esercizio dell'attività agricola, i cosiddetti «sistemi agrivoltaici» o la produzione di biocarburanti. Adesso si parla molto di biometano, ad esempio. Questi sono tutti elementi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi della transizione verde, di cui il settore agricolo è sicuramente un protagonista molto importante. Ebbene, su questo versante chiediamo, da tempo, un'armonizzazione tra la legislazione civilistica e quella fiscale, perché ci sono disallineamenti che derivano dal fatto che ancora non si riconosce, nell'ambito delle attività connesse, l'attività di produzione di energia da parte dell'agricoltura, nonostante gli interventi che si sono susseguiti nel tempo, anche attraverso gli investimenti del PNRR, che hanno contribuito con una dose massiccia di finanziamenti, pari a oltre 5 miliardi di euro, destinati al settore delle agroenergie e a quello agricolo. Quindi, auspichiamo venga fatto un tentativo per riportare nell'ambito delle attività riconosciute ai fini dell'esercizio dell'attività agricola anche queste attività connesse, che ormai si svolgono da tempo e sono state sostenute da provvedimenti che derivano dalla programmazione non solo europea, ma anche a livello statale.
  L'altra questione che ci preme sottolineare è quella che riguarda gli eventi catastrofali. Ormai è notorio quello che accade con gli eventi climatici estremi, le connesse situazioni di emergenza, i danni alle produzioni e via dicendo. Sono, purtroppo, gli effetti derivanti dal cambiamento climatico. A nostro avviso ci sono alcune norme che andrebbero meglio puntualizzate: penso, per esempio, a quella relativa alla possibilità, nel momento in cui si determina un forte danno per un'impresa agricola, di considerare nell'ambito dell'attività agricola l'acquisto di prodotti da altri agricoltori.
  D'altronde, nell'anno in cui i danni atmosferici hanno compromesso la produzione, sussiste il rischio per l'agricoltore di perdere la clientela o quote di mercato. Quindi, dando la possibilità di acquistare da altri agricoltori e avendone un riconoscimento pieno – perché oggi esiste una norma che offre la possibilità di riconoscere, nell'ambito delle attività agricole, quelle che si svolgono nei momenti di crisi derivanti da eventi climatici estremi – occorre comunque fare alcune puntualizzazioni anche ai fini previdenziali e fiscali, dal momento che la norma non è molto chiara. In questo modo si avrebbe, quindi, Pag. 28una sistemazione più organica della normativa.
  Accanto a tale questione, pongo quella del riconoscimento degli indennizzi. Pensate a quello che è successo l'anno scorso, e anche quest'anno, in Emilia-Romagna e nelle altre zone dove si sono verificati eventi climatici estremi. Ebbene, oggi esiste uno strumento, il Fondo mutualistico nazionale avversità catastrofali (AgriCat), che dovrebbe indennizzare gli agricoltori che hanno subìto questi danni, ma, per questioni che attengono alla valutazione dei danni e a vicende di carattere prevalentemente amministrativo e burocratico, ancora oggi non vi sono i ristori per eventi che si sono verificati anche un anno fa. Pertanto, si chiede di trovare soluzioni che permettano di sbloccare questi fondi, peraltro finanziati in parte anche dagli stessi agricoltori attraverso la misura della Politica agricola comune (PAC) e, dunque, di essere più incisivi da questo punto di vista, con tutti gli effetti positivi che potrebbero derivare da una maggiore celerità nel riconoscimento di tali indennizzi.
  Rinviamo a un documento più analitico, che vi manderemo in giornata, per un maggiore dettaglio delle misure Grazie.

  PRESIDENTE. Dovrei dare la parola al dottor Bagnoli per CIA-Agricoltori italiani, in videoconferenza. Purtroppo c'è qualche problema nel collegamento. Proporrei, allora, di dare la parola al dottor Calabria per Coldiretti, per poi ritornare al dottor Bagnoli.

  GIANFRANCO CALABRIA, vice capo dell'area legislativa di Coldiretti. Grazie, presidente. Le porto i ringraziamenti anche del presidente di Coldiretti, dottor Ettore Prandini.
  Questa occasione di confronto è particolarmente importante perché, per la prima volta, vi è un esempio palese di attuazione delle nuove regole del Patto di stabilità e crescita europeo. Chiaramente, il Piano strutturale di bilancio, per la sua caratteristica temporale e per la sua portata oggettiva, rappresenta un documento di bilancio e un momento fondamentale per le politiche economiche e finanziarie dei prossimi cinque anni.
  Noi abbiamo partecipato anche all'illustrazione che del Piano ha fatto il Ministro Giancarlo Giorgetti il 25 settembre scorso e vorrei citare alcune parole espresse dal Ministro stesso in quell'occasione: «Il sentiero di politica fiscale che il Piano propone è realistico, credibile e prudente». E su questo siamo tutti d'accordo, anche perché tutti abbiamo a cuore la tenuta, la trasparenza e la stabilità dei conti pubblici. Su questo non ci sono dubbi, come abbiamo avuto modo di dire in varie occasioni. In effetti, il passaggio dal criterio di valutazione degli ordinari saldi di finanza pubblica a quello della spesa netta aggregata, con il correttivo di una riduzione dello 0,5 per cento del PIL annuo per il rientro del debito, è un meccanismo che sicuramente porterà a un miglioramento del saldo strutturale di bilancio. Tant'è che, addirittura, si rientrerà al di sotto del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL già nel 2026, secondo quanto dichiarato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze.
  È chiaro, quindi, che a questo punto ciò che si prospetta, presidente, è una serie di manovre di bilancio che non potranno essere qualificate come manovre espansive, anche se il termine ci piace molto. Evidentemente, signor presidente, signori deputati e senatori, le organizzazioni di rappresentanza non possono tuttavia aspettarsi una manovra regressiva, anche se questa non può essere espansiva. Sarebbe stato interessante, probabilmente, valorizzare ulteriormente l'intervento dell'ISTAT, del quale abbiamo discusso innanzi a queste spettabili Commissioni in relazione alla revisione generale dei conti che ha consolidato la prospettiva di riduzione del deficit rispetto a quanto previsto nell'ultimo DEF per cui, nel 2024, il rapporto deficit/PIL passerebbe dal 4,3 al 3,8 per cento.
  Un passaggio che ci ha molto colpito è che, addirittura, nel 2024, se non ci fosse la spesa ineludibile per gli interessi, si registrerebbe una situazione di lieve avanzo primario, che confermerebbe la bontà della traiettoria di crescita che, seppur non esplosiva, è sempre una parabola ascendente.Pag. 29
  C'è quindi, signor presidente, uno spazio fiscale che il Governo può utilizzare e su cui può intervenire che risulta da una dinamica positiva del saldo primario strutturale, per cui è chiaro che si va verso il rifinanziamento delle politiche invariate, fermo restando che aspettiamo di vedere quale sarà l'esito delle risorse che verranno dall'adempimento collaborativo al quale faceva prima riferimento il collega di Confagricoltura.
  Rifinanziamento e mantenimento delle politiche invariate per il settore agricolo - fermo restando che siamo tutti d'accordo sul taglio del cuneo fiscale e sulla conferma delle tre aliquote IRPEF - equivale a dire consolidamento delle misure vigenti, ma nella consapevolezza che il settore agricolo può contribuire sensibilmente al raggiungimento degli obiettivi di crescita, anche in virtù del combinato disposto delle misure afferenti alla PAC e di quelle destinate al PNRR. È un obiettivo di crescita sostenibile quello che può garantire il settore agricolo: una sostenibilità nel senso, ovviamente, di innovazione tecnologica per l'esercizio delle attività agricole, il che non vuol dire, naturalmente, interventi indiscriminati e tagli lineari alle tax expenditure. Ci riferiamo, in particolare, alle aliquote agevolate per l'utilizzo del carburante in agricoltura, perché l'eventuale intervento in materia di tax expenditure deve essere selettivo e orientato a ridurre quelle che non hanno efficacia di volano o di crescita per le attività imprenditoriali ed economiche.
  È altrettanto pacifico che il consolidamento delle misure vigenti consiste anche nel contenimento della pressione fiscale e nella decontribuzione per i nuovi insediati in agricoltura under 40, una misura che tutti si aspettano anche a regime, non solo nella prossima manovra di bilancio per il 2025.
  Parimenti – qui è il vulnus di tutto il sistema macroeconomico, a nostro avviso – è necessario sostenere e valorizzare la domanda interna. Questo è il punto debole a livello macroeconomico. Conseguentemente, è chiaro che bisogna rinnovare le misure finalizzate all'acquisto di beni di prima necessità e alla sovranità alimentare.
  Si è già parlato degli interventi strategici relativi alle calamità naturali e degli indennizzi che devono essere necessariamente semplificati. Così come è necessario, sempre in termini di approvvigionamento alimentare e di sovranità alimentare, che anche le misure che sono state ultimamente approvate in materia di epizoozie e di malattie infettive vengano consolidate in un'ottica perlomeno triennale.
  Si è già detto della sostenibilità. Sostenibilità è una parola che tutti oramai utilizzano. Noi riteniamo che sostenibilità equivalga a valorizzare, e a meglio inquadrare, il ruolo delle agroenergie, ovvero le energie prodotte dagli imprenditori agricoli. Se noi, signor presidente, ci proponiamo un percorso di aggiustamento su sette anni, esso deve essere accompagnato da un piano di riforme importante e robusto che ci consenta di realizzare questo piano di rientro trasmesso alla Commissione europea.
  Siamo d'accordo sulla riforma della giustizia, sulla riforma del fisco, sull'attuazione della delega fiscale, sullo snellimento e sulla semplificazione amministrativa e sulla concorrenza. Ma c'è un capitolo su cui vorrei che le Commissioni ponessero attenzione allorquando proporranno la risoluzione di approvazione del Piano: il pacchetto di disegni di legge collegati alla manovra di bilancio. Sono essenziali. Il Governo dovrebbe essere invitato a suggerirne l'approvazione al Parlamento nel più breve tempo possibile. Mi riferisco alle misure per il rafforzamento dell'agricoltura, ma soprattutto alla riforma delle fattispecie di reati agroalimentari, un disegno di legge che aspettiamo da anni e che la Commissione di studio guidata da Gian Carlo Caselli aveva già sottoposto all'attenzione del Parlamento nella scorsa legislatura.
  Altrettanto importante – e concludo, secondo le sue indicazioni, presidente – è la legge quadro sulle piccole e medie imprese, che il Governo si propone di adottare per giungere alla sua approvazione nel 2025. Questa è la sede in cui si possono ricalibrare le misure di accesso al credito per le piccole e medie imprese, favorire l'aggregazione che supera il gap dimensionale che condiziona negativamente le impresePag. 30 italiane e, soprattutto, prevedere un nuovo intervento di carattere strutturale a tutela e valorizzazione del passaggio generazionale.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Calabria. Riproviamo ora a collegarci con il dottor Bagnoli per CIA-Agricoltori italiani.

  MASSIMO BAGNOLI, responsabile dell'Ufficio fiscale di CIA-Agricoltori italiani. Grazie, presidente. Buongiorno a lei e ai componenti delle Commissioni. Grazie dell'invito a nome di CIA-Agricoltori italiani.
  Approfitterò dell'intervento dei colleghi che mi hanno preceduto per stare nei tempi e cercare di mantenere la riflessione attorno al tema della nostra audizione, ovvero il Piano strutturale di bilancio di medio termine.
  Una prima considerazione di principio è legata al fatto che come CIA condividiamo, come già espresso dagli altri colleghi, l'impostazione del Piano, che riteniamo essere oltremodo necessario, al di là del fatto che sia stato richiesto dall'Unione europea, e frutto delle considerazioni e delle riflessioni formulate da questo Paese.
  È un Piano, come dicevano i colleghi, particolarmente articolato, che si pone alcuni obiettivi spalmati su un settennio, il che consentirà di avere una pianificazione di tutti gli interventi che servono necessariamente affinché tutto quello che verrà realizzato possa concretizzarsi in una riforma strutturale di questo Paese.
  Faccio questa considerazione - che ho avuto modo di ribadire anche in altre sedi - perché credo che questo Piano richiami anche a un senso di responsabilità che appartiene a ognuno di noi nei rispettivi ruoli: appartiene, quindi, alla politica, al Parlamento, ai corpi intermedi e al mondo della società civile. Partendo da questo Piano, credo che dobbiamo uscire da uno schema classico del Novecento ed entrare in una dimensione differente, una dimensione in cui, probabilmente, è necessario definire anche un nuovo patto fra corpi intermedi, politica e istituzioni e all'interno degli stessi corpi intermedi, dal momento che questo Piano ci richiama anche alla necessità, prima di tutto, di avere una visione di carattere generale, ovverosia considerare qual è il bene comune, per poi calare l'obiettivo del bene comune sui rispettivi asset, che sono quelli che ognuno di noi rappresenta. Questa è la sfida che determinerà il successo o l'insuccesso anche dei nostri rispettivi ruoli, vale a dire la capacità di avere questa visione.
  Il Piano, come dicevo, ha un'articolazione che ci convince. Evidentemente, è un Piano che deve ottenere prima di tutto l'assenso da parte del Parlamento e poi l'approvazione da parte della Commissione europea, ma è un Piano che definisce le linee di indirizzo e prospetta una visione strategica che noi riteniamo apprezzabili, sebbene ciò debba poi tradursi in provvedimenti attuativi che ne delineeranno l'efficacia e l'efficienza. Su questo, evidentemente, siamo tutti chiamati a contribuire.
  Vi sono, comunque, alcuni punti del Piano che vorrei porre alla vostra attenzione e parto da un punto richiamato in ultimo dal collega Calabria, ossia la riforma delle PMI, che trovo molto interessante, anche perché il mondo agricolo ne è dentro. È molto interessante perché attraverso la legge quadro sulle PMI potremmo sicuramente, dando ognuno il proprio contributo, definire meglio quella che oggi è la condizione qualificante di una PMI e quella che può essere la sua condizione strategica. Probabilmente occorre intervenire sul piano giuridico, sul piano fiscale, sul piano finanziario e non solo. La trovo molto, molto interessante.
  Con riferimento agli asset della transizione ecologica, ci sono molti spunti interessanti. Naturalmente, nell'asset della transizione ecologica, in questo momento, c'è molto PNRR, e qui mi soffermo brevemente perché l'agricoltura ha dimostrato anche sul PNRR di essere un ambito o un ambiente in cui le misure del PNRR hanno avuto una maggiore efficacia rispetto ad altri settori. Cito, solo a titolo esemplificativo, i due bandi – ora siamo al terzo – sui parchi agrisolari, che hanno avuto un'efficacia anche in termini di funzionalità della Pag. 31pubblica amministrazione, a mio avviso di altissimo livello.
  All'interno del concetto di transizione ecologica, dunque, ci sono l'agricoltura, il settore agricolo, le aree rurali, le aree interne, perché, quando si parla di transizione ecologica, non si parla soltanto di energia da fonti rinnovabili, su cui non aggiungo nulla rispetto agli interventi dei colleghi Caputo e Calabria. La transizione ecologica, infatti, pone al centro, ancora di più e ancora meglio, il ruolo dell'agricoltore e dell'agricoltura. A tale riguardo, però, mi preme sottolineare un aspetto. Se non ho letto male, le misure sulla transizione ecologica indicate nel Piano hanno un costo complessivo di 174 miliardi di euro e viene precisato che questi 174 miliardi di euro non saranno sostenuti dalla finanza pubblica, ma saranno sostenuti, essenzialmente o prevalentemente, dalla finanza privata. Questo, chiaramente, pone degli interrogativi sull'efficacia che possono avere tutte queste misure qualora non ci fossero risorse provenienti da interventi sulla fiscalità o da una riduzione delle spese che possano sostenere questi interventi.
  Ancora, sul tema della transizione digitale trovo molto interessante la puntualizzazione che l'Italia, rispetto ad altri Paesi, ha compiuto passi da gigante. Questo è molto positivo, perché transizione digitale vuol dire semplificazione, interventi efficaci a beneficio della collettività, riduzione dei costi, o, perlomeno, dovrebbe significare riduzione dei costi; vuol dire, altresì, possibilità di introdurre nuovi strumenti di lotta e contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. Dico questo perché, evidentemente, questo Piano ha bisogno di risorse, che tutti noi sappiamo ottenersi attraverso l'incremento delle entrate o la riduzione delle spese. Uno degli interventi che riteniamo possano essere adottati per effetto di questo avanzamento della transizione digitale è quello relativo alla riduzione dei pagamenti effettuati in contante, che è una delle condizioni che negli altri Paesi vediamo già superata.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Bagnoli, do ora la parola, per COPAGRI, al dottor Pacifici.

  MANFREDI PACIFICI, referente nazionale dell'area legislativa di COPAGRI. Grazie, presidente. Grazie, onorevoli membri delle Commissioni.
  Passo direttamente a illustrare alcuni punti non ancora toccati dai colleghi. La timida crescita registrata e prevista per i prossimi anni è, comunque, un segnale positivo, né può dubitarsi che ad essa contribuisca anche il settore agricolo. Cito solo un dato: il nostro export è in perenne crescita, infatti ha raggiunto nel 2023 64 miliardi di euro e i dati preliminari relativi al 2024 recano una stima di circa 70 miliardi di euro. Si tratta, quindi, di un trend perennemente in crescita ed estremamente positivo. Da questo punto di vista, pertanto, apprezziamo molto gli sforzi e il programma di incentivi alle piccole e medie imprese e di sostegno all'internazionalizzazione, attraverso misure finalizzate a migliorare il trend dell'export.
  Per quanto riguarda l'import, vorrei citare solo una questione. Mentre per quanto riguarda l'energia sono previsti, giustamente, sforzi da parte del nostro Paese al fine di rendersi sempre più indipendente - prevalentemente ricorrendo alle fonti sostenibili - dalle fonti di approvvigionamento russe, non si registra lo stesso impegno per quanto riguarda alcune materie critiche primarie del settore agricolo. Mi riferisco, in particolare, a mais, grano e soia. Sarebbe dunque importante prevedere misure che rendano l'Italia, se non indipendente - perché questo è molto complicato - meno dipendente dall'import per quanto riguarda queste materie prime fondamentali.
  Naturalmente non posso non ripetermi sull'importanza del taglio del cuneo fiscale, quindi l'abbassamento del costo del lavoro; una misura che, resa strutturale, è fondamentale per incentivare le imprese a investire e, comunque, a riguadagnare in liquidità.
  Faccio un piccolo passaggio su quanto già citato - ma, semplicemente, perché si tratta di un tema che tengo a ribadire - Pag. 32riguardo all'importanza dei già previsti disegni di legge collegati alla manovra di finanza 2025-2027. Nello specifico, vorrei fare un passaggio su quanto già detto dal dottor Calabria in merito alla revisione dei reati agroalimentari, misura che attendiamo da molto tempo. Per noi sarebbe importante, considerato l'ampio numero di reati già previsti dal nostro ordinamento, che questa riforma rientrasse all'interno di un libro e di un titolo del codice penale. Pensiamo, infatti, che inserire tali previsioni normative all'interno del codice penale le renderebbe sicuramente più evidenti ed efficaci, anziché collocarle in leggi ordinarie.
  Mi vorrei concentrare, adesso, su uno degli obiettivi più ambiziosi indicati dal Governo all'interno del Piano, vale a dire le misure di contrasto al calo demografico. Questo fenomeno, infatti, non solo nel medio-lungo periodo, e al di là del mero dato demografico, incide profondamente sulla competitività e sulla tenuta economica del nostro Paese. Da questo punto di vista, richiamo alcuni dati citati all'interno del Piano in merito alla diminuzione della popolazione attiva nel decennio 2013-2023: al riguardo, si è registrata una diminuzione di 1,8 milioni di lavoratori, mentre nel nostro settore specifico, nel quinquennio 2019-2023 questa diminuzione è stata pari al 3,1 per cento. Quindi, nonostante gli ottimi risultati sul piano occupazionale, come dimostrato dalla diminuzione del tasso di disoccupazione, è evidente che il calo demografico, nel medio e lungo periodo, rende la popolazione attiva minore e, soprattutto, causa alle imprese una difficoltà nel reperimento della manodopera, determinando di conseguenza un vero e proprio disallineamento tra domanda e offerta. Questo è un fenomeno che quasi quotidianamente è all'attenzione dei media, vale a dire la difficoltà, per gli imprenditori, di trovare manodopera perlopiù già qualificata. Questo, incidentalmente rispetto alle misure previste per contrastare il calo demografico, rappresenta un obiettivo che, a nostro parere, è fondamentale per la buona tenuta economica del nostro Paese.
  Apro e chiudo una rapidissima parentesi sul testo del «decreto flussi», discusso ieri in Consiglio dei ministri. Siamo moderatamente soddisfatti da quanto abbiamo visto finora. L'aumento dei click-day rende la vita molto più facile alle aziende; ci auguravamo e continuiamo ad augurarci, tuttavia, un totale superamento di questo strumento, giacché lo riteniamo inefficace per il mondo agricolo, nel quale, a causa delle variabili ambientali e climatiche, è particolarmente complicato prevedere con mesi di anticipo il fabbisogno di manodopera, soprattutto se qualificata. In più, all'interno del «decreto flussi» bisognerebbe snellire, rendere molto più semplici e uniformare tutte le procedure finalizzate all'ingresso, quindi successive alla richiesta da parte delle imprese, e velocizzare l'iter successivo, altrimenti, come succede spesso e volentieri, la manodopera arriva finalmente in Italia, ma a campagna già conclusa.
  Sempre per quanto riguarda le misure atte a migliorare il disallineamento tra domanda e offerta, vediamo con assoluto favore i continui investimenti sul settore degli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) e della formazione professionale, anche e soprattutto perché l'agricoltura - come tutti i settori del nostro Paese, economici, produttivi e culturali - in questo momento sta attraversando una profonda informatizzazione, una vera e propria rivoluzione, quindi avere una nuova generazione che sia già preparata e pronta all'uso dei nuovi strumenti dell'agricoltura di precisione e della digitalizzazione e che, in concreto, sappia gestire l'internet of things, a nostro parere, è fondamentale.
  Analogamente, al fine di poter migliorare il ricambio generazionale – perché, ovviamente, dall'invecchiamento della popolazione deriva anche l'invecchiamento della popolazione attiva e, dunque, al fine di migliorare e incentivare l'ingresso di nuove figure, di nuovi giovani all'interno del mondo agricolo - riteniamo fondamentale una misura che era già stata prevista precedentemente - ma che poi non è stata rinnovata per il 2024 - ossia la decontribuzione per gli agricoltori under 40, che Pag. 33rappresenta sicuramente un intervento che può facilitare l'ingresso di nuove figure all'interno del settore primario.
  Concludo il mio intervento con una rapida considerazione sulla questione delle infrastrutture materiali e immateriali. Per quanto riguarda le infrastrutture immateriali, ho appena detto che l'agricoltura va verso la digitalizzazione e l'informatizzazione, in un contesto che rende fondamentale lo sviluppo e l'implementazione, come previsto dal Piano, della banda larga. Ebbene, la banda larga è fondamentale non solo per tutte le misure dell'agricoltura di precisione, ma anche per promuovere la coesione territoriale e, soprattutto, per sostenere le aree rurali, dato che nelle aree rurali l'inverno demografico è ancora più accentuato e reso ancora più grave dallo spopolamento. Occorre, pertanto, sviluppare il sistema infrastrutturale, digitale e non, ossia quello materiale, soprattutto nelle aree rurali. Questo è uno dei principali obiettivi che ci si dovrebbe porre quando si parla di implementazione delle infrastrutture.
  Per quanto riguarda le infrastrutture materiali, invece, se si vanno a vedere i costi dei danni, diretti e indiretti, causati dal dissesto idrogeologico e dai fenomeni dovuti al cambiamento climatico, si arriva a un conto di varie decine di miliardi di euro l'anno. Investire sull'ammodernamento di tutte quelle infrastrutture necessarie a contenere i danni renderebbe possibile liberare importanti risorse, che meglio potrebbero essere spese in altre misure.
  Vi ringrazio per l'attenzione e mi rimetto alla memoria che vi abbiamo inviato.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri auditi.
  Do ora la parola ai colleghi parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVIA ROGGIANI. Ringrazio i nostri ospiti per i loro contributi.
  Tra i vari argomenti che avete posto, ivi inclusi quelli della transizione e del ruolo dell'agricoltura, ho sentito parlare anche degli eventi catastrofali.
  Volevo chiedere se, dal vostro punto di vista, il Piano strutturale di bilancio affronta nel modo adeguato un altro tema che stiamo vivendo in tantissimi territori, che forse non costituisce un evento catastrofale in senso stretto, ma lo è per il comparto. Mi riferisco alla peste suina africana, così come alla Blue Tongue, che in alcune regioni – come la mia, ma non solo – rappresentano oramai fenomeni ricorrenti rispetto ai quali gli interlocutori più strettamente locali – ma proprio per questo mi interessava sentire anche la vostra opinione – hanno evidenziato scarsa lungimiranza e poco sostegno dal punto di vista economico.
  Volevo dunque chiedervi se ritenete che all'interno del Piano strutturale di bilancio questo tema, che purtroppo non credo si esaurirà a breve, sia affrontato in modo adeguato.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  NICOLA CAPUTO, direttore della Direzione Politiche fiscali, creditizie e Amministrazione di Confagricoltura. Uno dei punti che si auspica possa trovare ingresso nelle varie leggi di bilancio annuali che accompagneranno il Piano è proprio questo, cioè lasciare possibilità e spazio fiscale per intervenire su quegli eventi, come questi tipici del nostro mondo, quali la peste suina o la Blue Tongue, che si ripetono annualmente e che sono contingenti. Se il Piano strutturale di bilancio arriva al saldo primario strutturale e, quindi, dà la possibilità di liberare risorse una volta concordato il livello di deficit, è evidente – ma i passaggi, nel Piano strutturale, ci sono – che deve essere attenzionata la misura di carattere eccezionale. Questa non può venir meno, altrimenti, al di là dell'architettura generale, si vanno a toccare settori laddove gli effetti di determinati eventi non dipendono dal settore stesso o da momenti congiunturali particolari, ma da danni non prevedibili. Basti pensare che stiamo parlando, in questi casi, di epizoozie, cioè di malattie degli animali o delle piante, che non dipendono assolutamente da eventi prevedibili.
  Una cosa è certa: quantificare nella misura media dell'1,5 per cento la crescita Pag. 34della spesa netta della pubblica amministrazione è l'elemento fondamentale, perché da lì discende tutto. Se io ho un limite, che è quello costituito dall'aumento della spesa netta, che è la spesa al netto degli interessi e delle altre misure eccezionali, a quel punto – ripeto, una volta definito il deficit e il percorso per rientrare – ho degli spazi fiscali. Abbiamo apprezzato la riduzione del cuneo fiscale, così come l'intervento sulle aliquote IRPEF, ma è indubbio che bisogna lasciare degli spazi per questi eventi che non sono predeterminabili e prevedibili e non dipendono assolutamente da comportamenti, se non altro in linea più generale, umani o da fattori ambientali.
  Quindi, ci auguriamo anche noi che ci siano gli spazi per coprire questi danni.

  GIANFRANCO CALABRIA, vice capo dell'area legislativa di Coldiretti. Onorevole Roggiani, la ringrazio molto per questa domanda suggestiva.
  Come dicevo, già con il cosiddetto «decreto omnibus» che avete votato nei giorni passati in questo ramo del Parlamento, il Governo ha dato un primo segnale per quanto riguarda questa calamità, veramente terribile, della peste suina. È chiaro che noi ci aspettiamo, come dicevo nel mio intervento, che ci siano delle misure di carattere programmatico perlomeno triennali contro queste epizoozie. Ora, noi siamo molto fiduciosi che il cosiddetto «adempimento collaborativo» possa liberare quelle risorse che possono essere impiegate, come diceva il collega di Confagricoltura, a sostegno delle imprese gravate da questa calamità – consentitemi di chiamarla in questo modo - anche perché, obiettivamente, è chiaro che noi abbiamo fatto una bipartizione nel nostro intervento: sostegno e finanziamento delle politiche invariate, che è un primo asset fondamentale; ma queste nuove risorse, che noi auspichiamo e riteniamo possano ripresentarsi dall'adempimento collaborativo e dalle altre riforme fiscali, possono essere impiegate per questi piani di carattere pluriennale a tutela delle imprese colpite da eventi sicuramente non programmabili e, men che mai, prevedibili.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per i loro contributi e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera, e 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato.
  Interviene, in videoconferenza, il dottor Repaci, consigliere con delega dell'area finanza aziendale.
  Chiedo al nostro ospite di contenere la propria relazione entro un tempo di sette minuti, così da lasciare spazio a eventuali interventi dei parlamentari e alla relativa replica.

  ANTONIO REPACI, consigliere con delega all'area finanza aziendale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Signori presidenti, onorevoli senatori e onorevoli deputati, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili desidera, innanzitutto, rivolgere a codeste eccellentissime Commissioni parlamentari riunite il suo deferente saluto e il più vivo ringraziamento per l'opportunità che viene offerta di formulare le proprie osservazioni e valutazioni in merito al Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029.
  Il Piano che oggi è alla vostra attenzione è il primo documento elaborato nell'ambito delle nuove regole europee, che hanno innovato profondamente il Patto di stabilità e crescita utilizzato dall'Unione europea per la verifica periodica annuale del rispetto dei parametri di Maastricht, che, com'è noto, fissano sin dall'origine il rapporto tra deficit di bilancio e prodotto interno lordo al 3 per cento e il rapporto tra debito e PIL Pag. 35al 60 per cento. È un'importante innovazione, che avviene in un particolare momento di transizione con il venir meno della clausola di salvaguardia e l'attivazione della procedura per deficit eccessivo, che vede coinvolto anche il nostro Paese, mentre è in atto, appunto, l'insediamento della nuova Commissione europea.
  Le nuove regole impattano significativamente sul percorso di aggiustamento della finanza pubblica, oltre che sull'impostazione generale della politica economica nazionale ed europea. La già riconosciuta maggiore complessità del nuovo sistema di regole, se da un lato ha favorito l'introduzione di una maggiore flessibilità rispetto al processo di convergenza verso gli obiettivi dell'Unione europea, dall'altro presenta inevitabili contraccolpi soprattutto in termini di restringimento degli spazi di manovra fiscale per i Paesi indebitati come il nostro.
  In altre parole, l'alleggerimento dei vincoli, ovvero il miglioramento del percorso di aggiustamento, se favorisce i Paesi più in difficoltà nella gestione della finanza pubblica - e, di conseguenza, il rischio di subire procedure d'infrazione - non sembra, invece, favorirli dal punto di vista dell'esigenza di ottenere adeguati spazi di manovra fiscale. Nonostante ciò, il Piano presenta importanti elementi che qualificano la programmazione economica del Governo e che, nella logica del PNRR, puntano a promuovere una maggiore crescita economica, necessaria e imprescindibile per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e contribuire al miglioramento delle politiche economiche e della competitività del nostro Paese.
  Ovviamente, il Piano strutturale, come si può notare, prevede un livello di innalzamento della pressione fiscale. Oltre al completamento della riforma fiscale in corso di attuazione, le misure fiscali che il Consiglio nazionale ritiene prioritarie sono sostanzialmente le seguenti. Occorre, in primo luogo, dare continuità alla manovra dello scorso anno, confermando la riduzione del cuneo fiscale insieme al primo modulo di riforma dell'IRPEF con cui sono stati accorpati i primi due scaglioni di reddito - cioè da 0 a 15.000 euro e da 15.001 a 28.000 euro - all'aliquota base del 23 per cento. Infatti, i vantaggi del primo modulo della riforma non hanno riguardato i contribuenti con redditi superiori a 28.000 euro, come peraltro più volte evidenziato dallo stesso Viceministro Leo.
  È importante, quindi, che, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, i prossimi interventi sulle aliquote siano rivolti a ridurre la pressione fiscale sui contribuenti del ceto medio. Un'ipotesi di lavoro, in tal senso, potrebbe essere quella di ampliare il secondo scaglione di reddito, con aliquota al 35 per cento, portando il limite massimo da 50.000 a 70.000 euro. Tale misura risulterebbe neutra rispetto alle varie tipologie di reddito e, pertanto, rispetterebbe il principio di equità orizzontale.
  L'intervento avrebbe certamente un costo, ma sarebbe comunque contenuto entro un limite massimo di 1.600 euro l'anno per ogni contribuente, per cui è certamente da preferire rispetto a un'eventuale riduzione dell'aliquota del 43 per cento, che avrebbe costi decisamente più elevati in quanto il beneficio sarebbe maggiore per i redditi più alti e molto più oneroso per le finanze pubbliche.
  L'intervento, inoltre, potrebbe essere graduato nel tempo, incrementando la soglia massima dello scaglione di reddito a cui applicare il 35 per cento, via via che le risorse si rendano disponibili.
  Per la crescita dei fattori strutturali del Paese, invece, è necessario realizzare la riforma degli incentivi fiscali per imprese e professionisti. Occorre predisporre un codice unico che deve muovere da un generale obiettivo di semplificazione per cancellare i casi di sovrapposizione e concentrare le policy sugli interventi ad alto impatto sull'economia.
  Una volta scelti gli interventi da agevolare, e quindi gli incentivi, è necessario garantire una maggiore stabilità agli incentivi stessi, rendendo strutturali le misure previste, e superare l'attuale eccessiva estemporaneità e frammentazione delle agevolazioni, che impediscono sostanzialmente l'efficiente programmazione degli investimenti da parte delle imprese, con conseguente Pag. 36perdita di competitività e di attrattività del nostro Paese.
  La relazione annuale sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive somma 2.457 agevolazioni, di cui 271 delle amministrazioni centrali e 2.186 di quelle regionali, che diventano 2.616 includendo garanzie e misure dell'Agenzia delle entrate.
  Occorre concentrare, quindi, le risorse a disposizione per misure a sostegno delle PMI, per lo sviluppo produttivo e territoriale, per l'occupazione, per le esportazioni e per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. In tale contesto, va anche realizzato un processo di revisione delle politiche di incentivazione degli investimenti edilizi, con particolare riferimento a quelli connessi alla riqualificazione energetica degli edifici, tenendo conto non solo dell'evoluzione delle politiche europee in tema di transizione energetica, ma anche degli effetti propulsivi legati alle misure agevolative in questione.
  Con la manovra di bilancio potrebbe anche essere avviato il lavoro di «potatura» delle oltre 600 tax expenditure, cioè delle detrazioni e deduzioni fiscali di cui i contribuenti italiani possono fruire, che costano allo Stato circa 128 miliardi di euro all'anno. La sforbiciata delle detrazioni fiscali potrebbe essere effettuata attraverso l'abbassamento della soglia di reddito da cui scatta la riduzione progressiva degli sconti fino al loro azzeramento. Al di là delle modalità con cui procedere alla revisione delle detrazioni...

  PRESIDENTE. Dottor Repaci, chiedo scusa se la interrompo, ma la invito ad arrivare per cortesia alle conclusioni.

  ANTONIO REPACI, consigliere con delega all'Area finanza aziendale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Quello sulle detrazioni fiscali era l'ultimo punto all'attenzione. Sostanzialmente, in conclusione, il nostro auspicio è quello che si riescano a trovare le risorse per ridurre la pressione fiscale almeno per il ceto medio e procedere ad una revisione degli incentivi in maniera tale da permettere al mondo delle imprese, in particolare, di avere una progettualità nel tempo e non estemporanea, con una corsa agli investimenti, per chi ci riesce, senza una definitiva programmazione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Repaci.
  Non essendovi interventi da parte dei colleghi deputati e senatori, ringrazio il nostro audito per il contributo fornito e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.30.