XIX Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 21 febbraio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 3 

Audizione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale C. A. Pietro Serino (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Serino Pietro , Capo di Stato Maggiore dell'Esercito ... 3 
Minardo Antonino , Presidente ... 12 
Malaguti Mauro (FDI)  ... 12 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Bicchielli Pino (NM(N-C-U-I)-M)  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Graziano Stefano (PD-IDP)  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Mulè Giorgio (FI-PPE) , intervento in videoconferenza ... 14 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Chiesa Paola Maria (FDI)  ... 15 
Graziano Stefano (PD-IDP)  ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Serino Pietro , Capo di Stato Maggiore dell'Esercito ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 19 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale C.A, Pietro Serino ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.35

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale C. A. Pietro Serino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'Armata Pietro Serino.
  Ricordo che l'audizione rappresenta l'inizio di un ciclo di approfondimenti istruttori con i vertici delle Forze armate, per fare il punto sullo stato dell'arte ed acquisire un utile orientamento per il lavoro della Commissione.
  Do, quindi, il benvenuto al Generale Serino e ai suoi accompagnatori, Generale di Brigata Bruno Pisciotta e al Maggiore Emanuele Ronchi, aiutante di campo.
  Dopo l'intervento del Generale Serino, sarà data la parola a un parlamentare per gruppo per un primo giro di interventi e, dopo la replica del Generale, potrà avere luogo un secondo giro di domande da parte di altri colleghi che ne facciano richiesta. Chiedo, dunque, ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do adesso la parola al Generale Pietro Serino per il suo intervento. Grazie.

  PIETRO SERINO, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Grazie presidente.
  Onorevoli deputate e deputati, vi porgo prima di tutto il mio saluto personale e anche di tutti i militari e il personale civile dell'Esercito italiano, istituzione che mi onoro di guidare da ormai due anni.
  Vi esprimo la mia gratitudine per avermi concesso l'opportunità di illustrare i principali temi di interesse della Forza armata, in un contesto storico in cui le sfide che siamo chiamati a fronteggiare sono molteplici, complesse e molto insidiose.
  La drammaticità degli eventi bellici che interessano l'Europa ha evidenziato non solo l'esigenza di mantenere apparati militari efficaci e prontamente impiegabili, ma ha anche rilevato al mondo il livello di estrema complessità che caratterizza le attuali operazioni militari. Il dirompente ingresso di nuove tecnologie e l'emergere di nuove dimensioni obbligano gli eserciti tutto il mondo a incrementare la specificità tecnica e le competenze professionali del proprio personale, a rinnovare i propri equipaggiamenti e a rendere più complesso e realistico il proprio addestramento. Il modello operativo adottato sul finire degli anni Novanta, orientato principalmente a fronteggiare le minacce asimmetriche e il dilagante fenomeno del terrorismo internazionale, appare oggi superato dagli eventi e non sufficiente a soddisfare le complessive esigenze di sicurezza. Questo perché i rischi e le minacce si vanno sovrapponendo. Pertanto, lo strumento militare nazionale, del quale l'Esercito è parte centrale, deve essere pronto a operare contemporaneamente nei cinque domini operativi, generando effetti sia nella dimensione fisica che in quella cognitiva; il tutto nell'ambitoPag. 4 delle quattro missioni che la legge ci affida.
  L'Esercito si trova quindi nella necessità, da un lato, di preservare e aggiornare le componenti che hanno consentito negli ultimi trent'anni di performare a livelli di eccellenza, da tutti riconosciuti, nel contesto della Terza missione interforze (il contributo alla stabilità internazionale) e nei diversi aspetti della Quarta missione interforze (pubblica calamità, sicurezza, intervento contro la pandemia); dall'altro, di ripristinare le capacità convenzionali classiche (in un indirizzo che abbiamo descritto in un documento elaborato lo scorso anno che si chiama Esercito 4.0) e, inoltre, acquisire la capacità di utilizzare pienamente le potenzialità insite nei nuovi domini operativi (cibernetico e spaziale), difendendosi nel contempo dai rischi e dalle minacce che vi risiedono.
  Il percorso intrapreso impatta sull'insieme dell'Esercito interessando tutte le responsabilità che la legge attribuisce ai Capi di Stato Maggiore, sia quelle di predisposizione dello strumento terrestre (che viene poi eseguito nel quadro dei piani approvati dal vertice politico) sia quello di preparazione all'impiego operativo.
  Nel prosieguo del mio intervento affronterò, quindi, in successione sei temi: quello del personale, quello dell'ammodernamento, quello delle infrastrutture, la specificità militare, l'addestramento e la logistica.
  Parto dal personale perché per l'Esercito rappresenta da sempre la componente vitale per esprimere capacità operative. Questo è, quindi, un settore che deve poter continuamente evolvere per rispondere adeguatamente alla complessità delle sfide e alla sicurezza, e gestire gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione. Senza perdere di vista il fatto che, come la cronaca ci mostra tristemente ogni giorno, alla fine le operazioni militari pongono uomini davanti ad altri uomini in drammatica lotta per la propria sopravvivenza.
  La gestione della complessità mi porta a evidenziare il tema del rapporto tra ufficiali e gregari, sul quale talvolta continuavo a leggere affermazioni e preconcetti.
  Duemila anni fa le legioni romane avevano un rapporto di un ufficiale ogni 80 uomini, però le distanze in cui operavano e la gittata dei mezzi a loro disposizione erano completamente diversi. A legislazione vigente, per l'Esercito è previsto un regime di 9 mila ufficiali su 89 mila militari, ovvero il 10 per cento. Nell'Esercito francese la percentuale si attesta al 13 per cento; al 17 per cento nell'Esercito tedesco e al 16 per cento in quello britannico. Non posso quindi che non condividere le affermazioni che talvolta attribuiscono all'Esercito una massiccia presenza della categoria ufficiali rispetto alle altre. Mi permetto di aggiungere anche un altro aspetto: nelle strutture di comando multinazionali si conta in virtù della presenza di ufficiali e le altre nazioni lo hanno ben chiaro.
  È di fronte a questa situazione che la Forza armata, nell'implementare i contenuti della legge n. 119 del 2022, approvata nella scorsa legislatura, ha chiesto anche un incremento di ufficiali, che dovrebbe portare un leggero miglioramento (la percentuale andrebbe al 10,5 per cento), disponendo di 9.800 ufficiali su 93 mila uomini. Si tratta di un piccolo passo verso numeri coerenti con quelli degli eserciti e delle nazioni con cui dobbiamo poterci confrontare, per far valere politicamente il peso economico e demografico dell'Italia e salvaguardare l'interesse nazionale. Poi tornerò sui numeri complessivi.
  Un secondo aspetto è quello relativo alla gestione della tecnologia. Anche qua dobbiamo uscire dalla demagogia: i tempi dei marescialli di fureria e dei sergenti urlatori sono finiti da un pezzo. Oggi i sottufficiali sono specialisti in grado di operare e manutenere piattaforme e sistemi d'arma sempre più complessi (parliamo di droni, elicotteri, radar, e tralascio la lunghissima lista che avevo fatto, ma tanto altro). Anche qui il confronto con gli altri eserciti è impietoso: abbiamo meno della metà dei sottufficiali dell'Esercito francese e dell'Esercito tedesco. Avvalendoci della richiamata legge n. 119, abbiamo chiesto anche un incremento di 1.900 sottufficiali. È un lieve miglioramento che, peraltro, sarà tutto a vantaggio dei volontari in servizio permanente,Pag. 5 che sono la categoria dai quali l'Esercito recluta in via prioritaria i propri sottufficiali. Ma rimarremo sempre lontani dagli altri e dalle necessità che derivano da un contesto tecnologico presente e futuro.
  Torno alla legge n. 119 per toccare un altro tema, che si configura come esigenza tipicamente dell'Esercito e che deriva dal fatto che, come ho già detto, c'è bisogno di personale giovane, perché anche l'età anagrafica conta.
  In questo campo si è fatto ma si può anche fare di più, affrontando e risolvendo efficacemente il tema della riammissione nel mondo del lavoro dei volontari a tempo determinato. Gli attuali istituti, ovvero la prioritaria stabilizzazione delle Forze armate nelle Forze di polizia, pur se efficace non è sufficiente. C'è bisogno di un meccanismo di effettivo incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, che possa essere conveniente per tutti gli attori coinvolti: lo Stato, le imprese e i volontari che hanno ultimato senza demerito la propria ferma. L'Esercito, da parte sua, può prevedere che nell'ultima parte del servizio si dedichi un periodo alla qualificazione professionale mirata, anche avvalendosi dei propri centri di formazione, i cui attestati, previa certificazione di qualità, andrebbero riconosciuti validi su tutto il territorio nazionale; come avveniva prima del 2008, ovvero prima che la competenza della formazione professionale fosse attribuita alle regioni amministrative. In parallelo, potrebbe anche prevedersi un periodo di congelamento, commisurato agli anni di servizio, che potrebbe anche essere funzionale per l'avvio di un'attività lavorativa autonoma.
  Come preannunciato, concludo l'esame del tema del personale affrontando la quantità, che è strettamente funzionale alla capacità di affrontare gli impegni di oggi e di domani. Non possiamo infatti ignorare che purtroppo, dopo 77 anni, la guerra tra Stati è tornata in Europa. Come detto in premessa, per l'Esercito si tratta di ripristinare capacità che negli ultimi anni parevano appartenere al passato ovvero a un futuro lontano, da integrare con nuove unità dedicate ai domini cibernetico e spaziale. L'orientamento generale è quello di tornare a numeri coerenti col modello professionale iniziale, purtroppo abbandonato nel 2012 sotto la pressione di una difficile situazione economica, fatta prevalere su considerazioni di carattere strategico-militare. Per l'Esercito significherebbe puntare al traguardo dei 110 mila uomini e donne, che, oltre a soddisfare le esigenze ordinative, corrisponderebbero anche esigenze qualitative e di ringiovanimento del personale che ho prima descritto. Una nuova legge consentirebbe anche di affrontare in un quadro organico il tema delle riserve (che so essere molto caro al Parlamento), uso il plurale perché si tratta di soddisfare almeno tre esigenze concorrenti.
  La prima è quella di integrare le professionalità assenti o numericamente non sufficienti in talune situazioni di impiego, oggi gestita con la riserva selezionata.
  La seconda è quella di disporre di unità per compiti di supporto, sia alle Alte Istituzioni dello Stato, nell'ambito della Quarta missione, sia delle stesse Forze armate professionali; esigenza che potrebbe essere appannaggio della costituenda riserva ausiliaria dello Stato, sempre prevista dalla legge n. 119. Al riguardo l'Esercito ipotizza di trarre vantaggio dall'esperimento del battaglione multifunzione, che diede buona prova di sé nella gestione dell'emergenza Abruzzo nel 2016. In sintesi, si tratta di organizzare unità che è opportuno avere, ma non è costo-efficace mantenere permanentemente attive.
  Ultima esigenza, direttamente legata alla condotta delle operazioni di combattimento, è la rigenerazione delle capacità operative, ovvero una riserva di mobilitazione.
  La riserva ausiliaria, in particolare, richiede una struttura permanente ad hoc: per la gestione delle attività di reclutamento e selezione, formazione e addestramento iniziale, gestione dei mezzi e degli equipaggiamenti, questi ultimi da acquisire una tantum. Le tre riserve, peraltro, potrebbero anche sostenersi l'un l'altra, in un quadro di ottimizzazione delle risorse organizzative e materiali impiegate alla bisogna. Su tutto questo l'Esercito è assolutamentePag. 6 in condizione di fornire know-how ed expertise, per l'elaborazione di specifiche progettualità o proposte di norma.
  Vengo al secondo capitolo, quello dell'ammodernamento.
  Già prima del mio mandato è stato intrapreso un quanto mai necessario processo di ammodernamento, la cui priorità verte principalmente sul rinnovo della componente corazzata, sull'adeguamento della protezione delle Forze alle diversificate minacce presenti sui campi di battaglia odierni, provenienti soprattutto dalla terza dimensione, e sulle capacità di ingaggiare obiettivi a lunga distanza, così come la componente elicotteristica. Tutte cose che sono diventate ormai di dominio pubblico, per colpa della cronaca giornaliera di quest'ultimo anno. Per ciò che attiene alle forze pesanti nelle loro diverse componenti, queste rappresentano un tassello fondamentale per la condotta di operazioni convenzionali. L'ultima progettualità in tale campo, peraltro mai completata per il radicale mutamento dello scenario geostrategico intervenuto tra il 1989 e il 2001, risale agli anni Ottanta, e portò all'acquisizione di 200 veicoli per la fanteria Dardo della sola versione di base, a fronte delle cinque varianti previste, e di 200 carri da combattimento Ariete. Entrambi i mezzi, proprio per le situazioni mutate, nel tempo non sono stati mai oggetto né di programmi di ammodernamento né di programmi di soluzione dell'obsolescenza logistica. Per ovviare a tale situazione, l'Esercito ha avviato nel 2019 un programma per aggiornare una prima quota di carri Ariete, nei settori della mobilità e ingaggio, comando e controllo. Il programma, che ha ricevuto il parere positivo delle Camere nella scorsa legislatura, è pronto a essere messo in esecuzione. Il completamento della componente per carri armati dell'Esercito, tenendo conto anche del trend internazionale che ha spostato nel futuro lo sviluppo di nuovi sistemi, delle opportunità di cooperazione industriale e dell'urgenza, ci porta a favorire l'acquisizione di carri allo stato dell'arte già in uso e, quindi, affidabili e dotati di una catena dotata di supporto logistico.
  Per quanto riguarda invece la grande famiglia della fanteria, oggi rappresentata dal citato veicolo blindato Dardo, appurata la non fattibilità di un programma di ammodernamento dello stesso perché non costo-efficace, e peraltro disponibili in numero largamente insufficiente alla necessità che si attesta su circa mille veicoli nelle diverse versioni specializzate, la bilancia pende per l'avvio di un programma di sviluppo e di acquisizione ex novo in grado di accompagnare l'Esercito per quarant'anni da oggi. È un programma che, per dimensioni e caratteristiche, deve vedere l'industria nazionale protagonista e favorirne anche il rilancio in ambito europeo. Fatta salva la forma di finanziamento, che ad oggi si basa su fondi pluriennali della Difesa, si tratta di una vera e propria legge cantieristica terrestre sul modello della nota legge navale. Nel transitorio un primo pacchetto di forze potrà essere equipaggiato con un sistema già in servizio, così come avverrà per il carro armato, anche questo già in servizio presso altri Stati europei, testato sul campo e dotato di una propria catena logistica. Questa iniziativa consentirebbe anche l'avvio di cooperazioni industriali interessanti, anche in un'ottica del futuro veicolo. Dal punto di vista tecnico-militare, i due mezzi sono stati individuati e la scelta è all'esame del vertice del Dicastero.
  La seconda priorità è la capacità di ingaggio di precisione e profondità, anche questa all'onore dei media. Questa si sviluppa attraverso l'impiego combinato di vari sistemi, sia di guerra elettronica sia di fuoco di precisione sia di droni. Partendo dal fuoco di precisione, è necessario un incremento di capacità dell'Esercito, dotando ad esempio di un sistema lanciarazzi tipo il notissimo Himars e di munizionamento circuitante a lunga gittata. A questi si affiancherà il munizionamento di precisione prodotto dalla ditta Leonardo Vulcano, nella versione a guida laser e GPS.
  Altra esigenza, confermata dagli ammaestramenti del conflitto russo-ucraino, è quella della la necessità di procedere in maniera coerente e integrata allo sviluppo e al potenziamento delle capacità di difesa Pag. 7dei dispositivi terrestri da minacce aeree, quali che esse siano, rivedendo dotazione e numeri dei sistemi in dotazione e creando un continuum prestazionale tra diversi segmenti capacitivi. Partendo da quella a media portata, rappresentato dal notissimo SAMP/T della ditta MBDA, al contrasto alla media portata, anche questo attraverso un prodotto di MBDA, che è italo-inglese, il missile Camm-er, anche questo in acquisizione, per andare poi al contrasto di minaccia a cortissima portata, comprendendo in tale ambito anche le capacità contro i droni, le categorie mini e micro. Tale sviluppo capacitivo dovrà chiaramente prevedere che la gestione dell'insieme dei sistemi avvenga in un unico centro di comando e controllo integrato.
  Con particolare riferimento alla cortissima portata, l'Esercito sta proponendo lo sviluppo di un sistema di tecnologia nazionale, appoggiandosi a MBDA Italia, da prevedere in diverse configurazioni, sia veicolare che spalleggiabile, accumulate dalla possibilità di impiego di un'unica arma. Tale sistema, che soddisferebbe anche l'esigenza di altre Forze armate, può essere anche interessante dal punto di vista dell'export. L'ingranaggio contro i droni e contro le munizioni sarebbe invece appannaggio del precedente citato programma di ammodernamento delle piattaforme corazzate per la fanteria.
  Per terminare questa carrellata sui principali programmi di ammodernamento, la Forza armata sta lavorando da tempo con Leonardo sul nuovo elicottero da esplorazione e scorta, il quale ha già iniziato i test di volo la scorsa estate, e che presenta innovazioni tecnologiche avanzate nei settori della digitalizzazione, della connettività e nell'integrazione dei sistemi che lo rendono un elicottero molto interessante e già proiettato nel futuro. Da ultimo, l'Esercito ha lanciato un programma per dotare in maniera capillare tutte le sue unità di droni delle categorie mini e micro, che – come si può vedere dai reportage provenienti dall'Ucraina – rappresentano un sistema di larghissimo uso. Su questo tema auspichiamo una semplificazione normativa che renda più snella e veloce le certificazioni dei velivoli e l'abilitazione degli operatori, integrando, in un'ottica di semplificazione appunto, le regole e le procedure utilizzate già in ambito civile.
  I processi di ammodernamento e rinnovamento richiedono risorse adeguate in conto capitale e ancora più certezza, profondità e stabilità degli stanziamenti. Tale richiesta è ancora più pressante per l'attuale momento storico, che ha determinato una vera e propria accelerazione al rinnovamento degli eserciti in tutta Europa. Tale dinamica sta determinando un sovraccarico in termini di domanda per i principali sistemi che, se non si vuole accumulare ulteriore ritardo, impone l'avvio delle imprese in un lasso di tempo molto breve. Inoltre la produzione dei sistemi, anche più semplice, richiede l'attivazione di una catena di medie e piccole imprese produttrici della componentistica, che se non avviata per tempo impone ulteriori ritardi nella produzione. Procedere per singoli fondi della Difesa, rifinanziando annualmente i singoli progetti, allunga i tempi, aumenta i costi e diminuisce l'efficacia dei programmi: non solo dell'Esercito, ma dell'intero strumento militare perché il conflitto moderno è multidominio, cioè condotto attraverso attività coordinate e integrate in tutte le cinque dimensioni. Sarà, quindi, la componente tecnologicamente meno forte a condizionare l'efficacia dell'intero sistema.
  Nel tempo, per scelte operative di contingenza, la Forza armata ha accumulato un grave ritardo capacitivo che, per essere colmato, richiederà negli anni a venire risorse pari al doppio di quelle che normalmente avverrebbe in un modello equilibrato nel quale la componente terrestre assorbe circa il 25 per cento, o giù di lì, delle esigenze complessive dello strumento. Sostengo quindi con forza tutte le iniziative (so che ne ha parlato anche il signor Ministro della difesa) per giungere a un maxi fondo che sommi almeno tre delle attuali annualità, associate anche a norme di semplificazione amministrativa e contabile. Ne beneficerebbero non solo le Forze armate, ma l'intero sistema Paese; e per certi versi anche l'Unione europea, alla ricerca di un'autonomia strategica nel campo della Pag. 8sicurezza e difesa e di una migliore efficacia del proprio sistema produttivo.
  Progettualità, risorse finanziarie, capacità ingegneristica tecnologica e produttiva di una valida industria della Difesa nazionale a supporto dell'Esercito significa garantire al Paese resilienza, sovranità e autonomia strategica, nonché porsi nelle condizioni per giocare una partita da protagonisti nei principali programmi di cooperazione europea che oggi coinvolgono prevalentemente il settore terrestre, come stiamo ascoltando in queste ultime settimane. Per l'Esercito significa anche avere la disponibilità di sistemi efficaci, credibili e pienamente integrati in ambito nazionale e multinazionale. Giudico, quindi, necessario promuovere, nell'ambito del sistema difesa, la creazione di un polo industriale terrestre che, grazie alla collaborazione sinergica tra grandi imprese del settore e la filiera ramificata di piccole e medie imprese ad elevato contenuto tecnologico, possa garantire il soddisfacimento delle esigenze di innovazione dell'Esercito. Il non più rinviabile rinnovamento della Forza armata, in particolare la progettualità legata alla componente corazzata, costituisce un'opportunità forse irripetibile per dare corpo e sostanza al suddetto polo, che attualmente potrebbe incentrarsi sul consorzio Iveco-Oto Melara attraverso un rafforzamento industriale dello stesso.
  Per completare i primi tre settori veniamo alle infrastrutture. In tale ambito, per accompagnare il processo di acquisizione dei nuovi mezzi di equipaggiamento, assume particolare rilievo l'ammodernamento e il rinnovamento del parco infrastrutturale logistico. Esso rappresenta da sempre un elemento abilitante per l'assolvimento delle missioni assegnate alla Forza armata. Oggi abbiamo la necessità di predisporre rimesse, magazzini ed officine per assicurare la conservazione, il mantenimento e l'efficienza dei mezzi necessari all'Esercito. Si tratta di replicare su scala nazionale un approccio, già adottato in passato, per introdurre in servizio il veicolo blindato 8x8 Freccia, che ha portato in Forza armata la digitalizzazione sulle singole piattaforme. Le unità e le basi destinate ad accogliere i sistemi che ho precedentemente indicato, devono quindi essere oggetto di programmi di potenziamento delle relative infrastrutture, in quanto la nostra capacità di assolvere i compiti operativi si basa su un primo trinomio inscindibile: i reparti, le infrastrutture logistiche e le aree addestrative, su cui tornerò a breve.
  Partendo dall'attuale dislocazione dell'Esercito sul territorio nazionale, con riferimento alle brigate ed in continuità con il progetto caserme verdi lanciato dal Generale Farina, si dovrà investire in campo infrastrutturale, nell'ordine, nelle regioni della Brigata Garibaldi (Campania e Calabria), della Brigata Aosta, in Sicilia e della Brigata Sassari in Sardegna. La scelta di natura operativa incontra anche le aspettative del personale dell'Esercito, che in quelle regioni ha le proprie radici. Lo Stato Maggiore, in collaborazione con il Comando Operativo Forze Sud (infatti parliamo di tutte le regioni centro meridionali) di Napoli e il Dipartimento infrastrutture dell'Esercito ha avviato sul tema una serie di approfondimenti, anche sul territorio e in contatto con le istituzioni locali. È un'esigenza che ha anche la potenzialità di mettere in moto un ciclo virtuoso che toccherebbe parecchi temi. Voglio solo citare: la capacità delle nuove infrastrutture di garantirsi la propria sufficienza energetica; la generazione di un indotto mediante l'integrazione Esercito-aziende per le attività di manutenzione; la ricollocazione nel mondo del lavoro dei volontari a fine ferma nel predetto indotto produttivo, e la sinergia tra Esercito, demanio ed enti locali per valorizzare le aree e i sedimi oggi improduttivi, evitando l'ulteriore consumo di territorio.
  A tutto quanto precede si accompagna il prosieguo dell'impegno a far crescere capacità di alloggiare e supportare il personale militare, in particolare nei grandi centri urbani e nelle aree di forte criticità alloggiativa. Nel campo degli alloggi c'è un primo dei temi delicati con cui l'Esercito si confronta ormai da tempo: il bilanciamento tra le esigenze e le aspettative dei singoli e le necessità dell'istituzione: in pochePag. 9 parole, il tema dei cosiddetti sine titulo. L'emanazione di un nuovo decreto sulla gestione degli immobili della Difesa, che introduca il parametro dell'ISEE, quale criterio per una più valida valutazione dell'effettiva capacità reddituale dei beneficiari degli alloggi, consentirebbe un giusto equilibrio dei due interessi, assicurando la protezione delle categorie meritevoli di tutela e il soddisfacimento delle vere ragioni sottese agli alloggi di servizio, che è dare una casa a chi è soggetto a trasferimenti di autorità.
  Nel passare a esaminare i temi che riguardano la preparazione dello strumento, restiamo nel campo dei temi delicati che devono essere affrontati dall'Esercito in totale collaborazione e sintonia con il Parlamento e l'Esecutivo.
  Il primo è l'attuazione del principio della specificità militare, che trova il suo primo fondamento nella legge n. 382 del 1978, norme di princìpi della disciplina militare (l'anno in cui io entravo in Accademia, peraltro), ripreso successivamente in vari articoli del codice dell'ordinamento militare e della legge n. 183 del 2010. Cosa dice? Lo recito velocemente perché lo ritengo molto importante: «Ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce a tutti i cittadini. Per garantire l'assolvimento dei compiti propri delle Forze armate sono imposte ai militari limitazioni nell'esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l'osservanza di particolari doveri, sempre nell'ambito dei princìpi costituzionali». E, quindi, si parla di bilanciamento tra diritti e doveri. La specificità militare vede, quindi, da un lato la tutela sociale del militare e della sua famiglia; dall'altro, i particolari doveri dei servizi assunti con lo status militare. La complementarità tra i due talvolta non è per nulla facile. Si pensi, ad esempio, all'evoluzione del quadro normativo della legge n. 104 del 1978, che è passato da una disciplina che prevedeva la possibilità per l'amministrazione di bilanciare l'interesse assistenziale con quelli funzionali, ad un diritto soggettivo in capo al richiedente. Tale riformulazione ha un peso non trascurabile per la prontezza dei reparti, in quanto chi usufruisce dei benefici della legge n. 104 non può essere trasferito, non può essere impiegato fuori sede o in servizi notturni e prolungati. La platea del personale con questa limitazione è destinata ad aumentare, anche in virtù delle novità introdotte dal decreto legislativo n. 105 del 2022, che ha eliminato il requisito del cosiddetto referente unico. Anche in ragione degli impegni che l'Esercito, così come le altre Forze armate, sarà chiamato a fronteggiare, è forse giunto il momento di affrontare organicamente il tema della specificità militare attraverso una norma quadro ad hoc, così come per esempio recentemente è avvenuto per regolare il diritto alle libertà sindacali. In sostanza, bisogna declinare come si coniugano i doveri di un operatore del settore difesa in una società moderna, doverosamente, e giustamente direi, attenta ai diritti dell'individuo e alle tutele sociali. Mi viene da pensare a un welfare dedicato che abbia anche la funzione di tutelare le fragilità che un servizio stressante e impegnativo come quello operativo può generare. Sono temi che noi militari conosciamo bene e che ad oggi abbiamo affrontato con gli strumenti e le risorse disponibili: tra questi rientrano gli alloggi di servizio, che ho citato; la costruzione di asili nido; le strutture per recupero psicofisico, come le basi logistiche e foresterie, in passato viste come un privilegio di casta; la recentissima costituzione dell'infermeria presidiale, dotata di una sezione per il monitoraggio, diagnosi e cura del disagio psicologico; l'assicurazione sanitaria integrativa e altri. A fronte di tali progetti, che auspico opportunamente inquadrati dal punto di vista normativo (e anche sostituiti da ulteriori risorse perché si può fare meglio), devono prevedersi altre norme, oggi assenti, che rendano tutto il personale con le stellette impiegabile senza limitazione di luogo e di tempo nelle situazioni di crisi e di emergenza, e con specifici accorgimenti che consentano il loro aggiornamento professionale e il loro doveroso addestramento. Ritengo sia un obiettivo conseguibile, ed è sicuramente una condizione per rendere pienamente efficace e pronto lo strumento militare. Anche in questo caso lo Stato Pag. 10Maggiore dell'Esercito è pronto a mettere a disposizione tutto il know-how che possiede.
  L'addestramento è il secondo aspetto della preparazione delle Forze. Esso è essenziale per la condotta di ognuna delle quattro missioni interforze, come abbiamo apprezzato in questi anni nelle attività di protezione civile, nella gestione della pandemia, nell'operazione Strade Sicure o come possiamo apprendere ogni volta che ci interfacciamo con le autorità dei Paesi dove operano i soldati italiani (nei Balcani, in Africa e nel Medioriente). L'addestramento più complesso, oneroso e impegnativo però è quello relativo alla Seconda missione interforze, la difesa diretta degli spazi euro atlantici da ogni tipo di aggressione, come è stabilito dal Trattato Nord Atlantico, da un lato, e dal Trattato di Lisbona, dall'altro. Nei fatti nessuna unità può essere efficacemente impiegate se non addestrata. Diciamo che l'addestramento si pone nei confronti delle attività militari come la formazione del lavoro e i correlati aspetti antinfortunistici si pongono nei confronti delle attività produttive.
  Per addestrarsi ci vogliono aree addestrative, e qui tocchiamo un altro tema delicato, l'ultimo e forse il più delicato, perché riguarda la salvaguardia dell'ambiente, principio che dal febbraio del 2022 è divenuto costituzionale. In Italia le aree addestrative dove i nostri reparti possono svolgere esercitazioni a fuoco sono poche, sono piccole (vi assicuro che anche qui il confronto con Francia, Germania e Regno Unito è impietoso) e soggette a limitazioni. Sono talvolta lontani dalle caserme dove le unità vivono e, quindi, impongono lunghi trasferimenti, e spesso sono coincidenti con siti d'interesse comunitario. Perché paradossalmente, negli anni della cementificazione del territorio e delle coste, le sedi militari hanno funzionato da barriera.
  Entrando nei numeri, l'Esercito dispone di tre aree addestrative a livello di battaglione, cinque a livello di compagnia e due aree addestrative dove possiamo fare tiri in movimento con i carri armati e i veicoli blindati pesanti. Tutte sottoposte a numerose chiusure stagionali. In solo quattro di queste si può addestrare l'artiglieria, con distanze – vi assicuro che risalgono a oltre un secolo fa – tra i 5 e i 7 chilometri, largamente insufficienti a fare un addestramento significativo. Per quanto riguarda la contraerea abbiamo un solo poligono sul territorio nazionale: quello di Salto di Quirra in Sardegna. Troppo poco per un Esercito che annovera circa sessanta battaglioni da combattimento, con relative duecento compagnie, che debbono potersi esercitare ciclicamente.
  L'Esercito, da un lato, ha posto in essere tutto quanto previsto dalle leggi vigenti per tutelare l'ambiente nei propri poligoni, e farà ancora meglio man mano che la tecnologia metterà a disposizione nuove modalità per ridurre l'impatto ambientale, così come aumenterà il ricorso ai sistemi di simulazione per ridurre le attività a fuoco e incrementerà, compatibilmente con le risorse e le disponibilità finanziarie, lo svolgimento dell'attività addestrativa all'estero; dall'altro, le esercitazioni a fuoco in Italia comunque non potranno mai essere completamente eliminate, anche direi soprattutto a tutela del personale che quei mezzi e quei sistemi d'arma potrebbe essere chiamato a utilizzare. Anche in questo caso penso, quindi, sia necessaria una collaborazione con le istituzioni per individuare nuove aree addestrative, che diano maggiore efficacia delle attività stesse e le distribuiscono anche su diverse zone della penisola. Perché, come ho detto, oggi siamo concentrati in pochissime aree; in particolare, la Sardegna, la Puglia e il Lazio.
  Chiudo questa carrellata sull'Esercito affrontando il tema delle attività logistiche, senza le quali nessuna operazione sarebbe possibile. Peraltro, penso ricordiamo tutti il ruolo del comando logistico dell'Esercito nella gestione del contrasto alla pandemia.
  La logistica si basa su infrastrutture e attrezzature che ho già toccato, sulle scorte, sul personale specialistico militare e civile e su risorse finanziarie di parte corrente. Uscendo dall'ortodossia dottrinale molto tecnica, dividerei le attività logistiche in tre diversi livelli: il primo, a stretto contatto con le unità, è di competenza esclusiva della componente militare. Qui stiamo intervenendoPag. 11 massicciamente grazie ai contributi della legge n. 119 del 2022, dedicando gli incrementi di personale che ho prima citato per l'80 per cento alle categorie e ai Corpi e Armi logistici e, inoltre, proponendo l'unificazione del Corpo degli ingegneri e dell'Arma trasporto militari, iniziativa avviata dal mio predecessore e da me proseguita con determinazione perché – partendo dall'unificazione della formazione tecnico-ingegneristica (abbiamo bisogno di molti più ingegneri rispetto al passato) – consentirà un impiego più flessibile della componente umana, rendendo comuni esperienze tra le diverse Armi e permettendo a un unico Corpo di seguire la vita di un qualsiasi sistema d'arma, dalla sua concezione alla sua alienazione. Per l'organizzazione dell'Esercito è un passo innovativo, lungamente meditato, ma che il processo tecnologico accelerando sui tempi rende assolutamente necessario. Sul livello della logistica operativa impatterà anche largamente l'utilizzo della robotica e dell'intelligenza artificiale, a cui l'Esercito sta dedicando un progetto di sperimentazione di imminente avvio permettendo di ridurre l'impiego delle risorse umane, poche e preziose; consentendo una dispersione sul terreno delle attività che incrementa la sicurezza; e, da ultimo, efficientando gli interventi attraverso logiche predittive e diagnostiche controllate da specifici software.
  Il secondo livello: la base logistica militare nazionale, che conferisce resilienza all'Esercito. Questo è il luogo di eccellenza per il personale civile della Difesa, dove avremo la competenza specialistica e l'esperienza. Per effetto del blocco del turnover e delle riduzioni previste dalla legge n. 244 del 2012, l'Esercito sta subendo, come la Marina e l'Aeronautica, un drammatico calo delle consistenze del personale civile. Un calo grave numericamente e gravissimo per le competenze. Oggi l'Esercito ha poco meno di 6 mila civili (e purtroppo i pensionamenti continuano ad andare avanti), a fronte di un'esigenza di 9.500 unità, con le principali carenze concentrate sui poli logistici di Piacenza, Terni, Roma, Nola e presso l'Istituto Geografico Militare di Firenze, unico istituto geografico dello Stato. Nel campo del personale civile è necessario accelerare i programmi di assunzione, molti peraltro già finanziati, perché per talune professionalità il tempo è già scaduto: renderne l'utilizzo più flessibile, superando la distinzione tra personale tecnico militare e civile, che non risponde talvolta a logiche operative; riconoscere la specificità del personale civile della Difesa rispetto al resto del pubblico impiego, specie per quello che sostiene direttamente la componente operativa della Forza armata; rivederne anche le consistenze, laddove si porrà mano a livello complessivo alle consistenze della Difesa.
  Il terzo livello logistico è quello industriale, che dà resilienza al Paese. Altro motivo per dare forza, concretezza e prospettiva a un polo industriale terrestre per la Difesa. Non parlo solo di grande impresa, ma anche di piccola e media, che spesso possiedono in campo logistico capacità uniche. L'esternalizzazione di questo terzo livello della logistica, anche alla luce della situazione internazionale, dovrebbe inquadrarsi all'interno di una rinnovata legislazione sui servizi essenziali e di emergenza. Ci sono attività e servizi di produzione che non debbono mai interrompersi, come abbiamo visto e sperimentato durante la pandemia.
  Ho volutamente lasciato per ultimo il tema delle risorse, perché la logistica si basa, come peraltro l'addestramento, sulla cosiddetta spesa corrente, che impatta significativamente sui saldi di finanza pubblica. E proprio in virtù di tale ragione nel passato i consumi intermedi sono stati fortemente sotto finanziati, con effetti negativi sulla consistenza delle scorte, sia di carburanti che di munizioni (cosa che conosciamo ormai tutti), sull'efficienza dei mezzi, dei sistemi d'arma e sulla manutenzione delle infrastrutture. Non posso, quindi, che vedere ancora una volta con favore le iniziative volte a riclassificare e riqualificare la spesa della Difesa, anche in ambito europeo, sia quelle di conto capitale sia quelle di parte corrente, perché le due sono intimamente connesse e tra loro correlate nell'efficienza e nell'efficacia dello strumento militare.Pag. 12
  Al termine di questa lunga, e spero non troppo veloce, articolata disamina sui principali temi di interesse dell'Esercito, sul suo stato di salute, sulle sue prospettive e sulle sue esigenze, mi corre l'obbligo di tornare all'inizio. Ovvero alla situazione internazionale di grave crisi e piena di incognite su tre dei quattro punti cardinali: al nord dove si affaccia il problema dell'Artico; ad est e a sud. Tutte aree dove il confronto tra l'Occidente euroatlantico e all'assertività della Russia e della Cina si sposta tra il mare e la terra e viceversa, in una continuità che supera le diversità fisiche delle cosiddette dimensioni operative; perché le operazioni multidominio presuppongono esse stesse un concetto di contiguità e di integrazione e impongono alle diverse Forze armate di operare congiuntamente allo stesso livello di tecnologia e capacità.
  Non mi sentirete mai dire che l'Esercito è più importante degli altri, ma è sicuramente essenziale come gli altri. Attraversiamo un momento nel quale (a mia memoria, però) non c'è stata mai analoga vicinanza tra cittadini e Forze armate, tra il mondo in uniforme e il Parlamento. Sono pertanto fiducioso che l'Esercito riceverà le risorse umane, materiali e le norme di cui necessita, non solo perché sono un inguaribile ottimista, ma per quanto vedo e per l'impegno e l'attenzione che percepisco da parte di tutte le istituzioni coinvolte.
  Onorevoli deputate e deputati, grazie per avermi ascoltato, sono ovviamente a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Generale Serino per l'ampia ed esaustiva relazione.
  Prima di dare la parola ai colleghi ci tengono a trasmettere, tramite Lei, i nostri più sinceri sentimenti di gratitudine agli uomini e alle donne dell'Esercito, che quotidianamente sono impegnati sul territorio nazionale e all'estero per garantire la sicurezza del nostro Paese e promuovere lo sviluppo e la pace in diversi contesti di crisi.
  Do adesso la parola ai colleghi che ne hanno fatto richiesta, cominciando dall'onorevole Malaguti. Prego onorevole.

  MAURO MALAGUTI. Grazie. Ho un paio di domande.
  Ovviamente, non avevo dubbi che Lei ci spiegasse che non solo il nostro Esercito, ma anche tutte le altre nostre Forze armate sono indietro rispetto ad altri Paesi e, d'altronde, ce l'ha detto anche il Ministro, considerato che noi adesso siamo all'1,38 del PIL impegnato nella Difesa quando invece abbiamo con la NATO un accordo per raggiungere il 2 per cento del PIL, che non abbiamo mai rispettato malgrado tutti i Governi che si sono succeduti abbiano affermato di voler rispettare questo impegno, quindi è evidente che tutte le nostre Forze armate sono indietro rispetto alle altre.
  Vengo alle due domande che vorrei porre.
  Sentiamo parlare di una qualche forma di leva o di riservisti. Io sono convinto che oggi si debba puntare solo su un Esercito professionista, perché non credo che questa ipotesi possa servire a alcuna forma di difesa o altro anche se può essere formativo per i giovani fare un'esperienza di questo tipo o potrebbe costituire l'anticamera per chi poi decide di dedicare la propria vita alle Forze armate.
  Quello che le chiederei è, nel caso in cui si dovesse realizzare una forma di riserva o una nuova forma di leva, quali sarebbero i tempi necessari per gestire queste persone, perché abbiano quel minimo di esperienza sufficiente o per decidere di dedicare la propria vita alle Forze armate o per avere una qualunque utilità in caso di riserva.
  La seconda domanda, a cui non le chiedo di rispondermi perché probabilmente sono notizie che devono essere riservate, ma Le chiedo solamente di dire se, secondo Lei, sarebbe fattibile. Noi abbiamo parecchi carri Leopard 1 che sono obsoleti e, per fortuna giacciono inutilizzati, perché non abbiamo nessun motivo di utilizzarli. Stiamo aiutando l'Esercito ucraino a difendersi, chiaramente, non a offendere. Secondo Lei sarebbe fattibile attrezzare alcuni di questi carri con un sistema C-Ram, so che c'è il Porcospino 40 millimetri, magari associati a unità Drago, in modo che possano avere una discreta utilità come arma di difesa antiaerea, che è la principale necessità dell'EsercitoPag. 13 ucraino e che, con queste dotazioni, possano essere fornite effettivamente all'esercito ucraino in modo da dotarlo di strumenti di una qualche efficacia di difesa? Non le chiedo di rispondere se questo è previsto o è già stato fatto, le chiedo solo di rispondermi se, secondo Lei, questo sarebbe fattibile. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola all'onorevole Bicchielli.

  PINO BICCHIELLI. Grazie signor Generale. In premessa la voglio ringraziare per la relazione dettagliata, puntuale, molto preziosa per il nostro lavoro. Anch'io sento questa estrema vicinanza tra l'Esercito italiano, le istituzioni, il Parlamento e soprattutto i cittadini in questa fase.
  C'è un punto, forse lo ha anche detto, però mi è sfuggito. Lei, durante il suo intervento, ha messo in evidenza la necessità di addestrare il personale dell'Esercito; personale che, giustamente, vista anche l'esiguità dei numeri (ci ha parlato di 89.400 unità impegnate in operazioni sia sul territorio nazionale che all'estero) non è assolutamente sufficiente ad onorare tutti gli impegni e quindi, di fatto, l'addestramento ne va a risentire, come ci diceva.
  Le chiedo, dunque, se ha ipotizzato un'attenzione specifica, fermi restando l'esigenza e il contatto con la realtà e con il real training (glielo dico da vecchio capocarro, quindi le cose che Lei ha detto le ho vissute sulla mia pelle a Torre Veneri), visto che sarà secondo me molto complicato trovare aree addestrative di certe dimensioni nel brevissimo periodo, e se non è il caso di implementare tutto l'utilizzo di simulatori e di addestramenti virtuali per rafforzare l'area dell'addestramento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Bicchielli. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Graziano, prego.

  STEFANO GRAZIANO. Innanzitutto buongiorno Generale e grazie per la sua relazione. Mi associo ai ringraziamenti e alla vicinanza che ha già espresso il presidente, agli uomini e alle donne dell'Esercito impegnati per la sicurezza del Paese. Ho perso il primo pezzo della sua relazione, e mi scuso.
  La mia domanda è sostanzialmente una domanda di geopolitica. Qual è la sua idea di ciò che si realizza sul piano europeo e, quindi, sul versante ucraino e quali sono le possibili condizioni di sviluppo che si possono creare del quadro bellico?
  Seconda cosa. Lei, con riguardo al personale, ha detto alcune cose a mio avviso molto importanti, sulle quali noi come parlamentari, ma anche come Commissione, dovremmo fare un approfondimento per capire come poter dare una mano oltre che incrementare i fondi. Mi riferisco, innanzitutto, all'ammodernamento degli alloggi di servizio, che molto spesso sono un po' datati. Efficientarli sarebbe un elemento, a mio avviso, fondamentale. Mi riferisco anche agli asili nido. Inoltre, come parlamentare del gruppo del Partito Democratico, insieme a tutto il gruppo del Partito Democratico in Commissione difesa, ho presentato una proposta di legge che riguarda la rivalutazione delle pensioni dei militari che vanno in quiescenza, con un coefficiente che permette di dargli un quid in più. Perché ovviamente il dato oggettivo è che, passando dal sistema retributivo al sistema contributivo, andando in pensione a 57/58 anni si troverebbero in una condizione difficile. Le chiedo anche, secondo Lei, entro quando, sarà possibile realizzare le condizioni sindacali previste, originariamente dalla legge nel limite di un anno, per permettere di avviare il processo di sostituzione dei COCER con le associazioni sindacali.
  Ultima cosa. Mi pare evidente che bisognerebbe, per quello che Lei ci ha detto, aumentare le aree addestrative o meglio forse allargarle, perché è difficile oggi immaginare altre aree addestrative e, forse, è più utile trovare un modo per allargarle. Il tema dell'addestramento è, infatti, un tema fondamentale. Mi fermerei qui e la ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Graziano. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Mulè, collegato da remoto. Prego onorevole Mulè.

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  GIORGIO MULÈ, intervento in videoconferenza. Grazie presidente. Saluto il Generale Serino.
  Stamattina, con il consueto coraggio, ci ha consegnato parole di verità e, di questo, io gliene voglio dare atto ringraziandolo perché queste relazioni a volte, come sappiamo, sono contornate da simpatiche cornicette. Invece, il più alto ufficiale dell'Esercito oggi consegna a questa Commissione, signor presidente, quello che – se questa fosse un'azienda – sarebbe un quadro da prefallimento e di consegna dei libri in Tribunale. Quindi, ancor di più, al Generale Serino e all'Esercito non vanno le lodi, va – da parte del Parlamento – una presa di coscienza di quello che, senza giri di parole, il Generale ha consegnato a questa Commissione, con aggettivazioni che trasudano la volontà di andare oltre; perché, viceversa, è una situazione da Tribunale, da fallimento sia sul numero dei soldati, quando si chiede un aumento superiore al 20 per cento si dice che c'è un problema endemico nelle Forze armate, sia sull'ammodernamento, sia sulle aree addestrative.
  Allora le domande che pongo al Generale Serino – del quale, ripeto, voglio sottolineare con forza il suo altissimo senso delle istituzioni non avendo nascosto nulla alla Commissione e al Parlamento di quello che è il quadro reale dell'Esercito italiano – vanno nella direzione di avere alcuni dati che possano ulteriormente spingere la Commissione, il Parlamento, a fare quel che non è stato fatto fino adesso e a farlo nel più breve tempo possibile.
  Quando Lei, Generale, ci parla delle aree addestrative e le classifica come assolutamente insufficienti senza dar luogo a un confronto che sarebbe impietoso, come giustamente ha detto, con le altre nazioni, io le chiedo, avendo l'Esercito italiano se non ricordo male 60 battaglioni e 200 compagnie, ogni quanto riusciamo a farli addestrare? Avendo soltanto tre aree per i battaglioni e due aree di tiro, ogni quanto riusciamo a farli addestrare? Le chiedo anche se per farli addestrare non siamo costretti, magari, ad andare in poligoni che stanno all'estero con spese, peraltro, che si portano dietro. Inoltre, sempre sulle aree addestrative, volevo chiederle una cosa che mi risulta dall'esperienza di sottosegretario alla Difesa, e che i Capi dell'Esercito soggetti a previsioni penali nei confronti di leggi ambientali che ne mortificano l'esercizio istituzionale. Le chiedo, dunque, se su questo c'è una modifica o comunque un punto da poter modificare al più presto per mettere in condizione i Capi della Forza armata di proteggere la Patria secondo quello che lo Stato, e prima ancora la Costituzione con l'articolo 52, richiede potendo serenamente addestrare i nostri soldati.
  Poi, quando Lei signor Generale ci parla dell'ammodernamento, e qui bisogna ulteriormente amplificare le parole di verità che Lei ha consegnato, e del programma avviato nel 2019 relativo all'ammodernamento di 125 carri Ariete, probabilmente tutto questo va completato dicendoci, se si può dire, qual è in questo momento il tasso di efficienza dei mezzi corazzati in dotazione all'Esercito italiano. Lo chiedo anche per capire e per dare l'idea a questo Parlamento dell'enorme, a mio giudizio, pericolo a seconda dei dati che ci darà, rispetto alla capacità di questo Stato di potersi difendere nella malaugurata ipotesi il dover far ricorso alle Forze armate.
  Sorvolo su tutto il resto.
  L'ultima considerazione sul personale civile che è in una situazione drammatica, io aggiungerei tragica, perché i poli (citava Terni eccetera) hanno un problema oramai di sopravvivenza reale. Sono stati avviati dei concorsi, sono previste alcune assunzioni ma se può dirci in quanto tempo il turnover previsto potrebbe continuare a far vivere questi poli, forse daremo a questo Parlamento il dato reale dello stato dell'arte.
  Io la ringrazio davvero; mi scuso se sono stato troppo diretto nell'esposizione, ma proprio per dare giustizia alle sue parole mi sentivo, e mi sento, in dovere di chiederle questi ulteriori approfondimenti, proprio per dare sostanza al coraggio della verità che Lei oggi ci ha consegnato. Grazie ancora.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Mulè. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Chiesa.

  PAOLA MARIA CHIESA. Grazie Presidente. Buongiorno a tutti.
  Più che un intervento, il mio vuole essere un ringraziamento. Grazie signor Generale per essere qui oggi e per avere illustrato le linee programmatiche con passione ed entusiasmo. Passione ed entusiasmo che ormai sta caratterizzando i due anni del suo mandato.
  L'Esercito, all'interno delle Forze armate, ha sempre avuto un ruolo di primo piano. L'Esercito a mio avviso, sarò anche di parte, è l'eccellenza all'interno delle Forze armate: un Esercito che è davvero 4.0. Un Esercito di professionisti, proiettato verso il futuro, in grado di risolvere tutte le problematiche che si stanno verificando e di arrivare a tutti gli scenari del futuro nei vari domini. Quindi, davvero grazie per essere qui e grazie a tutti i suoi uomini che, a mio avviso, lo dico sempre, sono lo specchio migliore della nostra società.

  STEFANO GRAZIANO. Volevo fare solo una piccola integrazione a proposito della Brigata Garibaldi, siccome sono casertano. Le vorrei chiedere quali sono le criticità su cui bisognerebbe puntare l'attenzione sia per quello che riguarda la Brigata Garibaldi, ma in generale anche sulla vicenda del Mezzogiorno, lì dove ci sono gli insediamenti.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi do la parola al Generale Serino per le risposte alle domande dei colleghi. Prego.

  PIETRO SERINO, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Parto dalla prima domanda sulla leva e i professionisti. Abbiamo affrontato il tema di quale può essere un periodo minimo di formazione nel predisporre, su mandato dello Stato Maggiore della Difesa, una bozza di schema per l'implementazione del concetto della riserva ausiliaria dello Stato, cioè quella che serve per sostenere le forze professionali, perché ci sono alcune funzioni per le quali magari non è costo efficacia impiegare personale a lunga ferma, e anche per sostenere gli impegni della Forza armata sul territorio nazionale nella Quarta missione, come peraltro la legge che la istituisce recita. Il periodo lo abbiamo individuato tra i tre e i quattro mesi, comprensivo sia della formazione di base, sia della formazione tecnica minima necessaria per poter assolvere i propri compiti. La riserva ausiliaria prevede la possibilità di una doppia alimentazione, sia dal civile che dagli ex militari. Quindi, il problema di addestrare un cittadino o una cittadina che decide volontariamente di aderire a questa iniziativa, è un tema che dobbiamo affrontare.
  Il tempo, per i puristi dell'addestramento, può sembrare lungo, ma in realtà lo abbiamo calibrato all'interno di quello che è il quadro normativo in cui l'Esercito opera in condizioni di normalità. Quindi, le 36 ore settimanali e i cinque giorni lavorativi a settimana. Leggevo, proprio sulla rassegna stampa di oggi, che ci sono altri eserciti che stanno lavorando alla formazione di personale ucraino e lo fanno in cinque settimane, cioè in poco più di un mese. Però, ho anche letto che lavorano sette giorni a settimana, domenica compresa, con dodici ore lavorative al giorno. Quindi, alla fine non siamo lontanissimi: è solo un problema di distribuzione del tempo. D'altronde voglio dire, se lo facciamo in questa forma, non penso che ci sia la necessità di andare su quei ritmi. Quindi, sono tempi coerenti e congruenti.
  Io penso che determinati compiti siano da esercito professionale, però c'è spazio e c'è anche il ruolo per una riserva volontaria. È chiaro che dobbiamo dotarci, a secondo dei numeri che dobbiamo portare in Forza armata, delle strutture necessarie per poterli arruolare e, quindi, verificarne l'idoneità psicofisica, incorporarli, addestrarli e poi impiegarli laddove è necessario. Per questo, come ho detto, è necessaria una spesa iniziale una tantum per organizzare una struttura di cui oggi l'Esercito non dispone.
  Per quanto riguarda invece il secondo tema, quello del Leopard 1, i nostri carri Leopard sono accantonati a Lenta. Per questioni di carattere ambientale, nel momentoPag. 16 in cui sono stati messi in disuso sono stati privati di tutti gli oli; essendo stati resi anche militarmente non impiegabili, in ottemperanza alle norme sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa (il vecchio trattato CFE degli anni novanta), può immaginare che il loro ripristino in efficienza, al di là del sistema d'arma che possono integrare, è un'attività complessa che sicuramente la Forza armata non è in grado neanche tecnicamente di fare. Non parlo dal punto di vista delle risorse finanziarie. Ci vogliono delle capacità che sono proprie del livello industriale, quindi non penso che si possa fare in tempi brevi e compatibili. Tra l'altro, ritengo che l'integrazione dei sistemi contraerei su piattaforme che non nascono per quell'impiego sia anche complessa dal punto di vista dell'architettura ingegneristica; però, io non ho competenze personali approfondite e specialistiche per entrare più nel dettaglio. Penso che sia un'attività che, se fattibile o reputata costo efficiente, non possa che avvenire al di fuori della Forza armata e dell'apparato industriale delle Forze armate.
  Sul ricorso alla simulazione per l'addestramento, posso dire che lo stiamo facendo, stiamo anche investendo molto e ci sono dei programmi specificamente dedicati alla simulazione. Attualmente, a Torre Reno, facciamo i tiri di qualifica degli equipaggi; poi facciamo addestramento a Cellina-Meduna, che però è un poligono che per l'urbanizzazione dell'area sta diventando sempre più complesso da gestire. Infine su Capo Teulada. Questo è tutto: non abbiamo molto.
  Stiamo facendo tantissimo addestramento anche all'estero in questo momento, tra l'altro in ambiente multinazionale con gli alleati: per esempio, in tutte quelle dislocazioni che sono operative nei Paesi Est dell'Alleanza atlantica, dove il personale fa molto addestramento complesso anche in contesti multinazionali e di integrazione. Quello che dobbiamo assolutamente garantire sul territorio nazionale è quello che io definirei addestramento di qualifica e addestramento di base, proprio per poter rendere costo efficace l'impegno, la spesa e l'onere di andare a fare addestramenti più complessi in Italia, dove obiettivamente (sono d'accordo con chi di voi intervenendo lo ha detto) penso che in Italia non ci siano proprio fisicamente gli spazi. Il poligono più grande che ha l'Esercito italiano, tra l'altro è un poligono semipermanente che non viene utilizzato sempre, è quello di Torre di Nebbia nell'Alta Murgia sul gradino murgico, a sud della provincia di Foggia. È una superficie dove facciamo addestramento a fuoco e ritengo anche che è stata interessante la collaborazione tra le istituzioni locali e le Forze armate per il rispetto dell'ambiente. Si tratta di un poligono di circa 100 chilometri quadrati, che è pari alle dimensioni del più piccolo poligono che utilizza l'Esercito francese sul territorio francese. Quindi, noi parliamo di addestramento fatto fuori dall'Europa; parliamo della Francia continentale e, obiettivamente, vedo difficile la possibilità di trovare sul territorio nazionale poligoni più ampi. L'addestramento più complesso, a oggi, penso che l'Esercito non possa che farlo all'estero. Però su questo ci sono iniziative che sono state avviate, e torniamo al triste tema della spesa di parte corrente, che è il vero tallone d'Achille della capacità dell'Esercito di mantenersi logisticamente efficiente.
  Vengo adesso alla provocatoria domanda dell'onorevole Mulè, che saluto, avendoci lavorato spesso insieme quando era sottosegretario. L'addestramento costa risorse di parte corrente, quindi consumi intermedi. La situazione di tutte le amministrazioni dello Stato – io chiaramente giudico la mia e rispondo per la mia, per l'Esercito – è veramente drammatica. Quindi, non c'è dubbio che nell'ambito dell'incremento tendenziale della spesa militare al due per cento non ci si può concentrare solo sull'ammodernamento che è importante, ma anche se so che è più complesso da conseguire, pure su un incremento della spesa che noi chiamiamo funzionamento e che riguarda appunto i capitoli di parte corrente.
  Sulla simulazione stiamo facendo, ci sono interessanti progetti.
  Geopolitica. Le competenze del Capo di Forza armata sono rivolte a preparare l'EsercitoPag. 17 per poterlo impiegare: quindi, non mi lancio perché non ho gli strumenti e, tra l'altro, non ho neanche la responsabilità di seguire il conflitto russo-ucraino se non per quello che compete le esigenze di adeguamento dello strumento militare. È un conflitto che purtroppo – mi duole dirlo, però la responsabilità che ricopro mi impone di affermarlo – seguiamo dal punto di vista tecnico nella sua tragicità. E dal punto di vista tecnico l'anno scorso abbiamo elaborato quel libricino, quell'opuscoletto che vi abbiamo portato, che di fatto tratteggia quali sono le iniziative di ammodernamento e di adeguamento che l'Esercito deve porre in essere per poter operare efficacemente nel contesto che stiamo osservando. Devo dire che anche laddove ci siamo buttati in qualche previsione, quello che è successo nei mesi successivi, lì parliamo di inizio estate quindi ormai sono passati sette o otto mesi, è stato confermato nella realtà. Nella fase iniziale sembrava che i mezzi corazzati non servissero più. Non eravamo d'accordo, e i fatti di queste ultime settimane ci dimostrano che invece è così. Sembrava che la difesa contraerea fosse una cosa limitata solo alla parte a bassissima quota, invece noi avevamo puntato anche sul potenziamento di quella a media quota e anche in questo caso i fatti recenti ci stanno dando ragione. Quindi, non so come finirà, non so quando finirà, ma – come tutti i cittadini italiani – ci auguriamo che finisca con una pace giusta presto. Come Forza armata continuiamo a seguire il conflitto dal punto di vista dell'evoluzione, del modo di operare e lo facciamo con la giusta e doverosa attenzione principalmente, scusatemi se lo ripeto ancora volta, nei confronti della nostra gente, della mia gente. Mia perché faccio il Capo dell'Esercito e, quindi, in questo momento è mia. Se i nostri soldati dovessero essere chiamati a operare devo avere la coscienza di aver fatto tutto quello che era nelle mie capacità e possibilità per metterli nelle condizioni migliori.
  Sulla parte delle capacità, a domanda secca rispondo in maniera secca. Il livello di efficienza medio dei sistemi e dei mezzi in dotazione all'Esercito si attesta sul 60 per cento circa. Con le risorse che abbiamo, permettetemi di dire che siamo bravi: ci possiamo dire bravi. Questo sottolinea una cosa importante. Le capacità ci sono e vengono messe in essere dagli ufficiali, i sottufficiali e i graduati dell'Esercito italiano in servizio, donne e uomini di ogni categoria, che lavorano con tantissima passione.
  Scusatemi se faccio una parentesi e poi vado alla specificità se posso, così chiudo il giro di risposte. Vorrei sottolineare come nelle attività addestrative congiunte i nostri reparti, con i mezzi in dotazione, figurano sempre ai primissimi posti, anche dove si confrontano con eserciti che, seguendo la televisione e i film prodotti da Hollywood, sembrano sempre molto più bravi di noi e sono dotati di mezzi che sono sicuramente tecnologicamente a un livello sopra ai nostri. Il che dimostra che la gente ha passione e, per un comandante questo, è un grandissimo sollievo. E poi c'è tutta l'italianità tipica e quando ci si confronta con lo straniero, in senso buono lo dico, esce fuori l'orgoglio nazionale e questa è una caratteristica tipica del popolo italiano e, quindi, anche del soldato italiano che, ancorché professionista, è un'espressione del popolo italiano con i suoi difetti, le sue virtù e i suoi pregi. Quindi ci tengo a dirlo, e ringrazio l'onorevole Mulè di avermi in qualche modo dato l'opportunità di parlare di questo.
  Per chiudere, sui tempi di ammodernamento. Io sono estremamente fiducioso, anzi sono certo (perché chiaramente come potete immaginare il confronto con il Capo di Stato Maggiore della Difesa a cui risale la responsabilità complessiva della preparazione delle Forze armate e con il Ministro della difesa è continuo) che nei prossimi mesi, una volta presentato il documento programmatico pluriennale, magari avrò la possibilità di venire qui a illustrarvi dei decreti di programmi da avviare nell'anno che daranno risposte a necessità urgenti di completamento dell'ammodernamento dell'Esercito italiano. Come dicevo anche nella relazione, abbiamo lavorato molto nel 2022 per individuare i mezzi che ci servono, in che quantità e anche in Pag. 18collaborazione sinergica con il Segretario Generale per vedere come portare know how, lavoro e tecnologia in Italia. Quindi non solo rivolgendosi al mercato estero, ma anche acquisendo capacità.
  La specificità. Tutti i temi che ha toccato, onorevole Graziano, gli alloggi, la pensione integrativa, l'operatività, i sindacati, le aree addestrative, risalgono a quella che io ho chiamato la specificità militare. La mia sensazione è che fino adesso si è lavorato utilizzando la normativa generale dello Stato. Invece, il militare è specifico proprio perché ha necessità di poter contare sul supporto dello Stato nei propri bisogni, anche quelli familiari e personali, perché lui per tutelare lo Stato e adempiere al dovere che ha assunto deve poter fare altro nella piena e più totale serenità. Quindi, alcune metodologie che invece portano sul singolo le responsabilità e le opportunità di tutela dandogli permessi, licenze e periodi di assenza dal servizio, per noi significano poca operatività.
  Gli asili nido. Penso che nessuna caserma delle Forze armate italiane dovrebbe essere senza asilo nido. Abbiamo avviato, due legislature fa, un programma di costruzione e di potenziamento, quando il Ministro della difesa era l'onorevole Pinotti e io ero il Capo reparto finanziario. Probabilmente quel processo va accelerato. Sta andando avanti, ma se vogliamo andare incontro a delle Forze armate che hanno sempre più madri, e questa è una cosa buona, talvolta anche incaricate di responsabilità importanti. Senza far nomi né cognomi, scimmiottando Striscia la notizia, c'è una signora oggi Tenente colonnello Comandante di battaglione in teatro operativo che è mamma. A tutela di queste nostre mamme non ci deve essere nessuna caserma che non abbia un asilo nido, per citare un aspetto, ma non è l'unico.
  Le pensioni integrative. È chiaro che chi come me è partito in Accademia nel 1978 (in realtà avendo fatto la Nunziatella ancora prima) ha ancora un sistema pensionistico misto che gravita più sul retributivo che sul contributivo. Il problema della pensione è quello che hanno invece i graduati giovani che hanno il contributivo pieno e che dovendo andare in pensione a un'età giovane ... si troveranno in una situazione complessa. Quindi affrontare sinergicamente il tema della specificità militare secondo me è molto importante.
  Sui sindacati, visto che ha parlato di operatività, il processo di iscrizione nell'albo ministeriale secondo i parametri della legge, penso che sia stato quasi ultimato. Per l'Esercito, sembra che ci sia solo un'associazione in attesa di risposta; la pratica è già oltre la Forza armata. Abbiamo necessità di dargli operatività prima possibile perché è chiaro che, una volta che la Corte costituzionale ha riconosciuto questo diritto e il Parlamento legiferando in materia lo ha regolamentato, ci sia un interesse di tutte le parti coinvolte. Mi sembra che il lavoro stia andando avanti a un ritmo importante e io penso che avremo risultati in tempi utili.
  Ultimo tema, la Brigata Garibaldi. Io sono casertano, non di nascita, ma di origine. Mio padre è casapullese, visto che parliamo tra conterranei. Lì abbiamo principalmente un problema di adeguamento logistico. Cioè nei reparti della Brigata Garibaldi, come in quelli della Brigata Aosta, che sono destinati a ricevere sistemi d'armi e veicoli nuovi, si pone il problema di dove manutenzionarli, dove stoccarli, dove gestirli. Le caserme oggi, penso alle caserme di Caserta, sono all'interno del centro urbano. Però, so che il generale Tota, Comandante del Comando di Napoli, tra l'altro ex Comandante della Garibaldi, sta lavorando perché stanno verificando la possibilità di andare a individuare un'area esterna al centro urbano riqualificando le caserme che sono all'interno del tessuto cittadino e creare un'altra grande caserma sul modello di quelle progettate da caserme verdi, in area casertana per allocare l'8°, il 21° guastatori e gli altri reparti. Si sta lavorando molto anche nell'area di Persano e a Cosenza perché l'unità decentrata della Garibaldi in Calabria ha lo stesso problema; ha una caserma, che tra l'altro nasce come battaglione addestramento reclute, quindi non era neanche operativa inizialmente, proprio dentro Cosenza. Tra l'altro tutte le infrastrutture della Garibaldi le ho visitate personalmente e, quindi, le ho potute apprezzare anche in tempi recenti.Pag. 19 Quindi lì più che le aree alloggiative, anche perché dobbiamo essere onesti il personale che fa servizio alla Brigata Garibaldi non ha problemi di casa, perché spesso e volentieri ha casa propria, bisogna costruire tutte le infrastrutture operative a corredo di quei reparti. È un'attività che stiamo facendo, che secondo me porta anche lavoro su un settore, quello edilizio, che è importante. La stessa cosa, stiamo facendo in Sicilia dove abbiamo lo stesso problema. Anche lì significativi problemi di alloggi non ne abbiamo, però abbiamo le caserme che ormai sono affogate nei tessuti urbani delle città e, quindi, necessitano di aree di sfogo all'esterno, principalmente per la parte logistica e infrastrutturale.
  Io spero di aver scordato nulla, se lo faccio vi chiedo scusa e poi nel caso, sarei più che felice di tornare.

  PRESIDENTE. Bene. Ringraziamo ancora il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito per questo importante momento di confronto e per la presentazione informatica che ci ha illustrato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato). Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.49.

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ALLEGATO

Presentazione informatica illustrata dal Capo di Stato Maggiore
dell'Esercito, Generale C.A, Pietro Serino.

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