Sulla pubblicità dei lavori:
Tremonti Giulio , Presidente ... 3
Audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli sviluppi della crisi tra Israele e Iran
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Tremonti Giulio , Presidente ... 3
Craxi Stefania Gabriella Anastasia , presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica ... 3
Tremonti Giulio , Presidente ... 4
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4
Tremonti Giulio , Presidente ... 14
Scalfarotto Ivan ... 14
Della Vedova Benedetto (Misto-+Europa) ... 16
Carfagna Maria Rosaria (NM(N-C-U-I)M-CP) ... 18
Richetti Matteo (AZ-PER-RE) ... 21
Bonelli Angelo (AVS) ... 24
Silvestri Francesco (M5S) ... 27
Barelli Paolo (FI-PPE) ... 29
Formentini Paolo (LEGA) ... 31
Schlein Elly (PD-IDP) ... 33
Malan Lucio ... 38
Tremonti Giulio , Presidente ... 40
Marton Bruno ... 40
Tremonti Giulio , Presidente ... 41
Marton Bruno ... 41
Tremonti Giulio , Presidente ... 41
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 41
Boldrini Laura (PD-IDP) ... 43
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 43
Boldrini Laura (PD-IDP) ... 43
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 43
Bonelli Angelo (AVS) ... 45
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 45
Bonelli Angelo (AVS) ... 45
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 45
Bonelli Angelo (AVS) ... 45
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 45
Scalfarotto Ivan ... 50
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 50
Tremonti Giulio , Presidente ... 55
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIULIO TREMONTI
La seduta comincia alle 11.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli sviluppi della crisi tra Israele e Iran.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Antonio Tajani, sugli sviluppi della crisi tra Israele e Iran.
La partecipazione in videoconferenza è consentita ai colleghi deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Anche a nome della presidente Craxi e dei colleghi presenti, do il benvenuto al Ministro Tajani e lo ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
Do la parola alla presidente Craxi.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica. Solamente per ringraziare il Ministro Tajani che, con la consueta tempestività, ha risposto al Parlamento e alla richiesta di svolgere questa informativa. Mi auguro anche che il dibattito avvenga in modo Pag. 4sereno, costruttivo, scevro da inutili polemiche, come il momento – così gravido di pericoli per l'umanità, così complesso, così drammatico – richiede. Grazie a tutti.
PRESIDENTE. Grazie. Prima che il Ministro prenda la parola, invito i colleghi a far pervenire alla Presidenza le richieste di intervento. Per consentire la più ampia discussione, la parola sarà data a ciascun Gruppo per un ciclo di interventi della durata di non più di tre minuti ciascuno, alternando senatori e deputati dei vari Gruppi.
Signor Ministro, le do la parola.
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signori presidenti. Cari deputati e senatori, ho accolto ieri, dando disponibilità immediata ai Presidenti di Camera e Senato, la richiesta di venire a riferire in Parlamento sugli sviluppi della crisi tra Israele e Iran e sulle iniziative che il Governo italiano sta portando avanti in queste ore per la de-escalation e quindi per raggiungere un obiettivo fondamentale per tutti, la pace.
Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Israele ha lanciato l'operazione «Leone nascente». Circa duecento velivoli militari hanno condotto un attacco coordinato e di precisione contro installazioni nucleari, militari e strategiche in diverse regioni dell'Iran. Si è trattato di un'operazione di vastissima portata che ha raggiunto oltre trecento obiettivi. Sono stati colpiti anche alcuni edifici residenziali dove si trovavano dirigenti delle guardie rivoluzionarie e delle forze armate. Le operazioni sono continuate per tutta la giornata e sono ancora in corso.
La risposta dell'Iran è consistita nel lancio di circa cento droni e di oltre trecento missili balistici contro il territorio israeliano, la maggior parte dei quali sono stati intercettati dalla Pag. 5contraerea israeliana, anche con l'aiuto di assetti americani. Almeno cinque missili hanno, tuttavia, colpito il territorio israeliano, causando danni materiali in diverse aree di Tel Aviv e provocando almeno tre morti e decine di feriti.
Un missile lanciato dagli Houthi in Yemen è caduto in Cisgiordania e ha provocato diversi morti e feriti palestinesi nell'area di Hebron.
Nella notte appena trascorsa si sono susseguite nuove ondate di attacchi incrociati e si sono registrate forti esplosioni a Tel Aviv e a Gerusalemme. A Teheran è stato colpito il quartiere in cui si trovano il complesso presidenziale di Pezeshkian e la residenza della Guida Suprema Khamenei. Sono state, inoltre, riportate esplosioni nell'area dell'aeroporto di Mehrabad, ad Isfahan e Kermanshah, e sarebbe stata colpita la torre delle telecomunicazioni di Karaj.
La tensione in tutta la regione è altissima e gli spazi aerei di Iran, Iraq e Israele sono stati chiusi. La Giordania, invece, ha riaperto il proprio spazio aereo dalle 7.30 (italiane) di questa mattina.
Questa è la prima sintetica contabilità di un'operazione militare che, come mi ha riferito il Ministro degli Esteri israeliano Sa'ar, che ho sentito subito dopo l'inizio dell'operazione, appare destinata a durare diversi giorni, se non settimane.
Signori presidenti, onorevoli colleghi, di fronte ad una minaccia nucleare non può esservi alcuna ambiguità. L'Iran non può dotarsi di una bomba atomica. È questo il messaggio che ho voluto trasmettere questa mattina anche al Presidente israeliano Herzog, a cui ho ribadito il diritto di Israele a garantire la propria sopravvivenza tutelandosi da un possibile attacco nucleare. Il Ministro degli Esteri Sa'ar mi aveva infatti sottolineato che la decisione di lanciare l'operazione «Leone nascentePag. 6» è scaturita da precise informazioni di intelligence sul programma nucleare e sul programma missilistico di Teheran. Sviluppi tali da configurare una minaccia esistenziale imminente per lo Stato ebraico, per l'intera regione e per tutta la comunità internazionale.
Secondo l'intelligence israeliana, infatti, in meno di sei mesi l'Iran avrebbe potuto disporre di dieci bombe atomiche e di oltre 2 mila missili balistici da lanciare verso Israele e non solo. Un quadro assolutamente allarmante, confermato in maniera inequivocabile dal recente rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), che ha denunciato la violazione da parte dell'Iran degli obblighi sul tema dell'arricchimento dell'uranio.
Preoccupazioni condivise con me dallo stesso Direttore generale dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il nucleare Rafael Grossi, con il quale sono in costante contatto e che ho sentito più volte anche in questi giorni, prima e dopo l'inizio dell'operazione militare israeliana.
L'AIEA da anni porta avanti, tra mille difficoltà, una cruciale azione di monitoraggio del programma nucleare iraniano. Dobbiamo essere grati al Direttore Grossi per avere portato alla luce e senza tentennamenti una situazione gravissima ed allarmante.
Un quadro, questo, che conferma la bontà della linea del Governo italiano che, come dicevo, è fermamente contrario a che l'Iran si doti dell'arma atomica, in sintonia con la posizione di partner ed alleati.
Per queste ragioni, giovedì scorso ho dato indicazioni di votare a favore della risoluzione del Consiglio dei governatori dell'AIEA a Vienna, approvata a larghissima maggioranza, che sottolineava le inoppugnabili e incontrovertibili responsabilità Pag. 7di Teheran e il suo mancato rispetto degli obblighi in materia nucleare.
Il grave quadro che si stava delineando nella regione, anche a seguito del rapporto dell'AIEA, è stato al centro dei colloqui che ho avuto giovedì a Roma con il Segretario Generale della NATO Rutte, l'Alta Rappresentante Kallas ed i Ministri degli Esteri del formato «Weimar plus», che comprende Germania, Polonia, Regno Unito, Francia e Spagna.
La valutazione condivisa da tutti, Segretario Generale della NATO compreso, era certamente quella di un acuirsi delle tensioni nella regione, senza che ciò lasciasse comunque presagire un attacco ad ore da parte di Israele. Questo non significa che il Governo non avesse contemplato tutte le possibilità, in primo luogo a tutela di tutti i nostri connazionali presenti nella regione, la cui sicurezza per noi rappresenta una priorità assoluta. Già dalla mattina di giovedì, infatti, su mia richiesta, l'Unità di crisi del Ministero degli Esteri aveva rafforzato il coordinamento con tutte le sedi diplomatiche e consolari dell'area per sincronizzare le procedure di lavoro e rivedere i piani di emergenza.
Nelle stesse ore, come riferito dal Ministro Crosetto, con il quale sono in costante contatto, il Governo aveva assunto anche iniziative per mettere in sicurezza i nostri militari presenti nelle missioni all'estero. In questo spirito di forte coesione, si è tenuta ieri pomeriggio anche una riunione di coordinamento del Governo presieduta dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per valutare l'impatto e le conseguenze dell'operazione israeliana e il quadro di sicurezza per gli italiani nella regione.
Fin dall'inizio degli eventi, ho seguito personalmente dall'Unità di crisi della Farnesina l'evoluzione della situazione sul terreno, in costante contatto con le nostre Ambasciate a Teheran e Tel Aviv e il Consolato generale a Gerusalemme. Li ho Pag. 8sentiti costantemente in questi ultimi giorni, li ho ringraziati, e tramite loro ho ringraziato tutto il personale, per la straordinaria dedizione, condividendo con loro la solidarietà piena del Governo e delle Istituzioni. Ringrazio anche le donne e gli uomini dell'Unità di crisi della Farnesina per il costante impegno, diurno e notturno, in queste giornate.
Nella prima mattinata di ieri ho presieduto una riunione all'Unità di crisi con tutti gli Ambasciatori della regione, le nostre Ambasciate a Mosca e a Washington e la nostra Rappresentanza a Vienna. Iniziativa che ho ripetuto questa mattina – riunione allargata anche all'Ambasciatore in Cina – prima di venire a riferire qui alla Camera.
Attualmente si trovano circa 50 mila italiani in tutta la regione mediorientale. La presenza più significativa è in Israele, con circa 20 mila connazionali, mentre sono circa 500 quelli residenti in Iran. Al momento non ci sono state segnalazioni di situazioni critiche.
A questi 50 mila connazionali si aggiungono circa 2 mila e cinquecento militari presenti nell'area, dall'Iraq al Libano, dal Golfo al Sinai, che seguiamo insieme al Ministero della Difesa.
Le nostre Ambasciate sono in contatto con tutti i connazionali, alcuni dei quali hanno chiesto informazioni per rientrare in Italia. Stanno tutti bene e stanno ricevendo – uno ad uno – ogni possibile assistenza, tenendo conto dell'interruzione del traffico aereo nella regione.
In particolare, un gruppo di trentasei pellegrini della Conferenza episcopale italiana, presente a Gerusalemme, è stato assistito dal nostro Consolato generale ed è riuscito a raggiungere la Giordania, dove lo spazio aereo, come dicevamo, non è più chiuso.
Il Direttore generale dell'Agenzia dell'ONU per il nucleare Grossi mi ha confermato che gli attacchi alle strutture nucleari Pag. 9iraniane non hanno prodotto al momento un impatto radiologico esterno, ma solo una contaminazione radiologica e chimica all'interno degli impianti. Già nelle prime ore della notte l'Unità di Crisi aveva inviato messaggi informativi personalizzati a tutti i cittadini italiani registrati nei Paesi della regione attraverso il portale Dove Siamo nel Mondo e l'applicazione Viaggiare Sicuri. Abbiamo aggiornato in tempo reale gli avvisi di sicurezza per fornire informazioni chiare, affidabili e tempestive ai nostri connazionali all'estero.
Come dicevo, ho riunito di nuovo questa mattina, poco prima di venire qui, i nostri Ambasciatori nella regione, per avere da loro gli ultimi aggiornamenti, che ho condiviso con voi. Monitoriamo con la massima attenzione anche le ripercussioni della crisi sul piano regionale. Guardiamo in primo luogo al Golfo, per le conseguenze per la sicurezza della navigazione nello Stretto di Hormuz, per l'impatto della crisi sul prezzo del petrolio e per la stabilità dei mercati, a partire dalle borse.
Penso all'Iraq, dove sono dispiegati oltre quattrocento militari italiani impegnati in attività di contrasto al terrorismo e nell'addestramento delle forze di sicurezza irachene e curdo-irachene, e al Libano, dove sono presenti i nostri militari dispiegati in UNIFIL e in un'altra missione di addestramento delle forze libanesi. E poi la Siria, dove la situazione politica e securitaria rimane ancora oggi molto precaria, e naturalmente la Giordania, Paese confinante con Israele.
Resta tesa la situazione in Yemen e nel Mar Rosso, dove è operativa la nave Andrea Doria della Marina militare nell'ambito dell'operazione navale dell'Unione europea «Aspides». In questo momento si trovano in navigazione nel quadrante regionale anche Nave Marceglia e Nave Rizzo, che non hanno segnalato fino a questo momento alcuna criticità.Pag. 10
Questa escalation mette nuovamente a rischio la libertà di navigazione in una rotta marittima cruciale per l'Italia e per il commercio globale. Appare, quindi, evidente come le implicazioni di un prolungato scontro militare tra Israele e Iran sarebbero di portata estremamente rilevante. Le ripercussioni si farebbero sentire non solo sul piano della sicurezza regionale, ma anche su quello economico, energetico, umanitario e migratorio. Per questo il Governo italiano è in prima linea per favorire la de-escalation. Ora più che mai è fondamentale non recidere il filo del dialogo.
Il Governo sostiene pienamente i negoziati tra Stati Uniti ed Iran per un accordo sul programma nucleare iraniano, come testimoniato dalle due tornate negoziali che abbiamo ospitato a Roma. L'obiettivo prioritario continua ad essere una soluzione diplomatica della crisi. Ci auguriamo che domani possa svolgersi a Muscat la sesta riunione Iran-Stati Uniti, con la mediazione omanita. Invitiamo, pertanto, Teheran a seguire la via della diplomazia e quindi ad essere presente domani in Oman. Un portavoce del Governo iraniano ha detto che verrà presa in giornata una decisione.
In questo senso, il Presidente del Consiglio ha parlato ieri al telefono con il Presidente Trump, il Premier Netanyahu, i leader di Arabia Saudita, Giordania e Oman e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Da parte mia, ho parlato con il Ministro degli Esteri dell'Oman Al Busaidi, con cui in questi mesi ho mantenuto uno stretto raccordo proprio nel quadro della facilitazione del dialogo tra Stati Uniti ed Iran. Mi ha assicurato che continuerà a lavorare per riallacciare il dialogo, pur di fronte a enormi difficoltà. Abbiamo concordato di continuare a tenerci in stretto contatto.Pag. 11
Come vi ho anticipato, ho avuto un colloquio anche con il Ministro degli Esteri israeliano Sa'ar. Mi ha confermato che Israele ha preso la decisione di lanciare gli attacchi al termine di una lunga riflessione, a fronte di una minaccia imminente per la propria sicurezza nazionale. Gli ho voluto sottolineare l'importanza di lavorare, anche in questo frangente così complesso, per la de-escalation e il dialogo.
Ieri ho anche sentito il Ministro degli Esteri iraniano Araghchi. Il dialogo con Teheran è franco e aperto. Ho voluto trasmettergli un forte invito alla moderazione. Ho chiesto con forza di evitare reazioni sproporzionate e di lavorare seriamente per la de-escalation.
Lo scorso fine settimana si era recato in missione a Teheran il Segretario Generale del Ministero degli Esteri, Ambasciatore Guariglia, proprio per trasmettere al Ministro Araghchi un incoraggiamento alla massima flessibilità nel negoziato sul nucleare. Nelle fasi immediatamente successive all'attacco israeliano di ieri ho sentito anche i Ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito: tutti mi hanno confermato che nessuno di loro era stato informato preventivamente dell'attacco israeliano. Ho colto la comune, fortissima preoccupazione per uno scenario temuto, ma non atteso in queste ore, quando vi era ancora una flebile speranza legata al canale di dialogo tra Stati Uniti ed Iran. Nel concordare di restare in stretto contatto, abbiamo condiviso la volontà di lavorare insieme per impedire una escalation del conflitto.
In tutti i colloqui di queste ore ho sottolineato anche quanto sia urgente ripristinare il cessate-il-fuoco a Gaza, perché – come ho detto – le crisi in Medio Oriente sono strettamente interconnesse. Ne ho parlato ancora una volta in maniera molto ferma e chiara al Presidente Herzog e al Ministro Sa'ar, che ha aggiunto che Israele è in attesa della luce verde di HamasPag. 12all'ultima proposta americana. Il Presidente Herzog ha ribadito la disponibilità di Israele ad accettare le proposte americane e di altri Paesi mediatori per un cessate-il-fuoco che fino ad ora Hamas non ha ancora accettato.
Il cessate-il-fuoco a Gaza è un passaggio cruciale per liberare gli ostaggi ancora nelle mani dei terroristi, rilanciare l'assistenza umanitaria alla popolazione della Striscia e avviare un processo di de-escalation regionale. In parallelo, come ho avuto modo di descrivere in dettaglio due settimane fa sia alla Camera sia al Senato, il Governo continua a portare avanti importanti iniziative umanitarie per alleviare le sofferenze della popolazione civile palestinese. Mercoledì ho accolto all'aeroporto di Linate il piccolo Adam Al-Najjar e sua madre Alaa, giunti in Italia insieme ad altri diciassette pazienti e cinquantacinque accompagnatori, a bordo di tre C-130 messi a disposizione dal Comando operativo di vertice interforze. È la più grande operazione di evacuazione sanitaria da Gaza finora sostenuta. Ad oggi, centocinquanta piccoli pazienti e le relative famiglie sono curati in strutture italiane. Ci stiamo avvicinando alla cifra di mille palestinesi accolti in Italia dall'inizio della crisi. Siamo il Paese europeo che ne ha accolti di più e nel mondo siamo quelli che ne hanno accolti di più insieme ad Egitto e Qatar.
Il Primo Ministro palestinese Mustafa, che ho sentito pochi minuti prima di entrare in questa sala, mi ha ribadito la profonda gratitudine dell'Autorità nazionale palestinese. A lui ho espresso le condoglianze anche per le vittime palestinesi del missile Houthi, che ha colpito la popolazione cisgiordana.
Voglio ricordare in quest'aula la storia di Adam e degli altri bambini palestinesi che stiamo curando perché non si tratta solo di una bella pagina di solidarietà verso bambini che soffrono per un conflitto che subiscono ingiustamente provocatoPag. 13 da Hamas; è la storia di speranza e di rinascita, frutto anche di un lavoro politico e diplomatico.
Nei prossimi giorni – in genere mercoledì partono gli aerei da Israele che portano persone fuoriuscite da Gaza – spero di accogliere giovani studentesse palestinesi di Gaza che stanno studiando nel nostro Paese. Quindi, continuiamo nell'operazione politico-umanitaria per sostenere la popolazione civile palestinese.
L'Italia – signori presidenti, onorevoli colleghi – ha storicamente svolto un ruolo di ponte, di dialogo tra le parti, convinti che anche nei momenti di massima tensione esistano margini per una soluzione politica. Siamo orgogliosi di non avere agende nascoste, ma perseguiamo con forza il nostro interesse prioritario di garantire la stabilità nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, da cui dipende la sicurezza dei nostri partner nell'area, l'incolumità dei cittadini e delle imprese italiane in loco, i nostri approvvigionamenti energetici, le rotte commerciali attraverso cui transitano beni e merci italiane.
Ora più che mai è il momento di riannodare le fila del dialogo e del negoziato, temi che ho affrontato mentre entravo in questa sala – per questo ho tardato di qualche minuto – con il Ministro degli Esteri egiziano, che ha formulato una proposta per la ricostruzione di Gaza, che noi sosteniamo con grande convinzione. Con l'Egitto e con altri Paesi, continuiamo a lavorare per la de-escalation. Ci siamo trovati d'accordo nell'insistere sul fatto di spingere Teheran a partecipare alla riunione a Muscat domani.
È certo che dobbiamo evitare altre tragedie umanitarie, economie distrutte e un'insicurezza regionale ben oltre il livello di guardia. È giunto il momento di fermarsi, di negoziare e di lasciare che sia la diplomazia a parlare, non le armi. Porteremo con fermezza questa posizione in tutti i contatti che avremo nei Pag. 14prossimi giorni e nei consessi internazionali, a partire dal G7 dei leader in Canada, la cui agenda è stata inevitabilmente stravolta da questa crisi. Penso anche al summit NATO dell'Aja in programma a fine giugno e, ovviamente, all'Europa, a partire dal prossimo Consiglio Affari esteri del 23 giugno.
L'Italia è pronta a fare la propria parte a tutti i livelli. Lo dobbiamo ai nostri concittadini, ai nostri soldati che partecipano ad operazioni di pace nella regione e ai nostri popoli amici del Medio Oriente.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, per un primo giro di interventi.
IVAN SCALFAROTTO. Grazie, presidente.
Ringrazio il Ministro. Naturalmente, auspichiamo che la tempestività di oggi e la continuità del rapporto possa manifestarsi anche in altre occasioni, perché è molto utile che il Governo riferisca immediatamente al Parlamento, prima ancora dei media, come spesso succede. Quindi, La ringraziamo per essere venuto qui. La prima impressione che devo riportare, signor Ministro, è legata ad alcune sue dichiarazioni – ma non voglio fare facili polemiche – proprio dei giorni immediatamente precedenti agli attacchi, quando il Paese era stato rassicurato da Lei direttamente sul fatto che - testualmente - non ci fossero segnali di un attacco imminente di Israele.
Prendo atto delle sue dichiarazioni, del fatto che il Governo comunque si stava preparando, però capisce che anche dal punto di vista dell'immagine, quando il Ministro degli Esteri di uno dei Paesi del G7 si espone in modo così diretto e così inequivocabile sul fatto che non ci siano segnali di un attacco Pag. 15imminente, una certa sensazione di stupore, di sbandamento da parte dell'opinione pubblica - lo dovrà riconoscere - mi sembra del tutto giustificabile. Per il futuro inviterei, quindi, ad una maggiore cautela; anche quando si registrano, per esempio, spostamenti di personale non necessario dalle Ambasciate dell'area vorrà dire che qualcosa è possibile che stia succedendo.
Dopodiché, al di là degli auspici che ho sentito – come l'auspicio che Teheran si presenti alla riunione a Muscat – mi piacerebbe capire se il nostro Governo abbia provato a leggere i fatti di questi giorni, di queste ore, anche in una certa prospettiva. È evidente che qui, da parte di Israele, non si tratta soltanto di un attacco al programma atomico iraniano, ma è chiaro che, approfittando di una situazione di debolezza legata alla caduta del regime di Assad, allo smantellamento di fatto di Hezbollah, alle gravi difficoltà di Hamas e alla leggerezza, per quanto fastidiosa, degli Houthi, il progetto strategico di Israele è quello di provare a dare un'accelerata per far cadere il regime odioso - lo sottolineo - degli ayatollah, però mi piacerebbe capire da parte sua, dal suo osservatorio privilegiato, cosa pensa di un'eventuale caduta di questo che sembra più che altro un guscio vuoto, quale potrebbe essere l'assetto di un Iran colpito al cuore, in cui il regime, dopo questi attacchi, possa eventualmente cadere.
Un'altra cosa che volevo capire da parte sua, a parte gli auspici, è se questo non possa diventare, da parte iraniana – posto che gli iraniani non sembrano particolarmente attrezzati sul piano convenzionale a colpire Israele, lo abbiamo visto ieri, hanno portato sicuramente dei danni deprecabili, ma la contraerea israeliana è riuscita a respingere la massima parte degli attacchi –, un'ulteriore accelerazione verso il programma nucleare, quasi a dire «se non abbiamo niente da perdere, non Pag. 16riusciamo a colpire sul piano convenzionale, proviamo a spingere l'acceleratore fino in fondo».
L'ultima cosa che volevo chiederLe è quale sia il ruolo che sta rivestendo il suo Governo nei confronti dell'Amministrazione americana. Il Governo italiano vanta una relazione privilegiata con gli Stati Uniti, ma l'atteggiamento americano è stato a dir poco ondivago in queste ore: in un primo tempo c'è stata una dissociazione, poi Trump il cappello su questa vicenda ce lo ha messo. Dal nostro punto di vista, la presenza di Trump, però, è un po' la precondizione di tutto questo. Il Presidente degli Stati Uniti, che aveva garantito di risolvere le guerre nel pianeta in quarantotto ore, in realtà in questi quattro mesi ci sta consegnando un mondo in fiamme, esattamente il contrario di quello che prometteva. Volevo capire da parte sua, nel rapporto con gli Stati Uniti, come vi state relazionando.
Ultima cosa: condivido con Lei che sia inammissibile che l'Iran abbia un'arma atomica. Sottolineo che Israele ha tutto il diritto di difendersi, e da questo punto di vista massimo appoggio al Governo, però vorremmo vedere l'Europa e l'Italia più attive su questo fronte, perché la situazione sta diventando veramente molto preoccupante.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Grazie, signor Ministro, per questa opportunità così partecipata. Lei ha fatto un lungo resoconto e anche un'elencazione di fatti, di situazioni. Immagino sia difficile per chiunque, a maggior ragione – poi lo spiego – per il Governo italiano, proporre un'analisi e una qualche possibilità di avere una politica in grado di incidere minimamente. Questa non è solo responsabilità del Primo Ministro Meloni – un po' anche –, ma del contesto.
Netanyahu è in una fase di difficoltà politica interna; in questi giorni presumibilmente, senza questa escalation militare, ci sarebbe stata una mozione di sfiducia. Ha meritato e continuaPag. 17 a meritare il crescente discredito e la condanna per la prosecuzione di una guerra a Gaza, ormai senza obiettivo, senza scopo. Credo che lo sforzo che dobbiamo fare, però, sia distinguere tra quello che Netanyahu fa a Gaza e quello che Netanyahu fa in generale. Uno storico tema di sicurezza di Israele è legato all'Iran, alla Costituzione iraniana, ai proclami di distruzione di Israele che si susseguono da decine di anni, mentre il regime assassino di Teheran distrugge o cerca di distruggere qualsiasi speranza dei giovani – e non solo dei giovani – iraniani a un orizzonte diverso da quello della repressione fondamentalista. L'Iran ha sempre usato i proxiesy, come è già stato detto dal collega Scalfarotto, quindi non ci torno.
La realtà è che il negoziato del JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) è su un binario morto; Grossi ce lo aveva detto e continuerà a dirlo. Tutti noi, quando c'è stata occasione, siamo andati a Vienna. Il negoziato è su un binario morto. Trump non ha una strategia – Biden l'aveva, probabilmente non ha funzionato appieno – e Witkoff è unfit for the job, e lo sta dimostrando in ogni situazione. Non so se Lei ha avuto modo di parlare con lui per capire se ha un'idea e se la mantiene per tre giorni. Trump non ha una strategia, non ce l'ha a Gaza, non ce l'ha in Ucraina, non ce l'ha a maggior ragione nel conflitto tra Israele e Iran. Vorrei capire, signor Ministro, se il Presidente del Consiglio Meloni ha fatto un minimo di resoconto del suo colloquio con Trump, per capire cosa Trump pensi: è riuscito in tre giorni a dire cose completamente diverse (lo sapeva, non lo sapeva...).
È ovvio che tutti auspicano, noi per primi, una de-escalation, è inutile dirlo. Nell'assenza assordante, ahimè, dell'Unione europea, che non ha gli strumenti – e noi li vorremmo, e spero che anche questa crisi porti a uno scarto in avanti, in termini Pag. 18istituzionali, verso gli Stati Uniti d'Europa, per contare qualcosa – avrei preferito che Meloni facesse parte del quartetto - che in realtà è un trio - Merz-Macron-Starmer; è vero che loro sono nel P5+1, negli accordi di Vienna sul nucleare iraniano, e noi non ci siamo, ma loro almeno sono riusciti a dire due cose molto nette, ossia che c'è una forte preoccupazione e contrarietà al programma nucleare iraniano e c'è il diritto all'autodifesa di Israele.
Credo che, se il Presidente Meloni fosse riuscita a partecipare a questo terzetto, composito dal punto di vista politico, la presenza dell'Unione europea, con il contributo della Gran Bretagna, sarebbe stata maggiore di quanto non sia stata.
Voglio concludere ribadendo che noi dobbiamo ricordarci di quello che è il regime iraniano e non dobbiamo dimenticarci del movimento «Donna, Vita, Libertà» e di quanto ha continuato ad accadere, senza enfatizzare, ma senza dimenticare che in alcune piazze iraniane in queste ore vi è stata una reazione positiva della pubblica opinione iraniana, positiva perché vede, anche perfino attraverso un attacco esterno, la possibilità di liberarsi dal regime.
Lei ci ha parlato di Muscat, la domanda è se pensa davvero che in questa fase ci sia spazio per un qualche negoziato o forse le energie vanno dirottate in una interlocuzione diretta con i due contendenti, sempre che ci sia una possibilità di incidere. Auspichiamo che la reazione iraniana, come è successo un anno fa – forse ce lo siamo dimenticati – sia finita come è finita l'altra volta, ovvero con un'azione dimostrativa, ma con un'efficacia relativa.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor presidente, ringrazio anch'io il Ministro Tajani per l'immediata disponibilità a riferire e per la concretezza delle comunicazioni.Pag. 19
Viviamo davvero tempi difficili, ore difficili. Credo che mai come in questo momento il ruolo del Parlamento debba essere di razionalità e concretezza. È con questo spirito che vorrei articolare il mio ragionamento in tre punti, che secondo noi sono tre punti fermi da mettere al centro del dibattito tra di noi, non solo al centro delle conversazioni all'interno del palazzo, ma anche al centro del confronto con un'opinione pubblica che è sconcertata dai fatti che si stanno verificando negli ultimi mesi e sicuramente preoccupata per la svolta che il conflitto ha assunto nelle ultime ore.
Primo punto: quando parliamo di Iran, parliamo di un regime teocratico, parliamo di una teocrazia che si propone come capofila delle forze che vogliono annientare e distruggere Israele. Non è un proposito astratto, è un obiettivo molto concreto, proclamato liberamente e pubblicamente più volte; l'Iran ha dichiarato più volte di voler estirpare il «cancro sionista» dal Medio Oriente, obiettivo perseguito finanziando milizie terroristiche, finanziando operazioni omicide anche in Occidente – e c'è il fondato timore che questo possa accadere anche in queste ore, in questi giorni – e finanziando un programma di riarmo atomico che preoccupa il mondo.
Ma l'Iran non ha paura od odia Israele soltanto per ragioni religiose, ma per quello che Israele rappresenta. Israele è l'unica democrazia del Medio Oriente, perché in Israele i cittadini sono liberi, come lo sono in Occidente, perché in Israele le donne sono libere, perché in Israele si vota liberamente e si manifesta liberamente, perché in Israele si può non credere in nulla senza correre il rischio di essere lapidati, perché in Israele si può essere liberamente omosessuali senza correre il rischio di essere buttati giù da una torre. Questo rappresenta Israele, mentre l'Iran rappresenta una teocrazia, un regime illiberale, che reprime il dissenso, censura la libera Pag. 20informazione e vìola costantemente e sistematicamente i diritti umani.
Tutto questo che ho detto precede i fatti di Gaza, l'orrore per la catastrofe umanitaria in corso a Gaza, il legittimo sdegno per un'azione del Governo Netanyahu che non è condivisibile per le conseguenze che sta producendo nella Striscia di Gaza.
Se Israele ha mosso guerra all'Iran è perché tutti i tentativi negoziali di disinnescare la minaccia nucleare iraniana sono falliti. E vengo al secondo punto: il fallimento dei tentativi negoziali per evitare che Teheran conquistasse armi atomiche, tentativi negoziali portati avanti non soltanto dall'Occidente, ma anche dai Paesi arabi moderati. È dall'inizio degli anni Duemila che questo tema è oggetto di trattative. Ci hanno provato Bush, poi Obama, Biden e Trump. L'ONU ha imposto sanzioni, l'AIEA, come ricordava Lei, Ministro, ha cercato di portare avanti i programmi di ispezione, ma si è sempre scontrata con l'ambiguità e con la doppiezza iraniana; proprio giovedì ha certificato la violazione da parte dell'Iran degli obblighi sul nucleare, perché si stima che il regime degli ayatollah abbia arricchito uranio necessario per costruire addirittura nove, dieci bombe atomiche. Questo è lo scenario con cui facciamo i conti.
Vengo al terzo e ultimo punto: di fronte a questo scenario, io penso che ogni forza politica abbia il dovere di essere chiara e di scegliere senza ambiguità da che parte stare. Questo Governo lo ha scelto, la maggioranza che lo sostiene lo ha scelto. Noi Moderati ha scelto da che parte stare. Onestamente, non credo che ci sia alternativa, perché da un lato c'è una democrazia, per quanto imperfetta e criticabile, dall'altra, invece, c'è una dittatura, c'è un regime illiberale, che sta per dotarsi di armi atomiche con il proposito dichiarato di annientare quella democrazia. Ciò non ha nulla a che vedere con il giudizio che ciascuno di noi ha legittimamente su altri conflitti Pag. 21che sono in corso, con il dramma di Gaza oppure con la legittima critica al Governo di Tel Aviv. Lo dico perché mi piacerebbe sentire opinioni e posizioni altrettanto nette da parte dell'opposizione, perché credo che l'attuale crisi non sia qualcosa su cui un grande Paese come l'Italia possa dividersi o possa apparire diviso. Io non comprenderei, onestamente, l'equidistanza tra una democrazia che lotta per la sua sopravvivenza e una teocrazia che lotta, invece, per distruggere questa democrazia.
Penso – e concludo – che come a Kiev e come in ogni parte del mondo la scelta sia tra democrazia e autocrazia, democrazia e teocrazia, democrazia e terrorismo. Aggiungo, a beneficio dei più dubbiosi, che in questo caso c'è un motivo in più per fare una scelta di campo netta e senza ambiguità, perché c'è la certezza che una crisi del regime iraniano aprirebbe uno spiraglio per milioni di donne che in Iran lottano per i loro diritti e per la loro libertà, le donne coraggiose del movimento «Donna, Vita, Libertà» che abbiamo applaudito e incoraggiato. Io credo che scegliere la parte giusta in questo conflitto significhi fare qualcosa che dobbiamo anche a loro.
L'attacco di ieri apre uno scenario delicatissimo. Io sono convinta – incoraggiamo il Governo ad agire in questa direzione – che l'Italia farà la sua parte per evitare un conflitto generalizzato e per arrivare ad una soluzione negoziale della crisi, con il supporto non soltanto dei nostri partner occidentali, ma anche dei Paesi arabi della zona, i cui rappresentanti Lei ha detto di aver sentito. Sarebbe interessante conoscere da Lei le posizioni dei Paesi arabi che sono emerse nel corso delle interlocuzioni che ha avuto nella giornata di ieri.
Vi ringrazio.
MATTEO RICHETTI. Vicepresidente Tajani, prima di entrare nel merito del mio intervento desidero fare due premesse.Pag. 22
La prima è che io e lei eravamo insieme presso l'Arco di Tito qualche giorno dopo il 7 ottobre, quindi non c'è nelle parole che pronuncerò un elemento pregiudiziale di contrapposizione di partenza. La seconda è che io non voglio minimizzare l'intervento che Lei ha fatto. È un intervento da analista, ci ha spiegato cosa è successo; ha pronunciato diciotto volte le parole «monitoriamo» e «seguiamo», ha pronunciato ventotto volte la parola «de-escalation», ci ha spiegato gli importantissimi interventi di solidarietà, di accoglienza e di cura. Però, adesso avremmo bisogno di parlare di politica estera, avremmo bisogno di capire dove ci sta mettendo la politica estera di questo Paese. Del resto, il suo intervento ha auspicato la prosecuzione dei negoziati, mentre l'intervento della collega Carfagna, che appartiene alla sua maggioranza, ha dichiarato falliti i negoziati.
Noi siamo dentro al quinto incontro – Lei ne auspica un sesto – nel quale l'Amministrazione Trump tenta di raggiungere un'intesa per scongiurare quello che giustamente Lei ha definito «la minaccia nucleare». Ma o si fa il negoziato, o si fa la guerra. Non è che dentro il negoziato si parte con la guerra; guerra di cui Lei e tutti i suoi colleghi avete detto di non essere a conoscenza. Quindi, la nostra posizione è che impediamo – su questo la sosteniamo tutti – la minaccia nucleare dell'Iran e, chiaramente, tutto ciò che quel regime vergognoso sta negando anche in tema di diritti. Ma con quale strumento? Io lo vorrei sapere. Non faccio parte di quella opposizione che dice: non contate niente, non vi chiamano, non vi invitano. Non faccio parte di quella opposizione. Io faccio parte di quella opposizione che Le chiede: mi dice qual è la posizione del nostro Governo, perché è il Governo italiano, non solo della destra di questo Paese? Lei fa sue le parole del Presidente Trump che ha definito «eccellente» l'attacco di Israele, o no? Anzi, mi correggo:Pag. 23 l'attacco di Netanyahu. È ora di finirla di coinvolgere, anche solo con un'unghia, un popolo, una nazione che nulla ha a che fare con una guida che pensa che, di fronte ad ogni elemento di conflitto, la risposta sia la guerra. E ritengo che lo faccia per tre ragioni. La prima, perché Netanyahu è il primo che non ha preso bene l'apertura del negoziato tra gli Stati Uniti e l'Iran. Non ha reagito benissimo quando alla Casa Bianca Trump gliel'ha comunicato. Inoltre, penso che abbia fatto di tutto per far saltare la via diplomatica con l'Iran. La seconda, perché Lei ha detto che Netanyahu ci ha messo molto tempo prima di ragionare sull'intervento armato; ma diciamo che non è trascorso moltissimo tempo tra il rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e l'attacco di Netanyahu. Non è intercorso moltissimo tempo, soprattutto se si è dentro un negoziato. La terza, perché fra qualche giorno ci sarebbe stata una conferenza indetta da Francia e Arabia Saudita a New York per ragionare sul riconoscimento dello Stato palestinese.
Io non credo che le cose accadano per caso. Le parla uno che era con Lei qualche giorno dopo il 7 ottobre. Ma, Vicepresidente, ci vuole la franchezza di dirci insieme quando il 7 ottobre non c'entra più nulla e quando il 7 ottobre ha causato ciò che di vergognoso ha causato alla popolazione ebraica. Io non credo che siamo alle conseguenze del 7 ottobre. Siamo dentro ad un altro film, che è quello nel quale bisogna richiamare Netanyahu al fatto che i sacrosanti obiettivi che Lei ha qui enunciato li raggiunge la Comunità internazionale, non le guerre di Netanyahu.
L'impedimento al nucleare lo raggiunge il fatto che si prende il rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, si va al sesto incontro in Oman, glielo si sbatte sul tavolo e si dice: ci state prendendo in giro, che si fa? Allora, la guerra non la Pag. 24fa Netanyahu, la Comunità internazionale impedisce una cosa sbagliata.
Il problema è che l'Amministrazione Trump ha aperto unilateralmente il negoziato con Putin e Zelensky, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti; poi ha aperto unilateralmente il negoziato con l'Iran, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Allora, bisogna fare due cose. La prima è informare il suo collega Vicepresidente Salvini che forse il Nobel per la pace lo diamo a qualcun altro che non sia Trump, come invece ha proposto lui. La seconda è che questo Governo deve avere una politica estera che ponga la Comunità internazionale, non l'amicizia con tizio o caio, al centro della nostra azione.
Grazie.
ANGELO BONELLI. Signor Ministro, faccio una premessa, perché vorrei essere molto chiaro rispetto al concetto di strumentalizzazione. Ho sentito interventi che francamente a me hanno indignato; accolgo, invece, l'intervento della presidente Craxi.
Lei ha fatto un invito alla de-escalation e, nello stesso tempo, ha detto che l'Iran non può avere la bomba atomica – su questo siamo d'accordo, noi vorremmo che tutte le dittature non avessero la bomba atomica e che si continuasse nel Trattato di non proliferazione delle armi nucleari – ma Lei ha evidenziato una contraddizione incredibile: da un lato, parla di de-escalation, dall'altro sostiene che quello che ha fatto Israele è giusto, perché si deve impedire che l'Iran abbia la bomba atomica.
Questo è un punto fondamentale, perché il suo Governo, insieme a tanti Governi di questo pianeta – ahimè, in primis Trump – hanno lavorato per la delegittimazione degli organismi internazionali, depositari del diritto internazionale. Autorevoli Pag. 25esponenti del suo Governo hanno delegittimato l'ONU, hanno delegittimato la Corte penale internazionale, hanno delegittimato organismi dell'ONU (penso all'UNRWA).
Di fronte alla delegittimazione del diritto internazionale, vince il diritto del più forte, e in questo momento in Medio Oriente la politica estera non la fa l'Europa, non la fa nessuno, la fa solo Netanyahu e Lei – con grande rispetto – è il Ministro degli Esteri della presa d'atto, lei prende atto di quello che succede.
Questo è un elemento estremamente grave, perché questa logica della guerra, del farsi «giustizia» da soli sta determinando un messaggio molto chiaro anche con altre dittature, ovvero che ti devi sbrigare ad avere la bomba atomica, perché se hai la bomba atomica nessuno ti attacca; questa è la conseguenza di questa logica e dell'attacco di Netanyahu.
Questa mattina The New York Times, riportando in un articolo fonti di intelligence americane – non so se Lei dispone di questa informazione –, comunica che i siti nucleari iraniani non sarebbero stati attaccati, perché servirebbero le armi americane per poter penetrare nella roccia e nelle montagne iraniane. Questo è un elemento che determinerà, e in maniera drammatica, una logica del riarmo, e questa è una questione incredibile, perché il punto non sarà solamente il tema del riarmo convenzionale, il tema sarà il riarmo nucleare.
Vorrei conoscere il suo punto di vista su questo aspetto, ovvero se debba esserci un'implementazione del riarmo nucleare che vada oltre quello convenzionale, perché quello che sta accadendo in questo momento è proprio questo punto, ovvero che la logica del riarmo nucleare prende piede.
Rispondo con molta franchezza ed equidistanza: noi abbiamo sempre condannato la dittatura iraniana; non ci sono assolutamente infingimenti, il nostro Gruppo parlamentare è Pag. 26sempre stato in prima linea nel condannare la violazione dei diritti umani in Iran. Ma il punto è questo: noi riportiamo la democrazia con le bombe? L'Afghanistan, l'Iraq, la Libia hanno insegnato qualcosa? No, non hanno insegnato nulla, perché si continua con questa logica di pensare che la democrazia si esporti con le bombe.
Abbiamo una destabilizzazione in quei quadri, abbiamo abbandonato il popolo dell'Afghanistan, lo abbiamo abbandonato come dei vigliacchi, lasciando le donne afgane da sole e stiamo riportando quelle che sono riuscite a scappare dall'Afghanistan in Europa nelle mani dei talebani, quindi non riceviamo lezioni da chi ci dice di essere equidistanti, perché la democrazia non si esporta con le bombe nel momento in cui c'è una delegittimazione forte degli organismi internazionali.
Anche sul tema dell'equidistanza: io non sono equidistante per nulla rispetto a chi uccide bambini, rispetto a chi ha distrutto Gaza. Io riconosco, signor Ministro, il fatto che il Governo italiano sia impegnato nell'assistenza umanitaria, però c'è un aspetto che – mi duole dirlo – per me è profondamente ipocrita, perché non è che con la mano destra noi diamo assistenza e cooperazione militare al Governo criminale di Netanyahu e con la mano sinistra assistiamo quei bambini che vengono feriti con le bombe, anche occidentali. C'è una questione che su questo è lampante, è inevitabile, a cui dobbiamo dare una risposta molto chiara in questo senso.
Chiudo, signor Ministro, dicendole che la decisione di Netanyahu non è nuova. C'era un documento – che Lei sicuramente conosce essendo il Ministro degli Esteri – vecchio di trenta anni, il Clean Break, che teorizzava proprio il dominio in quello scenario attraverso l'uso della forza e l'uso dello strumento militare.Pag. 27
Questa è una questione che dobbiamo assolutamente affrontare, perché da oggi cosa facciamo? Andremo a bombardare la Corea del Nord, andremo a bombardare tutte quelle dittature che posseggono l'arma atomica? La questione è che manca una politica estera dell'Unione europea, anche una politica di difesa comune, manca questa politica e abbiamo fatto fare a Netanyahu quello che crede. È lui il vero artefice della politica estera, che vuole mantenere il suo potere politico attraverso l'uso della guerra, e questo è un elemento di profonda destabilizzazione, perché porterà più migranti, più odio e, ahimè, temo anche un'amplificazione del terrorismo.
FRANCESCO SILVESTRI. Signor presidente, ringrazio il Ministro per essere qui questa mattina a riferirci gli sviluppi.
Devo dire che le informazioni che Lei ci ha dato, Ministro, sono soddisfacenti sotto il profilo della tempestività e sicuramente delle informazioni, ma se io penso che Lei è un Ministro della nostra Repubblica, ci saremmo aspettati questa mattina delle posizioni politiche più chiare, perché, nonostante il suo tono deciso, i contenuti appaiono assai contraddittori.
Come ha già detto il collega Bonelli, infatti, che senso ha venire qui a dire tutto e il contrario di tutto, cioè venire a dirci che Lei sostiene la de-escalation e, al tempo stesso sostiene, l'azione che ha fatto Netanyahu? Queste cose sono in contraddizione totale, non ha senso dirle entrambe, soprattutto perché Lei non ci ha chiarito nemmeno se sia politicamente a favore – questa è la prima domanda – di quanto è appena successo nelle tempistiche rispetto a tutti gli sforzi che si stanno facendo per arrivare ad una de-escalation vera dal punto di vista nucleare in quelle terre.
Tutte le forze politiche in questo panorama parlamentare sono infatti indubbiamente contro il nucleare in Iran, ma c'è modo e modo per arrivare a questo, perché abbiamo visto come, Pag. 28nella nostra storia, determinate volontà siano state pretesti di guerra, che in qualche modo hanno peggiorato gli scenari geopolitici internazionali, e questo lo abbiamo visto sia in Europa, sia in Medio Oriente.
La seconda domanda è se abbiate contezza di quello che avverrà in seguito alle strategie di Netanyahu in quelle terre. Il punto è questo, perché come Parlamento avremmo piacere di sapere quali possano essere le previsioni di una strategia – a questo punto non sappiamo se americana e israeliana oppure solo israeliana – in quelle terre, perché le conseguenze ci riguardano da vicino, e su questo Lei non ha detto assolutamente nulla.
Non sto a ripetere alcuni aspetti già espressi dal collega Richetti, ma faccio nostro il suo intervento e ne ribadisco le richieste e le domande. Lei ha fatto anche un passaggio sull'assistenza che noi stiamo garantendo ai feriti palestinesi, ma questa, secondo me, è stata una grandissima caduta di stile, Ministro, perché, per quanto Lei venga qui a rivendicare l'assistenza del giovane Adam e io Le faccia i complimenti, Le chiedo però quali risposte venga a darci per gli altri 33.999 ragazzi feriti e per gli altri 15 mila morti; cioè perché continui a rivendicare un'azione giusta rispetto a 50 mila silenzi. Questo è intollerabile.
Anche qui, Le chiedo di dirci come mai non il Governo italiano, ma il mondo intero, su questo abbia mancato di sensibilità, ci tengo a chiederle come mai ci sia stata una differenza sostanziale nell'azione dei corridoi umanitari nei confronti – giustamente – del popolo ucraino e rispetto al popolo palestinese, visto che i numeri sono completamente diversi.
Credo quindi che venire a dirci che mille persone palestinesi assistite è un record sia vero, ma sia triste, e non è un elemento Pag. 29da rivendicare, perché i numeri che ci aspettavamo da un Governo come il nostro, che è sempre stato leader nell'ambito dell'assistenza nelle fasi di guerra, sono stati sempre altri, quindi trovo questo suo intervento sicuramente da chiarire, chiedendole poi di darci nella sua replica delle risposte che siano politiche e possano far capire alle forze di maggioranza e di opposizione qual è l'indirizzo in politica estera di questo Governo.
Grazie.
PAOLO BARELLI. Signor Ministro, io La ringrazio per il suo tempestivo intervento, a dimostrazione della sensibilità che il Governo, e Lei in particolare, mostra in questa epoca di crisi continue e di problemi che gravano non solo sul nostro Paese e sull'Europa, ma su tutto il mondo.
Come abbiamo avuto modo di ascoltare dai suoi interventi in Parlamento – alla Camera e al Senato – si tratta, ahimè, di un periodo molto critico, in cui le aree di guerra sono molto vicine alla nostra nazione, molto vicine all'Europa e mettono tutto il mondo, e anche le famiglie del nostro Paese, in una situazione di grande preoccupazione.
Voglio ringraziarla anche per la dettagliata relazione, in un quadro che ha evidentemente mille sfaccettature, mille ambiti di competenza e di interferenza in un quadrante del mondo che vive ormai da decenni una situazione molto critica.
Ho ascoltato gli interventi: se non fossimo di fronte a un dramma, ma fossimo di fronte ad una situazione normale, sarebbe corretto che ognuno ponesse la propria visione come addetto ai lavori su elementi che sono vissuti individualmente in modo passionale, come se fossero tifoserie di una squadra che esprimono la propria opinione su quella tattica o quella situazione; ma purtroppo siamo di fronte ad una questione molto più complessa e drammatica, in cui sono in gioco Pag. 30interessi diversi che hanno natura sociale, religiosa, economica, finanziaria, che mettono in crisi gli equilibri del mondo; quindi, valutazioni troppo semplicistiche, valutazioni che in matematica sarebbero le tabelline mentre qui siamo di fronte a logaritmi complicatissimi, che si inseriscono in un contesto veramente difficile da comprendere.
Penso che questo tipo di esercizio debba essere fatto tenendo presente questa complessità e questa situazione che, mettendo in crisi l'equilibrio e la pace nel mondo, dovrebbe essere trattata non da tifoserie, ma con maggior senso di responsabilità. Questo è il mio punto di vista.
Per essere pacati – anche se ovviamente non sono d'accordo con alcuni interventi – credo si debbano trovare punti di accordo. Mi è sembrato di comprendere che per tutti l'Iran sia un Paese ostile alla democrazia per i propri cittadini, un Paese che esporta terrorismo e mette in crisi la pace non soltanto in quell'area, ma nel mondo, e ho notato che su questo c'è un equilibrio di valutazioni che ritengo condivisibile.
Si è anche parlato, signor Ministro, dell'atteggiamento del nostro Paese, di come condannare e combattere con equilibrio un regime totalitario che promuove il terrorismo ed è intenzionato a dotarsi anche di bombe atomiche, perseguendo una de-escalation, e se quanto ha fatto Israele sia corretto; valutazioni che ovviamente ognuno declina come crede, ma la de-escalation e la necessità di Israele di garantire la propria esistenza non sono in contraddizione.
Certo, sarebbe meglio se tutto questo non fosse accaduto, se l'Iran non fosse un Paese dittatoriale e non andasse contro gli organismi internazionali di controllo nel perseguire la propria strategia sul nucleare intesa come attacco al prossimo; sarebbe stato molto meglio se la situazione non si fosse deteriorata per colpa dell'Iran, al punto che Israele ha deciso di contenere Pag. 31questa ipotesi, che rischiava di causare la distruzione del proprio popolo e della propria nazione, sferrando un attacco.
Credo sia ovvio che, nel momento in cui un Paese – Israele – si sente pregiudicato nella propria esistenza, abbia una reazione, come è ovvio che gli organismi internazionali, i Paesi che vogliono la pace siano intervenuti immediatamente per contenere le conseguenze di questa situazione sicuramente non voluta da Israele, al fine di evitare un'escalation.
Anche su questo non voglio tacere: ieri e anche oggi alcuni interventi hanno evidenziato il fatto che il Governo abbia dichiarato che non sarebbero stati attesi attacchi; ma sarebbe stato assurdo il contrario, che se il Governo ne fosse stato a conoscenza lo avesse comunicato.
Ritengo che quello che sta facendo il Governo italiano in termini di credibilità a livello internazionale sia sotto gli occhi di tutti; questo Governo, con il Presidente Meloni e il Ministro Tajani, è presente in ogni tavolo per far sì che ci sia da parte della Comunità internazionale, e dell'Europa in primis, un atteggiamento univoco, unico espediente e unica medicina per ottenere dei risultati.
Invito quindi il Ministro Tajani, il Governo, il Presidente Meloni – che in queste ore sta operando nella stessa direzione – a fare in modo non di celebrare un protagonismo di facciata, ma di giungere, grazie agli uffici e alle relazioni che costantemente si tengono senza riflettori, a dipanare questi nodi drammatici di crisi in cui siamo caduti in questi giorni con la crisi tra Iran e Israele.
PAOLO FORMENTINI. Signor presidente, ringrazio il signor Ministro, per la tempestiva informativa resa alle Commissioni Affari esteri di Camera e Senato.
Noi della Lega siamo sempre al lavoro per la pace e sosteniamo pienamente l'operato del Governo, siamo per la Pag. 32de-escalation, perché in Medio Oriente serve che si costruisca un futuro stabile, duraturo, condiviso da tutti, di grande prosperità, e quel futuro è proprio ciò che l'Iran non vuole.
Cerchiamo di ricostruire i fatti, perché qui l'aggressore e l'aggredito vengono mischiati ad arte. Tutto è partito quel 7 ottobre. Cosa è stato il 7 ottobre? È stato qualcosa che l'Iran ha voluto fortemente, perché l'Iran ha armato Hamas, ha armato Hezbollah. È l'Iran che arma tutte le milizie, è l'Iran che ha armato gli Houthi. Houthi che minacciano il nostro Paese, perché – tanti lo hanno dimenticato, ma noi della Lega no – mettere in difficoltà o chiudere vie di navigazione, come ha ricordato anche Lei, Ministro, significa danneggiare l'Italia, che è uno dei principali Paesi esportatori al mondo.
Quando nel marzo 2024 abbiamo dovuto abbattere dei droni che erano stati lanciati contro una nostra nave, noi abbiamo difeso l'interesse nazionale. Quei droni, ovviamente, erano iraniani come sono iraniani i droni usati dalla Russia in Ucraina, e questo dimostra che l'Iran è una minaccia non regionale, ma globale, come giustamente ha detto, quindi non può avere la bomba atomica. Questi sono fatti inconfutabili.
La via per la pace, dopo la mediazione diplomatica che sta provando con tutte le sue forze il Presidente Trump, deve essere però convintamente abbracciata dall'Iran, che invece finora ha preso in giro la Comunità internazionale, ma ha una possibilità: ci sono stati i sessanta giorni di negoziati dopo anni e anni in precedenza, ma è continuato l'arricchimento – come Lei diceva, signor Ministro, e nei prossimi sarebbero state pronte sei mesi dieci atomiche.
Per non avere un mondo più insicuro, dobbiamo lavorare perché quelle vie di commercio e di pace siano aperte e perché la via tracciata dagli Stati Uniti – in cui il Presidente Trump Pag. 33dimostra, non da oggi, di volere la pace – è una speranza di pace per il Medio Oriente.
Nel 2020 furono siglati gli Accordi di Abramo, ma contro gli Accordi di Abramo l'Iran ha armato Hamas, cercando di farli saltare. Si parla di Comunità internazionale: torniamo agli Accordi di Abramo e partiamo finalmente con quel grande progetto infrastrutturale, dall'India al Medio Oriente fino al porto di Trieste, che è IMEC. Questo Le chiedo con forza, Ministro, di sostenerlo con tutte le nostre forze. Oggi è attivo anche un intergruppo parlamentare che ho voluto fondare per dare al Governo la base più ampia possibile e il sostegno del nostro Parlamento a questo progetto.
Noi vogliamo la pace. L'Iran per ora ha dimostrato il contrario. Raccolga la sfida. Grazie.
ELLY SCHLEIN. Grazie, Ministro. Voglio ringraziarLa anche io per l'immediata disponibilità ad intervenire e a riferire a questo Parlamento.
Il Partito Democratico esprime un'enorme preoccupazione per quanto sta accadendo dopo l'attacco unilaterale di Israele all'Iran e la reazione del regime teocratico. Chiediamo per questo al Governo ogni sforzo per impedire, prevenire, fermare un'escalation – e lo chiediamo in seno all'Unione europea e a tutti gli organismi multilaterali in cui crediamo profondamente, a partire dalle Nazioni Unite – che potrebbe avere conseguenze potenzialmente devastanti.
Serve la diplomazia, serve la politica. Come dice la nostra Costituzione, l'Italia ripudia la guerra e lavora per la pace, quindi chiediamo al Governo di essere conseguente.
L'attacco dell'altro ieri notte di Netanyahu all'Iran rischia di portare il conflitto su una scala globale e le ripercussioni possono essere di ampio raggio, e anche imprevedibili nella loro portata. Ci sono due altre vittime di quell'attacco, uno dei quali Pag. 34– come è stato segnalato anche dai colleghi – è il negoziato sul nucleare – messo in piedi dagli Stati Uniti con l'Iran, con la mediazione dell'Oman – che doveva proseguire proprio domani; Netanyahu ha scavalcato anche Trump, creandogli un problema di credibilità come interlocutore.
L'altra vittima è la Conferenza per l'attuazione della soluzione a due Stati, prevista a New York per il 16 e 17 giugno prossimi, che è stata rinviata a seguito di queste drammatiche novità. È impossibile non pensare che questa mossa unilaterale di Netanyahu non abbia quindi obiettivi più politici che strategici, mentre da tutto il mondo si alzava un'ondata di sdegno e di condanna sui crimini che il suo Governo di estrema destra sta compiendo a Gaza e in Cisgiordania; e negli stessi giorni in cui è emersa in modo evidente anche la fragilità politica del suo Governo, costretto a trovare di notte un accordo in extremis con una parte degli ultraortodossi, per evitare un voto di sfiducia.
Qui vorrei che mettessimo in chiaro immediatamente un punto, su cui credo siamo tutti d'accordo: nessuno di noi qua dentro nutre alcuna simpatia per il regime teocratico liberticida di Teheran, che anzi abbiamo sempre contrastato e continueremo a contrastare, supportando gli sforzi dell'opposizione iraniana e partecipando ad ogni manifestazione, unendoci al grido di «Donna, Vita, Libertà». Questi siamo noi, anzi quelli che forse per primi proposero a questo Parlamento una risoluzione contro quello che sta facendo il regime di Teheran, che poi fu votata da tutti.
Qui, però, il punto è un altro: un'azione unilaterale come quella di Netanyahu rischia di infiammare e destabilizzare ulteriormente tutta la regione e tradisce anche la volontà di delegittimare – non facciamo finta di non vederlo, colleghi – le sedi negoziali e diplomatiche, che stavano lavorando esattamentePag. 35 per un obiettivo condiviso da tutti qui dentro, cioè che l'Iran non possa avere un'arma nucleare.
L'attacco fatto con questa tempistica, con questa modalità, chiaramente vuole delegittimare quel percorso negoziale, ma anche la relazione dei governatori dell'AIEA, perché quella relazione non era certo un mandato in bianco a bombardare unilateralmente l'Iran.
Da questo punto di vista siamo preoccupati, perché se siamo tutti d'accordo sull'obiettivo che l'Iran non possa sviluppare la bomba nucleare, l'obiettivo va perseguito con la diplomazia e la politica, perché oltretutto è tutta da vedere l'efficacia di questa azione se quello fosse davvero l'obiettivo; anzi, rischia di dare un alibi per l'uscita dal Trattato di non proliferazione nucleare.
Credo che qui dentro possiamo essere d'accordo su un'altra cosa, cioè che l'Italia e l'Unione europea debbano difendere con ogni forza il Trattato di non proliferazione nucleare.
Quel negoziato era in corso, oggi è saltato e sarà interessante capire come l'Amministrazione americana vorrà continuare a supportare quel tentativo. Per noi la strada della diplomazia e della politica è sempre quella da perseguire, per evitare lo scontro militare, che pagano, come sempre, innanzitutto le vittime civili.
Non ci nascondiamo che questo avviene in un più ampio contesto – e non riguarda solo Netanyahu, ahimè – di un attacco alle istituzioni multilaterali, di delegittimazione delle Nazioni Unite e delle sue Agenzie e di delegittimazione delle Corti internazionali. Qui è in corso un altro tentativo di sostituire il diritto della forza alla forza del diritto, tentativo che come Italia non possiamo accettare, e qui vi chiediamo quale ruolo su questa partita di sfondo intenda svolgere il Governo italiano.Pag. 36
L'Italia deve difendere il multilateralismo: è nella sua storia, è nel suo DNA; difenda quindi quelle sedi di dialogo tra gli Stati, tra i Governi e tra i popoli. È una contraddizione che anche voi dovete sciogliere, perché spesso, in seguito a posizioni di Trump e Netanyahu, vi abbiamo sentiti delegittimare ugualmente delle Corti internazionali. Pensiamo che sia una strada sbagliata e che questa possa essere invece l'occasione per ritrovarsi sul fondamento, che è la difesa del multilateralismo e delle sedi di dialogo tra i popoli e gli Stati.
Trump è stato spiazzato – come mi è parso evidente anche dalle diverse dichiarazioni che ieri si sono susseguite da parte sua – e ha provato a metterci una pezza, ma la verità è che è stato scavalcato. Segnalo solo questo, come hanno fatto altri colleghi che ringrazio e di cui condivido l'intervento: fortuna che Trump doveva essere quello che, una volta arrivato, in quarantotto ore avrebbe risolto i conflitti sia in Ucraina che in Medio Oriente; per fortuna, perché sono passati mesi e rischia di aprirsene uno globale. Putin si sente più forte, il massacro a Gaza è ripreso a pieno ritmo, perché a marzo purtroppo si è stracciato il cessate-il-fuoco, e con questo attacco all'Iran si avvia un'escalation che potrebbe scaturire davvero in un conflitto globale.
C'è quindi bisogno dell'Italia, c'è bisogno dell'Unione europea, c'è bisogno della forza delle Nazioni Unite e delle sedi multilaterali. Io chiedo a Lei e, per suo tramite, anche al Presidente Meloni, di non schiacciare il Paese sugli umori alterni di Trump e di riportarlo invece fortemente sui binari della nostra tradizione diplomatica e politica, per svolgere un ruolo che sventi questa escalation, e che l'Italia sia quindi all'altezza del ruolo che la sua vocazione e la sua geografia le hanno consegnato, anche e soprattutto nello scenario mediorientale, dove siamo sempre stati interlocutori importanti.Pag. 37
Lei ha fatto una relazione puntuale, di cui La ringrazio, però mi permetta di rilevare – come hanno detto anche altri colleghi, a partire dall'intervento del collega Richetti, che condivido – che ha fatto una relazione in cui c'erano molti elementi di analisi, ma, anche ascoltando i colleghi di maggioranza, non ci è chiarissimo cosa pensi il Governo italiano di quello che è accaduto ieri.
Ho evidenziato le premesse su cui siamo tutti d'accordo, però il punto di contraddizione che vediamo e che secondo me va sciolto è proprio questo: o si pensa che fosse un attacco del tutto legittimo, quindi bisogna avere il coraggio di dire che ha fatto bene, perché non c'era alternativa – abbiamo sentito degli argomenti che andavano in quella direzione – oppure si pensa che bisogna frenare l'escalation.
Voglio essere chiara: se è così, se bisogna frenare l'escalation, bisogna dire a Netanyahu di fermarsi e all'Iran di fermare le sue reazioni, e non perché non sia condiviso l'obiettivo di evitare che l'Iran abbia un'arma nucleare o perché non sia condiviso un giudizio pessimo sul regime teocratico di Teheran, ma perché l'attacco militare unilaterale di bombardare l'Iran non è la via per perseguire questi obiettivi.
Su questo noi vorremmo chiarezza, non solo dal Governo italiano. C'è un importante incontro del G7: chiediamo all'Unione europea di avere su questo una voce sola, chiara ed univoca di politica estera comune, che usi tutte le leve diplomatiche a disposizione.
Con Israele si pensi all'Accordo di cooperazione UE-Israele, che va sospeso a nostro avviso, ma anche con l'Iran, dove sappiamo che c'era anche il timore dello snapback rispetto alle sanzioni, quindi abbiamo elementi per far leva. Il punto è difendere il Trattato di non proliferazione nucleare, perché per Pag. 38il PD la strada è ancora quella di perseguire il disarmo nucleare.
Ringrazio il Ministro per la sua disponibilità. Credo anche che questa sia l'occasione per chiedere conto, come hanno fatto altri in conclusione, della discrasia tra alcune sue dichiarazioni del giorno precedente all'attacco, secondo cui non vi erano segnali di attacchi imminenti, e le dichiarazioni del Ministro della Difesa Crosetto, che ieri ha dichiarato che lo scenario che si è aperto non ci ha sorpresi, ce lo aspettavamo, eravamo partiti per mettere in sicurezza e avvisare i nostri militari presenti nelle missioni all'estero già due giorni fa, anche in conseguenza dell'allarme per l'evacuazione del personale americano e del Regno Unito.
Chiedo solo se ci sia stato un problema di comunicazione tra le vostre strutture e se questo può porre un problema in prospettiva, per evitare rischi dal punto di vista della sicurezza nazionale.
Chiudo raccomandando attenzione, perché noi non accetteremo che questa grave vicenda, questo attacco all'Iran e le sue conseguenze facciano dimenticare Gaza nel dibattito europeo e anche italiano. Abbiamo sentito che si è tornati a chiedere un cessate-il-fuoco. Noi continuiamo a chiedere, oltre al cessate-il-fuoco, la liberazione incondizionata di tutti gli ostaggi israeliani, le sanzioni per il Governo di estrema destra di Netanyahu e anche il riconoscimento dello Stato di Palestina, perché i palestinesi, come gli israeliani, hanno pieno diritto di vedersi riconosciuto uno Stato in cui vivere in pace e sicurezza, e non dobbiamo dimenticarli perché si apre un altro fronte. Grazie.
LUCIO MALAN. Signor presidente, ringrazio il Ministro Tajani, che si è subito reso disponibile a relazionare alla Camera e al Senato sui drammatici eventi di queste ore.Pag. 39
Fratelli d'Italia condivide e sostiene pienamente la linea del Governo, ribadita dal Presidente Meloni e da Lei, Ministro Tajani, nel promuovere una via diplomatica a fianco degli Stati Uniti, che garantisca pace e sicurezza, obiettivi fondamentali per l'equilibrio internazionale e per l'interesse nazionale.
Desidero sottolineare le parole di netta contrarietà da Lei espressa ad un Iran nucleare; la sicurezza internazionale sarebbe gravemente in pericolo se il regime di Teheran disponesse di quelle dieci bombe nucleari, che, secondo AIEA, potrebbe avere – o, più probabilmente, avrebbe potuto costruire – nel giro di pochi mesi.
Quello di Teheran è un regime che da decenni non minaccia, ma annuncia l'imminente distruzione di Israele. Su una piazza di Teheran, almeno fino a non molto tempo fa, c'era un orologio con il conteggio alla rovescia per la distruzione di Israele; che un regime con questi propositi possa disporre di ordigni nucleari sarebbe certamente un gravissimo pericolo.
L'Italia è però solidale con il popolo iraniano. Comprendiamo bene le aspirazioni degli iraniani e delle iraniane alla libertà e alla pace; abbiamo visto molte volte uomini e donne in Iran sfidare gravi pericoli, mettere a repentaglio la propria incolumità per chiedere libertà e che le risorse del Paese vengano impiegate a beneficio della gente, non per finanziare organizzazioni terroristiche internazionali.
Ci associamo al plauso e al sostegno all'attività della nostra diplomazia, in particolare dell'Ambasciata in Israele, del Consolato a Gerusalemme. Siamo vicini e riconoscenti ai nostri militari in missione nell'area, missioni che continuano e sono particolarmente preziose in momenti difficili come questi.
Siamo vicini agli italiani che risiedono in quell'area e siamo pienamente fiduciosi nella linea del Governo italiano, che Lei ha ribadito qui, signor Ministro Tajani, e del Presidente del Pag. 40Consiglio, Giorgia Meloni, che a livello internazionale mette sempre al centro l'interesse nazionale, che è fatto anche, naturalmente, della sicurezza e della pace internazionale.
Bisogna prevenire – ha fatto molto bene a dirlo diverse volte, anche se qualcuno l'ha citato in senso negativo –, perché la parola de-escalation è davvero fondamentale in questi tempi. Si tratta non di schierarsi, ma di lavorare perché l'Italia continui ad avere quel ruolo di mediazione, che in tante occasioni ha avuto ed ha, anche in queste circostanze.
Sosteniamo quindi pienamente l'azione del Governo in questa direzione, conosciamo bene l'impegno del Presidente del Consiglio Meloni, del Ministro Tajani e di tutto il Governo per l'interesse nazionale e per la pace internazionale. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Il Ministro dà la disponibilità per altri due brevi interventi del senatore Marton e dell'onorevole Onori.
BRUNO MARTON. Grazie, signor Ministro. Cercherò di fare tesoro dell'invito dalla nostra presidente Craxi alla moderazione, anche se mi riesce difficile, devo ammetterlo.
Lei ha dato una descrizione che più o meno è la rassegna stampa di oggi. Ha parlato di duecento aerei, cento droni, trecento missili; ha fatto un quadro che, leggendo i giornali, avremmo potuto farci da soli. Non ha detto, però, se Lei è d'accordo con l'attacco preventivo che ha fatto Israele all'Iran.
L'Iran è il Paese più sanzionato a livello mondiale dopo la Russia, è in grave difficoltà e, nell'attacco aereo subìto senza che la difesa aerea iraniana potesse intervenire e abbattere alcun caccia, ha dimostrato di essere molto vulnerabile.
Quest'Aula Le ha detto che non c'è alcun partito favorevole al regime iraniano e io glielo ribadisco. Lei concorda sul fatto che abbiano attaccato i palazzi presidenziali per uccidere i Pag. 41vertici sia religiosi sia di Governo dell'Iran? Lei non ha pronunciato una – dico una – sola parola contro il Governo di Netanyahu, che, a parer mio, sta mettendo in grave pericolo la sua popolazione. Io vorrei che si esprimesse almeno una volta contro quel Primo Ministro.
Seconda, rapida considerazione: io non vorrei che si scoprisse, come è successo in Iraq sulle famose armi di distruzione di massa, che quello sul nucleare non sia un rapporto veritiero, perché i tempi mi fanno pensare veramente male. Ricordo che l'Iran è, per riserve di gas e di petrolio, fra i principali Paesi del mondo. A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno.
Io non condivido le considerazioni di chi mi ha preceduto, che ha detto che tutto nasce da quel 7 ottobre, perché questa è una cosa differente. Ministro, ci dice la sua posizione al riguardo?
Io sono totalmente convinto – spero di sbagliarmi – che Israele stia facendo una carneficina inutile. Ci è chiarissimo che viene minacciato da anni, ma deve essere fermato, Ministro, e vorrei sentire parole di condanna verso quell'uomo, verso quel Governo.
Ha parlato di moderazione dell'Iran, ma di moderazione di Israele?
PRESIDENTE. Temo che debba interrompere...
BRUNO MARTON. Concludo, signor Ministro. Vorrei anch'io, come l'onorevole Richetti, qualche riflessione politica e non semplicemente un racconto dei fatti. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Ministro Tajani per la replica.
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Pag. 42Cercherò di rispondere a tutte le domande, come sono abituato a fare, perché non sono abituato a tirarmi indietro o a nascondermi di fronte ai problemi.
Mi pare che nel mio intervento sia stata esplicitata in maniera molto chiara la linea politica del Governo per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente. Quando diciamo che siamo contro un'escalation militare, mi riferisco al fatto che già sono stati fatti attacchi e contrattacchi da Israele e Iran, e queste cose le ho dette fin dal primo momento, fin da ieri mattina. Ho parlato con i Ministri di Israele e dell'Iran alle 8-8.30 di mattina e ho detto loro: basta con l'escalation. All'Iran ho detto di non reagire più e a Israele ho detto di fermarsi qua. Noi siamo contro l'escalation. Questa è la nostra posizione.
Mi spiace che qualcuno faccia soltanto una cosa formale, onorevole Della Vedova, sui rapporti con gli altri Paesi dell'Unione europea. Non ci sarà stata una riunione formale tra Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna, perché i tre Paesi sono quelli che hanno cominciato ad occuparsi della vicenda nucleare quando non era in carica questo Governo, ma altri Governi, e nessuno si è mai preoccupato di questo, neanche i Governi di sinistra, non hanno mai contestato questo fatto; però, fatto sta che ieri noi abbiamo parlato con Francia, Germania e Gran Bretagna, ma anche con tanti altri Paesi, e tutti i Paesi europei hanno la stessa linea.
Ho concordato con il Ministro degli Esteri britannico, il Ministro degli Esteri francese e il Ministro degli Esteri tedesco che la nostra linea era quella della de-escalation, ossia favorire la ripresa del dialogo tra americani ed iraniani, cosa che ho detto fino a questa mattina, prima di entrare qui, al Ministro egiziano, il quale avrebbe fatto pressioni, come ho fatto io, nei confronti di americani, israeliani ed iraniani. In questo caso, chiaramente, sono gli iraniani che devono decidere, perché ieri Pag. 43avevano detto che si sarebbero ritirati, questa mattina il portavoce del Governo iraniano ha detto che dovevano ancora decidere se partecipare o meno alla riunione di Muscat, riunione che noi abbiamo sempre caldeggiato fin da quando è iniziata questa trattativa, tant'è che è stata scelta non a caso Roma come sede del dialogo, per ben due volte; questo significa che l'Italia gioca un ruolo da protagonista per quanto riguarda la politica estera e la costruzione della pace tra Iran ed Israele e nell'intera area del Medio Oriente.
Questa è politica a casa mia. Sono forse il più vecchio di tutti coloro che sono qui seduti e credo che queste iniziative si chiamino iniziative politiche, perché cercare di convincere due Paesi a sedersi attorno a un tavolo o sostenere politicamente...
C'è poco da ridere, onorevole Boldrini.
LAURA BOLDRINI. Lei non è il più vecchio. [intervento fuori microfono].
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Credo proprio di sì.
LAURA BOLDRINI. È un complimento! [intervento fuori microfono].
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie.
Dicevo, queste sono scelte politiche. Come sono scelte politiche quelle per dar vita ad una realtà che sia quella di due popoli e due Stati. Io non ho mai cambiato idea. Da decenni sostengo questa tesi e non sono abituato a dire un giorno una cosa e un giorno un'altra. Se c'è una cosa che non va o una cosa sulla quale io convengo, lo dico e lo ripeto. Però, bisogna Pag. 44costruire questa realtà. Non basta soltanto fare delle dichiarazioni, bisogna lavorare giorno per giorno. E tutto quello che si fa in Medio Oriente, anche per quanto riguarda gli aspetti umanitari, è frutto di un'azione politica.
Voglio dire in maniera molto chiara – chi vuole può partecipare a tutte le telefonate e agli incontri che faccio – che per far uscire anche una persona da Gaza serve una trattativa politica. Non esiste il corridoio umanitario, perché non decide l'Italia se queste persone escono da Gaza, se queste persone vanno in Giordania, se queste persone vanno in Egitto, ma serve l'accordo di tutti. Lei dice 50 mila: benissimo, io li accoglierei tutti i 50 mila, come abbiamo fatto con gli ucraini. Ma non è possibile, e non perché non vogliamo noi o perché non siamo per i corridoi umanitari. Io rivendico questa azione politica. A chi sostiene che bisogna ritirare l'Ambasciatore da Israele dico che queste persone vengono in Italia, le curiamo e si salvano perché abbiamo un rapporto diplomatico con Israele. Questa è la verità. Siamo il Paese che in Europa e in Occidente ha accolto il maggior numero di rifugiati da Gaza. Ma non dipende da noi.
Se Lei mi avesse ascoltato con attenzione, avrebbe udito che ho detto che stiamo lavorando per portare in Italia altre ragazze, studentesse che hanno vinto borse di studio e che sono bloccate a Gaza. Però, non rientrano nei criteri neanche delle Nazioni Unite di coloro che possono uscire da Gaza. Ciononostante, stiamo lavorando per farle uscire da Gaza. Lo stesso stiamo facendo per alcuni bambini. Lei può chiedere a chi vuole, da padre Ibrahim Faltas al Primo Ministro Mustafa, con il quale ho parlato un quarto d'ora prima di venire qui questa mattina, che riconoscono tutto quello che stiamo facendo. L'Egitto, che è un Paese confinante, e il Qatar hanno fatto entrare nel loro territorio lo stesso numero di persone che noi abbiamo fatto entrare in territorio italiano, persone che siamo Pag. 45andate a prendere, più le persone che abbiamo curato con la nave Vulcano. Queste sono scelte politiche. Decidere di mandare una nave militare in quell'area è una scelta politica. Parlare con Israele e dire «io garantisco che queste persone le facciamo passare e vengono in Italia» è una scelta politica.
ANGELO BONELLI. Io non l'ho insultata. [intervento fuori microfono].
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Onorevole Bonelli, io non l'ho interrotta. È una questione di buona educazione. Io non ho interrotto Lei, Lei non interrompa me.
ANGELO BONELLI. Io non l'ho insultata. [intervento fuori microfono].
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Perché, io l'ho insultata? Io non l'ho neanche interrotta. Calma, stia calmo.
ANGELO BONELLI (intervento fuori microfono). Io sono calmo.
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Ma Lei sta parlando con me, non sta parlando con gli altri parlamentari.
Vorrei continuare a dare risposte politiche. Do una risposta politica anche all'onorevole Schlein, che sollecita una risposta su quello che pensa il Governo italiano delle organizzazioni internazionali. Comincio dalla cronaca, perché parlavamo dei Pag. 46bambini di Gaza: l'unico Paese al mondo che ha fatto entrare un convoglio delle Nazioni Unite negli ultimi venti giorni è stata l'Italia. Il programma «Food for Gaza» è un programma fatto con le Nazioni Unite, con il Programma alimentare mondiale; questo è un fatto concreto. Abbiamo regalato quindici tir non a Israele, non ad Hamas, non all'Autorità nazionale palestinese, ma alle Nazioni Unite, al Programma alimentare mondiale, che è un programma delle Nazioni Unite. La nostra Ambasciata presso la FAO sta lavorando al progetto «Food for Gaza» e lo stiamo facendo con le Nazioni Unite, perché la FAO è parte delle Nazioni Unite; quindi, mentre gli altri si rivolgevano ai privati, noi ci siamo mossi con le Nazioni Unite.
Analogamente siamo fortemente impegnati anche per una riunione – che poi è stata rinviata, ma non per nostra scelta – sui due Stati, me l'ha comunicato il Ministro degli Esteri francese, l'hanno fatto i sauditi, dal momento che avevamo la leadership della parte legata alla sicurezza, quindi eravamo parte integrante di questa strategia. Così come abbiamo votato, sia a Vienna, sia a New York, l'altro giorno all'ONU, alcune risoluzioni, di cui una riguardava l'Iran e un'altra la situazione umanitaria e, dunque, gli aiuti in Palestina, risoluzioni che abbiamo votato nel rispetto delle Nazioni Unite.
Un conto è non essere d'accordo su alcune scelte, altra cosa è rinnegarne il valore dell'esistenza. Non è che, se Lei critica il Governo, è contro l'Italia. Può criticare il Governo, ma certamente non dirà mai: distruggiamo l'Italia perché non mi piace il Governo. Questo è quello che abbiamo fatto. Nella mia vita politica, ripeto, siccome sono uno fra i più anziani, anche di esperienza politica, credo di essere sempre stato coerente da questo punto di vista. Quindi, voglio tranquillizzare il Parlamento: noi non siamo contro le Istituzioni internazionali, continuiamo a lavorare e continueremo a lavorare. E la dimostrazionePag. 47 pratica l'abbiamo avuta con quello che vi dicevo prima: mentre gli altri si rivolgevano ai privati, noi abbiamo mandato a Gaza le Nazioni Unite. Questo a dimostrazione che noi siamo italiani e abbiamo una nostra linea politica, non è che seguiamo quello che dice l'uno o che dice l'altro.
Peraltro, vorrei capire se dobbiamo condannare Biden o dobbiamo condannare Trump, perché Biden ha lasciato l'Afghanistan, Trump ha fatto altre cose. Quindi, dobbiamo sempre condannare comunque gli Stati Uniti. Rispetto a quello che ha detto l'onorevole parlando dell'Afghanistan, mi preme sottolineare che noi non l'abbiamo affatto abbandonato: proprio due giorni fa abbiamo lavorato per far entrare in Italia un gruppo di donne afghane, tra mille difficoltà. Ci sono persone qui che sanno bene tutto quello che abbiamo fatto, perché avevano commesso anche loro qualche errore, rischiavano di rimanere imbrigliate in Afghanistan e, grazie a un lavoro diplomatico, sono venute in Italia; non c'è assolutamente alcun tentennamento da questo punto di vista.
Ribadisco, comunque, che noi non prendiamo ordini da questo o da quello. Noi abbiamo la nostra linea, come quella dei due popoli e due Stati, che è una nostra linea. Siamo assolutamente convinti che si debba andare avanti in quella direzione; che il popolo palestinese abbia il diritto di realizzare il proprio sogno di avere uno Stato è incontrovertibile. Io dico soltanto che oggi riconoscere lo Stato palestinese, che non esiste, non produce alcun effetto politico. Questa è la mia idea. Poi, uno può non essere d'accordo. Mi avete chiesto cosa ne penso, io vi rispondo.
Per quanto riguarda la popolazione civile di Gaza, noi non abbiamo mai cessato di spingere Israele al cessate-il-fuoco, compreso ieri, compreso questa mattina. Tant'è che addirittura il Ministro degli Esteri israeliano – potete andare a vedere il suo Pag. 48comunicato ufficiale – parla del colloquio che abbiamo avuto. Nella prima parte ha citato la questione iraniana, ovviamente, nella seconda parte ha detto: abbiamo parlato con il Ministro italiano della situazione a Gaza. Questo perché gliel'ho sollecitato io. C'erano dieci persone mentre parlavo con il Ministro Sa'ar. La stessa cosa ho detto stamani al Presidente Herzog, il quale mi ha detto: noi siamo favorevoli. E questa cosa l'ho ribadita anche al Ministro degli Esteri egiziano, perché noi – lo ribadisco – sosteniamo la posizione egiziana per la ricostruzione di Gaza. Quindi, non prendiamo ordini né da Washington né da altri. Abbiamo la nostra linea. Diversamente, avrei detto: seguiamo la posizione americana. Quindi, questo smentisce queste supposizioni. Noi siamo sempre a testa alta e non ci vergogniamo delle nostre posizioni, che a volte possono coincidere, a volte essere differenti. Ma abbiamo le nostre posizioni.
A me non piace dire: che ne pensi di quello, che ne pensi di quell'altro? Io vorrei sapere che ne pensano gli altri di quello che diciamo e facciamo noi. Uno può essere d'accordo o non essere d'accordo. Ma la linea politica è la nostra. Non è che devo dire «sì» a quello che fa Netanyahu, «sì» a quello che fa Trump, «sì» a quello che fa Biden. L'Italia fa quello che deve fare, segue la sua linea politica. Mi pare di essere stato piuttosto chiaro su questo.
Con riferimento all'Iran, nessuno di noi vuole la guerra. Non vi è stata alcuna discrepanza, come ho cercato di spiegare nel corso del mio intervento, tra quello che ho detto io e quello che ha detto il Ministro Crosetto. Sapevamo tutti che c'era una situazione di tensione. Tant'è che l'altro ieri mattina abbiamo organizzato, per quanto riguarda il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, una riunione dell'Unità di crisi per valutare cosa, in caso di attacco, si sarebbe dovuto fare, sapendo bene che l'attacco era imminente. Non avevamo notizie Pag. 49di un attacco immediato; ma nessuno le aveva, nessuno. Tant'è che il Segretario di Stato Rubio ha subito detto che era un'azione unilaterale israeliana. Poi il Presidente Trump ha detto che condivideva quell'azione. Ma si sa che gli americani volevano e vogliono ancora oggi procedere. Trump ha detto che questo attacco mirato ad alcune basi e ad alcuni leader può aiutare a convincere l'Iran ad andare avanti con la trattativa. Quello è il tavolo negoziale sul quale secondo me bisogna andare avanti. Ma parlare con le persone e fare pressioni politiche significa fare politica, avere una linea politica.
La de-escalation che cosa significa? Avete attaccato, avete reagito, adesso basta, andiamo a trattare per cercare di risolvere il problema del nucleare. Tutti quanti siamo d'accordo. Gli iraniani dicevano che volevano andare avanti nella ricerca dell'arricchimento dell'uranio, ma non per fare l'arma. A tal riguardo ho notizie contrastanti. Si parla della AIEA: le Nazioni Unite non è che vanno bene quando dicono una cosa che ti piace e quando dicono una cosa che non ti piace non vanno bene più. L'AIEA è un organismo delle Nazioni Unite, quindi, se sono credibili le Nazioni Unite quando dicono una cosa, allora io credo nel multilateralismo. Se poi l'AIEA – che è parte integrante delle Nazioni Unite, tant'è che Grossi è uno dei candidati a fare il Segretario Generale delle Nazioni Unite – dice una cosa, io, che credo nel multilateralismo, dico che forse hanno ragione le Nazioni Unite. Non è che le Nazioni Unite sono un optional: oggi mi vanno bene perché dicono una cosa che mi va bene; domani, siccome dicono una cosa che non mi va bene, non credo più nelle Nazioni Unite. Questa è realtà, non è cronaca.
Siccome ho fatto per vent'anni il giornalista e ho lavorato prima di fare il politico, quindi rivendico il ruolo, credo di raccontare...
IVAN SCALFAROTTO. Anche quello che svolge ora è un lavoro [intervento fuori microfono]
ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Il politico è un lavoro, sì. Che cosa vuol dire? Vuol dire che se io non sono d'accordo con una cosa posso anche dire di no e andarmene. Adesso sono pensionato, quindi posso anche ritirarmi a casa. Avere un lavoro significa essere più liberi, sto dicendo soltanto questo. Tutti quanti hanno lavorato, ma parlavo di me. Sono stato uno studente lavoratore e poi ho fatto il giornalista, quindi sono – credo – abituato a raccontare i fatti, a raccontare quello che accade o che è accaduto. Non è soltanto questione di leggere i giornali; forse Lei saprà tutto quanto, leggerà quindici giornali contemporaneamente. Non ho fatto una cronaca giornalistica, però era mio dovere informare tutti quanti voi di cosa era successo, tutto quello che abbiamo fatto per i militari, per le persone. Forse Lei parlerà, giustamente, può essere, con tutti i nostri Ambasciatori, e io sono ben contento, però non è mai stato un racconto legato alla cronaca.
Ho cercato di fare un racconto legato alle iniziative politiche che abbiamo portato avanti. Non è che uno si diverte la mattina e risponde a una telefonata di qualcuno che lo invita a giocare a tennis. Tutte le telefonate e tutti i colloqui politici erano finalizzati alla de-escalation, che è un obiettivo politico, mandare avanti il negoziato, quindi ridurre la guerra. Ho aggiunto in tutti questi colloqui che avevano come fine la de-escalation anche la questione di Gaza, cosa di cui ho parlato anche stamane con il Ministro degli Esteri egiziano, che poi è colui che ha elaborato il testo sulla ricostruzione.
Noi abbiamo cercato di fare tutto il possibile per coinvolgere l'Unione Europea, tant'è che ieri il Presidente del Consiglio ha parlato con la von der Leyen. Io non ho parlato soltanto con i Pag. 51Ministri dei Paesi coinvolti o vicini, ma ho avuto lunghi colloqui con i Ministri degli Esteri tedesco, francese e britannico – che non fa parte dell'Unione Europea, però, grazie a Dio, i britannici si stanno avvicinando sempre di più all'Europa –, cercando di avere una posizione comune, che mi pare sia emersa. L'ho detto prima e lo ribadisco, c'è una posizione comune su quanto accade: no al nucleare, sì alla de-escalation, sì al dialogo e al confronto a Muscat tra Stati Uniti e Iran, per bloccare la costruzione della bomba atomica.
Detto questo, che la minaccia verso Israele sia vera, al di là di quello che si può dire, dei giudizi che si possono dare... Hai nominato Netanyahu, non lo hai nominato, ma quando nomini il Governo... Chi è il Presidente del Consiglio? Chi è il leader del Governo israeliano? Lo sanno tutti, è Netanyahu. Io non ne faccio un problema personale. È sempre un problema politico.
Siamo stati chiari dicendo che non condividiamo e condanniamo quello che è successo a Gaza; sono venuto in Parlamento e l'ho ripetuto in tutti i modi possibili e immaginabili, ho detto «ora basta», in tutte le sedi parlamentari, politiche, quando ho parlato di fronte al mio partito. Su quello siamo assolutamente d'accordo, sennò non avrei continuato a insistere, oggi con Herzog e ieri con Sa'ar, su questo.
L'Europa certo che deve fare di più, figuriamoci, però, se vogliamo parlare di difesa, vogliamo fare la difesa europea, sì o no? Io credo che il sogno di De Gasperi, che poi è stato quello di Berlusconi, vada realizzato. Sono per la difesa europea e l'Europa deve fare di più, altrimenti non organizzeremmo, come abbiamo organizzato l'altro giorno, un incontro politico con la Kallas e i cinque Paesi più importanti, con il Segretario Generale della NATO e con la Gran Bretagna, per fare il quadro della situazione generale in Ucraina, in Oriente, in Europa. Assolutamente sì, quindi, andare avanti con l'Unione europea. Pag. 52Per quanto mi riguarda, se devo dire quello che penso, io sono un federalista, sono per gli Stati Uniti d'Europa, non tutti nella maggioranza condividono la mia posizione, ma la mia è arcinota; se devo parlare a nome del Governo, il dibattito è aperto, non ho dubbi su questo.
Credo che il mondo abbia situazioni complicate. Noi italiani non possiamo risolvere i problemi dell'umanità, non ne abbiamo la forza. Lo avete detto: non ci riesce Trump, non ci riesce Xi Jinping, non ci riesce Putin, non credo ci possa riuscire l'Italia. Dobbiamo fare di più? Io sono sempre per lavorare su questi temi insieme. Credo si debbano anche coinvolgere i Paesi arabi, che sono nostri interlocutori. L'Iran è un regime non democratico, purtroppo usa la forza, anzi la violenza, all'interno e all'esterno. Dobbiamo anche ricordare da chi sono mossi, da chi sono armati gli Houthi. Oggi, purtroppo, un missile degli Houthi ha colpito il popolo palestinese e ha ucciso cinque persone; non è andato in Israele, ma è andato in Cisgiordania e sono morti cinque palestinesi innocenti. Lo diceva prima forse l'onorevole Formentini, i droni che vengono usati contro gli ucraini sono droni iraniani. L'Iran fa parte di una strategia.
Onorevole Formentini, come ho detto l'altro giorno a Brescia, in occasione di un evento di commercio internazionale, al quale Lei era presente, credo che il progetto IMEC, la Via del cotone – quella via commerciale infrastrutturale che dovrebbe legare l'India all'Italia, all'Europa, passando attraverso Israele, i Paesi del Golfo e l'Egitto – sia un percorso importante, sia commerciale sia infrastrutturale, sul quale dobbiamo impegnarci, che rafforza anche le relazioni diplomatiche all'interno del mondo arabo. Sappiamo bene che ci sono contrasti tra sunniti e sciiti, questa è una questione che non può risolvere il Pag. 53Governo italiano, non l'ha risolta né quello presente né quello passato.
Non c'è alcuna intenzione da parte nostra di riarmare nessuno. Dal giorno 7 ottobre non c'è stata più alcuna autorizzazione per vendere armi a Israele. Questo vale per tutti i Paesi del mondo che sono in guerra. Questo è quanto. I Governi precedenti – i due Governi Conte – avevano venduto a Israele molte, ma molte, ma molte più armi di quante siano state vendute durante i primi mesi dell'attuale Governo; era tutto legittimo, però anche queste sono scelte politiche.
Ho cercato di rispondere a tutto. Ho risposto anche sulla questione di Crosetto. Nessuno ci aveva detto che ci sarebbe stato l'attacco, non lo sapeva nessuno. Io sinceramente credevo che l'attacco sarebbe avvenuto dopo la riunione di domani. Visto che c'era stato un accordo complessivo tra americani e... Io ho detto «non ho notizie», «non ho segnali», perché i segnali vengono da Israele e Israele non lo ha detto a nessuno; forse agli americani poco prima, ma nessun Paese sapeva di questo attacco.
Noi siamo qui per cercare di costruire la pace, l'obiettivo politico è quello della pace. Come la vogliamo in Ucraina, così la vogliamo in Medio Oriente, difendendo sempre l'interesse italiano, l'interesse degli italiani. Noi diciamo che seguiamo i nostri militari e seguiamo i nostri concittadini. Anche quella è una scelta politica, aver mandato militari in Iraq e in Libano. Abbiamo ottenuto la guida dell'UNIFIL, con il generale Abagnara, poche settimane fa: un altro successo politico, una scelta politica, perché frutto di un'azione politica. L'UNIFIL credo sia una organizzazione delle Nazioni Unite. Se non credessimo nell'organizzazione delle Nazioni Unite non avremmo lavorato per avere un generale italiano alla guida di una missione UNIFIL, che è una missione di pace.Pag. 54
L'onorevole Schlein è stata molto garbata nel porre la domanda, ma voglio rassicurarla da questo punto di vista, mi ero dimenticato di parlare della vicenda Abagnara. Aggiungo che, visto che noi siamo contrari ad inviare militari in Ucraina, ogniqualvolta si è parlato di questa ipotesi abbiamo detto che l'unica possibilità di inviare i militari italiani tra Ucraina e Russia è quella di avere una decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e mandare i militari italiani sotto la bandiera delle Nazioni Unite, così come abbiamo fatto in Libano. Questo lo dico non con spirito polemico, ma per dire che ci può essere stata qualche volta qualche critica, ma questo non significa... Posso fare un'altra critica? Nel momento in cui è scoppiata la guerra in Ucraina, forse le Nazioni Unite dovevano essere un po' più attive.
Io critico a volte la scarsa attività, lo scarso tempismo delle Nazioni Unite: all'epoca dissi che avrebbero dovuto scegliere due inviati in grado di parlare con entrambi, l'Occidente e la Russia, che potevano essere Merkel e Berlusconi, perché avevano rapporti diretti con Putin. Così come si fermò l'attacco in Georgia, forse – sottolineo «forse» – con un'azione delle Nazioni Unite si poteva fermare anche l'attacco in Ucraina. Non lo so, sto dicendo questo soltanto per ribadire che credo fermamente nel ruolo delle organizzazioni internazionali, non sono affatto contrario.
La critica a una persona rientra nelle scelte legittime. Noi andremo avanti a sostenere il dialogo, a sostenere la de-escalation. In tutti gli incontri e i colloqui che avremo, credo lo farà anche il Presidente del Consiglio nelle giornate di domani e dopodomani al G7 in Canada, cercheremo di raggiungere questo obiettivo, perché la pace va costruita giorno per giorno. Nessuno è in grado di fare miracoli, però credo che il detto latino «gutta cavat lapidem» possa essere giusto e da utilizzare Pag. 55anche per raggiungere obiettivi politici. Anche la pace è un obiettivo politico.
Credo di essere stato chiaro e di aver spiegato cosa volevo dire nel corso del mio intervento, ma – ripeto – è anche mio dovere dare tutte le informazioni in nostro possesso, comprese quelle sui numeri. Vi ringrazio.
(Applausi)
PRESIDENTE. Ringrazio il signor Ministro e i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa questa audizione.
La seduta termina alle 13.10.