XIX Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 5 febbraio 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 

Audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli esiti del Consiglio affari esteri dell'Unione europea del 27 gennaio 2025 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Tremonti Giulio , Presidente ... 8 
Barcaiuolo Michele  ... 9 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 9 
Barcaiuolo Michele  ... 9 
Alfieri Alessandro  ... 9 
Billi Simone (LEGA)  ... 10 
Marton Bruno  ... 10  ... 11 
Bergamini Deborah (FI-PPE)  ... 11 
Borghi Enrico  ... 11 
Della Vedova Benedetto (Misto-+Europa)  ... 12 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 13 
Tremonti Giulio , Presidente ... 14 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 14  ... 14 
Delrio Graziano  ... 14 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 14 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 18 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 18 
Tremonti Giulio , Presidente ... 19 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 19 
Tajani Antonio , Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 19  ... 19 
Tremonti Giulio , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE DELLA
CAMERA DEI DEPUTATI
GIULIO TREMONTI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli esiti del Consiglio affari esteri dell'Unione europea del 27 gennaio 2025.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli esiti del Consiglio affari esteri dell'Unione europea del 27 gennaio 2025.
  Anche a nome della presidente Craxi e dei colleghi presenti, do il benvenuto al Ministro Tajani, che ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Chiedo alla presidente Craxi se intende intervenire... Non intende intervenire.
  Prima di cedere la parola al Ministro, invito i colleghi a far pervenire alla presidenza le richieste di intervento. L'audizione si concluderà alle ore 9.45. Per consentire la più ampia discussione, la parola sarà consentita a ciascun Gruppo per un ciclo di interventi della durata di non più di tre minuti ciascuno, alternando senatori e deputati dei vari Gruppi, a partire da quelli più numerosi.
  Do la parola al signor Ministro.

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signora presidente e signor presidente. È importante per me tornare a riferire al Parlamento, per proseguire con voi un confronto sui principali temi di attualità internazionale, partendo dagli esiti del Consiglio affari esteri del 27 gennaio scorso.
  L'appuntamento di oggi assume particolare rilevanza anche alla luce dei profondi cambiamenti in corso in tutti i principali quadranti strategici. Il cessate-il-fuoco in Libano e a Gaza e la transizione in Siria hanno aperto una nuova fase politica in Medio Oriente. È una opportunità per una nuova stagione di pace, che non vogliamo e non dobbiamo lasciarci sfuggire. Su questo punto ho registrato una comunanza di vedute con il Segretario di Stato statunitense Rubio, con il quale ho avuto un lungo colloquio telefonico nei giorni scorsi, prima del Consiglio affari esteri. Ho sottolineato che gli Stati Uniti, insieme all'Europa, sono il pilastro della nostra politica estera, due facce della stessa medaglia, quella di un'alleanza politica e di civiltà. Abbiamo concordato sull'importanza di rafforzare le relazioni transatlantiche e il partenariato economico tra i nostri due Paesi.
  Come notato anche al Consiglio affari esteri, siamo stati tra i primi in Europa ad avviare il dialogo con l'Amministrazione, prima ancora di Francia, Germania e Regno Unito. A Bruxelles ho ricevuto dai colleghi europei varie richieste di aggiornamento, a conferma dell'attenzione con cui da entrambe le sponde dell'Atlantico si guarda all'azione portata avanti da questo Pag. 4Governo. Con il Segretario di Stato Rubio abbiamo concordato di mantenere uno stretto contatto e di vederci nelle prossime settimane. Abbiamo affrontato molti temi, ma vorrei sottolinearne uno che sta particolarmente a cuore a me e a tutto il Governo: il Venezuela. Ci siamo, infatti, trovati perfettamente d'accordo sulla necessità di ripristinare il quadro democratico, a partire dalla liberazione dei prigionieri politici. Mi ha voluto esprimere la sua attenzione e solidarietà per la situazione dei nostri connazionali, a partire da quella di Alberto Trentini.
  Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente il Parlamento e tutti i Gruppi per lo spirito di unità e coesione con cui stanno accompagnando con riservatezza – lo sottolineo, con riservatezza – l'azione del Governo in questa delicata vicenda. Anche in questo caso, come Ministro degli Affari esteri sto profondendo il massimo sforzo affinché il nostro connazionale, così come gli altri detenuti italiani nel mondo, possa essere tutelato dai diritti previsti dalle Convenzioni internazionali.
  A Bruxelles ho ribadito l'importanza di individuare un'agenda positiva su cui lavorare con gli Stati Uniti, mantenendoci pragmatici e aperti. La politica commerciale della nuova Amministrazione americana rappresenta un banco di prova per tutta l'Unione europea. È una sfida che vogliamo affrontare uniti, senza reazioni scomposte e spirali incontrollate. Le guerre commerciali, infatti, non convengono a nessuno. Occorre dialogare e l'Italia è il miglior ambasciatore dell'Unione europea. Mi sembra che il Presidente Trump stia dando già i primi segnali di volontà di negoziare, visto quello che è successo con il Canada e il Messico.
  Noi ci faremo trovare pronti. Stiamo elaborando una strategia per aumentare il raggio d'azione del nostro export e raggiungere sempre più nuovi mercati, come è già avvenuto nel 2024, quando abbiamo raggiunto la cifra record di 305 miliardi di euro di export nell'area extra-Unione europea, su un totale di 626 miliardi di euro. Al riguardo, organizzerò nei prossimi giorni un'ulteriore riunione operativa con le nostre Ambasciate attive nei mercati strategici; penso, ad esempio, all'India, al Messico, ai Paesi del Golfo e al Vietnam. L'obiettivo è lanciare, insieme alla squadra della diplomazia economica (ICE, SACE, SIMEST e Cassa depositi e prestiti), una rafforzata iniziativa di promozione delle nostre esportazioni.
  L'economia europea e quella americana sono profondamente legate. Il volume dell'interscambio rappresenta un terzo dell'intero commercio mondiale. Di tutti i beni statunitensi all'estero, due terzi sono in Europa. Sono, pertanto, fiducioso che riusciremo a trovare dei punti d'intesa anche sul piano commerciale nel quadro del nostro rapporto solido con Washington.
  L'unità tra le due sponde dell'Atlantico è, peraltro, cruciale per tutelare i nostri interessi strategici, dal Mediterraneo allargato al Mar Rosso, una tutela che deve essere garantita anche dallo strumento di una difesa comune. La NATO ne è la pietra angolare, come ha sottolineato lo scorso mese di dicembre il Segretario Generale Rutte. Dobbiamo rafforzare il suo pilastro europeo. L'Europa deve dimostrare di sapersi assumere le proprie responsabilità. Serve, infatti, un salto di qualità nel processo di integrazione, a cominciare, appunto, dal tema della difesa. Cruciale sarà il tema dei finanziamenti. Dovremo pensare a soluzioni innovative, superare il tabù, scorporare le spese della difesa dai vincoli del Patto di stabilità e crescita, utilizzare – è una delle soluzioni – eurobond e attingere, altrimenti, a fondi del Next Generation EU non utilizzati.
  Come ho voluto sottolineare anche a Bruxelles, la collaborazione con gli Stati Uniti è essenziale anche per rafforzare il contrasto delle minacce cyber e ibride. Insieme agli altri Ministri degli Esteri abbiamo concordato sulla necessità di un'azione più forte e decisa dell'Unione europea, a partire dal rafforzamento della sicurezza cibernetica.
  Vorrei cogliere questa opportunità davanti alle Commissioni Affari esteri per annunciare che ho dato mandato al Segretario Generale della Farnesina di lavorare, in tempi molto rapidi, ad una proposta di Pag. 5riforma del Ministero che attribuisca ancora maggiore importanza alla sicurezza cibernetica e alle nuove tecnologie, a partire dall'intelligenza artificiale. Sarà una riforma più ampia, che vedrà un importante passaggio anche presso le vostre Commissioni. Sarà improntata alla semplificazione e renderà il Ministero sempre più al passo coi tempi, a sostegno dei cittadini e delle imprese, mettendo anche la promozione dell'export come priorità della nostra azione internazionale.
  Tornando al Medio Oriente, la discussione a Bruxelles è partita dalla storica svolta politica in Siria, che sta avendo un impatto significativo sull'intera regione. Il nostro Paese ha un ruolo di primo piano. Ai colleghi europei ho riferito della mia missione a Damasco del 10 gennaio scorso, dove ho incontrato il leader del nuovo Governo siriano, Al Sharaa. A lui ho sottolineato l'importanza di un processo politico inclusivo che salvaguardi l'unità del Paese, garantisca le libertà fondamentali di tutti i siriani e valorizzi il ruolo dei cristiani come cittadini con pienezza dei diritti, una Siria in cui sia possibile anche il rientro dei rifugiati. Il mio interlocutore mi ha assicurato che la nuova Siria vuole essere un attore di pace nella regione. Le autorità siriane stanno dando i primi messaggi positivi e hanno preso impegni importanti sul piano interno ed internazionale. Dal loro effettivo rispetto dipenderanno le prospettive dei nostri rapporti bilaterali. Continueremo a monitorare l'azione del nuovo Governo con spirito vigile. Tra le altre cose, mi ha assicurato anche un'azione per contrastare l'immigrazione illegale. Quello con la Siria è un processo in cui l'Italia svolge un ruolo da protagonista, anche grazie alla nostra presenza diplomatica sul terreno. Continuiamo, infatti, ad essere l'unico Paese del G7 con un'Ambasciata operativa a Damasco. Inoltre, manteniamo contatti costanti con tutti i principali attori regionali, a partire dalla Turchia e dall'Arabia Saudita.
  Anche a Bruxelles si è registrato un ampio consenso sulla necessità di agire rapidamente e in maniera unitaria per contribuire ad una transizione pacifica e inclusiva. Ho sottolineato l'importanza di accompagnare questa fase con un'azione concreta e decisa sulle sanzioni, che erano state concepite contro il regime di Assad e non contro la Siria. Ho raccolto anche tutte le richieste che mi sono venute durante gli incontri con le organizzazioni non governative e con tutti i rappresentanti della Chiesa, che ho incontrato nell'Ambasciata d'Italia a Damasco. Naturalmente, le richieste sono venute anche dalla nuova autorità, però anche gli italiani lì presenti hanno chiesto con forza di affrontare e risolvere il tema delle sanzioni, che è un tema cruciale per la ripresa economica, la stabilità di lungo periodo del Paese e il rientro sicuro e dignitoso dei rifugiati.
  Con il Ministro austriaco Schallenberg ed altri Paesi abbiamo elaborato e presentato alcune proposte all'Alto Rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea, Kaja Kallas, per contribuire in modo costruttivo al dibattito. È positivo l'accordo raggiunto in Consiglio affari esteri, su impulso italiano, che prevede di alleggerire in tempi rapidi le sanzioni settoriali. Non è un assegno in bianco, ma un modo per accompagnare la ripresa economica del Paese, anche con momenti di verifica. Proprio per sostenere la ripresa della Siria, abbiamo stanziato un primo pacchetto di iniziative umanitarie del valore di 10 milioni di euro; i fondi andranno a sostegno delle attività degli organismi internazionali e delle organizzazioni della società civile.
  Passiamo ora al fronte israelo-palestinese. Il Consiglio ha discusso della situazione sul terreno all'indomani del cessate-il-fuoco a Gaza. Abbiamo tutti accolto con sollievo le prime liberazioni di ostaggi e l'aumento dell'accesso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. È un risultato su cui abbiamo lavorato senza sosta, anche come presidenza del G7, sostenendo la mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Proprio per questo ho voluto essere in Israele e Palestina già il giorno dopo l'entrata in vigore del cessate-il-fuoco. Ho incontrato il Presidente israeliano, Isaac Herzog, il Ministro degli Affari esteri israeliano, Gideon Sa'ar, e a Ramallah il Premier palestinese, Mohammed Mustafa, al quale ho annunciatoPag. 6 un nuovo contributo da 10 milioni di euro a favore della popolazione di Gaza. Domani tornerò in Israele, come vi illustrerò più avanti.
  L'Italia vuole essere protagonista di questo processo di pacificazione e ricostruzione della Striscia di Gaza, per questo abbiamo deciso di rafforzare ed ampliare l'iniziativa «Food for Gaza», che – lo ricordo – ha il pieno sostegno sia di Israele che dell'Autorità nazionale palestinese. L'obiettivo deve essere, in questa fase, la ricostruzione materiale e sociale della Striscia. Per questo, insieme al Ministro Bernini abbiamo deciso di lavorare per allargare i settori di intervento immediato di «Food for Gaza». Stiamo lavorando per portare in Italia un gruppo di bambini palestinesi, purtroppo gravemente ammalati, per dare loro le cure migliori e alle loro famiglie una nuova speranza. Siamo in contatto con il Patriarca latino di Gerusalemme e con la Comunità Papa Giovanni XXIII e voglio ringraziare in quest'Aula i tanti centri di eccellenza in Italia che hanno subito offerto la loro disponibilità. Vogliamo impostare il lavoro sulla ricostruzione della sanità palestinese. Pensiamo in particolare all'ostetricia, alle malattie infettive, all'ortopedia e alla protesica, dove possiamo mettere a disposizione eccellenze assolute.
  Come vi ho anticipato, domani sarò in Israele, al porto di Ashdod, insieme al Ministro Bernini e al Presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio, per la consegna di un ulteriore carico di beni di prima necessità, forniti dalla nostra cooperazione, e quindici camion donati al Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, per facilitare le operazioni di distribuzione degli aiuti nella Striscia di Gaza. Sarà con noi una squadra di medici del policlinico Regina Margherita di Torino e del policlinico Umberto I di Roma, che rimarrà in Palestina per contatti immediati con l'Autorità palestinese, che – lo voglio ribadire – è il nostro unico interlocutore. Nel corso della visita incontrerò nuovamente il Ministro Sa'ar per discutere del consolidamento del cessate-il-fuoco e del rilancio del processo politico verso la soluzione a due Stati. Certamente Hamas non può tornare a controllare la Striscia. La popolazione di Gaza ha già pagato un prezzo troppo alto per la sua follia terroristica. Per questo, siamo in prima linea nel sostegno all'Autorità nazionale palestinese nel suo processo di riforme. A tale riguardo, il ridispiegamento della missione europea EUBAM Rafah è un segnale fondamentale, dall'alto valore anche simbolico: una significativa presenza europea, con il compito di assistere l'Autorità palestinese nella gestione del valico che collega Gaza all'Egitto. Si tratta di uno snodo fondamentale per l'accesso umanitario e per la ripresa economica della Striscia di Gaza. Come ha ribadito anche il Ministro Crosetto, l'Italia garantirà ogni contributo necessario. I nostri carabinieri dispiegati all'interno della missione hanno già raggiunto Rafah.
  Li incontrerò domani, insieme al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Salvatore Luongo, e al personale impegnato nella missione addestrativa italiana (MIADIT) a Gerico, che contribuisce alla formazione delle forze di sicurezza palestinesi. I nostri militari saranno una garanzia di equilibrio e stabilità, così come lo sono da tempo al confine tra Serbia e Kosovo. Il valico di Rafah sarà gestito, in prima battuta, da personale dell'Autorità nazionale palestinese in uniforme. È un punto molto importante, che consente all'ANP di tornare ad esercitare la propria sovranità su una porzione del territorio della Striscia. È un passo in avanti verso la seconda fase dell'accordo, ma anche la dimostrazione che l'Europa può fornire un contributo rilevante alla costruzione di una nuova stagione in Palestina, tanto in Cisgiordania quanto a Gaza. Con la nuova Amministrazione americana potremo lavorare anche per ridare slancio agli Accordi di Abramo per normalizzare i rapporti dei Paesi arabi con Israele. Quel percorso, come sapete, si era interrotto con gli attacchi del 7 ottobre 2023. Adesso bisogna riannodare i fili.
  Al Consiglio affari esteri abbiamo poi discusso la situazione in Libano, dove si è registrato uno sviluppo significativo: l'elezione di Joseph Aoun a Presidente della Pag. 7Repubblica e il conferimento a Nawaf Salam dell'incarico di formare il Governo. Si tratta di un passo importante per il Libano e per tutta la regione, che auspichiamo possa sfociare nella formazione di un Esecutivo inclusivo ed efficace.
  All'indomani della sua elezione, ho incontrato a Beirut il presidente Aoun e l'ho incoraggiato ad usare il suo peso per rafforzare le istituzioni, a partire dalle forze armate libanesi. Anche in questo settore l'Italia sta facendo la sua parte, presiedendo il Comitato tecnico militare per il Libano, una piattaforma di coordinamento degli aiuti alle forze di sicurezza libanesi.
  Il Libano è anche uno dei principali destinatari degli interventi umanitari e di sviluppo della cooperazione italiana. Abbiamo destinato in favore di quel Paese, oltre agli stanziamenti ordinari, ulteriori 17 milioni di euro dall'inizio della crisi, con un nuovo contributo di 10 milioni di euro stanziato durante la Conferenza umanitaria che ho presieduto lo scorso ottobre durante il G7 di Pescara.
  A Bruxelles ho chiesto anche ai colleghi europei di aumentare il sostegno finanziario dell'Unione alle forze armate libanesi. È in preparazione, anche su nostro impulso, una misura nel quadro dello Strumento europeo per la pace del valore di 60 milioni di euro. Continuiamo, naturalmente, a sostenere UNIFIL, che anche in questa congiuntura si conferma un attore cruciale.
  Per il comando della missione abbiamo un candidato di altissimo livello. Sia gli israeliani che i libanesi mi hanno ribadito in più occasioni apprezzamento per il nostro candidato. Le Nazioni Unite guardano con favore all'Italia, alla luce delle nostre precedenti esperienze alla guida della missione. Anche questo testimonia il ruolo di primo piano che vogliamo giocare nel quadrante mediorientale.
  Al centro dell'agenda del Consiglio, naturalmente, vi è stato anche il conflitto in Ucraina, che rimane la principale minaccia per la sicurezza europea a quasi tre anni dall'inizio dell'aggressione russa. In ogni occasione, da ultimo nel recente incontro a Roma del Presidente Zelensky con il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, ribadiamo il nostro impegno al fianco di Kiev. Il nostro obiettivo è fare in modo che il 2025 sia l'anno della pace in Ucraina, una pace giusta e duratura, non una resa.
  Abbiamo finalizzato un decimo pacchetto di aiuti e voglio ringraziare anche oggi in quest'aula il Parlamento per aver concluso rapidamente l'iter di approvazione della proroga della fornitura per tutto il 2025.
  Il nostro impegno europeo non può prescindere da uno stretto raccordo con gli Stati Uniti. Il Segretario di Stato Rubio mi ha confermato, anche su questo fronte, la ferma intenzione di lavorare insieme per il cessate-il-fuoco ed un successivo Accordo di pace. Lasciano ben sperare le parole di poche ore fa del Presidente Zelensky, che sarebbe pronto a negoziati diretti con Putin.
  È importante che l'Europa sostenga queste prospettive negoziali in maniera attiva e in stretto dialogo con l'Amministrazione americana. Dobbiamo rimanere uniti e continuare a lavorare per garantire all'Ucraina il necessario sostegno. Lo abbiamo confermato al Ministro degli Esteri Sybiha in video collegamento con il Consiglio, che ha rinnovato le misure restrittive nei confronti della Russia e discusso del sedicesimo pacchetto di sanzioni, in fase di negoziato.
  Al collega ucraino abbiamo anche ribadito il sostegno al percorso di adesione di Kiev all'Unione europea. Abbiamo, inoltre, confermato l'impegno dell'Italia per la ricostruzione. Come sapete, stiamo lavorando intensamente per preparare la Conferenza internazionale che ospiteremo a Roma il 10 e l'11 luglio, che sarà preceduta da una serie di eventi preparatori, con il coinvolgimento delle nostre aziende del settore privato, della società civile e delle comunità locali. Stiamo registrando un forte interesse, ci aspettiamo la presenza attiva di migliaia di imprese. La sicurezza energetica sarà uno dei temi chiave. Auspichiamo che possa essere una Conferenza non solo di ricostruzione, ma anche di pace.
  Il Consiglio affari esteri ha offerto anche l'occasione per uno scambio di vedute sugli Pag. 8ultimi sviluppi in Georgia. L'Italia continua a chiedere a Tbilisi chiarezza sulle irregolarità delle elezioni di ottobre. Siamo consapevoli che il percorso europeo della Georgia nell'ultimo anno non soltanto si è arrestato, ma ha purtroppo compiuto passi indietro. Dobbiamo, però, tenere conto del fatto che buona parte del popolo georgiano guarda all'Europa, si sente europea. Per questo dobbiamo mantenere canali di interlocuzione, anche se critica, con le autorità di Tbilisi.
  Proprio in tale contesto, continuiamo a seguire con estrema attenzione il caso della giornalista Mzia Amaglobeli, che è stato sollevato anche dal nostro Ambasciatore in Georgia proprio in occasione del suo incontro del 31 gennaio con la nuova Ministra degli Esteri georgiana.
  Il percorso di adesione all'Unione europea è garanzia di pace, stabilità, prosperità e sicurezza per tutti i Paesi candidati. L'Italia è, altresì, il principale sostenitore del percorso europeo dei Balcani. L'ho ribadito anche venerdì scorso a Belgrado, dove ho aperto il terzo Forum imprenditoriale Italia-Serbia insieme al Presidente Vucic. Lunedì prossimo presiederò a Roma una nuova riunione con il Ministro degli Esteri nel formato «Amici dei Balcani occidentali», che comprende Italia, Austria, Croazia, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Grecia. Le adesioni a questa iniziativa sono state importanti, a conferma del ruolo di capofila riconosciuta al nostro Governo. Ho anche invitato – e saranno presenti – l'Alto Rappresentante Kallas e il Commissario all'allargamento Kos, che insieme affronteranno con noi il processo di allargamento – direi di riunificazione, parola più consona –, che deve essere una priorità della nuova Commissione europea.
  In chiusura vorrei fornirvi un aggiornamento sulla situazione della Repubblica Democratica del Congo, che seguiamo con grande preoccupazione. Insieme ai Ministri del G7 abbiamo chiesto con forza che gli aiuti umanitari possano arrivare rapidamente, senza ostacoli e in sicurezza alla popolazione civile. Il quadro rimane estremamente fluido, nonostante il gruppo armato M23 abbia proclamato un cessate-il-fuoco per ragioni umanitarie, che è in vigore da ieri. La città di Goma, insieme al suo aeroporto, è ora sotto il controllo del gruppo armato M23, che nei giorni scorsi ha proseguito la sua avanzata nel Sud Kivu.
  L'Unità di Crisi, in stretto raccordo con l'Ambasciata a Kinshasa, ha assistito i nostri connazionali a lasciare Goma in sicurezza, e mantiene costanti e stretti contatti con tutti i cittadini italiani, in particolare con i circa venticinque italiani che hanno scelto di restare a Goma. In totale sono circa ottocento i connazionali presenti nel Paese: circa la metà risiede nella capitale Kinshasa, interessata da proteste e manifestazioni nelle scorse settimane. Solo pochi giorni fa abbiamo invitato un giovane missionario laico veneto, Marco Rigoldi, a mettersi in salvo insieme alla sua famiglia.
  L'Italia denuncia con massima fermezza le violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani e chiediamo di porre fine alle violazioni della sovranità e dell'integrità del territorio congolese. Anche perché l'Africa è una priorità strategica del Governo. Con il Piano Mattei e la nostra ampia azione di dialogo con i partners del continente vogliamo sviluppare partenariati paritari, crescita e prosperità condivise. L'ho sottolineato l'altro ieri in Vaticano al Summit sui diritti dei bambini, nel quale ho ricordato la centralità dell'accesso all'istruzione, l'importanza delle cure sanitarie, tra cui le vaccinazioni e la lotta all'AIDS, la piaga dei bambini soldati. Ricordo che l'Italia finanzia il lavoro di GAVI, l'organizzazione che si preoccupa di sostenere la produzione di vaccini in Africa.
  Se i gruppi armati investono nella disperazione, noi vogliamo investire sulle opportunità.
  Vi ringrazio per l'attenzione. Sono sempre pronto ad aggiornare il Parlamento sull'attività del Governo in politica estera, di commercio internazionale, di cooperazione internazionale, che sono i settori di cui ho l'onore e l'onere di essere a guida.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.Pag. 9
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE BARCAIUOLO. Signor presidente, poche parole per ringraziare il Ministro per la puntualità e la relazione, come sempre esaustiva, che riesce a toccare tutti i quadranti di una situazione sicuramente complicata.
  Ho giusto un paio di curiosità rispetto alla relazione. Lei ha fatto riferimento, sul Libano, alla richiesta di aiutare di più l'esercito libico. Vorrei capire se era sull'esercito libico o su UNIFIL. Probabilmente ho capito male io.

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Libanese, non libico.

  MICHELE BARCAIUOLO. Libanese, pardon. L'altro tema riguarda quello che leggiamo quotidianamente rispetto alle scelte, anche fiscali, di dazi, degli Stati Uniti. Quale può essere la prospettiva rispetto a questa eventualità, che sembra concreta, ma che ancora non si è realizzata?
  Grazie.

  ALESSANDRO ALFIERI. Ringrazio il Ministro per la relazione e per la disponibilità, dopo le riunioni del Consiglio, a confrontarsi con noi. Vorrei chiedere al Ministro se condivide la preoccupazione che possa, per la prima volta, essere devastato l'ordine basato sul multilateralismo. Considerando l'attacco forsennato alle Istituzioni multilaterali di questi giorni – al WTO, che già non se la passava bene, all'OMS, alle principali Agenzie delle Nazioni Unite -, l'uscita dall'accordo sul clima, passa il messaggio di un cambio di paradigma basato su rapporti bilaterali incentrati sulla forza, da uomo d'affari, da businessman. Facciamo tutti la tara alle dichiarazioni di Trump, però se le mettiamo tutte in fila il rischio è che non solo venga devastato l'ordine multilaterale, come lo abbiamo conosciuto finora, ma si crei un clima nella Comunità internazionale che non aiuta a risolvere i problemi che noi abbiamo nell'agenda politica. L'Italia si è sempre avvantaggiata dello stare dentro le Istituzioni multilaterali, nel provare a difendere i propri interessi nazionali, che da sola, in un sovranismo esasperato, non riuscirebbe a risolvere.
  Tutto ciò arriva anche all'Europa. Al Madison Square Garden, prima della fine della campagna elettorale, ci ha definito dei "debosciati che non investono nella propria sicurezza" – in parte con qualche ragione, ma adesso non voglio discutere di questo –, che ci avrebbe messo una valanga di dazi. Con le dichiarazioni di ieri, che vuole deportare 2 milioni di persone per costruire la "nuova riviera" a Gaza, stiamo passando un po' il segno. La compattezza dei Paesi europei, quindi, diventa decisiva.
  Già noi avevamo il problema prima anche con Biden – the West against the rest – e si provava a disarticolare con alleanze che non permettessero i BRICS, che ormai rappresentano il 48 per cento della popolazione mondiale e un terzo della produzione e della ricchezza... Qui noi rischiamo l'osso del collo. A livello europeo, visto che abbiamo delle partite importanti, sulle quali dobbiamo provare ad essere anche noi al fianco degli Stati Uniti dentro l'apertura di un'iniziativa diplomatica sull'Ucraina, e rischiamo di non toccare palla nella vicenda mediorientale; facciamo Food for Gaza, sono d'accordo, però lì stanno succedendo tali cose... Lei parlava degli Accordi di Abramo – mi avvio velocemente alla conclusione – ma se noi devastiamo il clima completamente con queste dichiarazioni, diventa complicato anche andare avanti su quel versante.
  Un'ultima cosa. Lei parlava della difesa europea. Ormai le agende stanno divaricando. Se tu hai Fico e Orbán che guardano verso la Russia e dicono di mettere il veto sugli aiuti all'Ucraina; hai la Kallas, gli estoni, i baltici in generale, la Polonia che dice «riprendiamo gli aiuti singolarmente su ogni singolo Paese», serve un'azione, e chiedo se l'Italia è disponibile a farla, anche a geometria variabile, con i principali Paesi europei, verso la difesa europea.Pag. 10
  Non è banale – e chiudo su questo –, debito comune o condizionalità e verificare ogni spazio rispetto al Patto di stabilità. Se noi ci affidiamo solo al Patto di stabilità è evidente che riprendono le crescite a livello di spesa nazionale, mentre noi abbiamo bisogno di condizionarla sulla crescita di un'industria della difesa europea e verso la difesa europea.
  Chiedo al Governo – siccome il Ministro ha lasciato le due possibilità, Patto o debito comune – su quale intende investire.

  SIMONE BILLI. Ministro, anche io La voglio ringraziare per la sua disponibilità e per essere qua anche oggi, di nuovo, come ha già fatto tantissime volte, per dialogare con il Parlamento.
  Noi siamo con Lei, Ministro, innanzitutto per una nuova stagione di pace, come ha accennato anche Lei. Non vogliamo e non possiamo lasciarcela sfuggire. Siamo con Lei quando dice che gli Stati Uniti sono il pilastro della nostra civiltà. Lavoriamo, sì, ad un'agenda condivisa, che sia pragmatica e concreta. Ribadiamo ancora una volta, come Lega - Salvini Premier, il nostro impegno al fianco degli Stati Uniti. Ribadiamo che siamo fermamente all'interno della NATO. Ribadiamo che siamo per un'Europa, per un'Unione europea unita e forte, un'Unione europea dei popoli.
  Siamo con Lei quando lavora per rafforzare le iniziative di esportazione per sostenere il sistema Italia. L'export, come sa benissimo, pesa per circa il 30-40 per cento sul nostro PIL, quindi è fondamentale per la nostra economia.
  Siamo con Lei quando lavora per contrastare le minacce cyber e ibride, sia con i nostri alleati europei sia con gli Stati Uniti, e siamo con Lei anche in Siria. La ringraziamo per l'impegno anche personale e fisico. Ha fatto tante missioni in Siria, è stato a Damasco poche settimane fa. Siamo con Lei anche su Gaza e sulla Palestina. Siamo sempre stati per la soluzione «due popoli, due Stati».
  Complimenti alla Farnesina, al suo Ministero, per l'opera di pacificazione e di ricostruzione, per le azioni umanitarie – come ha accennato anche Lei – quali Food for Gaza o l'iniziativa a favore dei bambini palestinesi gravemente malati, che potranno avere qui, in Italia, le necessarie cure, per le opere sugli ospedali, per l'intervento dei medici italiani, che andranno lì a curare la popolazione locale. Siamo con Lei anche per quanto riguarda l'Ucraina: cerchiamo di lavorare tutti insieme per fare in modo che, come diceva anche Lei, il 2025 sia l'anno per una pace giusta e duratura. Siamo al decimo o undicesimo pacchetto di aiuti per l'Ucraina. Ricordo, Ministro, la necessità di lavorare anche per la ricostruzione dell'Ucraina, ricostruzione che in un certo senso è già iniziata. Voglio ricordare l'invio, per esempio, dei generatori di corrente elettrica per la popolazione locale.
  Per quanto riguarda i nostri militari, siamo sempre al loro fianco, orgogliosi di avere dei militari che lavorano in zone molto spesso difficilissime. Lo ripeto, sono davvero il nostro orgoglio. Ovunque sono i benvenuti, ovunque nel mondo i nostri militari siano presenti sono molto stimati.
  Il Piano Mattei è una strategia rivoluzionaria, di sicuro non facile. Dovremo avere molto probabilmente anche il supporto dei nostri alleati e dei Paesi dell'Unione europea per poterlo attuare in pieno. Comunque, crescita e prosperità condivise, come ha accennato anche Lei.
  Ministro Tajani, Lei ha l'agenda piena di impegni per il nostro Paese e lavora tantissimo per la pace. Noi del gruppo Lega – Salvini Premier siamo con Lei e La ringraziamo per il lavoro che ha fatto e sta facendo. Grazie ancora.

  BRUNO MARTON. Grazie, Ministro. Non ripeterò quanto chiesto dai colleghi, ma mi limiterò a chiederle, se è possibile, una precisazione. La settimana scorsa in Senato si è consumata una pagina non bellissima su una mozione a sostegno del processo di pacificazione tra Armenia e Azerbaigian. Il Viceministro Cirielli, andando contro quelle che erano le indicazioni del Parlamento, ha chiesto di ritirare quella mozione. Ebbene, io vorrei avere un suo parere in ordine a quanto accaduto. Non so se ha avuto modo di leggere...

  [Interventi fuori microfono]

Pag. 11

  BRUNO MARTON. Abbiamo sospeso perché era in corso uno scontro tra Viceministro e maggioranza. Detto questo, le vorrei chiedere, Ministro, qual è la sua posizione, se conferma la posizione del Viceministro Cirielli o se Lei ha un'altra idea.
  Passo alla seconda domanda. La postura degli Stati Uniti, come ha già accennato il collega Alfieri, è cambiata moltissimo. Non ritiene che – uso un termine forte – le sparate del Presidente Trump non siano altro che un modo per avere poi un potere negoziale più ampio e far vedere all'Europa che dà delle concessioni, così da ottenere ciò che vuole?
  Chiudo con una terza domanda. Ha la possibilità di illustrarci l'attuale situazione in Sudan? Visto che ha parlato del Congo e considerato che anche in Sudan la situazione non è bellissima, Le chiedo se è in grado di darci alcune notizie al riguardo.
  Grazie.

  DEBORAH BERGAMINI. Voglio ringraziare il Ministro Tajani per l'esauriente informativa che ci ha fornito rispetto ai tanti quadranti che ci vedono impegnati.
  Francamente, a differenza del collega Alfieri, io non vedo il rischio che l'Italia non tocchi palla. Al contrario, mi sembra di poter dire, circa a metà mandato di questo Governo, che il nostro Governo ha dato una svolta importante alle attività di politica estera, lo ha fatto con decisione e con coerenza, difendendo sempre i valori della libertà e del rispetto delle regole internazionali. Oggi l'Italia ha un nuovo protagonismo, è di nuovo in primo piano come Stato che si interessa in maniera attiva dei tanti, tantissimi quadranti che vedono in atto conflitti.
  Tutte le rilevazioni internazionali dimostrano che la commistione tra conflittualità e tensione geopolitica, tensione geoeconomica e cambiamento climatico sta determinando accelerazioni straordinarie, ragion per cui è chiaro ed è giusto che anche sul multilateralismo si devono fare alcune riflessioni, perché le accelerazioni sono tali e tante che impongono anche una nuova dottrina – la vogliamo chiamare così? – o comunque una nuova grammatica della politica internazionale. Credo che l'Italia, grazie all'impegno di questo Governo, stia facendo la sua parte in un modo che onora il Paese.
  Mi voglio concentrare su un tema che riguarda il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale: il commercio internazionale. Abbiamo detto che ci sono forti tensioni geoeconomiche. L'accelerazione impressa dall'Amministrazione Trump su questo ambito sta scuotendo la un po' sonnacchiosa Europa – questo ce lo dobbiamo dire –, per cui dobbiamo essere estremamente uniti e compatti nelle trattative, nelle negoziazioni – perché di questo si tratta – da fare con l'Amministrazione statunitense. Dobbiamo anche ricordare che il surplus commerciale dell'Italia nei confronti degli Stati Uniti d'America ci vede avvantaggiati. Questo è un tema oggettivo. Siamo stati bravi noi, ottimo! Però, Le chiedo questo: noi siamo tornati ad essere il quarto Paese esportatore del mondo e Lei, Ministro Tajani, in diverse occasioni ha affermato che l'obiettivo di fine mandato è quello di raggiungere i settecento miliardi di euro di export italiano. Vorrei sapere, di fronte a queste accelerazioni che riguardano proprio le politiche commerciali internazionali, come il Governo italiano intende raggiungere questo obiettivo, che sicuramente sarebbe per noi un ulteriore fattore non soltanto di riuscita economica, ma anche di riuscita sul più ampio ambito della politica internazionale svolta dall'Italia.

  ENRICO BORGHI. Due presidenti importanti, il Presidente degli Stati Uniti e il Presidente della Francia, a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, ebbero modo di tratteggiare in maniera molto icastica un fenomeno che stiamo vivendo in questi tempi. Ronald Reagan, a metà degli anni Ottanta, definì la stagione degli anni Trenta come il brutto spettro che combinava protezionismo e guerre commerciali; François Mitterrand, nel suo ultimo intervento da Presidente della Repubblica francese, definì il nazionalismo un sinonimo della guerra.
  Questi elementi ci fanno capire che stiamo attraversando una fase assolutamente importante e delicatissima, nella quale Pag. 12– uso una metafora – i due polmoni fondamentali dell'Occidente, ovvero le due sponde dell'Atlantico, stanno iniziando a non respirare più in maniera convergente, all'unisono. Sappiamo bene che, quando in un organismo i due polmoni non sono più coordinati fra di loro, iniziano i problemi. Siccome la cooperazione atlantica è stato il pilastro dell'edificio di pace e di sicurezza quantomeno occidentale – ma complessivamente globale, se pensiamo al ruolo che ha avuto nel corso della guerra fredda –, bisogna stare molto attenti ad archiviare questa stagione, quanto invece ad essere pronti a una riscrittura di un nuovo balance of power. Dunque, in questo contesto bisogna avere in mente una strategia che sia un po' più raffinata rispetto ad una superficiale lettura di non meglio precisati ruoli di ponte o di negoziatori. Intanto, perché per essere negoziatori bisogna essere soggetti terzi tra le parti, e credo che la funzione, il compito, il ruolo dell'Italia non debba essere quello di astrarsi. Inoltre, perché per essere un negoziatore, un ponte, un raccordo bisogna essere riconosciuti fra tutte le parti. Se la logica in campo è quella dei pesi e dei rapporti di forza, attenzione, perché rischiamo di andare fuori traiettoria.
  Il nostro interesse primario sta in Europa, non solo perché la politica commerciale e la politica della concorrenza sono, per i trattati, una competenza europea, ma anche perché il negoziato, la riscrittura del balance of power tra Stati Uniti e Unione europea è una questione essenziale, rispetto alla quale bisogna stare molto attenti a non aprire la strada ai bilaterali, perché ne pagheremmo amare conseguenze.
  Su questo aspetto – e chiudo, signor presidente – mi interesserebbe capire in termini puntuali che cosa si intende fare sotto il profilo dell'integrazione europea e del piano industriale del nostro Governo. Noi siamo favorevoli all'esclusione delle spese militari dal calcolo del Patto di stabilità, ma bisogna avere la consapevolezza che questa non è una gratuita concessione, un pranzo di gala, bensì la premessa per andare ad una ancora più forte, più marcata, più consistente iniziativa europea. E tra le tentazioni autarchiche sul piano dell'industria della difesa e il rischio di diventare totalmente subalterni a Paesi extra-europei in mezzo ci starebbe qualcosa che oggi non abbiamo sentito.
  Grazie.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA. Grazie, signor Ministro, per la sua esposizione.
  Desidero innanzitutto chiederle se il Segretario di Stato Rubio, nei colloqui che avete avuto, Le ha anticipato la posizione dell'Amministrazione Trump su Gaza o se neanche lui la conosceva al momento dei colloqui che avete avuto. La ringrazio.
  Sono diverse le criticità, per cui mi limito semplicemente a citarle. C'è la questione della Georgia, sulla quale ho presentato un question time in Commissione. Lei ha detto una cosa piuttosto chiara: la comunicazione dell'Ambasciatore, dopo l'incontro con il Ministero degli esteri – quindi, pubblicamente – andava in un'altra direzione.
  Sulla Serbia ci sono delle criticità. Io non credo che possiamo muoverci come se nulla stesse accadendo dentro il Paese, in termini proprio di movimento di protesta e di torsione autoritaria.
  Benissimo sulla vicenda Kiev. C'è da capire, in prospettiva, la posizione di Fico ed Orban. Bene anche gli eurobond: sono contento che il Governo sostenga gli eurobond verso una difesa comune, perché il Patto di stabilità si può anche sforare, ma rappresenta pur sempre debito pubblico aggiuntivo.
  Punto ora sulla questione commerciale, nella sua veste di Ministro responsabile anche del commercio estero. Che tipo di postura l'Unione europea vuole darsi in quella che il Wall Street Journal ha definito «la più stupida guerra commerciale della storia», quella appunto lanciata dal Presidente Trump? Peraltro, se egli lo fa per ottenere altre cose è ancora peggio, perché quello è un gioco a cui noi non potremmo mai partecipare come Paese, minacciare i dazi per ottenere chissà che cosa. Quindi, qual è la postura dell'Unione europea? Mi piacerebbe capire se ce n'è una.
  Con riferimento ai grandi accordi commerciali, invece, rammento che l'Italia non Pag. 13ha ancora ratificato il Comprehensive economic and trade agreement (CETA), mentre sarebbe importante arrivarci proprio per dare un messaggio anche al Canada, che non è un Paese enorme, per dare l'idea che come Europa reagiamo con gli accordi commerciali internazionali. E l'Italia dove sta? Sul Mercosur: stiamo con la Commissione europea o magari con i francesi, in nome dell'agricoltura? Non voglio dire della Coldiretti, ci mettiamo contro il Mercosur.
  Chiudo: abbiamo consapevolezza, come Europa, che l'impostazione mercantilistica del Presidente Trump coglie con la bilancia commerciale solo un pezzo dei rapporti economici? La Cina ha reagito aprendo – potrebbe far sorridere – una procedura antitrust nei confronti di Google. Siamo in grado di respingere l'aggressione trumpiana dei dazi mantenendo ferma, ad esempio, l'idea della tassazione sulle multinazionali dell'high-tech? Non rientrano nella bilancia commerciale, ma noi consumiamo americano quotidianamente. Abbiamo una postura comune su questo? E di che tipo?
  Grazie.

  LAURA BOLDRINI. Grazie, Ministro, per averci riferito gli esiti del Consiglio affari esteri del 27 gennaio scorso.
  Io temo che la parte che riguarda il Medio Oriente, che Lei ci ha giustamente riferito, sia totalmente superata dalla conferenza stampa tenuta dal Presidente Trump, insieme al Primo Ministro Netanyahu, su quello che il Presidente statunitense propone per la Striscia di Gaza. E qui vado molto dritta alla domanda, presidente. Io vorrei sapere dal Ministro cosa pensa della proposta del Presidente Trump di fare di Gaza – cito – la «riviera del Medio Oriente», dicendo che chi vi abita, ovvero circa due milioni di persone, se ne dovrà andare in Egitto e in Giordania, Paesi che dovranno accogliere queste persone. Tutto questo sa di pulizia etnica, perché ovviamente, una volta cacciate queste persone, non ci sarà più il diritto al ritorno. Si chiama Nakba, nel 1947 e nel 1948 il popolo palestinese l'ha già vissuta.
  Lei sa che ci sono state reazioni molto dure da parte dei due Stati – Giordania ed Egitto – designati ad accogliere 2 milioni e passa di palestinesi, ma anche dell'Arabia Saudita, che ha ritenuto di dover dire che il piano è irricevibile e che per la normalizzazione dei rapporti con Israele si deve fare lo Stato di Palestina. Vorrei sapere qual è la posizione sua, Ministro, e del Governo in merito a queste affermazioni. Quello che Lei ci ha riferito ormai è sorpassato.
  Inoltre, siccome nel Consiglio del 27 gennaio si è parlato di Medio Oriente, vorrei soffermarmi sulla Corte penale internazionale. Lei non ci ha menzionato questo tema. Vorrei sapere se, invece, è emerso nel corso dell'incontro il tema della Corte penale internazionale, sia in merito all'arresto di Netanyahu sia in merito all'arresto di Almasri. Su quest'ultimo punto leggo tre righe del comunicato della Corte penale internazionale, perché riguarda forse anche il Ministero degli affari esteri – questo ce lo confermerà Lei – circa le modalità con cui il mandato di arresto è stato comunicato al nostro Paese: «la Corte ha presentato una richiesta di arresto del sospettato a sei Stati parte, tra cui la Repubblica italiana. La richiesta della Corte è stata trasmessa attraverso i canali designati da ciascuno Stato» – per l'Italia è l'Ambasciata all'Aja – «ed è stata preceduta da una consultazione preventiva» – quindi c'è stato uno scambio su questo – «e anche da un coordinamento con ciascuno Stato, per garantire l'adeguata ricezione e l'ulteriore attuazione della richiesta della Corte». Questo avveniva il 18 gennaio.
  La domanda è, presidente, se il Ministro degli Affari esteri, essendo coinvolta l'Ambasciata all'Aja, è stato informato da parte dell'Ambasciatore che la Corte penale aveva emesso questo mandato d'arresto. La comunicazione al Ministero della Giustizia c'è stata il 18 stesso.
  La domanda è: il Ministro degli Affari esteri era a conoscenza di questa informativa al Ministro della Giustizia? Che, peraltro, il giorno dopo riceveva la stessa informazione anche per via della Corte d'appello, attraverso l'Interpol, che aveva emesso l'avviso rosso.
  Si dice che c'era poco tempo per tradurre in italiano le carte. È stato detto così, Pag. 14Ministro, so che è difficile crederlo, ma è stato detto che bisognava anche tradurre in italiano le carte che erano state fornite dalla Corte, che erano scritte in inglese. Per questo il Ministro aveva bisogno di tempo, non poteva rispondere subito. A parte che il Ministro non doveva rispondere, perché in base alla legge italiana doveva trasferire gli atti alla Corte d'appello, mi chiedo se Lei era stato contattato il 18, poiché il 19 la procura della Corte d'appello comunica al Ministero la stessa cosa comunicata dall'Ambasciata italiana all'Aja e il 20 è il procuratore capo della Corte d'appello che manda una nota urgente a Nordio. Quindi, non si può dire il Ministro non fosse stato sollecitato in tempo utile e non avesse avuto il tempo necessario per rispondere.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Tajani per la replica.

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Cominciamo dalla prima domanda, quella dell'onorevole Barcaiuolo, sul Libano. Noi intendiamo sostenere le forze armate libanesi proprio per rinforzare le Istituzioni libanesi in un momento in cui si è arrivati a un cessate-il-fuoco. Continueremo con la nostra missione bilaterale a formare le forze armate del Libano, che – come sapete – erano guidate, fino al momento dell'elezione a Presidente, dal Generale Aoun.
  Altra questione è l'UNIFIL: noi continuiamo a sostenere UNIFIL. Crediamo si debbano, in qualche modo, modificare le regole d'ingaggio per dare più forza ad UNIFIL. Come ho sempre detto, secondo me, la posizione da tenere è questa: prima cosa, avere il contingente UNIFIL dalla frontiera tra Libano e Israele fino al fiume; a nord del fiume le forze armate regolari libanesi, in modo da non avere forze di Hezbollah. Questo è quello che, secondo noi, dovremmo fare per assicurare stabilità a quella parte ed impedire che ci siano nuovi conflitti tra Israele e Hezbollah, per garantire sia la popolazione libanese sia la popolazione che vive nel nord di Israele.

  [interventi fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Posso rispondere?

  GRAZIANO DELRIO. Era un commento, signor Ministro [intervento fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Anche su questo, come per Israele e Palestina, noi continuiamo a lavorare e a credere nelle organizzazioni multilaterali. Non è un caso che il Governo italiano abbia donato al Programma alimentare mondiale, un'organizzazione delle Nazioni Unite, tutti gli aiuti umanitari, compresi i camion, che domani consegnerò al Programma alimentare mondiale a Gaza.
  Così come continuiamo a lavorare con le Nazioni Unite sostenendo la nostra presenza in UNIFIL. Ho detto che bisogna rinforzare la missione UNIFIL. La teoria è una cosa, la pratica dimostra le scelte politiche che noi facciamo.
  Non ho mai detto che bisogna uscire dall'Organizzazione mondiale della sanità. Ciò che conta sono i fatti. Noi continuiamo ad avere sempre la stessa presenza. Abbiamo partecipato a tutte le settimane delle Nazioni Unite in maniera molto attiva, come Governo. Dal Presidente del Consiglio a parecchi Ministri abbiamo sempre lavorato in questa direzione facendo anche le nostre osservazioni, che a volte possono anche essere critiche. Sostenere il multilateralismo non significa «tutto va bene, madama la marchesa». Se le Nazioni Unite a volte si muovono in ritardo dobbiamo dire che si sono mosse in ritardo. Non è che, siccome sono le Nazioni Unite, dobbiamo dire che è sempre tutto giusto. Possono esserci anche degli errori commessi dalle Nazioni Unite.
  Penso, per esempio, che in occasione della guerra in Ucraina le Nazioni Unite, se avessero agito in maniera più tempestiva, inviando, magari, interlocutori in grado di convincere Putin a fare cose diverse... Così Pag. 15come accadde in occasione dell'attacco in Georgia, quando ci fu un'iniziativa di Sarkozy e Berlusconi. Lo stesso leader del partito dell'onorevole Borghi ha detto che bisognava inviare, per esempio, la Merkel a fare da ponte ed inviato speciale per evitare la guerra. Questa è una critica positiva, costruttiva alle Nazioni Unite, alle quali riconosciamo il ruolo che devono svolgere. Partecipiamo attivamente. Ho sempre detto che qualora si dovesse arrivare ad una missione internazionale sotto la bandiera delle Nazioni Unite in Palestina, per la riunificazione della Palestina – perché oggi esistono due Palestine, è inutile nasconderlo, la Cisgiordania e Gaza – saremmo disposti a partecipare ad un'eventuale missione militare di pace.
  Partecipiamo con i nostri Carabinieri – l'ho detto oggi – alla missione europea. Multilateralismo è anche partecipazione alle iniziative europee, come quella di Rafah. Direi, quindi, che non c'è alcun dubbio sulla nostra posizione.
  L'onorevole Billi diceva «lavorare per la ricostruzione»: assolutamente sì, e chiedeva se vogliamo lavorare anche per la ricostruzione di Gaza e della Siria. Come ben sa, confermo l'impegno dell'Italia ad organizzare la Conferenza internazionale per la ricostruzione dell'Ucraina. Siamo pronti a farne una anche per la ricostruzione di Gaza e la ricostruzione della Siria, e dare anche un contributo per la ricostruzione del Libano, nella parte dove è stato attaccato.
  Per quanto riguarda la difesa europea, io ne sono da sempre un convinto sostenitore. Essendo anche vicepresidente del Partito Popolare Europeo, ricordo che il primo a battersi per la difesa europea si chiamava Alcide De Gasperi. Quindi, come possiamo non essere a favore della difesa europea? Lo abbiamo sempre detto, e non l'ho detto soltanto io, lo ha detto anche il Ministro Crosetto: il problema è lavorare ed accelerare i tempi. Le resistenze alla costruzione della difesa europea, indispensabile per creare il secondo pilastro della NATO, non sono certamente mai venute dall'Italia. Alcune osservazioni americane – che non sono soltanto di Trump, ma venivano anche dall'Amministrazione Biden – di fare di più per la difesa europea rappresentano una sollecitazione giusta. Non possiamo sempre chiedere a loro di risolvere i nostri problemi. Anche per essere più forti all'interno della NATO credo serva un pilastro europeo più credibile.
  In tutte le occasioni – compresa la più recente dove si è affrontato questo tema, mi riferisco al quintetto tra Polonia, Italia, Francia, Germania e Spagna, più la Gran Bretagna – ho insistito molto sulla necessità di fare degli eurobond per la difesa. È la nostra posizione. Poi bisogna convincere gli altri. Non siamo i padroni del mondo. A volte si pensa che l'Italia possa essere insieme la Russia, la Cina e gli Stati Uniti. Perché non avete fatto questo? Perché siamo un Paese di 60 milioni di abitanti e abbiamo il peso che abbiamo. Cerchiamo di utilizzare la nostra forza nel modo migliore possibile, ma non siamo né le Nazioni Unite né gli Stati Uniti né la Cina né la Russia. È ovvio che dobbiamo essere parte diligente e protagonista anche nel contesto europeo, cosa che stiamo facendo.
  Per la difesa, se bisogna fare spese, credo che sia giusto farle. Rispondo ad eventuali osservazioni: fare spese per la difesa non significa fare spese per fare la guerra. I Carabinieri che addestrano la polizia palestinese fanno la guerra? I Carabinieri che sono a Rafah fanno la guerra? I militari italiani che si trovano tra Serbia e Kosovo fanno la guerra? I militari italiani che stanno in UNIFIL fanno la guerra? I militari italiani che sono in Niger fanno la guerra? I militari italiani che sono in Iraq fanno la guerra? I militari italiani che sono in Kuwait fanno la guerra? I militari italiani che proteggono i traffici commerciali del nostro Paese – come ricordava l'onorevole Bergamini, siamo la quarta potenza commerciale mondiale – nel Mar Rosso non fanno la guerra, proteggono la nostra economia.
  Le spese, secondo me, vanno aumentate. Stiamo lavorando intensamente su questo per arrivare al 2 per cento. Prima di parlare del 3 e del 5 bisogna arrivare al 2. Stiamo lavorando per quanto riguarda l'Italia. Complessivamente, come ho detto, Pag. 16non si può non chiedere flessibilità sul Patto di stabilità. Mi pare che le prime risposte vadano nella giusta direzione. La prima è stata quella del Commissario Kubilius durante la sua audizione da Commissario; sono arrivate anche dal portavoce e dalla von der Leyen messaggi abbastanza positivi. Se dobbiamo rispettare il Patto di stabilità non possiamo aumentare le spese della difesa perché non intendiamo – non ci possiamo neanche lontanamente permettere di pensarlo – tagliare spese sociali. La spesa sociale, anzi, dovrebbe essere incrementata. Quindi, per aumentare la spesa della difesa bisogna trovare altre soluzioni.
  Io sono stato il primo ad aver presentato, quando ero Commissario europeo, insieme al Commissario Barnier, un progetto per la difesa europea. Ci sono le prove, non è teoria. Andiamo verso la difesa europea. Certo, l'Europa deve poter fare di più. Questo non deve, però, impedire che ci siano anche collaborazioni nel settore della difesa con gli Stati Uniti.
  Ritorniamo all'Europa. Per quanto ci riguarda, bisogna per forza avere più flessibilità nel Patto di stabilità. Per quanto riguarda l'Europa, nel suo contesto, con l'Italia parte, bisogna secondo me fare gli eurobond oppure utilizzare i soldi Next Generation EU che non sono stati usati fino ad oggi, per esempio; si possono anche riconvertire, se non ci sono modelli tipo quelli del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), per fare un'industria della difesa europea, un sistema di difesa europea. È certo che bisogna lavorare per gradi e prima di arrivare all'esercito unico europeo bisogna lavorare per l'integrazione. Vi ricordo che in Bosnia carri armati identici apparentemente, i Leopard, che erano usati dalle forze armate italiane e dalle forze armate tedesche non erano in grado di comunicare tra loro perché il carro era uguale, ma le apparecchiature interne erano diverse, quindi non potevano interoperare. Già quello sarebbe un bel passo in avanti. Quindi, non è che le cose sono in contrasto, sono diverse opzioni sulle quali noi stiamo lavorando. Non si trova domani mattina la soluzione, non tutti la pensano come noi anche in Europa. Non esiste l'Europa federale, esiste un'Europa con ventisette Paesi, ognuno dei quali ha posizioni diverse. Dobbiamo rinforzare la Commissione europea.
  Io ho sempre detto, anche per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, che l'Italia può fare da ponte tra l'Europa e gli Stati Uniti. Non ho detto che l'Italia deve fare da sola e, avendo buoni rapporti con l'Amministrazione americana, lasciare da parte gli altri. Ho detto che può fare da ponte. Credo che sia giusto lavorare per un dialogo tra von der Leyen e Trump. Ricordo che l'unico incontro ufficiale che ho avuto con Trump è quando – allora ero Presidente del Parlamento europeo – egli venne a Bruxelles a parlare sempre di questioni economiche; si parlava dello scontro commerciale con la Cina. Da questo punto di vista, quindi, noi siamo pronti a fare quello che serve.
  Per quanto riguarda il commercio, molti di voi hanno fatto domande, chiedendo cosa intendiamo fare, qual è la strategia e come raggiungere l'obiettivo – mi chiedeva l'onorevole Bergamini – di 700 miliardi di export. Il Governo italiano ha una strategia, è una strategia che punta a far sì, intanto, che ci sia un dialogo in Europa, che ha competenza esclusiva nella trattativa commerciale. Dico subito che noi non siamo contrari al Mercosur; va bene, per quanto ci riguarda, la produzione industriale, l'esportazione di molti prodotti industriali, ma, come voi sapete, dopo la Cina l'Italia è il Paese che ha la maggior varietà merceologica nell'esportazione. Ci sono alcuni settori della produzione agricola che andrebbero in difficoltà, quindi stiamo lavorando, visto che si deve provare a luglio e siamo ancora a febbraio... Non è Coldiretti, è anche COPA COGECA che raccoglie tutti gli agricoltori europei. Noi ci poniamo un problema dell'agricoltura, visto che siamo un Paese ad economia reale, non possiamo non tenere conto dei problemi che riguardano anche alcuni comparti agricoli, soprattutto il riso e la carne, che sono quelli che soffrono di più dall'accordo così come è stato con il Mercosur. Io ho sempre detto che siamo favorevoli all'accordo, però vanno affrontati e risolti alcuni problemi che riguardanoPag. 17 il comparto agricolo. Questo lo dicono tutti i Paesi dell'Unione europea. Non è che uno sia contro il principio dell'accordo Mercosur, ma se c'è un problema è dovere del Governo di tutelare alcune categorie produttive, non un'organizzazione. Sentite pure Confagricoltura, vi dirà la stessa cosa. Il presidente di Confagricoltura è anche presidente di COPA COGECA, quindi vi dirà quello che dicono gli agricoltori europei.
  Cosa pensiamo di fare? Gli Stati Uniti ancora non hanno imposto nessun dazio. Abbiamo visto che non li hanno imposti neanche al Messico e al Canada. Si rinvia, perché poi sono state trovate soluzioni per altre cose. Il modo di trattare di Trump è una questione che riguarda gli Stati Uniti, un Paese sovrano. È una democrazia, Trump è stato eletto, quindi noi trattiamo con i nostri interlocutori. Come vi ho detto, secondo me la soluzione è quella di continuare a lavorare per proteggere le nostre esportazioni, magari importando di più – penso al settore del gas, al settore del petrolio, vediamo quali sono i settori commerciali dove si può importare di più – per far capire che c'è da parte nostra la volontà di un riequilibrio della bilancia commerciale, internazionalizzando di più. Si tratta di fare l'esatto contrario della delocalizzazione – io parlo di internazionalizzazione, voglio essere molto chiaro, non di delocalizzazione – e di far sì che le nostre imprese che intendono investire all'estero possano investire di più negli Stati Uniti.
  È altresì vero che le nostre economie sono talmente interconnesse, quella americana e quella europea, che non è così facile poi arrivare ad una guerra commerciale, anche perché una guerra commerciale porterebbe un incremento della inflazione negli Stati Uniti, cosa che l'attuale Amministrazione americana intende combattere. Quindi, è diverso rispetto ad altri Paesi.
  Detto questo, ancor prima che si insediasse l'Amministrazione americana, proprio per essere previdenti – non bisogna mai aspettare che le cose accadano ma bisogna prevenire, vista anche la situazione delle esportazioni nel mercato interno dell'Unione europea, dove c'è un problema nel settore dell'automotive, laddove voi sapete che un'auto tedesca è fatta in gran parte con componentistica italiana – abbiamo già avviato una serie di incontri al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale con il mondo produttivo, con SACE, SIMEST, Cassa depositi e prestiti, per valutare una strategia, ascoltare le richieste di tutti i comparti imprenditoriali che esportano, valutare quali sono i mercati dove si può fare di più. Come ho detto, abbiamo individuato il Messico, il Vietnam, l'Indonesia, l'India.
  Quindi, per raggiungere l'obiettivo di cui ho parlato – vedremo, le cose dipendono anche da quello che accade nel resto del mondo, non dalla nostra sola volontà –, per incrementare le esportazioni lavoreremo anche in questi Paesi. In Serbia abbiamo organizzato un business forum che era già previsto e comunque non tocca a noi intervenire nelle vicende interne di un Paese, uno può essere più o meno favorevole a quello che accade, ma se in ogni Paese dove ci sono manifestazioni noi interveniamo... È un Paese candidato all'Unione europea e noi siamo favorevoli a che i Balcani entrino a far parte il prima possibile dell'Unione europea, proprio perché siamo fortemente europeisti. Personalmente sono per un'Europa federale, lo sanno tutti. Avendo dedicato ventotto anni della mia vita politica ad occuparmi di questo e a difendere questi valori, non è che cambio idea in pochi mesi. Ho sempre detto, anche in presenza di Vucic, che bisognava evitare qualsiasi violenza da una parte e dall'altra, e fa fede la conferenza stampa che ho fatto. Anche da questo punto di vista, noi ci siamo occupati soltanto di questioni economiche. Siccome è un Paese dove conviene investire e conviene esportare, abbiamo organizzato il terzo business forum, con la presenza di circa quattrocento imprese italiane e altrettante imprese serbe. I business forum li stiamo organizzando ovunque, proprio per raggiungere l'obiettivo di cui parlava l'onorevole Bergamini.
  Per fare anche queste battaglie serve che l'Europa sia un po' meno sonnacchiosa. L'Europa deve essere più protagonista,Pag. 18 la Commissione europea deve essere protagonista. In Europa, purtroppo, sono mancati i grandi leader europeisti. Un'altra strategia da studiare, che è sempre giusta, è quella di ridurre i costi di produzione. Si può fare con la riduzione del prezzo dell'energia. Anche lì serve una politica europea, il mercato unico dell'energia, il mercato unico dell'elettricità. Sono battaglie che noi stiamo combattendo, come serve il mercato unico dei capitali. Il mercato interno deve essere concluso, perché tanti sono europeisti, ma lo sono a chiacchiere, poi quando bisogna andare avanti in quella direzione trovano sempre delle scuse, vogliono che gli altri siano europeisti, ma loro sono i meno europeisti. È come quelli che vogliono comprare in Italia perché c'è il mercato interno, poi protestano se le imprese italiane vanno a comprare in Francia o in Germania.
  Anche per questo credo che occorra ridurre la burocrazia, ridurre l'eccessiva regolamentazione. Ho detto per ogni nuova regola debbono esserne cancellate due, perché la regolamentazione distrugge l'economia, come lo fa la burocrazia. Troppe regole, troppe regole a livello europeo. L'Europa risolve i problemi economici dando regole, ma le regole non risolvono sempre. Io sono per averne il meno possibile.
  Qualora ci fossero i dazi, mettiamo che riduciamo i costi di produzione del 10 per cento, di fatto il danno per le imprese non ci sarebbe, ma comunque i costi di produzione vanno risolti perché anche se non arrivano i dazi, la riduzione dei costi di produzione significa più posti di lavoro.
  Per quanto riguarda il tema Azerbaijan-Armenia, la situazione è sospesa, non mi pare che ci sia stata una posizione diversa. La posizione del Governo è sempre stata la stessa, ci sono le lettere che fanno fede. Noi ci siamo sempre posti come mediatori e in tutti gli incontri che ho fatto con armeni e azeri ho sempre lavorato in una certa direzione. Addirittura ho proposto il modello Alto Adige: proprio in occasione della settimana delle Nazioni Unite a New York ho proposto questo modello, ci siamo anche proposti come luogo di incontro tra i due Paesi. Quindi, l'Italia ha una posizione di grande equilibrio. Poi, l'iter parlamentare non dipende certamente dal Ministro degli Affari esteri.
  Per quanto riguarda il Piano Mattei, esso è parte di quello che dovrebbe essere un grande Piano Marshall, attraverso il Global Gateway dell'Unione europea. Noi invochiamo l'Europa, ma dovrebbe anche essere l'Europa a lavorare e fare di più.
  Per quanto riguarda le vicende legate al Sudan, noi continuiamo a seguirle. Purtroppo, come sapete, abbiamo evacuato tutti i nostri connazionali. Abbiamo riaperto l'Ambasciata, però l'abbiamo riaperta ad Addis Abeba, viste le condizioni molto preoccupanti. Comunque, seguiamo tutti gli aspetti umanitari, anche in chiave di contrasto all'immigrazione irregolare. Ripeto, la nostra Ambasciata è operativa nella sede dell'Ambasciata presso l'Etiopia.
  Non tocca a me rispondere sul caso Almasri, come anche rilevato dalla stessa magistratura. Io non condivido quello che è stato fatto, ma il Ministero degli Affari esteri non è stato neanche sfiorato, perché la legge italiana riserva in via esclusiva al Ministro della Giustizia la cura dei rapporti con la Corte penale internazionale. Abbiamo provveduto soltanto a trasmettere al Ministero competente ogni comunicazione relativa al caso in questione, ma poi, come sapete, oggi i Ministri competenti parleranno in Aula, sia alla Camera che al Senato. Il Ministro Nordio e il Ministro Piantedosi – il quale aveva già dato una prima risposta – interverranno in Aula e daranno soddisfazione a tutte le richieste. Il Ministero degli Affari esteri non è competente in materia, altrimenti sarei stato interessato anche io. Lo stesso procuratore Lo Voi ha detto che il Ministero degli Affari esteri non c'entra niente, altrimenti avrebbe anche scelto di inserirmi nel registro...

  LAURA BOLDRINI. Ma era informato, Lei, Ministro? Ha trasmesso...? [intervento fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Certo che abbiamo trasmesso gli atti! L'ho Pag. 19detto, abbiamo trasmesso gli atti. Il Ministero degli Affari esteri trasmette gli atti, ma non ha competenza.
  Non dobbiamo fare un dibattito, Le ho risposto e Le ho detto quello che è.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il suo contributo ai nostri lavori...

  LAURA BOLDRINI. La «riviera del Medio Oriente»... [intervento fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Mi pare di essere stato molto chiaro su quella che è la posizione italiana. Io non devo commentare le dichiarazioni, ci sono i fatti, quelli contano. Quando ci sarà una proposta operativa vedremo di commentarla, ma mi pare che per quanto riguarda l'evacuazione della popolazione civile da Gaza la risposta di Giordania e di Egitto sia stata negativa. Quindi, mi pare che sia un po' difficile portarli...

  [interventi fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Come non ho illustrato? Ho parlato un quarto d'ora, ripeto sempre la stessa cosa!
  Io ho detto qual è la nostra posizione, non è che devo commentare ogni dichiarazione di Trump. Ho detto qual è la posizione italiana, poi vedremo quando ci saranno delle proposte concrete. Abbiamo detto qual è la posizione del Governo, siamo per «due popoli due Stati». Ho detto che siamo addirittura pronti ad inviare militari italiani per una missione di riunificazione della Striscia di Gaza con la West Bank, di più non so che cosa dire.
  Credo di essere stato chiaro, l'italiano non è un'opinione; ho parlato in maniera molto chiara più volte, ripeto sempre la stessa cosa e non ho cambiato idea, né il Governo ha cambiato idea.

  PRESIDENTE. Grazie davvero. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9.55.