XIX Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 27 marzo 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, nell'ambito dell'esame congiunto della Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2025, adottata il 19 febbraio 2025 (Doc. XXV, n. 3), nonché della Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2024, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2025 (Doc. XXVI, n. 3):
Minardo Antonino , Presidente ... 3 
Tajani Antonio , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Minardo Antonino , Presidente ... 8 
Crosetto Guido , Ministro della Difesa ... 8 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Grimaldi Marco (AVS)  ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Grimaldi Marco (AVS)  ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Mulè Giorgio (FI-PPE)  ... 16 
Minardo Antonino , Presidente ... 16 
Grimaldi Marco (AVS)  ... 16 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 16 
Minardo Antonino , Presidente ... 16 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 16 
Minardo Antonino , Presidente ... 16 
Pellegrini Marco , intervento in videoconferenza ... 16 
Minardo Antonino , Presidente ... 16 
Alfieri Alessandro  ... 16 
Borghi Enrico  ... 16 
Rosato Ettore (AZ-PER-RE)  ... 16 
Calovini Giangiacomo (FDI)  ... 16 
Craxi Stefania Gabriella Anastasia , presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica ... 16 
Crosetto Guido , Ministro della Difesa ... 17 
Provenzano Giuseppe (PD-IDP)  ... 17 
Marton Bruno  ... 17 
Minardo Antonino , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto in via preliminare che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, nell'ambito dell'esame congiunto della Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2025, adottata il 19 febbraio 2025 (Doc. XXV, n. 3), nonché della Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2024, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2025 (Doc. XXVI, n. 3).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite III e IV della Camera dei deputati e 3a del Senato della Repubblica reca lo svolgimento delle comunicazioni del Governo nell'ambito dell'esame congiunto della Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2025, adottata il 19 febbraio 2025 (Doc. XXV, n. 3), nonché della Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2024, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2025 (Doc. XXVI, n. 3).
  Anche a nome del presidente della Commissione Affari esteri della Camera dei deputati, onorevole Giulio Tremonti, e della presidente della Commissione Affari esteri e difesa del Senato della Repubblica, senatrice Stefania Craxi, do il benvenuto al Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e al Ministro della Difesa, Guido Crosetto, e li ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Do anche il benvenuto ai colleghi senatori e deputati presenti in quest'Aula o collegati da remoto.
  Do la parola al Ministro Tajani per il suo intervento.

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signori presidenti, onorevoli senatori e deputati, le missioni internazionali e gli interventi di cooperazione allo sviluppo sono strumenti fondamentali della nostra politica estera a tutela degli interessi nazionali e a sostegno della pace, della stabilità e della crescita.
  La delibera di quest'anno recepisce le novità introdotte dalla riforma del 2024, con cui abbiamo voluto semplificare e adeguare i processi decisionali ad una congiuntura internazionale, ahimè, in continua evoluzione. Siamo entrati in una nuova fase che porta con sé nuove sfide di sicurezza, ma anche nuove opportunità per la Pag. 4stabilizzazione delle aree di crisi a noi più vicine.
  Cominciamo dall'Ucraina, che, a oltre tre anni dall'inizio dell'aggressione russa, resta la principale minaccia per la sicurezza europea. La situazione sul terreno rimane critica, come dimostrano purtroppo i recenti attacchi russi contro la popolazione civile. Fermare il conflitto per noi è una priorità. I negoziati in corso in Arabia Saudita, condotti dagli Stati Uniti, sono un segnale incoraggiante e il Governo li ha sostenuti sin dall'inizio, così come li ha sostenuti l'intero G7.
  L'accordo sulla navigazione nel Mar Nero raggiunto martedì è un fatto certamente positivo. Abbiamo sempre sostenuto tutte le iniziative diplomatiche volte a consentire la riattivazione di quel cruciale corridoio marittimo anche in funzione dell'esportazione di grano, fondamentale per la sicurezza alimentare, in particolare dell'Africa. Continuiamo a sostenere ogni passo in avanti che si compie verso il cessate-il-fuoco, come la moratoria sui bombardamenti delle infrastrutture energetiche, la restituzione dei bambini ucraini rapiti, il rispetto del diritto umanitario e lo scambio di prigionieri di guerra. Ho parlato di quest'ultimo punto nei giorni scorsi con il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti che, come sapete, svolgono un ruolo importante su questo specifico aspetto.
  Kiev ha già accettato le intese. Ora tocca, però, a Mosca darvi attuazione e dimostrare di voler portare avanti veramente il percorso verso la tregua. È la Russia che deve decidere se vuole la pace oppure no; una pace che deve essere giusta e duratura, basata sui princìpi chiave che abbiamo ribadito, da ultimo, alla riunione dei Ministri degli Esteri del G7 in Canada, nelle scorse settimane. In primo luogo, ogni compromesso deve essere deciso con l'assenso dell'Ucraina e con il coinvolgimento dell'Unione europea, come ho avuto modo di ribadire al Segretario di Stato Rubio, con cui ho avuto un lungo colloquio in Canada. Lui stesso ha riconosciuto che l'Europa deve avere un ruolo al tavolo negoziale. Nulla può essere deciso sul futuro dell'Ucraina senza gli ucraini, nulla può essere deciso sulla sicurezza dell'Europa senza gli europei. Una soluzione duratura implica anche garanzie di sicurezza. Su questo la posizione del Governo è molto chiara ed è stata ribadita più volte dal Presidente del Consiglio Meloni, che oggi è a Parigi per discutere questo tema centrale con i nostri principali partner.
  Siamo impegnati nella costruzione, insieme ai nostri alleati europei ed occidentali, a partire dagli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l'Ucraina, che trovino fondamento nel contesto euro-atlantico. Questo anche sulla base di un modello che possa ricalcare, in parte, quanto previsto dall'articolo 5 del Trattato di Washington, ipotesi che sta riscontrando sempre più interesse.
  Ribadisco anche qui, insieme al Ministro Crosetto, che non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad un'eventuale forza militare sul terreno.
  Per quanto riguarda l'attuazione e il monitoraggio del cessate-il-fuoco, sosteniamo da tempo un ruolo profilato delle Nazioni Unite nella cornice autorizzativa del Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte – come sapete – anche Russia e Cina. Garanzie di sicurezza efficaci necessitano, infatti, del più ampio consenso internazionale e non possiamo prescindere dagli Stati Uniti.
  Ribadisco che per noi l'unità transatlantica è cruciale. Europa e Stati Uniti sono due facce della stessa medaglia: l'Occidente. Una divisione significherebbe la vittoria di autocrazie, populismi e radicalismi. In questa fase l'Amministrazione americana chiede ai partner europei un ruolo più profilato per garantire la sicurezza del nostro continente. Dobbiamo essere pronti a fare la nostra parte e ad incrementare le spese nazionali per rafforzare il pilastro europeo della NATO. Lo diciamo da tempo: spendere per la difesa non significa essere guerrafondai, ma garantire la sicurezza dei nostri cittadini, che è un concetto molto più ampio del semplice riarmo.
  L'esempio è quello che ho fatto più volte: è giusto o non è giusto mettere la porta blindata e le grate a casa? Dovrebbe essere inutile, però purtroppo il mondo è Pag. 5quello che è e quindi serve in qualche modo proteggere le nostre abitazioni, così come dobbiamo proteggere il nostro Paese.
  Come ho ribadito anche ai miei colleghi del G7 in Canada, l'Italia continua ad essere in prima linea nel sostegno al processo di ricostruzione dell'Ucraina, che è un prerequisito per una pace solida e duratura. Questo sarà l'obiettivo della Conferenza sulla ricostruzione che ospiteremo a Roma il 10 e l'11 luglio di quest'anno. Stiamo lavorando per rendere la Conferenza un trampolino di lancio per la pace. Aiuteremo l'Ucraina a ricostruire meglio, contribuendo al suo programma di riforme e al suo percorso di adesione all'Unione europea.
  Abbiamo in programma altri due eventi preparatori, uno a Bruxelles, il 10 aprile, e uno a Verona, a fine maggio. Stiamo registrando un forte interesse e ci aspettiamo la presenza attiva di numerose imprese. Infatti, vogliamo sempre più coinvolgere i privati in questa iniziativa di ricostruzione.
  Seguiamo, poi, con la massima attenzione la fase di instabilità politica che sta attraversando i Balcani occidentali. Proprio ieri ero a Trieste, che il Governo ha reso la porta di accesso privilegiato ai Balcani, per incontrare i vertici dell'Iniziativa Centro Europa (INCE). Da Trieste ho ribadito il pieno sostegno alla riunificazione di quella regione con l'Europa. In questa fase, però, purtroppo, guardiamo con preoccupazione soprattutto agli sviluppi in Bosnia-Erzegovina e invitiamo tutti gli attori coinvolti alla massima moderazione. Intendo affrontare il tema nel corso della prossima riunione dei Ministri degli Esteri della NATO a Bruxelles, dove valorizzerò la missione EUFOR Althea, della quale assumeremo il comando nel 2026, come modello di difesa europea in un quadro di collaborazione con la NATO. La stabilità e la sicurezza della regione sono la stabilità e la sicurezza dell'Europa; non possiamo, quindi, permetterci un altro focolaio di crisi nel nostro continente.
  Lavoriamo senza sosta perché ci possa essere una presenza italiana ed europea in questa parte d'Europa. L'Unione europea deve essere presente e protagonista nei Balcani occidentali; per questo il mese scorso ho voluto invitare a Roma l'Alto Rappresentante Kallas e la Commissaria per l'allargamento Kos alla riunione con i Ministri dei Paesi amici dei Balcani e della regione. Li inviterò a Messina il prossimo giugno, insieme a tutti i Paesi che stanno negoziando la loro adesione al progetto europeo – inclusa l'Ucraina – e celebreremo, così, il settantesimo anniversario della Conferenza che diede avvio alla creazione del mercato unico.
  Ricordo che l'Italia è in prima linea per garantire la sicurezza nei Balcani occidentali. Esprime, infatti, il comando di KFOR ed EULEX in Kosovo, rispettivamente con il Generale Barduani e il Generale Barbano e, come dicevo, siamo impegnati in Bosnia-Erzegovina con EUFOR Althea.
  Voglio ricordare anche le missioni della Guardia di finanza in Albania e in Montenegro.
  Passando al Medio Oriente, desta forte preoccupazione la rottura del cessate-il-fuoco nella Striscia di Gaza, che rischia di compromettere i delicati progressi verso il rilascio degli ostaggi, la piena ripresa delle consegne di aiuti umanitari e l'auspicata cessazione permanente delle ostilità. La nostra priorità è il ripristino del cessate-il-fuoco, passaggio imprescindibile anche per evitare pericolose escalation nell'intera regione.
  Il messaggio che è arrivato, anche dall'ultimo Consiglio europeo, è molto chiaro: è essenziale tornare al dialogo e passare alla seconda fase dell'accordo sul cessate-il-fuoco. L'afflusso di aiuti umanitari deve riprendere al più presto; attraverso «Food for Gaza» abbiamo continuato in questi mesi a far arrivare aiuti nella Striscia. Stiamo andando avanti nell'impegno per curare in Italia bambini palestinesi di Gaza. La settimana scorsa abbiamo accolto altri 47 minori, attraverso due operazioni coordinate dalla Protezione civile e dall'Unità di crisi della Farnesina, in collaborazione con il Comando operativo di vertice interforze. Ad oggi, 107 piccoli pazienti e le relative famiglie, per un totale di 286 persone, sono stati curati in strutture italiane.Pag. 6
  In parallelo, lavoriamo in vista della ricostruzione con un focus sul sistema sanitario. Nelle scorse settimane ho inviato a Ramallah team medici dei migliori ospedali italiani per valutare i bisogni più immediati. Il nostro approccio pragmatico-operativo ha trovato ampi consensi in Europa. Nei giorni scorsi, insieme ai Ministri di Francia, Germania e Regno Unito, abbiamo accolto con favore l'iniziativa araba per un piano per la ricostruzione della Striscia: rappresenta un segnale politico importante dell'impegno dei partner arabi, che, se attuato, permetterà un rapido miglioramento delle condizioni di vita dei residenti. L'impegno per la ricostruzione si deve inserire in un solido quadro politico di sicurezza, accettabile sia per gli israeliani che per i palestinesi, che garantisca pace e sicurezza a lungo termine.
  È chiaro che Hamas non deve avere alcun ruolo nel futuro della Striscia. Il nostro unico interlocutore continua ad essere l'Autorità nazionale palestinese. Anche le manifestazioni dei palestinesi di ieri contro Hamas dimostrano che, evidentemente, abbiamo scelto la strada più giusta. Per questo, siamo al fianco di Ramallah nell'impegno per le riforme, a partire proprio dalla sicurezza. Abbiamo inviato i nostri carabinieri a Rafah per assicurare l'apertura del valico, fondamentale per la popolazione, e formare le forze di sicurezza palestinesi. Li ho incontrati quando sono stato a Tel-Aviv nelle scorse settimane: stanno facendo uno straordinario lavoro, di cui dobbiamo essere loro riconoscenti.
  In prospettiva, come ho ribadito in più occasioni, l'Italia è anche pronta a contribuire ad una missione di peacekeeping a guida araba dispiegata nella Striscia.
  Per quanto riguarda il Libano, anche qui seguiamo con grande preoccupazione la situazione nel sud di questo Paese ed è fondamentale per noi che tutte le parti rispettino i propri impegni e che non si perda l'opportunità offerta dagli incoraggianti sviluppi degli ultimi mesi per continuare il lavoro di consolidamento delle Istituzioni nazionali. Abbiamo accolto con favore il voto di fiducia ottenuto dal Governo Salam in Parlamento, così come l'avvio dei primi contatti per la delimitazione del confine terrestre tra Israele e Libano. Dobbiamo, naturalmente, continuare a sostenere il Governo di Beirut nel processo di rafforzamento istituzionale, a partire dalle Forze armate.
  L'Italia, lo ricordo, è in prima fila in UNIFIL e per il comando della missione abbiamo proposto una candidatura di altissimo livello, quella del Generale Diodato Abagnara, e sosteniamo le Forze armate libanesi anche con una missione bilaterale, con la partecipazione al Comitato tecnico-militare.
  Altro tassello nel quadrante meridionale è la transizione politica in corso in Siria. Ne ho discusso la scorsa settimana a Roma con il Ministro degli Esteri al-Shaibani. I violenti scontri avvenuti nella regione costiera, che hanno colpito civili innocenti, sono inaccettabili. La nuova dirigenza siriana ha promesso di sanzionare i responsabili di queste efferate violenze. La popolazione civile deve essere protetta – penso, in particolare, alla minoranza alawita, cristiana e curda – e i responsabili puniti. Ci aspettiamo che la nuova amministrazione mantenga fede a questo impegno.
  In questo quadro ci sono anche segnali positivi nel percorso di riconciliazione nazionale, come gli accordi raggiunti con i curdi nel nord-est e con i drusi nel sud-ovest. Abbiamo sempre saputo che la transizione sarebbe stata un processo complesso, per questo sviluppi come l'adozione della dichiarazione costituzionale rappresentano un passo in avanti positivo. È cruciale continuare a sostenere la transizione incoraggiando le autorità di Damasco ad attuare i propositi annunciati. Ci siamo fatti, infatti, promotori in Europa di una linea di progressivo e prudente allentamento delle sanzioni, che riteniamo debba proseguire per accompagnare il nuovo Governo verso il consolidamento istituzionale, la ripresa economica e anche per favorire il rientro dei profughi: dove passano le merci non passano le armi. Solo in questo modo possiamo garantire sviluppo e crescita.Pag. 7
  La Conferenza che abbiamo tenuto nei giorni scorsi a margine del Consiglio Affari esteri dell'Unione europea è un segnale molto positivo: per la prima volta era presente anche un esponente del Governo siriano, a dimostrazione della volontà di Damasco di uscire, un po' alla volta, dalla logica dell'emergenza umanitaria per andare verso la ricostruzione.
  L'Italia intende fare la sua parte, per questo ho disposto lo stanziamento di quasi 68 milioni di euro. Un primo pacchetto è stato destinato ad iniziative umanitarie nel settore ospedaliero e sanitario, in quello delle infrastrutture e nel potenziamento delle catene di approvvigionamento del cibo. Nelle prossime settimane partiranno nuovi progetti di cooperazione e intendiamo organizzare anche un business forum mirato alla ricostruzione.
  Passando ad altro scenario, continuiamo ad essere impegnati anche nel Mar Rosso, dove non accenna a diminuire l'aggressività degli Houthi. Il Ministro Crosetto ed io, sin da subito, siamo stati in prima linea a Bruxelles per un forte impegno europeo attraverso la missione navale Aspides, di cui l'Italia detiene il comando operativo, e considero questa missione un primo passo verso la difesa europea. La missione ha un compito strategico: proteggere le navi mercantili da eventuali minacce lungo una delle rotte commerciali più strategiche del mondo, in particolare per il nostro export.
  Dal suo avvio nel febbraio 2024 questa operazione navale ha protetto il transito di più di quattrocento imbarcazioni, anche grazie al contributo cruciale dell'Italia in termini di assetti e di personale. Insomma, si tratta di un grande successo italiano ed è la dimostrazione di quello che intendiamo quando si parla di rafforzamento del pilastro europeo della NATO. Aspides lavora, infatti, in stretto raccordo e continua collaborazione con gli assetti americani e britannici nell'area. Intendiamo continuare a svolgere un ruolo di primo piano perché venga garantita la libertà di navigazione nel Mar Rosso, come ribadito, su mia richiesta, anche nel comunicato finale del G7 dei Ministri degli Esteri in Canada.
  Dobbiamo, nel contempo, lavorare sulle cause profonde delle origini della crisi, a partire dal rilancio del processo negoziale in Yemen, sotto l'egida delle Nazioni Unite, non appena le condizioni lo consentiranno. Anche per questo, ho voluto nominare un nuovo Ambasciatore per il Paese, attribuendo l'incarico al nostro attuale Ambasciatore a Riad.
  Non possiamo, poi, perdere di vista la situazione in Nordafrica, che continua ad essere un quadrante decisivo per il nostro interesse nazionale. Nelle scorse settimane ne ho parlato a lungo con i miei interlocutori ad Algeri, che hanno condiviso la preoccupazione per le minacce che l'instabilità, specie in Libia, pone alla nostra sicurezza. Mi riferisco, in particolare, al rischio di una recrudescenza del terrorismo, ai flussi migratori irregolari e alla presenza russa nelle zone orientali e meridionali. L'Italia resta impegnata a 360 gradi in Libia, dove possiamo contare su una Ambasciata – tra le poche a non aver chiuso durante la guerra 2019-2020 – su un Consolato generale a Bengasi e sull'importante contributo della missione bilaterale MIASIT. Per questo, lavoriamo con le Nazioni Unite per rilanciare il processo politico in vista di elezioni troppo a lungo rinviate.
  L'Africa subsahariana è un'altra area di importanza strategica per la nostra sicurezza e per quella dell'Europa, specie sul versante del contrasto ai traffici illeciti, a partire da quello di esseri umani. Per questo, è mia intenzione recarmi in visita nella regione per approfondire la nostra azione e il dialogo mirato e pragmatico con quegli interlocutori. Il disimpegno non è una opzione: non possiamo lasciare il Sahel agli jihadisti e ad altri attori ostili. Ricordo che nei mesi scorsi ho voluto aprire un'Ambasciata in Mauritania, uno dei partner chiave per la stabilità della regione.
  Anche il Niger resta centrale nella nostra azione nell'area, in particolare attraverso la prosecuzione della missione bilaterale MISIN, che ha assunto un ruolo determinante e che raccoglie l'apprezzamento dei nostri alleati. Dopo la partenza di Stati Uniti, Francia, Germania e Unione Pag. 8europea, l'Italia è l'unico Paese occidentale ancora presente nel Paese. Stiamo contribuendo attivamente ad attivarne le capacità e l'autonomia nella sorveglianza delle frontiere, nel controllo del territorio e nel contrasto ai fenomeni illeciti. Attraverso l'attività di cooperazione civile e militare, il nostro contingente fornisce aiuti tangibili alla popolazione locale.
  La Delibera missioni ci consente di sostenere progetti di formazione e consolidamento delle Istituzioni, dei diritti umani, dei processi elettorali, del controllo del territorio e delle frontiere. Dobbiamo fornire risposte concrete alle aspettative dei nostri partner africani per contrastare la penetrazione di attori ostili.
  Nella nostra azione mettiamo sempre la persona al centro, per questo investiamo negli interventi per la cooperazione e lo sviluppo, come dimostrato anche dall'adozione del Piano Mattei per l'Africa. La cooperazione è cruciale nell'ambito delle attività sostenute dalla Delibera missioni: per questo anche nel 2025, pur con i noti vincoli di finanza pubblica, la dotazione è stata mantenuta costante a 251 milioni di euro. Le attività si concentreranno in Africa, Medio Oriente ed Europa orientale, specie in Ucraina e Moldova. Inoltre, anche quest'anno l'Italia rinnoverà il suo impegno nel settore dello sminamento umanitario in Africa, Medio Oriente ed Ucraina.
  Consentitemi, infine, di affrontare il tema delle attività del Ministero che ho l'onore di guidare al servizio dei cittadini italiani all'estero, un'attività ancora più importante in situazioni di emergenze legate a minacce terroristiche, evacuazioni in contesti di crisi sociopolitica, catastrofi naturali ed emergenze sanitarie globali. Ricordo che, anche grazie agli stanziamenti degli ultimi anni, è stato possibile condurre operazioni di evacuazione in Sudan, Niger e Israele e organizzare voli charter per il rimpatrio di connazionali dal Medio Oriente.
  La Delibera prevede anche un rifinanziamento del fondo per la sicurezza delle nostre sedi all'estero, assicurata anche dal lavoro encomiabile svolto dall'Arma dei carabinieri. Intendiamo continuare a rafforzare i contingenti dell'Arma per rispondere alle necessità segnalate da diverse Ambasciate e Consolati nelle aree più vulnerabili.
  Signori presidenti, signori senatori e deputati, prima di cedere la parola al Ministro Crosetto, desidero rivolgere in quest'aula un sincero ringraziamento alle donne e agli uomini dello Stato che, nelle loro vesti, sia civili sia militari, con dedizione e spirito di sacrificio operano in patria e all'estero, anche in condizioni difficili, portando lustro all'Italia e rendendo tutti noi più sicuri.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro.
  Do ora la parola al Ministro della Difesa, Guido Crosetto.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Grazie, presidente Minardo, presidente Craxi e presidente Tremonti. Grazie, onorevoli senatori e deputati. Ringrazio il Ministro Tajani per aver illustrato, da parte sua, questa delibera sulle missioni per l'anno 2025.
  Prendo la parola per illustrare l'impegno del Ministero della Difesa in attuazione al dispositivo normativo in esame. L'obiettivo è illustrare quanto l'Italia fa per il mantenimento della pace, della libertà, della sicurezza nazionale, dei suoi confini e della sua proiezione internazionale, nel rispetto delle alleanze a cui apparteniamo e della cooperazione tra le nazioni.
  Intervengo, dal punto di vista cronologico, dopo l'audizione del Comandante operativo di vertice interforze e del Capo di Stato Maggiore della difesa, che hanno già avuto occasione di evidenziare tutti i dettagli dell'impianto di impiego dei militari italiani all'estero.
  Con il proliferare delle crisi internazionali, l'Italia ha coerentemente e progressivamente aumentato, negli anni, il suo impegno all'estero. All'inizio si trattava per lo più di missioni in ambito multilaterale e bilaterale, a partire dalle due missioni in Libano nel 1982 e nel 1984; poi, nel Golfo Persico, così come in Albania, in Iraq, in Afghanistan, in Kosovo e in Somalia, sotto l'egida ONU, NATO, UE e OCSE. Si sono affermate con sempre maggior forza e utilitàPag. 9 le nostre capacità operative militari. Questo è quanto ci riconoscono tutti gli attori principali in campo che vogliono gli italiani, come ci hanno detto e ripetuto più volte, sia che si tratti di missioni di peacekeeping, sia che si tratti di missioni di peace-enforcing, di stabilizzazione, di cooperazione internazionale, di missioni militari, pure o miste con civili, i nostri militari sanno fare la differenza, a detta degli altri, anche in termini di protezione delle popolazioni locali.
  L'audizione di oggi si inquadra nelle attività previste dalla legge n. 145 del 2016, che, dopo la delibera in Consiglio dei ministri avvenuta il 19 febbraio scorso, prevede la necessaria autorizzazione dalle Camere.
  La deliberazione di quest'anno è stata istruita tenendo conto delle modifiche introdotte dalla legge 31 ottobre 2024, n. 168. Questa legge, promossa congiuntamente da tutti i principali dicasteri coinvolti, ha apportato significative modifiche alla legge n. 145, che, dopo nove anni dalla sua introduzione, manifestava dei limiti. Si tratta principalmente di modifiche finalizzate a rendere più aderente al contesto sempre più dinamico, sfidante e imprevedibile il processo di autorizzazione e finanziamento delle missioni internazionali. Tra gli interventi principali ricordo l'introduzione di una maggiore attività e velocità di risposta nell'impiego delle risorse del personale nelle missioni che insistono nella stessa area geografica, al fine di garantire maggiore flessibilità nella gestione delle crisi internazionali. Inoltre, il provvedimento ci permette di individuare preventivamente le forze ad alta e altissima prontezza da attivare in caso di necessità o situazioni di emergenza. L'attivazione di queste forze avviene tramite una deliberazione del Consiglio dei ministri, che poi viene inviata alle Camere per l'autorizzazione, con un iter più celere, in linea con la necessità di rispondere prontamente alle crisi. Tale modifica normativa garantisce il controllo parlamentare sui profili di impiego e quelli finanziari, salvaguardando, al contempo, la tempestività del processo, dettata dalla velocità con cui oggi si svolgono – e a volte si generano – le dinamiche globali.
  Prima di tornare al tema centrale dell'audizione, riprendo un tema introdotto dal mio collega Tajani, di cui condivido la linea. In questi giorni si sente spesso parlare di riarmo. Noi continuiamo a sostenere che l'interesse dell'Italia non è quello di perseguire il riarmo, bensì costruire la difesa. Il nostro interesse è dare a questo Paese uno strumento di difesa efficiente e in grado di assolvere i compiti che le leggi e la Costituzione danno alla Difesa di un Paese. Oggi, la mancanza di investimenti, che, dopo la caduta del muro di Berlino, sono scesi drasticamente, perché nessuno pensava fossero necessari, richiede un'accelerazione degli stessi investimenti dal punto di vista del personale, i cui numeri sono stati tarati in un'altra epoca storica, che sta cambiando profondamente, quindi necessariamente nei prossimi mesi e nei prossimi anni le Camere dovranno decidere su un nuovo modello di difesa che preveda un aumento di organico, così come riguarda la formazione, così come riguarda gli investimenti in difesa.
  La domanda che il Ministro della Difesa deve porsi ogni giorno non è quella di rispondere alle provocazioni giornalistiche ma è quella di dire: «se domani mattina – lo dico, per semplificare, ormai da tempo – l'Italia dovesse subire un attacco di tre ore come quello ricevuto da Israele, sarebbe in grado di difendersi?». Se la risposta è «no», deve agire, perché suo compito è impedire che quelle bombe – qualora accadesse – cadano sulle città, sugli ospedali, sull'Italia. Il tempo entro cui deve rispondere – tre ore, sei ore, due giorni, una settimana, un mese o un anno – è una risposta politica. Ma la necessità di rispondere a un attacco di quel tipo non è una risposta politica, è quello che deve fare il Ministro della Difesa e il Ministero della Difesa, qualunque sia la coalizione che lo sostiene.
  La scelta politica è sulla quantità di tempo che deriva dal giudizio che quella maggioranza dà sulle prospettive di peggioramento delle crisi internazionali. Ci sono Paesi europei che sono convinti che sarannoPag. 10 in guerra nei prossimi due o tre anni. Tutti i Paesi baltici e la Polonia agiscono come se la guerra fosse alle porte. Quindi, il loro modo di prevedere la difesa sarà diverso da chi pensa che la guerra potrebbe non essere alle porte con questa sicurezza, ma che ha la necessità di provenire anche scenari negativi. Nessuno può pensare di costruire la difesa di un Paese prevedendo scenari bucolici – anche se vorremmo prevedere scenari bucolici – perché la pace è un equilibrio, un equilibrio di forze, come ci insegna la caduta del muro di Berlino. L'equilibrio a cui tendiamo è quello in cui nessuna delle forze in campo, una ostile all'altra, ha armi. L'obiettivo cui tendiamo è l'obiettivo del disarmo da due parti, è un equilibrio verso il basso in cui nessuna delle parti è armata. Quell'equilibrio garantisce la pace. Quando, però, una delle due parti è armatissima, si arma sempre di più, se l'altra parte non mantiene l'equilibrio, se siamo in disequilibrio, anche la pace è molto più difficile da mantenere, ed è il dramma del tempo in cui viviamo. Ed è qui il dramma dei tempi che dobbiamo affrontare.
  Tornando al tema centrale dell'audizione, voglio fare riferimento al recepimento delle indicazioni relative alle valutazioni sugli effetti delle operazioni nei diversi teatri, elemento cruciale per determinare l'efficacia dell'azione intrapresa e per individuare eventuali necessità di adeguamenti correttivi.
  Si tratta di un processo in continuo sviluppo che, come avete avuto occasione di sentire nel corso dell'audizione del Capo di Stato Maggiore della difesa, abbiamo perfezionato e continueremo a migliorare. È un impegno che mi ero preso, mi pare che la domanda, lo scorso anno, su questo tema, fosse stata fatta dall'onorevole Fratoianni. Ci siamo presi questo impegno, abbiamo relazionato perché abbiamo messo insieme i meccanismi proprio per misurare gli effetti del nostro impegno in questa missione e il Capo di Stato Maggiore ha riferito su questo tema. Abbiamo creato una struttura dedicata, incaricata di analizzare i risultati complessivi delle operazioni per poter riferire alle Camere e al Parlamento i risultati.
  Veniamo alla delibera del 2025 e la pianificazione dell'impiego dello strumento militare. Sulla base di queste premesse, la delibera in esame delinea complessivamente trentanove missioni in corso che prevedono, per quest'anno, un numero più contenuto di schede missione, redatte in modo da accorpare le operazioni in base alle singole aree geografiche, così come previsto dalle modifiche introdotte legislativamente.
  Iniziamo con una sintesi della situazione geopolitica attuale, caratterizzata da una instabilità crescente e da una rivalità geostrategica come non si vedeva da anni. I conflitti tradizionali e le operazioni cinetiche, come quelle in corso quotidianamente in Ucraina, in Medio Oriente e nel Mar Rosso, si sovrappongono e complicano pesantemente il quadro, insieme all'emergere di tecnologie disruptive e ai tentativi di penetrazione strategica da parte di attori statali e non statali in settori cruciali per la sicurezza nazionale.
  In questo scenario l'incertezza è, dunque, il denominatore comune. Il mondo si trova a un bivio, con il rischio crescente di conflitti maggiori. Secondo l'indice di pace globale 2024 ci sono cinquantasei conflitti nel mondo, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale. Peraltro, invece, un recente report della Croce Rossa ci informa che il loro livello attuale è di centoventi conflitti con novantadue Paesi coinvolti, inclusi gli scontri considerati interni o minori, ammesso che si possa davvero considerare tale qualsiasi violenta conflittualità.
  Il rapporto sottolinea che l'aumento dei conflitti minori si incrementa e incrementa la possibilità che questi possano evolvere in scontri maggiori. Per farvi un esempio, nel 2019 i conflitti in Ucraina e Gaza erano classificati come minori. Non voglio dilungarmi troppo su riflessioni geopolitiche passando a trattare le linee evolutive principali che hanno un impatto sulla stabilità internazionale, conscio che le audizioni che mi hanno preceduto hanno già fornito sufficienti elementi.Pag. 11
  Inizio dal conflitto tra Russia e Ucraina, dove ormai siamo al quarto anno di scontri. Le soluzioni per porre fine a questo disastro non sono semplici, malgrado gli sforzi diffusi per portare tutti gli attori a produrre quanto prima avvicinamenti concreti al tavolo dei negoziati.
  L'Ucraina sta lottando per tornare a una vita normale e sicura e per avere una pace giusta e duratura, come è sotto gli occhi di tutti. Ricordo che negli ultimi mesi gli attacchi russi hanno registrato un incremento di intensità e di portata. Questo è per rimanere sulla verità. Negli ultimi mesi – lo ripeto – gli attacchi russi hanno registrato un incremento di intensità e portata, colpendo indiscriminatamente obiettivi militari, infrastrutture pubbliche, civili, e in particolare quelle energetiche.
  Infine, nell'ultimo periodo si è registrato un aumento delle vittime per effetto dell'uso intensivo di droni, missili a lunga gittata e fuoco di artiglieria. A settembre 2024 le vittime civili sono aumentate raggiungendo il numero mensile più alto dall'ultimo picco, che era il luglio del 2022. La Russia, come sta accadendo in quest'ultimo periodo, pare ancora intenzionata a guadagnare territori ed è capace di sferrare attacchi massicci impiegando in una sola settimana oltre mille tra ordigni, bombe aeree guidate, droni d'attacco e missili di vario tipo. La guerra è tutt'altro che conclusa, con attacchi che non si sono fermati neanche nel corso delle attuali interlocuzioni negoziali.
  La Russia riesce a sostenere questo sforzo – a proposito dell'equilibrio di cui parlavo prima – attraverso un'economia di guerra, spendendo il 40 per cento del proprio budget a tale fine e produce, anche grazie al sostegno di Iran, Cina e Corea del Nord, molte più armi di quelle che produceva tre anni fa. Il tempo e i morti, come ho detto più volte, non sono mai stati per la Russia un fattore scoraggiante. L'aggressione, dunque, sembra non conoscere limiti e la Russia continua a riarmarsi, a reclutare civili puntando a raggiungere oltre un milione di soldati. Noi non veniamo meno all'impegno assunto a sostegno dell'Ucraina, affiancato da una decisa azione diplomatica – ed è quello che facciamo ininterrottamente come Governo, dalla Premier al Ministro degli Esteri Tajani principalmente, anche da me, in modo più marginale – da quando è iniziato questo feroce e atroce conflitto, alla ricerca incessante di una pace giusta e duratura per evitare che l'Ucraina cessi di esistere come nazione indipendente.
  In tale contesto, l'Europa cerca di sedersi al tavolo dei negoziati, come richiesto e sostenuto, con gli Stati Uniti. L'Unione europea deve cercare di parlare con una sola voce, dialogare con gli Stati Uniti, assumersi la responsabilità, nel prossimo periodo, della propria difesa. Tuttavia, nonostante gli sforzi diplomatici, i bombardamenti continuano. Quando questi cesseranno si potrà valutare il perimetro per una eventuale missione di pace. Quando saranno discusse e trattate le regole si potrà iniziare a pensare a come implementare queste regole e a come proteggerle.
  La prospettiva di pace oggi è possibile, vorrei ricordarlo, grazie alla resistenza del popolo ucraino e anche al sostegno occidentale. Quindi, ogni futura soluzione dovrà basarsi su delle garanzie di sicurezza convincenti, soprattutto per il popolo che ha subito in questi tre anni gli attacchi da parte di un'altra nazione; una nazione sovrana che ha subito attacchi da parte di un'altra.
  Nel frattempo, dobbiamo fare i conti con la crescente instabilità del continente africano, caratterizzato negli ultimi anni da una serie di colpi di Stato che hanno portato al deterioramento dei rapporti tra i Paesi del Sahel e l'Occidente nel suo complesso, all'aumento dell'influenza di attori meno democratici, interessati a ottenere vantaggi economici e mettere in difficoltà l'Europa. Tanto nel bacino mediterraneo, quanto nel continente africano, il Governo, soprattutto con il progetto lanciato dal Presidente del Consiglio e portato avanti dal Ministro Tajani e dalla Farnesina – il Piano Mattei, che ha riscontrato molti favori – vuole dar vita a una nuova sinergia anche in una ottica descalatoria e di prevenzione delle crisi. La penetrazione commerciale e militare di Russia e Cina in Africa è diventata sempre più insidiosa e pericolosa e Pag. 12ormai fa parte del confronto globale. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che Mosca ha annunciato l'apertura di sette Ambasciate nei prossimi due anni, all'incertezza derivante dal nuovo assetto politico della Siria. Pertanto, è necessario evitare la nascita di nuovi hub militari russi, che accrescerebbero l'influenza di Mosca nel Mediterraneo e nel continente africano, con conseguenze negative e pericolose anche per la stabilità europea.
  Sempre sul fianco sud si è poi aggiunta la crisi mediorientale, tornata epicentro di scontri di guerra. Un recente fallimento della tregua ha reso vane le speranze e acutizzato un fronte sempre più caldo. Confermo, ora più che mai, l'impegno italiano a supportare – come ricordava prima il Ministro Tajani – il processo politico graduale che traguardi la soluzione dei due Stati, il sostegno nella fase post conflitto e, quando le condizioni di sicurezza lo consentiranno, tutte le iniziative internazionali e multilaterali che potranno stabilizzare l'area.
  In tale direzione si pone, ad esempio, l'avvio della missione guidata dall'Arma dei carabinieri, su richiesta statunitense, per addestrare in Cisgiordania le forze di sicurezza palestinesi, con l'obiettivo di arrivare a 10 mila unità con un programma pluriennale. Altrettanto utile, ad esempio, è il contributo nazionale per il controllo del valico di Rafah, che consente quotidianamente il transito di feriti e malati bisognosi di cure, come ricordava prima il mio collega degli Esteri.
  Continuiamo, inoltre, a lavorare al rafforzamento delle forze armate libanesi, che rappresenta l'unico modo per contrastare l'anima terroristica di Hezbollah e garantire la stabilità nella regione.
  Inoltre, la rapida evoluzione della situazione interna in Siria impone una maggiore presenza militare in questo territorio, che potrebbe configurarsi nell'ambito della Operation Inherent Resolve, in continuità con quanto già avviene in Iraq, mantenendo un impegno profilato nella regione mediorientale con la necessità di non esimersi dalla lotta a ISIS-Daesh.
  Confermo l'importanza che l'Italia attribuisce all'area dei Balcani occidentali, dove è necessario porre la massima attenzione, purtroppo poco raccontata, per via delle situazioni di tensione che non accennano a diminuire; la retorica separatista della Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina; l'intransigenza del Governo di Pristina in Kosovo, unitamente al rischio concreto di penetrazione, disinformazione e influenza da parte di Mosca costituiscono un motivo costante di preoccupazione.
  L'altra sfida che dobbiamo prendere in considerazione è quella dell'insicurezza delle vie di comunicazione marittima. La recente crisi nel Mar Rosso, determinata dagli attacchi dei ribelli Houti, è stata solo l'ultimo degli eventi che hanno messo i riflettori su questa condizione. Anche grazie al nostro contributo è stata favorita la sicurezza al naviglio in transito in quelle aree. Anche qui auspichiamo un allentamento delle tensioni, ma non mi pare ci siano le condizioni in questo momento.
  L'Iran, dall'altra parte, anche in quest'area, è un attore non dialogante, che cerca di pervadere, occupare, anche culturalmente, e inoculare integralismo, è un competitor che sta cercando di destabilizzare i Paesi arabi moderati e questa zona geografica.
  Dobbiamo imparare a riflettere anche su problematiche al di fuori della nostra area di preminente interesse nazionale, l'Indo-Pacifico, ad esempio. Anche quello che succede lì ha, purtroppo, impatti sui nostri interessi. Mi riferisco, naturalmente, al commercio, alle vie di comunicazione, all'approvvigionamento di materie prime, strategiche, di energia, risorse naturali, con la crescente assertività di Cina e Corea del Nord, che non possono che preoccupare. Stiamo parlando di due Paesi che, in forme diverse, hanno collaborato e collaborano attivamente sia con la Russia che con l'Iran, che insieme, seppur con visioni e obiettivi differenti, contribuiscono a creare scenari di crisi e instabilità regionale.
  Entrando nel dettaglio della Deliberazione sulle missioni, il contesto geopolitico e gli squilibri in atto impongono uno schema di impiego e uno strumento militare efficacePag. 13 e flessibile. In tal senso, la delibera si poggia su alcune linee guida chiare ed essenziali: la prima, la tutela degli interessi nazionali vitali e strategici; la seconda, il contributo nazionale al mantenimento della pace e gli sforzi di stabilizzazione e normalizzazione nelle aree di crisi internazionali; la terza, la prevenzione dell'insorgere di nuovi contesti di instabilità e crisi internazionali; la quarta, il rafforzamento della cooperazione bilaterale con Paesi alleati e partner e la creazione di nuove opportunità di collaborazioni internazionali; la quinta, il consolidamento dell'immagine del Paese e la sua postura nel contesto internazionale; la sesta, la rilevanza nelle organizzazioni internazionali di appartenenza.
  Quanto sopra richiede di poter impiegare lo strumento militare in tutti i domini in maniera agile, flessibile, tempestiva, modulare e fondamentalmente credibili. Essere credibili nei contesti militari è un fattore chiave – probabilmente il più importante – che permette di essere rilevanti, influenzare processi e scenari, affermare le proprie istanze e concretizzare le proprie aspettative.
  Entrando nel dettaglio per quadranti geografici, partiamo dal fianco est. Nel confermare l'impiego delle Forze armate italiane, in similitudine di quanto fatto a partire dall'indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, nel 2025 si intensificherà lo sforzo per sostenere la priorità data all'innalzamento dell'impegno NATO nel quadrante orientale dell'Alleanza, nell'ambito delle attività di Forward Land Forces. Sul fianco est saranno, inoltre, impiegati assetti aerei nelle attività di Air Policing e Air Shielding, unico Paese NATO a farlo, senza soluzione di continuità, coinvolgendo anche assetti di difesa, aerea missilistica e sensori radar.
  Proseguirà, inoltre, l'impegno in ambito NATO Standing Naval Forces nel Mediterraneo orientale e nell'area del Mar Nero, dove potremo fornire un supporto alle attività atte a garantire la sicurezza della navigazione, anche con uno specifico contrasto alla minaccia di mine. Continuerà il contributo nazionale per fornire alle forze armate ucraine attività addestrative a soddisfacimento delle richieste e delle esigenze di Kiev.
  Per i Balcani appare fondamentale continuare l'impiego dello strumento militare nazionale in missioni NATO e Unione europea che operano nei Balcani, sostenendone la natura deterrente, che permette all'Italia di confermare il ruolo centrale nelle dinamiche delle politiche securitarie di quella zona. La presenza militare nei Balcani consolida i Paesi dell'area con l'unico fine di sostenere il processo di stabilizzazione.
  Ricordo che l'Italia guida, da ottobre, come ha ricordato prima il Ministro Tajani, la missione KFOR in Kosovo, mentre in Bosnia, oltre a fornire il vicecomandante di EUFOR «Althea», ha incrementato il numero dei militari anche in previsione di assumere la guida dell'operazione nel 2026.
  Nel Mediterraneo occorre poter navigare, volare e operare nella totale sicurezza e libertà. In questo senso, richiamando i doveri che derivano anche dalla privilegiata posizione dell'Italia, l'attenzione rivolta al Mediterraneo è da sempre importante. La Difesa è chiamata a garantire la sicurezza in questa vasta area, il cui equilibrio è fattore imprescindibile e rilevante per le dinamiche del nostro Paese. In tal senso, la Difesa italiana garantirà una continua e solida presenza militare multi-dominio nella regione finalizzata alla sorveglianza, superiorità informativa e decisionale e alla piena consapevolezza di tutte le dinamiche securitarie, al contenimento e alla prevenzione di qualsiasi minaccia di instabilità e crisi, mediante un'azione di dissuasione e deterrenza.
  Diamo molta attenzione alla regione del Nordafrica. L'impiego delle Forze armate italiane in quest'area è prevalentemente rivolto a garantire la sicurezza, secondo la medesima logica che ci guida nel Mediterraneo. La strategia di sicurezza in Nordafrica richiede l'adozione di nuovi paradigmi che ne assicurino l'efficacia, coinvolgendo anche l'Unione europea e la NATO, nello sforzo profuso per la messa in sicurezza delle sponde africane del Mediterraneo.Pag. 14
  Viene, quindi, confermato l'impegno dello strumento militare nelle missioni, soprattutto su base bilaterale, con finalità di capacity building, principalmente con partner come Libia e Tunisia.
  Sahel. Il fenomeno dei flussi migratori incontrollati clandestini che alimentano la criminalità organizzata transnazionale necessita di essere monitorato. In tal senso, la delibera in esame prevede l'impiego di dispositivi militari nel Sahel per stabilizzare la regione e prevenire il sorgere di ulteriori fattori di instabilità. La presenza militare nell'area ha già prodotto risultati e permette di consolidare le collaborazioni in ambito di difesa finalizzate allo sviluppo di capacità locali con Paesi che si sono resi disponibili a intraprendere sinergie costruttive con noi.
  L'impegno militare supporta i propositi governativi consolidando importanti iniziative, quali il Piano Mattei, per l'efficacia del quale è fondamentale confermarsi quale Paese credibile, cosa che l'Italia riesce a fare quando viene rappresentata anche dalle Forze armate.
  Nel Corno d'Africa e nell'Oceano Indiano, le attività sono rivolte prevalentemente al capacity building, a favore di quei Paesi con i quali si consolidano rapporti di collaborazione. Nel contempo, lo sforzo militare nel Mar Rosso mira prevalentemente a garantire la libertà di navigazione, il rispetto del diritto internazionale e a contrastare i fenomeni di terrorismo e pirateria, per ripristinare il regolare flusso delle tratte commerciali, che sono fondamentali per l'equilibrio economico-sociale del Mediterraneo e dell'Italia.
  L'impegno multi-dominio delle Forze armate nell'area appare, quindi, quanto mai doveroso e vuole anche fungere da stimolo ad altri Paesi europei perché questo contributo arrivi anche da loro.
  Per quanto riguarda il Medio Oriente, il contributo alla stabilizzazione e la linea guida alla base della presenza militare italiana, dalle coste meridionali del Mediterraneo fino all'Iraq, i contingenti delle Forze armate che operano in tutti i domini sono impiegati per accrescere il ruolo del Paese in questa peculiare regione. Considerando i recenti eventi in Siria, la sicurezza energetica, i contrasti a fenomeni terroristici, la stabilizzazione delle crisi in corso e il contributo a iniziative di capacity building in cui sono impegnati, i nostri militari sono chiamati ad assolvere, con la professionalità più volte dimostrata, compiti cui abbiamo assolto già negli anni scorsi e che dovremo incrementare in questi anni.
  La Difesa fornisce un contributo di rilievo alla missione EUBAM per i controlli del valico di Rafah, come ricordava prima il Ministro Tajani, a seguito della recente richiesta di riattivazione, che in questo momento si è di nuovo bloccata. La riapertura ha lo scopo di far transitare ben oltre trecento feriti e malati al giorno, garantendo loro aiuto e protezione, e ha richiesto la partecipazione dei nostri carabinieri, che operano insieme a un team internazionale della forza di gendarmeria europea, a testimonianza del crescente nostro impegno in questa zona per la pace. È una misura concreta e immediata per sostenere il possibile il processo di pace, che però in questo momento ci sembra più lontano.
  L'attività congiunta con la Giordania – «Un ponte per Gaza» – configurata all'interno dell'operazione «Levante», con lo scopo di garantire trasporti umanitari a sostegno della popolazione civile a mezzo di elicotteri del nostro Esercito schierato in Giordania, si aggiunge alle numerose iniziative promosse dall'Italia, dal Ministero degli Esteri e dalla Presidenza del Consiglio a sostegno della popolazione di Gaza, come l'assistenza che fornimmo con la nave Vulcano della Marina Militare, il trasferimento in Italia di bambini palestinesi bisognosi di cure. L'ultimo aereo è atterrato in Italia – lo ricordava il Ministro Tajani – lo scorso 19 marzo con altri bambini e altri accompagnatori, perché continuiamo da questo punto di vista.
  La media di previsto impiego dei nostri militari nelle missioni risulta di poco superiore a 7 mila e 500, mentre il contingente massimo autorizzato è 12 mila. Tale impiego comporta un onere complessivo pari a 1,48 miliardi. È, dunque, uno sforzo che pone l'Italia tra i maggiori contributori Pag. 15di pace a livello internazionale, ma che si discosta dal volume finanziario che avevamo stimato inizialmente per affrontare in maniera ottimale queste sfide.
  Abbiamo dunque adottato, in ragione dei maggiori volumi finanziari assegnati, alcune correzioni all'impianto complessivo, ma occorre ragionare guardando al futuro. Come abbiamo scritto, le crisi sono in aumento e non in diminuzione. Siamo preoccupati dalla situazione securitaria, che ci consegna un quadro fragile, instabile e turbolento, che proietta nel lungo periodo la necessità di un presidio coerente da parte delle nostre Forze armate a tutela dei nostri interessi nazionali.
  Stiamo cercando di perseguire capacità e prontezza necessarie per agire con rapidità, efficacia e misurabilità del risultato, approccio che mi auguro possa appartenere a tutti noi al di là degli schieramenti politici, perché difendere l'Italia significa proteggere ognuno di noi e le nostre famiglie.
  L'ordine di sicurezza e di stabilità europea – una pace fredda ma durata settant'anni – è ormai scosso e minato alle fondamenta. Serve evolvere velocemente e dotarsi di strumenti necessari ad assumersi la responsabilità della difesa nazionale, in sinergia con altri Stati, intanto NATO, e, poi, europei a livello continentale.
  Per mantenere alta l'efficacia delle Forze armate di fronte ai crescenti impegni e alle sfide del contesto geopolitico complesso e in rapida evoluzione è fondamentale proseguire nello sviluppo di un sistema di difesa integrato e sinergico. Lo strumento militare dovrà essere sempre più flessibile per far fronte a nuove sfide e impegni da assolvere a tutela degli interessi nazionali e della sicurezza nazionale.
  Concludendo, lasciatemi ringraziare tutti, in primis il Ministro Tajani e il Ministero degli Esteri, per la collaborazione che in questi anni si è creata e che ci consente di portare avanti e costruire queste missioni insieme.
  Vorrei ringraziare, penso a nome di ognuno dei presenti, come ha già fatto il Ministro Tajani, le donne e gli uomini della Difesa e, in particolare, tutti i nostri militari che, lontani dal nostro Paese, in silenzio, anche in questo momento, mentre noi siamo qua, rappresentano con dignità, orgoglio e professionalità i nostri interessi e i nostri valori.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, signor Ministro. Passiamo adesso al dibattito, tenuto conto dell'esigenza di contenere la durata degli interventi.

  MARCO GRIMALDI. Vorrei intervenire sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Grimaldi.

  MARCO GRIMALDI. Grazie, presidente. Proprio per organizzare meglio il dibattito, ritengo che non sia possibile e non sia auspicabile che, in quattro minuti, si facciano le domande e, in due minuti, vengano date le risposte.
  La prima domanda che faccio a Lei e agli auditi – cioè ai Ministri – è quanto tempo hanno a disposizione. Poiché, se c'è unità di intenti e siamo tutti d'accordo, possiamo anche derogare allo scendere in Aula alle 9.30 per l'inizio della seduta e scendere – ipoteticamente – un quarto d'ora prima delle votazioni. Tuttavia, vorremmo sapere esattamente quanto tempo abbiamo davanti, perché una discussione del genere non può essere compressa né in dieci minuti né in mezz'ora.
  È auspicabile che questo dibattito ci sia. Possiamo ridurre anche le domande in tre o quattro minuti – non lo so – ma di sicuro non possiamo farle in due minuti e pensare che, in un minuto, ci siano le risposte. Lo dico solo per rispetto a questo luogo, alla discussione che stiamo per iniziare, e perché immagino ci sia un minimo di dibattito, altrimenti ascoltiamo solo conferenze stampa.

  PRESIDENTE. Abbiamo la disponibilità, da parte dei Ministri, ad organizzare un'altra seduta. Intanto ha chiesto di intervenire il presidente Mulè sull'ordine dei lavori.

Pag. 16

  GIORGIO MULÈ. Grazie, presidente. Intervengo essendo direttamente coinvolto. Rispetto ai lavori d'Aula previsti alle 9.30, considerando la lettura del verbale e il preavviso – avendo conoscenze dirette con chi presiede – si può fare in modo di attendere eventualmente il tempo che Lei deciderà, ma almeno venti minuti passeranno.

  PRESIDENTE. Direi intanto di iniziare e poi proseguiamo. Passiamo al dibattito fino a quando è possibile. Quando dobbiamo interrompere, lo facciamo, e poi eventualmente proseguiamo.

  MARCO GRIMALDI. Presidente, non sono d'accordo. Non è rispettoso. Vuol dire che il primo deputato fa una domanda e non attende neanche le risposte. Non è molto sensato, scusi.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Presidente, è molto semplice. I Ministri possono stare con noi fino alle 10.30, oppure no?

  PRESIDENTE. Fino alle 10.30, in ogni caso, non possiamo proseguire neanche noi.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Allora facciamo un'altra seduta. Sospendiamo e facciamo un'altra seduta.
  Non è un intento polemico, ma le cose di cui avete parlato richiedono una riflessione seria e ponderata.

  PRESIDENTE. Se siete tutti d'accordo... Prego, onorevole Pellegrini.

  MARCO PELLEGRINI, intervento in videoconferenza. Grazie, presidente. Mi associo alle richieste dei colleghi. Gli argomenti sono così importanti e così pregnanti che occorre almeno un'ora per parlarne e per poterci confrontare. Chiederei anch'io di andare in questa direzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. Prego, senatore Alfieri.

  ALESSANDRO ALFIERI. Penso – lo avrei chiesto nel mio intervento, a nome del Partito Democratico – che, vista la straordinarietà del passaggio, in particolare sul tema dell'Ucraina, non possiamo rispondere con i classici strumenti delle audizioni sulle missioni e con le domande di due minuti e risposte contingentate.
  Lo dico anche ai Ministri, che sono sempre disponibili a venire a incontrarci. Dobbiamo provare ad immaginare anche una modalità diversa di trattare il passaggio straordinario che stiamo vivendo. Ci ragioniamo insieme anche con i presidenti di Commissione, ma vale la pena farlo, perché, altrimenti, stringere tutto in due minuti di domande su tutte le cose che avete detto, oggettivamente, è complicato.

  ENRICO BORGHI. Presidente, intervengo per associarmi alla richiesta dei colleghi dell'opposizione. Grazie.

  ETTORE ROSATO. Per noi non cambia nulla quando ci si vede e quando si conclude questa discussione. È chiaro che avere davanti uno spazio più organico è meglio. Sono anch'io d'accordo con il collega Alfieri sulla questione dell'Ucraina, che assume un valore diverso anche rispetto alle missioni che ci sono state ben illustrate oggi. Anche per noi trovare uno strumento d'Aula – lo abbiamo proposto ieri e lo porteremo nella Conferenza dei capigruppo – per poter discutere di questo tema specifico e delle operazioni di riarmo, richiederà un'utile occasione di confronto tra i partiti e il Governo.

  GIANGIACOMO CALOVINI. Grazie, presidente. Effettivamente i temi toccati sono stati di estrema importanza. Visto anche il contesto geopolitico che stiamo vivendo, è chiaro che in pochi minuti non possiamo pensare che i Ministri riescano a rispondere alle domande. Tuttavia, siccome abbiamo ancora qualche minuto, potremmo approfittarne per fare un Ufficio di presidenza e cercare di trovare subito uno spazio in cui i Ministri eventualmente si possono incontrare.

  STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, presidente della 3a Commissione del Pag. 17Senato della Repubblica. In realtà, come era anche previsto, la cosa migliore era fare questa discussione e questo dibattito la settimana in cui non è prevista l'Aula, perché a quel punto le Commissioni hanno più tempo. Parlo per il Senato.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Noi non abbiamo problemi – anzi, per noi è un vantaggio venire a parlare in Parlamento – né a tornare a rispondere su questo argomento né a fare una cosa diversa. Questa è la Delibera Missioni, ma possiamo fare un'audizione appositamente sull'Ucraina. Non abbiamo pregiudiziali a fare più di un incontro di questo tipo. Per quanto riguarda me e per quanto riguarda la Difesa, ho chiesto al Presidente della Camera e del Senato – per informare tutti – la possibilità di dedicare anche un giorno intero a tutti i parlamentari che vorranno, per parlare di difesa e di come vedo il quadro. Ho chiesto sia al Presidente della Camera che del Senato di fare, non solo con le Commissioni Difesa, ma con tutti i Gruppi, con chi volesse dei Gruppi, una discussione, se è possibile, anche «a porte chiuse» per poter dare anche informazioni che – ipoteticamente – non si possono dare, per dare il quadro dal punto di vista della Difesa esclusivamente del periodo che stiamo vivendo. L'ho chiesto oltre un mese fa, sia al Presidente della Camera che del Senato, quindi totale disponibilità, come penso anche da parte del Ministro Tajani.

  GIUSEPPE PROVENZANO. Se il Ministro ha bisogno di un sostegno delle opposizioni per questa richiesta... [intervento fuori microfono].

  BRUNO MARTON. Signor presidente, io ho chiesto alla senatrice Craxi e alla nostra Commissione al Senato, già qualche mese fa, l'opportunità di prevedere una seduta dei Ministri, anche usando il Regolamento, per le famose sedute riservate. Da parte nostra, dunque, accettiamo assolutamente e, anzi, prima si fa, meglio è. Grazie.

  PRESIDENTE. Adesso ci faremo indicare una nuova data e la comunicheremo.
  Non essendovi altre richieste di intervento, ringrazio i ministri e i colleghi e rinvio il seguito delle comunicazioni ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.30.