XIX Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 2 ottobre 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 3 

Audizione del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, sui più recenti sviluppi in Medio Oriente (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Minardo Antonino , Presidente ... 3 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Craxi Stefania Gabriella Anastasia , Presidente ... 8 
Crosetto Guido , Ministro della Difesa ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Menia Roberto  ... 13 
Provenzano Giuseppe (PD-IDP)  ... 14 
Formentini Paolo , Presidente ... 15 
Provenzano Giuseppe (PD-IDP)  ... 15 
Formentini Paolo , Presidente ... 15 
Gasparri Maurizio  ... 16 
Fratoianni Nicola (AVS)  ... 17 
Formentini Paolo , Presidente ... 18 
Fratoianni Nicola (AVS)  ... 18 
Formentini Paolo , Presidente ... 18 
Marton Bruno  ... 18 
Della Vedova Benedetto (Misto-+Europa)  ... 19 
Formentini Paolo , Presidente ... 19 
Della Vedova Benedetto (Misto-+Europa)  ... 19 
Pucciarelli Stefania  ... 20 
Formentini Paolo , Presidente ... 20 
Rosato Ettore (AZ-PER-RE)  ... 20 
Borghi Enrico  ... 21 
Formentini Paolo , Presidente ... 22 
Cesa Lorenzo (Misto)  ... 22 
Conte Giuseppe (M5S)  ... 23 
Formentini Paolo , Presidente ... 24 
Conte Giuseppe (M5S)  ... 24 
Formentini Paolo , Presidente ... 24 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 24 
Maullu Stefano Giovanni (FDI)  ... 25 
Formentini Paolo , Presidente ... 25 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 25 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 28 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 28 
Boldrini Laura (PD-IDP)  ... 28 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 28 
Crosetto Guido , Ministro della Difesa ... 28 
Formentini Paolo , Presidente ... 30 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 30 
Formentini Paolo , Presidente ... 30 
Tajani Antonio (FI-PPE) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 30 
Formentini Paolo , Presidente ... 30

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, sui più recenti sviluppi in Medio Oriente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni congiunte Affari esteri e difesa di Camera e Senato reca lo svolgimento dell'audizione del vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, sui più recenti sviluppi in Medio Oriente.
  Anche a nome dei presidenti delle altre Commissioni, l'onorevole Giulio Tremonti e la senatrice Stefania Craxi, do il benvenuto al Ministro Tajani e al Ministro Crosetto, ringraziandoli per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Dopo l'intervento dei Ministri, procederemo ad un primo giro di domande, con replica da parte dei due Ministri e, se ci sarà il tempo, ad un secondo giro di domande con ulteriore replica dei Ministri.
  Gli interventi dei senatori e dei deputati si susseguiranno secondo il consueto criterio dell'alternanza tra le due Camere e tra i singoli Gruppi, iniziando dai Gruppi più numerosi.
  Nell'esigenza di lasciare spazio a tutti i Gruppi, è necessario che gli interventi rispettino una durata massima di cinque minuti. Per la migliore conduzione dei lavori prego di far pervenire sin da ora al banco della presidenza le richieste di intervento.
  Ricordo, infine, che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, in videoconferenza, dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati.
  A questo punto cedo la parola al Ministro Tajani per il suo intervento.

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor presidente, senatori, deputati, con il Ministro Crosetto ho partecipato ieri sera al vertice convocato d'urgenza a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio a seguito dell'attacco missilistico iraniano su Israele, che è stato fermamente condannato.
  Il tavolo del Governo è stato convocato in forma permanente per monitorare costantemente l'evolversi della situazione e adottare tempestivamente le misure necessarie. A fronte delle notizie drammatiche di queste ore, è importante avere oggi un'occasione di confronto, qui in Parlamento, per riferire sull'azione che il Governo sta portando avanti per la tutela dei nostri connazionali e militari e per la de-escalation in Medio Oriente.
  A quasi un anno dal brutale attacco terroristico di Hamas contro Israele, le tensioni sono estese a tutta la regione, Pag. 4riaccendendo crisi laceranti e alimentando nuovi focolai di conflitto.
  Epicentro della crisi ora è il Libano, Paese al quale ci lega una forte e antica amicizia, come testimonia anche la scelta di effettuare proprio a Beirut la mia prima visita in Medio Oriente, a dicembre del 2022.
  Il conflitto tra Israele ed Hezbollah ha visto ieri sera un ulteriore intervento diretto dell'Iran, con un forte attacco missilistico che ha colpito simultaneamente Tel Aviv e Gerusalemme.
  Sempre ieri sera, si è consumato a Jaffa un attentato terroristico contro la popolazione civile, che ha provocato diverse vittime e diversi feriti.
  L'apertura del fronte libanese e l'intervento diretto dell'Iran hanno inevitabilmente accresciuto il rischio di un conflitto regionale su larga scala, ma l'escalation delle ultime ore ci spinge ancora di più a lavorare per la pace e per il dialogo.
  C'è ancora la possibilità di scongiurare una guerra che coinvolga l'intero Medio Oriente. Facciamo appello, quindi, alla responsabilità di tutti gli attori regionali.
  Il Governo italiano, anche in qualità di presidente del G7, si sta adoperando a trecentosessanta gradi per questo obiettivo. È ovvio che Libano e Gaza sono strettamente legati. È imprescindibile un cessate-il-fuoco in Libano, come continua ad esserlo a Gaza.
  È questo il tema al centro di tutti i colloqui che, insieme al Presidente del Consiglio e al Ministro della Difesa, stiamo avendo in queste ore con i nostri partners.
  È stato il filo conduttore della nostra azione diplomatica di queste settimane, in particolare negli ultimi giorni a New York, durante l'apertura dei lavori dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e in Germania, dove ho accompagnato il Presidente della Repubblica.
  La priorità è la tutela dei connazionali in tutta la regione e dei nostri militari in Libano, impegnati nelle missioni UNIFIL (United Nations interim force in Lebanon) e in quella bilaterale di addestramento MIBIL (Missione Militare Bilaterale Italiana in Libano).
  Con il Ministro Crosetto stiamo seguendo ora per ora la situazione di sicurezza sul terreno, in costante contatto con la nostra Ambasciata a Beirut e a Tel Aviv e con la Rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite a New York.
  Siamo pronti ad assumere ogni iniziativa per garantire la sicurezza dei nostri connazionali. Ho da tempo invitato tutti i cittadini italiani a lasciare il Libano con i voli commerciali disponibili e stiamo lavorando per venire incontro alle loro richieste attraverso un aumento dei collegamenti, inclusi voli charter e altre modalità che stiamo esaminando insieme al Ministero della Difesa. Sono circa 3.200 gli italiani che si trovano attualmente in Libano, in gran parte doppi cittadini – italiani e libanesi, donne sposate con uomini libanesi e uomini sposati con donne libanesi – che risiedono stabilmente nel Paese. L'Unità di crisi della Farnesina e la nostra Ambasciata a Beirut lavorano senza sosta per offrire loro costanti aggiornamenti di sicurezza ed ogni possibile assistenza.
  Sabato scorso ho avuto un lungo colloquio con il Ministro degli Esteri israeliano Katz; gli ho chiesto di garantire la sicurezza di tutti i nostri militari impegnati in Libano e ho insistito affinché non vi siano attacchi nei pressi delle basi militari dell'UNIFIL. Da Katz ho ricevuto rassicurazioni. I contatti tra la nostra Ambasciata e il Ministero della Difesa a Tel Aviv – sempre su UNIFIL – rimangono costanti.
  A fronte dell'intensificarsi delle operazioni militari in Libano, abbiamo intanto gradualmente ridotto il contingente della missione MIBIL da circa cento a quindici unità.
  L'escalation degli ultimi giorni in Libano è la diretta conseguenza delle tensioni scatenate dall'orribile attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre.
  Per undici mesi gli scontri tra Israele e Hezbollah sono proseguiti con crescente intensità. Nell'ultimo anno Hezbollah ha lanciato continui attacchi missilistici nel nord di Israele, causando la morte di decine di civili e costringendo all'evacuazione circa 70 mila israeliani dalle loro abitazioni.Pag. 5
  Venerdì scorso le Forze armate israeliane hanno condotto un attacco aereo sul quartiere generale di Hezbollah, nel cuore di Beirut, e l'attacco – come è noto – ha portato all'uccisione di Hassan Nasrallah e di altre figure di spicco dell'organizzazione.
  Nella notte di lunedì, le Forze armate israeliane hanno poi lanciato un'incursione di terra nel Libano meridionale: forze corazzate e fanteria, appoggiate da sbarramento di artiglieria, hanno varcato la frontiera libanese. Si tratta, al momento, di operazioni mirate volte a neutralizzare le posizioni di Hezbollah a sud del fiume Litani, che – è bene ricordarlo – dovrebbe essere una zona demilitarizzata.
  Abbiamo invitato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a prendere in considerazione il rafforzamento del mandato UNIFIL, al fine di garantire la piena applicazione della risoluzione n. 1701 del 2006.
  A tale riguardo, ho dato istruzione nel nostro Rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, Ambasciatore Massari, di intervenire oggi in Consiglio di Sicurezza in occasione di un dibattito sulla crisi in atto.
  Sempre nel corso della giornata, il nostro Rappresentante permanente incontrerà il Vicesegretario Generale delle Nazioni Unite per le attività di peacekeeping, Lacroix, al quale ribadirà il messaggio di garantire un'adeguata sicurezza ai nostri contingenti.
  Come dicevo, gli sviluppi sul fronte libanese sono strettamente legati a quelli nella Striscia di Gaza. L'intensificarsi delle operazioni lungo la «linea blu» ha portato a una riduzione parziale delle attività militari nella Striscia, ma la situazione rimane assolutamente critica.
  Resta, naturalmente, l'obiettivo di garantire un immediato cessate-il-fuoco a Gaza per consentire il rilascio degli ostaggi e alleviare la grave crisi umanitaria, in linea con la risoluzione n. 2735 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
  Come ha più volte riferito il Segretario di Stato Blinken nei nostri recenti incontri a New York, quindici dei diciotto paragrafi della bozza di accordo tra Israele e Hamas sono stati già concordati tra le parti. Rimangono tuttavia irrisolte tre questioni fondamentali: il rilascio degli ostaggi, la gestione del valico di Rafah e soprattutto la presenza delle Forze armate israeliane nel cosiddetto «corridoio Philadelphia».
  Noi continuiamo a lavorare per tenere vivo il negoziato e sosteniamo, anche come Presidenza del G7 ed in seno al Quintetto, gli sforzi di mediazione che gli Stati Uniti stanno compiendo insieme all'Egitto e al Qatar.
  Stiamo, inoltre, monitorando con altrettanta preoccupazione la situazione nel Mar Rosso e le possibili reazioni degli Houthi contro le navi commerciali dopo gli ultimi raid israeliani nel porto di Hodeida.
  L'Italia resta in prima linea nell'operazione ASPIDES, che sta svolgendo un ruolo fondamentale nel ristabilire la sicurezza e la libertà della navigazione nell'area.
  La missione è un esempio di successo non solo nella protezione delle navi mercantili, ma anche nella prevenzione di disastri ambientali.
  Nelle scorse settimane gli assetti di ASPIDES hanno accompagnato in porto, nel Corno d'Africa, la petroliera greca Sounion, colpita dai guerrieri yemeniti. Ora più che mai è fondamentale rafforzare la missione con nuove risorse e mezzi aggiuntivi. L'ho ribadito in varie occasioni ai miei colleghi europei.
  In un contesto sempre più complesso, che riguarda un quadrante particolarmente vasto, stiamo intensificando i contatti diplomatici. L'obiettivo primario è la de-escalation a partire da un cessate-il-fuoco in Libano e a Gaza.
  La scorsa settimana, a margine dei lavori di apertura dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, ho presieduto una riunione dei Ministri degli Esteri del G7. Abbiamo ribadito, con grande forza e unità, l'invito a tutti gli attori coinvolti ad esercitare moderazione e ad impegnarsi in un percorso negoziale.
  È indispensabile lavorare con tutti i canali di comunicazione a nostra disposizione, compresi quelli con l'Iran e i Paesi arabi moderati. Sempre a New York, infatti, ho incontrato il Ministro degli esteri iraniano Araghchi e, anche a nome del G7, Pag. 6ho innanzitutto ribadito l'urgente necessità di fare pressione su Hezbollah, sugli Houthi e sulla stessa Hamas. Non abbiamo mai nascosto le nostre preoccupazioni per la postura regionale di Teheran, che ha un effetto destabilizzante in un contesto già molto precario, come purtroppo dimostrato ieri sera dall'attacco contro Israele. Riteniamo, tuttavia, che, ancor più in questo momento, sia importante mantenere un canale di dialogo con l'Iran.
  A margine dell'Assemblea Generale, ho poi incontrato i Ministri degli Esteri di Egitto e Marocco e a loro ho ribadito il ruolo fondamentale che i Paesi arabi moderati possono esercitare per invitare tutte le parti alla ragionevolezza.
  Lunedì pomeriggio ho partecipato ai lavori del Consiglio Affari esteri straordinario dell'Unione europea, che si è tenuto in videoconferenza. Ho condiviso con i colleghi europei la nostra preoccupazione per le conseguenze del conflitto in corso sulla popolazione civile.
  L'escalation militare nel Libano meridionale ha già causato l'esodo di migliaia di persone verso la capitale e altre aree ritenute più sicure, alcune addirittura verso la Siria; si tratta del maggior movimento di popolazione dal conflitto del 2006.
  La rapidità e l'ampiezza dell'esodo rendono quanto mai urgente una risposta adeguata nei tempi e nell'impegno finanziario. Per questo motivo, ho annunciato al Consiglio Affari esteri un nuovo importante pacchetto di aiuti umanitari di 17 milioni di euro per il Libano, interventi sui quali stiamo già lavorando concretamente, che andranno a sostegno della popolazione libanese sfollata.
  I fondi saranno veicolati attraverso l'Ufficio delle Nazioni Unite per l'assistenza umanitaria, l'Agenzia ONU per i rifugiati e le organizzazioni della società civile italiane. Questa iniziativa si aggiunge ai 50 milioni di euro già stanziati per iniziative di sviluppo e di emergenza, a testimonianza della priorità che attribuiamo al Paese, dove abbiamo in corso già sei progetti a credito di aiuto per complessivi 115 milioni di euro, con un focus sulle infrastrutture e sulla valorizzazione del patrimonio culturale.
  Nell'ambito della gestione dei flussi migratori abbiamo finanziato interventi per un valore complessivo di 3 milioni di euro tramite l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e il Fondo migrazioni, con l'obiettivo di potenziare l'offerta di canali per i rifugiati e la formazione professionale. A questo proposito, incontrerò domani l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi.
  Nei giorni scorsi, infine, sono state consegnate a Beirut e a Tiro 2 tonnellate di aiuti alimentari e sanitari inviati dal Ministero della Difesa nel quadro del Comitato tecnico-militare per il Libano, di cui l'Italia è alla guida; su questo, naturalmente, riferirà dopo di me il Ministro Crosetto.
  Le nuove iniziative umanitarie sul fronte libanese si aggiungono a quelle che stiamo portando avanti a Gaza fin dall'inizio della crisi, per cui abbiamo già stanziato un totale di 55 milioni di euro.
  Sono state da poco consegnate nella Striscia 47 tonnellate di beni alimentari raccolte attraverso l'iniziativa Food for Gaza, che ho lanciato insieme alla FAO, al Programma alimentare mondiale e alla Croce rossa internazionale; è in corso la raccolta di beni in previsione di un nuovo invio di aiuti, che comprenderà anche dispositivi medico-sanitari.
  L'impegno umanitario nell'immediato è funzionale a rilanciare il dialogo politico per cercare di assicurare un equilibrio di lungo termine. Anche per coordinarci su questo, stasera avrò un colloquio telefonico con i Ministri degli Esteri di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito.
  L'elemento centrale di qualsiasi accordo sostenibile tra Israele e Libano è la demarcazione di un confine terrestre, sull'esempio dell'accordo raggiunto, ormai due anni fa, per la delimitazione delle frontiere marittime.
  Lo sforzo di mediazione di questi mesi, in particolare da parte americana, non deve andare perduto. Sosteniamo con convinzione il lavoro dell'Inviato americano Hochstein e continueremo a trasmettere messaggi in questa direzione alle parti.Pag. 7
  Tutti, nessuno escluso, devono impegnarsi nella piena attuazione della risoluzione n. 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Hezbollah deve ritirarsi al di là del fiume Litani. È inoltre necessario che le Forze armate libanesi tornino ad esercitare il loro ruolo in tutto il Paese. Israele ci ha chiesto di tenere con loro un canale aperto. Non sono loro l'obiettivo dell'offensiva israeliana e a loro dovrà passare il controllo del territorio. Anche i leader politici e la società civile libanese devono assumersi le loro responsabilità e collaborare per ripristinare il funzionamento delle Istituzioni statali.
  Lo stallo politico nel Paese dura da troppo tempo. L'elezione di un Presidente e la formazione di un Governo nel pieno delle sue funzioni non possono più aspettare. L'elezione di un nuovo Presidente potrebbe anche essere utile per raggiungere finalmente il cessate-il-fuoco e poi una tregua più duratura tra Israele e Libano.
  Riguardo alla situazione a Gaza e in Cisgiordania, ribadisco quanto sia necessario tenere viva la prospettiva della creazione di uno Stato palestinese, che dovrà nascere da un percorso negoziale e fondarsi sul reciproco riconoscimento con Israele.
  Il futuro Stato palestinese dovrà unire la Striscia di Gaza e la Cisgiordania sotto un unico Governo nazionale e democratico, anche con il sostegno di una Missione ONU a guida araba; l'Italia è pronta a dare il suo contributo e a sostenere con convinzione l'Autorità nazionale palestinese, puntando sul rafforzamento delle sue Istituzioni; è cruciale che questa possa sviluppare capacità istituzionali solide e affidabili, non solo per garantire i servizi essenziali alla popolazione, ma anche per assumere il futuro controllo della Striscia di Gaza.
  Soltanto un Governo palestinese forte, legittimato dalla comunità internazionale e sostenuto da Istituzioni democratiche, potrà affrontare le sfide poste dai gruppi estremisti e ridurre la loro influenza. Insomma, la Palestina non è Hamas.
  Signori presidenti, deputati, senatori, lavoriamo in maniera convinta per evitare che tutta la regione finisca nell'ambito di una guerra generalizzata, una catastrofe che nessuno sarebbe in grado di controllare, che porterebbe morte e devastazione per anni.
  Il raggiungimento di un cessate-il-fuoco a Gaza e in Libano è decisivo per ridare spazio alla diplomazia e riportare l'intero quadrante su un cammino di dialogo e stabilità. È un percorso complesso, ma è un risultato che possiamo ottenere se tutte le parti si impegneranno al massimo e sapranno essere responsabili.
  L'invito che continuiamo ad inviare a tutti – Israele compreso – è quello di lavorare per una de-escalation ed evitare un conflitto che provochi ancora vittime, soprattutto tra la popolazione civile.
  Anche nel colloquio che ho avuto l'altra sera con il Ministro degli Esteri israeliano, ho insistito non soltanto sulla tutela dei nostri militari, ma anche sulla necessità di evitare che con la popolazione libanese si ripeta quello che è successo a Gaza. Dobbiamo assolutamente evitare che ci siano ancora troppe vittime innocenti. La via diplomatica è l'unica che può portare a risultati duraturi e fermare una spirale di violenza ed instabilità che è durata già fin troppo. Questo è l'impegno che noi profondiamo lavorando per la pace, come ci chiedono i cittadini italiani, cercando di convincere tutte le parti ad un confronto diplomatico. Certamente è difficilissimo, perché la situazione è veramente complicata, però guai ad arrendersi, guai a rinunciare a perseguire la via della diplomazia, la via del confronto, perché questo è il modo migliore per costruire la pace, che rimane l'obiettivo principale di questo Governo.
  Grazie per l'attenzione. Sono sempre pronto a tenere aggiornato il Parlamento, come ho fatto in questi anni. Oggi e domani sarò nelle Aule di Camera e Senato per il question time e naturalmente il Parlamento potrà – quando vorrà e se lo vorrà – chiedere di farci intervenire nelle sedi che ritiene opportune. Ricordo che non spetta al Governo decidere in quale forma il Governo stesso intende dare informazioni: in Commissione o in Aula. Non dipende da noi. Noi rispondiamo positivamente alle decisioni che vengono prese dalla Camera e Pag. 8dal Senato. Per noi parlare qui o parlare in Aula, parlare alla Camera, parlare al Senato o parlare alle Commissioni congiunte è assolutamente la stessa cosa. Guido è stato parlamentare, io lo sono ancora, sappiamo quanto è importante tenere aggiornato il Parlamento e quale deve essere il rapporto tra Governo e Parlamento, perché crediamo anche nella diplomazia parlamentare, che può dare un contributo non secondario per raggiungere gli obiettivi nei quali tutti quanti, credo, ci riconosciamo, primo fra tutti la pace.
  Grazie.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA 3a COMMISSIONE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Aggiungo solo due cose: io qui non rappresento il Governo, rappresento il Senato per le materie di mia competenza. Non ho una lunga carriera parlamentare, ma in Parlamento ci sono da un po'. Io non ho mai visto Ministri così solleciti a riferire al Parlamento come il Ministro Tajani e il Ministro Crosetto, e mi sorprendono le proteste di questi giorni – fatte in Aula o, più spesso, sui giornali – anche da parte di parlamentari che poi nelle Commissioni competenti non si presentano.
  Do la parola al Ministro Crosetto.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Signori presidenti, deputati, senatori, prendo la parola dopo il Ministro Tajani per soffermarmi sulle implicazioni militari della drammatica situazione in Medio Oriente.
  Quella in atto è una pericolosa e tragica escalation, caratterizzata dal superamento progressivo di diverse linee rosse, nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale, in particolare da parte della NATO, degli Stati Uniti, dell'Unione europea e – non ultimi, credetemi – dell'Italia, che dal Premier a noi Ministri degli Esteri e della Difesa in prima fila, ha cercato in ogni possibile modo il dialogo e ha lavorato per la tregua tra le parti.
  Si tratta di una spirale di scontri che vede il sistematico ricorso alle armi, che ha portato ad un peggioramento evidente della già grave crisi umanitaria che colpisce soprattutto civili inermi, duramente provati dalla pioggia di missili, droni e bombe utilizzati da ambo le parti.
  Noi non possiamo e non vogliamo accettare che si inneschi una spirale di violenza senza fine, che scarica i suoi effetti soprattutto sui civili, in uno scenario che non avrebbe né vincitori né vinti, con incalcolabili conseguenze sul Medio Oriente e sugli equilibri mondiali stessi.
  Un ulteriore aggravamento degli eventi, peraltro già in atto, sarebbe foriero di conseguenze estremamente negative e pericolose per tutti gli attori coinvolti. Per questo motivo continuiamo a lavorare per una soluzione diplomatica che, per quanto difficile, resta l'unica via possibile.
  Vengo ad una rapida descrizione degli eventi più importanti. Negli ultimi mesi il rischio di un conflitto aperto tra Hezbollah e Israele è stato, credetemi, più volte evitato grazie agli sforzi di tutti.
  Negli ultimi giorni, tuttavia, Israele ha avviato una serie di operazioni militari nel sud del Libano e colpito ripetutamente anche la parte meridionale di Beirut, al fine di degradare la capacità di comando e controllo e gli stock di armamenti di maggior pregio di Hezbollah.
  Per contro, migliaia di missili sono stati lanciati contro il territorio di Israele, per la verità con effetti trascurabili a causa della loro imprecisione e dell'efficacia della difesa aerea israeliana.
  Tra attacchi e contrattacchi, i due attori principali in questo momento, Israele e Hezbollah, il cui legame con l'Iran è evidente, continuano a muoversi su un filo sottilissimo e mai come ora il rischio di un conflitto aperto sul campo è diventato reale.
  La scintilla che ha avviato questa nuova fase è stata probabilmente l'uccisione del leader politico di Hamas Haniyeh, che stava presenziando alla cerimonia di giuramento del nuovo Presidente iraniano Pezeshkian. Pag. 9Per contenere la possibile reazione di Hezbollah e ripristinare la sicurezza del suo confine con il Libano, le forze armate israeliane hanno intrapreso un'azione con l'apertura del fronte a nord e il contestuale avvio di massicci raid aerei che hanno caratterizzato le ultime giornate. Questi raid sono i più pesanti bombardamenti mai compiuti in territorio libanese da quando, dopo il 7 ottobre, Hezbollah ha ribadito il suo sostegno alla causa palestinese.
  Ricordo che gli attacchi da parte israeliana sono stati preceduti da un'inedita operazione condotta attraverso esplosioni coordinate di cercapersone e walkie talkie appartenenti ai membri del «Partito di Dio». Ciò ha innescato un ulteriore impulso al conflitto, consentendo a Tel Aviv di colpire la leadership e ingenerare un senso di frustrazione e sfiducia in Hezbollah.
  Sul piano degli effetti collaterali, i bombardamenti israeliani hanno causato un elevato numero di vittime e feriti, sovraccaricando le strutture sanitarie e aggravando la crisi umanitaria, simile a quella di Gaza. Inoltre, l'esodo massiccio di libanesi verso il nord del Paese sta creando problemi di viabilità sulla principale arteria che collega Naqoura a Beirut, mettendo ulteriormente in difficoltà le già precarie e fragili Forze armate libanesi, al cui rafforzamento ci siamo impegnati, comprendendone la crucialità, sin dai tempi non sospetti, anche se spesso siamo stati isolati e inascoltati nel farlo.
  Hezbollah, di contro, ha lanciato per la prima volta, la scorsa settimana, missili balistici a medio raggio verso Tel Aviv che, seppur intercettati, segnano un ulteriore cambio di passo nelle tecniche di attacco.
  A questo è seguito in rapida successione l'attacco israeliano di venerdì scorso al quartier generale di Beirut, che ha portato all'uccisione del leader di Hezbollah, Nasrallah, evento che porta con sé importanti implicazioni dal punto di vista politico, organizzativo e anche psicologico.
  L'eliminazione del leader che per più di trent'anni ha guidato il cosiddetto «Partito di Dio», consentendogli di assumere la struttura attuale, ha segnato un momento di svolta e forse un punto di non ritorno, ma l'azione israeliana non si è fermata qui. Nel fine settimana i raid sono continuati nel Libano, nella Valle della Bekaa, colpendo obiettivi militari di Hezbollah ed eliminando altri rappresentanti di spicco dell'organizzazione.
  Un ulteriore ampliamento regionale del conflitto è stato registrato con gli attacchi aerei di domenica scorsa contro le milizie irachene filo-iraniane a Homs, in Siria, e contro obiettivi Houthi in Yemen. Qui sono state prese di mira infrastrutture logistiche, quali impianti di rifornimento carburante, centrali elettriche e banchine nei porti di Ras Issa e Hodeidah.
  Nelle ultime ore Israele ha poi avviato un'operazione terrestre in territorio libanese, volto ad indebolire ulteriormente le infrastrutture militari di Hezbollah e ripristinare la fascia di sicurezza ai confini con il Libano. Da quanto emerge dalle dichiarazioni del Gabinetto di guerra di Tel Aviv, confermate anche dal Ministro Gallant, si tratta di blitz per ora limitati, che non puntano a occupare il sud del Paese confinante, ma a ripristinare la sicurezza, implementando, di fatto, con la forza, la risoluzione delle Nazioni Unite n. 1701, colpevolmente rimasta lettera morta troppo a lungo; e non è la prima volta che me lo sentite dire, lo dico da mesi.
  In questo scenario estremamente fluido e instabile, è molto complesso fare previsioni attendibili. Ritengo, però, che l'intensità della reazione israeliana e l'eventuale coinvolgimento di altri attori regionali saranno determinanti per delineare lo scenario futuro.
  Le scelte di Israele sono un'incognita non solo per noi, ma per l'intera comunità internazionale. Anche l'intervento del Premier Netanyahu all'ONU non lascia presagire ampi spazi per un dialogo e per creare le condizioni che permettano di arrivare ad un rapido cessate-il-fuoco.
  Dall'altro canto, l'Iran, attore chiave della regione, che finora ha mantenuto una posizione defilata, restio a prendere iniziative dirette, nella tarda serata ieri – alle 18.30 circa – ha effettuato un imponente lancio di missili balistici; i numeri oscillano tra i duecento e i trecento; ricordo che nell'attaccoPag. 10 precedente erano stati meno di centocinquanta.
  I missili, partiti da quasi tutti i siti di lancio iraniani, hanno interessato principalmente l'area di Tel Aviv e quella prossima alla base aerea di Nevatim, nel Negev, dove sono dislocati i sistemi d'arma di pregio della difesa israeliana, gli F-35.
  Nonostante i numerosi abbattimenti in volo, molti missili hanno impattato al suolo, con danni limitati, ancora in fase di valutazione, e al momento una vittima. Alcuni missili sono stati intercettati da assetti degli Stati Uniti nello spazio aereo giordano. Voglio sottolineare quello che ho detto prima, ovvero che il numero dei missili è superiore a quelli dell'attacco del 13-14 aprile 2024.
  Nella giornata di ieri si è anche verificato un attacco terroristico a Tel Aviv, nel quartiere di Jaffa – non è ancora chiaro se è connesso o meno al lancio dei missili – con circa sette morti e alcuni feriti. Le dichiarazioni immediatamente rilasciate dal regime di Teheran fanno ritenere conclusa la ritorsione di Teheran per la morte di Haniyeh e Nasrallah, mentre si ritiene probabile che Israele possa attuare, a sua volta, una risposta a quanto occorso nella serata di ieri.
  Va da sé che, a questo punto, forse, la vera unica speranza – e non appaiano come parole vane o diplomatiche – risiede negli sforzi diplomatici in corso, come diceva prima il collega Tajani, che mirano a raggiungere un accordo che permetta ai civili di entrambe le parti di tornare alle loro case.
  Tuttavia, un simile d'accordo non può essere raggiunto senza prima ottenere un cessate-il-fuoco duraturo, come auspicato dalla dichiarazione congiunta firmata il 25 settembre dall'Unione europea e da altri undici Paesi, tra cui l'Italia.
  In questo quadro drammaticamente complesso, la nostra priorità continua ad essere la sicurezza dei connazionali, dei nostri militari presenti in Libano e la ricerca di soluzioni e meccanismi per contenere l'escalation e proteggere in ogni modo la popolazione civile.
  Questo è il senso della riunione d'urgenza convocata dal Presidente del Consiglio nella tarda serata di ieri sera, a cui siamo stati presenti io e il Ministro Tajani, e questo è il senso delle ulteriori iniziative dell'Italia, in ambito G7 e Quintetto, che si svilupperanno in queste ore.
  La preoccupazione del Governo – del collega Tajani e mia, come Ministro della Difesa – per la situazione in Libano era e rimane molto alta. Non ho mai smesso di dirlo, l'ho rappresentato in ogni sede competente, anche quando l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica era scarsa: sia Hezbollah che Israele, nel corso degli anni, hanno costantemente disatteso la risoluzione ONU n. 1701, che autorizza esclusivamente la presenza armata di UNIFIL e delle Forze armate libanesi nell'area tra il fiume Litani e la blue line.
  Questo è avvenuto sfruttando il fatto che UNIFIL può operare solo in coordinamento con le Forze armate libanesi e non ha potuto intervenire a causa della fragilità e della mancanza di capacità di queste ultime.
  Ad oggi, la nostra presenza nell'area è significativa: noi contribuiamo con oltre mille militari, che sono parte di un contingente molto più ampio, fornito da cinquanta nazioni contributrici. Inoltre, circa venti militari italiani sono impegnati a Beirut nella Missione bilaterale italiana in Libano (conosciuta come MIBIL). L'organizzazione della Missione bilaterale prevede l'impiego di un piccolo team permanentemente schierato con il comandante della missione e l'afflusso di un team mobile di entità variabile, da schierare temporaneamente in base alle esigenze addestrative concordate. A seguito dell'incremento degli scontri, tuttavia, l'organico di MIBIL è stato notevolmente ridotto e, al momento, i corsi a supporto delle Forze armate libanesi sono stati sospesi.
  Per aumentare il livello di sicurezza, il nostro contingente sta adottando, inoltre, tutte le misure necessarie per fronteggiare repentini cambi di situazione e rafforzando le misure di protezione attiva e passiva. In aggiunta a ciò, i piani di evacuazione sono stati aggiornati e provati e sono pronti ad essere eseguiti, ove ciò si renda necessario.Pag. 11
  In tema di sicurezza, posso confermare che il livello di rischio per i nostri militari non è aumentato per effetto di quanto avvenuto negli ultimi giorni, poiché loro non sono obiettivo di attacchi diretti da parte di nessuna delle due parti. Cionondimeno, la situazione rimane molto difficile e preoccupante per la possibilità di incidenti non voluti, che non possono mai essere esclusi. Personalmente, ho espresso questa preoccupazione sia al mio omologo israeliano sia a quello libanese, così come ha fatto il Ministro Tajani ed il Presidente del Consiglio, insistendo sull'importanza di rispettare il ruolo e l'integrità di UNIFIL e del personale impiegato nella missione.
  Con la risoluzione n. 2749 del 28 agosto, il Consiglio di Sicurezza ha rinnovato il mandato di UNIFIL fino al 31 agosto 2025, esortando le parti coinvolte ad attuare misure immediate per la riduzione della tensione ed invitando a rispettare pienamente le disposizioni della risoluzione ONU n. 1701. In risposta all'escalation in corso, UNIFIL ha aggiornato i propri piani di contingenza per garantire la sicurezza del personale, prevedendo diversi scenari a seconda dell'evoluzione sul terreno e del livello di minaccia.
  In questo contesto, nel luglio 2024 noi italiani abbiamo inviato esperti in operazioni anfibie, che hanno contribuito a perfezionare il piano di contingenza per uno scenario non permissivo, prevedendo l'impiego di risorse anfibie e integrandolo con i nostri piani nazionali. Abbiamo messo a disposizione mezzi di evacuazione strategici, come navi ed aerei.
  Come avevo già riferito ad agosto continua, inoltre, l'operato sinergico tra il COVI (Comando operativo di vertice interforze) e l'Unità di crisi della Farnesina, che ha permesso di aggiornare i piani di evacuazione per tutto il personale presente in Libano. Posso confermare che mai come in questo momento la sinergia tra Difesa ed Esteri è efficace per garantire la sicurezza dei nostri cittadini presenti nella regione.
  La Difesa è pronta a fare la sua parte e, qualora necessario, è in grado di condurre operazioni di estrazione del contingente nazionale e dei nostri connazionali in Libano, anche in modo autonomo. Sono già stati preallertati assetti navali ed aerei per tale scopo e il loro livello di prontezza è stato recentemente innalzato e adeguato alla situazione sul campo.
  Un altro importante tassello del nostro impegno nell'area riguarda il sostegno alle Forze armate libanesi, affinché assumano un ruolo maggiore per la sicurezza e la stabilità del confine israelo-libanese.
  In aggiunta all'impegno avviato nel 2015 con la nostra Missione bilaterale, a marzo 2024 abbiamo istituito un Comitato tecnico-militare, a cui hanno aderito Canada, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, il cui scopo è identificare, con lo Stato maggiore della difesa libanese, programmi, attività e iniziative per aiutare le forze armate libanesi a crescere e acquisire capacità operative, credibilità e indipendenza, pienamente al servizio del Paese e non in balìa di Hezbollah. In questo ambito è stata identificata una tabella di marcia relativa a reclutamento, formazione e finanziamento, allo scopo di rafforzare le capacità militari libanesi, in vista della piena attuazione della risoluzione ONU.
  L'obiettivo finale – il primo che ci siamo posti – è addestrare ed equipaggiare 6 mila nuove unità delle forze armate libanesi. In questo senso, stiamo organizzando una conferenza dei donatori, necessaria per reperire i fondi per finanziare tali progetti, perché le condizioni economiche in Libano sono drammatiche. Inoltre, è recentemente attraccata al porto di Beirut, nell'ambito di questo aiuto che stiamo portando, una nave cargo, con circa dieci tonnellate di beni di prima necessità, tra cui medicinali, attrezzature mediche e generi alimentari, da distribuire a favore della popolazione locale e delle Forze armate.
  Tutte queste iniziative sono in linea con quanto rappresentato fin dall'inizio della crisi alle competenti autorità delle Nazioni Unite. Subito dopo il peggioramento della situazione a Gaza e, di conseguenza, lungo il confine israelo-libanese, ho avviato una serie di contatti - in totale accordo con il Ministro Tajani, a fianco di quelli che avviava lui - e una fitta corrispondenza con il Pag. 12Segretario Generale Guterres e con il Vicesegretario delle operazioni Lacroix, per sollecitare l'adozione di tutte le misure necessarie a garantire la piena sicurezza del personale UNIFIL, ma soprattutto ad assicurare l'efficacia operativa della missione, che era l'unico modo per evitare quello a cui poi siamo arrivati.
  Dico con estrema chiarezza che, anche in questo caso, siamo stati gli unici che hanno chiesto conto all'ONU di cosa avveniva, di cosa l'ONU intendesse fare, rappresentando le insidie e le minacce e in qualche modo preconizzando quello che poi sarebbe accaduto.
  Abbiamo voluto segnalare la necessità di un'incisiva e rapida azione delle Nazioni Unite che metta UNIFIL nelle condizioni di esercitare una reale deterrenza all'uso della forza, irrobustendo il contingente, prevedendo la disponibilità di una riserva operativa schierabile nel sud del Libano con stretto preavviso e contemplando la possibilità di operare anche autonomamente e senza unità delle Forze armate libanesi. Del resto, non vi sfuggirà che nel sud del Libano, in questo momento, o ci sono le forze dell'ONU o ci sono i soldati israeliani; e la differenza è chiara a tutti.
  Concludendo, ribadisco che l'Italia considera la stabilità della regione un primario interesse strategico nazionale e ritiene che il Libano giochi un ruolo chiave nella stabilizzazione dell'intera regione.
  La grande e difficile sfida è riuscire a raggiungere rapidamente, come diceva prima il Ministro Tajani, un cessate-il-fuoco e una de-escalation. Una guerra su larga scala non è nell'interesse di nessuno e porterebbe soltanto instabilità ulteriore nella regione. Lavoriamo, ognuno nel suo ambito, per prevenire tali scenari.
  Se mi passate il paragone, in questi giorni pensavo ad una frase di Italo Calvino: il nostro obiettivo è quello di cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare dandogli spazio.
  Per tale motivo, confermiamo il nostro impegno in UNIFIL fin quando l'ONU sarà in grado di operare. Finora la nostra presenza è stato l'unico elemento di freno ad una violenza insensata, ma questo in futuro non sarà più sufficiente.
  Ribadisco che, nell'interesse della tutela dei nostri militari, siamo pronti a rivedere ad horas le decisioni di lasciare il contingente nazionale schierato. Sicuramente, dobbiamo riconoscere che UNIFIL non ha raggiunto gli obiettivi previsti dalla risoluzione ONU n. 1701. La crescente presenza di Hezbollah nell'area e l'esistenza di luoghi da cui possono partire attacchi rappresentano fattori che intensificano lo scontro e la tensione. Tuttavia, la presenza dei soldati delle Nazioni Unite – lo ripeto – è l'unico elemento fondamentale per prevenire uno scontro diretto. Questi soldati sono e possono essere sempre di più un fattore di pacificazione, utile in questo momento. Mai come oggi abbiamo e dobbiamo avere un ruolo. Mai come oggi l'ONU deve avere un ruolo. Se, però, il primo compito dei nostri militari è garantire la libertà e le libere Istituzioni, il compito principale di chi guida le Forze armate è garantire la sicurezza dei nostri militari. Per questo motivo, siamo in costante contatto per monitorare, ora dopo ora, ciò che accade lungo la blue line.
  Voglio ribadire in questa sede che la sicurezza delle nostre donne e dei nostri uomini in divisa è principale priorità mia, del Ministro Tajani, del Presidente del Consiglio e del Parlamento; un impegno che svolgiamo con costanza, specialmente in tempi difficili e drammatici come questi.
  Proprio per questo, in chiusura permettetemi di esprimere un sincero ringraziamento ai nostri militari impegnati in Libano e negli altri teatri operativi, perché è un pensiero che penso condividiamo tutti e che posso mandare a nome di tutti.
  Grazie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI PAOLO FORMENTINI

  PRESIDENTE. Grazie davvero, Ministro.
  Do la parola ai colleghi parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti Pag. 13o formulare osservazioni, ribadendo che alterneremo Senato e Camera, come di consueto, e invitandovi al rispetto dei tempi, cinque minuti a testa.

  ROBERTO MENIA. Rivolgo un doveroso ringraziamento ai Ministri.
  Faccio mie le parole della presidente Craxi, perché vi trovo sempre estremamente attenti nei confronti del Parlamento. Ad ogni chiamata rispondete. Quindi, trovo assolutamente fuori luogo – tanto più di questi tempi – le polemiche che ho letto anche in queste ore. Ci siete e anche oggi avete portato, con assoluta dovizia di particolari e con intelligenza, la posizione italiana, non solo quella del Governo, ma qualcosa di più, in quanto c'è anche un sentiment che si percepisce.
  Capita spesso che in occasioni come questa si finisca per dire cose banali, che tutto sia quasi scontato e diventi una sorta di rito; voi oggi, invece, non siete stati assolutamente scontati, come spero non sia scontato quello che ci diremo oggi in queste Commissioni riunite.
  Partirei da una prima considerazione: in latino si dice «mala tempora currunt»; si dice che il battito d'ali di una farfalla da una parte può scatenare un uragano dall'altra parte. Purtroppo pensavamo a questo – e non era certo un battito d'ali – quando abbiamo cominciato a vedere il mondo muoversi con la guerra russo-ucraina, con tutte le conseguenze che ne sono scaturite, com'è del tutto evidente.
  Nella vicenda oggi in trattazione è difficile non rilevare come tutto nasca da quello che accadde il 7 ottobre 2023. A tal riguardo, ho molto apprezzato le parole del Ministro Crosetto quando ha detto che noi chiediamo ad Israele, da una parte, di affermare, come è giusto e corretto, il suo diritto all'esistenza e all'autodifesa e, dall'altra parte, di non eccedere in un qualcosa che vada oltre una certa proporzione. Però, che cosa è accaduto lungo l'arco di un anno? Intanto ieri abbiamo visto le immagini dei missili balistici lanciati dall'Iran, episodio che testimonia un altro gradino nell'escalation. Quindi, qualcosa è cambiato rispetto a prima, quando ci si concentrava ad affrontare una situazione posta in atto da gruppi terroristici (così li chiamiamo). Hamas non è la Palestina, non rappresenta le autorità palestinesi, ma è un gruppo terroristico. Hezbollah è un gruppo terroristico, che si sovrappone ad altri gruppi legittimi. Oggi uno Stato, con nome e cognome, entra in questo scenario: questa volta i missili erano iraniani.
  Questo accade dopo un anno in cui vi è stato un crescendo di tensioni, in cui si sono viste tante cose. Del resto, a seguito del folle attacco barbarico di Hamas del 7 ottobre 2023, ha cominciato a consolidarsi immediatamente un mondo che definirei un «asse del male» sotto questo profilo, che sostanzialmente sposa la tesi della distruzione di Israele. Inoltre, a partire dai rapimenti e dall'aggressione feroce e terroristica di Hamas, si consolida un asse che si sposta anche su altri fronti: il sud del Libano diventa un'altra cosa, un gruppo di origine sunnita si sposa immediatamente con un gruppo di origine scita, che attacca allo stesso modo, dall'altra parte si innescano gli Houthi e la nostra presenza con la missione ASPIDES. È tutto un mondo che si muove e si muove in un quadro, come è ovvio. A tutto questo si aggiunge, infine, la sproporzione nell'autodifesa di Israele, che crea un'escalation alla quale pare impossibile porre fine.
  Vi è una questione che mi pongo spesso: il Ministro Crosetto parlava della risoluzione ONU n. 1701 e della nostra presenza in UNIFIL; qualcuno potrebbe chiedersi: ma tutto questo a che cosa serve? Stiamo mettendo tanti dei nostri ragazzi a rischio. Serve, perché, come viene fatto notare, finché ci siamo noi non c'è Israele, che è un'altra cosa. Pur tuttavia, mi chiedo: quante volte tutti questi sembrano proclami inutili? Quante volte tutto questo sembra teatro? Quante volte ci siamo ripetuti che la giusta strada è quella della via diplomatica e che occorre portare avanti il principio «due popoli, due Stati»? Ma questi due popoli e due Stati quando li troveremo e come li troveremo, se qua non vedo e non riesco a vedere un limite alla de-escalation?
  Il Ministro Tajani ha rappresentato un quadro assolutamente preciso di tutte le Pag. 14iniziative che l'Italia – che tra l'altro guida il G7, quindi in prima fila e prima di tanti altri – sta portando avanti sotto diversissimi profili, quello umanitario, quello della salvaguardia della nostra gente. Però, senza fare troppa poesia, mi permetta di porle alcune domande, che mi rendo conto rischiano anche di apparire banali. Il nostro prossimo passo come Paese a capo del G7 qual è? Dove tentiamo di andare a sbattere e perché? In questo momento – lo ripeto – vedo immagini che trovo estremamente preoccupanti, vedo cieli di guerra che non avevo mai visto e non immaginavo di poter vedere, peraltro sempre più vicini.
  Al Ministro Crosetto chiedo: la nostra presenza in Libano fino a quando è prevista, come e a quali condizioni? Io non voglio vedere altri ragazzi italiani che si trovano in mezzo ad una battaglia e rischiano un giorno di tornare indietro in una cassa di legno, senza neanche capire perché. Questa è un'annotazione personale, però me lo chiedo intimamente e penso di chiederlo anche a nome di tanti altri.
  Grazie.

  GIUSEPPE PROVENZANO. Premetto che io non credo che tra i compiti di una presidente di Commissione – mi riferisco alla presidente Craxi – ci sia quello di sindacare le opinioni dei parlamentari espresse in Aula o di fare le pagelle tra i parlamentari e i membri delle Commissioni, o tra i Governi; io apprezzo la disponibilità che hanno avuto i Ministri Crosetto e Tajani ad essere qui in Commissione, ma noi ne avevamo chiesto la presenza in Aula; allora, bisognerà dire ai membri della maggioranza che abbiamo tutti una responsabilità di fare questa discussione nelle Aule parlamentari, di fronte al Paese, dove tutti possono esprimere la loro opinione.
  È passato quasi un anno dal 7 ottobre 2023 e tutti gli obiettivi della comunità internazionale, che si sono posti fin dall'inizio di quella drammatica vicenda mediorientale – ossia la liberazione degli ostaggi, la protezione dei civili, interventi tesi ad impedire un'escalation e un allargamento del conflitto – sono drammaticamente falliti. Abbiamo una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che giace come lettera morta. Tutto questo offre una sensazione di impotenza della comunità internazionale e della politica, di fronte alla quale abbiamo il dovere e il bisogno di tornare in Parlamento, andare nelle Aule parlamentari e affrontare questa discussione.
  Come abbiamo sentito anche quest'oggi, ci troviamo innanzi ad una sequela di azioni e reazioni senza misura, senza considerazione delle possibili conseguenze umanitarie, militari ed anche politiche, anche perché queste conseguenze sono incalcolabili. L'avete detto anche voi: ci troviamo di fronte alla possibile prospettiva di una grande guerra, in cui ci può essere anche una saldatura tra conflitti diversi, in cui possono entrare in campo – e sono già entrati in campo – attori globali. Di fronte a questa sequenza, noi possiamo e dobbiamo condannare ogni singolo atto.
  Pesano alcune omissioni, Ministro Tajani, che ci sono state nella sua relazione, perché noi quegli atti li condanniamo tutti, evidenziamo anche le responsabilità che ci sono state nel far fallire sistematicamente tutti i tentativi di tregua. Noi abbiamo condannato con la massima forza, tutti insieme, l'episodio del 7 ottobre 2023, ma non abbiamo temuto di condannare i crimini di guerra che si stavano compiendo a Gaza, le sistematiche violazioni del diritto internazionale, così come condanniamo con grande nettezza l'attacco missilistico iraniano di aprile scorso e quello di ieri sera, un regime contro il quale, come Partito Democratico, ci siamo schierati nelle piazze. Ma non possiamo non condannare – e non l'ho sentito nelle sue parole, Ministro – l'invasione di terra in Libano, come non possiamo non avanzare la necessaria richiesta di un ritiro delle truppe israeliane dal confine e il rispetto della risoluzione ONU n. 1701 del 2006, in un contesto in cui ci sono già state mille vittime in Libano.
  Noi possiamo e dobbiamo condannare tutto questo, ma non possiamo limitarci alla condanna. Dunque, il tema è: qual è l'iniziativa politica? E il Libano è cruciale per noi anche per questa ragione, perché è stato il luogo in cui l'Italia ha saputo esprimere,Pag. 15 in passato, un protagonismo politico per la pace. Penso alla missione UNIFIL del 2006, e attenzione ai giudizi liquidatori, che ho sentito anche oggi: quella è stata una missione di pace, non una missione per la guerra; ha funzionato per la pace, non poteva funzionare per la guerra. Questo perché le missioni vengono dopo la politica, e quello che è mancato qui è proprio la politica. Quindi, oggi chiedo ancora: qual è l'iniziativa politica dell'Italia; sull'Unione europea non ho sentito nemmeno un accenno, ma almeno con la Francia, con i Paesi che sono più esposti ed impegnati nel Libano, qual è la nostra iniziativa?
  Noi esprimiamo tutti e ci uniamo, Ministro Crosetto, ai ringraziamenti che Lei ha rivolto al nostro contingente militare, ma anche sul tema del rafforzamento della missione – che, come Lei ben sa, deve passare dalla cruna dell'ago delle Nazioni Unite – noi diciamo che questo è possibile a seguito di un'iniziativa politica. Intanto, come ci siamo detti in queste ore anche con Lei, abbiamo il dovere, tutti insieme, di impegnarci per assicurare che permangano le condizioni di sicurezza e di piena operatività di quella missione per rimanere in Libano.
  C'è una dimenticanza che voglio sottolineare, ma sono sicuro che la prenderete e ve ne farete carico: oltre al contingente militare, in Libano abbiamo anche un contingente umanitario significativo, fatto di operatori umanitari, di operatori delle ong, che svolgono un lavoro prezioso e che non possono essere dimenticati, come in parte sono stati dimenticati durante la crisi di Gaza. Serve un tavolo di coordinamento, come si è sempre fatto, con le organizzazioni, anche per preparare le eventuali evacuazioni. È impossibile immaginare che basti un invito a raggiungere autonomamente un aeroporto di Beirut, che nei fatti è già zona di guerra, perché quell'area ha subìto pesanti bombardamenti. Occorre mettere a disposizione, anche per il nostro contingente umanitario, mezzi di evacuazione, eventualmente via mare, lavorare insieme, in tutte le sedi internazionali, a corridoi umanitari. Ricordo che parliamo di un milione di sfollati. Il Libano è cruciale per noi, ma non solo per noi, perché l'implosione del Libano significa anche l'implosione dell'idea di una possibile convivenza.
  Chiudo – perché non voglio abusare del tempo che ci avete assegnato – ribadendo che è necessario avviare una discussione politica in Parlamento, perché qui siamo di fronte al tentativo di definizione di un nuovo equilibrio o di un nuovo ordine – come è stata definita l'operazione israeliana in Libano – un nuovo equilibrio o un nuovo ordine in cui c'è la totale indifferenza per le vittime civili, il disprezzo, persino manifestato, del diritto internazionale e delle Istituzioni multilaterali, un assetto determinato esclusivamente dalla forza, in cui non c'è lo spazio per la politica e – ça va sans dire – non ci sarà spazio per lo Stato palestinese. Anche qui ho ascoltato parole, Ministro, ma tutte le volte poi mancano gli atti conseguenti, con le astensioni, che sono state un grave errore, alle Nazioni Unite da parte vostra...

  PRESIDENTE. Onorevole Provenzano, sono passati più di sei minuti. Le chiedo di giungere alla conclusione, per rispetto dei colleghi. Grazie.

  GIUSEPPE PROVENZANO. Certamente.
  C'è la necessità di rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite – tutte – e le pronunce degli organi giurisdizionali internazionali, bloccando, come dice la legge italiana, l'export di armi in Israele. Sono tutti passi che hanno bisogno di fatti compiuti. Siete anche i presidenti di turno del G7 – siamo presidenti di turno del G7 –, il bandolo della matassa c'è: il cessate-il-fuoco a Gaza e in Libano. Non possiamo restare a guardare inerti l'orrore che si consuma quotidianamente.
  In conclusione, approfittando della vostra disponibilità, chiedo alla maggioranza di farsene carico e di fare, tutti insieme, questa discussione in Parlamento, perché io credo che sia anche il popolo italiano a chiedercelo e ad aspettarselo da noi.

  PRESIDENTE. Invito i colleghi parlamentari che interverranno successivamente a rispettare i cinque minuti.

Pag. 16

  MAURIZIO GASPARRI. Signor presidente, ringrazio i Ministri per la loro consueta disponibilità. Il nostro Gruppo di Forza Italia è favorevole anche a riunioni in Aula, ma è la Conferenza dei capigruppo, come è stato ricordato, che deve programmarle, sapendo bene che il Governo e i Ministri, come sempre, hanno una doverosa e puntuale disponibilità.
  Personalmente credo che vada apprezzata l'azione italiana, nei limiti di quello che la situazione storica plurimillenaria determina in quell'area, perché la storia ci ricorda quanto questa crisi affondi nella storia, anche antica, le sue radici. Penso, ad esempio, al nostro ruolo nella missione ASPIDES, che è stata ricordata dal Ministro Tajani, che è fondamentale. Non dimentichiamo - oltre ai dati più evidenti, che sono già stati ricordati - l'attacco ed i bombardamenti, anche i danni ai commerci internazionali e italiani provocati dall'azione degli Houthi; in tal senso, la missione ASPIDES in quell'area è stata fondamentale.
  Voglio anche ricordare che queste discussioni si svolgono alla vigilia del 7 ottobre, anniversario di quello che è stato percepito da Israele come un tentativo di un nuovo olocausto. Se non si fa questa considerazione, tutto il resto non viene compreso. Quello, in effetti, fu un attacco a case, famiglie, bambini, ragazzi che assistevano a concerti, non uno scontro di confine tra militari o un attentato, che purtroppo in quelle aree, ahimè, fa parte della tragedia quotidiana. È stata un'azione sistematica, che ha determinato una serie di reazioni. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo.
  Dobbiamo ricordare che Hezbollah, Hamas e altri hanno come obiettivo la distruzione di Israele. Questo è un dato di fatto, al quale la comunità internazionale deve reagire. Mi pare che anche gli Stati Uniti, anche in queste ore, abbiano optato per una forma di pragmatismo e realismo, fornendo aiuti ad Israele, anche di fronte ai bombardamenti da parte dell'Iran di ieri sera.
  Per quanto riguarda il principio «due popoli, due Stati», è ovviamente condivisibile ed è un mantra della diplomazia internazionale. Prima il Ministro Tajani ha detto che la Palestina non è Hamas. Però, noi abbiamo un problema: abbiamo due popoli e non abbiamo due Stati. Israele è uno Stato, mentre l'altra parte non esprime organismi democraticamente scelti dal popolo. A tal riguardo, mi preme sottolineare che anche in questo duro anno di sofferenza del popolo palestinese – i dati sono sotto gli occhi di tutti e ci rendiamo perfettamente conto di cosa vogliono dire più di 40 mila vittime, bambini, esodi, tant'è che il nostro Governo ha sempre invitato Israele ad evitare azioni assolutamente devastanti – non ho sentito una parola sistematica di contestazione ad Hamas e a chi si vuole arrogare il diritto di rappresentare un popolo che non è l'espressione terroristica minacciosa, intollerante e fondamentalista di Hamas. Sarebbe bene vedere delle voci, anche in quella realtà, che esprimano la volontà di costituire uno Stato democratico; in Israele si è votato decine e decine di volte da quando è nato lo Stato, in Palestina le ultime elezioni, anche di dubbia natura, si sono svolte molti anni fa e sono state condizionate da gruppi armati e minacciosi.
  Concludo dicendo che apprezziamo l'azione del Governo e anche la puntualità e l'intensità della presenza nelle riunioni in una fase in cui, presiedendo il G7, abbiamo maggiori doveri. Magari avessimo maggiori facoltà di porre fine ad una questione mediorientale che si trascina nella storia. Comunque, sono certo che, anche in questi giorni e in queste ore così drammatiche, il Governo continuerà a fare quello che ha fatto ieri e nelle settimane passate.
  Colgo questa occasione, Ministri, per esprimere la mia preoccupazione per le liste di proscrizione che vengono redatte in Italia e che vedono indicati non solo il Ministro Crosetto ma anche chi vi parla e altri; sono liste – lo segnalo anche al Ministro Crosetto, per le sue competenze indirette – scritte con una scientificità tale da far pensare ad autori che vadano al di là del Partito dei CARC (Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) o di un sedicente Partito comunista.Pag. 17 Ci sono riferimenti ad aziende e a situazioni molto sapienti per essere solo frutto di qualche polemista politico. Inoltre, vorrei esprimere la mia preoccupazione per le manifestazioni che si sono svolte a Milano, che si annunciano a Roma, con insulti ed aggressioni anche alla senatrice Segre, che rappresenta un simbolo delle persecuzioni subite dalla popolazione ebraica nella storia; manifestazioni che non ho visto condannare da tutti con la stessa intensità. Se si condannassero quelle manifestazioni con la stessa intensità con cui si chiedono audizioni parlamentari, avremmo un coro di reazioni molto più composto e doveroso. Invito anche alla massima attenzione il Governo per le manifestazioni che si annunciano a Roma per i prossimi giorni, che vanno a macchiare la ricorrenza del 7 ottobre e che si annunciano con toni intolleranti e minacciosi verso gli ebrei ed Israele.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor presidente, ho ascoltato i Ministri, che ringrazio per la disponibilità, e mi associo a chi ha posto un dibattito di questo tipo. Per la portata che ha, per le conseguenze che si tira dietro, merita le Aule del Parlamento, quella della Camera e quella del Senato, merita un ampio dibattito parlamentare. È responsabilità della Conferenza dei Capigruppo, lo porremo. Credo che se tutte le forze lavoreranno congiuntamente in questa direzione, non ci saranno problemi affinché questo dibattito possa svolgersi con i tempi, le modalità e nel luogo deputato.
  Devo dire la verità: è sempre un po' difficile intervenire dopo queste audizioni. Sul merito delle cose dette io ho poco da obiettare. Ho qualcosa, più che da obiettare, da consegnare alla nostra discussione su ciò che non è stato detto. Ministro Tajani, Lei ha esordito dicendo che ieri sera ha partecipato al vertice, giustamente convocato dal Presidente del Consiglio, subito, di fronte al lancio dei missili iraniani contro le città israeliane, e che lo avete fermamente condannato; io aggiungo che avete fatto bene. Aspetto ancora, però, una ferma condanna degli ultimi attentati terroristici del Governo israeliano, quelli scatenati contro cercapersone e walkie-talkie in Libano, perché quelli sono tecnicamente atti di terrorismo; per quanto compiuti da un Governo, sono atti di terrorismo.
  Aspetto ancora una ferma condanna delle operazioni militari a tappeto su Beirut, dell'invasione di terra e di quello che continua ad accadere a Gaza, che – badate – non può più essere liquidato con un appello alla moderazione. Francamente, è ormai insopportabile. Non è una polemica, dico davvero. Vorrei che, però, ne prendessimo tutti consapevolezza. Come si fa? Sono dodici mesi. Non c'è più una casa in piedi. Devo sentire perfino qualcuno che si lamenta del fatto che non ci sono manifestazioni contro Hamas a Gaza. E dove le fanno? Non c'è più niente in piedi a Gaza. È tornata la poliomielite, invece. Quella c'è.
  Penso che noi non possiamo più cavarcela con gli appelli alla moderazione, che continuano, invece, a essere il tratto fondamentale del nostro posizionamento su quello che un Governo – il Governo di Benjamin Netanyahu – sta cinicamente e lucidamente mettendo in campo da un anno. È un progetto politico che, purtroppo, si tramuta negli strumenti e nelle forme della guerra, di una guerra totale e globale, sempre più incontrollabile.
  Quello che sta accadendo non è un caso. Era tutto ampiamente prevedibile, perché fa parte di una strategia precisa che ha a che fare con elementi di interesse interno, la sopravvivenza politica di un leader politico, Benjamin Netanyahu e del suo Governo di ultradestra, un Governo pieno di fanatici religiosi, di integralisti. Gli integralismi – ed è bene che anche su questo ci sia un po' di consapevolezza e anche di chiarezza – stanno da tutte le parti e sono sempre, debbono essere sempre il nostro avversario e nemico, quello delle democrazie, di una cultura liberale, che abbia nel rispetto dei diritti umani il proprio faro fondamentale; sempre il nostro avversario, ovunque siano i fondamentalismi e gli integralismi.
  Su questo la differenza di pesi e misure è impressionante. Lo dico – e finisco – perché qui entra in gioco un'altra enorme questione: il naufragio definitivo di ogni credibilità nel diritto internazionale. Il MinistroPag. 18 Crosetto diceva, giustamente, che la risoluzione n. 1701 è stata ripetutamente violata da entrambi, però, poi, a un certo punto, uno dei due ha preso carri armati, missili, bombardieri, tecnologie con cui far esplodere cercapersone e se l'è risolta. Capite che non funziona? Se ogni minima regola del diritto internazionale è ormai saltata e se in un caso, rispetto a questa violazione, la comunità internazionale agisce in un modo... Penso alla vicenda russa-ucraina: voi sapete la mia posizione sull'invio delle armi; a differenza di quella posizione, sulle sanzioni io ho sempre votato a favore, perché pensavo fosse un giusto strumento. Lì la comunità internazionale si è mossa nettamente, ma qui quali atti concreti, come ricordava l'onorevole Provenzano? Servono atti concreti. Il Trattato di Associazione UE-Israele, che nell'articolo 2 impone la sospensione del Trattato stesso di fronte a gravi violazioni del diritto umano, può essere ancora considerato in piedi? Senza che ci sia neanche un'obiezione che dica: valutiamo se è il caso di sospendere, perché forse i diritti umani sono stati gravemente violati. E uso, evidentemente, un eufemismo.
  Possibile che non ci sia su questo nessuna iniziativa? Se non c'è nessuna iniziativa conseguente alla violazione sistematica del diritto internazionale, come invece c'è in altri contesti, la vittima di questa scelta è il diritto internazionale e anche la nostra credibilità. Allora, sì, ci consegniamo ad una dimensione globale nella quale la guerra diventa l'unico strumento possibile di risoluzione dei conflitti, esattamente il contrario dello spirito della nostra Costituzione.
  Qui il tema che pongo – lo ripeto per l'ennesima volta – non è una polemica inter nos, maggioranza e opposizione, ma è una questione che riguarda il Paese, il suo ruolo e la possibilità di giocare un ruolo rispetto ad una condizione che diventa, ogni ora di più, pericolosa per il mondo intero, per tutti e tutte. Questa è la questione. Per questo servono atti che segnino un cambio di passo. Non possiamo continuare a dire, qui, che siamo per uno Stato palestinese e poi, non solo astenersi all'ONU, ma non fare quello che altri Governi dell'Europa – non di un altro blocco, non stiamo parlando dei BRICS, del posizionamento mondiale – hanno fatto recentemente, cioè riconoscere lo Stato palestinese.
  La nostra autorevolezza è importante, anche in uno scenario come quello del Libano, dove, come giustamente è stato ricordato, abbiamo svolto un ruolo importantissimo, ed è bene continuare a svolgerlo. La missione UNIFIL è una delle missioni più importanti, di maggiore qualità, di maggiore impatto che il nostro Paese ha messo in campo...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  NICOLA FRATOIANNI. Finisco subito.
  Fanno benissimo i Ministri, naturalmente, a lavorare perché venga messa in sicurezza quella missione per l'oggi e, magari, rilanciata per il domani, ma capirete che se non c'è una linearità di comportamenti, la nostra efficacia, anche su quegli scenari, rischia di essere drammaticamente messa in discussione.

  PRESIDENTE. Ricordo ancora i cinque minuti. Tra l'altro, il Senato alle ore 10 ha Aula.

  BRUNO MARTON. Signor presidente, La ringrazio.
  Ministri, nonostante i continui auspici alla de-escalation, il comportamento di tutti gli attori coinvolti appare ostinatamente diretto ad un allargamento del conflitto. A mio parere, senza una fortissima pressione sul Governo israeliano, peggiorerà.
  Il Ministro Crosetto ci ha informato poco fa che Israele prende decisioni in totale autonomia, senza informare omologhi della comunità internazionale. Allora mi domando fino a quando il Governo italiano continuerà ad offrire supporto con la vendita di armi ad Israele, come certificato dagli ultimi dati ISTAT e anche da Leonardo stessa. È possibile, Ministri, avere un elenco chiaro di tutto quello che abbiamo fornito ad Israele fino ad ora, dal 7 ottobre in poi?Pag. 19
  Tutti noi, in questo momento, abbiamo rapporti con personale militare della missione UNIFIL. A me sono arrivati dei messaggi, anche attraverso dei colleghi, che mostravano il terrore che hanno i nostri soldati quando vanno nei bunker. La cosa agghiacciante è che il loro terrore non arriva dai terroristi di Hezbollah, ma da quello che può fare Israele. È agghiacciante questa cosa.
  Permettetemi una battuta, Ministri: la Russia invade l'Ucraina e noi mandiamo armi difensive – secondo le vostre parole – all'Ucraina. Ora abbiamo Israele che invade il Libano e noi mandiamo armi ad Israele. Mi spiegate fino a quando continueremo questo tipo di atteggiamento, che a me appare assolutamente improprio? Bisogna fermare Israele, in questo momento, in questi attacchi.
  In ultimo, permettetemi un invito, che anche una risoluzione ONU nel Consiglio dei diritti umani fa a tutti gli Stati: al punto 14 – la leggo testualmente – invita tutti gli Stati a cessare la vendita, il trasferimento e la diversione di armi e munizioni o altro equipaggiamento militare ad Israele, la potenza occupante, al fine di prevenire ulteriori violazioni del diritto umano internazionale e violazioni e abusi dei diritti umani.
  Ministri, vanno bene le parole, vanno bene gli auspici, ma secondo me è il momento di fare qualcosa di concreto.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor presidente, anch'io ringrazio i Ministri per la loro sollecitudine e per i loro interventi, che esprimono inevitabilmente non solo l'impotenza di un Paese come l'Italia, ma l'impotenza di quello che abbiamo sempre chiamato o evocato come comunità internazionale. Siamo di fronte ad una totale inconsistenza, per ragioni generali e congiunturali. Per quello che riguarda l'Italia e per quello che riguarda l'Unione europea, il Ministro Tajani lo sa benissimo, è desolante l'incapacità che abbiamo di mettere in campo una politica estera che non abbiamo, come Unione europea, che servirebbe e che sarebbe, forse, l'unica modalità – politica estera e di difesa comune – per pensare di avere un minimo di capacità di incidere anche nelle acque di casa nostra; per di più in una fase di transizione, per di più con una presidenza di turno affidata a Orbàn, amico di Putin. Siccome ho poco tempo, ho fatto una sintesi: presidenza affidata all'Ungheria che, come sa il Ministro Tajani, noi pensavamo andasse evitata e fatta slittare.
  Vi è il tema dell'inefficacia delle Nazioni Unite, un discorso enorme, che comunque andrà affrontato. Io sono d'accordo con i colleghi che hanno chiesto di aprire questo tipo di discussione anche nelle Aule, magari alla presenza – meritoria – non solo dei Ministri, ma anche del Presidente del Consiglio.
  Inefficacia dell'ONU. Io sono un multilateralista incrollabile, ma dobbiamo guardare negli occhi la verità: l'incapacità dell'ONU di avere una qualsiasi funzione per la struttura che ha, per le modalità con cui si muove. Noi abbiamo assistito alle elezioni, nel 2023, dell'Iran alla presidenza del Forum sociale del Consiglio per i diritti umani. Queste, oggi, sono le Nazioni unite.
  Vi è il tema delle elezioni americane, nonostante gli sforzi di Biden e di Blinken di ricondurre a maggiore ragionevolezza o a ragionevolezza Netanyahu per quello che riguarda la vicenda di Gaza. C'è un asse inedito, che non c'era due anni fa, tra Russia, Iran – che fornisce le armi alla Russia per colpire l'Ucraina – e Cina; se un asse formale o informale lo vedremo.
  C'è un silenzio – non so se sia un silenzio-assenso, ma è un silenzio importantissimo – dei Paesi arabi in questa vicenda, che credo sia un punto di tenuta della retorica positiva di «due popoli, due Stati», perché il coinvolgimento dei Paesi arabi è necessario su questo (Accordi di Abramo o altro).
  Vengo alla questione libanese. Noi dobbiamo distinguere la vicenda di Gaza dalla vicenda del Libano...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiudo, signor presidente.
  Sono due vicende politicamente unite, ma che vanno mantenute distinte nell'analisi. In Libano oggi non c'è un'invasione; ci Pag. 20sono incursioni che probabilmente hanno distrutto – leggevo stamattina – già la metà dell'arsenale bellico di Hezbollah, che ha occupato e fatto definitivamente fallire, come è stato, il Libano, e su questo bisogna lavorare.
  Credo, lo dico ai Ministri, che, evocando gli scenari migliori, ci si debba preparare anche agli scenari non migliori, di un confronto con escalation tra Israele e Iran. Su questo, secondo me, bisogna prepararsi al peggio – speriamo non accada – e avere un'idea di cosa fare nel caso.
  Grazie.

  STEFANIA PUCCIARELLI. Signori presidenti, vi ringrazio.
  Ringrazio i Ministri per questa informativa preziosa, alla luce della situazione esplosiva che sta avvenendo in Medio Oriente. Li ringrazio per quanto stanno facendo entrambi, in modo molto puntuale ed immediato, anche negli ultimi eventi che stanno avvenendo.
  Riprenderei alcuni passaggi che sono stati fatti. Condivido con l'onorevole Della Vedova la mancanza di una politica estera comune europea; oggi in modo particolare lo vediamo tutti, e – direi – quello che è stato un po' anche il fallimento dell'Europa, in modo particolare, per alcuni programmi che dovevano aiutare l'economia libanese, che di fatto non hanno raggiunto l'obiettivo.
  Noi abbiamo il Libano, oggi, dove Hezbollah funge da ammortizzatore sociale; vi è una situazione in cui la popolazione sopravvive grazie a questi aiuti. Anche per questo ringrazio il Governo italiano, proprio per aver dato un supporto, anche di recente, e nuovi aiuti umanitari per la popolazione.
  Ricordo anche quello che è stato fatto di recente nell'ambito della missione MIBIL, dove di fatto il Governo italiano, attraverso il Ministro della Difesa, ha siglato un accordo che allargava l'assicurazione sanitaria ai militari, alla formazione dei militari libanesi.
  Quello che noi abbiamo lamentato da tempo, di fatto, è rimasta lettera morta e oggi vediamo i risultati. La situazione, già ampiamente rappresentata, è difficilissima. L'appello effettuato dal Governo italiano alla ragionevolezza da parte di tutti per arrivare ad una de-escalation di per sé è un appello pressoché italiano. Oggi quello che è evidente, ed è stato rappresentato, è la sinergia tra il Ministero degli Esteri e della Difesa, una chiara manifestazione di unità del Governo italiano in una risposta come quella che è necessaria per situazioni di questo genere.
  Molte critiche sono state fatte questa mattina. Le ho apprese anche nei giorni scorsi. In un momento così delicato, come quello attuale, scendere a strumentalizzazioni politiche in scenari così delicati non lo ritengo utile per il bene del Paese.
  Ripeto: oggi è necessario avere sinergia e risposte unitarie, come sta facendo il Governo italiano. Il Governo italiano ha sempre preso le difese nei casi in cui dovevano essere prese e ha sempre attaccato e criticato là dove dovevano essere formulate delle critiche.
  Quello che mi pongo come scenario è quale sarebbe stata la risposta di un Governo in cui i due Ministri erano rappresentanti del «campo largo»; avrei voluto vedere la risposta con Ministeri rappresentati da partiti così differenti tra di loro, avrei voluto capire quale reazione potevano avere, quale politica estera potevano adottare e fino a che punto potevano adottare delle misure prima di aver trovato l'unità di intenti.
  Oggi, forse, questo Governo riesce a garantire risposte immediate proprio perché è un Governo votato dai cittadini, che rappresenta l'unità del Paese.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Invito a contenere al massimo gli interventi, sotto i cinque minuti, altrimenti non abbiamo più tempo per la replica dei Ministri.

  ETTORE ROSATO. Signor presidente, farò tutto quello che posso in tal senso, intanto dichiarando che le considerazioni che ha fatto il collega Della Vedova sono anche le mie, quindi non le ripeterò.
  Aggiungo che la posizione del Governo mi sembra ragionevole, espressa in un contestoPag. 21 dove è evidente che il ruolo dell'Italia è importante, per tanti aspetti. Di fronte alla grandezza di quello che sta succedendo, dobbiamo avere la capacità di non mettere in atto una semplificazione eccessiva delle cose, che porta semplicemente ad elencare i tifosi di una parte e dell'altra; qui non c'è da fare il tifo per nessuno.
  Il nostro sostegno ad Israele deriva dal fatto che Israele è un Paese che è stato aggredito e che sta combattendo per difendersi, ma tutte le battaglie giuste sono incompatibili quando le vittime civili assumono una dimensione come quella che stiamo vedendo.
  Dobbiamo essere attenti a non confondere la nostra posizione – che sarà sempre quella di sostegno ad Israele – con un atteggiamento che consenta al Governo Netanyahu di non darsi dei limiti nella sua azione; credo che il Governo faccia sempre bene a ricordare che le vittime civili sono inaccettabili, sotto tutti i profili.
  La situazione in Libano aggrava tutto quello che sta accadendo, ed è stato già detto. Io voglio sottolineare solo due cose: la situazione del Libano, la situazione politica interna, il dramma che viene vissuto in quel Paese è causato da Hezbollah, un'organizzazione terroristica che in quel Paese ha impedito lo sviluppo di un sistema di democrazia forte. La definizione di «terroristi» non è una definizione che abbiamo dato noi qui, come quella di Hamas, e il loro utilizzo degli scudi umani è una delle strategie che hanno sempre messo in campo.
  Dopodiché, noi dobbiamo evitare che ci sia qualsiasi tipo di escalation in Libano e che la capacità di mediazione delle Nazioni Unite diventi un fatto reale. Il passaggio sul cambio delle regole d'ingaggio della risoluzione n. 1701 mi sembra, da questo punto vista, essenziale. Chiedo che il Governo si impegni perché il cambio delle regole d'ingaggio alle Nazioni Unite sia una richiesta dell'Unione europea.
  La seconda ed ultima osservazione che faccio – per rispetto dei tempi – è quella relativa alla Siria, un Paese che sta vivendo una situazione su cui non dobbiamo trascurare un'attenzione di tipo anche politico. Il rientro dei profughi in quel Paese rappresenta un problema gigantesco sotto il profilo umanitario, ma anche un'opportunità che i Paesi occidentali debbono saper sfruttare.
  Oggi quei profughi che stanno in Libano sono sostenuti economicamente dalla comunità internazionale; domani non possiamo pensare che non ci sia nessuno che se ne occupi. Credo che l'Unione europea, da questo punto di vista, debba cambiare il suo approccio, e l'iniziativa italiana in tal senso è assolutamente indispensabile.

  ENRICO BORGHI. Signor presidente, La ringrazio.
  Signori Ministri, la sensazione è che la chiave dell'intera soluzione sia fuori dal teatro di cui abbiamo discusso questa mattina. Gli Stati Uniti vanno ad elezioni, quindi siamo inevitabilmente obbligati ad attendere quell'esito, e comunque sappiamo che, a prescindere da quello che accadrà a Washington, comunque gli Stati Uniti non abbandoneranno Israele; la Cina, partner anche operativo di Teheran, si staglia con tutto il suo peso dietro a quel Paese; i Paesi del Golfo sono silenti e spettatori, quando – come sappiamo – potrebbero essere una chiave della soluzione; l'Unione europea, ahimè, è divisa e silente. Dentro questa cornice, la mia opinione è che il rapporto tra Italia e Francia, per quanto complesso, sia ineludibile. La Francia sbaglia se va da sola, l'Italia sbaglia se non induce la Francia ad un rapporto di cooperazione su questo versante.
  Sappiamo anche che, finché non ci saranno le soluzioni di alcuni nodi aperti, queste discussioni rischiano di scivolare tra il manicheismo e la retorica. Il punto chiave è che cosa ha in mente Israele per Gaza. Gaza oggi continua ad essere un tema aperto e non c'è – o non lo sappiamo – un piano israeliano dello status quo post-conflitto.
  Segnalo anche due elementi alla nostra discussione, all'attenzione del Governo. Il primo: con questa vicenda la Siria torna ad essere un significativo problema ed un tema di relazione con la Siria in qualche modo deve essere posto, non foss'altro per l'innesco di un rischio migratorio che torna ad essere incombente. I numeri parlano chiaro: noi sappiamo che ci sono tra i 3 e i 4 Pag. 22milioni di profughi siriani in Turchia, con Erdogan che li usa come una valvola nei confronti dell'Unione europea. C'è stato un movimento migratorio interno, in queste ore, in Libano di un milione di persone che si sono spostate dal sud al nord, il 20 per cento della popolazione libanese; come se bombardassero domani mattina la Sicilia e 20 milioni di italiani si spostassero da sud a nord. All'interno di quel tessuto, ci sono 2 milioni di profughi siriani; insomma, su quasi 6 milioni di abitanti, 3 sono profughi; è evidente che tutto questo impone l'esigenza di un intervento significativo.
  Da ultimo, ma non ultimo, penso che dobbiamo porre attenzione sul fatto che più si mette l'Iran con le spalle al muro e più va aumentando il rischio di un terrorismo al di fuori di quel teatro e anche nei nostri contesti.
  Per quanto riguarda UNIFIL va detto che il ritiro dell'Italia da UNIFIL verrebbe letto come una sconfitta, lo sa bene il Ministro Crosetto, che giustamente ha sottolineato la nostra permanenza in quel contesto. Sarebbe una sconfitta per noi e sarebbe, soprattutto, un'ulteriore sconfitta per la credibilità dell'ONU, che è già danneggiata. Perché, allora, non provare a capitalizzare la nostra presenza in quel contesto, per incunearci – naturalmente non da soli, ma nei termini che ho cercato di descrivere – tra Israele ed Iran e portarli, obbligarli ad un tavolo negoziale? Abbiamo già svolto in passato un simile ruolo; credo che in questa direzione si debbano attivare i nostri servizi e la nostra diplomazia.
  In conclusione, noi pensiamo che sia il tempo innanzitutto di una valutazione realistica. Dentro questa valutazione realistica, prima di prendere delle decisioni definitive, dobbiamo rispondere, nella questione specifica del Libano, ad una domanda: qual è il vero obiettivo di Israele? È quello di eliminare Hezbollah o è quello di creare un nuovo cordone di sicurezza per quel Paese? Le valutazioni saranno diverse a seconda delle risposte che si daranno a questa domanda.
  In ogni caso, ogni mossa, dal nostro punto di vista, dovrà essere ponderata e non di impulso.

  PRESIDENTE. Ho ancora l'intervento dell'onorevole Cesa, che invito a stare nei cinque minuti, se è possibile anche tre. Dopodiché passeremo ad un brevissimo secondo giro di esponenti di partiti che sono già intervenuti: il presidente Conte, la presidente Boldrini e l'onorevole Maullu. Per questo secondo giro, due-tre minuti al massimo, perché non c'è più tempo per la replica dei Ministri.

  LORENZO CESA. Signor presidente, ringrazio i Ministri per la puntuale informativa. Mi sembra del tutto inopportuno fare polemiche, oggi, nella situazione estremamente drammatica che viviamo in Medio Oriente, che viviamo in Ucraina, che viviamo nel mondo; abbiamo – lo dico da presidente della delegazione NATO – 922 conflitti, micro-conflitti, aperti nel mondo, metterci a fare polemica sulla convocazione non mi sembra il caso.
  Ho visto dei capigruppo importanti, ai quali chiedo di convocare le Camere nelle sedi competenti, che sono gli Uffici di presidenza delle Camere, ed affrontare questo dibattito.
  Utilizziamo questa mattinata per dire alcune cose. Ringrazio molto i Ministri, i quali sono stati molto puntuali nel dire le cose come stanno. Soprattutto, li ringrazio – non sottovalutiamo l'aspetto umanitario – per quello che sta facendo il nostro Governo sotto l'aspetto umanitario, in una situazione tragica che sta vivendo quell'area del mondo.
  Faccio un appello ai Ministri: crediamo più in noi stessi. Noi possiamo svolgere un ruolo ancora più importante, almeno in Libano. Io ci credo, perché ho un po' di conoscenze con il mondo politico, con il mondo religioso, con il mondo militare; so che il Ministro della difesa ha un ottimo rapporto con il capo dell'Esercito libanese, Joseph Aoun. Noi possiamo svolgere un ruolo davvero importante, lo abbiamo già svolto in questi anni attraverso la presenza dei nostri soldati, possiamo ulteriormente Pag. 23svolgerlo, cercando almeno in quell'area del Medio Oriente di trovare una soluzione, quindi mantenendo i nostri soldati e svolgendo il nostro ruolo di mediazione. So che ieri il Presidente del Consiglio ha parlato con il Primo Ministro libanese, Najib Mikati, so che il Ministro della Difesa ha un ottimo rapporto con il capo dell'Esercito ufficiale libanese, so che il Ministro degli Affari esteri tiene quotidianamente rapporti con il Ministro degli Esteri, ma soprattutto si occupa della salvaguardia anche dei nostri cittadini che sono in quell'area del mondo. Quindi, parliamo di queste cose; poi, magari all'interno del Parlamento facciamo pure il dibattito, ma l'appello che faccio è di evitare polemiche sterili.
  Voglio ricordare all'onorevole Fratoianni e al senatore Marton che, se stiamo parlando di questa vicenda, è perché il 7 ottobre di un anno fa è successo qualcosa in Israele, che a me ricorda molto la vicenda delle Torri Gemelle.

  GIUSEPPE CONTE. Anch'io ringrazio i Ministri qui intervenuti per questa informativa. Ci hanno anche offerto un resoconto puntuale delle iniziative di queste ore, di questi giorni e di queste settimane, nell'ambito delle rispettive competenze: operazioni umanitarie in corso, incontri, telefonate con omologhi, iniziative presso l'ONU. Sicuramente è doverosa la massima attenzione che state prestando, in particolare il Ministro Crosetto, anche per la sicurezza del contingente italiano. Su questo siamo assolutamente uniti e tutti parimenti preoccupati.
  Permettetemi, però, di dire che ciò che purtroppo emerge anche dai vostri interventi – spero che il confronto continui in Parlamento in modo molto più ampio – è che questo Governo non riesce a fornirci linee di indirizzo politico per quanto riguarda l'interpretazione di quello che sta succedendo, da cui ovviamente ne consegue anche posizioni ben chiare per quel che riguarda il diritto internazionale umanitario e condotte compatibili o meno con il diritto internazionale umanitario. Questo vale in particolare per il conflitto mediorientale, per questo incendio, vale meno per il conflitto russo-ucraino, dove invece ci siamo messi sotto il cappello della NATO e ci siamo adeguati a questa strategia militare dell'escalation militare. In quest'ultimo caso, la linea di indirizzo che corrisponde a questa strategia militare è molto chiara ed è molto chiara anche negli ultimi sviluppi ovverosia, avendo ormai accettato l'escalation, accettiamo anche l'accelerazione non solo con le armi, ma anche con riconoscimenti, con accelerazione dell'ingresso nella NATO – come è stato dichiarato da ultimo dal Presidente Biden e dal Segretario Generale Rutte – dell'Ucraina. Quindi, lì c'è una linea molto chiara, che noi riteniamo completamente sbagliata. Sapete, infatti, che riteniamo che avremmo sicuramente avuto più probabilità di risolvere le morti e le distruzioni investendo nella svolta negoziale, piuttosto che nell'escalation militare.
  Venendo al conflitto mediorientale – ormai dobbiamo chiamarlo così – noi vorremmo che il Governo prendesse una posizione chiara, e per chiara intendo condannare i terroristi di Hamas, condannare le azioni terroristiche di Hezbollah, condannare, da ultimo, il lancio dei missili balistici dall'Iran – senza se e senza ma, senza dubbio –, ma altrettanto chiara anche nei confronti di Israele. Su questo, quei passaggi, quelle votazioni, quelle astensioni all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite fanno male alla nostra credibilità di interlocutori che possono avere un ruolo da protagonisti, possono intervenire per cercare di recuperare una bussola che si è persa.
  Anche oggi ho sentito interventi dove, a seconda dei punti di vista, ci si ferma unilateralmente al 7 ottobre 2023, quindi si cerca di ricostruire una realtà così complessa, con un'eziologia così complessa, partendo da un fatto specifico, indubbiamente gravissimo, ignobile, orribile. Ho sentito pure dire che è stato un tentativo di olocausto: ma, allora, quello che è accaduto dopo a Gaza, per dodici mesi, che cos'è? Quando usiamo i concetti e le parole, ci rendiamo conto che dobbiamo essere credibili, sostenibili?Pag. 24
  Io sono rimasto negativamente sorpreso, scioccato dall'intervento del Primo Ministro Netanyahu all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Egli ha ricordato che, dal 2014, sono 174 le condanne di Israele da parte dell'Assemblea delle Nazioni Unite. Ma dovrebbe chiedersi perché. Io mi chiedo perché non c'è stata l'Italia e, da ultimo, perché non si è aggiunta alle ultime condanne. Dunque, sentir definire l'ONU un «pantano antisemita» ti fa pensare.
  Oggi dobbiamo denunciare le violazioni del diritto internazionale umanitario con fermezza, ovunque succedano. Oggi dobbiamo denunciare che anche il più ingiusto torto non può essere riparato dalla più feroce rappresaglia. Oggi dobbiamo denunciare che, se esiste il principio della tutela dell'integrità e della sovranità territoriale, esiste per tutti, e lo deve rispettare anche Israele. Non possiamo accettare attacchi distruttivi che non distinguano terroristi da civili inermi, donne e bambini, sennò non siamo credibili. Quindi, ben venga il tentativo di mantenere un dialogo, perché l'Italia è sempre stata tradizionalmente capace di intessere un dialogo.

  PRESIDENTE. Onorevole Conte, La invito a concludere.

  GIUSEPPE CONTE. Non dobbiamo crearci dei nemici – parlo del dialogo con il nuovo Ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi –, ma dobbiamo cercare di mantenere un tessuto di dialogo a livello internazionale; diversamente sarà solo guerra, guerra e guerra.
  La migliore risposta – e concludo – al discorso del Primo Ministro Netanyahu sapete chi l'ha data? Il Ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi – Ministro Tajani, Lei l'avrà incontrato - alle lamentele del Primo Ministro Netanyahu, che dichiarava che Israele è circondata solo da nemici, il Ministro Safadi ha risposto, giovedì scorso, all'esito di un summit, ricordando a Israele che ci sono cinquantasette Paesi arabi e musulmani che vogliono la pace con Israele, ma Israele deve riconoscere lo Stato di Palestina.

  PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi parlamentari di stare nei tre minuti.

  LAURA BOLDRINI. Ringrazio i Ministri per essere venuti qui, oggi, a riferire. Chiaramente avremmo preferito che lo facessero in sede di Aula. È nelle nostre prerogative chiederlo ed è nelle prerogative della Conferenza dei Capigruppo riuscire ad ottenerlo. Comunque, provvederemo a reiterare questa richiesta.
  Credo che vadano condannati gli attacchi iraniani con i missili contro Tel Aviv. Condannammo quelli di aprile scorso – peraltro, mi trovavo in Giordania e vidi questi missili e questi droni passare sui cieli di Amman –, vanno condannati anche quelli della scorsa notte. Ciò detto, penso che, se non vogliamo cadere in un pericolosissimo rischio di doppio standard, dobbiamo andare oltre. Dobbiamo anche condannare l'attacco israeliano all'Ambasciata iraniana a Damasco; dobbiamo anche condannare l'attacco israeliano a Teheran per uccidere Haniyeh; dobbiamo anche condannare l'attacco israeliano in Libano per uccidere Nasrallah; dobbiamo anche condannare l'attacco terroristico fatto con i cercapersone e i walkie-talkie; dobbiamo anche condannare l'operazione militare via terra di Israele in Libano.
  Badate, normalmente i criminali si perseguono, si portano davanti ad un tribunale e si condannano. Questo ci dice il sistema di regole condivise che ci siamo dati dopo la seconda guerra mondiale; non si può fare un'eccezione per nessuno; diversamente, se si fa un'eccezione, allora si straccia quel sistema e si entra nel caos generale, nel caos globale. Non è che quel sistema vale per tutti, tranne che per Israele. Chi ha voluto questa escalation si chiama Benjamin Netanyahu, e l'ha voluta perché vuole disegnare un nuovo ordine, perché a Benjamin Netanyahu interessa il caos per rimanere al potere, e questo lo sapete tutti. Lo sapete che è così, perché ogni volta ha rifiutato ogni possibile tregua per il cessate-il-fuoco, ogni volta ha fatto azioni extra-territoriali violando la sovranità territoriale di altri Stati. Lo ha fatto in Siria, lo ha fatto in Iran, lo ha fatto in Libano.Pag. 25
  Ministri, o la sovranità nazionale è un principio che noi dobbiamo difendere sempre oppure non è un principio. Se lo è per l'Ucraina – giustamente – lo deve essere anche per la Palestina e anche per il Libano, perché, altrimenti, il doppio standard, ve lo dico, ci espone alla totale perdita di ogni credibilità internazionale, alla nostra perdita di autorevolezza in tutto il mondo, come europei e come italiani.
  Avete la presidenza del G7? Fate una proposta, Ministro Tajani e Ministro Crosetto. Fatela. Passiamo dalle esortazioni, dagli inviti, ai fatti, alle azioni concrete. Non funziona con Netanyahu invitarlo, come ho sentito, alla ragionevolezza, perché non è il suo codice. Andiamo a proporre al G7 qualcosa di più, un cambio di schema. Chiediamo di non vendere armi, di non dare armi ad Israele che le usa contro i civili; chiediamo le sanzioni; le sanzioni sono state fatte contro Putin – giustamente –, chiediamo che siano fatte anche contro Netanyahu; chiediamo la sospensione dell'Accordo di Associazione Israele-Unione europea. Fate queste proposte. Questa è un'iniziativa politica, date un senso alla presidenza del G7.
  Io penso che questo silenzio, questo basso profilo che l'Italia sta tenendo fa perdere terreno all'Italia che, in tempi non troppo antichi, aveva un ruolo centrale nella mediazione con il mondo arabo.
  Penso che l'occasione del G7 vada colta, vada spesa per riuscire a lasciare un segno e a fare una proposta concreta. Vorrei avere dai due Ministri una risposta su tre azioni concrete che ho posto all'attenzione e che penso possano essere qualcosa di materiale su cui riuscire a ragionare insieme agli altri partner europei e del G7.
  Grazie.

  STEFANO GIOVANNI MAULLU. Ringrazio i due Ministri, che hanno offerto un quadro d'insieme che credo rassicuri tutti noi sull'azione del Paese che, tradizionalmente, nel bacino del Mediterraneo – in Libano in particolare – ha sempre avuto un'interlocuzione trasversale che ci ha consentito di essere, a differenza dell'Unione europea, gli unici in grado di poter agire dal punto di vista diplomatico e politico.
  Credo, però, che una certezza esista oggi, ed è quella che noi non vedremo un Ministro di questo Governo andare a braccetto con Hezbollah, un gruppo terroristico che vive soggiogando la popolazione, che ha cannibalizzato il Libano, che ha ammazzato – un terribile assassinio – Hariri, i 250 marines, i 58 paracadutisti francesi, Pierre Gemayel, che era l'elemento di congiunzione dei cristiano-maroniti con le altre etnie, che ha cannibalizzato totalmente un Paese che una volta era l'elemento centrale del Medio Oriente.
  Io credo che tutto questo vada riconosciuto, così come le regole di ingaggio che sono state richiamate. Gruppi terroristici, come Hamas e Hezbollah, usano i civili come scudi umani ed è l'unica regola di ingaggio che conoscono, perché questo è l'elemento che rende la popolazione soggiogata rispetto a questo sistema. Porre sullo stesso piano una democrazia compiuta – pur con tutti i limiti operativi che può sviluppare in termini di difesa – accanto a questo sistema, spalleggiato da una teocrazia religiosa che ha ridotto un intero Paese, la Persia, in condizioni che tutti noi vediamo e soprattutto elementi politici che odiano le donne e gli omosessuali, i più deboli, e tutti gli altri, vedere oggi – e sentire soprattutto – che si possono mettere sullo stesso piano elementi di natura politica di questo tipo, credo che non faccia onore a questo Parlamento – ovviamente per tutte le espressioni che sono state fatte –, ma neanche alla tradizionale politica che l'Italia ha sempre sviluppato.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Tajani per la replica.

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Intanto parto da una questione di principio: Zelensky non è Nasrallah; Zelensky è il Presidente di un Paese eletto democraticamente. Hezbollah non è uno Stato; lo Stato libanese è un'altra cosa; esistono Forze armate libanesi; Hezbollah è una organizzazione militare che non è inquadrata nello Stato libanese. Questo va detto in maniera molto chiara, perché non si può equiparare Pag. 26Zelensky a Nasrallah. Nasrallah è uno che ha ammazzato duecento marines americani e si è macchiato di tanti altri reati. Quindi, per carità, tutto va sempre detto e fatto per portare la pace, però non si può fare questa equazione, perché è un'equazione assolutamente sbagliata.
  Per quanto riguarda le iniziative, per gli aspetti umanitari – che credo stiano a cuore a tanti – l'Italia è stato il primo Paese dell'Unione europea – il primo Paese in assoluto – che è intervenuto per dare aiuti umanitari concreti al Libano. Ci sono già state riunioni ieri mattina e l'altro ieri sera per concordare il materiale da inviare e per concordare i finanziamenti e a chi darli. I finanziamenti verranno dati alle organizzazioni anche non governative.
  Il tavolo – mi rivolgo all'onorevole Provenzano – è aperto ed è sempre stato super-operativo. Anche ieri c'è stata una riunione con il nostro Ambasciatore, con le organizzazioni non governative che stanno in Libano; un'altra riunione è prevista tra oggi e domani. Come ho detto e come era scritto nel comunicato, invieremo i finanziamenti anche alle nostre organizzazioni presenti lì per aiutare la popolazione civile libanese. Questa è un'iniziativa politica concreta, così come è un'iniziativa politica concreta l'operazione Food for Gaza, perché sono arrivati a destinazione già – come ho detto prima – decine di containers con beni alimentari raccolti in Italia; per questa operazione abbiamo avuto il sostegno sia di Israele sia dell'Autorità nazionale palestinese; queste sono cose concrete per aiutare la popolazione che soffre, per aiutare sia i palestinesi sia i libanesi.
  Per quanto riguarda la popolazione sfollata siriana, noi già da tempo abbiamo deciso – come voi sapete – di nominare l'Ambasciatore in Siria, che da tempo non c'era. È stata un'iniziativa politica italiana, che ha aperto nuovi scenari anche all'interno del G7, anche all'interno dell'Unione europea, perché sappiamo bene che c'erano altri Paesi che non volevano assolutamente aprire nessun tipo di confronto con la Siria. Questa, quindi, è un'iniziativa politica.
  Per quanto riguarda le iniziative politiche, voglio ricordare agli onorevoli parlamentari che durante la riunione dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea – dove non ci sono state conclusioni, ma questo non dipende da noi, noi eravamo pronti a sostenere tutte le conclusioni di cui si era parlato, ma altri Paesi non l'hanno fatto – noi abbiamo insistito su quattro punti, su cui andremo avanti per conto nostro: nuovi aiuti umanitari; evacuazione coordinata – se necessaria – delle popolazioni civili e di nazionalità europea; sostegno e rafforzamento della missione UNIFIL; azione politica per il cessate-il-fuoco.
  Personalmente sono andato a parlare con il Ministro degli Esteri iraniano, come ricorderete, perché ci fosse un'influenza dell'Iran nei confronti di Hezbollah e degli altri per il cessate-il-fuoco. Tema fondamentale è l'elezione del nuovo Presidente libanese; quella è una chiave fondamentale.
  Sono tutte azioni e cose concrete che noi abbiamo fatto. Sono iniziative politiche concrete. Anzi, addirittura ieri ho ascoltato anche le richieste del Governo tunisino, ho parlato con il Ministro degli Esteri della Tunisia che chiedeva il sostegno per evacuare i tunisini che sono in Libano, che non sono in grado di poter rientrare.
  Per quanto riguarda la Palestina, non mi pare che la decisione della Spagna, per esempio, di riconoscere la Palestina abbia avuto alcun effetto politico concreto. Riconoscere la Palestina significa costruire lo Stato palestinese. Oggi la Palestina, come sapete bene, è divisa in due parti: la Cisgiordania e Gaza, una sotto il controllo di Hamas e l'altra, di fatto, sotto il controllo dell'Autorità nazionale palestinese, con la presenza dei coloni israeliani aggressivi e violenti, cosa che noi abbiamo condannato, abbiamo votato a favore delle sanzioni per i coloni israeliani che commettono violenze in quella parte della Palestina. Questa è una proposta politica, è un'iniziativa politica concreta, come possono dimostrare tutti i Ministri, anche dei Paesi arabi, con i quali siamo in contatto. Noi siamo favorevoli alla nascita di uno Stato palestinese, con la presenza, in una fase transitoria della riunificazione, di una missione delle Pag. 27Nazioni unite a guida araba e abbiamo dato disponibilità a inviare anche nostri militari; ci sono stati già chiesti – sono stati chiesti a me e al Ministro Crosetto – duecento carabinieri per la formazione della polizia; abbiamo dato subito disponibilità a farlo. Questa è una proposta, un'iniziativa politica, che non coincide con gli interessi di Israele, perché Netanyahu non vuole lo Stato palestinese. Noi, invece, da questo punto di vista, stiamo facendo delle proposte concrete e lavorando concretamente.
  Noi non siamo, però, i padroni della situazione. Noi possiamo fare soltanto iniziative politiche, e questa si chiama «iniziativa politica», che non coincide con i desideri di Netanyahu, che non vuole lo Stato palestinese e non vuole neanche la missione lì.
  Noi lo abbiamo detto e fatto. Quindi, le iniziative politiche ci sono eccome, fermo restando che non ci riesce la Cina, non ci riesce la Russia, non ci riescono gli Stati Uniti a far sedere allo stesso tavolo Netanyahu e gli iraniani. Noi possiamo soltanto cercare di favorire il dialogo, sennò lo avremmo già fatto; non è che non ci rendiamo conto della gravità della situazione.
  Per quanto riguarda il tema delle armi, lo ripetiamo per l'ennesima volta, perché lo abbiamo detto decine di volte, il Ministro Crosetto ed io: dopo il 7 ottobre il Governo ha sospeso le nuove autorizzazioni alle esportazioni, ai sensi della legge n. 185 del 1990. Non sono stati più attuati i contratti firmati dopo il 7 ottobre. Per quanto riguarda le licenze di esportazione verso Israele anteriori al 7 ottobre, è stata effettuata una valutazione caso per caso, nel pieno rispetto della legge n. 185, della normativa europea e internazionale. Addirittura, è stata anche revocata un'autorizzazione, in via del tutto precauzionale, per test di munizioni marine.
  Tutto ciò è scritto nella relazione annuale relativa la 2023 inviata al Parlamento. Quindi, anche rispetto alle ulteriori richieste, nonostante le pressioni di aziende italiane che rischiano di chiudere e lasciare per strada centinaia di lavoratori, abbiamo detto che non è possibile non rispettare una legge della Repubblica. Da questo punto di vista, quindi, noi non abbiamo inviato armi a nessuno, questo deve essere molto chiaro. Tutto ciò che è stato fatto dopo il 7 ottobre non ha avuto attuazione. Questo lo abbiamo detto, lo abbiamo ribadito più volte.
  Direi, quindi, che il Governo ha fatto tutto ciò che era in suo potere per rispettare le regole.
  Non è vero che non abbiamo mai preso le distanze da quello che faceva Israele. Lo abbiamo detto e ripetuto in più di una occasione. Ricordo addirittura il primo intervento che feci, quando ci fu un'azione di tipo militare nei confronti di una chiesa nella Striscia di Gaza. L'ho ribadito anche stamattina, nell'intervista che ho rilasciato al Corriere della Sera. Basta leggere quello che abbiamo sempre detto. Certamente non possiamo considerare Hezbollah come Israele, perché Hezbollah non è uno Stato, ma è un'organizzazione, non si possono mettere sullo stesso piano. Oggi sono partiti dalla zona controllata da Hezbollah più di cento nuovi missili contro Israele. Hezbollah non è un'organizzazione caritatevole, è un'organizzazione che continua ad attaccare Israele da tutti i punti di vista, sta svolgendo un'azione militare, e credo sia diritto di Israele difendersi e difendere la propria popolazione, perché vivono nel nord di Israele migliaia e migliaia di persone, compresi molti cittadini italiani.
  Detto questo, tutti stiamo lavorando per il cessate-il-fuoco, tutti quanti – come abbiamo ribadito il Ministro Crosetto ed io – siamo per far rispettare la risoluzione n. 1701, siamo per allontanare Hezbollah dietro il fiume Litani, siamo favorevoli anche a creare una zona che possa essere assegnata all'Esercito libanese. L'Esercito libanese è l'Esercito dello Stato libanese, non sono Hezbollah i militari dell'Esercito libanese. C'è un Esercito regolare e c'è uno Stato che deve essere rispettato.
  Il Presidente del Consiglio ieri ha parlato con la massima autorità dello Stato libanese, non ha parlato con il capo degli Hezbollah. Questo è quello che dobbiamo chiarire, perché sono due cose molto, molto diverse.Pag. 28
  Certamente la nostra diplomazia, come la nostra Unità di crisi – e li ringrazio, come ringrazio i nostri militari – sta dando il massimo per far svolgere un ruolo positivo al nostro Paese e per tutelare l'incolumità di tutti i nostri concittadini.
  Questo brevemente, poi potremo approfondire tutti gli altri argomenti. Ripeto: non dipende né da Crosetto né da me il luogo dove si svolgono i dibattiti con voi e le informative che dobbiamo darvi. L'onorevole Boldrini è stata Presidente del Parlamento italiano e conosce bene il regolamento, sa come funzionano le cose e da chi dipendono. Per noi venire qua o venire in aula è la stessa cosa...

  LAURA BOLDRINI. L'ho detto, Ministro...[intervento fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Organizzatevi e invitateci. Io posso venire pure domani mattina. Non abbiamo problemi.

  LAURA BOLDRINI. Se la maggioranza non è favorevole... [intervento fuori microfono]

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Siate più convincenti, allora.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Faccio solo una considerazione, totalmente personale: io ritengo che, più che una questione di luogo, sia una questione di tempo. Secondo me, argomenti di questo tipo ha più senso discuterli in un clima come questo, in cui c'è un'interlocuzione reale e, magari, una discussione non dettata dai tempi dell'Aula; ha più senso discuterli qua, con le persone che si occupano di questi temi concreti, in un luogo dove si può anche interagire, piuttosto che alla Camera, dove chiaramente ha un'altra valenza, una valenza praticamente esterna.
  A me e al Ministro Tajani queste discussioni interessano perché ogni suggerimento è buono. Semplicemente, noi stiamo governando tempi senza avere l'esperienza di tempi come questi nella nostra storia e nella nostra vita. Stiamo governando, per la prima volta, fenomeni nel mondo a cui non siamo abituati, per cui nessuno di noi ha studiato e che affrontiamo giorno per giorno, in un'evoluzione continua. Lo ricordo a me e a tutti voi: intanto noi siamo l'Italia, non siamo gli Stati Uniti, non siamo la Cina. L'unico modo con cui possiamo esplicitare un ruolo forte in questo mondo sempre più complesso è attraverso gli organismi internazionali, ed è quello che abbiamo fatto, attraverso l'ONU, attraverso l'Unione europea.
  A chi dice che non ci sono state scelte politiche o posizioni politiche voglio dire che non è assolutamente vero: siamo uno dei pochissimi Paesi al mondo che ha avuto delle scelte, che si è mosso. Noi ci siamo mossi con l'ONU più di un anno fa, sollecitando un intervento sulla missione UNIFIL che cambiasse le regole di ingaggio, per consentire a UNIFIL di esercitare il ruolo che avrebbe potuto evitare, quello a cui stiamo assistendo. L'abbiamo messo per iscritto, l'abbiamo detto pubblicamente, siamo stati l'unica Nazione, tra le cinquanta, a sollecitare l'ONU, e l'abbiamo fatto in tutti i modi possibili, dicendo: «Non vi sollecitiamo perché vogliamo avere un ruolo maggiore, vi sollecitiamo perché se UNIFIL non assolve al proprio ruolo arriverà Israele ad assolverlo». Perché Hezbollah – non il Libano – viene considerato un nemico, perché sta diventando un problema sempre più grande per la parte nord d'Israele, perché quello che è successo era leggibile, prevedibile già un anno e mezzo fa. Unici al mondo, noi lo abbiamo detto.
  Abbiamo avuto una posizione chiara su Hamas, l'abbiamo avuta fin dall'inizio. «Due popoli, due Stati» non abbiamo mai avuto paura a dirlo e a farlo. Infatti, duecento carabinieri italiani ci sono stati chiesti dagli Stati Uniti, dopo la nostra offerta, perché sono gli unici accettati per formare le forze di polizia palestinesi a Gerico. Guardate che questo è un riconoscimento al nostro Paese, ma è frutto di un'azione, anche politica, del nostro Paese. Se tu non costruisci le condizioni per cui il futuro Stato palestinese sia in sicurezza, quindi formi le Pag. 29sue forze di polizia, non costruisci le condizioni perché esista uno Stato palestinese. Ci siamo mossi in quella logica fin dall'inizio, ma non oggi, non dopo questa ulteriore invasione, bensì mentre c'era la guerra a Gaza, che adesso, per fortuna, pur rimanendo drammatica, sta diminuendo di intensità; Israele l'ha declassificata da intervento militare a lotta al terrorismo, che nel loro linguaggio significa che diminuirà l'intensità di quello che succede a Gaza, sempre gravissimo.
  Noi abbiamo fin dall'inizio perseguito con fatti e con azioni – anche non dicendole sui giornali, anche non proclamandole – che consentissero di arrivare all'obiettivo finale, cioè la stabilizzazione di un'area che abbiamo in mente possa stabilizzarsi soltanto con «due popoli, due Stati».
  Ci sono solo atti concreti da parte di questo Governo. Ve ne dico un altro: noi abbiamo iniziato a parlare di interventi sulle Forze armate libanesi un anno e mezzo fa. Abbiamo sollecitato tutti quei Paesi che vi ho citato nel mio intervento a fare la conferenza dei donatori, ad assumersi l'onere finanziario per addestrare le Forze armate libanesi, che erano la garanzia che non avvenisse quello che sta avvenendo. Un anno e mezzo fa l'abbiamo portata avanti, abbiamo messo assieme tutti questi Paesi, abbiamo dialogato con le Forze armate libanesi, abbiamo costruito i meccanismi, e stiamo dando aiuti alle Forze armate libanesi. Perché si stanno dissolvendo le Forze armate libanesi? Per un semplice motivo, l'inflazione ha distrutto il potere d'acquisto di tutti in Libano, compresi i militari. Per cui, un militare che prima guadagnava – faccio un paragone italiano – 2 mila euro al mese adesso ne guadagna 100. Chiaramente, se dall'altra parte c'è un'offerta di Hezbollah, che, come diceva prima il Ministro Tajani, non è un'organizzazione umanitaria e non ha nulla a che fare con il Libano... È un'organizzazione che ha occupato una parte del Libano, che ha messo su una forza armata che contrasta le Forze armate ufficiali libanesi, ma che ha un potere economico, che le deriva dai suoi rapporti con l'Iran, di molto superiore a quello dello Stato libanese.
  Ci siamo preoccupati un anno e mezzo fa e stiamo portando avanti questa cosa. Ci sono molti atti concreti di cui non il Governo, ma l'Italia può essere fiera in questa situazione drammatica, che – lo ripeto – noi possiamo affrontare con azioni singole nazionali, ma soprattutto spingendo la comunità internazionale a farle. Per quello che possiamo fare noi, per tutto quello che noi possiamo sforzarci di fare, vi assicuro che ci stiamo sforzando il Ministro Tajani, il Presidente Meloni ed io da due anni su questi fronti. Ce n'è un altro che mi preoccupa, non come questi, ma potenzialmente deflagrante come questi, molto più vicino a noi, di cui ci stiamo occupando, dall'altra parte dell'Adriatico, nei Balcani. Purtroppo, viviamo in tempi sempre più complessi anche in quelle aree.
  Il tema è quello che possiamo fare noi e quello che dobbiamo fare noi nelle Organizzazioni internazionali. Prima c'è stata una critica rispetto alla mancanza di una politica estera europea: noi abbiamo sollecitato più volte una politica estera europea unica, non solo nel Medio Oriente, ma anche in Africa. Purtroppo, non si è riusciti a farla, ci sono agende nazionali. Qualcuno ha sollecitato il rapporto con la Francia: è da ieri che mi sento con il mio collega francese sul Libano, o con il mio collega spagnolo, indipendentemente dalle posizioni politiche dei Paesi, perché affrontiamo queste crisi non da posizioni politiche. Ci siamo sentiti proprio per sollecitare insieme l'ONU, ad esempio, ad una risposta su cose tecniche che avvengono ogni giorno, su cui ogni tanto si viene a mancare, anche nella comunicazione con Hezbollah, da una parte, e con i libanesi o con Israele, dall'altra; per cui, c'è un'azione continua e costante di questo Paese.
  Così come la tutela dei nostri militari e le garanzie per i nostri civili. Il Ministero degli Esteri sta coordinando voli aerei che ormai non esistono più in quelli privati. Noi abbiamo messo a disposizione e mandiamo tutti i giorni aiuti umanitari con i C-130; l'altro giorno qualcuno polemizzava e chiedeva come mai girano aerei della difesa verso Beirut, quasi pensando che quegli aerei potessero essere un supporto a Pag. 30chissà quale attacco; erano aerei che portavano aiuti umanitari, e ci sono aerei continuamente, tutte le settimane, dell'Aeronautica che, coordinati dal Ministero degli esteri, portano aiuti umanitari; non lo diciamo neanche, non lo dichiariamo; esiste un continuo lavoro da parte nostra per fare quello che possiamo.
  Ripeto: il momento è drammatico e noi ne possiamo uscire solo con un fortissimo impegno della comunità internazionale, che è divisa su questi temi, completamente divisa. Lo sappiamo tutti. È una situazione storica di cui prendiamo atto tutti. Vi assicuro, però, che all'interno di questa nebbia la posizione che ha mantenuto il Governo italiano fino a questo momento è quella che richiama il diritto internazionale, sempre e comunque, che richiama i limiti del diritto internazionale per tutti – sia che si chiamino «Israele» sia che si chiamino «Russia», non esiste diversità –, ma che sa discernere, che non mette sullo stesso piano i Paesi e le organizzazioni terroristiche. Non possiamo fare l'errore di mettere sullo stesso piano le organizzazioni terroristiche e i Paesi democratici, anche quando i Paesi democratici fanno cose che non condividiamo e che condanniamo.
  È difficile mantenere la linea in tempi come questi. Per questo, secondo me, servono dibattiti come questi, che ci aiutano a confrontarci, che ci danno suggestioni a cui non avevamo pensato. Alcune sono arrivate anche oggi, per quanto mi riguarda.
  Vi ringrazio. La disponibilità, come diceva prima il collega Tajani, nei limiti e nei tempi possibili, c'è sempre stata, ci sarà sempre e continuerà ad esserci. Dal confronto con il Parlamento abbiamo molto da prendere e poco da dare.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Crosetto.

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Posso dare un'informazione?

  PRESIDENTE. Prego.

  ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Mi scuso con i deputati, perché oggi pomeriggio era prevista la mia presenza al question time, però è stata anticipata la riunione del Quintetto alla stessa ora. Ci sarà il Ministro Ciriani, che risponderà in mia vece. Purtroppo, il dono dell'ubiquità ancora non ce l'ho. In futuro, magari, può essere.
  È una presenza importante quella dell'Italia, perché il Quintetto svolge un ruolo politico. Poi vedremo con il G7. Se non c'è l'Italia si chiedono perché non ci sia, invece l'Italia c'è. Anche oggi in Consiglio di Sicurezza ci sarà l'intervento del rappresentante italiano, come ho detto prima.
  Il nostro Paese è presente in tutte le iniziative multilaterali e anche di organizzazioni legate all'Occidente.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro.
  Ringrazio i Ministri Tajani e Crosetto, i presidenti e tutti gli intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.40.