XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Mercoledì 22 maggio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Clifford Mark , rappresentante del ... 3 
Sabah Mark , rappresentante del ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Centemero Giulio (LEGA)  ... 8 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 8 
Gardini Elisabetta (FDI)  ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 9 
Porta Fabio (PD-IDP)  ... 9 
Formentini Paolo , Presidente ... 9 
Clifford Mark , rappresentante del ... 9 
Sabah Mark , rappresentante del ... 11 
Clifford Mark , rappresentante del ... 13 
Formentini Paolo , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Committee for Freedom in Hong Kong .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-pacifico, l'audizione di rappresentanti del Committee for Freedom in Hong Kong.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il Dottor Mark Clifford, Presidente della Committee for Freedom in Hong Kong, e il Dottor Mark Sabah, Direttore per l'Unione europea e il Regno Unito.
  Ricordo che il Committee for Freedom in Hong Kong è un'organizzazione che nasce per promuovere la tutela delle libertà fondamentali ad Hong Kong: nonostante gli obblighi legali, i Trattati e le ripetute promesse secondo cui Hong Kong avrebbe continuato a godere delle libertà esistenti, dal passaggio di consegne dal Regno Unito nel 1997 la Cina ha conculcato la libertà dei media, le libertà di parola e di riunione, più in generale la matrice democratica che aveva sempre contraddistinto l'ex colonia inglese; in particolare, nel giugno 2020 la Cina ha introdotto a Hong Kong una dura legge sulla sicurezza nazionale, che ha esteso in maniera indebita i concetti di «sovversione», «separatismo», «terrorismo» o «collusione straniera»: come conseguenza, decine di oppositori politici sono stati perseguitati e incarcerati.
  Si tratta di un precedente assai pericoloso, che aumenta le preoccupazioni sul futuro di Taiwan, da cui dipendono molti dei futuri equilibri geopolitici globali.
  Forniti questi elementi di contesto, do subito la parola al Presidente Clifford, affinché svolga il suo intervento.

  MARK CLIFFORD, rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong. Grazie, signor Presidente e grazie a tutti i membri del Comitato. Apprezzo molto questa opportunità che mi è stata fornita di parlare con voi della situazione attuale ad Hong Kong e anche di fare un collegamento con l'ambiente geopolitico globale.

  Come avete già sentito, la Cina aveva promesso – nel Trattato internazionale del 1984, quando c'è stato il passaggio delle consegne per Hong Kong – che i diritti e le libertà esistenti nell'ex colonia britannica sarebbero rimasti intangibili per cinquanta anni. Di fatto, la Cina aveva promesso molto di più: con la Mini-Costituzione, la Legge Fondamentale, aveva promesso ai cittadini di Hong Kong che sarebbero stati i padroni di casa e avrebbero goduto di maggiore libertà sotto il dominio cinese che non nei 156 anni di dominio britannico, che avrebbero goduto del diritto alla libera associazione, alla libertà di culto e di parola, del diritto al processo con giuria. Tutto ciò che noi, che viviamo in Paesi democratici e in società aperte, diamo per scontato. La Cina era andata oltre, promettendoPag. 4 che per la prima volta Hong Kong avrebbe goduto di una democrazia che non aveva avuto sotto il Regno Unito, quando aveva avuto la libertà civile, ma non aveva avuto libertà politica né democrazia politica. La Cina aveva promesso a Hong Kong che i suoi cittadini sarebbero stati i padroni di casa e che Hong Kong sarebbe stata governata dai cittadini di Hong Kong.

  Prima di andare oltre con le mie considerazioni, vorrei presentarmi, così sapete chi state ascoltando: io mi sono trasferito nel 1992 ad Hong Kong, cinque anni prima del passaggio di consegne britannico; ero un giornalista, lavoravo per riviste internazionali, ma ho avuto anche l'onore e il privilegio di essere redattore capo di due quotidiani in lingua inglese, il South China Morning Post e The Standard, di cui sono stato editore. Quindi conosco molte delle persone coinvolte nella questione, su entrambi i fronti. Sebbene molti di noi siano stati scettici in merito al fatto che una Cina guidata dal Partito comunista cinese potesse continuare a lasciare Hong Kong libera di prosperare, per la prima decina di anni è prevalso un cauto ottimismo. La Cina continuò a consentire a Hong Kong la commemorazione del massacro di Piazza Tienanmen del 4 giugno. Si è trattato dell'unico posto del territorio cinese in cui era possibile continuare ogni anno a celebrare quella commemorazione. Quindi ogni anno, il 4 giugno, decine e spesso centinaia di migliaia di persone si riunivano al Victoria Park di Hong Kong per una serata di tributo solenne e di memoria del massacro e dei morti di Piazza Tienanmen. Io ho preso parte all'ultima di queste commemorazioni, nel 2019, e c'erano all'incirca 160 mila persone. Si è trattato di un evento straordinario, pacifico, con persone di ogni età, dai bambini di pochi mesi alle persone quasi centenarie, una grande manifestazione di orgoglio e partecipazione civile a Hong Kong.

  Ci sono state anche altre manifestazioni. Nel 2003 500 mila persone scesero in strada nel ben riuscito tentativo di evitare che la Cina imponesse a Hong Kong una legge per la sicurezza nazionale. Giustamente gli abitanti di Hong Kong temevano che una legge sulla sicurezza nazionale potesse essere usata per ridurre e porre fine alle libertà che erano state promesse dalla Cina. E infatti quasi immediatamente, sulla scia di queste proteste, due Ministri rassegnarono le dimissioni; e poco meno di un anno dopo, anche il sindaco si dimise. Quindi, si vide all'epoca che la gente di Hong Kong stava sviluppando un proprio modo di farsi sentire.

  Nel 2012, quando il Governo tentò di imporre nel sistema scolastico un'istruzione propagandistica in stile comunista, gli studenti scesero in piazza e il Governo ritirò le proposte. Quindi fu evidente che c'era una certa dose di tolleranza nei confronti del dissenso. Ma quanto tempo poteva durare il dissenso a Hong Kong? Fino a che punto le pressioni per una maggiore apertura e per le aspirazioni democratiche potevano andare avanti senza infrangersi contro il muro del Partito comunista cinese?

  Nel 2014 il Partito comunista cinese cominciò a perdere la pazienza con gli abitanti di Hong Kong per tutte le promesse di maggiore democrazia per quel territorio. A dire il vero, nella Legge Fondamentale – la mini-costituzione, come ho detto – era stata promessa maggiore democrazia. Una delle promesse era che i cittadini di Hong Kong sarebbero andati verso il suffragio universale: tutto ciò che veniva chiesto dai cittadini di Hong Kong era poter eleggere almeno il sindaco e il consiglio comunale, ma nel 2014 Pechino decise che anche quella promessa era eccessiva e cominciò a esercitare un maggiore controllo sulla città. Ciò provocò la presenza in strada di centinaia di migliaia di persone, con un'occupazione della città durata settantanove giorni, che si concluse con una serie di arresti. Poi, negli anni successivi, le tensioni si sono acuite sempre più ed è stato chiaro che il Partito comunista cinese voleva riportare Hong Kong sotto il proprio fermo controllo.

  Nel 2019 è stata approvata una legge che avrebbe abbattuto la barriera tra Hong Pag. 5Kong e la Cina, tra il sistema di Hong Kong basato sulla common law, un sistema nel quale un imputato ha la garanzia del diritto a un processo con giuria, del diritto alla libertà su cauzione, della presunzione di innocenza fino alla dichiarazione di colpevolezza, di tutte le cose tipiche delle società aperte. Il Governo di Hong Kong ha cercato di cambiare la situazione e di consentire alle persone sospettate di aver commesso un reato di essere mandate nella Cina continentale, dove ovviamente nessun imputato è mai sottoposto a un processo con giuria, non esiste la libertà su cauzione e quasi tutti sono dichiarati colpevoli. In risposta a ciò, milioni di cittadini di Hong Kong – a volte anche due milioni in un solo giorno – sono scesi in piazza per protestare. In una città che ha sette milioni e mezzo di abitanti, se due milioni scendono per strada capite che è una grande manifestazione di dissenso. Queste proteste sono andate avanti per mesi, fino a quando Pechino alla fine ha perso la pazienza e quattro anni fa, il 30 giugno 2020, ha imposto una legge di sicurezza nazionale. Da allora Hong Kong, che era una delle città più aperte e più libere del mondo, un posto all'apparenza non dissimile da Roma, una città vivace sul piano dei media, dell'arte, ricca di associazioni della società civile, ong, attivisti, si è trasformata in un luogo in linea con l'autoritarismo, il totalitarismo, la distopia, l'incubo che è oggi la Cina.

  Cinque anni fa c'erano zero prigionieri politici a Hong Kong; oggi ci sono più di 1.800 prigionieri politici a Hong Kong. Il nostro movimento The Committee for Freedom in Hong Kong Foundation si è concentrato principalmente sulla liberazione dei prigionieri politici, per garantire che non siano dimenticati durante la loro detenzione, che gli occhi del mondo non siano distolti da Hong Kong. Hong Kong sembra essere molto lontana da Roma, ma la repressione posta in essere, lo smantellamento della sua società aperta e la fine della libertà ad Hong Kong si sono caratterizzati per una velocità e una completezza mai viste nel mondo moderno, eccezion fatta per le situazioni di guerra (è chiaro che non possiamo paragonare tutto questo all'Ucraina, a Gaza o alla Birmania). Pensate che sono stati incarcerati leader, parlamentari, persone del vostro rango.

  Ho fatto parte del Consiglio di Amministrazione di Apple Daily, il principale quotidiano filo democratico di Hong Kong. Sette dei miei colleghi sono detenuti e tra loro il coraggiosissimo, unico e straordinario Jimmy Lai, un uomo che è arrivato ad Hong Kong a dodici anni, senza un centesimo, ha costruito la sua fortuna prima come imprenditore miliardario del settore dell'abbigliamento e poi ha deciso di investire nei mezzi di comunicazione, realizzando una riforma improntata all'apertura e alla trasparenza, ha creato un impero mediatico di successo con quotidiani e periodici, prima ad Hong Kong e successivamente a Taiwan, una persona che non è rimasta in silenzio, che non si è piegata di fronte al Partito comunista cinese e che ha scritto quello che pensava; per questo è stato portato via in manette, incarcerato alla fine del 2020 e quindi, secondo i miei calcoli, è in carcere da 1.339 giorni, la maggior parte dei quali in isolamento – e le imputazioni che gravano su di lui riguardano la violazione della legge sulla sicurezza nazionale per non aver fatto niente se non incontrare alcuni dei vostri colleghi.

  Ha incontrato diversi membri del Congresso degli Stati Uniti, ma anche la Vicepresidente, il Segretario di Stato, il Presidente, e ha ammonito sul pericolo per la libertà Hong Kong, e per questo è stato mandato in prigione; ho citato il caso di Jimmy perché si tratta di una persona d'alto profilo, lo conosco da trent'anni, sono stato nel suo Consiglio di amministrazione, per cui il suo è un caso che per ovvi motivi mi sta molto a cuore. Ma potremmo andare avanti a lungo: diverse persone di Hong Kong sono state nominate per il premio Nobel per la pace, abbiamo giovani, giornalisti, avvocati, sindacalisti, professori, persone come voi, membri della «giunta comunale» – dico «comunale» semplicemente perché il territorio è piccolo –, in sostanza cittadini considerati tra i più attivi e partecipi, quelli che ogni società ambirebbePag. 6 ad avere e che sono finiti dietro le sbarre; talvolta sono stati processati, altre volte sono stati imprigionati o tenuti in detenzione senza possibilità di cauzione. Queste persone sono state sottoposte a un processo senza giuria, nonostante le promesse cinesi, davanti a giudici speciali appositamente scelti. Non hanno avuto diritto alla libertà su cauzione e sono state accusate di reati che violano una serie di Accordi e Trattati internazionali, in termini di diritti civili e umani.

  Sono sceso così tanto in dettaglio, a proposito di Hong Kong, perché credo che quello che i cinesi hanno fatto apertamente a Hong Kong, contravvenendo alle proprie promesse e ai Trattati internazionali – soprattutto pensando alla controparte, un altro Stato sovrano, la Gran Bretagna – è sintomatico di quello che la Cina ha intenzione di fare per Taiwan, e di fatto per il resto della regione e io direi per il resto del mondo. Può sembrare una forzatura pensare con preoccupazione alla Cina, visto che è così lontana da noi, ma la Cina sta esercitando la propria influenza attraverso le elezioni, attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso i canali social, in tutti i possibili modi per restringere i termini del dibattito. Che si parli degli uiguri, dei tibetani, del diritto di Taiwan di continuare ad autogovernarsi e decidere del proprio destino, che si parli di questioni interne del Canada, dell'Australia, degli Stati Uniti o della Gran Bretagna, ogni qual volta abbiamo posto su questo la nostra attenzione abbiamo individuato un'ingerenza cinese nelle questioni interne e un'ingerenza nella narrativa e nella portata del dibattito generale.

  Ho potuto constatare di persona come la Cina abbia ignorato le promesse fatte a Hong Kong. So che cosa sta pianificando per Taiwan e anche voi lo sapete: non è un mistero per nessuno. Xi Jinping non ha nascosto il fatto di ritenere come una propria missione quella di riprendersi Taiwan. Credo che la lezione imparata con le persone autoritarie, con i dittatori, è che la cosa più facile da fare, nel breve termine, sia quella di cercare di rabbonirli, di andare avanti e sperare che un'ennesima concessione riesca a risolvere il problema. Ma credo che con la Cina, come con Putin in Russia, quella politica non funzioni. Prima ci svegliamo e ci facciamo sentire, più facile sarà respingere la corrente autoritaria che ci minaccia da numerosi Paesi in tutto il mondo.

  È interessante essere qui a Roma, perché l'accordo episcopale che la Santa Sede ha firmato per la prima volta con la Cina nel 2018 quest'anno sarà pronto per il rinnovo e credo che tutti noi, e la Santa Sede che deve rinnovare l'accordo, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulla questione della libertà religiosa a Hong Kong. Mi fa piacere riferire che Jimmy Lai ed altri detenuti hanno trovato nella fede cattolica un'enorme fonte di forza in prigione e so che Jimmy Lai si sente più libero di quanto non sia mai stato nella sua vita grazie alla sua fede cattolica. Ha avuto la possibilità di leggere alcuni testi di teologia che non aveva mai avuto modo di guardare quando svolgeva il suo lavoro per il giornale, così come ha avuto modo di affinare le sue capacità artistiche, disegnando immagini religiose, riesce a pregare molto, anche se è costretto a svolgere lavori forzati. Quindi, la fede è per lui un'enorme fonte di forza. Ma, avendo parlato con lui, con alcuni cardinali e con altri cattolici ad Hong Kong, so che c'è grande preoccupazione per il fatto che la Santa Sede è talmente desiderosa di stabilire relazioni diplomatiche e di altro genere con la Cina, che c'è il rischio che possa perdere di vista i credenti cattolici di Hong Kong in particolare. La libertà religiosa è una delle tante libertà che la Cina aveva promesso di concedere ai cittadini di Hong Kong, ma che sembra essere negata al momento. Jimmy Lai non è finito in prigione perché è cattolico; il suo cattolicesimo lo sta sostenendo in prigione e non sappiamo per quanto tempo ancora sarà libero di esercitare liberamente la sua fede cattolica. Non sappiamo neanche per quanto tempo potranno continuare a insegnare liberamente le numerose scuole cattoliche di Hong Kong. Abbiamo già visto alcuni segnali per cui il Partito comunista cinese e la Repubblica Pag. 7popolare cinese stanno introducendo le loro immagini e i loro insegnamenti nelle principali scuole religiose di Hong Kong. La popolazione cattolica di Hong Kong è ampia, la popolazione scolastica è composta da diverse centinaia di migliaia di studenti. Non è un numero irrisorio. I cattolici sono rappresentati in modo sproporzionato nel movimento filo democratico e sarebbe una vera farsa e una vergogna se fossero dimenticati perché c'è il tentativo di stabilire relazioni diplomatiche con Pechino da parte della Santa Sede. Questo aspetto non è direttamente legato alle attività del vostro Comitato, ma credo sia importante per capire ancora meglio il più ampio contesto geopolitico in cui viviamo.

  A questo punto mi fermo, così posso rispondere alle vostre domande, non senza avervi ringraziato per avermi dato la possibilità e il privilegio di portare dinanzi a voi questa mia testimonianza.

  MARK SABAH, rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong. Grazie, Presidente, e grazie ai membri di questo Comitato della Camera.

  Mi chiamo Mark Sabah e mi occupo, per il Regno Unito e l'Europa, delle questioni indicate da Mark Clifford. Vorrei dirvi che esiste un modello comportamentale che la Cina e il Partito comunista cinese stanno mostrando in tutto il continente, e questo modello viene replicato nella maggior parte dei Paesi occidentali. Questi Paesi sono piccoli e deboli sul piano economico e politico, dove la presa è ancora maggiore. È importante ricordare che Xi Jinping è un dittatore, esattamente come tanti altri dittatori che vediamo oggi nel resto del mondo. Noi non trattiamo altri dittatori del mondo con mano leggera, ma prendiamo posizioni forti politicamente ed economicamente, e senz'altro nel modo in cui ci rivolgiamo a loro. Per qualche ragione, quando si parla di Xi Jinping noi ci sentiamo impauriti, intimoriti e preoccupati perché dobbiamo affrontarlo, esattamente come accade con altri dittatori. E questo è un problema per tanti Paesi. Xi Jinping ha cambiato la Costituzione, per cui può essere eletto Presidente a vita. Se questo accadesse in qualunque altro Paese, noi mostreremmo le nostre perplessità e le nostre profonde preoccupazioni. E invece, per qualche ragione, compare solo qualche agenzia, qualche articolo di giornale e si continua come se niente fosse.

  L'altra cosa che è importante sapere è che Xi Jinping e il Partito comunista cinese hanno preso prigionieri da Paesi di tutto il mondo, dall'Irlanda, dalla Svezia, dall'Australia, Jimmy Lai dalla Gran Bretagna… Decine di Paesi hanno cittadini in stato di detenzione che vengono usati come pedine di scambio per accordi commerciali o per raggiungere accordi più vantaggiosi, oppure per porre fine a un accordo o a una minaccia. E la mia domanda per voi deputati è la seguente: se un giorno un cittadino italiano, imprenditore, giornalista, studente fosse rinchiuso in carcere, quale sarebbe il vostro piano per ottenerne il rilascio? Cosa fareste per farlo rilasciare? Che meccanismi avete per esercitare pressioni sul Partito comunista cinese? Bisogna pensarci prima che questo avvenga. Parlate con i vostri omologhi nella Repubblica d'Irlanda, in Svezia o anche da noi, nel Regno Unito, a proposito di Jimmy Lai. Che piano avete per quel giorno? Perché accadrà che un uomo d'affari italiano, uno studente, un giornalista, sia arrestato, accusato di essere una spia e condannato a venticinque anni di detenzione senza un processo. Quale sarà il vostro piano?

  L'altra cosa che voglio dirvi è molto importante, in un contesto economico, ed è la seguente: ascoltate la voce di coloro che lanciano un monito su quello che sta avvenendo in Cina e quello che sta facendo il Partito comunista cinese. Non tenete conto soltanto di coloro che promettono benessere, successo e ricchezza. Ascoltate coloro che sono dovuti scappare, coloro che hanno cercato di aiutare chi tentava di scappare. Esistono organizzazioni proprio come la nostra, IPAC oppure Hong Kong Watch e molte altre, che dedicano la propria vita a raccogliere le voci di coloro che sono chiuse in prigione ma, soprattutto, di coloro che subiscono la repressione transnazionale.

Pag. 8

  Xi Jinping va a caccia dei suoi oppositori in tutto il mondo, li cerca fin dentro i confini dei nostri Paesi europei, ignorando le regole e le disposizioni relative alla concessione della cittadinanza e alla protezione nei nostri Paesi. E ritengo molto importante che noi, come democrazie occidentali, respingiamo questo comportamento, difendiamo le persone che si stabiliscono nei nostri Paesi e non smettiamo di dare voce a tutte le persone detenute, in quanto la cosa migliore che possa capitare, per il Partito comunista cinese, è che quei nomi siano dimenticati. Quindi, che sia l'imprenditore Jimmy Lai, Gwyneth Ho, Lee Cheuk-yan o qualunque altro prigioniero di Hong Kong o della Cina continentale, è molto importante che pronunciate ad alta voce i loro nomi nei vostri discorsi, pronunciate ad alta voce i loro nomi se partecipate a negoziati economici, non perdiate mai di vista i rischi per l'Italia legati alla catena di approvvigionamento. Quando negoziate accordi con i cinesi, loro non sono mai in buona fede.

  Ricordate che il Governo cinese ha rescisso contratti con moltissimi Paesi, con moltissime aziende, Paesi che hanno la stessa forza di Google, di Zoom, di Linkedin. Tutti hanno subito interferenze da parte dello Stato cinese, molti di loro sono costretti ad osservare la normativa cinese, svelando dati, nomi, ecc. per poter operare in Cina.

  È importante che voi qui, in questa Aula, e i vostri colleghi siate consapevoli di questi rischi quando promuovete transazioni commerciali.

  Non c'è nulla di male a fare affari con la Cina: il problema è fare tutto quello che la Cina vuole perché si concludano quegli stessi affari. Questa è la vera differenza. Tenete quindi sempre a mente quei rischi, e chiedo a tutti voi di tenere sempre a mente tutti coloro che sono detenuti illegalmente e di ascoltare la voce di coloro che lanciano un monito, per evitare che accada qualcosa a cittadini italiani.

  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille per gli interventi. Do la parola ai colleghi e alle colleghe che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIULIO CENTEMERO. Signor presidente, La ringrazio. La prima domanda è se avete anche evidenza di casi di tortura tra i prigionieri politici di Hong Kong.
  In secondo luogo, il primo relatore menzionava anche una forte presenza di cattolici all'interno dei movimenti pro-democrazia: vorrei sapere se si sono verificate persecuzioni anti-cattoliche o distruzioni di chiese, di materiale religioso.
  Queste sono le mie domande. Grazie.

  ANDREA ORSINI. La mia domanda è, forse, addirittura banale. Quando l'Occidente, il Regno Unito ha deciso di cedere Hong Kong alla Cina, vi è stata – come sovente accade nella diplomazia – una qualche forma di ipocrisia. Era facile prevedere che l'esito potesse essere quello in cui ci troviamo oggi. Che cosa si può fare, a questo punto? Quali strumenti, realisticamente, ci possono essere a disposizione dei Paesi dell'Occidente per, non dico risolvere il problema – perché penso non sia risolvibile –, ma quantomeno per attenuare la portata – se è possibile – della persecuzione alla libertà dei cittadini di Hong Kong?

  ELISABETTA GARDINI. Intanto ringrazio moltissimo i nostri ospiti, perché parliamo di un'area del mondo che abbiamo sentito per tanti anni come un pezzettino di Occidente che stava lontano, in un altro continente, asiatico. Io sono stata lì quando era ancora un protettorato inglese, quindi ho il ricordo di una società molto simile a quella in cui noi siamo abituati a vivere. Certo, poi tutto è cambiato, con molta preoccupazione.
  Vorrei fare una domanda rispetto ad una relazione che proprio la vostra Fondazione aveva pubblicato più di un anno fa, dove facevate anche un appello alla Comunità internazionale, con specifico riferimento agli Stati Uniti – non so se abbiate reiterato questo appello –, a non abbassare Pag. 9la voce, a tenere alta l'attenzione. Vorrei chiedervi se questo appello è stato recepito e qual è stata la risposta della Comunità internazionale, degli Stati Uniti, che – come sappiamo – hanno un peso particolare nella Comunità internazionale.
  Mi unisco anche alla domanda che ha fatto il mio collega Orsini: che cosa possiamo fare di più e meglio? Quali sono gli strumenti? Ci si trova di fronte a questo gigante cinese, che ha una sua collocazione così pesante nelle relazioni internazionali e politicamente così differente da noi, così distante nel suo modo di procedere, ma anche multiforme, perché riesce ad interpretare molti ruoli in commedia, ad avere molte facce. È come nell'ambiente: può essere il peggiore degli inquinatori e il migliore degli ambientalisti; ha questa capacità di trasformazione. Questo rende ancora più difficile l'approccio per noi. Quindi, da voi, che vivete sul fronte queste problematiche, vorremmo qualche ispirazione concreta.
  Grazie.

  SIMONE BILLI. Anch'io ringrazio i nostri relatori per gli interessanti spunti di riflessione. Come già dicevano i miei colleghi: è vero, la libertà, la democrazia ad Hong Kong è messa almeno in serio pericolo. Per esempio, la censura dell'inno delle proteste di Hong Kong, fatta su YouTube in questi ultimi giorni, i libri ritirati dalle biblioteche... Ho visto, per esempio, il libro per bambini I lupi e le pecore: anche un libro per bambini è stato ritirato, perché si ritiene insegni una cattiva ideologia. Da quello che sappiamo – per favore, confermatemelo – non ci sono elenchi precisi di libri che sono stati ritirati dal commercio ad Hong Kong per questi motivi. La cosa è in una zona grigia e non si sa bene quello che è successo.
  È vero, però, che Hong Kong, come dicevano anche i miei colleghi, è un'economia avanzata, un centro finanziario tra i più importanti al mondo, con un PIL pro capite molto elevato. C'è la famosa frase «ad Hong Kong l'Oriente incontra l'Occidente», per dimostrare come, comunque, Hong Kong sia molto vicina ai nostri valori occidentali.
  Da un certo punto di vista, la situazione di Hong Kong è simile a quella taiwanese. Per altri punti di vista, invece, è assolutamente diversa: Taiwan è un'isola, e non è una regione amministrativa speciale. Quindi, se ci sono delle peculiarità, soprattutto con questa Cina così pesante e così influente sulla società, sulla libertà e sulla democrazia di Hong Kong – come vuole fare anche su Taiwan – ci sono anche delle differenze. Mi chiedevo come vedete la situazione di Taiwan rispetto ad Hong Kong e se avete suggerimenti o commenti particolari su questa situazione.
  Grazie.

  FABIO PORTA. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente Clifford. Vi ringrazio per l'ampia e, soprattutto, aggiornata prospettiva che ci avete dato sulla situazione ad Hong Kong. Tutti speravamo che quell'altro detto «un Paese, due sistemi» si declinasse garantendo Stato di diritto, libertà fondamentali alla popolazione di Hong Kong. Questo non sta avvenendo, come ci avete confermato. Libertà di stampa, libertà religiosa e – aggiungerei – libertà sindacale, perché mi risulta che anche le organizzazioni sindacali siano state chiuse.
  La mia domanda rilancia un po' quello che diceva adesso l'onorevole Billi. Mi rivolgo, in questo senso, anche al giornalista, all'osservatore internazionale, al dottor Clifford. In che maniera la situazione di Taiwan, che agli occhi di tutti gli osservatori internazionali è la situazione più critica di quell'area, può aiutare o complicare, probabilmente, lo sviluppo delle rivendicazioni democratiche ad Hong Kong? In questo senso, quale ruolo stanno avendo o potrebbero avere players come gli Stati Uniti e, eventualmente, anche l'Unione europea, sapendo che siamo alla vigilia di un'importante consultazione europea, quindi di un nuovo Governo della nostra Unione europea?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARK CLIFFORD, rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong. Pag. 10Presidente Formentini, Lei mi affida un compito molto difficile perché per ognuna di queste domande sarebbe necessario parlare a lungo. Cercherò di andare avanti piuttosto rapidamente per poi far intervenire anche Mark Sabah.

  Sulla tortura: esistono sempre più prove in merito al ricorso alla tortura. Il caso più rilevante è quello di Jimmy Lai: un importante testimone dell'accusa, che non ha mai incontrato Jimmy Lai, sembrerebbe essere stato torturato. È stato arrestato in Cina, detenuto in condizioni difficili, ai limiti della legalità e poi sinistramente trasferito in una struttura psichiatrica di Hong Kong. Tutti quelli di voi che hanno una buona conoscenza dei governi totalitari, sanno degli abusi che vengono commessi nelle strutture psichiatriche. Esistono anche prove crescenti di casi di indottrinamento forzato, lavaggi del cervello, rieducazioni, che sono posti in essere in situazioni molto difficili nelle prigioni di Hong Kong, in particolare tra i numerosi giovani che sono incarcerati.

  La tendenza va nella direzione sbagliata, decisamente, e quello di Hong Kong somiglia sempre di più al sistema di cosiddetta giustizia o, meglio, ingiustizia della Cina continentale.

  Una risposta più positiva è quella che riguarda l'eventuale distruzione di chiese cattoliche: no, non vi è stata alcuna distruzione. Una mia collega, Frances Hui, ha pubblicato un eccellente rapporto sulla libertà religiosa, che sarò lieto di inviare a chiunque di voi sia interessato. Quello che Frances ha rilevato è che il Partito comunista cinese, la Repubblica popolare cinese e lo Stato in generale, impongono sempre più la loro presenza nelle chiese, imponendo bandiere cinesi, che quindi sventolano accanto alle insegne religiose, per esempio accanto ai crocefissi. In nome della sicurezza nazionale all'interno delle chiese si svolge la cosiddetta «educazione patriottica», fenomeno che riguarda anche la comunità musulmana. Alcuni leader musulmani sono stati portati nella regione dello Xinjiang e, una volta tornati, hanno detto che in quella provincia le cose andavano bene e tutti erano contenti. Perciò vediamo leader religiosi che, a volte in buona fede, finiscono per diventare complici di un sistema malvagio. Nel dettagliato rapporto di Frances Hui questo aspetto viene riportato in modo sistematico, ma non si assiste alla distruzione delle chiese che si è verificata nella parte continentale. Tuttavia, uno dei principali architetti cinesi è stato portato a Hong Kong per verificare sul posto l'attuazione del regime di sicurezza nazionale. Quindi i segnali sono preoccupanti ma c'è ancora tempo per resistere. Ecco perché è estremamente importante che consessi come il vostro sappiano cosa sta accadendo e si facciano sentire il più possibile.

  C'è stata una domanda relativa agli Stati Uniti e al Regno Unito. Fortunatamente, la nostra organizzazione Committee for Freedom in Hong Kong Foundation ha uffici che lavorano a pieno regime sia a Londra sia a Washington. A Londra per i legami storici tra Hong Kong e Regno Unito e a Washington perché – come è stato detto – è la capitale di una grande potenza. A Washington, in particolare, abbiamo trovato una grande ricettività. Hong Kong e la Cina sono due temi molto presenti all'interno del dibattito a Washington. Esiste un profondo consenso sul fatto che la Cina sia da ritenersi una minaccia potenzialmente esistenziale. Sicuramente è una minaccia strategica a lungo termine e una minaccia tattica a breve termine per gli Stati Uniti. Non siamo sempre d'accordo su tutti i singoli dettagli, ma abbiamo entrambi un grande interesse per Hong Kong e sono in lavorazione diversi provvedimenti legislativi.

  Hong Kong, per esempio, negli Stati Uniti ha tre rappresentanze di grado quasi consolare, chiamate «Uffici economico-commerciali di Hong Kong»: a Washington, a San Francisco e a New York. Sono stati costituiti per sottolineare il principio «un Paese, due sistemi» e cercare di promuovere Hong Kong, soprattutto sul versante economico e commerciale. Purtroppo, questi Uffici sono utilizzati sempre più spesso come luoghi di propaganda. Noi Pag. 11abbiamo proposto un provvedimento – che ora è nel bel mezzo dell'iter legislativo al Congresso e ottimisticamente riteniamo che entro l'anno sarà approvato – che imporrebbe al Presidente di chiudere questi Uffici economico-commerciali. Alcuni temono le possibili ritorsioni della Cina, ma al Congresso statunitense c'è un forte consenso sul fatto che questi Uffici debbano essere chiusi. Voi stessi a Milano ne avete uno. In tutta Europa occorrerebbe dare un'occhiata a questi Uffici per vedere cosa fanno. Proprio la settimana scorsa tre persone sono state arrestate con l'accusa di essere spie di Hong Kong e il leader di questo gruppo era il numero tre dell'Ufficio economico-commerciale di Londra. In Germania esiste un'organizzazione similare, chiamata Hong Kong Trade Development Council, all'interno della quale lavorava una presunta spia che è stata anch'essa arrestata. Quindi esistono collegamenti insidiosi all'interno di tutti questi Uffici e noi tutti possiamo fare qualcosa. Negli Stati Uniti, per esempio, questi Uffici saranno chiusi.

  Per rispondere alla domanda su cosa possiamo fare. Noi sappiamo che le sanzioni funzionano. So che non rientrano abitualmente nello strumentario usato dai Parlamenti e dai Governi. Noi abbiamo imposto sanzioni a un numero limitato di funzionari di Hong Kong subito dopo l'inizio della repressione. Noi siamo attivamente in contatto con l'Amministrazione e con il Congresso su una lista specifica di persone, che non comprende soltanto poliziotti o cattivi conclamati, ma per la prima volta anche giudici e procuratori.

  È una questione molto controversa. Non si vuole interferire nel sistema giuridico di un altro Paese, soprattutto nel caso di posto come Hong Kong che, come avete detto voi che ci siete stati, ha un sistema giuridico occidentale molto aperto. Ma non è più così. Quindi esistono diversi strumenti, dalle sanzioni ai provvedimenti di legge sugli Uffici economico-commerciali, che possono essere utilizzati nei confronti di Hong Kong, che comunque sta distruggendo da sola la propria reputazione di centro finanziario affidabile. Stanno per essere pubblicati alcuni nostri studi che dimostrano che a Hong Kong si riciclano enormi quantità di denaro e di merci, quando vengono smistate a Hong Kong. Presto potrete leggere un documento che svela la complicità di Hong Kong nell'alimentare la macchina da guerra russa. La Russia è sempre più tagliata fuori dai mercati commerciali globali e, in relazione ad alcuni materiali, è Hong Kong a subentrare al suo posto. Denaro e merci passano da Hong Kong e proseguono verso la Corea del Nord, la Russia, la Cina, la Birmania, l'Iran. Si tratta di tecnologie proibite o a uso duale utilizzate sui mercati grigi.

  Vedrete altri lavori prodotti dalla nostra organizzazione, volti a mostrare al mondo la realtà, vale a dire che Hong Kong non è semplicemente una piccola città dall'altra parte del mondo, ma è un nodo sempre più importante che collabora con i regimi autoritari.

  Ci sono altri punti, ma non so se a questo punto Mark vuole intervenire.

  MARK SABAH, rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong. Sì, riprendo da dove si era fermato Mark. Si parlava di Hong Kong come importante centro finanziario. La risposta alla domanda è sì, per ora rimane un centro finanziario. Il punto è: per quanto ancora? Perché le imprese hanno bisogno di libertà di informazione. Occorre la libertà di stampa, occorre poter parlare con chiunque si voglia. E occorre essere sicuri che i dati e le informazioni che si ricevono siano accurati, tempestivi e non manipolati. Il problema di Hong Kong, al momento, è che questa libertà diminuisce a vista d'occhio.

  Le imprese di nuova costituzione sono tenute ad avere un membro del Partito comunista cinese all'interno del proprio Consiglio di amministrazione. Questa disposizione è già legge nella Cina continentale. Chi costituisce una società, deve includere anche un rappresentante del Partito comunista cinese. La domanda è: non si può scegliere chi deve far parte del Pag. 12Consiglio di amministrazione della propria azienda? Bisogna per forza includere un membro imposto? Immaginiamo per un momento di non parlare di Hong Kong, ma di un Paese in Africa o in Sud America e che vi costringessero ad accogliere in Consiglio d'amministrazione un membro che è parte del regime. Lo accettereste? Probabilmente rispondereste di no. Questi sono i segnali preoccupanti su quanto a lungo Hong Kong riuscirà a restare un centro finanziario globale.

  Un altro punto è che esistono prove chiare in merito al fatto che numerose organizzazioni, banche e studi legali stanno ritirando, molto lentamente, il proprio personale assegnandolo ad altri settori. Questo fenomeno non riguarda moltissime persone perché altrimenti questo diventerebbe un fattore destabilizzante per le aziende e le industrie, con effetti negativi sui prezzi, ecc. Ma sta accadendo. Basta guardare il mero numero di articoli che sono stati pubblicati l'anno scorso su alcune banche e alcuni studi legali che hanno spostato piccoli gruppi di dipendenti, venti persone qui, dieci persone lì. Molto lentamente, ma sta accadendo. Per salvaguardare l'integrità di quelle aziende, non si può essere regolamentati allo stesso modo della Cina continentale. Non è per questo che si sceglie Hong Kong.

  Un altro punto che è stato toccato riguardava le analogie tra Hong Kong e Taiwan. Esistono alcune cose che si possono fare. Per prima cosa gli Stati membri dell'UE devono sostenere Taiwan, che è una democrazia liberale, con elezioni libere ed eque. Le abbiamo viste da poco: hanno avuto un pacifico passaggio di potere. Se volete sostenere i cittadini di Hong Kong e volete dimostrare alla Cina che non vi fate prendere in giro, sostenete Hong Kong. Mandate vostre delegazioni da loro e accogliete loro delegazioni da voi. Non permettete che l'Italia si senta minacciata o si lasci intimidire, immaginando che il Partito comunista cinese vi possa punire in qualche altro modo. E se questo dovesse accadere, sarebbe la dimostrazione che quello che ho detto è vero.

  Se ci fossero altri Paesi o altri dittatori che dicessero «se visitate il nostro Paese, vi puniremo» come reagireste voi parlamentari? Se volete mostrare il vostro sostegno, ci sono cose che potete fare. Potete chiudere l'Ufficio economico-commerciale di Hong Kong a Milano, perché come ha detto già il mio collega Mark, questi Uffici sono sempre più spesso utilizzati come un'estensione dell'Ambasciata cinese. A Londra, come è stato appena detto, uno dei Direttori dell'analogo Ufficio è stato arrestato perché era una spia. Quelli che lavorano per conto di Hong Kong come facciamo noi, dicono da tanto tempo che quegli Uffici sono utilizzati come agenzie di spionaggio. In questo caso abbiamo prove inconfutabili di ciò, visto che la polizia britannica ha effettuato degli arresti e posto in detenzione alcune persone proprio con quelle accuse. Quindi, chiudete l'Ufficio economico-commerciale di Hong Kong. Se è vero che non esiste più un solo Paese con due sistemi distinti, allora non hanno bisogno di una loro Ambasciata quasi-diplomatica in Italia.

  A proposito degli Istituti Confucio, che sono stati aperti in tutta l'UE, all'interno delle università dell'Unione Europea: quelli sono un prodotto di Xi Jinping, non sono sempre esistiti. Rappresentano il suo tentativo di diffondere ufficialmente la cultura e la lingua cinese. Ma sappiamo che sono usati per intimidire gli studenti o per mettere a tacere i relatori che arrivano come ospiti. Gli Istituti Confucio a volte intervengono in merito ai programmi curricolari o alle lezioni che vengono impartite. In alcune università chiedono che alcune parti della storia della Cina siano rimosse dall'insegnamento o che non si commemorino i fatti di Tienanmen. Provate a chiedere a una Università di invitare il Dalai Lama e vedete cosa succede.

  Una cosa che può essere fatta per sostenere Hong Kong e Taiwan è adottare «programmi di salvataggio» per i cittadini di Hong Kong che se ne vogliono andare: è una cosa relativamente semplice offrire alle persone un «passaggio sicuro». Adesso è molto difficile per molti cittadini di Hong Pag. 13Kong, soprattutto per i giovanissimi che hanno preso parte alle manifestazioni a favore della democrazia e che adesso ufficialmente hanno la fedina penale sporca. Nel Regno Unito si è creata una situazione molto strana, per cui sono usciti di prigione dopo diciotto mesi per aver preso parte a una marcia pro-democrazia o per aver indossato una maglietta con su scritto «Liberate Hong Kong», o per aver sventolato una bandiera con su scritto «Liberate Hong Kong». Dopo diciotto mesi di reclusione non riescono a trovare lavoro a Hong Kong perché non li assume nessuno. E se arrivano nel Regno Unito, non possono chiedere asilo, perché risultano essere criminali e secondo il sistema britannico non si può concedere asilo a qualcuno con la fedina penale sporca. Esiste anche qui una situazione analoga? Si può creare per l'Italia un programma di salvataggio?

  Xi Jinping, per quanto riguarda Taiwan, ha dichiarato pubblicamente che se la riprenderà. Prima di Xi Jinping tutti i leader cinesi dicevano che sarebbe accaduto nel futuro e che se ne sarebbero occupate le generazioni future. Xi Jinping ha detto che succederà mentre lui sarà ancora vivo. Ebbene, ha già settant'anni. Quindi succederà presto.

  Se volete vedere un'anticipazione di come accadrà, guardate Hong Kong. Dapprima si bloccano i mezzi di comunicazione. Poi si lanciano attacchi cibernetici massicci, si stritolano l'economia e il commercio, si rimuovono le loro rappresentanze dalle organizzazioni internazionali, si esercitano pressioni sulle aziende intimando loro di non sostenerli più, si minacciano i Paesi dicendo: «Se incontrate quella delegazione, noi bloccheremo il nostro accordo commerciale» ecc.

  Xi Jinping cercherà di portare avanti questo progetto a tutti i costi.

  Se volete sostenere i cittadini di Taiwan, se volete dimostrare il vostro sostegno a favore della libertà e della democrazia, questo è il modo che avete per farlo.

  Molto spesso mi viene chiesto come ci si può opporre all’«avanzata» del Partito comunista cinese in Europa: non bisogna opporsi al Partito comunista cinese attaccandolo; si può mostrare il proprio sostegno a Taiwan. Potete assicurarvi che nei vostri accordi commerciali siano presenti clausole che rifiutano i prodotti fabbricati nello Xinjiang; potete semplicemente dire che voi non venderete quei prodotti sul mercato italiano. Si tratta di piccoli passi, che rallentano e ritardano la velocità con la quale la Cina vuole fare le cose. La Cina vuole che tutto venga fatto molto velocemente, in modo da poter subito reggere le fila. Spero, con ciò, di aver risposto ad alcune delle vostre domande.

  MARK CLIFFORD, rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong. Posso intervenire un attimo? Credo che si siano stati alcuni punti ai quali non abbiamo risposto. C'è stata una domanda sui mezzi di comunicazione e anche sul libro I lupi e le pecore: confermo che, non solo quel libro non viene venduto a Hong Kong, ma anche che almeno uno degli autori è finito in prigione semplicemente per aver preso parte alla stesura del libro. O forse alcuni di loro...Grazie, Mark: sono finiti in prigione in tre.

  Per chi di voi non lo conosce: si tratta di un libro per bambini, con una parabola sui lupi e le pecore, che il Partito comunista cinese, nella sua immensa saggezza, ha ritenuto che non fosse adatto per i cittadini di Hong Kong. Era stato inserito in un progetto dell'Unione dei logopedisti, secondo la loro prospettiva di specialisti. Si tratta di un libro per bambini e ci sono persone finite in prigione per questo.

  Il mio ultimo libro, intitolato Today Hong Kong, Tomorrow the World: What China's Crackdown Reveals About Its Plans to End Freedom Everywhere è stato rimosso dagli scaffali della biblioteca dell'Università di Hong Kong, dove ho conseguito il mio dottorato e dove ho condotto le mie ricerche. Questa è stata una vicenda personale molto difficile.

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  A proposito di Apple Daily, il quotidiano filo democratico, dove ho fatto parte del Consiglio di amministrazione della società madre, è stato chiuso dopo l'arrivo di cinquecento poliziotti, come se fosse in corso un'operazione terroristica. E come ho già detto, sette miei colleghi sono in prigione. Si tratta di situazioni incresciose.

  D'altra parte, questa è una città di 7-7,5 milioni di abitanti. In occasione di ogni singola, libera e aperta elezione – dalla prima, che si è tenuta nel 1991, fino all'ultima del 2019 – sei persone su dieci hanno sempre votato per i candidati filo democratici. Questo è uno dei motivi per cui Hong Kong ha un aspetto così occidentale. Le persone a Hong Kong vogliono una società aperta. E credo che sia proprio questo che crea problemi alle autorità cinesi, le quali pensano: «Vi siete liberati dei coloni britannici, voi siete cinesi, noi siamo cinesi, ascoltate noi e basta». Ma non è questo che i cittadini di Hong Kong vogliono. Loro vogliono una società libera e aperta.

  Jimmy Lai, di cui parlavo poc'anzi, parla sempre di valori occidentali. La libertà e lo Stato di diritto sono sempre presenti nella sua narrativa. Credo che Hong Kong e Taiwan abbiano svelato le bugie, vale a dire che i cinesi non sono pronti per la democrazia, e non sono interessati alla libertà e all'apertura della società. Ogni giorno a Hong Kong va avanti l'attività di piccole sacche di resistenza e continuerà ad andare avanti. Continueranno questa azione di repressione ad Hong Kong. E credo che ancora adesso sei persone su dieci voterebbero per i candidati filo democratici, così come farebbero probabilmente tre delle quattro persone rimanenti se non avessero paura di Pechino. Hong Kong continua ad essere un luogo che ha la libertà nel proprio DNA. Dobbiamo giocare sul tempo. Xi Jinping ha settant'anni. Molti di coloro che protestano hanno meno di vent'anni, se non sono addirittura adolescenti. Quelli di noi abbastanza maturi da ricordare la guerra fredda, pensavano non sarebbe mai finita, ma un bel giorno è crollato il muro di Berlino. E credo che questo sarà anche il futuro della Cina.

  Dobbiamo rimanere accanto a Taiwan. Io sono d'accordo con Mark, si tratta di una situazione estremamente pericolosa. Xi Jinping considera una missione riportare Taiwan sotto l'ala cinese. Ma ricordate che la Repubblica popolare cinese non ha mai esercitato alcuna forma di sovranità su Taiwan. La nazione cinese, per brevissimi periodi di tempo, negli ultimi millenni ha avuto solo occasionalmente un minimo di controllo su Taiwan. Ma si tratta di singoli episodi presenti negli annali. Le cose non stanno come il Partito comunista cinese vuol far credere.

  Comunque noi possiamo continuare a sostenere Hong Kong e Taiwan. Non credo che sia imminente un'invasione da parte della Cina; non credo che stia per accadere così come non credo che sia inevitabile.

  Vorrei terminare con un pensiero che spero possiate tenere a mente: la Cina rispetta la forza e i Paesi che resistono alla Cina guadagnano il suo rispetto. Guardate la piccola Lituania: ha invitato il rappresentante di un ufficio taiwanese, ha utilizzato il nome Taiwan e ha causato l'opposizione dello Stato cinese; ma la Lituania ha tenuto duro.

  L'Australia ha chiesto un'indagine sul COVID-19, argomento al quale è interessato tutto il mondo, e per questo motivo le sue esportazioni in Cina di carne di manzo, orzo, vino e altri prodotti sono state praticamente azzerate. Ma ora la Cina ha ceduto perché vuole quello che l'Australia ha.

  Dobbiamo ricordare che la Cina degli anni ’90, degli anni 2000, che era in una fase di super crescita, è finita. La Cina dice che quest'anno farà registrare una crescita del 5 per cento. Anche se questi numeri fossero veri – cosa che non credo – la Cina continua ad avere gravi problemi macroeconomici strutturali. Possiamo riferirci al crollo demografico della sua popolazione, che continuerà fino alla fine del secolo, o Pag. 15possiamo riferirci a problemi a breve termine, come l'eccessiva cementificazione nel settore immobiliare o la sovraccapacità produttiva, il che significa che cercheranno di vendere ancora di più le loro automobili e tutto quello che riescono a produrre a voi, in Italia, o a noi, negli Stati Uniti.

  La Cina ha bisogno di investimenti, di tecnologie, di clienti in Europa, negli Stati Uniti, in Occidente, nei Paesi ricchi. Quindi, non dimenticatelo: siamo noi, di fatto, ad avere più potere rispetto a loro. Ma in qualche modo hanno rigirato la frittata e ci fanno credere che dovremmo essere grati degli accordi che riusciamo a concludere con loro.

  Mantenetevi forti, individuate i nostri punti di forza fondamentali, ricordate l'importanza dei valori di una società aperta in tutte le sedi di dialogo diplomatico. Mi riferisco, per esempio, ai diritti umani. Non possiamo sacrificare i nostri valori solo per fare affari con la Cina. La Cina rispetta la forza e lo fa soprattutto adesso che si trova in un momento di debolezza economica.

  PRESIDENTE. Grazie davvero. Adesso faremo una foto con i colleghi, magari prima di salutarvi.
  Quello che ci avete detto credo abbia colpito tutti noi. Già sapevamo, ma le vostre parole sono state chiarissime. Aver fatto oggi questa audizione dimostra che in Occidente c'è ancora uno spazio di libertà e abbiamo fatto proprio quello che voi ci invitate a fare, ovvero abbiamo parlato di Hong Kong. Non dobbiamo dimenticare Hong Kong, non dobbiamo dimenticare Jimmy Lai, non dobbiamo dimenticare il cardinale Zen, non dobbiamo dimenticare i ragazzi della protesta degli ombrelli. Non dobbiamo dimenticare che la Cina non ha rispettato un Accordo internazionale siglato nel 1984. Ancora, non dobbiamo dimenticare – anzi, dobbiamo studiare – il tentativo cinese di applicare la National Security Law a livello globale, perché questo è quello che sta succedendo ed è questo il primo segno della volontà cinese di imporre un nuovo ordine a tutto il mondo.
  Fronteggiamo una dittatura che è stata definita un incubo, un incubo divenuto realtà. Quel 1984 di Orwell in Cina è una realtà, con le telecamere a riconoscimento facciale, i campi di lavoro e rieducazione, veri e propri lager che pensavamo di non vedere più ai giorni nostri.
  Vi ringrazio di cuore. Continueremo a far sentire le nostre voci. Il contributo è stato davvero importante per questo Comitato.
  Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.55.

Gli interventi in lingua straniera sono tradotti a cura degli interpreti