Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3
Marinari Tina , rappresentante di ... 4
Boldrini Laura , Presidente ... 7
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP) ... 7
Boldrini Laura , Presidente ... 8
Marinari Tina , rappresentante di ... 8
Boldrini Laura , Presidente ... 8
Marinari Tina , rappresentante di ... 8
Boldrini Laura , Presidente ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI
La seduta comincia alle 10.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Amnesty International Italia sulla crisi umanitaria in Sudan.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti di Amnesty International Italia sulla crisi umanitaria in Sudan.
Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità la dottoressa Tina Marinari, collegata in videoconferenza, coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia.
L'opportunità di organizzare l'audizione odierna scaturisce dalla pubblicazione del rapporto They raped all of us: sexual violence against women and girls in Sudan, pubblicato da Amnesty International il 10 aprile scorso. Ricordo che il nostro Comitato si è già occupato della crisi umanitaria in Sudan con un'audizione di rappresentanti di Medici senza frontiere, che ha avuto luogo il 26 settembre scorso.
Nel rapporto di Amnesty International si evidenzia che nel corso di due anni di guerra civile in Sudan le Forze di supporto rapido (FSR) hanno compiuto massicce violenze sessuali contro donne e ragazze. In particolare, il rapporto descrive trentasei casi di stupro, anche di gruppo, nei confronti di donne e ragazze, anche di soli quindici anni, insieme ad altre forme di violenza sessuale, in quattro Stati del Sudan, tra l'aprile del 2023 e l'ottobre del 2024.
Per redigere il suo rapporto, Amnesty International ha intervistato trenta persone, perlopiù sopravvissute e parenti di sopravvissute nei campi di rifugiati in Uganda. Tutte le persone intervistate hanno indicato le Forze di supporto rapido come responsabili. Il fatto che molte delle loro azioni siano avvenute di fronte agli occhi di altri militari, di altre vittime o di altri civili indica che gli autori non si sono preoccupati neanche di nascondere i loro crimini e non hanno avuto timore di doverne rispondere.
Segnalo che il 13 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla grave crisi politica, umanitaria e dei diritti umani in Sudan, in particolare le violenze sessuali e lo stupro di minori, nella quale, tra le altre cose, condanna fermamente gli attacchi indiscriminati contro civili e le diffuse violenze sessuali commesse su donne e minori sia dalle Forze armate sudanesi (SAF) sia dalle Forze di supporto rapido (RSF); sottolinea la necessità di strumenti di sostegno per i sopravvissuti, tra cui l'assistenza sanitaria e il sostegno psicosociale; chiede che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni; esorta l'UE e i suoi Stati membriPag. 4 a sostenere le indagini della Corte penale internazionale su genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità nel Darfur e a sostenere il lavoro della Missione di accertamento dei fatti delle Nazioni unite in Sudan, compreso il suo pieno accesso al Paese.
Ricordo che il 14 maggio 2024 la Commissione Affari esteri ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 8-00056, a prima firma del collega Provenzano, con la quale si impegnava il Governo: 1) a continuare ad attivarsi presso le sedi europee ed i consessi internazionali per sollecitare le due fazioni contendenti ad una tregua nel conflitto che consenta gli accessi umanitari per dare assistenza alla popolazione; 2) ad adottare iniziative, in coordinamento con l'Unione europea e i partners internazionali, sia nei confronti delle due fazioni contendenti sia dei Paesi terzi, volte a contribuire agli sforzi di de-escalation e pervenire al più presto alla cessazione delle ostilità, al riavvio di un dialogo nazionale che garantisca la reale partecipazione della società civile sudanese e al ristabilimento di istituzioni civili democratiche che supportino le legittime aspirazioni democratiche della popolazione sudanese.
Io ho fornito questi elementi di contesto e mi fa piacere, ora, dare la parola alla dottoressa Marinari affinché svolga il suo intervento.
TINA MARINARI, rappresentante di Amnesty International Italia. Signora presidente, vi ringrazio per questo spazio.
Prima di iniziare la mia relazione, vorrei chiarire che non presenterò molti dettagli specifici delle testimonianze raccolte, perché queste meritano rispetto e devono essere trattate con delicatezza e dignità, né voglio urtare la sensibilità dei presenti.
Il rapporto che presentiamo qui oggi si concentra sull'impatto sulla popolazione civile, in particolare donne e ragazze, del devastante conflitto scoppiato il 15 aprile 2023 tra le Forze armate sudanesi guidate dal capo del Consiglio sovrano del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di supporto rapido guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, comunemente noto come Hemedti.
Dall'aprile 2023 il conflitto interno tra le Forze di supporto rapido e le Forze armate sudanesi ha causato la morte di decine di migliaia di persone e la fuga di oltre 11 milioni di persone. Entrambe le parti, come sappiamo, hanno commesso gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, che in alcuni casi costituiscono crimini di guerra, tra cui, appunto, la violenza sessuale contro donne e ragazze.
In questo nuovo rapporto Ci hanno violentate tutte: violenza contro donne e ragazze in Sudan, Amnesty International riporta i risultati delle nostre ricerche sul campo, dimostrando che i soldati delle Forze di supporto rapido hanno stuprato singolarmente e stuprato in gruppo donne e ragazze nello Stato di Khartoum, comprese le città di Khartoum, Omdurman e Bahri. Per redigere questo rapporto, Amnesty International ha intervistato decine di persone, sopravvissuti, parenti delle sopravvissute nei campi profughi in Uganda e tutte le persone intervistate hanno sempre indicato le Forze di supporto rapido come responsabili.
L'uso della violenza sessuale durante il conflitto in tutto il Sudan da parte delle Forze di supporto rapide, considerato che molte loro azioni sono avvenute anche di fronte agli occhi di militari, vittime, civili, indica che gli autori non si sono preoccupati minimamente di nascondere i loro crimini e non hanno avuto alcun timore di doverne rispondere.
Le nostre ricerche si sono svolte tra il 17 novembre 2024 e il 28 febbraio 2025. La maggior parte di queste interviste sono state realizzate tra il 18 e il 25 novembre 2024, nell'insediamento di Kiryandongo in Uganda, dove risiedono migliaia di rifugiati sudanesi. Alcune sono state condotte a distanza, con persone all'interno e all'esterno del Sudan, ma principalmente in Kenya e in Uganda. Le interviste sono state portate avanti da più ricercatori di Amnesty International, a volte singolarmente a volte insieme.
Il rapporto parla nello specifico di trentasei casi di stupro, singolo e di gruppo, riporta casi di violenza sessuale contro donne e ragazze, con la più piccola di soli Pag. 5quindici anni, e parla di stupri specifici tra l'aprile del 2023 e l'ottobre del 2024. Tra i vari episodi che abbiamo descritto c'è quello di una madre che viene stuprata dopo che le è stato strappato il figlio che stava ancora allattando. Hanno violentato donne e ragazze all'interno delle loro abitazioni, le hanno rapite e stuprate in altre abitazioni residenziali dove risiedevano le Forze di supporto rapido. Tra le vittime di stupro e di stupri di gruppo sappiamo esserci almeno due operatrici mediche, che sono state costrette a curare i soldati feriti – appartenenti alle Forze di supporto rapido – e le donne che hanno opposto resistenza, che si sono rifiutate, sono state uccise.
Le Forze di supporto rapido, inoltre, hanno sottoposto le donne a condizioni di schiavitù sessuale a Khartoum, tenendole prigioniere per diversi giorni; in alcuni casi, la schiavitù sessuale è durata per oltre trenta giorni, in luoghi di fortuna, in posti di blocco, presidiati sempre dalle Forze di supporto rapido. Le donne tenute in schiavitù sessuale sono state ripetutamente violentate e maltrattate.
Nello Stato di Gezira i soldati delle Forze di supporto rapido hanno stuprato singolarmente e stuprato in gruppo donne e ragazze nelle loro case, con i familiari, i figli, i mariti, le sorelle ad assistere, dopo averle private di tutti i loro oggetti di valore. In alcuni casi, i soldati delle Forze di supporto rapido hanno sparato e ucciso le donne dopo averle stuprate; in un caso, una donna ha avuto un figlio in seguito allo stupro subìto da parte di un soldato delle Forze di supporto rapido ed è rimasta sola, perché il marito è stato costretto ad abbandonarla.
Già nel 2023 Amnesty International ha scoperto che le Forze di supporto rapido e le milizie alleate avevano commesso stupri e stavano portando avanti ogni forma di violenza sessuale contro donne e ragazze in Darfur. Ciascuna delle sopravvissute alla violenza sessuale intervistate dai ricercatori di Amnesty International ha descritto i danni enormi patiti – fisici e mentali – e l'impatto devastante che queste violenze hanno su di loro, ma anche su tutti i loro familiari. In molti casi, le sopravvissute e, in alcuni casi, anche i loro familiari, hanno dovuto lasciare l'abitazione e i loro villaggi.
A Nyala, nel Darfur meridionale, i soldati delle Forze di supporto rapido hanno legato una donna ad un albero e poi l'hanno stuprata ripetutamente, mentre gli altri assistevano. A Madani, nello Stato di Gezira, tre soldati delle Forze di supporto hanno sottoposto a stupro di gruppo una donna, di fronte alla figlia dodicenne e di fronte alla cognata. Numerose sopravvissute della violenza sessuale hanno dichiarato di essere state stuprate perché considerate sospettate di essere affiliate delle Forze armate sudanesi; le operatrici sanitarie hanno denunciato di essere state stuprate per non aver potuto salvare la vita ai miliziani feriti. In un caso specifico, un'infermiera è stata rapita da tredici soldati in un quartiere settentrionale di Khartoum ed è stata costretta a prestare cure mediche a soldati gravemente feriti, prima di essere sottoposta ad uno stupro di gruppo, che le ha fatto perdere i sensi e che ha portato una prognosi di quarantacinque giorni.
Sempre a Khartoum Amnesty International ha riscontrato due casi di schiavitù sessuale, tra i quali una donna che è stata tenuta prigioniera in un appartamento per un mese e stuprata ogni giorno. Le sopravvissute hanno raccontato che chiunque provasse a opporsi a questi stupri subiva pestaggi, maltrattamenti, torture o veniva ucciso, come nel caso di un ragazzino di undici anni che è stato picchiato a morte mentre cercava di difendere la madre dall'ennesimo stupro.
Per questo rapporto Amnesty International ha documentato stupri, stupri di gruppo, aggressioni sessuali contro donne, ragazze, incluse donne sfollate e donne incinte. In un caso le Forze di supporto rapido hanno compiuto stupri di massa su venti donne e ragazze in un unico villaggio del Darfur settentrionale, il villaggio di Shanabat. Oltre agli stupri e agli stupri di gruppo, i soldati delle Forze di supporto rapido hanno sottoposto le donne e le ragazze a torture, trattamenti degradanti, umilianti, inumani, come percosse, tagli con lame affilate, versamento di liquidi bollenti versati sul loro corpo, affliggendo lesioni Pag. 6permanenti, oltre che estremamente dolorose.
La diffusa violenza sessuale da parte delle Forze di supporto rapido nell'attuale conflitto si sta verificando sullo sfondo di decenni di impunità per tali crimini, per cui i responsabili rimangono ancora oggi impuniti. Le sopravvissute alla violenza sessuale hanno subìto lesioni fisiche e traumi psicologici; alcune hanno sviluppato problemi di salute, dolori renali, mestruazioni irregolari, difficoltà a camminare. Le sopravvissute hanno subìto traumi psicologici e hanno sviluppato perdite di memoria a causa dello stupro. È stato difficile per queste persone accedere alle strutture sanitarie, alla polizia, a causa dei combattimenti in corso, oltre che alla paura, ovviamente, di stigmatizzazione e di rappresaglie: «Quando abbiamo cercato di scappare hanno sparato ad altri bambini e hanno violentato donne. Ho visto altri casi di janjaweed che stuprano donne e ragazze: sono felici quando stuprano, cantano mentre stuprano, e ci dicono che siamo schiave e che possono fare di noi ciò che vogliono». Questa testimonianza proviene da un rapporto di Amnesty International del 2004 sulla violenza sessuale legata al conflitto nel Darfur.
Queste milizie, che hanno combattuto per conto del Governo sudanese nel 2003 e successivamente, la cui violenza sessuale legata al conflitto è stata documentata in questo rapporto, si sono poi evolute nelle Forze di supporto rapido. Nell'attuale conflitto le Forze di supporto rapido si sono rivolte contro le Forze armate sudanesi, continuando a commettere le stesse atrocità contro donne e ragazze in tutto il Sudan.
Questo rapporto dimostra che la violenza sessuale viene usata come arma contro le donne e le ragazze in Sudan, da anni, come il ciclo di impunità non si sia mai interrotto dall'inizio della guerra in Darfur nel 2023, e come ormai la violenza sessuale sia stata normalizzata.
Chiediamo giustizia e riparazione per la sopravvissute e responsabilità per gli autori di queste violenze, sollecitando al contempo un'azione urgente per proteggere le donne e le ragazze che rimangono nelle zone di conflitto e che sono tra la popolazione più a rischio.
L'accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva rimane una sfida troppo significativa per le sopravvissute che hanno parlato con Amnesty International, principalmente per due motivi. In primo luogo, lo stigma sociale impedisce alle donne che hanno subito lo stupro di condividere le proprie esperienze; molte temono di essere identificate nella loro comunità. Molte delle sopravvissute con cui Amnesty International ha parlato ci hanno riferito di non aver mai raccontato a nessuno ciò che era accaduto loro e che quella era la prima volta che ne parlavano. Questa paura dello stigma ha impedito loro di cercare assistenza medica.
In secondo luogo, si nota una notevole assenza di servizi essenziali per la salute sessuale e riproduttiva. Ad esempio, le sopravvissute hanno riferito di non aver potuto accedere ai servizi necessari presso le cliniche mobili gestite dalle ONG internazionali o dagli ospedali locali durante la loro fuga verso la salvezza.
L'accessibilità comprende anche l'accesso alle informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva, che era stato limitato già dalle politiche governative dell'ex presidente Al-Bashir, volte a controllare il corpo delle donne.
Ciò ha portato ad una scarsa comprensione dei diritti e dei servizi per la salute sessuale e riproduttiva, in particolare tra le comunità di base.
Lo stupro, lo stupro di gruppo, la violenza sessuale e le altre forme di violenza sessuale commesse nel contesto di un conflitto armato sono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e costituiscono crimini di guerra; violano diversi diritti umani, tra cui il diritto all'uguaglianza, alla non discriminazione, all'integrità fisica, al divieto di tortura e altri maltrattamenti.
I casi di violenza sessuale commentati nel rapporto costituiscono crimini di guerra in quanto avvenuti nel corso del conflitto in Sudan, di cui gli autori erano a conoscenza. Inoltre, le prove raccolte da Amnesty InternationalPag. 7 e da altri suggeriscono che le violenze sessuali potrebbero essere state commesse nell'ambito di un attacco diffuso e sistematico da parte delle Forze di supporto rapido contro la popolazione civile sudanese e, pertanto, potrebbero costituire crimini contro l'umanità.
La risposta degli attori internazionali e regionali alle sofferenze delle donne e delle ragazze sudanesi è stata riprovevole: per quasi due anni sono state trascurate e ignorate, subendo da sole il peso devastante del conflitto.
Gli sforzi diplomatici non sono finora riusciti a porre fine alle violenze, a proteggere i civili, a fornire aiuti umanitari sufficienti a garantire la responsabilità degli autori dei crimini.
È per questo che siamo qui a chiedere all'Italia – come Paese dell'Unione europea – e a tutti i Paesi del G7 di invitare pubblicamente tutte le parti in conflitto, e in particolare le Forze di supporto rapido, a porre fine allo stupro diffuso e alle altre forme di violenza sessuale contro le donne; di aumentare i finanziamenti di emergenza per la risposta rapida in Sudan, così come nei campi profughi dei Paesi limitrofi; di garantire che finanziamenti sufficienti siano destinati alla fornitura di servizi essenziali alle sopravvissute della violenza sessuale, inclusi servizi di salute sessuale e riproduttiva, nonché servizi psicologici per la gestione dei traumi.
Infine, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite continuiamo a chiedere di rinnovare il mandato della Missione internazionale indipendente d'inchiesta per il Sudan durante la sessione nel prossimo settembre 2025 e garantire che disponga delle risorse e del supporto necessari per documentare, raccogliere e conservare le prove dei crimini, inclusa la violenza sessuale legata al conflitto.
Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Io ringrazio molto Lei per questa presentazione del rapporto, dottoressa Marinari. È un rapporto che definirei devastante, nonostante – come Lei ha detto all'inizio – non si è voluti entrare nei dettagli, raccapriccianti immagino. Dalle sue parole, però, traspare tutto l'orrore di quello che è riportato dalle testimoni coraggiose di questo rapporto They raped all of us. Già il titolo stesso – «Ci hanno violentate tutte» – è una denuncia fortissima nei confronti del mondo, che negli anni è stato incapace di prendere atto e di agire per evitare questo scempio ai danni di ragazze e donne.
Come dicevo prima, abbiamo approvato una risoluzione nel 2024, ma evidentemente non abbiamo ancora ottenuto una risposta. Su questo magari poi cerchiamo di capire come risollevare il tema degli stupri in Sudan e anche di come l'Italia agisce in quel Paese, magari con un altro atto parlamentare, penserei ad una risoluzione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio la dottoressa Marinari e la presidente Boldrini per aver organizzato questa audizione. Credo che il lavoro approfondito che siete riusciti a fare non lasci nel generico la vostra denuncia, che deve essere raccolta anche da questo Parlamento. Avete documentato precisi crimini, non semplicemente riportato voci di violenze nei confronti delle donne. Credo che sia prezioso quanto drammatico quanto voi avete testimoniato. Lo diceva anche la collega Boldrini, Lei ed io in questi due anni abbiamo cercato in varie occasioni di sollevare la questione, sostanzialmente avendo poco riscontro. È una cosa che colpisce, nel senso che fino a quindici anni fa del Sudan si occupavano tantissime persone, persino le star di Hollywood, come Angelina Jolie e George Clooney. Invece, ora è come se sul Sudan fosse calata una coltre di buio, di assenza di attenzione, che è l'ambiente nel quale accade quel che accade.
Vorrei capire due cose da Lei, per essere anche operative e incisive, per quanto si riesce. La prima riguarda le notizie dal Governo italiano, nel senso che voi siete un'organizzazione umanitaria con una grande autorevolezza e un grande credito. Qual è il tipo di interazione che avete avuto finora con il Governo italiano? Abbiamo cercato più volte di riportare l'attenzione del Governo italiano, sia in sede di CommissionePag. 8 sia in sede di discussione delle risoluzioni in vista dei Consigli europei, ricevendo risposte insufficienti. Però, magari voi potete dirci che sul versante umanitario c'è una presenza.
La seconda è una questione più politica. Come intendete spendere questo rapporto? Che tipo di riscontro state ricevendo? Ci sono iniziative globali e internazionali a cui noi possiamo agganciarci in qualche modo? Magari possiamo fare massa critica con altri Parlamenti o altri parlamentari interessati, perché credo che quello sia un modo efficace di creare una coalizione per squarciare il velo di buio che è calato sul Sudan. Lei può dirci come intendete usare il rapporto, che tipo di riscontro avete ricevuto e se ci sono iniziative a cui associarci? Credo che su questo ci sarà il nostro impegno a dare una continuità di lavoro, anche a partire dal Parlamento italiano. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Anch'io volevo fare alcune considerazioni. È vero che c'è stato un tempo in cui se ne parlava; ricordiamo tutti la guerra in Darfur e i janjaweed, che non hanno mai smesso di violare i diritti umani in modo deprecabile. Oggi tutto quello che Lei, dottoressa, ci ha illustrato, accade anche nella capitale, a Khartoum, a Omdurman. Omdurman è la capitale storica del Sudan, Khartoum è la capitale del Paese. Veramente si fa fatica. Io ho lavorato in Sudan in diverse occasioni, immaginare che questo possa accadere nella capitale è molto angosciante. Vuol dire che non c'è più nessuna protezione, nessuna rete di salvataggio nel Paese.
Come dicevo, noi abbiamo approvato una risoluzione nel maggio del 2024. Ad oggi, purtroppo, non abbiamo avuto nessun riscontro da parte del Governo sui temi che noi andavamo a sollevare. La sua audizione di oggi sarà oggetto per noi di un altro atto parlamentare. Potremmo fare un'interrogazione per chiedere al Governo una risposta su quella risoluzione di maggio, ma anche, alla luce di questa audizione, per capire che cosa intende fare, che cosa sta facendo in Sudan, perché non è più chiaro qual è l'impegno italiano in Sudan in termini di cooperazione.
Sicuramente faremo un'interrogazione chiedendo, alla luce di quanto Lei ci ha esposto, di capire che cosa si intende fare per le vittime di questi stupri, se la cooperazione italiana intende elaborare un progetto specifico per le vittime. Poi, mi chiedo, non è il caso di fare un corridoio umanitario per queste vittime di stupri e farle uscire anche dai Paesi dove sono? Lei ha detto che le testimonianze che voi avete raccolto erano in altri Paesi.
TINA MARINARI, rappresentante di Amnesty International Italia. Sì, in Uganda e Kenya.
PRESIDENTE. Sono vittime di stupri che hanno difficoltà a poter accedere ai servizi sanitari, perché temono lo stigma. Non dovrebbe essere cura della Comunità internazionale fare un corridoio umanitario per queste persone, per queste donne, e farle uscire dal Paese dove si trovano, dove comunque perdura questo stigma, e cercare di avviare un iter di recupero di queste donne? Potremmo anche chiedere se il Governo intende agire in questo senso.
Non so, dottoressa Marinari, se Lei conviene con me su questa necessità di mirare ad un'azione specifica come quella del corridoio umanitario per le vittime di questi stupri. Vorrei sapere da Lei che cosa ne pensa, se a livello europeo c'è stata un'iniziativa in questo senso, perché parliamo di un certo numero di donne. Si potrebbe anche avviare un'iniziativa condivisa con altri Paesi. Non so se voi avete avuto sentore di questo.
Do la parola alla dottoressa Marinari.
TINA MARINARI, rappresentante di Amnesty International Italia. Grazie per queste considerazioni. L'aspetto dello stupro e delle violenze sessuali è davvero preoccupante. Non a caso citavo il nostro rapporto del 2004, a dimostrazione che questa non è una problematica che si sta affrontando in Sudan negli ultimi due anni, ma è un problema che va avanti da ben vent'anni. Tutto questo è possibile perché i miliziani, i soldati, operano nella totale impunità. Come raccontavamo prima, non hanno Pag. 9paura di essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Lo stupro viene utilizzato e praticato in maniera pubblica, per strada, sugli autobus, in qualsiasi luogo, con numerosi testimoni.
Abbiamo sollecitato, scritto e inviato al nostro Ministero degli Affari esteri questo rapporto, chiedendo di alzare l'attenzione sul Sudan, tant'è vero che dagli Stati Uniti nasce questa campagna, Keep eyes on Sudan, proprio con questo obiettivo. Non possiamo dimenticare queste donne, non possiamo dimenticare queste ragazze. Allo stesso modo, i nostri colleghi di Bruxelles stanno sollecitando, a livello europeo, un'azione coordinata che dia giustizia a queste donne e soprattutto che consenta a queste donne di avere accesso ai servizi sanitari, sessuali e riproduttivi, di accoglienza e di base perché, come dicevamo prima, il problema della violenza sulle donne è un problema che va avanti da vent'anni. Mancano le strutture, manca la cultura, manca la capacità di gestire questo tipo di denunce. Il problema non è solo lo stupro in sé e per sé, ma è tutto quello che comporta. Penso al problema della stigmatizzazione. In molte delle testimonianze che abbiamo raccolto queste donne hanno confessato di essere lì a raccontare la loro esperienza per la prima volta, perché non hanno mai avuto il coraggio, le strutture e gli ambienti per poter portare avanti una denuncia e, quindi, chiedere aiuto ed assistenza, a volte addirittura anche solo la forza e la capacità di chiedere i medicinali per le ferite subite e riportate durante uno stupro di gruppo. Si parla di persone che non riescono più a camminare, di persone che hanno perso i sensi durante uno stupro di gruppo continuativo. Queste persone non hanno alcun mezzo.
Abbiamo, quindi, bisogno di una risposta collettiva ed ampia. Abbiamo lanciato un'azione a livello del nostro Governo ed europeo, i nostri colleghi americani lo hanno fatto nei confronti degli Stati Uniti d'America, perché i tagli ai finanziamenti di USAID – l'Agenzia USA per lo sviluppo internazionale – ovviamente si vanno a ripercuotere su queste persone, che non hanno la forza, la possibilità e le strutture per poter chiedere aiuto ed assistenza.
Abbiamo bisogno di rimettere al centro della discussione la cura e l'accoglienza di chi questa violenza l'ha subita e abbiamo bisogno anche di continuare ad avere una missione di ricerca e di indagine, perché non possiamo accettare che chi ha agito questo tipo di violenze continui ad essere impunito – lo ribadisco – non da due anni, ma da vent'anni.
PRESIDENTE. Queste sono le ragioni per cui reputo importante il lavoro della Corte penale internazionale, che da tempo sta indagando sul Sudan e mi auguro abbia la forza di continuare e di aprire questo procedimento tanto atteso.
La ringraziamo per essere venuta a presentarci questo rapporto e rimaniamo con l'impegno che presenteremo un'interrogazione al Governo in cui chiederemo cosa l'Italia sta facendo oggi, se è vero che l'Italia – come emerge da qualche articolo di stampa – ha sostenuto o ha formato i janjaweed, se il Governo ha dato seguito e può darci atto del risultato della nostra risoluzione approvata a maggio 2024, se è plausibile immaginare un corridoio umanitario per trasferire in Italia alcune delle vittime di stupro che attualmente non hanno accesso a nessun tipo di assistenza, sia direttamente dal Sudan sia dai Paesi in cui hanno richiesto asilo.
Nel rinnovare il ringraziamento alla nostra ospite, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.15.