XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 28 di Giovedì 27 febbraio 2025

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 2 
Ezrahi Talya , rappresentante di ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Fitiani Najati , rappresentante di ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Ezrahi Talya , rappresentante di ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Ezrahi Talya , rappresentante di ... 9 
Fitiani Najati , rappresentante di ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Ezrahi Talya , rappresentante di ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Fitiani Najati , rappresentante di Mosaic Centre ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata da Talya Ezrahi, rappresentante di Emek Shaveh. ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE - Centro Popolare: NM(N-C-U-I)M-CP;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Emek Shaveh e di Mosaic Centre .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti di Emek Shaveh e di Mosaic Centre.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, collegati in videoconferenza, la dottoressa Talya Ezrahi, direttrice per international advocacy di Emek Shaveh, e il dottor Najati Fitiani, presidente dell'associazione Mosaic Centre.
  Ricordo che Emek Shaveh è una ONG israeliana che lavora per difendere il patrimonio culturale e per tutelare i siti archeologici come beni pubblici che appartengono ai membri di tutte le comunità, indipendentemente dall'appartenenza etnica e religiosa. Di più: nella prospettiva adottata dall'organizzazione, il patrimonio culturale costituisce una risorsa per costruire ponti e rafforzare i legami tra popoli e culture diverse. A tal fine, Emek Shaveh tiene contatti regolari con le comunità che vivono vicino a siti archeologici sensibili a Gerusalemme, in Cisgiordania e in Israele, monitorando le eventuali violazioni dei diritti di proprietà dei palestinesi.
  Mosaic Centre è un'organizzazione no-profit sostenuta da Pro Terra Sancta, impegnata nella promozione e nella salvaguardia del patrimonio culturale palestinese, in particolare nella valorizzazione e conservazione dei mosaici. Peraltro, ho potuto vedere direttamente, in una recente visita istituzionale, il lavoro di Pro Terra Sancta, veramente apprezzabile, così come le collaborazioni che porta avanti con le università, tra cui La Sapienza.
  La collaborazione, in questo senso, con le istituzioni locali e internazionali ha permesso nel corso del tempo la diffusione di tale iniziativa sia alle comunità locali sia a turisti e pellegrini di passaggio in Terra Santa.
  Vi segnalo che, come ci è stato rappresentato nel corso di una recente missione, Israele sta attuando politiche che tendono a valorizzare il patrimonio culturale di origine ebraica, in contrapposizione all'assai più complessa storia di quell'area, crocevia di molti popoli e civiltà.
  Un caso emblematico è quello del quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est, come pure quello del villaggio di Sebastia, nell'antica Samaria, ad una decina di chilometri da Nablus.
  Allo stesso tempo, si sta tentando di allargare la competenza delle autorità israeliane anche ad aree archeologiche dell'Area B della Cisgiordania, con il rischio che Pag. 3si avvii un processo di spossessamento culturale della popolazione palestinese.
  Segnalo, infine, che nel corso della recente riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite del 25 febbraio scorso la Coordinatrice Speciale dell'ONU per il processo di pace in Medio Oriente, Sigrid Kaag, ha sottolineato che «è ancora possibile raggiungere l'obiettivo di un Israele sicuro e protetto, che coesista con uno Stato palestinese indipendente e vitale». Inoltre, ha esortato i membri del Consiglio a garantire che Gaza rimanga parte integrante di un futuro Stato palestinese e che l'enclave Gaza e la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, siano unificate dal punto di vista politico, economico e amministrativo.
  Forniti questi elementi di contesto, mi fa piacere dare la parola alla dottoressa Talya Ezrahi, rappresentante di Emek Shaveh, affinché svolga il suo intervento.

  TALYA EZRAHI, rappresentante di Emek Shaveh. Signora presidente, desidero ringraziare Lei e la Commissione per avermi offerto stamattina l'opportunità di parlare di questo tema così importante e così urgente.
  Ringrazio anche per l'introduzione che è stata fatta, che mi consente di non presentare, a mia volta, la mia organizzazione Emek Shaveh.
  Oggi parleremo di come in Cisgiordania molto spesso i siti archeologici vengono strumentalizzati per portare avanti l'annessione. In particolare, vorrei illustrare il punto di vista di Emek Shaveh in proposito. Noi riteniamo che, alla luce del ruolo decisivo del patrimonio culturale nel plasmare e tutelare l'identità collettiva e la resilienza delle comunità, sarebbe importante che lo sviluppo e la tutela dello stesso avvenisse in collaborazione con le comunità che abitano i luoghi in cui si trovano i siti. Questo è un principio che ha guidato il nostro lavoro da quando siamo stati istituiti.
  A questo punto, chiedo di poter iniziare a proiettare le slides.
  Prima di parlare della situazione in Cisgiordania, vorrei chiarire delle distinzioni per quanto riguarda l'amministrazione vigente, in modo da poter essere più chiara durante il mio intervento, quando tratterò le misure adottate dal Governo israeliano.
  Nello Stato sovrano di Israele e nella Gerusalemme Est annessa, l'organo governativo responsabile per la gestione delle antichità e dei siti archeologici è l'Autorità israeliana per le antichità; in Cisgiordania, nell'Area C, che ricade sotto l'amministrazione civile israeliana, questo ruolo è assunto dallo Staff Officer for Archaeology (slide n. 2).
  La legge che disciplina i siti archeologici in Cisgiordania è la Jordanian Law of Antiquities del 1966.
  Allo stesso tempo, il Ministero palestinese per il turismo e le antichità gestisce i siti nelle Aree A e B tramite il Dipartimento delle antichità e dei beni culturali, come già peraltro prefigurato negli accordi di Oslo. Vorrei sottolineare che Israele è responsabile della sicurezza nelle Aree C e B, e questo è molto significativo, come vedremo durante il mio intervento.
  Israele è firmatario di diversi accordi internazionali chiave (slide n. 3): la Convenzione dell'Aja per la tutela dei beni culturali nel caso di conflitti armati del 1954 (primo protocollo, ma non ha firmato il secondo protocollo), la Convenzione UNESCO sul patrimonio mondiale del 1972, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 (qui vorrei citare soprattutto il diritto a partecipare alla vita culturale di una comunità) e il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966.
  A partire dal 1967 (slide n. 4) i siti antichi di Gerusalemme Est e della Cisgiordania sono stati strumentalizzati per l'esproprio di territorio, per cui l'archeologia veniva utilizzata come un pretesto per il controllo territoriale. Questo processo si è intrecciato con un secondo processo, ovvero quello di plasmare una narrativa storica che privilegiasse il passato ebraico e rafforzasse le rivendicazioni di Israele nei confronti della Cisgiordania, spesso denominata anche come area della Giudea e Samaria e considerata la culla della nazione ebraica.Pag. 4
  Durante gli anni Ottanta e gli anni Novanta diversi importanti siti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania sono stati sviluppati come attrazioni turistiche, proprio per rafforzare la percezione che i coloni erano una popolazione autoctona che stava facendo ritorno nella propria terra dopo due millenni.
  Questa narrativa molto incisiva va di pari passo con una rappresentazione dei palestinesi come completamente privi di radici storiche e motiva l'opposizione alla prospettiva di poter concedere queste aree per la creazione di uno Stato palestinese.
  Questo processo è stato ulteriormente avallato dagli accordi di Oslo, quando le organizzazioni dei coloni hanno preso la decisione strategica di sfruttare l'archeologia e la narrativa storica per sviluppare siti situati all'interno del territorio palestinese, come mezzo per influenzare l'opinione pubblica contro la prospettiva di concedere territori per la creazione di uno Stato palestinese.
  Quelli che vedete in questa slide (slide n. 5) sono esempi di siti che già sono stati creati nei Territori palestinesi occupati. Forse il più famoso è quello già citato dalla presidente, la Città di David: si tratta di un sito molto importante e molto antico nel quartiere di Silwan a Gerusalemme Est. La gestione di questo sito è stata affidata dalle autorità governative ad un'associazione di coloni, la Elad Foundation, che, all'interno di un quartiere palestinese densamente popolato, crea insediamenti residenziali sfrattando in diversi modi i palestinesi dalle loro case e sviluppa, allo stesso tempo, siti archeologici a fini turistici. Ci sono anche altri esempi: Silo/Khirbet Seilun e Susya, nelle colline meridionali di Hebron.
  Negli ultimi sei anni (slide n. 6) il processo di annessione dei territori con il pretesto di tutelare l'archeologia e di sviluppare siti a vantaggio del pubblico è aumentato in maniera significativa sia a Gerusalemme Est sia in Cisgiordania, dove abbiamo visto che molti altri siti sono stati espropriati dai coloni, con il pieno sostegno del Governo. Abbiamo visto che, in parallelo, molti consigli dei coloni in Cisgiordania, ONG e rappresentanti dei coloni alla Knesset hanno portato avanti una campagna in cui accusavano l'Autorità palestinese di voler distruggere deliberatamente i siti archeologici ebraici. Facendo seguito a questa campagna, il Governo ha stanziato milioni di shekels per la sorveglianza e l'implementazione di misure volte ad ostacolare lo sviluppo dei palestinesi nelle loro terre situate nei pressi di siti antichi.
  È importante ricordare che ci sono 6 mila siti archeologici in Cisgiordania (slide n. 7). Questo significa che quasi ogni villaggio palestinese si colloca presso o vicino a un sito archeologico. In anni recenti i palestinesi sono stati sempre più spesso oggetto di una serie di ordini di arresto lavori o di demolizione adottati in nome dell'archeologia.
  Vorrei richiamare la vostra attenzione su questa immagine (slide n. 7, in basso a destra): i dati mostrano che in due anni c'è stato un aumento del 162 per cento degli ordini di demolizione adottati con il pretesto proprio di voler tutelare l'archeologia.
  Inoltre, alcuni insediamenti si stanno appropriando di diversi siti minori, come ad esempio sorgenti, antiche cisterne e luoghi sacri che adesso sono praticamente preclusi ai palestinesi, mentre il Governo ha recentemente finanziato piani per spostare l'attenzione verso i siti più grandi, di cui parlerò tra poco.
  L'importanza strategica dell'archeologia come strumento per portare avanti una visione ultranazionalista per una Grande Israele è particolarmente evidente quando guardiamo gli accordi di coalizione dell'attuale Governo tra il partito Likud di Netanyahu e i suoi partner di coalizione dell'ultradestra, il cosiddetto «Potere per Israele» (Otzma Yehudit) e il Partito Sionista Religioso (slide n. 8).
  Ai sensi degli accordi di coalizione, le autorità governative nel campo dei beni culturali sono state consolidate all'interno del nuovo Ministero dei beni culturali. Amihai Eliyahu – esponente di Otzma Yehudit – è stato nominato Ministro dei beni culturali.
  In Cisgiordania l'amministrazione civile israeliana, che comprende anche lo Staff Officer for Archaeology, è rientrata in un Pag. 5nuovo organismo che si chiama Settlements Administration, che fa parte del Ministero della difesa ed è dunque sotto l'autorità del ministro Bezalel Smotrich, esponente del Partito sionista religioso. Entrambi i partiti hanno come priorità da perseguire l'annessione.
  Non sorprende che in pochi mesi (slide n. 9) si sia assistito al più grande stanziamento di fondi di sempre per la protezione e lo sviluppo di siti archeologici in Cisgiordania, prima con la decisione del Governo di stanziare 32 milioni di shekels (la moneta israeliana) per lo sviluppo turistico di Sebastia – di cui parlerò più avanti – e poi con l'approvazione da parte del Governo, nel luglio 2023, di uno stanziamento di ulteriori 120 milioni di shekels per un programma volto a «tutelare, conservare, sviluppare e prevenire il furto di reperti archeologici presso siti in Giudea, Samaria e nella Valle del Giordano». In realtà, soltanto il 10 per cento di questi stanziamenti sono stati utilizzati effettivamente per prevenire il furto di reperti archeologici. La parte rimanente dei fondi è stata utilizzata per sviluppare questi siti in Cisgiordania, trasformandoli in attrazioni turistiche attraverso cui organizzare attività educative.
  Vorrei citare quanto dichiarato dall'ex Ministro Eliyahu quando il Governo annunciò il programma: «Il patrimonio culturale da entrambi i lati della linea verde continuerà a ricevere una piena e totale protezione. Il principale obiettivo è quello di proteggere il patrimonio culturale delle generazioni che hanno abitato la terra di Israele e del popolo eterno».
  Nel 2024 i provvedimenti per portare i siti antichi sotto il pieno controllo israeliano hanno raggiunto un nuovo livello (slide n. 10), con due iniziative che rappresentano, secondo noi, una transizione dei processi che abbiamo descritto fino ad oggi come un'annessione de facto verso un'annessione de iure. La prima, a giugno 2024, è stata la decisione del Gabinetto di ampliare le competenze dello Staff Officer for Archaeology ai siti archeologici dell'Area B, in contravvenzione agli accordi di Oslo che riconoscevano all'Autorità palestinese la giurisdizione sui siti archeologici dell'Area B. Si tratta, in altre parole, di ridurre l'autorità dall'Autorità palestinese nei siti archeologici dell'Area B. Nello scorso luglio la Commissione ministeriale per la legislazione ha approvato una proposta di legge volta a estendere le leggi che disciplinano le antichità in Israele alla Cisgiordania. Se approvata, questa proposta, in esame in commissione alla Knesset, comporterebbe la sostituzione dell'amministrazione civile, quindi dello Staff Officer for Archaeology, con l'Israel Antiquities Authority e la conseguente sostituzione dell'autorità militare presente in Cisgiordania con l'autorità civile. Questo significherebbe applicare la legge israeliana ai siti archeologici della Cisgiordania. A questa proposta si è fortemente opposta la comunità archeologica israeliana, che ha messo in guardia su eventuali ripercussioni internazionali da parte della comunità accademica.
  Passiamo alla slide relativa a Sebastia (slide n. 12): Sebastia è un sito archeologico che consta di più livelli, che si sono stratificati nel corso dei millenni, situato nella parte settentrionale della Cisgiordania, vicino a Nablus. Gli scavi che si sono svolti in questa zona dall'inizio del XX secolo hanno rivelato una continuità di culture e popoli diversi. Tradizioni e storie del Vecchio e Nuovo Testamento sono associate a questo sito. Nel 2012 Sebastia è stata candidata dallo Stato palestinese alla lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO poiché considerata un sito di Eccezionale valore universale. La sua candidatura è attualmente al vaglio dell'UNESCO. Per Israele, e in particolar modo per i coloni, questo sito è molto importante per via dei resti dell'età del ferro e in virtù della sua identificazione con l'antica città israelita settentrionale di Shomron, o Samaria, e con la dinastia Omrides. Patrimonio paesaggistico, il sito di Sebastia comprende un'acropoli e una città. La città si è sviluppata a partire da quello che secoli fa era un piccolo villaggio, costruito attorno antiche rovine. Dopo il 1967 l'area dell'acropoli è stata dichiarata parco nazionale.
  Gli accordi «Oslo 2» del 1995 hanno portato a una divisione del sito in due aree. L'Area C, l'acropoli, è sulla sinistra della Pag. 6cartina che vedete sulla slide (slide n. 12). A sinistra della linea rossa abbiamo l'acropoli. Mentre il resto del sito e la città palestinese sono stati collocati nell'Area B, sulla destra della cartina, sotto l'autorità dell'Autorità palestinese e, nello specifico, del Dipartimento delle antichità e dei beni culturali del Ministero del Turismo e delle antichità.
  Il centro storico di Sebastia è stato interessato da una serie di progetti di tutela e restauro che sicuramente verranno descritti dal dottor Fitiani. In particolar modo, nel corso degli scorsi cinque anni i coloni ebraici hanno cercato, con il sostegno del Governo israeliano, di imporre una separazione tra l'acropoli e la città di Sebastia. Ciò ha comportato visite frequenti di leader dei coloni, membri della Knesset e Ministri.
  È opportuno sottolineare che l'unico modo per accedere all'acropoli è attraverso la città, che si trova nell'Area B. Queste visite sono accompagnate da massicce scorte militari. Le tensioni tra i residenti e i militari tendono a concentrarsi soprattutto intorno alla piazza principale (dove è stata eretta una bandiera palestinese) che rientra nell'Area B e quindi sotto il controllo civile palestinese. Tuttavia, la piazza è adiacente all'acropoli, che si trova invece nell'Area C. Nel 2023 il Governo israeliano ha approvato un massiccio piano di sviluppo, a cui ho precedentemente accennato, finalizzato a trasformare il sito in un sito di interesse per i turisti, soprattutto israeliani. Il piano, che è stato concepito per completare la separazione tra l'acropoli e la città e dirottare i turisti, viene considerato una minaccia all'eccezionale valore universale che è stato attribuito a questo sito dallo Stato palestinese e dagli esperti internazionali in materia.
  Vorrei richiamare la vostra attenzione sull'immagine in basso a destra di questa slide. È un po’ piccola, però potete vedere una visita del Ministro degli affari ambientali israeliano, Idit Silman, e del capo del Consiglio regionale di Shomron – uno dei consigli dei coloni – Yossi Dagan, a Sebastia subito dopo l'annuncio del progetto.
  Inoltre, lo scorso luglio i militari hanno emesso l'ordine di confiscare un territorio di 1,3 dunam (l'unità di misura territoriale locale) nella parte alta del sito archeologico, identificato sulla cartina dal rettangolo rosso a sinistra nella slide. Questo ordine di confisca, che è stato firmato dal comando centrale, va a colpire un appezzamento che si trova proprio sulla cima di questo antico monte.
  Insieme al comune di Sebastia e ai proprietari terrieri, abbiamo presentato ricorso richiamando la Convenzione dell'Aja del 1954 che vieta l'installazione di strutture militari nei pressi di siti storici e culturali. Al tempo stesso, abbiamo assistito a una recrudescenza delle incursioni militari in città, dei raid nelle case. Recentemente un bambino è stato addirittura ucciso da un cecchino.
  Per concludere (slide n. 13), recenti iniziative legislative, decisioni del Governo, espansioni degli insediamenti rivelano il fatto che è in atto un utilizzo strategico dell'archeologia per poter rafforzare il controllo israeliano sulla Cisgiordania, erodendo, invece, i diritti palestinesi. Un processo che ha trasformato il patrimonio culturale in uno strumento di distruzione, nonché uno strumento per agevolare le annessioni, sia de facto che de iure.
  Il sito di Sebastia attualmente è minacciato da questi progetti di sviluppo, che andrebbero a consolidare un pieno controllo israeliano sull'acropoli, separando nettamente in due il sito; una decisione che separerebbe i residenti palestinesi di Sebastia dalle loro antiche radici culturali, privandoli di una componente importante della loro identità. Il sito è considerato come candidato per l'iscrizione nella lista dei siti patrimonio mondiale dell'umanità.
  Noi chiediamo il vostro intervento per proteggere il sito, per la popolazione di Sebastia, per la pace nella regione e per l'umanità nel suo insieme. Grazie.

  PRESIDENTE. Molte grazie, dottoressa Ezrahi. Quello che ci ha detto ci farà riflettere. Magari dopo faremo alcune domande. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della presentazione informatica che ci è stata illustrata (vedi allegato).Pag. 7
  Passo la parola al dottor Najati Fitiani, rappresentante di Mosaic Centre.

  NAJATI FITIANI, rappresentante di Mosaic Centre. Signora presidente, vi ringrazio per questa opportunità che ci avete concesso di lasciare una testimonianza di quello che viviamo oggi in Palestina.
  Sono Najati Fitiani, dirigo il Mosaic Centre di Jericho, un'associazione palestinese no-profit che si occupa di tutela e conservazione del patrimonio culturale ed architettonico in Palestina e in generale.
  Vorrei parlare, ricollegandomi al discorso della collega di Emek Shaveh, di Sebastia. Mosaic Centre ha avuto una lunga esperienza di conservazione e restauro, in collaborazione con i nostri amici dell'associazione italiana Pro Terra Sancta. Abbiamo restaurato e conservato diversi edifici vecchi, abbiamo valorizzato siti antichi, storici, creando botteghe per l'artigianato, case di accoglienza, cercando di dare uno sviluppo economico sostenibile alla comunità locale, che vive grazie al turismo, alla ricchezza del sito, che si trova – come diceva la mia collega – sull'acropoli.
  Bisogna ricordare questa acropoli che si trova sull'Area C, ma anche il villaggio, che ha altri siti importanti, come la tomba di Giovanni Battista, meta di pellegrinaggio per musulmani e cristiani, che si trova nell'Area B, quindi area controllata militarmente dagli israeliani, ma sotto tutela e conservazione da parte dell'Autorità palestinese. La nuova legge prevede il controllo da parte dell'autorità israeliana dell'antichità anche su questi siti.
  Oltre a quello che diceva la collega – rispetto a quello che succede sull'acropoli, che sarà sconnessa e isolata, come fanno sempre, strumentalizzando l'archeologia per creare nuovi espropri o e per creare installazioni militari o nuovi insediamenti – c'è il rischio di isolare totalmente l'acropoli da Sebastia, dove attualmente si accede passando dal villaggio. Nello scenario futuro sarà isolato e magari legato alla colonia di insediamento di Karnei Shomron, togliendolo totalmente dal suo territorio.
  Dall'altra parte, sull'Area B, dove c'è il villaggio, l'Autorità palestinese si occupa del restauro e della conservazione, che passa in mano agli israeliani: sono siti di poca importanza per loro, dal punto vista storico e religioso, dunque avranno meno interesse a conservarli. I palestinesi non potranno intervenire perché sarà loro proibito fare qualsiasi cosa. Andranno, quindi, verso l'abbandono e la rovina.
  Questo progetto vale per tanti villaggi, tanti siti palestinesi, in particolare si passa da anni dove gli israeliani si focalizzano, sforzandosi di fare questo progetto e di mettere le mani sull'archeologia che si trova nell'Area C. È quello che vediamo già in atto oggi, con l'ultimo Governo ultranazionalista israeliano, che sta varando queste nuove leggi anche sul territorio.
  Quella di oggi è la testimonianza del nostro staff, dei nostri amici che lavorano a Sebastia. La situazione è veramente grave. Abbiamo incursioni continue, quasi giornaliere. Un giorno sì e un giorno no entra l'esercito, con coloni o senza, attaccano gli abitanti. Di media ogni due o tre ore devono chiudere le loro attività e chiudersi in casa, perché vengono attaccati dalla polizia. Purtroppo, un mese fa è stato ucciso un ragazzino di dodici anni. Comunque, ormai con un ritmo giornaliero entrano e sparano lacrimogeni, attaccano le persone e se ne vanno.
  A questo si aggiunge il discorso – abbiamo sentito una grande paura da parte dei cittadini a tal riguardo – dell'esproprio delle loro terre, queste terre che sono intorno al sito, dove hanno già iniziato a sequestrare ed espropriare per creare strade di accesso, o un parco archeologico, o installazioni militari. Comunque, stanno perdendo questa terra, che è molto importante per l'economia palestinese in generale. Sono terreni coltivati ad alberi di ulivo e da frutto, che oggi, soprattutto dopo un anno e mezzo di guerra, dove non c'è lavoro e non c'è turismo, sono una fonte di reddito molto importante per gli abitanti di Sebastia. Perdere questo vuol dire la fine di questo villaggio e della sua importanza, che è sempre stata basata sulla sua ricchezza storica. Come diceva prima la collega, è un sito molto ricco, di migliaia di anni, con tantissima popolazione, un sito che appartiene all'umanità e non ad alcune parti, ma Pag. 8con questi nuovi privilegi e questi nuovi finanziamenti danno il controllo espresso ai coloni, il che vorrà dire che sarà limitato ai coloni israeliani e non sarà più un sito mondiale, a disposizione di tutti.
  Mi fermo qua e vi ringrazio dell'ascolto.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Fitiani, per aver sottolineato la gravità di quello che sta accadendo alla popolazione palestinese.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio gli intervenuti per l'esposizione, che ho trovato molto ricca e particolarmente interessante, anche per il ruolo che il nostro Paese gioca in vari teatri sui temi della conservazione del patrimonio culturale. L'Italia, – in Iraq, ma anche in Siria, in Libia e in Tunisia – porta avanti progetti di cooperazione per aiutare la conservazione del patrimonio culturale. Quindi, anche tenendo in considerazione il fatto che il dottor Fitiani ha parlato in italiano, vorrei capire il tipo di interazione tra i vostri progetti e le vostre denunce e le nostre autorità politiche e diplomatiche. Credo che questo possa interessare anche il lavoro della Commissione, nel senso che quello effettivamente è uno di quegli ambiti in cui possiamo dare qualche indicazione di indirizzo, visto anche il ruolo riconosciuto del nostro Paese su questi temi.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ciò che ci avete illustrato è chiaramente una situazione di grave emergenza, perché le nuove leggi, il modo in cui vengono indirizzati i finanziamenti e l'espansione dei coloni ci fanno capire che c'è un utilizzo strategico dell'archeologia a scopo politico e di occupazione; quindi l'archeologia come strumento di oppressione, come arma politica. Penso che questo sia estremamente grave. Fa male vedere che a Sebastia l'esercito e i coloni entrano nel sito per terrorizzare chi ci lavora, peraltro unica fonte di reddito rimasta.
  A gennaio io sono stata, insieme ad altri membri del Comitato per i diritti umani, a visitare Israele e la Palestina e a Silwan abbiamo visto esattamente quello che ci veniva prima detto dalla dottoressa Talya Ezrahi. Abbiamo visto che vengono demolite le case per far largo ad attrazioni turistiche o a parchi verdi, in un quartiere molto popolato, dove alcune abitazioni sono state rase al suolo, ma anche centri di aggregazione finanziati con fondi dell'Unione europea. Quindi, si vedono tutte macerie, perché il progetto è quello di fare in quel sito un parco, in uno dei quartieri più antichi di Gerusalemme Est. Poi, però, vedi le case dei coloni, con le bandiere israeliane, che rimangono in piedi. Quindi, non si capisce quale sia questo piano urbanistico; la verità è che dietro c'è un piano politico più che urbanistico.
  Ai nostri auditi, quindi, desidero porre le seguenti domande. Di fronte a un piano così drammatico che ci avete presentato, ad una strategia che va contro le risoluzioni delle Nazioni Unite, anche nell'occupazione delle aree A, B e C – perché se si cerca di estendere le competenze anche sull'area B siamo in violazione degli accordi di Oslo – la Comunità accademica internazionale sta reagendo? L'UNESCO ha preso una posizione su tutto questo? Oppure, tutto questo sta accadendo nel silenzio della Comunità internazionale? L'Unione europea come si relaziona rispetto a questa situazione? Vi faccio queste domande perché dalla nostra recente visita risulta chiaro che ci sia, per quello che abbiamo percepito, una mancanza di presa di posizione da parte della Comunità internazionale. Quindi, vi chiedo se è così o se, invece, la Comunità accademica e l'UNESCO hanno già espresso preoccupazione e condanna.
  Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  TALYA EZRAHI, rappresentante di Emek Shaveh. Inizio rispondendo a partire dalla seconda domanda. In realtà, ci sono molti aspetti di cui potremmo parlare, ma per quanto riguarda il ruolo dell'UNESCO posso dirvi che tendenzialmente l'UNESCO si occupa dei luoghi che sono considerati patrimonio mondiale, quindi la zona della città di Silwan di cui stiamo parlando in particolarePag. 9 non fa propriamente parte della città vecchia di Gerusalemme o del patrimonio mondiale, si trova al di fuori delle sue mura. Se fosse stata riconosciuta ufficialmente come zona cuscinetto, come patrimonio dell'umanità, allora l'UNESCO si sarebbe potuta esprimere su quella situazione. Però, poiché nella città antica non esiste una zona cuscinetto e quei luoghi si trovano un po’ al di fuori dell'area di interesse dell'UNESCO, in questo caso è diverso. Ripeto, l'UNESCO prende una posizione quando si parla di patrimonio dell'umanità, penso per esempio per quanto concerne il sito di Battir. Avevo una slide a tal riguardo (slide n. 11), che però ho deciso di non includere per questione di tempo. Nelle ultime decisioni prese dalla Commissione si è affrontato il tema che molti luoghi dichiarati patrimonio dell'umanità sono sotto grave minaccia. Questa è proprio una dichiarazione rilasciata dall'UNESCO, che si è espressa su questa questione; però, non so quanto poi questo abbia un vero impatto.
  Per quanto riguarda l'Unione europea, posso dire che c'è sicuramente un impegno sempre crescente per quanto riguarda ciò che succede ai patrimoni dell'umanità in Cisgiordania. L'archeologia è vista come un luogo e uno strumento fondamentale per poter andare avanti. Stiamo parlando di una annessione de facto, ne abbiamo parlato per molto tempo e adesso stiamo parlando ancora più nel dettaglio di questa questione visti gli accordi di Oslo, viste le nuove leggi che sono state promosse, visto tutto ciò che sta facendo la Knesset. Stiamo parlando davvero di un'annessione de iure. Il mio collega ha parlato molto bene della questione, ha parlato dell'impatto che tutto questo ha su luoghi come, ad esempio, Sebastia; sappiamo che tutto questo porta molte conseguenze per tutto ciò che succede sul campo.
  Noi crediamo che ci sia una sorta di riconoscimento di quanto sia urgente la questione e di quanto occorra affrontarla, soprattutto perché vengono strumentalizzati questi luoghi antichi. Ci sembra che l'Unione europea ne sia consapevole. Chiaramente saremmo molto più felici se si parlasse più spesso di questa questione e soprattutto se si facesse risalire questa conversazione ad alti livelli. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Mi chiedo se anche il dottor Fitiani vuole rispondere. In aggiunta, vorrei fare un'altra domanda. Tre giorni fa ho ricevuto una mail dalla ONG israeliana, «Breaking the Silence», che denunciava il fatto che alla Knesset è in discussione una legge che, se approvata, potrebbe impedire alla società civile israeliana che si occupa di alcuni ambiti, come i diritti umani, di poter continuare ad operare, perché le ONG non potrebbero più prendere fondi da entità straniere, ovvero avrebbero una tassazione dell'80 per cento, il che impedirebbe loro di poter agire. Inoltre, c'è una legge che limita l'accesso in Israele a tutte le persone che hanno richiesto che i militari dell'Israel defense forces (IDF) rispondano dei loro crimini; anche questo limiterebbe l'accesso dei volontari per motivi di libertà di espressione. Chiaramente tutto questo restringe enormemente lo spazio di libertà di pensiero e anche lo spazio democratico in Israele, già altamente compromesso.
  Vorrei chiedervi se queste limitazioni andrebbero a colpire anche le ONG che lavorano nell'ambito culturale e quale impatto avrebbero sul vostro operato, nel caso in cui queste leggi dovessero passare alla Knesset.
  Grazie.

  TALYA EZRAHI, rappresentante di Emek Shaveh. Cercherò di essere breve, anche per dare spazio al mio collega. Sì, è così.

  NAJATI FITIANI, rappresentante di Mosaic Centre. Riguardo alla prima domanda, penso che la mia collega...

  PRESIDENTE. Dottor Fitiani, aspetti, lasciamo finire la dottoressa Ezrahi. Poi, Le passo la parola per tutte le domande. Grazie.

  TALYA EZRAHI, rappresentante di Emek Shaveh. Dicevo, sì, è vero, questa è una cosa che ci tocca. Noi operiamo nel campo culturale,Pag. 10 quindi chiaramente è qualche cosa che ci riguarda, ma riguarda tutte le organizzazioni che ricevono gran parte dei finanziamenti da Governi esteri. Per cui, sono prese di mira quelle organizzazioni che prendono finanziamenti dai Governi stranieri, ma sono escluse quelle organizzazioni che ricevono una parte di finanziamento dallo Stato. Ciò significa che, di fatto, le organizzazioni della società civile che si occupano di diritti umani sono particolarmente colpite e noi facciamo parte proprio di questa comunità.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al dottor Fitiani.

  NAJATI FITIANI, rappresentante di Mosaic Centre. Riguardo alla domanda precedente la mia collega ha risposto sufficientemente. Ci sono preoccupazioni, condanne, ma purtroppo questo Governo ultranazionalista non lo ferma nessuno.
  Riguardo alle ONG so veramente poco, ma so che attualmente, con la scusa della guerra, ci sono molte restrizioni sulle persone che vi lavorano. Vedo che le persone che vengono dall'estero e fanno parte di associazioni non hanno più i visti, sono soggette a molte restrizioni e hanno problemi per entrare o partecipare. Su tanti progetti già in atto non c'è più personale, perché le persone non hanno più i visti.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Prima di chiudere, consentitemi di aggiungere un'ultima considerazione. Vedremo se, sulla base di quello che ci avete detto, sarà possibile interessare il Governo italiano perché – come proponeva la collega Quartapelle –, siccome l'Italia si è sempre occupata di protezione dei siti archeologici e del patrimonio culturale, possiamo chiedere al Governo italiano che cosa intende fare per proteggere questi siti e fare in modo che non ci sia questo tentativo di espropriare questa eredità dalla gestione palestinese e se, quindi, è possibile fare una qualche pressione sul Governo israeliano per allentare questa morsa. Possiamo provare a presentare un'interrogazione; chiaramente non sappiamo in che misura tutto questo potrà avere un qualche esito.
  Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio i nostri ospiti – anche per la documentazione, che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) – e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.

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