Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di B'Tselem –
The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories
.
Boldrini Laura , Presidente ... 3
Michaeli Sarit , rappresentante di B'Tselem – ... 4
Boldrini Laura , Presidente ... 6
Ascari Stefania (M5S) ... 7
Scotto Arturo (PD-IDP) ... 7
Carotenuto Dario (M5S) ... 7
Boldrini Laura , Presidente ... 8
Michaeli Sarit , rappresentante di B'Tselem – ... 8
Boldrini Laura , Presidente ... 10
Michaeli Sarit , rappresentante di B'Tselem – ... 11
Boldrini Laura , Presidente ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI
La seduta comincia alle 15.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di B'Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di B'Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories.
Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, collegata in videoconferenza, la dottoressa Sarit Michaeli.
Ricordo che B'Tselem, fondata nel 1989, è un'organizzazione indipendente e non partisan che si batte per garantire a tutte le persone – palestinesi ed ebrei – che vivono in Israele, a Gaza e in Cisgiordania, i diritti umani, la libertà e l'uguaglianza. Ciò sulla base della centralità della persona umana.
Il termine ebraico «B'Tselem» richiama il passo della Genesi in cui si ricorda che Dio creò l'umanità a sua immagine. L'organizzazione è particolarmente impegnata nella raccolta di documenti e testimonianze sulle violazioni dei diritti umani commesse da Israele nei Territori palestinesi occupati e ha ricevuto per la sua attività numerosi riconoscimenti. Io stessa ho già avuto modo di vederla all'opera sul campo, durante una visita a Hebron e a Masafer Yatta che ho effettuato nel 2022, insieme ad essi e agli attivisti israeliani di «Breaking the silence».
Segnalo che il 18 settembre scorso l'Assemblea Generale delle Nazioni unite ha approvato con 124 voti a favore, 14 contrari e 43 astensioni una risoluzione sulle conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nel Territorio palestinese occupato. Nella risoluzione l'Assemblea Generale chiede ad Israele, in primo luogo, di porre fine senza indugio alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati. Più nel dettaglio, sollecita le autorità israeliane a rispettare il diritto internazionale e a ritirare le forze militari, a cessare immediatamente le nuove attività d'insediamento, evacuare tutti i coloni e smantellare parte del muro di separazione che è stato costruito all'interno della Cisgiordania occupata. La risoluzione chiede, inoltre, ad Israele di consentire a tutti i palestinesi sfollati durante l'occupazione di tornare al loro luogo d'origine e di riparare i danni causati dalla sua occupazione.
Nel dibattito che si è svolto il giorno dopo, il 19 settembre, in sede di Consiglio di Sicurezza ONU, il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, ha evidenziatoPag. 4 il costante aumento delle attività illegali di insediamento nell'ultimo anno, in violazione della risoluzione n. 2334 del 2016 del Consiglio di Sicurezza, che invita Israele a cessare immediatamente e completamente tutte le attività di insediamento nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, e a rispettare pienamente tutti i suoi obblighi legali a questo proposito.
L'Unione europea, da parte sua, ha sempre condannato la violenza contro i palestinesi da parte di coloni estremisti della Cisgiordania occupata, che ha raggiunto livelli senza precedenti dopo gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele del 7 ottobre del 2023.
In questo contesto, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato a più riprese – da ultimo, il 15 luglio scorso – sanzioni nei confronti di una serie di soggetti – persone fisiche ed entità – responsabili di gravi e sistematici abusi dei diritti umani a danno di palestinesi in Cisgiordania, compresi abusi del diritto di ogni individuo di godere del più alto livello possibile di integrità fisica e mentale, del diritto di proprietà, del diritto alla vita privata e familiare, del diritto alla libertà di religione o di credo e del diritto all'istruzione. Tra gli altri, sono stati sanzionati Lehava, un gruppo di destra radicale che propugna la supremazia ebraica, e Hilltop Youth, un gruppo giovanile noto per atti di violenza contro persone e villaggi palestinesi in Cisgiordania.
Forniti questi elementi introduttivi, do la parola alla dottoressa Sarit Michaeli affinché svolga il suo intervento.
SARIT MICHAELI, rappresentante di B'Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, intervento in videoconferenza. Grazie. Apprezzo moltissimo questa opportunità di potermi rivolgere a voi e di parlare di argomenti che hanno un impatto su tutti gli esseri umani che vivono nella nostra regione, in particolare di quanto sta avvenendo dall'anno scorso.
Penso che si possa cominciare con un dato di fatto: l'anno che è trascorso ha avuto un impatto semplicemente devastante su tutte le persone che vivono qui. È stato assolutamente terribile e molto difficile da digerire per tutti. Ma ritengo che sia assolutamente importante anche accettare che la situazione e la sofferenza della popolazione di Gaza non possono continuare ad essere ignorate e trascurate, immaginando che la situazione si normalizzi.
Per prima cosa, vorrei ripetere l'appello che abbiamo rivolto insieme ad altre organizzazioni per i diritti umani e ad una parte della società civile di Israele, perché si arrivi a un cessate il fuoco e a un accordo sugli ostaggi. Il cessate-il-fuoco e un accordo sugli ostaggi sono l'unico modo per garantire un cambio di direzione nella nostra regione verso una normalizzazione, verso il ritorno degli oltre cento ostaggi che stanno soffrendo torture insostenibili e l'elaborazione di tutte le violazioni dei diritti umani.
Questo è il minimo indispensabile: dobbiamo fare affidamento su di voi membri della Comunità internazionale perché ci si attivi in questo senso. Sono trascorsi trecentosettantasei giorni da quando c'è stato l'attacco di Hamas contro i civili israeliani nel sud di Israele, l'inizio di questo orrore. È stata una cosa atroce, un crimine di guerra, gravemente condannato da noi stessi e dai membri della società civile israeliana in generale; abbiamo sofferto moltissimo, abbiamo sofferto una grande perdita anche nella nostra piccola comunità delle organizzazioni per i diritti umani, perché ci sono state persone che sono state uccise e altre che sono state prese in ostaggio, persone che hanno perso tanti dei loro parenti e dei loro cari; è stato un trauma enorme per tutti gli israeliani. Tristemente, sfortunatamente e sorprendentemente il nostro Governo, da allora, nell'ultimo anno, ha manipolato questo terribile trauma per perseguire la sua agenda ideologica, che si ripercuote su quella di Israele, su tante persone, come me stessa, i miei colleghi o altri, e non garantisce alcuna sicurezza o incolumità; al contrario, io mi sento molto meno sicura rispetto ad un anno fa, nonostante il fatto che Israele sia impegnato su almeno tre fronti di guerra.
Io credo che per capire che cosa ha fatto Israele dobbiamo accettare che l'obiettivo Pag. 5generale del regime di Israele è essenzialmente quello di imporre la logica prevalente della supremazia degli ebrei sull'intero territorio sotto il controllo di Israele. Tale concetto, quello della supremazia degli ebrei, è stato acquisito come principio costituzionale in Israele sei anni fa e anche la linea politica del Governo si basa sul principio secondo cui si dice che il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile su tutte le parti del territorio di Israele. Questa analisi essenziale della realtà presente in tutta la nostra regione, una realtà di apartheid, guida la nostra visione dell'attacco criminale di Hamas del 7 ottobre e della conseguente risposta di Israele. La risposta che Israele ha posto in essere nell'ultimo anno è essenzialmente una guerra contro tutto il popolo palestinese, una guerra che è stata portata avanti commettendo crimini di guerra tutti i giorni. A Gaza tutto questo ha assunto la forma di espulsioni, carestia, uccisioni e la distruzione di proprietà su una scala senza precedenti. Questo va ben oltre la vendetta ed è diventato una guerra di rappresaglia. Quello che sta facendo Israele è sfruttare questa opportunità per promuovere la sua agenda ideologica, rendendo Gaza invivibile. Sentiamo gli appelli di alcuni elementi dell'estrema destra di Israele, che sono ben rappresentati nel nostro Governo, i quali chiedono nuovi insediamenti a Gaza; questa è una cosa da non sottovalutare e non ignorare.
In questo contesto io vorrei riparlare dell'appello di B'Tselem e di altre organizzazioni israeliane per i diritti umani in merito al vero rischio che rileviamo, alla vera preoccupazione che nutriamo, ovvero che Israele nelle ultime due settimane in silenzio ha dato attuazione al cosiddetto «Piano del Generale», General's plan, che significa far morire di fame la popolazione di Gaza nord per trasferire fuori da quest'area, con la forza, tutta la popolazione che è rimasta al suo interno, attraverso un assedio ancora più serrato di quello già esistente, non consentendo l'arrivo di alcun genere alimentare o di carburante e sbarrando continuativamente tutta l'area. Questa è una grandissima preoccupazione, perché l'intento è assolutamente chiaro, anche secondo le Nazioni Unite, che lo hanno detto nelle ultime due settimane. Praticamente non è arrivato nessun genere alimentare, a Gaza nord ci sono alcune centinaia di migliaia di persone che stanno morendo di fame e questo è motivo di fortissima preoccupazione. Noi lo denunciamo non soltanto perché si tratta di un piano tremendamente immorale e illegale, ma perché è anche piena responsabilità della comunità internazionale evitare che questo accada.
Quello che noi vediamo oggi, dal punto di vista internazionale, è una politica attendista, in cui sembra che la Comunità internazionale essenzialmente aspetta, anche se esprime condanne. Abbiamo visto qualche azione, ma abbiamo bisogno di molto di più di quello che è stato fatto finora, affinché non si consenta ad Israele di ottenere progressi sul campo e mandare via la popolazione civile da Gaza nord. Se questo accade, la Comunità internazionale sarà complice di questo trasferimento forzato e del crimine di fame nei confronti di questa popolazione. Questo è un avviso importante: per evitare che questa catastrofe accada c'è bisogno di azione, non solo di parole.
Vorrei brevemente anche parlare della situazione in Cisgiordania, che rappresenta una parte essenziale dello scenario, ivi compresa Gerusalemme Est. Il Governo israeliano sta sfruttando anche le circostanze della nostra società per creare dei cambiamenti irreversibili. Da ottobre le forze israeliane hanno ucciso più di 650 palestinesi, di cui almeno 140 minorenni. I coloni israeliani attaccano i palestinesi e conducono pogrom anche in pieno giorno, col supporto del Governo. I coloni ad oggi sono riusciti a mandare via dalle loro case diciannove comunità di pastori palestinesi con minacce e atti di intensa violenza. Ecco, in questo contesto io vorrei menzionare una recente dichiarazione dell'Unione europea e molti Paesi affini – sottoscritto anche dall'Italia – sulla raccolta delle olive, che in Palestina ufficialmente è iniziata ieri. Una delle più grandi preoccupazioni che abbiamo – e questo timore non è ipotetico, Pag. 6ma si è concretizzato tutti i giorni – è che i coloni, insieme all'esercito, andranno a boicottare totalmente la stagione di raccolta delle olive attaccando gli agricoltori palestinesi, portandoli via dalle loro terre, rubando il loro raccolto, organizzando, insieme alle autorità israeliane, azioni volte a non permettere agli agricoltori palestinesi di avvicinarsi agli insediamenti o anche solo di attraversare la barriera di separazione per raggiungere gli uliveti dai quali Israele li ha allontanati.
Come abbiamo detto, vediamo incidenti quotidiani sul terreno, che aumentano il rischio. Gli Stati membri dell'Unione Europea, inclusa l'Italia, hanno firmato una dichiarazione molto incoraggiante in relazione all'analisi del problema in essa contenuta. La dichiarazione è molto chiara e condanna in modo inequivocabile questa violenza, ma la dichiarazione è povera di azione. Riteniamo che al momento le dichiarazioni non bastino. Le dichiarazioni non riusciranno a cambiare la condotta del Governo israeliano, perché il Governo israeliano è dominato dalla lobby dei coloni di estrema destra ed è diventato ormai chiaro che l'esercito e la polizia non andranno a proteggere i palestinesi, sicuramente non durante questo periodo della raccolta delle olive, senza una forte pressione internazionale, che deve prendere forma non solo con le parole, ma anche con i fatti. I decisori politici israeliani devono capire che ci saranno delle conseguenze se interromperanno la raccolta delle olive, che è un'importante fonte di reddito annuale per l'intera società palestinese.
Ci sono anche tante altre cose di cui si può parlare. Un'altra grande causa di forte preoccupazione è la cosiddetta «gazificazione» della Cisgiordania, ossia l'adozione da parte dell'esercito israeliano di tattiche e armi che finora, nell'ultimo periodo, sono state utilizzate solo a Gaza – i bombardamenti aerei, l'uccisione di persone con i droni, che colpiscono primariamente militanti palestinesi, ma anche civili – così come l'obiettivo di distruggere completamente le infrastrutture, come è accaduto a Jenin e nei due attuali campi profughi; questo significa che tantissimi palestinesi sono costretti a lasciare le proprie case.
Ecco, vorrei chiudere semplicemente con un accenno alla «guerra» che viene condotta contro i palestinesi anche all'interno delle prigioni. B'Tselem di recente ha presentato un rapporto basato sulla testimonianza di prigionieri palestinesi dell'intera regione, di Gaza, della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e anche della stessa Israele; emergono in modo scioccante le condizioni dei palestinesi nelle prigioni israeliane, al punto che abbiamo deciso di dichiarare che Israele ha tramutato il suo sistema penitenziario in una rete di campi di tortura per i palestinesi, che sono sottoposti ad abusi e torture ovunque nel sistema. Questo vale non solo per i palestinesi che Israele sospetta possano essere coinvolti nelle atrocità del 7 ottobre, ma si applica in modo trasversale a tutti i palestinesi. Israele ha arrestato migliaia di palestinesi nell'ultimo anno, e la maggior parte di loro di fatto non è stata neanche sottoposta a un processo; le condizioni della loro detenzione e il modo in cui sono trattati solleva l'esigenza di un'azione internazionale per porre fine a tutto questo.
Io credo che sia fondamentale capire che la Comunità internazionale è venuta meno al proprio dovere di proteggere i palestinesi e i civili e di questa mancanza i palestinesi e gli stessi israeliani pagano lo scotto tutti i giorni. Noi dobbiamo veramente auspicare un cambiamento.
Ancora grazie. Sarò lieta di rispondere alle vostre domande.
PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Michaeli, per il quadro che ci ha fornito, sicuramente molto preoccupante. Noi chiaramente seguiamo tutta la vicenda da anni, però sentire le sue parole, ascoltare le testimonianze riportate da chi questa realtà la vive direttamente è sicuramente diverso.
Chiederei ai colleghi e alle colleghe se ci sono interventi, se qualcuno vuole prendere la parola per chiedere qualche delucidazione su dei punti che Lei ha sollevato, dal momento che ne ha sollevati molti. Ha parlato di cessate-il-fuoco e di rilascio degli ostaggi come la base su cui costruire appuntoPag. 7 un percorso, ma purtroppo non siamo ancora arrivati a questo. Ci ha detto che c'è una manipolazione della guerra che viene fatta dal Governo israeliano di estrema destra per imporre un'agenda politica; c'è il piano generale, cioè quello di far morire di fame la popolazione a Gaza nord, quindi imporre lo sfollamento attraverso l'uso della fame. C'è una politica attendista da parte della Comunità internazionale che non è sopportabile. Ci ha detto che sono cambiamenti irreversibili quelli che il Governo israeliano sta mettendo in atto non solo a Gaza, ma anche in Cisgiordania.
Quello che ci ha detto sulla raccolta delle olive penso che sia assolutamente coerente con questo intento, cioè non consentire ai palestinesi di raccogliere le olive vuol dire negare loro anche quel poco di reddito che consentirà loro di vivere dignitosamente.
Inoltre, Lei ha rimproverato all'Unione europea – all'Italia e a tutti gli Stati membri – di non fare tutto quello che si può, perché bisogna passare dalle condanne di circostanza al fare di più.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Ricordo che la collega Stefania Ascari è anche la coordinatrice dell'Intergruppo per la pace tra Israele e Palestina, a cui molti di noi in quest'Aula appartengono.
STEFANIA ASCARI. Ringrazio la presidente Boldrini per questa importante audizione – saluto i colleghi e le colleghe presenti –, che veramente ha dato degli spunti e ha fatto un quadro estremamente chiaro e allo stesso tempo aberrante.
Vorrei chiedere qualcosa in merito all'aspetto del riconoscimento dello Stato di Palestina. Dopo oltre trecento risoluzioni delle Nazioni Unite in cui nessuna di queste ha ottenuto il rispetto da parte di Israele, in cui c'è una violazione continua del diritto internazionale, vorrei avere il punto di vista della nostra ospite in merito all'importanza del riconoscimento e quindi, finalmente, anche di un riconoscimento dei confini, nonché in merito all'interruzione immediata di ogni rapporto economico e commerciale con il Governo di Netanyahu.
Grazie.
ARTURO SCOTTO. Ringrazio la presidente Boldrini per aver organizzato questo importante confronto. Ho due domande molto rapide e molto semplici. La prima attiene ad una questione che abbiamo potuto constatare in una missione – molti dei presenti qui, compresa la presidente, sono stati a Rafah qualche mese fa, nel marzo di quest'anno –, dove abbiamo assistito a pause umanitarie per promuovere una campagna di vaccinazione di massa a Gaza sul rischio molto concreto di malattie molto pesanti, che pensavamo fossero state sradicate, come la poliomielite.
All'epoca, Medici senza frontiere ci lanciò un allarme molto forte, che poi è stato confermato anche da alcune riviste scientifiche, come The Lancet: la contabilità dei morti è molto superiore. Accennò anche ai rischi di infezioni di colera. Volevo chiedere se loro hanno contezza di problemi ancora più gravi sul piano sanitario e se c'è qualche forma di interlocuzione per prevenire o evitare ulteriori contagi.
La seconda – essendo B'Tselem la più grande organizzazione non governativa di Israele, essendo sempre stata un'organizzazione oggettiva, che verificava le violazioni dei diritti umani – che tipo di percezione Lei ha dopo un anno dall'inizio della guerra, dopo la tragedia immensa del 7 ottobre e dopo ormai gli oltre 42 mila morti a Gaza. Dentro il quadro – che descriveva sempre Lei – di un aumento, di una moltiplicazione dei fronti di guerra, chiedo se ha una percezione di un qualche smottamento o spostamento dell'opinione pubblica israeliana, se dentro le mobilitazioni contro il Governo Netanyahu, oltre giustamente alle mobilitazioni che denunciano la scarsa capacità di aprire un negoziato per liberare gli ostaggi, oltre alle violazioni ripetute della legge da parte di questo Governo, c'è una nuova sensibilità rispetto alla questione palestinese.
DARIO CAROTENUTO. Ringrazio tutti i presenti e in particolare la Presidente Boldrini per aver voluto questo momento molto importante e molto significativo.Pag. 8
Ringrazio, anche per il coraggio, B'Tselem, perché in questo momento credo che ci voglia una grossa dose di coraggio nell'affrontare in questo modo questi temi. D'altra parte, però, io mi domando – e domando a Lei – come è possibile spiegare – a fronte di una opinione pubblica mondiale, almeno quella fuori dai contesti istituzionali, così schierata dalla parte del popolo palestinese e di quello che sta subendo e che adesso comincia anche a subire il popolo libanese – l'assenza o almeno la non conoscenza da parte nostra di una fortissima mobilitazione che questo scenario dovrebbe comportare da parte non solo della comunità israeliana, ma anche degli amici di Israele.
Ieri in Parlamento ho avuto la possibilità di interrogare il nostro Premier Giorgia Meloni su questi temi. Lei si è detta preoccupata del possibile isolamento di Israele da un punto di vista internazionale. Questa è una preoccupazione che abbiamo anche noi, vi dico la verità; ma ci preoccupa il motivo per cui Israele si sta isolando. Non abbiamo la percezione di un'opinione pubblica che si schieri apertamente contro questo Governo. C'è una accusa pendente di genocidio, che dovrebbe destare preoccupazione nella comunità, nell'opinione pubblica anche israeliana. Ci sono le richieste di mandato di arresto per Netanyahu e Gallant da parte della Corte penale internazionale, che altrettanto dovrebbero porre all'attenzione dell'opinione pubblica una situazione che definire incresciosa ormai è veramente poco. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Michaeli per la replica.
SARIT MICHAELI, rappresentante di B'Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, intervento in videoconferenza. Grazie. Vorrei rispondere a tutte queste domande nel loro ordine, ma se perdo qualcosa me lo direte. Per quanto riguarda la questione del riconoscimento, B'Tselem non prende alcuna posizione sull'esito finale del conflitto tra Israele e Palestina, fatta eccezione per la nostra esplicita richiesta per cui, a prescindere dallo status finale al quale si giungerà, occorre rispettare i diritti umani di tutti gli esseri umani che vivono nella nostra regione, tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Ciò vuol dire che tutti gli esseri umani, che siano palestinesi o israeliani ebrei, devono vedere rispettati tutti i loro diritti: il diritto alla vita, il diritto alla libertà, alla sicurezza, alla proprietà, a perseguire il futuro che desiderano. Nessuna soluzione può determinare una supremazia, qualunque essa sia, o la violenza. Questa è l'unica nostra preoccupazione. La realtà attuale, che è quella di un solo Stato nella regione, è una realtà di apartheid. Una realtà per cui io, da israeliana ebrea, beneficio di alcuni privilegi e occupo lo status più alto in termini di privilegi, di accesso a tutti i diritti. Quindi godo di privilegi di cui non gode nessun palestinese nella regione, che sia un palestinese con cittadinanza israeliana o che viva in Cisgiordania, a Gerusalemme Est o a Gaza o faccia parte della diaspora palestinese. Questa è la realtà. Noi non prendiamo una posizione su quanti Stati devono esistere.
Chiaramente tutta questa situazione deve finire ora, ma un'altra nostra richiesta importante è di porre fine al dominio, alla supremazia e di garantire un futuro per i diritti di tutti, che non deve dipendere da un processo diplomatico o politico, perché queste sono richieste di base che devono essere soddisfatte adesso, a prescindere da qualunque sviluppo politico. Spero di aver spiegato meglio la posizione della nostra organizzazione B'Tselem su questa questione.
Vengo ora alle conseguenze per i politici israeliani dei crimini, se vogliamo chiamarli così, da essi stessi commessi. C'è stata anche una domanda sulle iniziative della Corte penale internazionale.
Noi riteniamo che questa sia una componente essenziale di qualunque futuro che abbia a che vedere con la protezione dei diritti. Le conseguenze e la responsabilità per i propri atti devono far parte di questo quadro. Attualmente ai politici israeliani non viene attribuita la responsabilità per la maggior parte dei crimini di guerra che infliggono ai palestinesi. La richiesta di Pag. 9arresto presentata dal pubblico ministero della Corte penale internazionale ha rappresentato una delle prime iniziative legate ai reati posti in essere dagli israeliani come, per esempio, il crimine di fame nella Striscia di Gaza; è la prima volta che c'è una conseguenza reale ed è un'opportunità molto importante per la Comunità internazionale per chiarire a tutti che questo processo della Corte penale internazionale è valido e legittimo. Lo stesso vale per il processo avviato dalla Corte internazionale di giustizia contro il Governo israeliano, un procedimento legittimo che deve poter continuare, in modo che la Comunità internazionale capisca che alla sentenza della Corte occorrerà dare attuazione. Non c'è neanche bisogno di dire che le raccomandazioni della Corte penale internazionale devono essere messe in pratica. Forse ci vuole un ulteriore passo per cui primariamente la Comunità internazionale, gli Stati Uniti e l'Unione europea possano smettere di utilizzare la scusa che la situazione giuridica non è sufficientemente chiara rispetto a quello che sta succedendo.
Abbiamo già sentito qualche dichiarazione inopportuna che andava in questa direzione, ma bisogna fare in modo che la Comunità internazionale inizi ad agire per dare attuazione ai pareri delle Corti.
Adesso vorrei parlare del problema del sistema sanitario a Gaza. Vorrei chiarire che è molto difficile per noi ottenere delle notizie indipendenti perché noi, di fatto, contiamo sulle notizie del settore umanitario internazionale, che svolge un lavoro eccellente in condizioni pericolose e scioccanti. La campagna di successo contro la poliomielite ci ha fatto capire che il 90 per cento della popolazione di Gaza ha sofferto a causa dello sfollamento perché molti hanno vissuto nei campi per gli sfollati, di fatto senza accesso ai servizi necessari. Ora siamo ancora in autunno, le condizioni climatiche sono ancora buone, però in qualunque momento la pioggia può peggiorare la situazione. Il vero rischio, in relazione alle condizioni igieniche e alla salute di queste persone, che sono sottoposte a sofferenze continue nei campi per gli sfollati, è che la situazione continui a degenerare, se non si interviene subito per arrivare a un autentico cessate-il-fuoco, una cessazione delle ostilità che consentirebbe loro di fare ritorno nelle loro case, anche se sono devastate, ma perlomeno questo vorrà dire che non si troveranno, nei prossimi mesi, esposti sulla costa a tutti gli elementi – pioggia, tempeste – senza un sistema sanitario efficiente e funzionante.
Per quanto riguarda l'opinione pubblica di Israele, posso dire che gli israeliani sono molto preoccupati e sono comunque molto attivi nella lotta per chiedere un accordo sugli ostaggi al nostro Governo. Non sono un'esperta, ma quello che vi posso dire è che centinaia di migliaia di israeliani hanno protestato contro la scioccante mancanza di volontà del Governo di intraprendere un qualsiasi passo per realizzare un accordo sugli ostaggi. Questo è successo dopo la notizia che sei degli ostaggi sono stati uccisi da Hamas, e quegli stessi ostaggi si sarebbero potuti salvare qualche mese fa se Israele e il Governo israeliano avessero concluso questo accordo.
Molti israeliani e, secondo un sondaggio, la maggioranza dell'opinione pubblica israeliana è favorevole al cessate-il-fuoco, o meglio, uno scambio di ostaggi basato sul cessate-il-fuoco. Ma questo non vuol dire che il Governo israeliano intenda ascoltare l'opinione pubblica su questo punto. È chiaro. Sia i giornalisti seri che tanti esponenti della classe politica israeliana sono giunti alla conclusione – alla quale erano già giunti mesi fa anche molti di noi cittadini israeliani – che il Primo Ministro Netanyahu non ha interesse a perseguire un cessate-il-fuoco: vuole continuare ad alimentare questa guerra a tempo indeterminato, per il più lungo tempo possibile. Finché lo potrà fare lo farà, ha un'alleanza con la destra estrema, con gli elementi proto-fascisti del suo Governo, che auspicano una nuova fase di insediamenti nella Striscia di Gaza. Lo sentiamo dire in continuazione. Io raccomando sempre a tutti di ascoltare attentamente queste persone, che qualche anno fa erano all'interno di frange isolate, ai margini del sistema politico, ma che adesso occupano posti di rilievo all'interno del Governo israeliano. VoglionoPag. 10 nuovi insediamenti a Gaza e vedono gli orrori, gli orribili incubi che abbiamo sopportato nell'ultimo anno come un'epoca miracolosa per la loro redenzione. Dobbiamo veramente fare attenzione.
Questo vuol dire che il Governo, la coalizione, che è forte, riuscirà a sopravvivere per almeno due anni e, a meno che non succeda qualcosa di molto sorprendente, continuerà a portare avanti questa guerra, non raggiungerà un accordo sugli ostaggi prima che muoiano tutti gli ostaggi ancora sotto sequestro a Gaza. Gli altri semplicemente saranno smarriti per sempre, non saranno mai ritrovati e non torneranno mai a casa; penso che questa sia la terribile verità di quello che vuol dire vivere oggi in Israele. Invece di giungere ad un negoziato per il cessate-il-fuoco e il rilascio degli ostaggi, che consentirebbe il ritorno a casa e la salvezza di numerosissimi israeliani, libanesi, abitanti di Gaza, palestinesi, Israele sta andando in un'altra direzione, quella della belligeranza, per cui adesso abbiamo almeno due fronti di guerra. Purtroppo, la paura è che tutto questo si allarghi ad un conflitto a livello regionale.
Per finire, passo alla domanda sulla capacità di Israele anche se l'opinione pubblica è a favore della fine di questo terribile conflitto, di questa terribile guerra di Israele contro la popolazione di Gaza e più in generale contro i palestinesi. Purtroppo, nel mondo il pensiero dell'opinione pubblica non riflette la volontà di quello che fanno i rispettivi Governi.
Io affronto questo tema quando posso e con i politici ribadisco sempre che i Governi non hanno la volontà di fissare dei limiti e rispettarli, vista anche la condotta di Israele nell'ultimo anno. Vorrei ricordare a tutti che nove-dieci mesi fa ci era stato promesso che questa guerra sarebbe finita per la fine dell'anno, per gennaio; invece siamo ancora in guerra, l'esercito israeliano entra ed esce dalle zone di Gaza che dice di aver già «liberato» da Hamas. E tutto questo semplicemente continuerà, purtroppo con un prezzo altissimo in termini di persone che a Gaza provano una sofferenza indicibile, che non potrà essere spiegata fintantoché la Comunità internazionale non si deciderà ad agire con fermezza per chiarire ai politici israeliani che questo non può continuare. Questa è la situazione.
Grazie molte per questa opportunità di potervi parlare e di sottoporre ulteriormente alla vostra attenzione questa situazione.
PRESIDENTE. Dottoressa Michaeli, grazie infinite. Avrei delle domande da farle, non so se anche altri colleghi e colleghe.
Da quello che Lei ci dice, o la Comunità internazionale si muove, dunque fa pressione sufficiente sul Governo, oppure Netanyahu continuerà, perché non ci sarà, dall'interno, la possibilità di fermarlo. È come se la società israeliana non avesse gli anticorpi sufficienti per liberarsi di questo Governo di ultra-destra, che ha un'agenda suprematista, che vuole allargare l'occupazione territoriale oltre i suoi confini. Quindi, c'è bisogno di un'azione esterna.
Le chiedo quali azioni concrete, esternamente, possono essere messe in campo per arginare questa tentazione di continuare con la guerra permanente, perché è nell'interesse personale del Premier e perché questo risponde al mantenimento del potere; quali misure concrete, dall'esterno, potrebbero fermare Netanyahu. L'opinione pubblica mondiale è con la popolazione palestinese. Nelle strade, nelle piazze di tutto il mondo i giovani – anche i meno giovani – sfilano, ci sono manifestazioni; in Italia ce ne sono state due negli ultimi giorni e ce ne sarà un'altra il 26; molti di noi parteciperanno o hanno partecipato a queste manifestazioni.
La Comunità internazionale è composta dai cittadini e dalle cittadine, ma anche dai Governi; e sono i Governi che non agiscono. Intanto, sappiate che voi siete molto sostenuti, B'Tselem, Breaking the Silence, tutte le ong israeliane che operano per la pace, avete tutta la nostra ammirazione e sostegno, ma è evidente, da quello che Lei ci ha detto, che c'è bisogno che da parte dei Governi del mondo siano fatte cose che non sono state fatte finora. Che cosa, in particolare, può funzionare per fermare questa terribile guerra, che in questo momento sembra non avere più fine?
SARIT MICHAELI, rappresentante di B'Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, intervento in videoconferenza. Sono d'accordo con la Sua analisi. Una delle debolezze dell'opposizione israeliana – vorrei chiarire questo punto da cittadina israeliana, non come rappresentante dell'organizzazione; è un'analisi personale, l'organizzazione non prende posizione a tale riguardo – è che, anche se la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica israeliana vuole il rilascio degli ostaggi e sa che per fare questo bisogna avere un cessate il fuoco, molte persone sono pronte ad ammettere che l'attuale guerra e gli obiettivi presentati agli israeliani semplicemente non sono veritieri, sono contraddittori, non sono conseguibili, portano soltanto ad ancora più scuse per ulteriori azioni militari in cui i soldati israeliani vengono uccisi. L'opinione pubblica è molto sensibile su questo punto.
La maggior parte degli israeliani vuole comunque ancora partecipare. Gli israeliani sono molto arrabbiati per il fatto che in questo periodo moltissimi israeliani hanno servito a lungo nelle operazioni di combattimento a Gaza, in Libano o sono stati chiamati alla leva. Il Governo adesso sta cercando di avviare un iter legislativo per evitare che lo Stato costringa la comunità ultraortodossa ad arruolarsi nell'esercito.
C'è anche un problema di rabbia da parte degli israeliani nei confronti di tutte queste cose, però questo non si traduce, poi, in un'azione significativa di rifiuto nei confronti della guerra; dobbiamo semplicemente riconoscerlo, questa è la realtà.
È per questo che l'azione internazionale, come dice Lei, è essenziale. Non è solo una questione interna israeliana. È una questione internazionale, che ha un impatto sulla sicurezza dell'intera regione. Noi auspichiamo che la Comunità internazionale possa utilizzare tutti i mezzi a propria disposizione – ossia il canale economico-diplomatico e giuridico – per rendere chiaro ai decisori politici israeliani che c'è questa resistenza internazionale contro quello che stanno compiendo. I Paesi come l'Italia, che hanno uno stretto rapporto con il regime di Israele sono anch'essi responsabili di questo.
Gli amici di Israele hanno il dovere morale di fermare Israele affinché non continui a percorrere questa strada.
PRESIDENTE. Grazie per quello che ci ha detto e per la sua disponibilità. Le auguriamo buon lavoro. Speriamo di poter avere ulteriori occasioni per qualche aggiornamento. Quello che sta accadendo, come abbiamo detto, è nell'interesse non solo della regione, ma anche di chi dall'Europa si occupa di questo, perché le ricadute riguardano tutti e tutte noi.
La ringrazio. Buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.05.