XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 22 di Giovedì 26 settembre 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 2 
Oppizzi Vittorio , rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 5 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP) , intervento in videoconferenza ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 5 
Oppizzi Vittorio , rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Oppizzi Vittorio , rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Oppizzi Vittorio , rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Medici Senza Frontiere.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti di Medici Senza Frontiere.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, collegato in videoconferenza, il dottor Vittorio Oppizzi, responsabile dei programmi di Medici Senza Frontiere in Sudan.
  L'opportunità di organizzare l'audizione odierna scaturisce a seguito della pubblicazione del rapporto «A war on people – Il costo umano del conflitto e della violenza in Sudan», realizzato da Medici Senza Frontiere, che descrive le terribili violenze perpetrate dalle parti in conflitto sulla popolazione civile in oltre un anno di guerra; violenze che hanno determinato un significativo deterioramento della situazione umanitaria.
  Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), più di un terzo dei 45 milioni di cittadini sudanesi sono a rischio di carestia. Si stima che nel corso del 2024 ben 4,9 milioni di bambini sotto i cinque anni e donne in gravidanza saranno gravemente malnutriti. Mancano ripari, mancano i servizi di base, manca l'acqua, manca il cibo. L'insufficienza dei servizi igienici e la promiscuità, inoltre, aumentano esponenzialmente il rischio di diffusione di malattie infettive.
  In base all'ultimo rapporto della Missione internazionale indipendente delle Nazioni Unite per il Sudan, pubblicato il 5 settembre scorso, il conflitto in corso tra le Forze armate sudanesi (SAF) e le Forze di supporto rapido (RSF) ha provocato lo sfollamento di quasi 8 milioni di persone e costretto altri 2 milioni di sudanesi a fuggire nei Paesi confinanti.
  La Missione ONU ritiene che vi siano fondati motivi per ritenere che le Forze armate sudanesi abbiano commesso crimini di guerra, in particolare omicidi, mutilazioni, trattamenti crudeli e torture. Per parte loro, le Forze di supporto rapido sarebbero responsabili anche di stupri, reclutamento di bambini di età inferiore ai quindici anni, attacchi intenzionali diretti contro la popolazione civile e soggetti coinvolti nell'assistenza umanitaria. È dunque indispensabile, ad avviso dell'organismo dell'ONU, che la Comunità internazionale promuova azioni più incisive per raggiungere un cessate-il-fuoco, presupposto essenziale per riprendere la fornitura di assistenza umanitaria, e garantisca il rispetto dell'embargo sulle armi in vigore nel Darfur ai sensi della risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1556 del 2004.Pag. 3
  Parallelamente, occorre sostenere, anche dal punto di vista finanziario, gli sforzi delle comunità che ospitano gli sfollati in Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia, Kenya, Sud Sudan e Uganda. In questo contesto, è sconfortante apprendere che il piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per il 2024, che aveva fissato un fabbisogno di 2,7 miliardi di dollari, a fine agosto risulta finanziato solo per il 41 per cento, pari a 1,1 miliardi di dollari.
  Forniti questi elementi di contesto, mi fa piacere dare la parola al dottor Oppizzi affinché svolga il suo intervento.

  VITTORIO OPPIZZI, rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza. Buongiorno a tutti. Grazie per lo spazio che ci avete dato. Come delineava Lei, la situazione del Sudan è una situazione drammatica ed è una situazione che ormai dura da più di diciassette mesi. Quando parliamo e sentiamo parlare di crisi dimenticate effettivamente, purtroppo, questo è un esempio drammatico di che cosa vuol dire.
  Inizialmente vorrei ricapitolare brevemente questi diciassette mesi di conflitto e quali sono state le caratteristiche fondamentali, per poi arrivare alla situazione attuale e all'impatto che ha sulla popolazione.
  Molto brevemente, il Sudan purtroppo negli ultimi decenni è stato associato a dei conflitti. Ricordiamo agli inizi degli anni Duemila i conflitti del Darfur e prima ancora il conflitto che poi è durato due decenni, con il risultato della separazione del Sud Sudan, e altri conflitti meno noti magari in ambito internazionale, zone del Kordofan e altri Stati. Mai negli ultimi cento anni c'era stato un conflitto nella capitale; questo è stato il primo elemento drammatico per la popolazione; il conflitto è iniziato a Khartoum – nella capitale –, che ospitava sei milioni di persone, più o meno, contando Omdurman e Khartoum Nord. Il conflitto nella capitale è rimasto negli ultimi diciassette mesi estremamente violento. Abbiamo letto questa mattina l'offensiva che ancora aumenta a Khartoum. Questo è stato il primo elemento caratteristico di questo conflitto: nessun rispetto per la popolazione civile; un conflitto che inizia in un'area urbana e continua senza nessun rispetto per la popolazione, ma anche per le infrastrutture civili.
  Ovviamente, come Medici Senza Frontiere seguiamo particolarmente le strutture sanitarie – dove lavoriamo noi o che supportiamo – operate dal Ministero della sanità, ma in generale sono tante altre le infrastrutture civili fondamentali che sono state attaccate violentemente.
  Il conflitto a Khartoum ha immediatamente generato sfollamenti. La popolazione si è spostata in molte direzioni, ma principalmente verso sud, nello Stato di al-Jazeera, dove sono rimasti per diversi mesi. Subito il conflitto a Khartoum ha causato, oltre allo sfollamento, anche numerosissimi feriti di guerra. Subito le infrastrutture sanitarie hanno avuto grossissimi problemi, semplicemente perché la popolazione è rimasta intrappolata dov'era e quindi anche il personale sanitario non poteva recarsi negli ospedali. Questo ha avuto poi un effetto anche sull'accesso generale della popolazione a cure sanitarie, ovviamente.
  Poco dopo il conflitto si è espanso subito al Darfur. Abbiamo visto che entro novembre – il conflitto è iniziato ad aprile – tutte le capitali del Darfur erano sotto il controllo delle Rapid Support Forces, con l'eccezione di El-Fasher, di cui parleremo, perché è un altro centro, purtroppo, che è sottoposto ad un grosso conflitto ancora adesso.
  In Darfur, purtroppo, gli echi del genocidio di inizio anni Duemila sono ritornati. Abbiamo visto episodi che sono stati documentati da diverse inchieste di violenza, anche su sfondo etnico, che hanno causato un grossissimo sfollamento della popolazione e appunto hanno contribuito a creare due milioni di persone rifugiate in altri Paesi. Il Ciad ha ospitato e ospita più di mezzo milione di persone in campi rifugiati.
  Dopo il Darfur – passando a dicembre e gennaio – gli Stati che sono stati più violentemente colpiti dal conflitto sono lo Stato di al-Jazeera, a sud di Khartoum, dove c'erano già più di mezzo milione di persone sfollate e quindi questo ha causato un altro dramma per la popolazione, ossia un secondo movimento; la gente è stata costretta ad andare ancora più verso sud. Questo non è solo il primo impatto di questo conflitto, ma è il Pag. 4preludio della crisi nutrizionale di quest'anno, perché al-Jazeera era uno degli Stati chiave per la produzione agricola del Sudan.
  Il conflitto che ha raggiunto al-Jazeera e più avanti, a maggio di quest'anno, lo Stato di Sennar, ha causato una fortissima rottura dei meccanismi sia di produzione sia di mercati all'interno del Sudan. Stiamo parlando di produzione di cibo essenziale, che ha un impatto sulla situazione nutrizionale.
  C'è stato poi un secondo sfollamento, ancora più verso sud. Questo vuol dire che ha spinto ancora più rifugiati verso il Sud Sudan, che ospita ora più di 700 mila persone, in buona parte persone che originano direttamente dal Sud Sudan, ma erano o di origine etnica sud sudanese, nati in Sudan, o sfollati verso il Sudan per precedenti conflitti.
  Questo ha un altro grosso impatto sulla popolazione e sul numero di rifugiati. Sia il Ciad sia il Sud Sudan sono due Stati che già hanno bisogno di assistenza umanitaria per la propria popolazione. Possiamo immaginare, quindi, l'impatto che questo ha avuto su questi Stati e sul sistema sanitario, riguardo a quello di cui ci occupiamo noi.
  Dall'altro lato, se arriviamo ai giorni nostri, come dicevo, la capitale Khartoum continua a rimanere sotto un'offensiva molto violenta. Abbiamo visto l'altro fronte su El-Fasher, lo Stato del nord Darfur. Questo ci porta a vedere quali sono state le caratteristiche e le difficoltà a cui accennava Lei nell'introduzione per la popolazione civile e per gli operatori umanitari.
  Le parti del conflitto non hanno dimostrato alcun rispetto per il diritto internazionale umanitario. Medici Senza Frontiere sin dall'inizio ha denunciato pubblicamente tutte le manipolazioni dell'accesso umanitario e questo vuol dire sia le nostre richieste di accesso per attraversare le linee del fronte – quindi portare personale e forniture mediche, nel nostro caso, dove è necessario – sia accesso transfrontaliero dai Paesi confinanti.
  Ricordiamo che le manipolazioni di accesso umanitario sono una violazione del diritto umanitario, di cui entrambe le parti hanno dato, purtroppo, numerosi esempi.
  Questa è la prima delle grossissime sfide. Dopodiché, come dicevo, c'è la violenza indiscriminata sui civili, sia con atti militari, portando il conflitto in aree urbane senza nessuna precauzione per la popolazione civile e le infrastrutture civili, compresa la violenza utilizzata contro il personale sanitario.
  Più volte abbiamo dovuto interrompere alcune delle nostre attività, alcuni dei nostri progetti, sia perché sono stati coinvolti direttamente nel conflitto sia perché le parti in controllo del territorio hanno abusato il nostro staff locale, divergendo le priorità del loro lavoro. Questo è assolutamente inaccettabile.
  Ovviamente, in un conflitto così violento un'altra delle nostre grosse sfide è sempre stata la sicurezza, perché la sicurezza del nostro personale e dei pazienti resta la priorità. Purtroppo abbiamo avuto diverse difficoltà. Questo ha fatto sì che abbiamo dovuto adattare la nostra risposta operativa.
  Dall'altro lato, buona parte della popolazione civile non ha la possibilità di evacuare e quindi purtroppo sono rimaste vittime in diverse zone del conflitto.
  Ho iniziato parlando di crisi dimenticata, e purtroppo i numeri che ricordava Lei nell'introduzione non fanno che confermare questo.
  Come Medici Senza Frontiere generalmente non facciamo confronti tra una crisi e l'altra, però, dall'altro lato, sul Sudan i numeri sono assolutamente importanti.
  Parliamo, come diceva Lei, di più di 20 milioni di persone che l'Ufficio di coordinamento delle Nazioni Unite stima come bisognose di cure e di assistenza umanitaria. La crisi nutrizionale che abbiamo visto quest'anno è di una scala incredibile. Il Programma alimentare mondiale parlava di circa 30 mila tonnellate di cibo, tra quelle che sono state distribuite al Sudan quest'anno e quelle che sono nella pipeline; sembrano tante, ma giusto per avere sempre un confronto con i numeri del Programma alimentare mondiale, nel 2021 ne hanno distribuite dieci volte tanto; quindi, prima del conflitto erano 350 mila.
  I bisogni sono cresciuti e la risposta umanitaria è stata molto lontana da quello che serve. Questo è stato l'aspetto più drammatico, oltre a quello, purtroppo, della violenza Pag. 5contro i civili, che non ha dato nessun accenno di cessare.
  C'è stata più attenzione negli ultimi mesi di quest'anno, ma ricordiamo che sono diciassette mesi di conflitto, un Paese enorme, un impatto altrettanto grande sulla regione quanto al numero di rifugiati, oltre che di sfollati interni. Sono Paesi la cui popolazione già soffre di crisi umanitarie, come il Ciad, il Sud Sudan, che si sono ritrovati con più di mezzo milione di persone ciascuno. Purtroppo la stessa drammatica situazione che dipingevamo per il Sudan, che ha fondi umanitari ben al di là dei bisogni identificati, la ritroviamo in Ciad o in Sud Sudan, con la differenza che le sfide di cui parlavo – di accesso, di sicurezza – non ci sono o sono molte di meno. Purtroppo la risposta umanitaria è stata molto debole anche in quest'ottica.
  Pensavo di fermarmi qui. Questo è il quadro della situazione che volevo fornire, ma ovviamente sono ben contento di rispondere a domande o a segnalare altre cose.
  L'ultima cosa che voglio segnalare è che il rapporto che abbiamo pubblicato – «A war on people», che invito chiunque sia interessato ad approfondire – è proprio la raccolta delle testimonianze dei pazienti e del nostro staff.
  Non dimentichiamo – io non perdo occasione – di congratularci con il nostro staff sudanese, perché in diciassette mesi non solo ha risposto ai bisogni della propria popolazione, ma ha continuato a lavorare allo stesso tempo in una situazione estremamente difficile per le proprie famiglie, come possiamo immaginare.
  La situazione che ho descritto riguarda il conflitto; il rapporto ci racconta delle testimonianze dei pazienti e di quello che hanno vissuto; invito tutti a consultarlo per rendervi conto della drammaticità della situazione.
  Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Oppizzi. Ci ha restituito una fotografia del tutto sconfortante e disastrosa. Aggiungo una nota personale: per me è particolarmente doloroso, avendo io avuto occasione, negli anni di lavoro nelle Agenzie delle Nazioni Unite, anche di lavorare in Sudan, a più riprese.
  A sentire il suo racconto oggi sembra quasi che non si sia riusciti veramente a fare molto per stabilizzare questo Paese, che da decenni passa da una guerra all'altra.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, intervento in videoconferenza. Presidente, vorrei ringraziarla per aver organizzato questa audizione. Parliamo di Sudan troppo poco, spesso solo per iniziativa delle opposizioni. Credo che sia invece importante un'audizione formale in Commissione, in maniera tale che resti agli atti la tragica testimonianza che il dottor Oppizzi ci ha portato questa mattina.
  Io ho due domande, una sul versante umanitario, cioè se ci può dare una dimensione dei fondi a disposizione – in rapporto ai bisogni umanitari – e del contributo italiano. Ricordo che noi qualche mese fa presentammo una interrogazione chiedendo che ci fosse un aumento dei fondi per le emergenze e la risposta fu che venivano usati i fondi ordinari.
  La seconda domanda riguarda più un tema di carattere politico. So che MSF è un'organizzazione umanitaria, solitamente non si addentra su questi territori, però può darci qualche contributo per capire anche come si riesca ad orientare un'iniziativa di carattere politico per affrontare la crisi così come è, che è una crisi completamente scomparsa dai radar, su cui l'Unione europea non ha esercitato nessun tipo di iniziativa diplomatica, e tanto meno il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Grazie. Aggiungo anch'io qualche considerazione. Volevo intanto ricordare che la Commissione Affari esteri ha approvato all'unanimità, a maggio, una risoluzione sul Sudan.
  Di fatto, è anche preoccupante – come Lei, dottor Oppizzi, ci diceva – la scarsa risposta dei Paesi donatori alla crisi umanitaria. Vorrei sapere da Lei perché accade Pag. 6questo, qual è il motivo, se c'è donor fatigue oppure se mancano effettivamente fondi devoluti al multilaterale, quali sono i motivi di base che portano la Comunità internazionale a non investire con una risposta umanitaria in questa crisi, a fronte di questi diciassette mesi di guerra.
  Poi vorrei sapere un'altra cosa: So che ieri pomeriggio OCHA, UNHCR (l'Agenzia ONU per i rifugiati) e WFP (il Programma alimentare mondiale) hanno organizzato una conferenza, a margine dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, intanto per lanciare un allarme, richiedere un'azione più incisiva sul cessate-il-fuoco, ma anche per spingere i Paesi donatori a finanziare il piano di risposta umanitaria.
  Vorrei sapere se, effettivamente, almeno in quella sede, si è smosso qualcosa, se Lei è al corrente di come sia andata questa conferenza e di come sia stata recepita da chi vi ha partecipato.
  Prego, dottor Oppizzi, Le ripasso la parola.

  VITTORIO OPPIZZI, rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza. Grazie per le domande e per l'interesse.
  Partirei condividendo alcune considerazioni più sull'aspetto politico, come l'onorevole Quartapelle sollevava. Medici Senza Frontiere resta un'organizzazione umanitaria; dall'altro lato, – ritornando proprio al rapporto «A war on people», che è lo spunto di questo mio intervento – nelle nostre raccomandazioni, alla fine, ci rivolgiamo non solo, ovviamente, alle parti del conflitto, ma anche a quelli che chiamiamo «partner States», ovvero gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita, il Ciad, la Russia e l'Egitto, chiedendo che venga prioritarizzata la protezione della popolazione civile e che mettano la pressione necessaria sulle parti in conflitto, per far sì che vengano, dal nostro punto di vista, rispettati i minimi princìpi del diritto internazionale umanitario, per permetterci di operare in sicurezza.
  È su questa falsariga che crediamo si debba lavorare; per quanto ci riguarda, almeno sul rispetto dei princìpi del diritto internazionale umanitario.
  Dopodiché, anche a noi non resta che constatare che la crisi è dimenticata, sicuramente dal punto di vista di una soluzione politica e di un cessate-il-fuoco, che porterebbe un grosso sollievo alla popolazione, quantomeno; e, a prescindere dal cessate-il-fuoco, come dicevo, del rispetto della popolazione civile, che è protetta dal diritto internazionale umanitario, e degli operatori umanitari. Questa è la priorità da parte nostra. È chiaro, guardando le dinamiche, che il conflitto – pur non facendo previsioni – non finirà domani, quindi è importante per noi riuscire a portare assistenza umanitaria.
  Purtroppo, come dicevo, si tratta di una crisi dimenticata, anche dai donatori istituzionali, che invece non dovrebbero. Nel primo anno di conflitto non abbiamo visto assolutamente nessuna attenzione sul conflitto, sia dal punto di vista politico, come abbiamo detto, sia dal punto di vista della risposta umanitaria. Sicuramente ci sono state difficoltà oggettive per le organizzazioni non governative – l'insicurezza e quant'altro, sin dall'inizio –, ma soprattutto una crisi di finanziamento.
  Con la Conferenza di Parigi ad aprile ci sono state almeno delle promesse e c'è stata un pochino più di attenzione, ma – come ricordava Lei nell'introduzione – credo che il piano di risposta umanitaria sia finanziato al 40 per cento. Questa è una prima cosa.
  Ci sono stati grossi limiti che le Nazioni Unite non hanno superato. Mi riferisco al limite della sovranità territoriale, nel senso che le operazioni transfrontaliere – quindi il portare aiuto, per esempio, nelle zone del Darfur o nelle zone del Kordofan – necessariamente può avvenire in soli due modi: il primo è attraversando le linee del conflitto; nel nostro caso, da dicembre ad ora, abbiamo ricevuto un permesso, una sola volta, per attraversare le linee di conflitto, riscontrando quindi una violazione del diritto internazionale umanitario e limiti all'accesso, di cui parlavo prima; dal punto di vista del cross border, il Governo ha solamente autorizzato due punti per attraversare i confini per portare assistenza umanitaria, che ovviamente sono limitati a zone Pag. 7che controlla. Questa, quindi, è un'altra manipolazione. Un forte limite dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è, quindi, non aver trovato un modo per superare questi limiti. In conflitti del passato siamo arrivati a risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, come nel caso della Siria, per approvare questo. In ogni modo, non è stata trovata una soluzione; quindi, c'è stato questo limite obiettivo.
  A prescindere dai limiti, come dicevo prima, l'assistenza umanitaria è andata ben al di là delle minime aspettative, anche in zone dove questi problemi non ci sono, per esempio in Ciad. A maggio-giugno di quest'anno, come Medici Senza Frontiere, abbiamo distribuito materiale base – come zanzariere, materiale per costruire un piccolo riparo – a più di mezzo milione di popolazione; questo perché la stagione delle piogge stava arrivando. Medici Senza Frontiere dà risposte umanitarie, anche non mediche, nei primi mesi di un'emergenza. Trovarci a dover fare questo dopo un anno in cui la popolazione è sfollata in un Paese come il Ciad, dove non c'è nessuna limitazione all'accesso umanitario, non c'è nessun problema di sicurezza, lo abbiamo trovato, francamente, vergognoso dal punto di vista dell'Organizzazioni delle Nazioni Unite, il cui mandato è rispondere all'urgenza.
  Dunque, c'è assolutamente sia un aspetto finanziario, di volontà politica, di donatori istituzionali, e c'è sicuramente, come si diceva, una più generale donor fatigue; sulla regione, lo vediamo nei Paesi confinanti, dato che operiamo sia in Ciad sia in Sud Sudan: la riduzione dell'assistenza umanitaria di base è drammatica anche lì.
  Dall'altro punto di vista, questo è un conflitto iniziato l'anno scorso, è una violenza inaudita. In questo caso, si tratta proprio di assistenza umanitaria di pura emergenza. Non credo ci siano neanche gli elementi, che potrebbero essere comprensibili in altre situazioni più croniche, di lungo periodo, dove vediamo una certa donor fatigue.
  Ci sono sicuramente degli sforzi fatti. La Conferenza side event a New York, di cui parlava Lei prima, è uno; ne sono stati fatti altri, a cui abbiamo partecipato e che abbiamo organizzato come Medici Senza Frontiere, proprio per portare l'attenzione sia di donatori istituzionali sia di altri Stati nella regione, che possono esercitare un'influenza sia dal punto di vista del rispetto dell'azione umanitaria, che è il nostro primo interesse, sia, come accennava l'onorevole Quartapelle, dal punto di vista di quelle che possono essere le linee per portare a un miglioramento della situazione di conflitto.
  Questo è quello che mi sento di dire. Per questo apprezzo ancora di più lo spazio che ci è stato dato qui. Colgo l'occasione per esortare chiunque ne abbia le capacità a far sì che questa crisi resti un po' meno dimenticata e che ci siano più fondi a disposizione per le tante organizzazioni, affinché possano operare in alcune zone del Sudan – perché la sicurezza non è uguale in tutte le zone del Paese – e affinché ci sia l'attenzione politica ad una grossa disposizione di fondi, per aiutare gli organismi delle Nazioni Unite a superare i limiti interni riguardo [problemi di audio]. Stiamo parlando di una situazione di conflitto, considerazioni che credo debbano essere...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, dottor Oppizzi, non abbiamo capito l'ultima frase, perché la linea era pessima. La può ripetere?

  VITTORIO OPPIZZI, rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza. Dicevo di esortare, da un lato, all'aumento dei finanziamenti umanitari e, dall'altro, al superamento dei limiti di accesso transfrontaliero e cross line, quindi attraverso le linee del fronte, per far sì che gli aiuti umanitari vadano dove c'è maggiormente bisogno.

  PRESIDENTE. In merito all'impegno italiano, volevamo sapere se e quanto la cooperazione italiana investe in questa crisi umanitaria, se ha qualche elemento da offrirci.

  VITTORIO OPPIZZI, rappresentante di Medici Senza Frontiere, intervento in videoconferenza. Dal punto di vista finanziario Pag. 8non glielo so dire, purtroppo. Come Medici Senza Frontiere, come sapete, siamo fortunati, nel senso che il pubblico è generoso con noi e riusciamo a portare avanti una risposta umanitaria in Sudan grazie a fondi indipendenti.
  Dal punto di vista della cooperazione italiana, purtroppo non Le so dire quali sono stati sia gli impegni sia i pagamenti che sono stati fatti. Questo, purtroppo, non glielo so dire. Sicuramente, però, la situazione drammatica del 40 per cento di finanziamento di una risposta umanitaria mi lascia pensare che non ci siano eccezioni in nessun Paese; nei Paesi chiave non credo ci sia qualcuno che abbia rispettato gli impegni e altri no. Purtroppo, non ho una cifra da darle.

  PRESIDENTE. La ringrazio per averci dato questo quadro, purtroppo veramente preoccupante: preoccupante per diciassette mesi di guerra in un Paese già devastato da tanti conflitti e preoccupante anche per l'indifferenza con cui gli appelli delle Nazioni Unite vengono ignorati. Se c'è un finanziamento al 41 per cento vuol dire che non c'è interesse a fare molto. Ciononostante, come Comitato sui diritti umani, dopo aver approvato, a maggio, la risoluzione di cui Le parlavo, sarebbe opportuno da parte nostra rivolgere anche un'interrogazione al Governo per avere un impegno, da parte dell'Esecutivo, per sollecitare più attenzione, più investimenti per la sfera umanitaria, ma anche una pressione adeguata per consentire ai convogli di passare nelle zone cross line, ma anche per accedere dove si trovano gli sfollati, quindi fare una pressione politica affinché questo accada.
  Grazie. La terremo informata e daremo seguito con un'interrogazione.
  Se non ci sono altre domande, dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.