ALLEGATO
Indagine conoscitiva sulla determinazione e sull'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
DOCUMENTO APPROVATO
INDICE
INTRODUZIONE
1. I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI CONCERNENTI I DIRITTI CIVILI E SOCIALI
1.1 La definizione costituzionale
1.2 La determinazione e il finanziamento
1.3 Il ruolo del Parlamento
2. I LAVORI DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI
2.1 Le audizioni degli esperti
2.2 Le missioni
2.2.1 Analisi dei dati
2.2.1.1 Aspetti metodologici
2.2.1.2 Materiali di lavoro
2.2.2 Ambiti di convergenza
2.2.2.1 LEP e principio di uguaglianza
2.2.2.2 LEP e valorizzazione delle diversità
2.2.3 Questioni problematiche
2.2.3.1 Livelli essenziali o livelli minimi?
2.2.3.2 I LEP e la questione demografica
2.2.3.3 Il problema della perequazione infrastrutturale
2.2.3.4 LEP, costi e fabbisogni standard: finanziamento, vincoli di bilancio e meccanismi perequativi
2.2.3.5 LEP e autonomia differenziata
3. PROPOSTE
3.1 L'esigenza di ampliamento del dibattito
3.2 La valorizzazione delle autonomie locali
3.3 L'implementazione dei sistemi di valutazione preventiva e monitoraggio
4. CONSIDERAZIONI FINALI
5. ALLEGATI
5.1 Tabella sinottica
Pag. 128INTRODUZIONE
Nella seduta dell'8 novembre 2023, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva sulla determinazione e sull'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali («LEP»). Protrattasi sino al mese di aprile del 2025, l'indagine conoscitiva si inscrive nel più ampio contesto delle attività istruttorie concernenti le modalità di implementazione del «modello plurale» disegnato dal legislatore costituzionale del 2001 e, segnatamente, del principio di differenziazione sancito con la riforma del Titolo V.
I LEP definiscono lo standard nell'erogazione di servizi connessi alla tutela dei diritti civili e sociali da assicurare sull'intero territorio nazionale. L'obiettivo dell'indagine è quello di analizzare e verificare l'erogazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali a livello regionale e locale, al fine di valutarne la conformità ai livelli essenziali da garantire in modo uniforme nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e di elaborare proposte per la determinazione e l'attuazione dei predetti livelli essenziali, anche nell'ottica di un assetto leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali.
Benché congruente con le più attuali tematiche oggetto del dibattito politico – su tutte, l'autonomia differenziata – l'indagine in esame mira, per un verso, a circoscrivere il raggio dell'approfondimento ai processi di definizione e attuazione dei LEP e, per altro verso, ad ampliare la platea dei soggetti coinvolti, allo scopo di offrire un quadro quanto più possibile completo degli orientamenti espressi da attori istituzionali, rappresentanze sociali ed esperti su tutto il territorio nazionale. In tale ottica, si è scelto di diversificare le attività istruttorie secondo un approccio multilivello: alle audizioni di qualificati soggetti istituzionali ed esperti e all'acquisizione di note e documenti si è aggiunta, infatti, una capillare attività d'indagine sul territorio, condotta tramite l'espletamento di missioni ad hoc presso le Regioni e Province autonome per incontri con enti territoriali, organizzazioni dei datori di lavoro e sindacati.
Più precisamente, nel corso dell'indagine sono stati auditi in qualità di esperti il Prof. Massimo Villone (5 dicembre 2023), il prof. Guido Trombetti (17 gennaio 2024), il prof. Giampaolo Arachi, componente del Consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio (1° febbraio 2024), il prof. Sabino Cassese (21 febbraio 2024), il ministro plenipotenziario Stefano Soliman (9 ottobre 2024), il dott. Roberto Torrini, Capo del Servizio Struttura economica del Dipartimento Economia e statistica di Banca d'Italia (18 marzo 2025) e il prof. Vincenzo Tondi della Mura (2 aprile 2025). Sono state, altresì, svolte missioni in Calabria (Catanzaro, 12 febbraio 2024), Abruzzo (L'Aquila, 19 febbraio 2024), Campania (Napoli, 4 marzo 2024), Veneto (Venezia, 19 marzo 2024), Lazio (Roma, 21 marzo 2024), Umbria (Perugia, 25 marzo 2024), Toscana (Firenze, 8 aprile 2024), Emilia-Romagna (Bologna, 15 aprile 2024), Piemonte (Torino, 22 aprile 2024), Lombardia (Milano, 22 luglio 2024), Sicilia (Palermo, 23 settembre 2024), Sardegna (Cagliari, 7 ottobre 2024), Basilicata (Potenza, 28 ottobre 2024), Marche (Ancona, 18 novembre 2024), Trentino – Alto Adige (Trento e Bolzano, 12 e 13 dicembre 2024), Puglia (Bari, 20 gennaio 2025), Molise (Campobasso, 27 gennaio 2025), Pag. 129Valle d'Aosta (Aosta, 27 febbraio 2025), Friuli – Venezia Giulia (Trieste, 3 marzo 2025), Liguria (Genova, 13 marzo 2025).
La mole di dati così acquisita è stata oggetto di operazioni di aggregazione e razionalizzazione, finalizzate all'elaborazione di una tabella sinottica che dia conto delle varie accezioni in cui il tema dei LEP viene declinato, a seconda del livello territoriale e istituzionale rappresentato. La tabella costituisce un fondamentale strumento di lavoro, che raccoglie un patrimonio prezioso di informazioni, spunti di riflessione e proposte. Lungi dall'esaurirsi in una mera ricognizione delle opinioni espresse in sede di audizione, nel presente documento conclusivo sono individuate e analizzate le principali questioni di interesse che gravitano attorno all'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in modo tale da offrire un quadro quanto più possibile dettagliato, ancorché sintetico, dei singoli contesti territoriali.
L'intento, in ossequio ai medesimi principi di unitarietà e differenziazione sottesi al Titolo V della Costituzione, è quello di restituire uno sguardo d'insieme sull'attuazione dei LEP nel territorio dello Stato, che non sacrifichi l'esigenza di un puntuale approfondimento del dibattito politico rispetto alle peculiarità espresse dalle singole comunità, nella consapevolezza che il carattere unitario dei LEP debba essere inteso in senso funzionale alla valorizzazione – e non obliterazione – delle differenze. In questa prospettiva, la scelta di impegnare la Commissione in un confronto diretto con le rappresentanze istituzionali e sociali delle singole Regioni e Province Autonome costituisce l'opzione metodologica – ancor prima che politica – più confacente all'esigenza di contemperare il carattere unitario dei LEP con l'adozione di strategie mirate a garantirne l'uniforme attuazione su tutto il territorio nazionale.
1. I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
1.1 La definizione costituzionale
La nozione di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali («LEP») trova un esplicito riferimento normativo all'articolo 117, lettera m), della Costituzione(1), che riserva alla legislazione statale la competenza nella «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»(2). L'attribuzione della potestà legislativa in materia di definizione dei LEP alla competenza esclusiva dello Stato risponde all'esigenza di bilanciare il rafforzamento dell'autonomia degli enti territoriali con la definizione di un livello di prestazioni da erogare in modo uniforme sul territorio nazionale al fine di garantire la tutela dei diritti civili e sociali. La Corte costituzionale ha chiarito come i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non costituiscano una «materia» in senso stretto, bensì una competenza idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il Pag. 130legislatore statale deve poter adottare le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle(3). In un sistema caratterizzato dal rafforzamento delle autonomie regionali e locali, l'attribuzione allo Stato di tale competenza esclusiva si esprime nella fissazione dei livelli strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto; costituisce, inoltre, uno strumento fondamentale per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti(4).
I LEP svolgono un ruolo centrale per la piena attuazione del Titolo V della Costituzione sia nell'ambito del regionalismo simmetrico, con riguardo alle competenze delle Regioni a statuto ordinario, sia in relazione al regionalismo asimmetrico, con il conferimento alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Rappresentano, infatti, lo strumento per conciliare l'autonomia degli enti territoriali con l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso alle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, garantendo condizioni di vita omogenee sul territorio nazionale, oltre che per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali. Spetta al legislatore statale il compito di garantire uno standard uniforme delle prestazioni relative ai diritti, tenendo conto delle risorse disponibili. In tale ottica, «i LEP implicano una delicata scelta politica, perché si tratta – fondamentalmente – di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti e esigenze finanziarie e anche i diversi diritti fra loro. Si tratta, in definitiva, di decidere i livelli delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, con le risorse necessarie per garantire uno standard uniforme delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale»(5).
1.2 La determinazione e il finanziamento
L'attuazione dei LEP richiede azioni tra loro distinte, ovvero la determinazione della soglia delle prestazioni, la quantificazione dei costi correlati e la definizione delle modalità di finanziamento. Poiché «ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti»(6), la determinazione dei LEP deve essere compiuta in modo distinto per ciascuna materia(7). Il legislatore statale ha provveduto a determinare i LEP in alcuni ambiti, in particolare nelle materie di tutela della salute, dei servizi sociali e di istruzione e formazione, con misure e procedure estremamente diversificate. In alcuni casi, i LEP sono individuati direttamente dalla legge statale, Pag. 131senza necessità di disposizioni attuative(8), mentre in altri le disposizioni di rango legislativo rinviano a decreti legislativi(9) o a fonti secondarie(10). La scelta della fonte normativa è condizionata dal tipo di LEP da definire: generalmente la legge è utilizzata per norme di carattere procedimentale; si ricorre, invece, ai decreti legislativi quando si intende conferire valore di norma di rango primario a LEP la cui definizione non richiede disposizioni di carattere eccessivamente tecnico, mentre il ricorso alla fonte secondaria è più frequente quando occorre procedere a un'individuazione dettagliata e puntuale delle prestazioni da erogare. Alcune prestazioni, pur non essendo espressamente configurate come tali dal legislatore, sono state successivamente qualificate come LEP in sede interpretativa(11).
I LEP sono un vincolo posto dal legislatore statale che si rivolge sostanzialmente al legislatore regionale e alla pubblica amministrazione, una soglia vincolante che deve essere rispettata dalle autonomie territoriali. In quanto frutto di un bilanciamento tra esigenze contrapposte, la determinazione dei LEP è espressione della discrezionalità politica del legislatore, da esercitare nel rispetto dei canoni di ragionevolezza(12). Mentre i livelli minimi di garanzia, ovvero il nucleo dei diritti incomprimibili, costituiscono un limite derivante dalla Costituzione che deve essere tutelato a prescindere da considerazioni di ordine finanziario, il bilanciamento finalizzato alla determinazione dei LEP va operato tenendo conto delle risorse disponibili. La definizione dei LEP implica, dunque, il dovere dello Stato di garantire il loro finanziamento e la disponibilità per gli enti territoriali delle risorse necessarie, secondo il modello delineato dall'articolo 119 della Costituzione(13).
La determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni è affidata alla legge statale; fino alla loro nuova determinazione si considerano i livelli essenziali già fissati in base alla legislazione statale(14). Nel complesso, il procedimento per la definizione, il finanziamento e l'attuazione dei LEP ha trovato un'applicazione limitata; infatti, molte disposizioni statali che fissano i LEP Pag. 132sono state adottate con distinte disposizioni di legge e senza rispettare l'iter delineato dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011(15).
Il ritardo dello Stato nella definizione dei LEP ostacola non solo il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti i diritti sociali, ma anche la piena realizzazione dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali. In attuazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, la spesa relativa ai LEP è finanziata attraverso una percentuale di compartecipazione all'IVA stabilita al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai LEP in una sola regione; nelle regioni ove il gettito tributario è insufficiente, concorrono al finanziamento integrale dei LEP le quote di un fondo perequativo(16). In assenza della definizione dei LEP, non possono essere determinati i fabbisogni e costi standard, né possono essere quantificate le risorse necessarie all'erogazione delle prestazioni. Per questi motivi, il finanziamento a favore degli enti territoriali è stato finora stabilito sulla base del criterio della spesa storica, ossia del livello di servizio già esistente, anche nei casi in cui quest'ultimo non sia adeguato all'obiettivo di tutela dei diritti civili e sociali, indipendentemente dalle cause di tale inadeguatezza. Tuttavia, in questo modo, possono consolidarsi gli squilibri tra le diverse Regioni(17) e risulta più difficile garantire un livello omogeneo di tutela dei diritti civili e sociali sul territorio nazionale.
Anche al fine di limitare l'impatto sugli equilibri di bilancio che potrebbe derivare dalla definizione dei LEP(18), sono stati previsti meccanismi volti a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, nonché un percorso graduale di avvicinamento ai LEP attraverso la fissazione, tramite intesa conclusa in sede di Conferenza unificata, dei servizi da erogare aventi caratteristiche di generalità e permanenza e del relativo fabbisogno, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica(19). L'attuazione del fondo perequativo resta comunque prioritaria anche secondo la Corte Pag. 133costituzionale, dalla quale è stato definito «improcrastinabile»; il modello di federalismo fiscale «cooperativo», disegnato dalla legge delega n. 42 del 2009 e dai suoi decreti attuativi, è fondamentale anche per consentire un'equilibrata gestione l'attuazione del regionalismo differenziato(20).
Oltre ad essere un aspetto imprescindibile dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, la determinazione dei LEP rappresenta un valido strumento per ridurre il contenzioso sulle regolazioni finanziarie fra enti e per assicurare un'equa ed efficiente allocazione delle ingenti risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza(21). Proprio nell'ottica di migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo, di assegnare le risorse alle Amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi e di incentivare un uso efficiente delle risorse, il PNRR italiano (M1C1 – Riforma 1.14) ha previsto il completamento del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009 per le regioni a statuto ordinario, le province e le città metropolitane, con l'entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato entro il primo trimestre 2026.
La legge di bilancio per il 2023 ha delineato un procedimento per la determinazione dei LEP concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale funzionale all'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione(22). Le disposizioni in questione sono state qualificate dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 86 del 2024 come principi e criteri direttivi per l'adozione da parte del Governo, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. A tal fine la legge di bilancio 2023 ha, altresì, istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia per la determinazione dei LEP, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e composta dai Ministri coinvolti nel percorso di realizzazione dei LEP per i profili di competenza, dai Ministri competenti nelle materie in questione, dai Presidenti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI e dell'ANCI. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2023, è stato, inoltre, istituito il Comitato tecnico-scientifico con funzioni istruttorie per l'individuazione dei LEP (CLEP), incaricato di fornire supporto alla Cabina di regia, con particolare riferimento alle esigenze di studio e approfondimento tecnico delle complesse questioni rilevanti ai fini dell'espletamento delle funzioni ad essa attribuite dal comma 793 e seguenti della legge n. 197 del 2022, quali l'individuazione delle materie o degli ambiti di materie che sono riferibili ai LEP e la determinazione dei LEP sulla base delle ipotesi tecniche inerenti alla determinazione dei costi e fabbisogni standard formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Le disposizioni che hanno delineato questa procedura per la determinazione dei LEP – in particolare l'articolo 3 Pag. 134della legge n. 86 del 2024 e l'articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge n. 197 del 2022 – sono state dichiarate dalla costituzionalmente illegittime(23). Il lavoro istruttorio e ricognitivo svolto è stato fatto salvo, conformemente a quanto indicato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192 del 2024, dall'articolo 16 del decreto-legge n. 202 del 2024, il quale ha, altresì, disposto che l'attività istruttoria per la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, a decorrere dal 5 dicembre 2024 e fino al 31 dicembre 2025, sia svolta presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.
1.3 Il ruolo del Parlamento
Secondo la Corte costituzionale, «i LEP implicano una delicata scelta politica, perché si tratta – fondamentalmente – di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti e esigenze finanziarie e anche i diversi diritti fra loro. Si tratta, in definitiva, di decidere i livelli delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, con le risorse necessarie per garantire uno standard uniforme delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale»(24). Sul piano istituzionale, la rappresentanza politica nazionale e la cura delle esigenze unitarie sono affidate esclusivamente al Parlamento, al quale spetta il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale attraverso l'esercizio della funzione legislativa, il bilanciamento tra la promozione delle autonomie territoriali e la tutela dell'unità della Repubblica. La Carta costituzionale riserva, infatti, al Parlamento la competenza esclusiva in alcune materie al fine di tutelarle in maniera unitaria (art. 117, secondo comma, Cost.). Affida, altresì, al Parlamento compiti unificanti nei confronti del pluralismo regionale, attraverso la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.), attraverso la competenza statale nelle cosiddette «materie trasversali» (ricomprese nell'art. 117, secondo comma, Cost.) e mediante la perequazione finanziaria a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante (art. 119, terzo comma, Cost.). Ciò senza contare i c.d. interventi speciali di cui all'art. 119, quinto comma, della Costituzione.
La determinazione dei LEP può avvenire anche tramite decreti legislativi, ma solo nella misura in cui vengano rispettati i principi costituzionali, in particolare quelli di cui all'articolo 76, che consente la delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa da parte del Parlamento solo previa determinazione di principi e criteri direttivi, per un tempo limitato e per oggetti definiti. A tal fine, i principi e criteri direttivi devono essere sufficientemente precisi e idonei a guidare il potere legislativo delegato, tanto da poter fungere da parametro in un eventuale giudizio di legittimità costituzionale per eccesso di delega sui futuri decreti legislativi.
Con specifico riguardo ai LEP, poiché ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti, è necessario che i criteri direttivi finalizzati alla determinazione dei LEP siano definiti Pag. 135in modo puntuale in relazione ai diversi settori. In tale attività potrà essere di ausilio anche il lavoro svolto dal Comitato tecnico-scientifico con funzioni istruttorie per l'individuazione dei LEP(25).
2. I lavori della commissione parlamentare per le questioni regionali
2.1 Le audizioni degli esperti
Le attività istruttorie della Commissione concernenti le audizioni degli esperti hanno preso avvio nel mese di dicembre 2023 presso la sede di Palazzo San Macuto in Roma e si sono protratte fino al mese di aprile 2025. Nel corso delle predette attività sono stati auditi: il prof. Massimo Villone, emerito di Diritto costituzionale nell'Università degli Studi di Napoli Federico II (5 dicembre 2023); il prof. Guido Trombetti, emerito di analisi matematica nell'Università degli Studi di Napoli Federico II, nonché componente del Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (CLEP) (17 gennaio 2024); il prof. Giampaolo Arachi, ordinario di Scienza delle finanze presso l'Università del Salento nonché Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio (1° febbraio 2024); il prof. Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, nonché presidente del CLEP (21 febbraio 2024); il dott. Stefano Soliman, ministro plenipotenziario, nonché capo dell'Ufficio legislativo del Ministero degli Affari Esteri (9 ottobre 2024); il dott. Roberto Torrini, Capo del Servizio Struttura economica del Dipartimento Economia e statistica della Banca d'Italia (18 marzo 2025); il prof. Vincenzo Tondi della Mura, ordinario di diritto costituzionale presso l'Università del Salento, nonché componente del CLEP (2 aprile 2025).
Nel corso delle summenzionate audizioni sono stati acquisiti pareri e osservazioni su alcune delle tematiche più rilevanti in materia di livelli essenziali delle prestazioni che spaziano, in ragione delle differenti competenze degli esperti, dalle questioni di carattere teorico-generale e metodologico – quali, ad esempio, quelle concernenti il concetto stesso di LEP(26) e le relative modalità di determinazione(27) – a quelle di natura Pag. 136più tecnica e di taglio più specialistico(28). Tra queste ultime spiccano, a titolo esemplificativo, quelle concernenti lo stretto legame intercorrente tra LEP e fabbisogni: un nesso – si è rilevato – che implica una coordinazione altrettanto stretta tanto tra i rispettivi processi definitori quanto tra le strutture tecniche e gli organi politici(29) e che coinvolge, parallelamente, alcuni degli aspetti più problematici sul piano finanziario(30).
Ad uno sguardo complessivo emerge chiaramente, anzitutto, come le opinioni degli esperti siano concordi nel ritenere che il percorso di definizione e attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni costituisca un passaggio obbligato nella prospettiva del completamento del disegno costituzionale delineato dalla riforma del 2001(31), anche a prescindere dalle sorti del percorso di attuazione dell'autonomia differenziata(32). In tale ottica, la sfida dei LEP è quella di garantire, all'interno di un territorio nazionale fortemente caratterizzato da divari profondi e riscontrabili su più livelli, l'uniforme godimento dei medesimi diritti civili e sociali(33). «Se definiti in modo appropriato» – si è a tal proposito rilevato – «i LEP possono assicurare parità di trattamento fra i cittadini indipendentemente dal luogo di residenza, calibrando l'erogazione dei servizi pubblici sulla base delle concrete esigenze di ciascuna comunità» e, pertanto, contribuendo a raggiungere un «bilanciamento soddisfacente» nel rapporto comparativo costi-benefici tra accentramento e decentramento della funzione pubblica(34).
Nondimeno, allo scopo di dar corso al dettato costituzionale, particolare attenzione deve essere riservata, a parere degli esperti, agli ostacoli che tutt'oggi si frappongono a una piena e uniforme attuazione dei LEP sul territorio nazionale: in primis – come già anticipato – quelli di ordine finanziario, ai quali peraltro si sommano alcune criticità relative alla procedura di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni (35)Pag. 137 e alle relative procedure di controllo e monitoraggio(36). A ciò si aggiunge, infine, l'esigenza – da più parti rilevata anche in sede di audizione delle rappresentanze nel corso delle missioni sul territorio(37)–di un'adeguata dotazione infrastrutturale(38) e di personale, in difetto della quale verrebbe sostanzialmente vanificato l'intento principale sotteso al concetto stesso di LEP, ossia quello di garantire un effettivo e uniforme godimento dei diritti sociali su tutto il territorio nazionale(39). Difatti, come pure si è avuto modo di evidenziare, «un LEP specificato solo in termini di prestazioni potrebbe non essere efficace, se non accompagnato da una definizione delle infrastrutture fisiche e delle risorse umane necessarie per il suo raggiungimento»(40).
2.2 Le missioni
2.2.1 Analisi dei dati
Uno degli snodi fondamentali in cui si è articolata l'attività istruttoria della Commissione è rappresentato dalle audizioni svolte nel corso delle missioni sul territorio. Parallelamente allo svolgimento delle missioni, sono stati approfonditi i documenti elaborati dalle rappresentanze audite, acquisiti dalla Commissione e successivamente pubblicati in apposita sezione del sito istituzionale(41).
In considerazione dell'estensione della traccia tematica su cui sono stati chiamati a esprimersi(42), i partecipanti alle audizioni hanno Pag. 138goduto di ampia libertà d'intervento nello sviluppo del dibattito, affrontando trasversalmente una notevole varietà di questioni concernenti i livelli essenziali delle prestazioni e le relative implicazioni per le comunità di riferimento. Ne è derivata una mole alquanto eterogenea di dati, raccolti in documenti e relazioni di varia natura e consistenza, dai prospetti finanziari, ai papers di approfondimento, alle dichiarazioni di carattere più strettamente politico. Si è perciò resa necessaria una preliminare operazione di classificazione e sistematizzazione del materiale acquisito, allo scopo di estrapolare e standardizzare i dati pertinenti allo svolgimento dell'indagine all'interno di un unico quadro sinottico. Questa fase – benché non priva di asperità sul piano metodologico, come a breve si vedrà – costituisce uno dei passaggi più importanti dell'attività istruttoria, rappresentando il punto di convergenza tra le specifiche istanze dei singoli territori e l'esigenza di uniformità delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali presupposta dalla Carta costituzionale.
2.2.1.1. Aspetti metodologici
L'esigenza di ricondurre a uno schema unitario i dati raccolti nel corso delle missioni ha posto diversi interrogativi di ordine metodologico in merito ai criteri di classificazione da adottare. Le principali difficoltà in tal senso derivano, per un verso, dall'eterogeneità del materiale acquisito sotto il profilo strettamente documentale, in considerazione dell'ampia varietà tematica e del diverso grado di strutturazione delle comunicazioni inoltrate alla Commissione; per altro verso, dal – per così dire–oggetto di osservazione in sé, tenuto conto del fatto che i rilievi e le istanze contenuti nella documentazione acquisita sono espressione di un territorio nazionale caratterizzato da significativi divari socio-economici.
Le audizioni hanno peraltro riscontrato come tali differenze, tradizionalmente contestualizzate all'interno del divario Nord-Sud, siano in effetti osservabili a più livelli di granularità, interessando trasversalmente tutti i territori regionali. Come confermato dal Rapporto ISTAT 2024, sono soprattutto le aree interne e le zone rurali a farne le Pag. 139spese, risultando non di rado penalizzate da una minore accessibilità ai servizi essenziali (sanità, istruzione, trasporti) che influisce negativamente sulle condizioni di vita degli abitanti. Queste differenze sono poi ulteriormente accentuate dalle caratteristiche geografiche del territorio italiano e dalle connesse criticità logistiche e infrastrutturali, che condizionano le aree più remote (isole, zone montane, ecc.) con evidenti ricadute in termini demografici, economici e sociali.
Si intende dunque, sulla scorta di questi rilievi, come un approccio metodologico improntato al raggruppamento dei dati per macro-aree potrebbe implicare il rischio di introdurre nell'analisi alcuni fattori di confondimento, attribuendo maggior significatività al contesto (macro) regionale piuttosto che alle peculiarità del singolo territorio e, perciò, sovrasemplificando l'interpretazione di dinamiche socio-economiche talora ben più articolate e complesse. Il che, in definitiva, finirebbe per frustrare il fine ultimo delle audizioni, ossia quello di acquisire un punto di osservazione privilegiato – in termini di prossimità e oggettività – rispetto al potenziale esprimibile da ciascun territorio nel percorso di determinazione e attuazione dei LEP e di evidenziare, al contempo, i possibili ostacoli che si frappongono a un pieno ed egualitario godimento dei diritti civili e sociali in tutto il Paese.
Per queste ragioni, si è privilegiato un approccio metodologico mirato a evidenziare le possibili funzioni (e disfunzioni) implicate nel processo di implementazione dei LEP tramite l'individuazione di aree tematiche omogenee nell'ambito delle questioni discusse in sede di audizione. Lo scopo, ancora una volta, è dunque quello di conseguire una mappatura quanto più possibile dettagliata delle condizioni socio-economiche del territorio e della rete di fattori che possono favorire o ritardare l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. A tal fine, è stata predisposta una tabella sinottica che costituisce, nell'economia generale dell'indagine, il principale strumento di lavoro impiegato nella la redazione del presente documento. Alla descrizione di tale strumento è dedicato il paragrafo seguente.
2.2.1.2 Materiali di lavoro
Si è già detto come gli sforzi per delineare uno schema riassuntivo e al contempo esaustivo delle risultanze dell'indagine siano approdati, in prima istanza, alla redazione di una tabella sinottica, corrispondente al primo livello del processo di sistematizzazione dei risultati delle audizioni. In questa prima fase – prodromica rispetto alla rilevazione delle ricorsività tematiche su cui si fonda il successivo sviluppo dell'indagine – l'analisi delle singole audizioni si è svolta tenendo conto di una distinzione preliminare dei soggetti auditi in «soggetti istituzionali» (comprensivi dei rappresentanti dei vari livelli di governo territoriale e della Camera di Commercio) e «parti sociali» (sindacati e associazioni di categoria).
Per ciascuna di queste categorie è stata proposta un'ulteriore classificazione generica delle opinioni e dei pareri espressi in «pareri positivi» e «questioni problematiche», avente ad oggetto il «segno» attribuito dalle varie rappresentanze alle singole questioni emerse nel corso del dibattito. Si è in tal modo proceduto a delineare una prima distinzione approssimativa, a carattere qualitativo, tra vantaggi e criticità connessi al processo di implementazione dei livelli essenziali delle Pag. 140prestazioni, le cui risultanze sono state successivamente aggregate, per ciascuna categoria di soggetti, mediante l'utilizzo di un indicatore semaforico di più agevole consultazione.
A questa partizione si aggiungono poi due ulteriori sezioni di approfondimento. La prima, concernente le specificità del territorio di riferimento, ha lo scopo di fornire un'adeguata contestualizzazione dei dati e delle opinioni raccolti in rapporto ai fattori geografici, demografici, amministrativi e socio-economici implicati nella caratterizzazione delle singole aree. Nella seconda, infine, trovano spazio le proposte formulate dalle varie rappresentanze, che costituiscono forse il momento di riflessione più «proattiva» in merito ai temi oggetto dell'attività d'indagine.
L'integrazione dei dati così sistematizzati ha successivamente costituito la base di partenza per lo sviluppo di un secondo livello di analisi, finalizzato, come già detto, all'individuazione di alcune tematiche il cui carattere ricorsivo giustifica l'esigenza di ulteriore approfondimento. La trattazione di tali tematiche – alla quale sono dedicati i paragrafi successivi – segue il medesimo ordine adottato nella redazione della sopradescritta tabella, distinguendo perciò tra elementi «positivi» e «problematici» suscettibili di incidere sul percorso di attuazione dei LEP e che dunque meritano di essere portati a conoscenza del decisore politico.
2.2.2 Ambiti di convergenza
2.2.2.1 LEP e principio di uguaglianza
Tra le tematiche ricorrenti di segno positivo, sulle quali si registra un'ampia convergenza, spicca quella concernente il rapporto tra livelli essenziali delle prestazioni e principio di uguaglianza. Più che di una mera relazione concettuale si tratta, in effetti, di un binomio strutturale, posto che lo stesso art. 117, comma secondo, lett. m), Cost., nell'annoverare tra le materie di competenza statale esclusiva la determinazione dei LEP, ne fornisce una descrizione che – seppur incompleta – già implica logicamente una necessaria interconnessione col principio di uguaglianza, perlomeno nella misura in cui finalizza la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni alla garanzia dei relativi diritti civili e sociali «su tutto il territorio nazionale»(43). Il valore connotativo di questa relazione è stato peraltro recentemente ribadito dalla Corte costituzionale, che ne ha interpretato il senso e la portata nel più ampio contesto dei rapporti intercorrenti tra il principio di uguaglianza e un altro principio di rilevanza costituzionale, quello dell'autonomia regionale. Se infatti deve ritenersi sussistente Pag. 141«un trade-off tra autonomia regionale e eguaglianza nel godimento dei diritti, rispetto al quale deve essere trovato un ragionevole punto di equilibrio», è per altro verso evidente – afferma la Corte – come i LEP implichino necessariamente «una delicata scelta politica, perché si tratta [...] di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti e esigenze finanziarie e anche i diversi diritti fra loro»(44).
Costituisce perciò un dato confortante – e senz'altro degno di nota – la circostanza che rappresentanze istituzionali e sociali talora piuttosto distanti sul piano politico siano concordi nel ritenere che la definizione e attuazione dei LEP rappresenti un passaggio fondamentale nel processo di superamento dei divari territoriali, tramite cui garantire l'equità e l'unitarietà dell'intervento pubblico(45) oltre che l'effettivo e uniforme godimento dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale(46). In tal senso si è pure evidenziato come la definizione dei LEP, e dei relativi costi e fabbisogni, rappresenti il presupposto per conformare i servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni alle esigenze reali della cittadinanza e del tessuto produttivo(47), nella prospettiva di uno sviluppo socio-economico che muova dalle istanze dei territori e che si svolga secondo criteri qualitativi e ordini di priorità coerenti con esse(48). Rilievi, questi, che peraltro fanno eco alle osservazioni già a suo tempo svolte dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha chiarito come i LEP non solo svolgano un ruolo fondamentale nell'architettura dei rapporti finanziari tra Stato ed enti territoriali – costituendone «elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente» – ma indichino altresì «la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché “il nucleo invalicabile di garanzie minime” per rendere effettivi tali diritti»(49).Pag. 142
Non sono d'altra parte mancate – come meglio si vedrà in seguito – alcune osservazioni critiche in merito alla relazione LEP-principio di uguaglianza, soprattutto con riferimento all'utilizzo dell'aggettivo «essenziali» nella denominazione adottata dall'art. 117, Cost., secondo comma, lett. m), il quale – si argomenta – implicherebbe una interpretazione «al ribasso» dei suddetti LEP nei termini di livelli «minimi» delle prestazioni, con tutto ciò che ne deriverebbe in punto di coerenza con il principio costituzionale di uguaglianza(50). Tuttavia, nonostante l'innegabile persistenza di alcune incertezze interpretative, sembra che le opacità residue che tuttora insistono sulla definizione dei LEP e che da più parti sono state rilevate costituiscano, piuttosto, il riflesso di una non completa maturazione del processo di attuazione del dettato costituzionale. Il che, se da un lato può certo rappresentare un valido spunto di riflessione, non deve per altro verso adombrare il valore complessivo delle istanze raccolte nel corso delle audizioni, dalle quali emerge chiaramente – lo si è già evidenziato – la volontà politica condivisa e trasversale di portare a compimento il percorso di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
2.2.2.2 LEP e valorizzazione delle diversità
Strettamente connesso alla tematica discussa nel paragrafo precedente, la relazione tra livelli essenziali delle prestazioni e valorizzazione delle diversità rappresenta, come già accennato, un'implicazione funzionale del ruolo che il principio di uguaglianza svolge all'interno del Titolo V nonché, più in generale, nel sistema dei principi costituzionali che concorrono a delineare i rapporti tra Stato e autonomie regionali.
Sin dalla prima lettura dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, infatti, la Corte costituzionale aveva chiarito come il senso della disposizione non fosse quello di delineare una «materia» come tale, quanto piuttosto una «competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle»(51). In tal senso, come pure rilevato da autorevole dottrina(52), sembrerebbe dunque che all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione sia stata conferita una specifica «funzione unificante» in relazione al «nuovo sistema» delineato dalla riforma del Titolo V. Il che, peraltro, troverebbe espressa conferma nello stesso testo costituzionale e, segnatamente, all'interno della sola altra disposizione che menziona esplicitamente i livelli essenziali delle prestazioni, ovvero l'articolo 120 della Costituzione, laddove appunto si prevede che il Governo possa esercitare il potere sostitutivo rispetto a Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni quando lo richiedano, tra l'altro, «la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle Pag. 143prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali»(53).
Nondimeno, la circostanza che la norma di cui all'articolo 117, lettera m), sia stata prevista a tutela dell'unità del sistema non implica una rinuncia alla tutela delle diversità a livello territoriale, ma piuttosto la presuppone. Come pure è stato rilevato, infatti, la disposizione in parola sembrerebbe essere stata congegnata alla stregua di una «clausola di tendenziale omogeneità od uniformità», come tale destinata a operare all'interno di un ordinamento – quello ridisegnato dal legislatore costituzionale del 2001 – connotato in senso «marcatamente autonomista»(54). Il regionalismo, d'altra parte, costituisce «una componente fondamentale della forma di Stato delineata dalla Costituzione», se non addirittura «un'esigenza insopprimibile della nostra società», frutto di una graduale evoluzione che la Costituzione stessa ha in parte contribuito a innescare: «la ricchezza di interessi e di idee di una società altamente pluralistica come quella italiana» – ricorda infatti la Corte costituzionale – «non può trovare espressione in un'unica sede istituzionale, ma richiede una molteplicità di canali e di sedi in cui trovi voce e dalle quali possa ottenere delle politiche pubbliche, anche differenziate, in risposta alle domande emergenti»(55). Tali molteplicità delle sedi istituzionali e differenziazioni delle politiche pubbliche trovano, però, il loro necessario punto di raccordo nel Parlamento, al quale appunto spetta – prosegue la Corte – «il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale»(56).
Interpretando organicamente l'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost. all'interno di siffatto scenario, sembra allora evidente come il nucleo essenziale di tale disposizione sia riconducibile all'attribuzione di un potere allo Stato – corrispondente alla competenza esclusiva in materia di determinazione dei LEP – che necessariamente implica l'esigenza di un bilanciamento, appunto perché asservito «al fine di conciliare l'uguaglianza delle persone con l'autonomia degli enti territoriali»(57). È dunque nella ricerca di questo delicato equilibrio tra uguaglianza e autonomia, tra uniformità delle prestazioni essenziali e differenziazione delle politiche e delle scelte dei governi locali(58), che dev'essere dunque ricercato il vero significato di tale norma.Pag. 144
In questa stessa prospettiva si pongono, peraltro, molte delle osservazioni formulate dalle rappresentanze audite, che se per un verso hanno ribadito l'esigenza di non considerare il regionalismo quale «fine in sé», ma piuttosto quale mezzo per garantire l'uniforme accessibilità e fruibilità dei diritti(59), per altro verso hanno evidenziato come esso valga a valorizzare le diversità (e dunque l'autogoverno) dei territori(60). A tal proposito si è pure rilevato come la summenzionata esigenza di preservare un giusto equilibrio tra autonomia regionale e omogeneità del quadro normativo nazionale(61) si giustifichi, tra l'altro, anche in ragione del perseguimento di obbiettivi lato sensu economici e, segnatamente, in funzione dello sviluppo delle attività produttive.
Benché indispensabile, infatti, l'adozione di politiche mirate alla tutela e alla valorizzazione delle specificità territoriali «non potrà spingersi fino a minare [...] l'unità giuridica ed economica della Repubblica»(62), a meno di non introdurre nel sistema fattori di discrepanza, e dunque di imprevedibilità, che finirebbero per incidere negativamente anche sul potenziale di sviluppo imprenditoriale(63). Si tratta in effetti – come meglio si vedrà infra – di una particolare declinazione della tematica in oggetto, che riflette le preoccupazioni sollevate tanto sul versante istituzionale(64) quanto su quello dei corpi intermedi(65) in ordine alla possibilità che il percorso di determinazione (e il conseguente finanziamento) dei LEP possa condurre, se mal governato, a un sostanziale approfondimento dei divari regionali(66).
2.2.3 Questioni problematiche
2.2.3.1 Livelli essenziali o livelli minimi?
Passando alle questioni problematiche maggiormente dibattute nel corso delle audizioni, è forse metodologicamente opportuno muovere da un tema, quello concernente l'estensione del concetto di livello essenziale delle prestazioni, che in quanto collocato sul piano strettamente definitorio merita di precedere, nella trattazione, l'analisi dei profili di merito. Il punto cruciale della questione attiene, nello specifico, al significato da attribuire all'attributo «essenziale» impiegato dal legislatore costituzionale e, più in generale, al valore esplicativo che esso può dispiegare in funzione della determinazione del contenuto dei LEP.
In tal senso, l'aspetto più controverso sembra concentrarsi attorno al rapporto concettuale sussistente tra le nozioni di livello «essenziale» e di livello «minimo», sul quale è peraltro intervenuta, da ultimo, anche la Corte costituzionale. Si è a tal proposito rilevato, infatti, come l'uso del suddetto termine all'interno del novellato Titolo V [artt. 117, secondo comma, lett. m), e art. 120, Cost.] possa indurre a ritenere che il concetto di livello «essenziale» sia sostanzialmente coestensivo rispetto a quello di livello «minimo», determinando così una rimodulazione «al ribasso» del contenuto dei LEP(67).
Tale interpretazione sembra peraltro essere stata accolta – come segnalato nel corso delle audizioni(68) – dalla stessa Commissione europea nel Country Report 2024, laddove si è evidenziato come la circostanza che i LEP garantiscano soltanto «livelli minimi» di servizi e non riguardino tutti i settori possa comportare il rischio di un sostanziale aggravamento dei divari territoriali(69). Rilievi critici non dissimili sono pure pervenuti da quanti, nel sottolineare come «il continuo richiamo [...] al rispetto dei vincoli di bilancio, al limite delle risorse disponibili e all'invarianza della spesa» si accompagni all'«assenza di qualsiasi finanziamento aggiuntivo», hanno paventato il profilarsi di «un vincolo di subordinazione delle prestazioni alle risorse che rischia di trasformare i Livelli Essenziali in Livelli Minimi»(70). Si tratterebbe, in definitiva, di una interpretazione sostanzialmente ablativa del contenuto della norma costituzionale giacché, procedendo per questa via, il significato dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, finirebbe per contrarsi sino a ricomprendere esclusivamente la tutela (statale) dei soli livelli «minimi» – appunto – delle prestazioni. Il che renderebbe la disposizione in parola, nella migliore Pag. 146delle ipotesi, per lo meno ridondante, in quanto meramente ripetitiva di un vincolo già sussistente in capo al legislatore in forza delle norme costituzionali sui diritti.
Alle medesime conclusioni è da ultimo pervenuta la Corte costituzionale che – lo si è già anticipato – ha in buona parte stemperato i summenzionati dubbi interpretativi esplicitando la distinzione sussistente tra livelli essenziali e livelli minimi delle prestazioni, già nota, peraltro, al legislatore storico. Dalla lettura dei lavori preparatori della legge costituzionale n. 3 del 2001 si evince chiaramente, infatti, come la sostituzione dell'inciso «livelli minimi di garanzia» con l'attuale formulazione sia stata operata proprio al fine di assicurare l'uniforme riconoscimento dei diritti fondamentali in tutto il Paese, garantendo al contempo «se possibile, uno standard di tutela superiore al nucleo minimo del diritto». Sul piano costituzionale – rileva la Corte – la giustificazione di tale più elevato standard di tutela si radicherebbe all'interno del principio di eguaglianza sostanziale scolpito nell'art. 3, secondo comma, Cost., laddove si attribuisce alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Tale previsione, «di più ampio respiro rispetto all'erogazione delle prestazioni minime», costituirebbe dunque «l'orizzonte concettuale dei LEP», come peraltro confermato dall'art. 120, comma secondo, Cost., «nell'ambito del quale la garanzia dei LEP rientra nella “tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica”».
Sulla scorta di queste argomentazioni è dunque possibile distinguere tra «nucleo minimo del diritto» e «livelli essenziali delle prestazioni»: il primo costituisce «un limite derivante dalla Costituzione e va garantito da questa Corte, anche nei confronti della legge statale, a prescindere da considerazioni di ordine finanziario»; i secondi, invece, rappresentano «un vincolo posto dal legislatore statale, tenendo conto delle risorse disponibili, e rivolto essenzialmente al legislatore regionale e alla pubblica amministrazione», con l'ulteriore precisazione che dalla determinazione dei LEP «origina, poi, il dovere dello stesso Stato di garantirne il finanziamento»(71). Tale distinzione, oltre a salvaguardare da eventuali interpretazioni abroganti l'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., contribuisce altresì a chiarire come alla competenza statale ivi prevista sia funzionalmente connessa «la discrezionalità politica del legislatore nella determinazione – secondo canoni di ragionevolezza – dei livelli essenziali»(72), a differenza di quanto invece accade con riferimento al c.d. «nucleo minimo del diritto» che, in quanto tale, non è comprimibile neppure dalle scelte del legislatore statale.
2.2.3.2 I LEP e la questione demografica
Tra le problematiche di maggior rilievo attinenti agli aspetti più «tecnici» della determinazione e del finanziamento dei LEP, sono Pag. 147anzitutto da segnalare quelle concernenti la distribuzione e le caratteristiche della popolazione sul territorio e i relativi effetti sul calcolo della spesa necessaria a finanziare i fabbisogni standard. I marcati divari demografici che tutt'oggi caratterizzano il Paese, storicamente condizionati dalla peculiare conformazione geografica del territorio, sono implicati, com'è noto, in un complesso sistema di fattori ambientali, economici e sociali di cui rappresentano, a un tempo, la causa e l'effetto. È pertanto evidente come lo studio della c.d. «questione demografica» rappresenti una chiave interpretativa fondamentale per comprendere (e prevedere) in che modo i cambiamenti della popolazione possano incidere sull'evoluzione dei fenomeni socio-economici e, quindi, delle scelte pubbliche(73). In questa prospettiva, con specifico riguardo all'oggetto dell'indagine, sono due i profili maggiormente rappresentativi dell'evoluzione demografica in atto(74) su cui occorre, pertanto, soffermarsi: lo spopolamento delle aree periferiche e il progressivo invecchiamento della popolazione.
Quanto al primo profilo, rappresenta un dato certamente degno di nota la circostanza che in Italia siano presenti 5.525 comuni – circa il 70% del totale – con popolazione pari o inferiore ai 5 mila abitanti, mentre i comuni «medi», ossia con popolazione compresa tra i 5 mila e i 250 mila abitanti, sono 2.363 e rappresentano il 29,9% del totale(75). È forse sufficiente questo valore statistico a confermare che lo spopolamento delle aree periferiche rappresenta un problema sostanzialmente ubiquitario che interessa, come confermato nel corso delle audizioni, pressoché tutte le aree interne delle regioni italiane. Si tratta di un fenomeno – lo rileva l'ISTAT – «che viene da lontano», considerato che «già dagli inizi del Novecento vanno definendosi alcune zone di spopolamento nei comuni di più ridotte dimensioni demografiche, in particolar modo nel Mezzogiorno, per via degli intensi movimenti migratori interni e con l'estero che portano ad abbandonare le aree rurali, collinari e montane».
Questa tendenza all'abbandono delle aree più marginalizzate trova ancor oggi conferma nei dati statistici, che peraltro segnalano come la persistenza dei fenomeni migratori contribuisca al calo delle nascite, a sua volta effetto (anche) del decremento della popolazione in età fertile. Di qui l'ulteriore e sempre più marcata tendenza all'invecchiamento della popolazione, che pur costituendo un fenomeno oramai diffuso a livello nazionale – e destinato ad amplificarsi già nel prossimo futuro – sembra tuttavia interessare in modo particolare proprio i territori più «depressi da un punto di vista economico e produttivo, e non in grado di trattenere la propria popolazione»(76). L'interazione tra i due fattori concorre a delineare un quadro particolarmente complesso, Pag. 148specie per le aree interne, con evidenti ricadute in termini sia sociali che economici.
L'innalzamento dell'età media e dell'aspettativa di vita della popolazione rappresenta, infatti, un elemento cruciale nella valutazione e programmazione delle politiche sociali, sanitarie e del lavoro. Una popolazione sempre più anziana sarà ovviamente più bisognosa di cure e comporterà, pertanto, un «aumento del bisogno assistenziale da soddisfare in considerazione della elevata presenza di persone nelle fasce a rischio di non autosufficienza nel medio e lungo periodo», con tutte le incognite che ne conseguono in termini di garanzia e continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni(77). E d'altra parte, come pure evidenziato, «con una popolazione in progressivo invecchiamento, senza un ricambio di forze nuove, sono destinati a diventare insostenibili il sistema sociale, quello previdenziale e quello sanitario»(78).
L'invecchiamento della popolazione incide, altresì, in ambito lavorativo: l'aumento dell'età media, in uno con il perdurare dei flussi migratori, comporta infatti una riduzione della platea dei soggetti potenzialmente occupabili e, dunque, l'insorgenza di squilibri nel mercato del lavoro. Si tratta di un fenomeno di per sé complesso, perché condizionato da diverse variabili, e che si articola in forme differenti a seconda del territorio e del settore di riferimento. In alcune Regioni, ad esempio, le predette dinamiche demografiche sono state poste in relazione con le difficoltà riscontrate dalle imprese a conduzione familiare nel realizzare il passaggio generazionale e con l'elevato skill mismatch(79), fenomeno, quest'ultimo, che a detta di altri richiederebbe «una strategia politica regionale e nazionale che faciliti la formazione dei giovani in funzione delle esigenze delle imprese che operano sul territorio»(80). Nelle Regioni meridionali, in particolare, l'«inverno demografico» sembra preoccupare soprattutto per gli effetti negativi di tipo economico-sociale, riscontrabili tanto nella «contrazione o [...] distorsione del tessuto produttivo» – con consequenziale compromissione della crescita, della diversificazione e della qualità dei beni e servizi offerti – quanto, conseguentemente, nella diminuzione dei posti di lavoro e, dunque, nella riduzione dei contributi(81) e nell'aumento dei divari reddituali rispetto all'area europea(82). Nondimeno, anche in Regioni tradizionalmente caratterizzate da un mercato del lavoro più dinamico pesano gli effetti delle predette dinamiche demografiche: gli elevati livelli di occupazione, difatti, spesso mascherano le persistenti criticità relative al reperimento della manodopera, Pag. 149sempre più difficoltoso in conseguenza del decremento della popolazione in età lavorativa(83).
Se già questi rilievi sembrano suggerire l'adozione di particolari accorgimenti, anche in fase di determinazione e finanziamento dei LEP, al fine di stemperare gli effetti collaterali dell'invecchiamento della popolazione a livello nazionale, la gestione del problema a livello locale sembra complicarsi esponenzialmente, soprattutto nelle aree marginalizzate. Come già anticipato, infatti, è proprio nelle aree interne e in quelle più fragili(84) che il fattore dell'invecchiamento si associa a quello dello spopolamento, innescando così un cortocircuito tra diminuzione della popolazione (soprattutto in età lavorativa), riduzione qualitativa e quantitativa di beni e servizi, peggioramento delle condizioni di vita. Questi territori, come evidenziato nel corso delle audizioni, scontano non di rado uno scarso livello di accessibilità ai servizi essenziali, soprattutto di tipo sanitario, che in uno con le difficoltà logistiche e l'aumento dell'età media dei residenti implica l'esigenza di un adeguamento delle modalità di erogazione delle prestazioni(85). Allo stesso modo, si è rilevato come pure nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) – con specifico riferimento agli obiettivi di servizio(86) – e di quelli relativi al trasporto pubblico locale(87) sarebbe opportuno tener conto del criterio della densità demografica(88). E ciò a prescindere, peraltro, dalla circostanza che le aree di interesse rientrino tra le zone periferiche e meno densamente popolate o tra quelle che, al contrario, si caratterizzano per un'elevata densità abitativa: anche in quest'ultima ipotesi, infatti, una determinazione dei LEP che non tenga conto delle specificità locali implicherebbe, con ogni probabilità, un disallineamento tra servizi offerti ed esigenze reali dei territori(89).Pag. 150
In definitiva, le differenze territoriali riscontrabili sul piano della densità abitativa e dell'età della popolazione rappresentano un fattore idoneo a incidere in modo determinante sull'omogeneità dell'erogazione dei servizi essenziali(90), al quale dev'essere perciò riconosciuta primaria importanza nel percorso di determinazione e finanziamento dei LEP. A tal fine, si è segnalata l'opportunità di elaborare un apposito «indice di marginalità» per compensare gli effetti distorsivi che – specie nelle aree interne e meno densamente popolate – potrebbero derivare dall'applicazione del mero criterio demografico per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni(91).
2.2.3.3 Il problema della perequazione infrastrutturale
Nel paragrafo precedente si è avuto modo di osservare come il rapporto tra densità abitativa, caratteristiche della popolazione ed erogazione dei servizi essenziali sia condizionato da un'articolata serie di variabili economiche, sociali e ambientali che concorrono a determinare, in definitiva, i profondi divari territoriali ad oggi riscontrabili. Si tratta – è ovvio – di dinamiche estremamente complesse e spesso intellegibili solo nell'ottica di processi evolutivi di lunga o lunghissima durata, ma che tuttavia sembrano condividere un fattore comune: il problema infrastrutturale.
In un Paese in cui la divisione territoriale è espressione di un dato geografico, prima ancora che socio-economico, la perequazione infrastrutturale rappresenta, infatti, una delle sfide più importanti e tuttora oggetto delle attenzioni del legislatore: lo confermano, da ultimo, le modifiche apportate dall'art. 11 del D. L. 7 maggio 2024, n. 60(92) all'art. 22 della L. 5 maggio 2009, n. 42, con cui si è disposta la costituzione del «Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno»(93) – in sostituzione del «Fondo perequativo infrastrutturale» previsto dal legislatore del 2009–e l'assegnazione delle relative risorse in base a una serie di criteri che annoverano, tra gli altri, le specificità delle zone insulari, interne e montane, la densità della popolazione e delle unità produttive, nonché l'«assenza ovvero della grave carenza di collegamenti infrastrutturali con le reti su gomma e su ferro di carattere e valenza nazionale».
Anche molte delle osservazioni delle rappresentanze audite nel corso dell'indagine concordano nel ritenere che la ricerca di possibili soluzioni Pag. 151ai suddetti divari territoriali debba muovere, in prima istanza, dal potenziamento delle infrastrutture materiali e immateriali, che in quanto tale costituisce una vera e propria «precondizione» per garantire l'uniformità ed efficienza dell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni(94). La scarsa accessibilità ai servizi essenziali costituisce d'altra parte, come si è avuto modo di evidenziare nel paragrafo precedente, una delle principali concause dello spopolamento delle aree marginalizzate. Ne è un chiaro esempio – seppur con riferimento a dinamiche migratorie sui generis–il fenomeno della mobilità sanitaria: «il divario infrastrutturale» – si osserva – condiziona l'accesso alle cure «limitando le capacità di erogazione dei LEA»(95). Un fenomeno particolarmente allarmante soprattutto con riferimento alle zone più periferiche in cui non sono più presenti i servizi sanitari di base e dalle quali è più difficile raggiungere i presidi ospedalieri: di qui l'esigenza che «i servizi siano, se non presenti, almeno fruibili facilmente dagli abitanti delle zone meno popolose e più difficilmente raggiungibili»(96), anche tramite la predisposizione di modalità alternative di erogazione delle prestazioni sanitarie(97). Considerazioni analoghe valgono, poi, per pressoché tutti gli altri servizi essenziali (istruzione, servizi sociali, asili nido ecc.).
È appena il caso, infine, di ribadire come la questione infrastrutturale costituisca uno snodo cruciale anche in rapporto alle esigenze del tessuto economico-produttivo. La carenza di infrastrutture materiali e il divario digitale sono infatti da annoverare tra le principali cause dell'isolamento e del limitato sviluppo delle imprese italiane, a tutt'oggi in larga parte caratterizzate – non a caso – da fenomeni di «nanismo»(98) comunemente considerati «un fattore di debolezza potenziale del sistema produttivo»(99). D'altra parte, le medesime difficoltà relative alla mobilità delle persone non possono non riscontrarsi anche in riferimento alla mobilità delle merci, condizionando la capacità tanto delle zone insulari(100) quanto, più in generale, di quelle più carenti dal punto di vista infrastrutturale(101) di attrarre nuovi investimenti e di promuovere lo sviluppo delle realtà imprenditoriali già esistenti anche oltre i confini nazionali(102). Allo stesso Pag. 152modo, la carenza di infrastrutture immateriali e, segnatamente, tecnologiche costituisce un freno all'espansione delle attività produttive, specie in un'economia, qual è quella attuale, basata sulla connettività(103).
Coerentemente con la rilevazione di questi dati, le istanze formulate dalle rappresentanze nel corso delle audizioni concordano nel ritenere indispensabile un maggior impegno politico sul fronte del potenziamento infrastrutturale e dei servizi di trasporto pubblico (anche tramite la determinazione di appositi «Livelli Essenziali di Trasporto»(104)). A tal fine, si è peraltro da più parti evidenziato come la portata strategica di tali interventi suggerisca una programmazione a livello nazionale, che dunque possa integrare le esigenze dei singoli territori con quelle della continuità territoriale (interregionale e internazionale)(105).
2.2.3.4 LEP, costi e fabbisogni standard: finanziamento, vincoli di bilancio e meccanismi perequativi
Tra i temi certamente più impegnativi su cui si è concentrato il dibattito politico, la questione del finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni rappresenta, altresì, una delle problematiche maggiormente discusse nel corso delle audizioni. Dalla lettura delle memorie depositate emerge infatti chiaramente il timore, politicamente trasversale, che il processo di attuazione dei LEP possa subire una battuta d'arresto proprio a causa della carenza di risorse necessarie a finanziarli, se non, addirittura, che esso sfoci in un nuovo assetto del sistema di finanziamento che finisca per aggravare i divari territoriali già esistenti. Preoccupazioni che tuttavia – occorre evidenziare – sulla base delle argomentazioni dalle varie rappresentanze sembrano talora difficilmente distinguibili da quelle attinenti al tema contiguo, benché distinto, dell'autonomia differenziata. Nondimeno, in pressoché tutte le missioni svolte dalla Commissione si è avuto modo di raccogliere importanti spunti di riflessione sul punto che meritano, pertanto, di essere portate a conoscenza del decisore politico.Pag. 153
Muovendo dalle considerazioni di carattere più generale, si è da più parti segnalato come «il continuo richiamo nelle norme al rispetto dei vincoli di bilancio, l'invarianza della spesa a carico del bilancio dello Stato e l'assenza di qualsiasi finanziamento aggiuntivo rischiano [...] di cristallizzare ed amplificare le profonde differenze esistenti»(106), determinando così «un vincolo di subordinazione delle prestazioni alle risorse che rischia di trasformare i Livelli Essenziali in Livelli Minimi, in netta contraddizione con una giurisprudenza costituzionale per la quale “è la garanzia dei diritti incomprimibili che incide sul Bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”»(107). Si è anche parlato, a tal proposito, di «“strani diritti” in quanto “finanziariamente condizionati”»(108), giacché senza un'adeguata copertura finanziaria la determinazione dei LEP «servirà, nel migliore dei casi, a precisare cosa viene negato» ai cittadini, «ma c'è il rischio ancor più concreto che questo passaggio [...] si trasformi in un nuovo abbassamento dei livelli delle prestazioni»(109).
Quanto ai profili più tecnici della questione, il problema del finanziamento dei LEP è a tutt'oggi percepito dalle rappresentanze come un nodo ancora irrisolto(110) soprattutto con riferimento alle realtà «più deficitarie», dal momento che l'esigenza di provvedere al reperimento delle risorse necessarie – in considerazione dei vincoli di bilancio – dovrà giocoforza confrontarsi con le alternative della redistribuzione fra gli enti interessati delle dotazioni esistenti «attraverso i meccanismi perequativi», dei tagli alla spesa delle amministrazioni centrali o, infine, dell'aumento della pressione fiscale, con l'ulteriore precisazione che, «accanto a risorse correnti», come già rilevato, saranno «necessarie anche adeguate dotazioni infrastrutturali»(111). A ciò si aggiunge un ulteriore aspetto di natura, per dir così, «metodologica»: dal momento che le risorse necessarie al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sono condizionate dai vincoli di bilancio previsti ex art. 81 Cost., «è evidente che la determinazione dei LEP richiederà una valutazione complessiva dei LEP che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non potere Pag. 154finanziare i LEP necessari ad assicurare l'esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime»(112).
Sul punto è intervenuta, da ultimo, anche la Corte costituzionale, la quale ha chiarito che occorre preliminarmente distinguere, in riferimento ai profili finanziari della legge 26 giugno 2024, n. 86, tra quelli relativi al finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni con legge di differenziazione e quelli più propriamente attinenti al finanziamento dei LEP(113): mentre nel primo caso «la legge si muove nella prospettiva dell'invarianza finanziaria» – giacché l'art. 9, comma 1, prevede espressamente che «dall'applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»–nel secondo, invece, sembra profilarsi uno scenario di tipo diverso. Difatti, «trattandosi di fissare uno standard omogeneo delle prestazioni in tutta Italia», la legge prevede espressamente che il finanziamento dei LEP possa dar luogo a un aumento dei costi(114), al quale il legislatore statale dovrà far fronte «“coerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio” ([...] art. 4, comma 1), basandosi sui costi e fabbisogni standard e nel rispetto dell'art. 17 della legge n. 196 del 2009 (art. 9, comma 2, della legge impugnata)»(115). D'altro canto, proprio con specifico riferimento ai summenzionati timori secondo cui il sistema di finanziamento dei LEP delineato dalla legge 86/2024 determinerebbe – in forza del richiamo ai vincoli di bilancio–una sostanziale «cristallizzazione» dello status quo, la Corte ha evidenziato come «l'art. 9, comma 2, stabilendo che, “[f]ermo restando quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e degli equilibri di bilancio”, non implica affatto il mantenimento dello status quo relativo alle risorse, cioè l'impossibilità di stanziare risorse aggiuntive per i LEP»: a tal riprova, infatti, «lo stesso art. 9 menziona, al comma 3, le “eventuali maggiori risorse destinate all'attuazione dei LEP”» e, allo stesso modo, «anche l'art. 3, comma 7 (dichiarato costituzionalmente illegittimo da questa Pag. 155Corte, per altre ragioni: punto 13.2.), fa riferimento a “provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie” per l'aggiornamento dei LEP». In definitiva – conclude la Corte – «il riferimento all'equilibrio di bilancio contenuto nell'art. 9, comma 2, non contraddice tali norme perché tale equilibrio non implica divieto di reperire nuove risorse, ma necessità di indicare i mezzi di copertura finanziaria»(116).
2.2.3.5 LEP e autonomia differenziata
A conclusione della sezione dedicata all'analisi dei profili problematici emersi nel corso delle audizioni, è senz'altro opportuno dar conto di un tema che, seppur solo tangente rispetto all'oggetto dell'indagine, ha costituito oggetto di particolare attenzione da parte delle rappresentanze audite: il rapporto tra LEP e autonomia differenziata. Benché le più recenti evoluzioni normative e il conseguente rinnovamento del dibattito pubblico sul punto abbiano concorso a farne un binomio pressoché inscindibile, si è già avuto modo di osservare(117) come tra livelli essenziali delle prestazioni e regionalismo differenziato sussista, al più, un rapporto di strumentalità politica «contingente», non già di implicazione giuridica. In questa prospettiva, la stessa decisione «assunta dalla legge di bilancio per il 2023 [...] di far precedere l'avvio del processo di autonomia differenziata alla determinazione dei LEP nelle materie devolvibili è [...] una scelta politica, prima che giuridica, ma non può cancellare la circostanza che i livelli essenziali delle prestazioni vadano, e anzi andassero, definiti indipendentemente dalla scelta o meno dell'attuazione dell'art. 116, comma 3»: un'esigenza, questa, che dunque «paradossalmente [...] si porrebbe anche se l'ordinamento fosse completamente accentrato»(118).
D'altro canto, le indicazioni della Corte costituzionale non implicano, ovviamente, un giudizio tout court sui LEP (né tantomeno sull'autonomia differenziata(119)), ma piuttosto su taluni meccanismi adottati dalla legge 26 giugno 2024, n. 86 per la definizione di questi ultimi. La più volte menzionata sentenza n. 192 del 2024, difatti, è piuttosto chiara nell'attribuire alle «norme richiamate dall'impugnato Pag. 156art. 3, comma 1» della legge n. 86 del 2024 (ossia i commi da 791 a 801-bis dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022) la qualifica di «disposizioni [che] regolano una procedura di determinazione dei LEP», le quali indicano tra l'altro una serie di «criteri direttivi – per relationem – con riferimento a numerose e variegate materie». La rilevata genericità di tali criteri, derivante da una mancata modulazione in rapporto alle specificità dei diversi settori cui essi sono destinati ad applicarsi, fonda la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, legge n. 86 del 2024, «perché il conferimento di un potere legislativo delegato illegittimo per insufficienza di criteri direttivi delinea un quadro illegittimo dell'azione regionale», ma al tempo stesso conferma, implicitamente, l'esigenza di una procedura che sia in grado di adattarsi razionalmente alle peculiarità dei singoli LEP e che sappia valorizzare, pertanto, il sistema dei principi costituzionali su cui si fonda il Titolo V.
Un'esigenza che, nondimeno, si fa ad oggi ancor più pressante in considerazione del «massiccio effetto demolitorio» della pronuncia costituzionale del 2024, che avendo interessato «sia la delega legislativa per la determinazione dei LEP sulla base di “nuovi” criteri non specificati, sia i criteri vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, ossia quelli previsti dalla precedente legge n. 197 del 2022», ha in definitiva comportato l'impossibilità, «attualmente, di individuare i LEP di cui alla suddetta legge n. 86 del 2024», giacché «i “nuovi” criteri non ci sono e quelli vigenti non hanno più efficacia»(120). Anche per questi motivi, dunque, è senz'altro degna di interesse la circostanza che da più parti, nel corso delle audizioni, si sia segnalata la necessità di dedicare uno spazio autonomo allo sviluppo del dibattito intorno al processo di definizione e attuazione dei LEP, prescindendo, cioè, dalle questioni attinenti all'autonomia differenziata(121). Una conferma della perdurante vitalità del tema e della consapevolezza che le rappresentanze ne hanno, che peraltro si riflette – come di qui a breve si vedrà – anche nelle proposte formulate nel corso delle audizioni.
3. PROPOSTE
3.1 L'esigenza di ampliamento del dibattito
Giungendo, infine, alla disamina delle proposte elaborate dalle rappresentanze audite, è anzitutto opportuno dar conto di un aspetto più volte rimarcato e attinente – come già anticipato in conclusione del precedente paragrafo – alle possibili modalità di sviluppo del dibattito sui LEP. Più che una semplice nota metodologica, l'esigenza di un ampliamento del confronto pubblico sul tema rappresenta, nelle intenzioni dei soggetti che hanno preso parte all'indagine, il presupposto indefettibile per assicurare al processo di determinazione e attuazione Pag. 157dei LEP quel carattere di democraticità e condivisione che pur è implicito nel dettato costituzionale(122).
Si è già avuto modo di osservare, infatti, come la lettura dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, offerta nell'arco di più di un ventennio dalla giurisprudenza costituzionale, abbia nel tempo contribuito a delineare i contorni di una «competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie»(123) e, in quanto tale, posta al culmine di un sistema – quello delineato nel Titolo V – che presuppone, a un tempo, tanto l'uniformità delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali quanto la valorizzazione delle specificità territoriali e delle relative forme di autogoverno. È dunque primario compito del legislatore, e segnatamente del Parlamento, quello «di comporre la complessità del pluralismo istituzionale», ma è al contempo indispensabile tutelare la responsabilità politica e la partecipazione democratica dei cittadini: d'altro canto, la stessa attribuzione di funzioni di governo ai livelli territoriali più vicini alla popolazione, in quanto suscettibile di favorire il controllo e la partecipazione democratica di quest'ultima, si giustifica proprio in relazione a «una delle iniziali ispirazioni della scelta costituzionale a favore del regionalismo, e cioè quella di educare i cittadini all'autogoverno rafforzando, così, la democrazia»(124).
In questa prospettiva, meritano certo attenzione le istanze di quanti, pur non disconoscendo l'importanza delle valutazioni tecniche già svolte sul punto, hanno evidenziato che «la determinazione dei LEP avrebbe necessitato di un ampio dibattito pubblico, comune per comune, per far emergere quelli che sono i bisogni, le carenze, le aspettative legittime delle popolazioni»(125). Si è altresì osservato in tal senso, con specifico riferimento al ruolo dei corpi intermedi, come in assenza di una «pratica continua e costante di condivisione delle scelte, [...] anche attraverso le nuove pratiche della co-programmazione e della co-progettazione, [...] difficilmente le istituzioni territoriali, anche con maggiori risorse e funzioni legislative e amministrative, potranno effettivamente valorizzare le comunità e i cittadini dei propri territori»(126). Le medesime osservazioni si riscontrano, poi, anche a livello regionale, con particolare riferimento alle proposte rivolte all'istituzione di appositi tavoli permanenti che vedano le Regioni «protagoniste nella definizione dei Costi e dei Fabbisogni Standard anche mediante la condivisione di una metodologia unica»(127).Pag. 158
In definitiva, proprio in considerazione della portata degli effetti che possono scaturirne tanto per i cittadini quanto per le imprese(128), il percorso da intraprendere per la determinazione e l'attuazione dei LEP non può prescindere dall'instaurazione di un confronto aperto e plurale che coinvolga attori istituzionali, rappresentanze sociali e strutture tecniche incaricate di fornire il necessario supporto specialistico per la progettazione e attuazione delle riforme(129). La sintesi può essere svolta proprio dal Parlamento. È proprio in questa direzione, d'altra parte, che si sono concentrati gli sforzi della Commissione nel corso delle attività istruttorie, finalizzate, come già anticipato, proprio all'obiettivo di acquisire direttamente sul territorio elementi utili alla prosecuzione di un dibattito pubblico sui livelli essenziali delle prestazioni che fosse quanto più possibile aperto e partecipato.
3.2 La valorizzazione delle autonomie locali
Strettamente connesse alle istanze di ampliamento della platea di soggetti ed enti coinvolti nel dibattito sui LEP, le proposte finalizzate a valorizzare il ruolo delle autonomie territoriali, con particolare riguardo a quelle locali, costituiscono il riflesso dell'avvertita esigenza di una maggiore collaborazione e responsabilizzazione di tutti i livelli istituzionali nel processo di determinazione e attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni(130). A fronte dell'evidenziazione di una diffusa «debolezza» delle capacità progettuali e realizzative degli enti locali(131), a sua volta «spia di un problema più generale, quello di una “governance pubblica” fragile», risulta di primaria importanza («un impegno», si è detto, «che abbiamo nei confronti delle nuove generazioni») costruire «governance capace di attivare il confronto e la condivisione delle strategie e degli obiettivi»(132).
La stessa Corte costituzionale, nel ribadire a più riprese l'esigenza di una celere soluzione al «perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP», non ha mancato di rilevare come questi ultimi rappresentino, tra l'altro, «un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali»(133). Il che, come sottolineato dalla Corte dei conti con specifico riguardo al sistema di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, si traduce nell'esigenza «da parte dello Stato [di] una notevole capacità programmatoria unita alla flessibilità», soprattutto perché i «fabbisogni standard non sono immutabili nel tempo e dipendono da Pag. 159fattori relativi al numero di beneficiari e/o di prestazioni da garantire (ad esempio, l'evoluzione demografica, la variazione delle caratteristiche economiche delle famiglie in relazione a eventuali criteri selettivi basati sui mezzi, le scelte dei cittadini, ecc.), nonché dal costo dell'erogazione, anch'esso variabile nel tempo»(134).
È proprio in riferimento alla rilevata esigenza di «flessibilità» del sistema di finanziamento dei LEP, d'altra parte, che gli enti locali possono e devono svolgere un ruolo determinante: la relazione di prossimità che li lega alle popolazioni di riferimento, ai mutevoli bisogni e interessi che esse esprimono, costituisce infatti un valore aggiunto nel processo di determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, soprattutto con riferimento ai servizi erogati a livello locale.
Come a tal proposito si è avuto modo di rilevare, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in termini «troppo rigidi» costituirebbe un ostacolo al raggiungimento dei fini a cui essi stessi tendono, almeno nella misura in cui ciò possa «limitare la flessibilità degli enti locali nel disegnare i servizi adattandoli alle esigenze specifiche del territorio»(135). Nella stessa prospettiva si pongono peraltro le osservazioni di quanti, evidenziando i rischi del ritorno a un «“neocentralismo” regionale»(136), segnalano l'opportunità di intraprendere un percorso alternativo che si incentri sul maggior protagonismo degli enti locali e sul loro insostituibile ruolo di «antenne istituzionali»(137) e «rete di connessione»(138), anche nell'ottica della realizzazione di un «modello di “autonomia partecipata e solidale”» che veda impegnati tutti i livelli di governo nella determinazione delle condizioni di sviluppo del Paese(139).
3.3 L'implementazione dei sistemi di valutazione preventiva e monitoraggio
La medesima esigenza di compartecipazione di cui si è detto nel paragrafo precedente si riscontra, infine, in riferimento a un'altra serie di proposte concernenti l'adozione di sistemi di valutazione preventiva e monitoraggio relativi all'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Posto che l'attuazione e il finanziamento dei LEP implicano l'esigenza tanto di un'accurata programmazione quanto di una adeguata capacità di adattamento ai costanti mutamenti dei fabbisogni sottostanti(140), è chiaro che «per garantire la tutela dei diritti sociali e civili è necessario che la definizione e il finanziamento dei LEP siano accompagnati da procedure di monitoraggio e di correzione che ne Pag. 160assicurino l'effettiva erogazione»: difatti, pur costituendo un «prerequisito per la fornitura dei LEP», le «adeguate risorse finanziarie e dotazioni infrastrutturali [...] non garantiscono che questi siano erogati in condizioni di appropriatezza e di efficienza»(141). Questa stretta connessione fra LEP e fabbisogni finanziari impone, pertanto, un coordinamento altrettanto serrato e sinergico «fra scelte tecniche e decisioni politiche perché dall'interazione delle une con le altre dipendono gli equilibri di un bilancio che non è meramente contabile ma anche economico, territoriale, sociale»(142). In tale ottica, il parametro dei fabbisogni standard, quale fattore volto a promuovere e misurare l'efficienza delle amministrazioni, può svolgere un ruolo fondamentale.
Essenziale in questa prospettiva – si è detto – è la collaborazione delle parti sociali nella fase di monitoraggio e controllo, che agevolerebbe «l'ascolto del territorio e favorirebbe la comunicazione e l'interscambio, fungendo da utile collegamento con il corpo sociale»(143). Allo stesso modo, «altrettanto necessaria» si è ritenuta «l'estensione in tutti gli ambiti di riferimento di un sistema di monitoraggio, rendicontazione e verifica sull'erogazione delle prestazioni e sul rispetto degli standard organizzativi, quantitativi e qualitativi (LEP di processo), sulla base di modalità definite e di criteri ed indicatori efficaci, oggettivi e completi che impediscano gestioni artificiose o fuorvianti delle rilevazioni»(144). A tal fine si è peraltro segnalata, da ultimo, l'esigenza di «efficaci sistemi correttivi» che, in caso di esiti negativi derivanti dall'attività di attuazione dei LEP, possano assicurare «il coordinamento tra i livelli di governo che concorrono all'erogazione dei servizi» e l'individuazione delle rispettive responsabilità(145).
4. CONSIDERAZIONI FINALI
Nonostante la varietà delle opinioni espresse – fisiologica, se non addirittura auspicabile in un sistema democratico – all'esito dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali può dirsi acquisito almeno un dato su cui concorda la quasi totalità dei soggetti auditi: la determinazione e attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali rappresenta, a tutt'oggi, una delle tematiche più importanti con le quali l'opinione pubblica e il dibattito politico sono chiamati a misurarsi.
L'esigenza, da più parti avvertita, di un ampliamento del confronto democratico sull'argomento testimonia del valore che attori istituzionali e rappresentanze sociali attribuiscono alla questione, a prescindere dall'orientamento politico. È in tal senso che sembra doversi intendere l'auspicio di un rinnovamento del dibattito sui livelli essenziali delle Pag. 161prestazioni, a più riprese formulato nel corso delle audizioni: un rinnovamento che muova dalla consapevolezza che il processo di definizione e attuazione dei LEP non può compiersi se non nei termini di un percorso, che si auspica politicamente condiviso, quale precondizione essenziale per lo sviluppo di un più ampio disegno costituzionale – quello delineato all'interno del Titolo V – finalizzato a garantire l'effettività dei diritti civili e sociali in tutto il territorio nazionale. Proprio tale consapevolezza suggerirebbe inoltre, a parere di molti, l'opportunità di dedicare al suddetto dibattito uno spazio autonomo all'interno dell'agenda politica, che si mantenga, cioè, quanto più possibile indipendente dalle sorti di un'altra riforma, quella dell'autonomia differenziata. In quanto misura paradigmatica del bilanciamento tra uguaglianza dei diritti e valorizzazione delle specificità territoriali, infatti, i livelli essenziali delle prestazioni rappresentano il presupposto logico-giuridico di qualsiasi riforma volta a regolamentare le ulteriori forme di autonomia regionale previste dalla Costituzione (come peraltro desumibile dall'impianto della Legge 26 giugno 2024, n. 86) e dunque costituiscono il punto di partenza di qualsiasi riflessione in materia.
Nondimeno, l'indagine ha pure dato conto dell'esistenza di alcuni aspetti problematici che meritano di essere portati a conoscenza del decisore politico, a partire da quello, già noto, concernente il finanziamento dei LEP. A tal proposito, si è anzitutto paventato il rischio che un inadeguato o insufficiente sistema di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni possa condurre a una sostanziale cristallizzazione dello status quo, consolidando i divari territoriali già esistenti. Il tema, come pure rilevato dagli esperti, è certamente tra i più complessi, perché si colloca idealmente alla confluenza tra decisione politica e scelta tecnica, e perciò presuppone uno sforzo sinergico per coniugare obiettivi politici e valutazioni tecniche in vista del raggiungimento di un punto di equilibrio – peraltro tendenziale – in corrispondenza del quale si possa raggiungere il massimo soddisfacimento dei bisogni dei cittadini nel rispetto dei limiti finanziari e dei vincoli normativi. Si tratta tuttavia, come anticipato, di un equilibrio pur sempre tendenziale, perché destinato a modificarsi in ragione delle mutate esigenze dei territori e delle relative comunità, oltre che dello stato della finanza pubblica. Il che a sua volta implica, ovviamente, che il suddetto rapporto sinergico tra politica e tecnica non possa ritenersi esaurito nella (prima) fase di definizione e finanziamento dei LEP, ma debba piuttosto accompagnarne tutto il successivo iter di attuazione, adeguamento e monitoraggio. Un elemento rilevante, al fine di promuovere l'efficienza amministrativa, sarà svolto dalla correlata determinazione di costi e fabbisogni standard.
Merita ricordare che il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sen. Roberto Calderoli, nel rispondere a una interrogazione a risposta immediata alla Camera dei deputati (seduta del 5 febbraio 2025) ha sottolineato che sarà presentato a breve alle Camere un corposo disegno di legge di delega al Governo per la definizione dei LEP nelle materie di cui all'articolo 3, comma 3, della legge n. 86 del 2024. Lo schema, che è composto da più di 30 articoli, oltre a prevedere principi e criteri direttivi generali per l'individuazione, l'aggiornamento e il monitoraggio dei LEP, recherà anche indicazioni specifiche al Pag. 162Governo in funzione delle peculiarità dei singoli settori, proprio come richiesto dalla Corte costituzionale, e garantirà comunque un adeguato coinvolgimento del Parlamento nell'esercizio della delega. Il Ministro ha posto in evidenza che da quasi ventiquattro anni la Costituzione attende di essere attuata con riguardo ai LEP, che dovranno essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Con questo processo di attuazione sarà assicurato il superamento dei divari tanto nelle regioni differenziate, quanto nelle altre regioni.
Vi sono poi almeno altri due aspetti problematici, anch'essi diffusamente evidenziati nelle relazioni degli esperti e delle rappresentanze audite. Il primo riguarda la questione della perequazione infrastrutturale, unanimemente riconosciuta come una delle problematiche di maggior impatto sul processo di attuazione dei LEP: innanzitutto perché la carenza di infrastrutture materiali e immateriali pregiudica l'accessibilità dei servizi e delle prestazioni essenziali; in secondo luogo perché la mancata rimozione degli ostacoli alla libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi, oltre a porsi in contrasto con uno dei principi fondamentali dell'Unione europea, vanifica uno dei fini principali verso cui si orientano i principi enunciati all'interno del Titolo V della Costituzione, ossia la tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica e la valorizzazione delle specificità territoriali. Il secondo aspetto, per molti versi connesso al precedente, concerne invece la cosiddetta questione demografica: come già rilevato, lo spopolamento delle aree periferiche e l'invecchiamento della popolazione costituiscono altrettanti fattori in grado di influenzare in modo decisivo la determinazione e il finanziamento dei LEP. Ciò in quanto, per garantire un'erogazione uniforme dei servizi essenziali, è necessaria l'adozione di un sistema di riparto delle risorse basato su criteri sufficientemente elastici da consentire un adeguamento dell'offerta all'estrema variabilità della densità demografica e delle condizioni socio-economiche riscontrabili sul territorio nazionale.
Anche con riferimento alle due problematiche da ultimo richiamate, le proposte avanzate nel corso dell'indagine si caratterizzano per il medesimo approccio metodologico già evidenziato in precedenza: tanto le criticità sussistenti sul piano del gap infrastrutturale quanto quelle relative alla summenzionata questione demografica non possono trovare soluzione se non attraverso scelte condivise, che siano cioè formulate nel contesto di una cooperazione tecnico-politica che coinvolga trasversalmente tutti i diversi livelli di governance istituzionale implicati nell'adozione delle relative misure. Esemplificativo, in tal senso, il problema della carenza infrastrutturale con riferimento alla questione dei collegamenti interregionali: è chiaro, come da più parti evidenziato, che una soluzione adeguata al suddetto problema non possa prescindere da una stretta collaborazione istituzionale (almeno) tra le Regioni confinanti. Così come, per altro verso, sembra piuttosto evidente che l'adozione di misure idonee a garantire l'effettiva uniformità dei LEP su tutto il territorio nazionale non possa prescindere dal coinvolgimento diretto delle autonomie locali, le quali – proprio in virtù della relazione di prossimità con il territorio e della specifica conoscenza delle sue peculiarità demografiche, ambientali ed economiche – costituiscono gli interlocutori d'elezione nel processo di Pag. 163determinazione dei fabbisogni concreti delle comunità che esse rappresentano.
La convergenza sistematica delle opinioni espresse sul punto consente di ritenere acquisito anche un altro dato cruciale ai fini della ponderazione delle scelte politiche concernenti l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni: la realizzazione di una riforma di così ampia portata, capace di incidere direttamente e in modo decisivo sui diritti dei cittadini, non può che assumere a suo criterio metodologico fondamentale il principio di cooperazione. Un principio la cui matrice è già inscritta nel testo della Costituzione e che presuppone – senza dover costituire elemento di rallentamento – il più ampio confronto tra esperti, rappresentanze sociali e livelli istituzionali quale massima espressione del metodo democratico, la cui osservanza sarà tanto più imprescindibile quanto più ampi saranno gli effetti della determinazione e attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni sull'uniformità dei diritti, sull'unità giuridica ed economica della Repubblica e sulla coesione sociale del Paese.
Allegati
(1) Introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(2) Nella materia sanitaria, i livelli essenziali di assistenza (LEA) sono stati previsti già prima della riforma del Titolo V della Costituzione con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e sono stati individuati dal DPCM 29 novembre 2001, aggiornato, da ultimo, dal DPCM 12 gennaio 2017.
(3) Corte costituzionale, sentenza n. 282 del 2002.
(4) Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2010.
(5) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(6) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(7) Al riguardo, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 197 del 2022, in quanto prevede per la fissazione dei LEP una determinazione plurisettoriale di criteri direttivi, senza modulare tali criteri in relazione ai diversi settori (sentenza n. 192 del 2024).
(8) Ad esempio, le norme individuate dall'art. 29, commi 2-bis e 2-ter della legge n. 241 del 1990 – introdotti dall'art. 10 della legge n. 69 del 2009 – in materia di obblighi della pubblica amministrazione relativamente ad alcuni istituti e diritti dei soggetti interessati nell'ambito del procedimento amministrativo.
(9) È il caso dei LEP in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale, individuati con i decreti legislativi n. 59 del 2004, nn. 76 e 77 del 2005, n. 226 del 2005, e del reddito di inclusione (ReI), introdotto come LEP da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale dal decreto legislativo n. 147 del 2017, in attuazione della delega di cui alla legge n. 33 del 2017.
(10) È avvenuto per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in materia sanitaria, individuati dal DPCM 29 novembre 2001, aggiornato, da ultimo, con DPCM 12 gennaio 2017, e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) definiti dall'articolo 1, commi 159 e 160, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022), le cui modalità attuative per le persone anziane non autosufficienti e la cui definizione negli altri ambiti del sociale individuati dall'art. 22 della legge n. 328 del 2000 sono affidate dall'articolo 1, commi 167 e 169, della medesima legge rispettivamente a un DPCM e a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
(11) È il caso dei criteri di assegnazione delle case popolari, definite come LEP dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 121 del 2010.
(12) Corte costituzionale, sentenza n. 169 del 2017.
(13) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(14) Articolo 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
(15) L'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, delinea la procedura per la determinazione dei LEP secondo un'articolazione in più fasi tra loro successive. Sono previste, in particolare: l'indicazione, da parte della legge statale, delle modalità di determinazione dei LEP da garantirsi su tutto il territorio nazionale e la contestuale determinazione delle macroaree di intervento, ciascuna delle quali omogenea per tipologia di servizi offerti, indipendentemente dal livello di governo erogatore; la determinazione, per ciascuna macroarea di intervento, dei costi e dei fabbisogni standard, nonché delle metodologie di monitoraggio e valutazione dell'efficienza e appropriatezza dei servizi offerti; la proposizione da parte del Governo, nell'ambito del disegno di legge di bilancio o con apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, previo parere della Conferenza unificata, di norme volte a realizzare l'obiettivo della convergenza verso i LEP dei costi e fabbisogni standard dei livelli di governo, nonché degli obiettivi di servizio; la ricognizione con DPCM, d'intesa con la Conferenza unificata e previo parere delle Commissioni di Camera e Senato competenti per i profili di carattere finanziario, dei LEP nelle materie dell'assistenza, dell'istruzione e del trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale, nonché la ricognizione dei livelli adeguati del servizio di trasporto pubblico locale.
(16) Articolo 15, comma 3, d. lgs. n. 68 del 2011.
(17) Gli squilibri non nascono esclusivamente dall'assenza dei LEP, ma anche dalle rigidità amministrative che impediscono recuperi di efficienza.
(18) Sul LEP e compatibilità finanziarie di cui tenere conto cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024.
(19) Articolo 13, commi 3 e 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011.
(20) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(21) Corte costituzionale, sentenza n. 220 del 2021.
(22) Legge n. 197 del 2022, articolo 1, commi da 791 a 801-bis.
(23) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(24) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(25) Così ancora la sentenza n. 192 del 2024.
(26) Cfr. Audizione prof. Massimo Villone, con specifico riguardo alla struttura «a fisarmonica» del concetto di livello essenziale delle prestazioni, come tale suscettibile di almeno due letture: una prima, più ristretta, lo ricondurrebbe all'idea di una soglia minima o nucleo incomprimibile di diritti civili e sociali; la seconda, più ampia, attribuirebbe invece a tale concetto una portata maggiore, comprensiva del suddetto nucleo incomprimibile ma non limitata ad esso. Quale configurazione attribuire in concreto all'attuazione dei LEP, nella gamma di possibilità ricomprese tra queste due interpretazioni – ha rilevato il prof. Villone – sarebbe questione rimessa al decisore politico.
(27) Sul punto cfr. Audizione prof. Sabino Cassese, con specifico riferimento alla determinazione delle materie che richiedono effettivamente una determinazione in termini di livello essenziale delle prestazioni – con esclusione di quelle che non attengono immediatamente alla tutela dei diritti civili e sociali – e all'approccio «pluralista» adottato in seno al CLEP per la determinazione delle modalità, qualità e quantità dei livelli essenziali delle prestazioni in termini descrittivi (da operarsi all'esito della ricognizione precedente). A tal proposito, come affermato dal prof. Cassese, i lavori del Comitato hanno preso avvio sulla base di un presupposto rivelatosi successivamente erroneo, secondo cui si sarebbe dovuto partire da obiettivi e finalità già stabiliti dalla legge. Il che, tuttavia, non sembrerebbe trovare conforto nell'analisi normativa svolta dai vari sottogruppi del CLEP: difatti, molte delle norme di livello secondario, così come molti degli atti amministrativi rilevanti in materia, fanno riferimento a una serie di livelli essenziali (talora cosiddetti «di assistenza») non determinati in senso proprio a livello legislativo. Di qui l'esigenza di censire tutte le norme e gli atti amministrativi implicati nella determinazione di diritti civili e sociali. Attività, quest'ultima, che ha condotto, com'è noto, all'identificazione di 237 livelli essenziali delle prestazioni (tratti, per la maggior parte dei casi, da norme primarie e, per la restante parte, da atti regolamentari).
(28) Cfr. a tal proposito: Audizione prof. Guido Trombetti, con specifico riferimento ai LEP in materia di ricerca e alla questione del ripianamento delle aree di arretratezza rispetto alla diffusione della banda ultralarga (e, segnatamente, del completamento del piano per la dotazione di infrastrutture per la connettività nelle cosiddette «aree bianche», ossia i territori in cui la scarsa infrastrutturazione da parte delle compagnie di comunicazione è determinata da una bassa domanda e dunque da un basso interesse di mercato), nonché Audizione dott. Stefano Soliman, con riferimento alle due materie del commercio internazionale e dei rapporti internazionali e con l'Unione Europea delle Regioni.
(29) Cfr. Audizione prof. Giampaolo Arachi, che a tal proposito evidenzia come alle summenzionate strutture tecniche spetti «il compito di suggerire le metodologie di calcolo più adeguate sulla base delle caratteristiche delle prestazioni e delle informazioni disponibili e di fornire una quantificazione degli oneri finanziari in maniera chiara e trasparente», mentre agli organi politici «spetta, invece, tenendo conto di questi elementi, la scelta delle priorità e del livello dei fabbisogni sulla base delle risorse disponibili». Sui rapporti tra organismi tecnici e organi politici cfr. Audizione prof. Vincenzo Tondi della Mura.
(30) Ibid., il prof. Arachi rileva come il principale ostacolo all'attuazione dei LEP sia riconducibile, appunto, al piano finanziario, che tuttavia non si esaurisce in un mero problema di risorse economiche, ma comprende altresì necessariamente un'adeguata dotazione infrastrutturale e umana, in difetto della quale verrebbe sostanzialmente vanificato l'intento principale sotteso al concetto stesso di LEP, ossia quello di garantire un effettivo e uniforme godimento dei diritti sociali su tutto il territorio nazionale.
(31) Cfr. Audizione prof. Giampaolo Arachi.
(32) Cfr. Audizione prof. Guido Trombetti.
(33) Cfr. Audizione prof. Sabino Cassese.
(34) Cfr. Audizione dott. Roberto Torrini.
(35) Sul punto cfr., per esempio, quanto rilevato in Audizione prof. Massimo Villone con riferimento al disegno di legge S. 615 (successivamente sfociato nell'approvazione della legge 26 giugno 2024, n. 86): il rinvio ai commi da 791 a 801-bis dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 contenuto nel ddl in parola – rileva l'esperto – non sembra sufficiente a fornire principi e criteri direttivi adeguati allo scopo, soprattutto tenuto conto del numero e della complessità dei LEP che il Governo è chiamato a definire. Di qui il rischio che si profili, nella sostanza, una sorta di «delega in bianco», con la possibile, ulteriore conseguenza che l'insufficiente determinatezza dei criteri si traduca in un depauperamento del contraddittorio democratico. A ciò si aggiunge, poi, la questione dell'adeguamento dei LEP: un'eventualità tutt'altro che remota, stanti i mutamenti del ciclo economico e dei fabbisogni. Tale adeguamento, ove attuato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, comporterebbe una sorta di «delegificazione» indiretta poiché comporterebbe una modifica, per mezzo di una fonte di rango subordinato, di quanto stabilito all'interno di un atto avente forza di legge. In senso pressoché conforme, cfr. anche Audizione prof. Giampaolo Arachi.
(36) In argomento cfr. ancora Audizione prof. Massimo Villone, secondo cui anche qui non può che guardarsi con sfavore alla sostanziale esautorazione del Parlamento, posto che il coinvolgimento delle Commissioni paritetiche nelle attività di controllo e la previsione di una semplice comunicazione annuale alle Camere sull'esito delle procedure di monitoraggio, da parte del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, non consente l'esercizio di un controllo democratico diretto.
(37) V. §§ ss.
(38) Cfr., per esempio, Audizione prof. Guido Trombetti, con specifico riferimento all'esigenza di adeguati investimenti da parte dello Stato nelle strutture di ricerca e, segnatamente, per la realizzazione delle infrastrutture necessarie per l'accesso ai big data, ad oggi indispensabili per lo sviluppo delle ricerche nei più disparati campi scientifici.
(39) Cfr. in tal senso Audizione prof. Giampaolo Arachi.
(40) Audizione dott. Roberto Torrini.
(41) Cfr. https://www.parlamento.it/Parlamento/7247
(42) «La Commissione bicamerale per le questioni regionali ha deciso di svolgere un'indagine conoscitiva sulla determinazione e sull'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. L'obiettivo dell'indagine è la verifica dell'erogazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali a livello regionale e locale, al fine di valutarne la conformità ai livelli essenziali da garantire in modo uniforme in tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. La legge n. 86 del 2024, sull'autonomia differenziata, entrata in vigore lo scorso 13 luglio, subordina alla previa determinazione dei LEP l'attribuzione di forme di autonomia differenziata nelle materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale. Come chiarito anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, i LEP costituiscono il livello di spesa necessario per erogare le prestazioni sociali connesse a diritti fondamentali, nonché le garanzie di base indispensabili per rendere effettivi i predetti diritti. I LEP costituiscono un proficuo strumento di conciliazione tra le esigenze di autonomia finanziaria degli Enti territoriali e l'esigenza, altrettanto rilevante, di assicurare l'accesso a prestazioni uniformi sul territorio da parte dei cittadini. In mancanza di una puntuale determinazione dei LEP, il finanziamento di determinate prestazioni e servizi finora si è basato soprattutto sulla spesa storica, determinando disomogeneità e iniquità nelle diverse aree del Paese. Tale situazione di inadeguatezza può essere risolta solo adottando un parametro incentrato sui fabbisogni standard, più efficace, più equo e in grado di apportare benefici alle varie aree del Paese. In tale contesto di riferimento, la Commissione parlamentare per le questioni regionali è interessata ad acquisire dati e informazioni sulla situazione nella regione [...], al fine di comprendere i fabbisogni standard di tale area territoriale e l'eventuale discrasia tra questi ultimi e la spesa storica, che purtroppo in molte zone del Paese è risultata finora insufficiente e in ogni caso inferiore agli standard minimi. Chiedo a ciascuno di illustrare sinteticamente la propria posizione, invitandovi a trasmettere alla segreteria della Commissione, anche nei prossimi giorni, eventuali note scritte, che verranno pubblicate sul sito internet del Parlamento».
(43) Argomentazione, questa, già autorevolmente avallata da Corte costituzionale, sentenza n. 164 del 2012, secondo cui «va rimarcato che l'affidamento in via esclusiva alla competenza legislativa statale della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni è prevista in relazione ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Esso, dunque, si collega al fondamentale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. La suddetta determinazione è strumento indispensabile per realizzare quella garanzia». In dottrina, ex multis, già L. Cuocolo, La tutela della salute tra neoregionalismo e federalismo. Profili di diritto interno e comparato, Milano, 2005, 92, secondo cui «la lettera m) porta con sé, comunque la si voglia interpretare, una forte carica egalitaria, e si pone quale terminale necessario dell'art. 3 Cost., sia sotto il profilo formale, che sostanziale».
(44) Sicché, chiosa Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024, «si tratta, in definitiva, di decidere i livelli delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, con le risorse necessarie per garantire uno standard uniforme delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale». In dottrina cfr., ex multis, E. A. Ferioli, Sui livelli essenziali delle prestazioni: le fragilità di una clausola destinata a contemperare autonomia e eguaglianza, in Le Regioni, n. 2-3, 2006, 565, il quale attribuisce alla lett. m), dell'art. 117 Cost. il «compito di definire il punto di equilibrio tra le esigenze di uniformità e le ragioni del decentramento e dell'autonomia», in ciò rappresentando e «uno dei principali strumenti di armonizzazione del principio di autonomia con il principio di eguaglianza».
(45) In tal senso cfr. Memoria Presidente Regione Abruzzo.
(46) Cfr. Memoria Sindaco Città di L'Aquila. Nello stesso senso: Memoria CGIL Toscana, Memoria CGIL Lombardia, Memoria CGIL Emilia-Romagna, Memoria CGIL – UIL Basilicata, Memoria CISL Basilicata, Memoria Confindustria Trento, Memoria UGL Lazio, nonché Memoria UIL Lazio.
(47) Cfr. Memoria Confartigianato Imprese Puglia.
(48) Così Memoria UGL Calabria, laddove peraltro si evidenzia come «l'introduzione dell'autonomia differenziata con la definizione dei LEP regionali, potrebbe rappresentare infatti una riforma organica dell'Italia».
(49) In questi termini – con espliciti richiami alla pregressa giurisprudenza costituzionale in materia di LEA (spec. Corte costituzionale, sentenza n. 142 del 2021 e sentenza n. 62 del 2020) – Corte costituzionale, sentenza n. 220 del 2021, che peraltro lamenta come il ritardo nella definizione dei LEP rappresenti «un ostacolo non solo alla piena attuazione dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali, ma anche al pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali» (del medesimo avviso anche Memoria UGL Sicilia, secondo cui il mancato completamento del processo di definizione dei LEP rappresenterebbe una «criticità istituzionale»). Sul punto cfr. anche Osservazioni Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari e Città Metropolitana di Cagliari, secondo cui i LEP «rappresentano l'unica reale unità di misura dell'efficienza della Repubblica nell'attuazione concreta dei diritti civili e sociali scolpiti nella nostra Carta costituzionale».
(50) Cfr. Memoria Sindaco Città di Potenza.
(51) In tal senso Corte costituzionale, sentenza n. 282 del 2002. Sul punto, in dottrina, cfr. R. Balduzzi, I livelli essenziali in sanità, in G. Berti, G. C. De Martin (cur.), Le garanzie di effettività dei diritti nei sistemi policentrici, Milano, 2003, 247 ss.
(52) V. Cerulli Irelli, Pluralità costituzionale delle competenze e garanzie di unità dell'ordinamento (discussant), in G. Berti, G. C. De Martin (cur.), Le garanzie, cit., 53
(53) In dottrina si è parlato, a tal proposito, di una «riviviscenza» del concetto di interesse nazionale, evidenziando come «anche nel caso dei livelli essenziali avremo una riduzione della capacità ordinatoria della ripartizione per materie e un elemento di flessibilizzazione dei rapporti tra Stato e autonomie»: così, M. Luciani, I livelli essenziali delle prestazioni in materia sanitaria tra Stato e Regioni, in E. Catelani, G. Cerrina Feroni, M. C. Grisolia, Diritto alla salute tra uniformità e differenziazione. Modelli di organizzazione sanitaria a confronto, Torino, 2011, 23, con riferimento, peraltro, alla posizione di A. Anzon, I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale, Torino, 2002, 107 ss.
(54) Così M. Belletti, I «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali...» alla prova della giurisprudenza costituzionale. Alla ricerca del parametro plausibile..., in Istituzioni del federalismo, 2003, 638, il quale osserva come tali clausole presentino «contestualmente elementi di residualità, tali da precostituire una sorta di ultima difesa ai diritti costituzionalmente tutelati, ed accedono soprattutto in via residuale alle altre competenze statali che, con riguardo ad altri settori, sono volte a salvaguardare analoghe esigenze di tendenziale uniformità e rispetto del principio di eguaglianza sostanziale».
(55) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(56) Ibidem.
(57) Ibidem. In tal senso – evidenzia la Corte – «la determinazione dei LEP (e dei relativi costi standard) rappresenta il necessario contrappeso della differenziazione, una “rete di protezione” che salvaguarda condizioni di vita omogenee sul territorio nazionale.
(58) F. Pizzetti, La ricerca del giusto equilibrio tra uniformità e differenza: il problematico rapporto tra il progetto originario della Costituzione del 1948 e il progetto ispiratore della riforma costituzionale del 2001, in Le Regioni, n. 4, 2003, 623, il quale evidenzia come la «questione relativa all'interpretazione di quanto contenuto nell'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., si sposta allora sulla necessità di individuare un accettabile punto di equilibrio fra il ruolo di garanzia dell'eguaglianza in materia di prestazioni relative ai diritti civili e sociali, che indiscutibilmente la norma riconosce al legislatore statale, e la necessità di salvaguardare, anche in questi settori, un ragionevole grado di differenziazione fra le politiche perseguite e le decisioni assunte dai legislatori regionali e, in genere, dai decisori dei livelli di governo substatuali».
(59) Così Memoria Legacoop Puglia.
(60) Cfr. Memoria Presidente Regione Abruzzo, Memoria UGL Calabria, nonché, con specifico riferimento alle ulteriori forme di autonomia di cui all'art. 116 Cost., Memoria CISL Lazio, Memoria Confindustria Trento.
(61) Evidenziata, ex multis, da Memoria Presidente Regione Abruzzo.
(62) Così ancora Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024: «certamente qualsiasi sistema regionale ha in sé degli elementi di competizione tra le regioni, perché dà modo a ciascuna di esse, nell'ambito delle attribuzioni costituzionali, di seguire politiche differenti nella ricerca dei migliori risultati. Tuttavia, l'ineliminabile concorrenza e differenza tra regioni e territori, che può anche giovare a innalzare la qualità delle prestazioni pubbliche, non potrà spingersi fino a minare la solidarietà tra lo Stato e le regioni e tra regioni, l'unità giuridica ed economica della Repubblica (art. 120 Cost.), l'eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti (art. 3 Cost.), l'effettiva garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e quindi la coesione sociale e l'unità nazionale – che sono tratti caratterizzanti la forma di Stato –, il cui indebolimento può sfociare nella stessa crisi della democrazia».
(63) In tal senso, Memoria Confcommercio Bari – BAT segnala l'esigenza di «mantenere un equilibrio tra l'autonomia regionale e la necessità di un quadro normativo omogeneo che faciliti un ambiente di business coeso e prevedibile». Del medesimo avviso, Memoria Industriali Napoli, Memoria Unindustria Calabria, Memoria Confartigianato Imprese Calabria.
(64) Cfr. Memoria Sindaco Città di Potenza.
(65) Cfr. Memoria CGIL – UIL Basilicata, Memoria CGIL Veneto, Memoria CGIL Piemonte.
(66) Cfr. Memoria Confartigianato Imprese Basilicata, con specifico riferimento ai possibili effetti dell'adozione dei criteri per l'individuazione dei fabbisogni. Evidenzia l'esigenza «di un approccio integrato, o quantomeno coordinato, tra le diverse Regioni» – soprattutto con riferimento agli ambiti di interesse strategico nazionale: primo fra tutti quello infrastrutturale – Memoria Confindustria Umbria.
(67) Cfr. Memoria Sindaco Città di Potenza.
(68) Cfr. Memoria Confcooperative Puglia.
(69) Così, testualmente, European Commission, Commission Staff Working Document. 2024 Country Report – Italy. Accompanying the document Recommendation for a Council Recommendation on the economic, social, employment, structural and budgetary policies of Italy {COM(2024) 612 final} – {SWD(2024) 600 final}, 19 giugno 2024, 16-17: «as the LEPs ensure only minimum levels of services and do not concern all policy areas, there are still risks of increasing regional inequalities».
(70) Così, in termini pressoché sovrapponibili, Memoria CGIL Piemonte, Memoria CGIL Veneto, Memoria CGIL Lombardia.
(71) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024. A quest'ultimo proposito, in Osservazioni Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari e Città Metropolitana di Cagliari si segnala come, «parafrasando la Corte costituzionale, [...] il livello di attuazione dei LEP, insieme ai Livelli Essenziali di Assistenza, rappresenti l'unità di misura tramite cui valutare l'operato delle istituzioni».
(72) Corte costituzionale, sentenza n. 169 del 2017.
(73) Cfr. ISTAT, Rapporto annuale 2024. La situazione del Paese, Roma, 2024, 161.
(74) La quale, come rileva ISTAT, Rapporto annuale 2024, cit., 111, ha peraltro subito una forte accelerazione negli ultimi anni, tant'è che «anche dinamiche demografiche un tempo considerate lente e prevedibili, come quelle naturali (nascite e decessi), hanno subito accelerazioni per il sommarsi di effetti strutturali con quelli congiunturali. È il caso del crollo delle nascite, dovuto anche all'erosione della platea dei potenziali genitori a opera della denatalità dei decenni passati, o del drammatico incremento dei decessi a seguito della pandemia da COVID-19, che ha colpito pesantemente la nostra popolazione soprattutto nelle età più avanzate e fragili».
(75) ISTAT, Annuario Statistico Italiano 2024, Roma, 2024, 7.
(76) ISTAT, Rapporto annuale 2024, cit., 161.
(77) Così, Osservazioni Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari e Città Metropolitana di Cagliari, che a tal proposito segnala la carenza di personale qualificato e la progressiva saturazione delle strutture residenziali dedicate alla non autosufficienza. Spunti simili anche in Memoria CISL Liguria.
(78) Inverno demografico: Memoria Camera di Commercio del Molise.
(79) Cfr. Memoria Confindustria Umbria e Memoria Confindustria Friuli Venezia Giulia.
(80) Così, con specifico riferimento al comparto agricolo e zootecnico, Memoria UGL UR Sardegna.
(81) Inverno demografico: Memoria Camera di Commercio del Molise.
(82) Memoria USB Calabria.
(83) Sul punto, per rilievi sostanzialmente simili: Memoria Confindustria Trento, Memoria Associazione Artigiani Trentino, Memoria UL Friuli Venezia Giulia.
(84) Per una definizione, cfr. ISTAT, Rapporto annuale 2024, cit., 203.
(85) Cfr., ad esempio, la proposta formulata in Memoria UGL UR Sardegna, che suggerisce la predisposizione di «unità mobili sanitarie itineranti» per «garantire un presidio in particolare per le persone anziane che hanno difficoltà a spostarsi per visite e accertamenti diagnostici di base». In senso non dissimile anche le osservazioni riportate in Memoria UIL Friuli Venezia Giulia, laddove si evidenzia come, nonostante il numero di posti letto ospedalieri nella Regione sia superiore alla media nazionale, si riscontri uno squilibrio nella distribuzione delle risorse a vantaggio di un «ospedalocentrismo» che si traduce, parallelamente, «in una minore attenzione alla prevenzione, all'assistenza domiciliare e alla gestione delle malattie croniche, che richiederebbero un approccio integrato tra ospedale e territorio». Allo stesso modo si osserva in Memoria UGL Liguria come un «miglioramento dell'integrazione socio-sanitaria può essere realizzato attraverso la creazione di percorsi di assistenza coordinata tra ospedali, servizi sociali e operatori territoriali, oltre al potenziamento della domiciliarità per anziani e persone non autosufficienti».
(86) Così Inverno demografico: Memoria Camera di Commercio del Molise. In argomento anche Memoria Assessore Regionale Famiglia, Politiche Sociali e Lavoro della Regione Siciliana.
(87) Cfr. Memoria UIL Lazio.
(88) Lo rileva, tra gli altri, Memoria UIL Abruzzo, che in riferimento alle differenze sussistenti, in termini di densità abitativa, tra aree metropolitane e aree interne, evidenzia: «la definizione di LEP si basa su un servizio offerto in base al numero di abitanti. Ne deriva che le zone costiere e metropolitane sono quelle in cui l'erogazione del servizio è adeguata e appropriata mentre l'Abruzzo interno ne resta per lo più sprovvisto creando una sperequazione anticostituzionale».
(89) Così, con specifico riferimento all'area metropolitana di Roma, Memoria CGIL Lazio e Memoria UGL Lazio.
(90) Cfr. Memoria CISL Basilicata.
(91) Cfr., per tutti, Memoria CISL Basilicata, che in relazione alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni propone, appunto, l'elaborazione di tale «indice di marginalità» per mitigare gli effetti del criterio demografico, che tenga conto, tra gli altri, di fattori come la densità abitativa (in Basilicata, tra le più basse d'Italia), l'indice di invecchiamento della popolazione, l'indice di montuosità, il tasso di emigrazione, il reddito medio.
(92) Convertito con modificazioni dalla L. 4 luglio 2024, n. 95.
(93) Ai sensi dell'art. 11, co. 2, del D. L. 7 maggio 2024, n. 60, come convertito con modificazioni dalla L. 4 luglio 2024, n. 95, «il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno è destinato al finanziamento dell'attività di progettazione e di esecuzione di interventi da realizzare nei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e relativi a infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e idriche, nonché a strutture sanitarie, assistenziali, per la cura dell'infanzia e scolastiche, coerenti con le priorità indicate nel Piano strategico della ZES unica di cui all'articolo 11 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162. Gli interventi suscettibili di finanziamento possono consistere nella realizzazione di nuove strutture o nel recupero del patrimonio pubblico esistente, anche mediante la sua riqualificazione funzionale».
(94) In tal senso cfr. Memoria Presidente Regione Abruzzo, Memoria Camera di Commercio Gran Sasso d'Italia, Memoria CISL Abruzzo-Molise, Memoria Assessore Regionale Famiglia, Politiche Sociali e Lavoro della Regione Siciliana, Memoria Camera di Commercio Cagliari-Oristano, Memoria UIL Liguria.
(95) cfr. Memoria Presidente Regione Abruzzo.
(96) Così Memoria UIL Abruzzo.
(97) È ad esempio la proposta contenuta nella Memoria UGL – UR Sardegna, già avanzata alla Presidenza della Regione Sardegna, di «creare delle unità mobili sanitarie itineranti che potrebbero essere utilizzate in quei territori [...] dove spesso manca quel minimo presidio che fa riferimento al medico di base». Nella medesima direzione di muove la proposta riportata da Memoria Camera di Commercio Cagliari-Oristano, che evidenzia come «la digitalizzazione dei servizi sanitari» possa rappresentare «un elemento chiave per il miglioramento dell'accesso ai servizi, soprattutto nelle aree rurali e isolate. In Sardegna, questo comprende la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), che permette ai cittadini di accedere alla propria storia clinica online e semplifica il rapporto tra medici e pazienti, nonché l'introduzione della telemedicina per garantire assistenza sanitaria anche a distanza» (osservazioni simili anche in Memoria CISL Abruzzo-Molise).
(98) Cfr. Memoria Confindustria Trento. Come infatti rileva ISTAT, Annuario Statistico Italiano 2024, cit., 573, in Italia le cc.dd. microimprese rappresentano il 95,1% delle imprese attive.
(99) ISTAT, Rapporto annuale 2024, cit., 193.
(100) Cfr. Memoria CONFAPI Sardegna e Memoria Camera di Commercio Cagliari-Oristano.
(101) Cfr. Memoria UIL Marche e Memoria Confindustria Umbria.
(102) Cfr., ex multis, Libro bianco sulle priorità infrastrutturali delle Marche.
(103) Sul punto, Libro bianco sulle priorità infrastrutturali dell'Abruzzo evidenzia come «in quest'ottica, anche la banda ultralarga rappresenta una condizione essenziale per operare in un'economia moderna basata sulla connettività e per abilitare la semplificazione della Pubblica amministrazione, rendendo più utile ed efficace il suo contributo al Paese, e più fluido e snello il dialogo con le imprese». Sulla questione della digitalizzazione delle imprese cfr., tra gli altri, Memoria CONFAPI Sardegna.
(104) Secondo Memoria UIL Lazio, «il Livello Essenziale Trasporti (LET) potrebbe costituire la base per la nuova riorganizzazione dell'ex Fondo Nazionale Trasporti e la relativa ripartizione alle Regioni e alle province autonome, attraverso l'impiego di specifici indicatori che terrebbero conto delle caratteristiche demografiche ed economiche del territorio e della domanda di mobilità». Si ricorda che il concetto di «livelli essenziali di trasporto» ha costituito oggetto di specifica attenzione nel corso della seduta n. 293 del 15 maggio 2024, nel corso della quale la Camera dei deputati ha impegnato il Governo «ad adottare iniziative di competenza volte a introdurre, al fine del riparto del nuovo “Fondo tpl”, il concetto innovativo dei “livelli essenziali di trasporto”, quale sintesi delle disposizioni del decreto legislativo n. 36 del 2023 e del decreto legislativo n. 201 del 2022, [...] nonché un nuovo modello di ripartizione della spesa pubblica che consideri specifici indicatori in tema di territorio, demografia, economia, mobilità, offerta di trasporto e, in minima parte, spesa storica» (Camera dei deputati, Testi allegati all'ordine del giorno della seduta n. 293 di Mercoledì 15 maggio 2024. Mozioni concernenti iniziative in materia di trasporto pubblico locale, reperibile al link https://documenti.camera.it/leg19/odg/assemblea/xhtml/2024/05/15/20240515.html).
(105) In tal senso le osservazioni riportate in Aggiornamento del libro bianco sulle priorità infrastrutturali delle Marche, Memoria Camera di Commercio Cagliari-Oristano, Memoria Confindustria Umbria.
(106) Memoria CGIL Lombardia. Memoria UIL Lazio evidenzia, a tal proposito, come «le procedure di determinazione dei LEP introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 appaiono essenzialmente orientate alla sistematizzazione dell'esistente».
(107) Così Memoria CGIL Veneto, con riferimento a Corte costituzionale, sentenza n. 51 del 2016. Nello stesso senso Memoria CGIL Piemonte.
(108) Memoria CGIL – UIL Basilicata.
(109) Memoria USB Calabria.
(110) Memoria Unindustria Calabria rileva, a tal proposito, come desti particolare preoccupazione, tra l'altro, «l'effettivo funzionamento del meccanismo perequativo in quanto restano molte incertezze, soprattutto sulle effettive modalità di funzionamento del fondo di perequazione, incertezze legate, anche in questo caso, all'impatto di questi principi sulla finanza pubblica nazionale».
(111) Cfr. Audizione prof. Giampaolo Arachi, 5-6. Sul punto, con ampi riferimenti testuali, anche Memoria CISL Calabria, che peraltro segnala come «demandando il finanziamento alle sole compartecipazioni ai tributi o entrate erariali riferibili al territorio, si sottraggono risorse allo Stato, che potrebbero essere utilizzate anche per attuale l'ulteriore aspetto del federalismo fiscale, ovvero la creazione dei fondi perequativi per i territori con minore capacità fiscale per abitante». Preoccupazioni in merito alle problematiche relative al «peso» dei vincoli di bilancio sul sistema di finanziamento dei LEP sono rilevate anche in Corte dei conti, Deliberazione n. 9/SEZAUT/2024/AUD, Audizione della Corte dei conti. Tematiche relative allo stato di attuazione e alle prospettive del federalismo fiscale, 18.
(112) G. Amato, F. Bassanini, F. Gallo, A. Pajno, Lettera dimissioni dal CLEP di Amato Bassanini Gallo Pajno, in www.eticapa.it, 7 luglio 2023. Riferimenti anche in Memoria Sottosegretario alla Presidenza della Regione Emilia-Romagna. Sul punto cfr. anche le osservazioni, di portata più generale, svolte da Così Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024, che nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, co. 1, della legge n. 86 del 2024, evidenzia che «il vizio alla base dell'art. 3, comma 1, sta nella pretesa di dettare contemporaneamente criteri direttivi – per relationem – con riferimento a numerose e variegate materie. Poiché ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti, una determinazione plurisettoriale di criteri direttivi per la fissazione dei LEP, che non moduli tali criteri in relazione ai diversi settori, risulta inevitabilmente destinata alla genericità».
(113) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(114) Così Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024, secondo cui ciò risulterebbe «dall'art. 4, comma 1 (“Qualora dalla determinazione dei LEP di cui al primo periodo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si può procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese [...]”) e dall'art. 9, comma 3, secondo periodo (“Le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l'entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all'attuazione dei LEP di cui all'articolo 3”)».
(115) Ibidem.
(116) Ibidem.
(117) Cfr., a titolo esemplificativo, le osservazioni della Corte costituzionale, riportate nel paragrafo precedente, in merito alla distinzione tra LEP e regionalismo differenziato sul piano dei profili finanziari.
(118) Così G. Guzzetta, Potenzialità, rischi e aspettative dell'autonomia differenziata, in Nuove Autonomie, 2024, 326, che peraltro osserva: «insomma, la determinazione dei LEP, com'è tipico di queste tipologie di competenze, non ha la funzione di ripartire ambiti oggettivi (individuando settori materiali dell'ordinamento) ma, in questo caso, la finalità di stabilire il modo in cui si tutelano i diritti dei cittadini, e siccome devono essere diritti garantiti su tutto il territorio nazionale, questa operazione non può essere compiuta che dallo stato, il quale però nel momento in cui li stabilisce, determina anche quali siano i vincoli a se stesso, stabilisce, autovincolandosi, appunto, anche quali sono le prestazioni che esso stato deve assicurare. La responsabilità delle regioni, differenziate o meno che siano, è solo una conseguenza di una pretesa che il cittadino vanta verso qualsiasi potere pubblico titolare della competenza ad assicurare le prestazioni».
(119) Osserva incidentalmente Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2025: «va escluso che la legge n. 86 del 2024 sia costituzionalmente necessaria ai fini dell'attuazione dell'art. 116, terzo comma, Cost.». La stessa sentenza n. 192 del 2024 ha, invero, riconosciuto l'opportunità – e non la necessità – della suddetta legge, al fine di «guidare» e dare ordine al processo di attuazione del regionalismo differenziato (punto 7.2. del Considerato in diritto).
(120) Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2025.
(121) Così, per esempio, Memoria UIL Lazio, laddove si precisa come il raggiungimento dell'obbiettivo dell'erogazione di servizi uniformi per la popolazione a partire dalla definizione dei LEP possa – e anzi debba – prescindere «dal percorso di autonomia differenziata» (sul punto cfr. anche Osservazioni Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari e Città Metropolitana di Cagliari, Memoria Confartigianato Imprese Basilicata e Memoria Confcommercio Piemonte).
(122) In tal senso cfr. Audizione prof. Sabino Cassese a proposito dell'approccio pluralista adottato dal CLEP nella conduzione della sua attività istituzionale. Si tratta di un'opzione metodologica, quella del pluralismo, che conserva un indiscutibile valore anche nella prospettiva dell'ulteriore prosecuzione del percorso di attuazione dei LEP, giacché si tratta – come ha ricordato il prof. Cassese – di un passaggio essenziale che concerne il completamento del processo di unificazione del Paese e che compete, pertanto, a tutti i cittadini.
(123) Corte costituzionale, sentenza n. 282 del 2002.
(124) Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2024.
(125) Memoria USB Calabria. Nello stesso senso cfr. anche Memoria CISL Basilicata.
(126) Memoria Confcooperative Puglia.
(127) Osservazioni Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari e Città Metropolitana di Cagliari.
(128) Cfr., ex multis, le istanze avanzate da Memoria Unindustria Calabria, Memoria Confindustria Trento e Memoria UGL Liguria per un maggior coinvolgimento nel dibattito pubblico sui LEP. In tal senso osserva altresì Memoria Confesercenti Liguria come rappresenti «logico e generale auspicio che i cambiamenti che riguardano l'assetto costituzionale possano avvenire all'interno di un percorso quanto più condiviso possibile, con l'appoggio non solo di un'ampia maggioranza parlamentare, ma anche di un ampio consenso nel Paese. La stabilità nel tempo dell'indirizzo politico-legislativo e la conseguente certezza del diritto per tutti gli operatori del mercato, rimangono infatti condizione imprescindibile per lo sviluppo».
(129) A tal proposito, con specifico riferimento al ruolo degli organismi tecnici, cfr. Audizione prof. Vincenzo Tondi della Mura.
(130) Cfr. sul punto Memoria CISL Basilicata, Memoria UGL Calabria e Memoria Confesercenti Liguria.
(131) Cfr. Memoria Confcommercio Campania.
(132) Memoria CISL Abruzzo-Molise.
(133) Corte costituzionale, sentenza n. 220 del 2021.
(134) Corte dei conti, deliberazione n. 9/SEZAUT/2024/AUD, cit., 19. Sul punto, con specifico riguardo alla connessione tra LEP e fabbisogni e alla necessaria coordinazione che essa implica sia tra i rispettivi processi definitori che tra le strutture tecniche e gli organi politici, cfr. Audizione prof. Giampaolo Arachi.
(135) Memoria Confartigianato Imprese Basilicata.
(136) Memoria CISL Veneto.
(137) Memoria Confcooperative Puglia.
(138) Memoria Sindaco Città di Potenza.
(139) Cfr., per tutti, Memoria CISL Lazio.
(140) Cfr. supra le osservazioni di Corte dei conti, deliberazione n. 9/SEZAUT/2024/AUD, cit., passim.
(141) Audizione prof. Giampaolo Arachi, 6. Considerazioni del medesimo segno anche in Audizione prof. Guido Trombetti, con specifico riferimento alle infrastrutture nell'ambito della ricerca e della comunicazione.
(142) Memoria Confartigianato Imprese Basilicata. Nello stesso senso anche Memoria Confartigianato Liguria.
(143) Memoria UGL Calabria. Del medesimo avviso Memoria CONFAPI Sardegna.
(144) Così Memoria CGIL Piemonte. Nello stesso senso le indicazioni di Memoria CGIL Lombardia, Memoria CGIL Veneto e Memoria CGIL Toscana, nonché Memoria UIL Lazio. In argomento, cfr. altresì Audizione prof. Massimo Villone per alcuni rilievi critici in merito al sistema di monitoraggio e controllo previsto dalla normativa.
(145) Memoria Presidente Regione Abruzzo.