ALLEGATO 1
DL 45/2025: Disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026. C. 2420 Governo.
PARERE APPROVATO
La VI Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, il disegno di legge C. 2420 di conversione in legge del DL 45/2025 recante «Disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026»,
esprime
PARERE FAVOREVOLE.
ALLEGATO 2
5-03909 Matera: Iniziative volte a uniformare a livello nazionale le modalità di determinazione della rendita catastale per i terreni adibiti a cava.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame l'Onorevole interrogante evidenzia come l'attuale normativa sul catasto dei terreni, disciplinata dal regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, presenti elementi di incertezza nella determinazione della rendita catastale per i terreni adibiti a cava.
L'interrogante fa, infatti, presente come l'articolo 18 del menzionato regio decreto – escludendo dalla stima fondiaria sia le miniere destinate alla coltivazione di materiali strategici di prima categoria sia le cave dedicate alla lavorazione di minerali di seconda categoria – abbia determinato un'applicazione disomogenea delle regole catastali a livello nazionale, generando un elevato numero di contenziosi tra comuni e imprese del settore estrattivo.
Tenuto conto che l'assenza di una definizione giuridica univoca del concetto di «cava» ha determinato interpretazioni difformi che hanno creato differenze nell'applicazione dei regimi fiscali relativi alle cave nelle diverse regioni, l'interrogante chiede di sapere «quali iniziative, anche di carattere normativo, (si) intenda(no) adottare per garantire un'interpretazione univoca a livello nazionale delle modalità di determinazione della rendita catastale per i terreni destinati allo svolgimento di ricerca e coltivazione di sostanze minerali e delle energie».
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
Giova preliminarmente rammentare che l'articolo 18 del regio decreto dell'8 ottobre 1931, n. 1572 (Approvazione del testo unico delle leggi sul nuovo catasto), dispone che sono «escluse dalla stima fondiaria le miniere, le cave, le torbiere, le saline ed i laghi e stagni da pesca, con la superficie stabilmente occupata per la relativa industria e le tonnare». Inoltre, l'Istruzione XV (per la qualificazione, la classificazione e il classamento dei terreni e per la formazione delle tariffe d'estimo) fornita dal Ministero delle finanze, nel prevedere, tra le destinazioni ammissibili per le particelle di Catasto Terreni, le «cave», le «saline» e le «torbiere», prevede che le stesse non concorrono alla determinazione dei corrispondenti redditi dominicali e agrari, proprio in virtù della destinazione industriale di tali attività (articolo 17 della legge 1° marzo 1886, n. 3682 e successive modificazioni e integrazioni).
Nell'ambito del Catasto dei Fabbricati (in precedenza «Catasto Edilizio Urbano») formano oggetto di censimento tutte le unità immobiliari, come definite da ultimo dall'articolo 2 del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 (Regolamento recante norme in tema di costituzione del Catasto dei Fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale), secondo cui «L'unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale». Inoltre, l'articolo 6, comma 2, del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 (convertito con modificazioni con legge 11 agosto 1939, n. 1249), istitutivo del Catasto Edilizio Urbano, statuisce che «la dichiarazione va estesa alle aree e ai suoli che formano parte integrante di una o più unità immobiliari, o concorrono a determinarne l'uso e la rendita».
Il quadro normativo sopra delineato (e coerentemente la prassi in materia catastale)Pag. 152 prevede, dunque, l'obbligo di censimento al Catasto dei Fabbricati per gli immobili adibiti a cava e definisce le modalità di attribuzione del classamento e di determinazione della rendita catastale. Più in particolare, le aree adibite a cave estrattive, anche quando libere da manufatti, sono oggetto di censimento al Catasto Fabbricati, in quanto unità immobiliari dotate di autonomia funzionale e reddituale.
In tal senso, anche la Corte di cassazione – con le sentenze n. 1026 e n. 1404, rispettivamente del 14 e 18 gennaio 2022 – ha ribadito che le aree adibite a cave estrattive sono oggetto di censimento al Catasto Fabbricati. La Cassazione afferma, infatti, che la cava rappresenta certamente un'area dotata di una autonomia funzionale e reddituale e, pertanto, deve essere escluso che terreni urbanisticamente destinati a svolgimento di attività di carattere industriale, come quella estrattiva, possano considerarsi agricoli. Con riferimento al classamento, per le unità immobiliari in argomento è prevista l'attribuzione della categoria catastale D/1 – Opifici (nell'ambito della quale, in sede di predisposizione degli atti di aggiornamento catastale, sono state fornite indicazioni di dettagliare la specifica destinazione d'uso indicando il Cod. 0201 – Immobili per l'estrazione di minerali da cave e miniere).
La relativa rendita catastale, trattandosi di unità immobiliari a destinazione speciale, è determinata attraverso stima diretta, da effettuare in conformità alle indicazioni fornite con la Circolare n. 6/T del 30 novembre 2012 dell'ex Agenzia del Territorio.
ALLEGATO 3
5-03851 Comaroli: Chiarimenti in merito alle attività di gestione dei rifiuti assoggettabili ad aliquota IVA ridotta.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame l'Onorevole interrogante richiama in premessa l'articolo 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 il quale, sostituendo il punto 127-sexiesdecies) della Parte III della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, modifica l'elenco dei beni e servizi assoggettati ad aliquota IVA ridotta al 10 per cento in modo tale da escludere dallo stesso il conferimento in discarica e l'incenerimento senza recupero efficiente di energia di rifiuti urbani e di rifiuti speciali.
Il nuovo testo del citato punto 127-sexiesdecies), con l'inciso «esclusi il conferimento in discarica e l'incenerimento senza recupero efficiente di energia», a parere dell'interrogante, sembrerebbe escludere espressamente dall'aliquota agevolata solo le suddette due operazioni di smaltimento definitivo dei rifiuti, ritenendo applicabile alle altre prestazioni di servizi l'aliquota IVA del 10 per cento.
Tanto premesso, l'interrogante chiede di sapere quali iniziative si intendano adottare «al fine di chiarire come vada interpretato l'inciso “esclusi il conferimento in discarica e l'incenerimento senza recupero efficiente di energia” ai fini della corretta applicazione dell'aliquota Iva alle prestazioni di gestione dei rifiuti» e «se, per le altre prestazioni di gestione dei rifiuti che non rientrano nell'ambito del conferimento in discarica e dell'incenerimento senza recupero efficiente di energia, rimangono validi i documenti emanati dall'Agenzia delle entrate».
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria e il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, si fa presente che il numero 127-sexiesdecies) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come risultante dalle modifiche recentemente apportate dall'articolo 1, comma 49, della legge di bilancio 2025, stabilisce che sono soggette ad IVA, con aliquota del 10 per cento, le «prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, esclusi il conferimento in discarica e l'incenerimento senza recupero efficiente di energia, come definite dall'articolo 183, comma 1, lettere n), aa), bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di rifiuti urbani e di rifiuti speciali di cui all'articolo 184, commi 2 e 3, lettera g), del medesimo decreto legislativo, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione».
Nella relazione illustrativa si chiarisce che l'innalzamento dell'aliquota IVA, dal 10 per cento al 22 per cento, per le attività di smaltimento in discarica e di incenerimento senza efficiente recupero di energia dei rifiuti, risponde alla finalità di eliminare un «sussidio ambientale dannoso», in coerenza con il disposto delle direttive unionali in terna di economia circolare, a mente delle quali lo smaltimento in discarica dovrebbe costituire una opzione residuale.
Ciò posto, in merito ai quesiti interpretativi formulati dall'interrogante, è necessario, in via preliminare, stabilire quali sono le attività che rientrano nella definizione di «conferimento in discarica e incenerimento senza recupero efficiente di energia».
Al riguardo, occorre tenere conto che per la nozione di «conferimento» in discarica non esiste una disposizione legislativa che ne fornisca la definizione espressa.
L'attività di conferimento in discarica non è, infatti, definita specificamente dal codice dell'ambiente. In particolare, l'articolo 183 del predetto codice, alla lettera n) Pag. 154si limita a definire la «gestione» dei rifiuti come «la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici o vulcanici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati».
È necessario, poi, stabilire a quali tra le attività ricomprese in quella di gestione dei rifiuti, così come definita dal codice dell'ambiente, debba ritenersi riconducibile l'attività di conferimento in discarica, definizione che non costituisce una nozione di carattere fiscale in quanto implica l'interpretazione di una disposizione non avente natura tributaria.
Sul punto, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, al fine di chiarire l'ambito di applicazione della disposizione relativamente all'esclusione dell'applicazione dell'IVA agevolata per il conferimento in discarica dei rifiuti, rappresenta che la locuzione «conferimento» ricorre sia nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia nel decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, per indicare l'azione di «consegna» dei rifiuti che avviene tra i soggetti a vario titolo impegnati nel ciclo di gestione dei rifiuti. In tal senso, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica precisa che l'esclusione dell'IVA agevolata interessa solo l'operazione di consegna dei rifiuti a un impianto di discarica e non anche la fase antecedente del trasporto che, non essendo espressamente prevista come esclusione dalla nonna in esame, deve considerarsi rientrare nelle «prestazioni di gestione» con IVA agevolata. Sul punto, infatti, si osserva che l'operazione di trasporto rientra nella definizione di «gestione dei rifiuti» di cui all'articolo 183, comma 1, lettera n) del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
ALLEGATO 4
5-03917 Guerra: Semplificazione della procedura di certificazione, ai fini della dichiarazione dei redditi, per i residenti in Italia che percepiscono una pensione dalla previdenza tedesca.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, con riferimento alla Convenzione italo-tedesca per evitare le doppie imposizioni, fanno riferimento alla tassazione dei redditi da pensione di fonte tedesca, e in particolare alla determinazione dell'ammontare imponibile in Italia di tali redditi.
Tenuto conto che il suddetto importo imponibile viene certificato dall'Ufficio imposte tedesco – Finanzamt Neubrandenburg RiA – su richiesta del contribuente e che, secondo alcune dichiarazioni dei soggetti interessati, la citata procedura di certificazione da parte dell'Ufficio tedesco sarebbe temporaneamente sospesa a causa dell'elevato numero di richieste provenienti dall'Italia, gli Interroganti chiedono di sapere se si «sia a conoscenza delle difficoltà riscontrate dai soggetti residenti in Italia che percepiscono una pensione tedesca e quali iniziative (si) intenda(no) intraprendere per semplificare la procedura necessaria alla compilazione della dichiarazione dei redditi».
Al riguardo, sentiti competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 19, paragrafo 4, della Convenzione tra Italia e Germania per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge del 24 novembre 1992, n. 459, prevede che «Le pensioni ed ogni altro assegno, periodico o non, pagati in base alla legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato contraente da parte di detto Stato, di un Land o da una loro suddivisione politica o amministrativa o ente locale o persona giuridica di diritto pubblico, sono imponibili soltanto in detto Stato se il beneficiario ha la nazionalità di tale Stato senza possedere quella dell'altro Stato contraente».
La richiamata disposizione, ponendosi come eccezione alla regola generale della tassazione esclusiva nello Stato di residenza del contribuente delle pensioni da lavoro dipendente nel settore privato, stabilisce l'assoggettamento delle pensioni, pagate in base alla legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato contraente ed erogate da un ente pubblico, a imposizione esclusiva nello Stato della fonte, nel caso in cui il beneficiario abbia unicamente la nazionalità di tale Stato senza possedere la cittadinanza dello Stato di residenza.
Pertanto, nell'ipotesi di una pensione di sicurezza sociale erogata da un ente pubblico tedesco a un cittadino tedesco, privo di cittadinanza italiana, residente in Italia, tale emolumento deve essere assoggettato a imposizione esclusiva in Germania.
Diversamente, nell'ipotesi in cui gli emolumenti di sicurezza sociale di fonte tedesca siano corrisposti a cittadini italiani, residenti in Italia, ma precedentemente residenti in Germania, il paragrafo 14, lettera e), del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione prevede che: «e) Per quanto concerne le pensioni ed ogni altro assegno, periodico o non, pagati in base alla legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato contraente a persone che sono residenti dell'altro Stato contraente e che ne possiedono la nazionalità, a) se il beneficiario era residente della Repubblica federale di Germania, l'imposta italiana è prelevata soltanto sull'ammontare che sarebbe imponibile secondo la legislazione tedesca; b) la base imponibile dell'imposta tedesca calcolata secondo la legislazione di tale paese non può eccedere Pag. 156l'ammontare che sarebbe assoggettato all'imposta italiana».
Tanto premesso, si fa presente che è stata già segnalata l'interruzione dei certificati attestanti l'imponibile tedesco da parte della Finanzamt Neubrandenburg, e che sono state avviate interlocuzioni tra l'Amministrazione Finanziaria tedesca e quella italiana al fine di addivenire a una soluzione condivisa.
ALLEGATO 5
5-02188 Toni Ricciardi: Ripristino delle detrazioni fiscali in favore dei contribuenti residenti in Italia con nucleo familiare a carico residente all'estero.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti rilevano come l'assegno unico e universale (Auu), che ha sostituito, dal 1° marzo 2022, l'assegno al nucleo familiare e le detrazioni per figli a carico di età inferiore a 21 anni, sia vincolato alla residenza in Italia e penalizzi quindi i contribuenti italiani residenti all'estero, nonché coloro che, pur residenti in Italia, hanno a proprio carico familiari residenti all'estero. Sostengono che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha, altresì, dichiarato che una persona ha diritto alle prestazioni familiari, ai sensi della legislazione dello Stato membro competente, anche per i familiari che risiedono in un altro Stato membro.
Gli Interroganti ricordano, inoltre, che l'Unione europea ha aperto due procedure di infrazione contro l'Italia in terna di reddito di cittadinanza e di assegno unico universale (INFR 2022/4024 e INFR 2022/4113), censurando per discriminazione i requisiti di residenza richiesti dalle norme istitutive dei due benefici.
Alla luce di quanto sopra, gli Onorevoli chiedono, «stante il mancato accesso ai benefici derivanti dall'assegno unico universale, nelle more di un'azione del Governo volta a conformare l'ordinamento italiano alle direttive UE e sanare le procedure di infrazione in corso, se non si ritenga di colmare questa ingiusta discriminazione descritta in premessa adottando le iniziative di competenza volte almeno a ripristinare le detrazioni familiari per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni a favore dei contribuenti residenti in Italia ma con nucleo familiare a carico residente all'estero».
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria e il Ministero del lavoro, si rappresenta quanto segue.
Il decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, che ha istituito l'assegno unico e universale, è stato emanato in attuazione della legge delega 1° aprile 2021, n. 46, la quale, all'articolo 2, comma 1, lettera h), ha previsto, come principio e criterio direttivo specifico, il graduale superamento o soppressione di diverse misure agevolative, tra cui la detrazione fiscale per figli a carico ex articolo 12, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
In proposito, per effetto delle modifiche apportate dall'articolo 10, comma 4, del citato decreto legislativo n. 230 del 2021, a decorrere dal 1° marzo 2022 la detrazione fiscale per figli a carico di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), del TUIR, non si applica più in favore dei contribuenti che abbiano figli di età inferiore a 21 anni, vale a dire di quei soggetti che possono beneficiare dell'assegno unico e universale. In linea di massima l'assegno unico e universale spetta, pertanto, in sostituzione delle detrazioni fiscali per figli a carico; soltanto per i figli disabili di età pari o superiore a 21 anni le detrazioni fiscali per figli a carico sono cumulabili con l'assegno unico e universale eventualmente percepito (circolare dell'Agenzia delle entrate n. 4/E del 18 febbraio 2022).
In merito al beneficio in argomento, il Ministero del lavoro ha precisato che, in quanto misura a carattere universalistico, l'Assegno unico può essere riconosciuto anche in assenza di ISEE, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sulla base delle dichiarazioni rese dal richiedente. Tuttavia,Pag. 158 ai fini dell'individuazione dei figli beneficiari, rileva comunque la composizione del nucleo familiare determinata secondo i criteri ISEE. L'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, dispone, infatti, che si considerano a carico esclusivamente i figli facenti parte del nucleo familiare indicato nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) in corso di validità, redatta secondo le regole di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
In base alla normativa vigente, i cittadini, italiani o stranieri, residenti all'estero non possono essere inclusi nel nucleo familiare ai fini ISEE, in quanto l'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente in Italia costituisce requisito essenziale. Fa eccezione il coniuge italiano residente all'estero e iscritto all'AIRE, che può essere attratto nel nucleo del coniuge residente in Italia.
Ne consegue che i figli residenti all'estero, non essendo inclusi nel nucleo ISEE, non possono essere considerati a carico ai fini dell'Assegno unico.
Con riguardo a tale assetto, come ricordato anche dagli Onorevoli interroganti, risulta aperto un contenzioso a livello unionale.
La Commissione ha infatti ritenuto che il regime giuridico in argomento non fosse compatibile con il diritto unionale in quanto darebbe luogo a una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili della UE e, di recente, ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
La soluzione della divisata questione esplica, dunque, un rilievo pregiudiziale rispetto alla richiesta di ripristino delle detrazioni fiscali, la cui predicabilità andrebbe comunque sviluppata nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.