CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 maggio 2025
500.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 22 maggio 2025. — Presidenza del presidente della I Commissione, Nazario PAGANO, indi del presidente della II Commissione, Ciro MASCHIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni, indi il sottosegretario di Stato per la giustizia Andrea Ostellari.

  La seduta comincia alle 9.40.

DL 48/2025: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
C. 2355 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 maggio 2025.

  Nazario PAGANO, presidente, dando seguito alla richiesta avanzata per le vie brevi, in assenza di obiezioni, dispone l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Dopo aver dato conto delle sostituzioni pervenute, ricorda che nella seduta del 21 maggio scorso la Commissione ha interrotto i suoi lavori con la votazione degli identici emendamenti Boschi 14.1, Ascari 14.2, Zaratti 14.3 e Mauri 14.4. Avverte che si riprende l'esame dagli identici emendamenti Zaratti 14.5 e Ascari 14.6 sui quali i relatori e il rappresentante del Governo hanno formulato parere contrario.

  Stefania ASCARI (M5S) intervenendo sull'emendamento a sua prima 14.2, riprende le considerazioni già svolte nella seduta di ieri e ritorna sul gravissimo e pericolosissimo precedente introdotto dall'articolo 14. Ritiene infatti che la sanzione penale della condotta di blocco stradale a mezzo del proprio corpo costituisca il modo per delegittimare ed addirittura eliminare ogni forma di protesta pacifica ed incisiva e per scoraggiare la mobilitazione sociale. Si tratta, a suo avviso, di un messaggio Pag. 4violento e brutale finalizzato ad indurre la paura in chi manifesta, trasformando un illecito amministrativo in una sanzione penale, con una misura sproporzionata, aberrante ed abominevole che potrebbe punire per esempio anche lavoratori e lavoratrici sfruttati che dovessero temporaneamente e pacificamente bloccare una strada nel corso di manifestazioni tese a tutelare la propria dignità e a contestare forme di caporalato industriale.
  Nel sottolineare che usare il carcere come deterrente sociale equivale ad alimentare un clima di intolleranza, fa presente che la maggioranza ricorre ad un diritto penale di stampo ideologico che colpisce non la pericolosità del gesto ma la carica politica del dissenso, con una repressione di natura selettiva rivolta a lavoratori, disoccupati, giovani e studenti, vale a dire alle categorie che hanno meno potere e meno strumenti per far sentire la propria voce.
  Nel ventilare il rischio che la norma venga applicata in maniera arbitraria, soprattutto nei confronti dei soggetti più esposti alla marginalizzazione e alla protesta sociale, precisa che già il nostro ordinamento prevede strumenti atti a garantire la sicurezza e che dunque non c'è alcuna necessità reale, giuridica ed etica per rintrodurre un simile nuovo reato, volto non a tutelare maggiormente i cittadini ma ad intimidirli. Nel ribadire più volte che il dissenso è non un crimine ma un diritto, considera la misura in esame l'esempio di una deriva autoritaria incompatibile con la Costituzione e con i principi dello Stato di diritto, che deve essere contrastata in Parlamento e nella società.

  Devis DORI (AVS) considera l'articolo 14 una delle tante bandierine politiche contenute nel decreto-legge in esame e censura in particolare la lettera a) del comma 1 che trasforma il blocco stradale da illecito amministrativo a reato. Nel far presente che sussiste anche una questione legata alla dosimetria delle sanzioni nell'ambito del sistema, ritiene che il vero obiettivo della maggioranza sia quello di colpire non l'atto ma la sua motivazione, a cominciare dalle proteste dei giovani contro i cambiamenti climatici, che mettono in crisi la posizione negazionista e l'assenza di iniziative in materia da parte della maggioranza. Aggiungendo che la sanzione penale è quindi uno spauracchio per far desistere a priori le manifestazioni, riconosce che il blocco stradale crea disagi agli altri cittadini, analogamente a quanto avviene per lo sciopero dei mezzi pubblici senza tuttavia che per questo si consideri lo sciopero un crimine. In conclusione, considera la norma in esame, analogamente a quella recata dall'articolo 13 in cui il questore si sostituisce all'autorità giudiziaria, la dimostrazione del tipo di Paese che la maggioranza desidera.

  Nazario PAGANO, presidente, dà conto delle ulteriori sostituzioni pervenute.

  Matteo MAURI (PD-IDP) ritiene che si sia giunti all'esame della parte più delicata del provvedimento, che ha a che fare con la qualità della nostra democrazia e con l'equilibrio tra chi gestisce il potere e chi manifesta il dissenso. A suo avviso il contenuto dell'articolo 14 – che ha l'evidente obiettivo di impedire le manifestazioni di protesta nelle piazze e nelle strade – è la dimostrazione che il Ministro Piantedosi non dice il vero quando dichiara in conferenza stampa che le norme del decreto-legge non sono liberticide.
  Nel far presente che il blocco stradale è sempre stato nel nostro ordinamento un illecito amministrativo e mai un reato, ritiene che la maggioranza stia mettendo in campo tutte le iniziative utili ad impedire voci forti e riconoscibili di dissenso e a diffondere un'idea di istituzione che comprime le forme di espressione di chi non la pensa nel medesimo modo. Richiama a tale proposito la manifestazione svoltasi ieri a Taranto presso lo stabilimento ILVA, facendo notare che quei lavoratori, che hanno occupato temporaneamente e parzialmente una strada per rivendicare i propri diritti, sarebbero passibili di due anni di reclusione. Non se la sente neanche più di fare appello ai colleghi esponenti delle forze liberali, facendo presente che stare in maggioranza significa anche dire «no» invece di assoggettarsi di volta in volta e a seconda Pag. 5degli argomenti ai desideri degli altri partiti che la compongono. Preannuncia in conclusione la volontà del suo gruppo di contrastare in tutte le sedi e in tutte le occasioni la repressione del diritto di manifestare il proprio dissenso.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE), nel far presente che anche il suo gruppo ha presentato un emendamento soppressivo dell'intero articolo 14, rivolgendosi in particolare al Sottosegretario Molteni, precisa che tale misura non ha alcunché a che fare con il tema della sicurezza.
  Aggiunge che a suo modo di vedere il bilanciamento tra l'esercizio del diritto di manifestare e la limitazione delle libertà altrui è stato adeguatamente raggiunto con l'introduzione dell'illecito amministrativo e considera molto grave pertanto che si sia ritenuto di trasformare il blocco stradale in un reato penale. Rileva oltretutto l'estrema difficoltà di tipizzare tutte le possibili situazioni, evidenziando che potrebbe trattarsi tanto di una manifestazione di black bloc quanto di disabili o di associazioni che manifestano contro la droga oppure che ci si potrebbe trovare di fronte al caso di mille persone che a passo lento attraversano un incrocio sulle strisce pedonali. Nel dirsi convinto che l'articolo 14 subirà una censura per incostituzionalità, provenendo dalla scuola radicale ritiene che occorra assumersi la responsabilità di mettere in campo atti di disobbedienza civile, facendosi arrestare deliberatamente per dimostrare l'assurdità della norma.
  Considera indispensabile che prima di introdurre norme penali si valuti attentamente sia la tenuta dei diritti costituzionali sia la reale praticabilità della misura, ricordando che con l'inevitabile cambiamento delle maggioranze ci si potrebbe trovare «ghigliottinati da sé stessi».

  Enrico CAPPELLETTI (M5S), intervenendo a titolo personale, cita le parole della Presidente del Consiglio in occasione del suo discorso di insediamento alla Camere: «Confesso che difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per coloro che scenderanno in piazza per contestare le politiche del nostro Governo, perché inevitabilmente tornerà nella mia mente una storia che è stata anche la mia. Io ho partecipato a tantissime manifestazioni, ho organizzato tantissime manifestazioni nella mia vita, e penso che ciò mi abbia insegnato molto più di quanto non mi abbiano insegnato molte altre cose. Quindi, voglio parlare a questi ragazzi che inevitabilmente scenderanno in piazza anche contro di noi. Ricordo una frase di Steve Jobs, che diceva: “Siate affamati, siate folli”. Vorrei aggiungere anche: “Siate liberi”, perché è nel libero arbitrio la grandezza dell'essere umano». Ritiene, in conclusione, che la Presidente del Consiglio avrebbe dovuto concludere questo passaggio del suo intervento con l'invito ai ragazzi ad essere anche coraggiosi, dal momento che adesso, con le norme volute dal suo Governo, rischiano il carcere per manifestare le proprie idee.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, dichiara di condividere l'opinione espressa ieri dal collega Fornaro in ordine al fatto che questa è fra le norme più sbagliate del decreto-legge e fa presente che l'articolo 14 non ha nulla a che fare con la sicurezza essendo al contrario funzionale alla narrazione panpenalistica della maggioranza in materia di ordine pubblico. Considera inaccettabile che si puniscano persone incensurate, dunque non delinquenti, per il solo fatto di aver bloccato una strada pacificamente e con il proprio corpo.

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, aggiunge ai rilievi di incostituzionalità e alle impraticabilità della norma penale evidenziati dai colleghi, una riflessione sull'impatto educativo nei confronti dei giovani, considerato che sono loro e le loro proteste contro il cambiamento climatico il principale bersaglio dell'articolo 14. Si rammarica che per la prima volta in Parlamento venga introdotta una norma per dissuadere con il rischio del carcere i ragazzi, compresi, in ipotesi, anche i figli dei colleghi di maggioranza, dal fare la cosa più bella, vale a dire quella di usare il proprio corpo pacificamente per manifestare le proprie idee.

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  Carla GIULIANO (M5S) interviene sull'ordine dei lavori per richiamare il contenuto della relazione tecnica allegata al provvedimento, in cui a proposito dell'articolo 14 si dice che le relative previsioni si applicano anche ai casi di blocco su strada sterrata. Nel chiederne conto al Sottosegretario Molteni, si augura che si tratti di una svista ritenendo ancor più folle in caso contrario una misura già abominevole. Chiede quindi che almeno si provveda alla correzione della relazione tecnica.

  Nazario PAGANO, presidente, precisa che la relazione tecnica non è oggetto di votazione.

  Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Zaratti 14.5 e Ascari 14.6

  Federico FORNARO (PD-IDP) chiede la verifica del voto sugli identici emendamenti Zaratti 14.5 e Ascari 14.6.

  Nazario PAGANO, presidente, invita i deputati Segretari ad avvicinarsi al banco della Presidenza e dispone la controprova per appello nominale.

  (votazione per appello nominale)

  Nazario PAGANO, presidente, dà conto dell'esito del voto, confermando la reiezione degli identici emendamenti Zaratti 14.5 e Ascari 14.6 con 15 voti favorevoli e 23 voti contrari.
  Avverte quindi che gli emendamenti da Bonafè 14.18 a Gianassi 14.107 si differenziano esclusivamente per variazioni a scalare di cifre. Pertanto, ai sensi dell'articolo 85, comma 5, del Regolamento, comunica che sarà posto in votazione il primo, emendamento Bonafè 14.18, successivamente l'emendamento Gianassi 14.62, che reca la cifra intermedia, e quindi l'ultimo, emendamento Gianassi 14.107. Fa presente che dalla loro reiezione discende l'assorbimento dei restanti emendamenti.

  Michela DI BIASE (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento Bonafè 14.18, volto a modificare la natura della sanzione prevista per l'illecito di blocco stradale di cui all'articolo 14 del provvedimento in esame. Sottolinea infatti che la sanzione penale è del tutto sproporzionata rispetto alla condotta punita e reputa più corretta la semplice sanzione amministrativa, attualmente prevista.
  A suo avviso, gli articoli 14 e 15 del decreto in discussione contengono le disposizioni più critiche, violando la libertà di manifestazione del proprio pensiero e il supremo interesse del minore.
  Rammenta inoltre come l'illecito penale di blocco stradale venne introdotto nel 1948 e che nel corso dei successivi decenni diversi governi decisero di concedere l'amnistia per tale reato se commesso, anche con finalità politiche, a causa ed in occasione di agitazioni e manifestazioni studentesche o sindacali. Rileva, tuttavia, come all'epoca uno degli elementi costitutivi del reato fosse la deposizione o l'abbandono di congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ferrata ed ordinaria e come, pertanto, non fosse sufficiente ostruire la strada con il proprio corpo.
  Osserva quindi che attualmente chi si dovesse fermare su una strada sterrata, come denunciato in precedenza dalla collega Giuliano, potrebbe rischiare di essere recluso in carcere.
  Raccomanda pertanto l'approvazione dell'emendamento in esame.

  Valentina D'ORSO (M5S), associandosi al collega Cappelletti, cita le seguenti frasi pronunciate dalla Presidente del Consiglio Meloni nel corso delle dichiarazioni programmatiche del Governo: «Io penso di conoscere abbastanza bene l'universo dell'impegno giovanile, una palestra di vita meravigliosa, indipendentemente dalle idee politiche che si sceglie di difendere e promuovere». Osserva come tali affermazioni non fossero affatto sincere, essendo state smentite dalla prova dei fatti, mettendo in luce l'atteggiamento gravemente ipocrita di chi, una volta assaporato il potere, ha ben deciso di cambiare le proprie priorità, preferendo avere giovani disimpegnati che non esprimano le proprie idee, specialmente se contrastanti con le politiche del Governo.Pag. 7
  A suo avviso, il recente invito del Presidente del Senato La Russa rivolto agli elettori esortandoli ad astenersi dal voto in occasione dei referendum che si terranno nel prossimo mese di giugno sarebbe un ulteriore dimostrazione dell'inversione di rotta di questa maggioranza rispetto a quanto affermato dalla Presidente Meloni nell'ottobre del 2022.
  Sottolinea che tutti i provvedimenti promossi dal Governo e dalla maggioranza sono in qualche modo finalizzati a conservare le proprie posizioni di potere, che ricoprono tuttavia solo temporaneamente, essendo l'Italia uno Stato democratico.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP) interviene a titolo personale ricordando la genesi dell'illecito di blocco stradale. A riguardo, sottolinea come nemmeno il Ministro Scelba, a cui si deve la paternità di tale fattispecie, si fosse spinto a prevedere una sanzione penale anche per chi ostruiva la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata solo con il proprio corpo.

  Matteo MAURI (PD-IDP) interviene a titolo personale per spiegare il motivo per il quale il proprio gruppo ha presentato quasi cento emendamenti volti a modificare la natura della sanzione di questo illecito da penale ad amministrativa. Osserva infatti che il gruppo del Partito Democratico ritiene tale disposizione particolarmente grave, dato che, ad esempio, il reato ivi previsto si applicherebbe finanche agli studenti che manifestano pacificamente per le strade delle nostre città.

  Devis DORI (AVS) evidenzia che tutti i gruppi di opposizione ritengono comunque necessario che vi sia una sanzione amministrativa che punisca la condotta di chi blocca la libera circolazione sulle strade, ma che tale sanzione debba essere equilibrata e coerente a livello sistematico. Afferma quindi che l'emendamento in esame consentirebbe di ripristinare l'illecito amministrativo precedentemente previsto, ritenuto maggiormente corretto sotto il profilo della dosimetria della sanzione.
  Sottolinea come il Governo, al contrario, intenda accanirsi proprio contro specifiche categorie di manifestanti, come ad esempio i giovani che manifestano per portare all'attenzione dell'opinione pubblica la questione del cambiamento climatico in atto, punendo così l'intenzione piuttosto che la condotta in sé.
  Rammenta come, circa un anno fa, nel corso dell'esame in sede referente dell'originario disegno di legge in materia di sicurezza, i membri del gruppo di Forza Italia si fossero astenuti in occasione delle votazioni sugli emendamenti in merito a specifiche tematiche, poiché erano in disaccordo con gli altri gruppi della maggioranza: evidenzia come invece nel corso dell'esame del decreto-legge in discussione, sulle medesime tematiche il gruppo di Forza Italia sia perfettamente allineato alle posizioni politiche del resto della maggioranza, anche con riguardo a disposizioni liberticide come quella in esame.

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, cita gli articoli 17 e 21 della Costituzione, sottolineandone la chiarezza che non lascia spazio a interpretazioni eccessivamente ampie delle deroghe ai diritti di libertà previsti dalle relative sintetiche disposizioni.
  Reputa, invece, che l'articolo 14 del decreto in esame abbia la finalità di colpire una specifica categoria di soggetti e che tuttavia si presta ad un'interpretazione troppo estensiva. Ritiene pertanto che verrà dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale.

  Carla GIULIANO (M5S), intervenendo a titolo personale, si chiede se ai soggetti che bloccano la libera circolazione di una strada pubblica tramite delle transenne per far assaltare i portavalori o gli erogatori automatici di denaro verrà contestato il reato commesso in concorso con quello di blocco stradale ovvero se verranno puniti più severamente gli studenti che bloccano la libera circolazione della strada per manifestare a favore della pace.

  Stefania ASCARI (M5S), intervenendo a titolo personale, evidenzia che con la disposizionePag. 8 prevista dal provvedimento sarà possibile arrestare in flagranza di reato i soggetti che bloccheranno la libera circolazione stradale e ferroviaria protestando pacificamente. Sottolinea inoltre che le persone con un permesso di soggiorno potrebbero essere espulse dall'Italia semplicemente per aver manifestato in modo non violento.

  Carmela AURIEMMA (M5S), intervenendo a titolo personale, osserva che una democrazia è tale perché al suo interno è possibile manifestare liberamente il proprio pensiero, pur nell'ambito di un confronto dialettico anche conflittuale conseguente alla pluralità di pensiero.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Bonafè 14.18.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP), intervenendo sull'articolo Bonafè 14.62, rammenta come in occasione delle Cinque giornate di Milano, nel marzo del 1848, i giovani rivoluzionari bloccarono la cavalleria austriaca tramite l'utilizzo delle barricate. Ricorda come fu la prima volta che le barricate vennero usate sul territorio italiano, utilizzando tra l'altro anche alcuni pezzi della scenografia del teatro alla Scala, oltre ad alcune baionette di scena.
  Osserva quindi come l'articolo 14 del decreto in esame calpesti l'epica del risorgimento italiano, ai cui valori e ideali invitiamo i nostri giovani ad ispirarsi.

  Stefania ASCARI (M5S), intervenendo sull'emendamento Gianassi 14.62 ne chiede l'accantonamento. Ritiene, infatti, che l'articolo 14 del provvedimento, prevedendo la trasformazione di un illecito amministrativo in illecito penale, sia il segnale di una deriva pericolosa e di un chiaro allontanamento dai principi fondativi dello Stato di diritto.
  Non si tratta di una semplice modifica normativa, ma di una scelta che ha una profonda rilevanza democratica, in quanto muta i rapporti tra Stato e cittadini. Ritiene, infatti, che la trasformazione del blocco stradale in reato determini il mutare della percezione da parte della collettività delle manifestazioni di protesta, rompendo quel patto costituzionale suggellato dagli articoli 17 e 21 della Costituzione italiana.
  In conclusione, afferma che le disposizioni dell'articolo in discussione sono portatrici di un messaggio che non esita a definire aberrante: lo Stato non ascolta, ma reprime. E, a conferma di quanto affermato, sottolinea che infatti le forze di maggioranza non hanno tenuto in debito conto né gli elementi emersi nel corso del ciclo di audizioni, né gli orientamenti manifestati dalla cittadinanza, sostituendo il dialogo con l'utilizzo del diritto penale dell'emergenza.

  Nazario PAGANO, presidente, prende atto della contrarietà dei relatori all'accantonamento dell'emendamento Gianassi 14.62.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE), intervenendo sull'ordine dei lavori, mostra apprezzamento per l'intervento del collega Cuperlo, e sulla scorta delle considerazioni storiche in esso svolte, chiede una sospensione dei lavori affinché il rappresentante del Governo possa rivalutare l'accantonamento del suo emendamento 14.62. Ironicamente, auspica che il sottosegretario Molteni usi il tempo disponibile per acquisire dalla sua insegnante di storia gli utili elementi di riflessione.

  Marco LACARRA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale sull'emendamento Gianassi 14.62, di cui è cofirmatario, invita il sottosegretario ad accogliere quantomeno una richiesta di tipizzazione della fattispecie che l'articolo 14 trasforma in illecito penale. Ritiene, infatti, che la tipizzazione richiesta eviterebbe di dar luogo ad interpretazioni della norma eccessivamente ampie, che mal si adattano alla natura penale che ad essa si conferisce. A titolo di esempio, cita i cortei funebri che – celebrandosi in piccoli comuni – potrebbero dar luogo ad una situazione di blocco stradale, integrando dunque una fattispecie di reato.

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  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, cita un passaggio del Barone rampante di Italo Calvino che, valorizzando l'importanza della dimensione associativa, mette in luce l'erroneità di una aggravante, come quella introdotta dalla lettera b), comma 1, dell'articolo 14, volta a colpire proprio l'ipotesi in cui la manifestazione di dissenso avvenga in forma aggregata.

  Enrico CAPPELLETTI (M5S), intervenendo a titolo personale, evidenzia come l'Italia, con l'approvazione del provvedimento in esame, si ponga in rotta di collisione con la tutela dei diritti umani affermata in ambito internazionale. Sottolinea che l'emendamento in esame è diretto a smentire il messaggio, di cui invece è portatore l'articolo 14, secondo cui le manifestazioni del dissenso in Italia sono legittimate in ipotesi estremamente limitate.

  Silvia ROGGIANI (PD-IDP), intervenendo a titolo personale e ricollegandosi agli interventi dei colleghi sull'emendamento Gianassi 14.62, teme che in futuro, nel caso di approvazione dell'articolo 14 nella sua formulazione originaria, il trattamento dei manifestanti potrà differenziarsi in base all'appartenenza politica degli stessi. Cita, a tal proposito, la manifestazione che si è svolta il 29 aprile scorso per Ramelli, domandandosi quale sarà il trattamento ad essa riservata il prossimo 29 aprile a coloro che partecipano all'iniziativa e coloro che invece vanno in quel luogo per affermare i valori dell'antifascismo.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Gianassi 14.62.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento Gianassi 14.107, di cui è cofirmatario, sottolinea che esso è l'ultimo della annunciata serie di emendamenti tesi a riaffermare la natura amministrativa delle sanzioni previste in caso di blocco stradale. Si rivolge, quindi, ai colleghi della maggioranza sottolineando che una gestione errata del dissenso rappresenta un punto di non ritorno. Nel caso in esame, in particolare, effetti fortemente distorsivi derivano da una assimilazione, nei fatti, delle condotte violente e di quelle non violente in caso di manifestazione del dissenso. Infatti, la pena della reclusione pari a 2 anni, con la presente formulazione, può essere inflitta sia nel caso in cui la propria opinione è manifestata con atti di violenza, sia nelle ipotesi in cui la condotta è non violenta, ma commessa da più persone riunite.
  Mostra, poi, sorpresa per il sostegno dato al provvedimento anche da parte di Forza Italia, che svela in tal modo il proprio carattere di partito illiberale. Si domanda quindi se possa affermarsi il carattere garantista di tali norme e se, per esempio, i colleghi di maggioranza si sentirebbero tutelati da tale quadro normativo anche nel caso in cui fossero proprio i loro figli a partecipare ad una manifestazione.

  Enrico COSTA (FI-PPE), interrompendo il collega Fornaro, rivendica la bontà della disciplina in esame e della impossibilità che essa troverà applicazione per suo figlio.

  Federico FORNARO (PD-IDP) osserva che il collega Costa non abbia consapevolezza della norma che si sta approvando e delle sue conseguenze. Infatti, afferma che diverse sono le conseguenze che una sanzione penale porta con sé, risultando le stesse particolarmente gravose per un ragazzo che potrebbe, ad esempio, vedersi preclusa la strada dei concorsi pubblici. Ribadisce, quindi, che non si tratta di un provvedimento in materia di sicurezza pubblica, bensì un provvedimento repressivo.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo a titolo personale sul suo emendamento 14.107 contesta a Forza Italia di sostenere – a suo parere in modo contraddittorio – da un lato la trasformazione del reato di abuso d'ufficio in illecito amministrativo, dall'altro l'introduzione di una sanzione penale, anziché amministrativa, per un fatto non violento realizzato tramite l'uso esclusivo del proprio corpo. Evidenzia, inoltre, che Forza Italia mostra incoerenzaPag. 10 anche per la sua posizione favorevole sul successivo articolo 15, in materia di esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti di donne incinte e madri di prole, considerato che in precedenza aveva espresso, sulla stessa materia, una opinione di segno diverso.

  Marco LACARRA (PD-IDP), ricollegandosi agli interventi dei colleghi sull'emendamento Gianassi 14.107, di cui è cofirmatario, fa particolare riferimento al caso dei lavoratori dell'ex Ilva, che in futuro, in occasione di una legittima manifestazione del proprio dissenso, rischieranno di essere arrestati e processati sulla base delle norme oggi in discussione.

  Devis DORI (AVS), intervenendo sull'emendamento Gianassi 14.107, in accordo con quanto sostenuto dai colleghi che lo hanno preceduto, sottolinea che il tema in discussione oggi non è l'opportunità di sanzionare il comportamento di chi attua col proprio corpo un blocco stradale, bensì la natura amministrativa o penale di tale sanzione. Ritiene che l'Italia, con l'introduzione della norma in commento che dà rilievo penale a tale condotta, fa un salto indietro nel tempo adottando un atteggiamento illiberale. Crede che la possibilità di manifestare il dissenso debba essere considerata un diritto assoluto, al pari del diritto alla vita; pertanto, l'introduzione di una fattispecie di reato volta a comprimere diverse forme di manifestazione, a suo avviso, potrà certamente avere conseguenze sul piano internazionale.

  Michela DI BIASE (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, sull'emendamento Gianassi 14.107, di cui è cofirmataria, si rifà alla reazione del collega Costa che pur senza un formale intervento ha sottinteso che sia necessaria una sorta di permesso del genitore che consenta ai figli di partecipare ad una manifestazione, mostrandosi dispiaciuta per la sua visione e in totale disaccordo: ritiene, infatti, che i figli non debbano essere intesi come un nostro prolungamento, ma come soggetti dotati di capacità decisionale autonoma. Crede, in ogni caso, che la scelta normativa, di inasprimento delle sanzioni, contenuta nell'articolo 14, ricadrà sulle generazioni future, che saranno limitate nella libera manifestazione della loro opinione, dal momento che con sanzioni così sproporzionate si comprime l'ambito entro cui è possibile manifestare il dissenso.

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, sull'emendamento Gianassi 14.107, di cui è cofirmataria e proseguendo la riflessione della collega Di Biase sull'intervento del collega Costa, esprime stupore per le parole che questi ha speso con particolare riferimento al figlio. A suo avviso, le Commissioni hanno oggi il compito di difendere il diritto di chiunque di manifestare liberamente il proprio dissenso, evitando sanzioni sproporzionate.

  Tommaso Antonino CALDERONE (FI-PPE) interviene per fare chiarezza su alcuni punti e sulla posizione tenuta dal gruppo Forza Italia.
  Ritiene, anzitutto, che nel caso di specie non sussista il rischio, richiamato più volte, di un arresto in flagranza, in quanto esso richiede – quale suo presupposto – l'applicabilità di una pena significativa, superiore a 2 anni, non prevista per il reato in esame. Evidenzia, inoltre, che con pene sino a 2 anni risulta poi applicabile l'istituto della sospensione condizionale della pena. Evidenzia che tale istituto costituisca un beneficio rilevante e che esso è applicabile a tutti i soggetti non recidivi. Sottolinea che con pene fino a 4 anni è, inoltre, previsto il ricorso a misure alternative alla detenzione.
  Afferma, quindi, che il reato in esame non comporta né la flagranza, né il carcere, a meno che non sia stato commesso da un soggetto recidivo, per il quale si può giustificare in ragione della pericolosità del soggetto.
  Sottolinea poi che le manifestazioni – ove autorizzate dalla pubblica autorità e svolte in conformità al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – non subiscono alcun tipo di limitazione.
  Conclusivamente, dichiara – come anticipato dal collega Costa – il favore del Pag. 11proprio gruppo su questa norma, non dovendosi confondere i due concetti, ben distinti sul piano ontologico, di garantismo e sicurezza, che non trovano alcun pregiudizio nel contrastare manifestazioni non autorizzate.

  Valentina D'ORSO (M5S) ringrazia il collega Calderone per aver attivato un dibattito che consente di fare chiarezza sui temi in discussione. Evidenzia, anzitutto, che l'istituto della sospensione condizionale della pena non opera che una sola volta, pertanto chi è già incorso in un reato come quello, ad esempio, di lesioni stradali, caratterizzato da imprevedibilità, nel caso in cui integri con la propria condotta la fattispecie di blocco stradale, non potrà nuovamente beneficiare della sospensione condizionale della pena, ma sarà costretto al carcere. Per le medesime ragioni, non può essere rassicurante neanche la prospettiva della sospensione condizionale della pena.
  Aggiunge, poi, che la differenza posta dal collega Calderone tra manifestazioni autorizzate e non autorizzate è molto sottile: vi sono infatti manifestazioni che nascono autorizzate, il cui percorso – spesso conosciuto solo dagli organizzatori e non anche da tutti i partecipanti – poi devia anche in luoghi non autorizzati. È dell'avviso che questo basterebbe per integrare la fattispecie di reato in esame.
  Invita, infine, ad una più approfondita riflessione sugli impatti rilevanti legati all'applicazione di una sanzione penale.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo a titolo personale, fa presente all'onorevole Calderone che, sebbene la pena per il reato di blocco stradale, introdotto dal decreto-legge in esame, non sia tale da implicare la possibilità di arresto in flagranza di reato, la trasformazione dell'illecito amministrativo in illecito penale comporterebbe, in ogni caso, la necessaria sottoposizione dell'accusato ad un procedimento penale. Evidenzia, infatti, come il «prezzo» di tale procedimento non sia da rinvenirsi unicamente nella quantificazione economica delle spese che l'imputato si troverebbe a sostenere per la propria difesa, ma anche, e soprattutto, nei «costi» psicologici e fisici che la sottoposizione a un procedimento penale implica. Ritiene, dunque, che il fine ultimo perseguito dal Governo, mediante l'introduzione di tale fattispecie di reato, sia quello di limitare e comprimere la libertà di manifestazione.

  Carla GIULIANO (M5S), intervenendo a titolo personale, invita i colleghi del gruppo di Forza Italia a interrogarsi circa le radici della loro postura garantista. Osserva, infatti, come sostenere l'introduzione della fattispecie di reato di cui si discute si porrebbe in contrasto con il dichiarato «garantismo» della loro forza politica. Ritiene, peraltro, che motivare la ragionevolezza della trasformazione da illecito amministrativo a reato, mediante l'osservazione che la pena prevista consenta il ricorso all'istituto della sospensione della pena, non sarebbe coerente con le valutazioni politiche operate, in passato, dallo stesso gruppo di Forza Italia. Invita, dunque, i colleghi del gruppo di Forza Italia a valutare la reintroduzione del reato di abuso d'ufficio, per l'abolizione del quale si sono convintamente impegnati, prevedendo una pena che consenta il ricorso alla sospensione della stessa.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE), ricordando che il diritto di manifestazione è costituzionalmente garantito, evidenzia come tale diritto sia esercitato non in base ad un'autorizzazione da parte della pubblica autorità, bensì in forza di una semplice comunicazione a quest'ultima. Ritiene, dunque, che la scelta di prevedere sanzioni penali a carico di chi violi la normativa che ne regola l'esercizio, contrasta con l'impostazione data dai padri costituenti a tale diritto di libertà. Osserva, peraltro, come un effetto di deterrenza, equivalente o, anche, maggiore, si sarebbe potuto ottenere anche mediante il semplice innalzamento delle sanzioni amministrative in essere. Sottolinea, da ultimo, in risposta alle considerazioni del collega Calderone, come un soggetto con precedenti penali, che nulla hanno a che vedere con delitti commessi Pag. 12nell'ambito di manifestazioni, si troverebbero, al commettere il reato di blocco stradale, nell'impossibilità di godere i benefici previsti dall'ordinamento penale e, anzi, a dover subire le ripercussioni conseguenti alla recidività.

  Filiberto ZARATTI (AVS) chiede di parlare a titolo personale.

  Ciro MASCHIO, presidente, avverte di non potergli dare la parola in quanto gli interventi a titolo personale sono ammessi, per prassi, solo per un numero di deputati inferiore alla metà degli appartenenti al gruppo e dunque non consentiti per i componenti dei gruppi composti da soli due commissari.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo per richiamo al Regolamento, contesta la prassi richiamata dal presidente, ritenendola irragionevole ove applicata per gruppi, come quello di AVS in sede di Commissioni riunite, ove i componenti di un gruppo siano solo due. Chiede, dunque, alle Presidenze di rivedere i propri orientamenti interpretativi sul punto.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo per richiamo al Regolamento, chiede che, nel caso di specie, tenuto conto delle peculiari circostanze in essere, sia concesso, ai componenti del gruppo AVS presenti nelle Commissioni riunite, di svolgere interventi a titolo personale.

  Ciro MASCHIO, presidente, ribadisce la correttezza della prassi richiamata, confermata anche da una lettera della Presidente Boldrini, del 9 agosto 2013. Fa presente come, in ogni caso, le Presidenze terranno conto, in via eccezionale e senza che ciò costituisca precedente, di eventuali richieste di intervento a titolo personale pervenenti da un componente del gruppo AVS, ritenendo sempre opportuna una adeguata flessibilità nella conduzione dei lavori.

  Enrico COSTA (FI-PPE), intervenendo a titolo personale, evidenzia la profonda differenza concettuale esistente tra «garantismo» e «lassismo». Sottolinea infatti come, in ottica garantista, risulti fondamentale non apportare modifiche continue e confuse al codice penale, al fine di non privarlo dell'autorevolezza e stabilità che lo connotano come caratteristiche precipue. Tuttavia, osserva come sia allo stesso modo necessario che il codice penale sia aggiornato all'evoluzione del disvalore sociale che si dà ad alcune condotte.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Gianassi 14.107.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo sugli identici emendamenti Ascari 14.113 e Zaratti 14.114, presenta, in primo luogo, le proprie scuse al collega Costa per l'involontaria personalizzazione della discussione precedentemente occorsa. Evidenzia come la normativa introdotta dal decreto-legge avrebbe l'effetto di impedire di fatto condotte che irragionevolmente vengono qualificate come penalmente rilevanti. Ricordando alcuni recenti avvenimenti, quali le ripetute proteste dei lavoratori della Whirlpool, sottolinea come, nella maggior parte dei casi, le manifestazioni rappresentano l'ultima ed estrema istanza cui alcune categorie di cittadini fanno ricorso per porre all'attenzione, anche mediatica, situazioni di difficoltà o crisi. Si interroga, dunque, su quale sarebbe stata la sorte dei lavoratori della Whirlpool qualora le norme di cui si discute fossero state già in vigore all'epoca degli accadimenti. Chiarisce, pertanto, come la ratio delle proposte emendative in esame sia quella di tornare indietro, e dunque alla sanzione amministrativa, rispetto alla scelta operata dal Governo che starebbe portando il Paese nelle condizioni di una democrazia illiberale.

  Filiberto ZARATTI (AVS), evidenziando come la libertà di manifestare sia riconosciuta e tutelata dalla Carta costituzionale, ricorda come non si necessiti di autorizzazione per l'esercizio di tale diritto, bensì unicamente di comunicazione, in modo tale da permettere alle autorità preposte di vagliare eventuali rischi per l'ordine pubblico.Pag. 13 Osserva come il pericolo derivante dall'introduzione di reati della specie di quella di cui si discute, sia da rinvenirsi nella compromissione dell'esercizio di diritti e libertà costituzionalmente garantite. In ultima istanza, ritiene che la il Governo, criminalizzando le proteste e le manifestazioni, stia virando verso la direzione della trasformazione della forma di stato in senso illiberale.

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, fa presente come le finalità perseguite dal Governo mediante l'introduzione del reato di blocco stradale avrebbero potuto essere allo stesso modo raggiunte semplicemente mediante l'incremento delle sanzioni pecuniarie già previste, come proposto dagli emendamenti delle opposizioni. Ritiene, infatti, che i giovani, maggiormente protagonisti nelle manifestazioni, data la condizione in cui versa il sistema occupazionale italiano, avrebbero avuto da temere da una elevata sanzione pecuniaria tanto quanto da una pena detentiva.

  Marco LACARRA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, evidenzia come l'introduzione di una fattispecie di reato, quale quella di blocco stradale, sia sintomatico di un atteggiamento repressivo del Governo rispetto alla libera manifestazione del dissenso. Reputa, dunque, che non ci si dovrebbe stupire se, in un prossimo futuro, il Governo giunga all'abolizione del diritto di sciopero.

  Enrico COSTA (FI-PPE) dichiara di avere l'impressione che dal dibattito emerga una certa confusione e che soprattutto non sia chiaro il vero obiettivo della norma. Precisa pertanto che con l'articolo 14 si intende sanzionare non certamente il corteo o la manifestazione ma l'impedimento alla libera circolazione su strada ordinaria. Di conseguenza, nel caso in cui mancasse l'elemento soggettivo appena specificato, la norma non sarebbe applicata.
  Nell'esprimere la convinzione che la libertà di ciascuno si possa esercitare fino al limite in cui comprime la libertà di altri, fa presente che impedire la libera circolazione significa comprimere la libertà di altri di percorrere una strada per i più vari motivi personali, di lavoro, di salute.
  Nel richiamare a tale proposito l'obiezione del collega Fornaro in ordine all'esistenza nel nostro ordinamento di una sanzione amministrativa per il blocco stradale, fa presente che se per l'interruzione di pubblico servizio è prevista la sanzione penale, analogo trattamento va riservato all'interruzione di un servizio di natura privatistica.
  Esprimendo quindi l'opinione che non vi debbano essere disvalori tra le due condotte e sia quindi necessario un allineamento, ritiene che a proposito dell'articolo 14 non si possa parlare di ingiustificato incremento normativo e sanzionatorio, potendosi al più discutere sul quantum della sanzione penale. Non considera dunque scandaloso l'articolo in questione, facendo presente nel contempo come dalle forze di opposizione che contestano la norma non sia venuta alcuna proposta di depenalizzazione dell'interruzione di pubblico servizio.
  Quanto alle considerazioni dei colleghi in ordine al fatto che anche suo figlio possa trovarsi nelle condizioni di rischiare il carcere, si augura che non soltanto suo figlio ma tutti i ragazzi siano orientati a rispettare le regole e fa presente che il codice penale non piega certamente le persone a porre in essere certi comportamenti ma deve invece garantire la sistematicità delle norme.

  Stefania ASCARI (M5S), richiamando l'intervento del collega Enrico Costa, ritiene che la confusione sia stata determinata piuttosto dalla trasformazione del blocco stradale in reato penale, attraverso l'introduzione di una norma ideologica che invece il legislatore dovrebbe evitare. Ricorda che l'impedimento in maniera pacifica alla libera circolazione è già punito con la sanzione amministrativa e segnala che a tale azione fanno ricorso non certamente soggetti pregiudicati ma lavoratori che difendono i propri diritti, studenti che manifestano per la scuola pubblica, attivisti che protestano per le conseguenze dei cambiamenti climatici o magari persone contrariePag. 14 all'abominio del genocidio in atto a Gaza.
  Fa inoltre presente che le opposizioni hanno presentato diverse proposte emendative volte ad incrementare la sanzione amministrativa previgente, che non sono state neanche prese in considerazione dalla maggioranza e dal Governo, a dimostrazione dell'assenza di qualsiasi disponibilità all'ascolto e al confronto.
  Ritiene che passare da illecito amministrativo a sanzione penale significhi colpire la protesta e non invece l'interruzione della circolazione. Evidenzia le gravi conseguenze giuridiche e sociali di tale scelta, in termini di numero di denunce, arresti, processi e relative spese.
  Segnalato come in molti casi si tratti di lavoratori sottopagati, che non arrivano alla fine del mese, o di soggetti titolari di permesso soggiorno, che non possono permettersi di affrontare le conseguenze di una condanna penale, ribadisce che si sta parlando anche di soggetti incensurati, i quali son colpevoli esclusivamente di esercitare il diritto al dissenso. In conclusione, vede come conseguenza della norma non la sistematicità di cui parla il collega Costa ma soltanto l'autocensura e l'indebolimento della democrazia.

  Valentina D'ORSO (M5S) avrebbe voluto condividere alcune considerazioni con il collega Costa, ma non vedendolo in aula rinvia il suo intervento sul punto, dal momento che desidera riprendere le sue argomentazioni sul disvalore dell'impedimento alla libera circolazione rispetto all'interruzione di pubblico servizio.

  Carla GIULIANO (M5S), intervenendo a titolo personale, nel replicare alle considerazioni dei colleghi di Forza Italia, che comunque ringrazia per aver portato degli elementi di discussione al dibattito, ritiene che non vi sia alcuna finalità di sistematizzazione del codice penale in una norma che criminalizza il blocco stradale realizzato con il proprio corpo, vale a dire nella maniera più pacifica possibile. Ritiene che ben altre sono le finalità del Governo e ritiene in tal senso particolarmente significativo l'intervento normativo del 2024 che, in violazione delle norme europee, ha depenalizzato l'abuso d'ufficio, prevedendo la non sanzionabilità penale del dovere di astensione.

  Enrico CAPPELLETTI (M5S), intervenendo a titolo personale, richiama l'appello pubblico sottoscritto da 257 giuristi in ordine ai profili di incostituzionalità del decreto in esame, sottolineando come l'introduzione di una norma repressiva e liberticida come quella dell'articolo 14 rappresenti la risposta coerente di un Governo che silenzia il malcontento e non fa nulla per affrontare le problematiche che lo determinano. Cita quindi, a proposito della deteriorata situazione economica del Paese, i dati del rapporto annuale 2024 dell'Istat secondo cui è aumentata la disoccupazione giovanile, un quarto della popolazione è a rischio povertà o esclusione sociale, un italiano su dieci ha rinunciato alle cure mediche ed è aumentato anche il numero dei cittadini italiani trasferitisi all'estero.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, tenta sull'argomento un approccio di tipo pastorale, essendo in precedenza fallito l'approccio storico in relazione alle 5 giornate di Milano. Nel richiamare le considerazioni del collega Costa, secondo cui la norma in esame è diretta a sanzionare non il corteo e la finalità di protesta ma il mero impedimento alla libera circolazione, ne deduce che verrà sanzionato anche il pastore che attraversi la strada con un gregge di pecore.

  Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Ascari 14.113 e Zaratti 14.114.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 14.121, lamenta l'assenza del collega Costa con cui avrebbe volentieri interloquito in ordine alla supposta equivalenza tra interesse pubblico e privato su cui egli ha fondato il suo ragionamento.Pag. 15
  Nonostante la dotta riflessione dell'onorevole Costa, rileva come gli articoli 41, 42, 43 e 44 della Costituzione prevedano al contrario una diversa gradazione delle priorità, stabilendo la prevalenza dell'interesse pubblico, che giustifica la sanzione penale per l'interruzione di pubblico servizio. Ritiene dunque che valga la pena di rileggere gli articoli citati, evitando di introdurre ulteriori elementi di incostituzionalità nel decreto. A suo parere, sfugge ai colleghi di Forza Italia, di cui apprezza in ogni caso la scelta di aver finalmente interrotto il mutismo della maggioranza, la gravità di trasformare il blocco stradale da illecito amministrativo, punito peraltro con una sanzione pecuniaria, in reato, senza oltretutto che nella norma vi sia un quale riferimento ad episodi di violenza o a danni arrecati a beni pubblici.
  Nel rilevare che, sanzionando penalmente persone che pacificamente e con il loro corpo tentano di mettere in evidenza un problema, si colpisce l'essenza stessa della democrazia, ricorda che le misure illiberali introdotte dall'Ungheria di Orbán sono state oggetto di richiami dall'Unione europea e dall'intera comunità internazionale.
  Si domanda per quale motivo sia più grave che ad interrompere il traffico sia un giovane con il proprio corpo piuttosto che un agricoltore, eventualmente aderente a qualche associazione vicina alla destra, con un trattore, rammentando come quest'ultima circostanza sia punita con la sola sanzione amministrativa. Rileva quindi una volontà vessatoria e punitiva verso chi dissente, considerando del tutto naturale che chi nega i cambiamenti climatici e punta sul fossile, debba poi trovare gli strumenti per tacitare le persone.

  Valentina D'ORSO (M5S), constatando la perdurante contumacia del collega Costa, decide di svolgere comunque il proprio intervento sollecitata tra l'altro dalle considerazioni del collega Zaratti.
  Si dichiara stupita dalle affermazioni del collega Costa circa l'esigenza di colmare il disvalore della condotta in esame rispetto all'interruzione di pubblico servizio, rilevando come la differenza tra l'ambito privato e quello pubblico sia chiaramente esplicitata nella nostra Costituzione. Ricorda a tale proposito che la proprietà privata non è un diritto ma – come stabilito dal secondo comma dell'articolo 42 – «è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». Aggiunge – a dimostrazione del diverso valore dell'istituto della proprietà privata e di quella pubblica– che, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo della Costituzione, «la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale».
  Rilevando quindi a tale ultimo proposito che a determinate condizioni è legittimo circoscrivere l'interesse privato in nome dell'interesse collettivo, che secondo lo spirito della Costituzione è ritenuto superiore, dichiara di non essere del tutto sicura che la norma in esame non possa essere applicata anche al caso del corteo, come sostenuto dal collega Costa.
  Con riferimento ai casi di possibile impedimento alla libera circolazione già citati dai colleghi, quali il gregge di pecore ed il corteo funebre, fa presente anche l'eventualità che la sanzione possa essere estesa per paradosso anche ai partecipanti alla processione della via crucis.
  Auspicando in conclusione che tale non sia la volontà della maggioranza, sollecita i colleghi a non nascondersi dietro un dito, dal momento che il vero obiettivo della norma in esame è quello di reprimere il dissenso e non una condotta potenzialmente neutra.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono l'emendamento Zaratti 14.121 e l'articolo aggiuntivo Zaratti 14.01.

  Michela DI BIASE (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 15.1, fa presente che l'articolo 15 desta altrettante preoccupazioni rispetto al precedente, benché rispetto al testo del disegno di legge sia stato compiuto qualche sforzo che non considera tuttavia sufficiente.Pag. 16
  Ricordato quindi che la disposizione in esame trasforma da obbligatorio in facoltativo il rinvio della pena per le donne incinte o per le madri di bambini di età inferiore all'anno, fa presente che, analogamente agli identici emendamenti presentati da colleghi di altri gruppi, ha presentato un emendamento totalmente soppressivo dell'articolo 15, in quanto lo ritiene pregiudizievole del superiore interesse del minore a non vivere in carcere.
  Quanto alla prevista collocazione delle detenute madri negli istituti a custodia attenuata, escludendo completamente la soluzione della casa famiglia, che rappresenta a suo avviso il modello verso cui bisognerebbe tendere, ricorda che gli ICAM, a seguito della determinazione del Ministro Nordio di chiudere l'istituto di Lauro, sono soltanto tre e, considerata l'invarianza finanziaria del provvedimento in esame, immagina che l'intenzione della maggioranza non sia quella di costruirne di nuovi. Segnala, a tale proposito, che le detenute madri e i loro bambini, a seguito della chiusura dell'ICAM di Lauro sono stati trasferiti nel carcere di Venezia Giudecca, ignorando completamente le esigenze di continuità affettiva e familiare del bambino.
  Ribadendo quindi il totale disinteresse della maggioranza verso il superiore interesse del minore, in considerazione dell'esaurimento del tempo a sua disposizione, rinvia le ulteriori considerazioni sull'argomento a successivi interventi.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE) ricorda che, in occasione del dibattito pubblico seguito all'emanazione dell'originario disegno di legge in materia di sicurezza, i membri del partito di Forza Italia avevano rilasciato dichiarazioni molto critiche con riguardo ad alcune norme limitative delle libertà, come quella sulle detenute madri. Rammenta a tal proposito come, nelle settimane che hanno preceduto l'emanazione del decreto-legge in esame, circolavano notizie secondo le quali il Presidente della Repubblica nutriva seri dubbi in merito alla costituzionalità di alcune disposizioni ivi contenute, tra cui vi era proprio quella sulle detenute madri. Esprime quindi la propria delusione circa il fatto che l'articolo 15 del provvedimento in discussione prevede norme ancora più sfavorevoli per le detenute madri, dimostrando come il Governo abbia perso l'occasione per sopprimere o quantomeno correggere il contenuto di tale disciplina.
  Evidenzia come le detenute madri in Italia siano circa una ventina e come, nonostante il grande impegno profuso dagli agenti di polizia penitenziaria, non sia ammissibile che i bambini crescano dietro alle sbarre di una cella. Ritiene assolutamente ingiustificato inoltre l'allarme diffuso dal Governo in merito alla pericolosità sociale delle donne che evitano il carcere grazie al proprio stato di gravidanza o alla propria prole. Ritiene infine che la Corte costituzionale censurerà certamente tale disposizione.

  Devis DORI (AVS) sottolinea come l'articolo in esame sia una delle disposizioni maggiormente problematiche del provvedimento, dato che limita fortemente le tutele offerte dall'ordinamento penitenziario alle detenute madri, e come i membri del gruppo di Forza Italia, che a parole dicono di essere garantisti, dovrebbero quantomeno astenersi dalla votazione degli emendamenti presentanti all'articolo 15.
  Esprime perplessità circa il fatto che lo Stato non riesca a gestire le venti detenute madri attualmente presenti nelle carceri italiane. Evidenzia inoltre che gli ICAM sono comunque delle strutture detentive e che sarebbe più opportuno che il Governo collabori con gli enti locali per allestire delle strutture maggiormente adatte ad ospitare le madri con i propri figli.
  Rammenta come nel corso dell'esame dell'originario disegno di legge in materia di sicurezza taluni membri della maggioranza abbiano dichiarato che questa norma addirittura tuteli le detenute madri, poiché la detenzione negli ICAM protegge le donne rom rispetto alle vessazioni che subiscono all'interno dei campi nomadi.
  Esprime inoltre un giudizio fortemente critico sull'articolo 15, comma 2, del decreto in esame che introduce l'articolo 276-bis del codice di procedura penale, finalizzato ad allontanare la prole dalla madre Pag. 17detenuta all'interno di un ICAM che evada o tenti di evadere oppure ponga in essere atti che compromettono l'ordine o la sicurezza pubblica o dell'istituto. Rammenta come norme di questo genere siano condivise anche dagli illustri membri della maggioranza che agitano i rosari di fronte agli elettori, che accorrono per accreditarsi presso la Curia romana e che nelle ultime settimane si sono mostrati come estremamente vicini al pensiero del Papa. Ritiene che occorrerebbe maggiore coerenza da parte della maggioranza e del Governo e, pertanto, raccomanda l'approvazione dell'emendamento in esame.

  Carla GIULIANO (M5S) ricorda come oltre all'opposizione, secondo notizie di stampa, perfino il Presidente della Repubblica avrebbe sollevato dubbi circa la costituzionalità della norma sulle detenute madri contenuta nell'originario disegno di legge in materia di sicurezza. Pertanto, auspicava che nel decreto-legge in esame tale disposizione non fosse presente o quantomeno venisse fortemente modificata in senso favorevole alle detenute madri. Constata con stupore che una delle modifiche intervenute riguarda invece l'obbligo di detenzione per le detenute madri all'interno degli ICAM, che tuttavia sono numericamente limitati.
  Richiama, pertanto, il supremo interesse del minore che non viene assolutamente tenuto in considerazione dalla norma in esame. Ribadisce a tal proposito le evidenti criticità dell'articolo 15, comma 2, del decreto in esame che introduce l'articolo 276-bis nel codice di procedura penale, finalizzato ad allontanare la prole dalla madre detenuta all'interno di un ICAM che evada o tenti di evadere oppure ponga in essere atti che compromettono l'ordine o la sicurezza pubblica o dell'istituto.
  Rileva inoltre come uno studio pubblicato dall'Università di Padova evidenzi l'importanza della fase dello sviluppo emotivo e cognitivo dei bambini di età inferiore ai tre anni, che a suo avviso non può essere affrontata all'interno di un istituto di detenzione.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, avrebbe auspicato che l'articolo in esame non venisse incluso nel decreto-legge in discussione, anche perché il numero delle detenute madri presenti nelle carceri italiane è assolutamente esiguo. Ritiene tuttavia preferibile ospitare tali soggetti all'interno delle case famiglia, dato che è necessario tutelare in ogni modo il supremo interesse del minore.

  Stefania ASCARI (M5S), intervenendo a titolo personale, evidenzia come l'articolo 15 in esame indebolisca le tutele offerte dall'ordinamento penitenziario alle detenute madri e per la loro prole. Esprime un giudizio fortemente critico in merito all'inasprimento delle condizioni di detenzione delle detenute madri previste dalla norma in esame rispetto a quella analoga prevista nell'originario disegno di legge in materia di sicurezza. Reputa, quindi, che il Governo intende criminalizzare le donne in stato di gravidanza o con prole che si trovano in condizioni di povertà.

  Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Di Biase 15.1, Boschi 15.2, Dori 15.3, D'Orso 15.4 e Magi 15.5.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE) interviene sull'emendamento Boschi 15.104, volto a sostituire integralmente l'articolo 15 per rafforzare le tutele nei confronti delle detenute madri e della loro prole.
  Evidenzia, innanzitutto, che la proposta in esame è finalizzata a consentire la detenzione negli ICAM solo in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e a estendere tale particolare regime anche per il padre laddove sussistano specifici elementi, come il decesso della madre. Sottolinea, inoltre, che l'emendamento in esame modifica in più parti il codice di procedura penale e il codice penale, ampliando, tra le altre cose, le ipotesi di differimento obbligatorio della pena.
  Sottolinea inoltre che essa modifica anche la disciplina dell'ordinamento penitenziario per prevedere che il trasferimento delle detenute madri dagli ICAM avvenga Pag. 18senza la prole e per rafforzare le garanzie per il reinserimento sociale delle stesse.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori, evidenzia che il dossier predisposto dagli uffici reca alcune osservazioni in merito all'articolo in esame e chiede ai relatori se le abbiano tenute nella dovuta considerazione.

  Ciro MASCHIO, presidente, prende atto che i relatori non intendono intervenire.

  Michela DI BIASE (PD-IDP), nel rammaricarsi che i relatori non abbiano intenzione di intervenire sul punto, evidenzia come tali osservazioni sono state segnalate anche dal parere espresso sul disegno di legge C. 1660 dal Comitato per la legislazione nella seduta del 29 maggio 2024.
  Rileva a tal proposito come sia del tutto illogico prevedere l'obbligo di esecuzione della pena presso un ICAM per le detenute madri, precludendo al giudice la possibilità di stabilire la detenzione domiciliare. Considera opportuno ribadire alla maggioranza e al Governo che gli ICAM sono comunque delle strutture detentive, seppur adattate ad ospitare dei bambini e che le case famiglia sarebbero invece più idonee a tale scopo.
  Esprime inoltre forte contrarietà in merito alla possibilità che vengano strappati i figli alle madri detenute negli ICAM nel caso in cui esse evadano o tentino di evadere oppure pongano in essere atti che compromettono l'ordine o la sicurezza pubblica o dell'istituto. Sottolinea, a tal proposito, che il dossier predisposto dagli uffici suggerisce di chiarire se i concetti di ordine e sicurezza pubblica operino sia nella sfera esterna che in quella interna all'istituto.
  Rammenta come il Governo e la maggioranza, da una parte, si dicono particolarmente attenti ai temi legati alla famiglia e, dall'altra, non tutelano in alcun modo i figli dei detenuti, che vengono addirittura allontanati dai genitori. Invita pertanto il sottosegretario Ostellari a partecipare alla discussione, al fine di motivare le scelte normative portate avanti dal Governo. Constata, tuttavia, che preferisce continuare a rimanere in silenzio, pur conoscendo perfettamente il numero esiguo di detenute madri presenti nelle carceri italiane.

  Federico FORNARO (PD-IDP) interviene a titolo personale per evidenziare ancora una volta le osservazioni contenute nel dossier predisposto dagli uffici su tale articolo. Sottolinea che solitamente le osservazioni tecniche, come quella richiamata, dovrebbero essere quantomeno prese in considerazione dai relatori, a maggior ragione nel corso dell'esame presso il primo ramo del Parlamento.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP) interviene a titolo personale per sottolineare preliminarmente come l'articolo 15 in esame andrebbe interamente soppresso. Ribadisce che l'unica soluzione possibile di detenzione per le madri e le donne incinta dovrebbe essere quella di accoglierle nelle case famiglia, al fine di tutelare il supremo interesse del minore.

  Matteo MAURI (PD-IDP) interviene a titolo personale per evidenziare che l'articolo 15 è una della disposizione più preoccupanti del provvedimento in esame, soprattutto con riferimento alla circostanza per cui i bambini vengono detenuti in carcere senza avere nessuna colpa.

  Marco LACARRA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, rammenta come nel giugno del 2022 la Camera avesse approvato una proposta di legge del suo gruppo, a prima firma del collega Siani, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, la cosiddetta proposta di legge «Mai più figli in carcere», che, a seguito da fine della legislatura non è stata approvata in via definitiva dal Senato.
  Sottolinea come, ora, con l'articolo 15 del decreto-legge in esame, il Governo compia un considerevole salto indietro rispetto a quello che l'Assemblea di Montecitorio aveva deliberato, dimenticando che con tale norma si costringono in carcere, assieme alle loro madri, minori in tenerissima età.

  Devis DORI (AVS) ritiene che l'articolo 15 del decreto-legge non affronti in manieraPag. 19 concreta il fenomeno delle detenute madri, rammentando come esso coinvolga in tutto una ventina di donne con i relativi figli minori. A suo avviso, questa disposizione, infatti, non fa altro che aumentare il disagio sociale.
  Fa presente, quindi, di aver presentato un atto di sindacato ispettivo, ventilando la possibilità della stipula, da parte del Ministero della giustizia, di una convenzione con l'ANCI, affinché i capoluoghi di provincia interessati dal fenomeno possano individuare una struttura idonea, come ad esempio una casa famiglia protetta, per ospitare la detenuta madre e la sua prole.
  Sottolinea come tale proposta, oltre a non allontanare la madre e la sua prole dal proprio territorio, avrebbe anche il pregio di avere un costo particolarmente limitato.

  Rachele SCARPA (PD-IDP) chiede di intervenire a titolo personale.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP) chiede di intervenire a titolo personale.

  Ciro MASCHIO, presidente, fa presente di non poter dare la parola ai colleghi Scarpa e Cuperlo in quanto per il loro gruppo si è già raggiunto il limite massimo di interventi a titolo personale consentiti, alla luce del criterio specificato nella seduta di ieri.

  Valentina D'ORSO (M5S), sottolineando come l'articolo 15 del decreto-legge sia uno dei pochi articoli modificato dall'Esecutivo rispetto al testo originario del disegno di legge in materia di sicurezza pubblica, rileva come tuttavia tali modifiche non abbiano migliorato il contenuto della norma, lasciando irrisolto il problema principale, ossia quello del differimento della pena per le donne incinte e le madri di infanti di età inferiori a un anno che, da obbligatorio, ora è stato trasformato in facoltativo.
  Ritiene singolare che il Governo non abbia approfittato della presentazione del decreto-legge per modificare realmente il contenuto di questa disposizione, ricordando come il gruppo di Forza Italia, nel corso dell'esame del disegno di legge originario in materia di sicurezza, aveva assunto su tale tema una posizione differente rispetto al resto della maggioranza, anche attraverso la presentazione di una proposta emendativa a prima firma del collega Paolo Emilio Russo.
  Rammenta, inoltre, come l'articolo 15 preveda che per le donne incinte o madri di figli di età inferiore ad 1 anno la pena dovrà obbligatoriamente essere eseguita presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri. A suo avviso, tale norma così netta non chiarisce se la sua attuazione precluda al giudice la possibilità di disporre la misura della detenzione domiciliare Sottolinea come tale osservazione sia stata avanzata anche nel dossier predisposto dagli uffici che ha evidenziato che tale obbligo dovrebbe essere coordinato con quanto previsto dall'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare per le detenute madri.
  Rileva, inoltre, come – essendo stata recentemente disposta la chiusura dell'ICAM di Lauro – al momento, su tutto il territorio nazionale, risultino attivi soltanto tre ICAM, nessuno dei quali a servizio delle regioni del Sud. A suo avviso, tale circostanza determina una gravissima violazione del principio di prossimità territoriale che dovrebbe garantire in primo luogo al bambino di continuare a frequentare il proprio contesto familiare.
  Invita, quindi, la maggioranza e il Governo a riflettere attentamente su una così delicata questione.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Boschi 15.104 e 15.6.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento Serracchiani 15.7, di cui è cofirmatario, segnala la evidente contraddizione in cui le forze di maggioranza sono cadute sul tema dell'esecuzione della pena nei confronti di donne incinte e madri di prole. Rileva, infatti, come i partiti che formano oggi la maggioranza, al cui interno è da includersi lo stesso sottosegretario Ostellari, abbiano espresso posizioni opposte rispetto a quelle cristallizzate nell'articoloPag. 20 15, che oggi invece trova un sostegno trasversale da parte delle forze di maggioranza.
  Chiede, quindi, ai colleghi di maggioranza, e in particolare ai colleghi della Lega che hanno votato circa 3 anni fa una norma di contenuto opposto a quella oggi esaminata, di spiegare le ragioni di un simile cambiamento. È del parere che il mutamento di rotta sia legato alla volontà di dar primario rilievo alle esigenze della sicurezza pubblica che, tuttavia, non sono garantite dalle modifiche al codice penale e di procedura penale che si intendono introdurre con l'articolo 15. Ritiene infatti che, per quanto riguarda le donne madri di un bambino piccolo, per evitare che esse – in molti casi costrette – reiterino la commissione di reati, vada scartata l'alternativa netta tra carceri e strada. Sostiene, sul punto, la necessità di valorizzare le case famiglie private, che costituiscono un ambiente protetto sia per le madri, sia per i bambini e consentono di tutelare le istanze della sicurezza, evitando una eccessiva penalizzazione delle condizioni di vita del minore.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE) annuncia il proprio voto favorevole sull'emendamento Serracchiani 15.7, che – al pari dell'emendamento Boschi 15.6 – è integralmente sostitutivo dell'articolo 15. Rileva come, nella sostanza, con tali emendamenti si intenda aumentare le tutele a garanzia del rapporto tra detenute madri e figli minori all'interno degli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) e si miri a eliminare il vincolo normativo per la costituzione di case famiglia e a confinare le esigenze cautelari ai casi di eccezionale rilevanza.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, ricorda di aver visitato il carcere di Rebibbia e di aver ricevuto un forte impatto emotivo a seguito dell'incontro fatto, in quell'occasione, con una madre detenuta assieme a suo figlio. In particolare, afferma di aver notato come la madre, per compensare le costrizioni cui era sottoposto il figlio, lo alimentasse con cibi zuccherati che minavano visibilmente le sue condizioni di salute. Sottolinea come questa sia una dinamica che, secondo quanto riportato dalla guardia carceraria incontrata sul luogo, si ripete spesso in situazioni analoghe. Ritiene, pertanto, che anche a partire da queste storie sia possibile percepire la complessità del tema affrontato e l'opportunità di sviluppare una riflessione approfondita sulle condizioni di vita di quei bambini che possono essere chiamati a scontrarsi, in assenza di colpe, con le restrizioni del carcere.

  Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo sull'identico emendamento 15.9 a sua prima firma, sottolinea come i contenuti dello stesso, durante il Governo Draghi, fossero condivisi anche dalla Lega e da Forza Italia. Evidenzia, poi, che l'emendamento in esame ha il pregio di disciplinare due situazioni particolarmente delicate. La prima è quella dei bambini di età inferiore a 3 anni portatori di disabilità, le cui esigenze sono tutelate in modo specifico prevedendosi un innalzamento dell'età. Il secondo aspetto da valorizzare è che esso prevede il differimento obbligatorio della pena non solo se riferita alla madre, ma anche quando essa è da eseguire nei confronti del padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi siano parenti entro il quarto grado di accertata idoneità. Quest'ultimo aspetto rappresenta la seconda situazione sensibile cui l'emendamento incide, valorizzando il ruolo della figura paterna. È del parere che si tratti di norme collocate nell'attualità, che non solo offrono tutela al superiore interesse del minore, ma riconoscono altresì uno status specifico agli infanti portatori di disabilità, ponendosi in linea con le tutele riconosciute a livello europeo e internazionale.
  Conclusivamente, si domanda come mai il Governo abbia fatto un passo indietro rispetto ai risultati raggiunti nella precedente legislatura, elaborando una disciplina che non tiene in considerazione il complesso degli interessi su cui si incide, ma mira esclusivamente a fornire maggiori garanzie in tema di sicurezza pubblica.

Pag. 21

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo sugli identici emendamenti Serracchiani 15.7, Dori 15.8 e D'Orso 15.9, si ricollega agli interventi testé svolti dai colleghi, per rimarcare il divario educativo che si aprirà se non si provvede ad emendare l'articolo 15. Evidenzia come con il decreto in esame il Governo abbia preso di mira uno specifico target, quello delle donne rom, e abbia mostrato un atteggiamento fortemente incoerente con quello passato.

  Stefania ASCARI (M5S) chiede l'accantonamento dell'emendamento D'Orso 15.9, di cui è cofirmataria, esortando il Governo e le forze di maggioranza a tenere in considerazione se non gli argomenti esposti dall'opposizione, quantomeno quanto stabilito sul punto in sede europea e internazionale. In particolare, mette in luce come in quelle sedi sia stata evidenziata l'opportunità per le donne madri di accedere, in via preferenziale, a misure alternative alla detenzione. Ritiene, quindi, che nel caso in cui non si provveda ad emendare il testo in esame, il rischio concreto è quello della violazione aperta di obblighi internazionali.

  Ciro MASCHIO, presidente, prende atto dell'assenza di disponibilità da parte dei relatori a procedere all'accantonamento richiesto.

  Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Serracchiani 15.7, Dori 15.8 e D'Orso 15.9.

  Ciro MASCHIO, presidente, propone di terminare a questo punto la seduta antimeridiana delle Commissioni riunite al fine di consentire alla Commissione I di procedere al già previsto ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Propone, quindi, di riprendere i lavori in sede referente delle Commissioni riunite a partire dalle ore 14.15.
  Ricorda che gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, hanno stabilito di procedere alla votazione per il conferimento del mandato entro le ore 17 della giornata odierna. Comunica pertanto che le relative dichiarazioni di voto avranno luogo a partire dalle ore 16.15.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori, ricorda che il proprio gruppo non ha mai concordato con il conferimento del mandato ai relatori entro le ore 17 della giornata odierna.

  Valentina D'ORSO (M5S), associandosi all'intervento della collega Bonafè, comunica che anche il MoVimento 5 Stelle non ha mai condiviso tale tempistica sui lavori delle Commissioni. Inoltre, tiene a precisare come non vi fosse alcun accordo tra i gruppi neanche sulla decisione delle presidenze di terminare la seduta di ieri alle ore 22. Ritiene, infatti, che una tale programmazione dei lavori sia specificamente volta a non consentire un adeguato esame di ciascuna proposta emendativa.

  Roberto GIACHETTI (IV-C-RE), intervenendo sull'ordine dei lavori, si associa alle colleghe di opposizione nel disconoscere qualsiasi asserito accordo che preveda il conferimento del mandato entro le ore 17. Rileva, inoltre, che prevedere le dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato alle ore 16.15, per quanto possa consentire a ciascun gruppo di esprimersi sul punto, sottrarrebbe ulteriore tempo all'esame delle ancor numerose proposte emendative da porre in votazione.

  Ciro MASCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per le ore 14.15 della giornata odierna.

  La seduta termina alle 13.10.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 22 maggio 2025. — Presidenza del presidente della II Commissione, Ciro MASCHIO, indi del presidente della I Commissione Nazario PAGANO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 14.25.

Pag. 22

DL 48/2025: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
C. 2355 Governo.
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana della giornata odierna.

  Ciro MASCHIO, presidente, dato conto delle sostituzioni, dispone, in assenza di obiezioni, l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, e ricorda che nella seduta odierna delle ore 9.30 la Commissione ha interrotto i suoi lavori con la votazione degli identici emendamenti Serracchiani 15.7, Dori 15.8 e D'Orso 15.9.
  Fa presente che l'esame riprenderà quindi dall'emendamento Serracchiani 15.10, sul quale i relatori e il rappresentante del Governo hanno formulato parere contrario.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiarisce che, nonostante quanto annunciato dal presidente al termine della seduta antimeridiana, l'orario delle 17 stabilito per il conferimento del mandato ai relatori non è frutto di un accordo tra le varie forze politiche, bensì unicamente di quelle di maggioranza.
  Nel sottolineare che entro le 17 non sarà possibile trattare tutti i 319 emendamenti rimasti, chiede quindi alle presidenze di valutare l'ipotesi di avanzare richiesta al Presidente della Camera per posticipare la data dell'inizio della discussione in Assemblea del provvedimento.

  Ciro MASCHIO, presidente, chiarisce di non aver mai parlato di un accordo unanime presso le due Commissioni, bensì di aver fatto riferimento ad una decisione presa a maggioranza nell'ambito degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi.
  Ricorda che sono state svolte 160 votazioni durante 16 ore complessive di lavoro. Avendo ancora a disposizione più di due ore di tempo, propone di proseguire con la trattazione dei restanti emendamenti ed, eventualmente, convocare gli uffici di presidenza a ridosso della scadenza del termine stabilito per il conferimento del mandato ai fini di una nuova valutazione della situazione.

  Maria Elena BOSCHI (IV-C-RE), intervenendo sull'ordine dei lavori, ritiene opportuna una convocazione immediata degli uffici di presidenza, in quanto è irrealistico che in 2 ore si possano esaminare tutti gli emendamenti rimasti, se non prevedendo un tempo medio di discussione di 30 secondi per ciascuna proposta emendativa.
  Ritiene che, in considerazione del fatto che parecchi dei restanti emendamenti sono politicamente molto rilevanti, il termine delle 17 appare una forzatura regolamentare. Chiede quindi una riorganizzazione dei lavori.

  Ciro MASCHIO, presidente, accedendo alle richieste dei colleghi, sospende la seduta e preannuncia la convocazione degli uffici di presidenza.

  La seduta, sospesa alle 14.30, è ripresa alle 15.40.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo per un richiamo al Regolamento, a seguito delle decisioni, assunte dalle presidenze nel corso della riunione degli uffici di presidenza delle Commissioni appena conclusa, di considerare terminata la fase dell'esame degli emendamenti per passare a quella delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori in vista della relativa deliberazione entro le ore 17, sottolinea come il rispetto dell'articolo 79 del Regolamento, richiamato dal presidente Maschio nel corso della citata riunione, non possa essere garantito solo in relazione ai principi di economia procedurale.
  Evidenziando di essere intervenuto in merito anche in altre sedi, auspica che in sede di riforma del Regolamento si possano introdurre disposizioni puntuali per evitare situazioni come quella attuale.Pag. 23
  Osservando, in particolare, come l'obbligo per le Commissioni di concludere l'esame di un provvedimento in tempo perché si possa avviare la discussione in Assemblea nella data stabilita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, non possa costituire un vero e proprio vincolo, sottolinea che la proposta avanzata dalle presidenze nel corso della riunione degli uffici di presidenza delle Commissioni sarebbe stata coerente con il disposto dell'articolo 79 del Regolamento qualora la data ultima per la conversione del decreto-legge in esame fosse stata prossima. Evidenzia, di contro, come la Camera stia svolgendo la prima lettura del decreto-legge e come i tempi per l'esame a disposizione per la conversione siano ancora ampi.
  Sottolineando come, finora, le Commissioni abbiano effettuato 160 votazioni e come rimangano ancora 239 votazioni da svolgere, ritiene che le presidenze avrebbero dovuto comunque garantire la trattazione di tutte le proposte emendative restanti, eventualmente anche avvalendosi della loro facoltà di ridurre ulteriormente i tempi di intervento.
  Ritiene che sia necessario investire della vicenda il Presidente della Camera, in considerazione del fatto che i presidenti di Commissione non possano ridursi a meri notai della volontà della maggioranza e del Governo ma svolgano un ruolo di tutela anche dei diritti delle minoranze e di garanzia del buon andamento dei lavori.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo per richiamo al Regolamento, ritiene che i presidenti nel corso della riunione degli uffici di presidenza appena conclusasi abbiano fatto un riferimento all'articolo 79, comma 1, del Regolamento, eccessivamente generico che non giustifica la paventata «ghigliottina» anche delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori.
  Rileva come la scelta delle presidenze di passare subito alla fase delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori possa trovare nella prassi il suo fondamento, anche se per il particolare iter del provvedimento in discussione non sarebbe opportuna. Contesta, invece, fortemente la decisione di prevedere anche la «ghigliottina» delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato.
  Sottolinea come l'articolo 79 del Regolamento stabilisca che il procedimento in sede referente è organizzato in modo tale da assicurare che esso si concluda almeno quarantotto ore prima della data stabilita nel calendario dei lavori per l'iscrizione del progetto di legge all'ordine del giorno dell'Assemblea. Evidenzia, quindi, che il termine delle ore 17 di oggi non trova conforto neanche in tale previsione, potendo di fatto le Commissioni proseguire l'esame del provvedimento anche nelle giornate di domani e di sabato.
  Al di là delle scelte della maggioranza sul contenuto del decreto-legge, ritiene che, dal punto di vista politico, la decisione di comprimere la possibilità di intervenire in dichiarazione di voto sul conferimento del mandato sia la più grave tra tutte le forzature fatte dalla maggioranza in occasione dell'esame del decreto-legge in oggetto e che costituisca una modalità di lavoro irrituale e poco produttiva anche ai fini dei rapporti tra maggioranza e opposizione.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo per richiamo al Regolamento, prende atto con sdegno di questa ennesima forzatura fatta dalla maggioranza nel corso dell'esame di un decreto-legge nato già a seguito di un'altra forzatura, ritenendo che non vi sia alcun precedente parlamentare relativo all'applicazione del cosiddetto meccanismo della «ghigliottina» sulle dichiarazioni di voto. Evidenzia infatti come debba essere sempre garantito ai parlamentari il diritto di esprimere le proprie dichiarazioni di voto senza doversi autocensurare nei tempi.

  Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo per richiamo al Regolamento, ritiene che il riferimento all'economia procedurale di cui all'articolo 79 del Regolamento, sia stato avanzato dalle presidenze in modo improprio. Sottolinea in primo luogo che la scadenza del decreto-legge in discussione non è ravvicinata. Fa presente, inoltre, che con la presentazione del decreto-legge il Governo ha voluto effettuare uno «scippo» ai Pag. 24danni del Senato di una materia sulla quale quel ramo del Parlamento si accingeva a svolgere un dibattito approfondito. Inoltre fa presente che, con l'ultima decisione assunta dalle presidenze nel corso della riunione degli uffici di presidenza odierna, si restringe ulteriormente il dibattito su un provvedimento dal contenuto assolutamente eterogeneo nell'unica sede parlamentare in cui esso sarebbe stato possibile.
  Ricordando come i gruppi di opposizione si erano resi disponibili ad esaminare il decreto-legge in tutti gli spazi lasciati liberi dall'Assemblea, ritiene che le presidenze non abbiano programmato i lavori delle Commissioni in maniera adeguata, impedendo di fatto di esaminare oltre la metà degli articoli del provvedimento, tra i quali ricorda l'articolo 18 – che mette in ginocchio l'intera filiera della canapa – e l'articolo 31 – che attribuisce ai servizi segreti un potere assoluto, consentendo loro addirittura di dirigere o organizzare associazioni terroristiche.

  Maria Elena BOSCHI (IV-C-RE), intervenendo per richiamo al Regolamento, stigmatizza l'ipotesi di contingentamento delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori avanzata dalle presidenze, evidenziando come le Commissioni avrebbero potuto continuare i propri lavori anche nelle giornate di domani e di sabato, essendo previsto l'avvio della discussione del provvedimento in Assemblea nella giornata di lunedì prossimo.
  Ritiene inoltre che nessun precedente parlamentare relativo all'applicazione della cosiddetta «ghigliottina» si possa applicare al provvedimento in esame, in ragione del suo particolare iter.

  Riccardo MAGI (MISTO-+EUROPA), intervenendo per richiamo al Regolamento, ritiene che l'articolo 79 del Regolamento, richiamato dal presidente Maschio, sia stato invece platealmente violato dalle presidenze.
  Concordando con le osservazioni testé svolte dalla collega Boschi, sottolinea come il decreto-legge in discussione non sia prossimo neanche alla scadenza.
  Ritiene che l'intera conduzione dell'esame del provvedimento, dettata nei tempi dall'Esecutivo e subita dal Parlamento, sia volta a eludere il vaglio parlamentare su un disegno di legge trasformato in decreto-legge. Osserva, inoltre che, dopo aver chiesto alle opposizioni di segnalare le proposte emendative da esaminare, neanche su di esse i relatori ed il Governo hanno svolto la dovuta istruttoria, mentre il meccanismo della segnalazione dovrebbe essere proprio finalizzato, a fronte di un numero elevato di emendamenti, ad assicurarne una effettiva valutazione.

  Alessandro URZÌ (FDI), intervenendo sull'ordine dei lavori, dichiara di voler far chiarezza sulle modalità con cui si è svolto l'iter di esame del provvedimento.
  In primo luogo, ritiene che oggi si sia assistito ad un nuovo sistema di ostruzionismo, praticato dalle opposizioni a loro stesso pregiudizio. Il termine per la votazione sul conferimento del mandato ai relatori a riferire all'Assemblea – stabilito entro le ore 17 di oggi – era infatti già stato fissato la scorsa settimana, nonché ribadito più volte, da ultimo nella seduta antimeridiana odierna.
  A suo giudizio non può addebitarsi alla maggioranza la compressione dei tempi di discussione, nella forma degli interventi per dichiarazione di voto sugli emendamenti o sul conferimento del mandato, erosi per via dei tanti interventi per richiami al Regolamento o sull'ordine dei lavori cui sta assistendo.
  Auspica dunque che i prossimi interventi possano concernere il merito del provvedimento e non attenere a questioni meramente formali, in modo da assicurare alla fase delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori il più ampio tempo possibile.

  Maria Elena BOSCHI (IV-C-RE), intervenendo sull'ordine dei lavori, si domanda se il collega Urzì sia intervenuto per un richiamo al regolamento, o sull'ordine dei lavori, o forse per un innovativo «richiamo alle opposizioni» – non previsto dal Regolamento –, dal momento che si permette di Pag. 25sindacare le modalità di lavoro dei gruppi di minoranza.
  Da ciò ricava come, evidentemente, le opposizioni rechino disturbo provando, con i propri interventi, a convincere la maggioranza a lavorare di più su un provvedimento rispetto al quale non vi è stato ostruzionismo, essendosi dedicati a ciascun emendamento cinque o sei minuti in media, ed il cui esame è avvenuto nei tempi resi liberi dall'articolazione dei lavori dell'Assemblea, peraltro impegnata a discutere e votare un altro decreto-legge.
  A fronte di queste considerazioni, reputa inaccettabile la «ramanzina» del collega Urzì, tenuto conto che il termine delle ore 17 risulta del tutto arbitrario, alla luce del fatto che mancano quattro giorni alla discussione sulle linee generali del provvedimento in Assemblea e vi è tutto il tempo per continuare l'esame degli emendamenti.
  Critica aspramente l'idea che l'attività delle opposizioni sia considerata un «disturbo», quando viene chiesto un precedente specifico, relativo ad una fattispecie che sia analoga a quella presente. Si tratta di diritti e prerogative delle minoranze politiche garantite dalla nostra Costituzione, che la maggioranza deve prima modificare, se vuole fare tutto da sola.

  Devis DORI (AVS), intervenendo sull'ordine dei lavori, ritiene inammissibile l'arroganza della maggioranza, che si somma alle forzature in atto sull'interpretazione del Regolamento.
  Sottolinea che i richiami al Regolamento non sono solamente questioni di forma, quanto piuttosto di sostanza, fondamentali per chiarire le «regole del gioco» parlamentare.
  Respinge con forza le parole del collega Urzì circa la responsabilità del tempo perso nell'esame del provvedimento, che certamente non è dovuto alle opposizioni, quanto piuttosto alla scelta della maggioranza di stabilire un termine inderogabile alle ore 17 di oggi, piuttosto che alle ore 19 o 21, ad esempio, solo perché sono stati prenotati biglietti del treno per tornare nei rispettivi luoghi di residenza.

  Nazario PAGANO, presidente, premette che il ricorso allo strumento della cosiddetta «ghigliottina» è pacificamente consentito dal Regolamento: ne sono dimostrazione i numerosi casi in cui ha avuto applicazione nella presente come nelle precedenti legislature. Si riserva di verificare se essa in passato ha già trovato applicazione anche nella fase di dichiarazione di voto sul conferimento del mandato.
  Ad ogni modo aggiunge che le Presidenze auspicano che possa svolgersi nella sua completezza tale fase procedimentale prima della deliberazione del mandato. Afferma poi che le Presidenze hanno indubbiamente garantito massima chiarezza, tanto con riguardo ai tempi di lavoro delle Commissioni riunite, avendo sin da subito chiarito quale fosse il termine per il conferimento del mandato ai relatori, quanto con riferimento alle modalità di esame del provvedimento, avendo preannunciato con ampio anticipo la possibilità di un contingentamento dei tempi di intervento. Ritiene che le Presidenze hanno quindi condotto i lavori con l'intenzione di assicurare i più ampi spazi possibili di discussione delle proposte emendative, il cui esame si è svolto difatti per diverse ore.
  Comunica che, essendo quindi giunti in prossimità dell'orario stabilito in sede di uffici di presidenza per la votazione del conferimento del mandato ai relatori a riferire all'Assemblea sul provvedimento, si passerà ora alle dichiarazioni di voto sul mandato ai relatori. Ricorda che a seguito del conferimento del mandato si intenderebbero conseguentemente respinte tutte le proposte emendative non ancora esaminate e non già ritirate.
  Comunica infine che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni III, IV, V, VI, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, e del Comitato per la legislazione, mentre la Commissione parlamentare per le questioni regionali non si esprimerà.

  Maria Elena BOSCHI (IV-C-RE), intervenendo per dichiarazione di voto sul conferimento del mandato ai relatori, osserva in primo luogo come le Presidenze non abbiano fornito una risposta puntuale ai quesiti posti poc'anzi sui precedenti regolamentari.Pag. 26 Il Presidente Pagano infatti, non ha risposto al quesito circa l'applicabilità della ghigliottina alle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori oltre che sugli emendamenti.
  Al riguardo, ricorda che i precedenti regolamentari esistenti sull'applicazione della cosiddetta «ghigliottina» riguardano casi di imminente scadenza dei decreti-legge, non certo ipotesi in cui mancavano quattro giorni all'approdo in Assemblea del provvedimento. Non crede pertanto che si possa trovare un precedente analogo al caso di cui si discute oggi. In astratto, infatti, consentire ciò equivarrebbe ad ammettere la «ghigliottina» decorse anche solo poche ore dall'avvio dell'esame in sede referente. Con tutta evidenza, però, il ricorso a tale strumento deve soggiacere a regole di buon senso e non ai «capricci» della maggioranza, quando questa ritenga esaurita la discussione, che, per ammissione del Presidente Maschio, non ha subìto forme di ostruzionismo e, a suo giudizio, è stata mal gestita dalla maggioranza.
  Venendo alle criticità che hanno segnato l'iter di esame del provvedimento, sottolinea che il decreto-legge è frutto dello «scippo» attuato dal Governo a danno del Parlamento ed evidenzia come l'Esecutivo lo abbia da subito «blindato» impedendo qualsiasi modifica al testo, tanto che gli emendamenti di maggioranza sono stati integralmente ritirati e i pochi di opposizione votati sono stati inesorabilmente respinti. Rammenta poi che non vi è stato ostruzionismo da parte delle forze politiche di minoranza e denuncia nuovamente il ricorso alla «ghigliottina» rispetto alle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori, oltre che sugli emendamenti, per poter prendere, alle ore 17, il treno o il tè. Dato il quadro appena illustrato, sostiene che tale situazione né sia né possa costituire la normalità.
  Per quanto concerne il merito del provvedimento, evidenzia come le disposizioni del decreto-legge incidano pesantemente sui diritti e le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione, per le quali non è ammessa revisione ai sensi dell'articolo 138 della stessa. Alla luce di ciò censura fortemente il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, per via del quale tali disposizioni sono già in vigore. Stigmatizza quindi l'arrogante decisione della maggioranza di impedire di fatto la discussione di diversi temi centrali per la vita democratica del nostro Paese, dal momento che con l'articolo 31 si legalizzano organizzazioni come «Gladio», con l'articolo 26 si criminalizza la condotta di resistenza passiva – che per poco non è stata inserita dall'Assemblea costituente tra i diritti costituzionalmente garantiti – e con diverse altre disposizioni si introducono nuove fattispecie penali in violazione dei princìpi di proporzionalità e determinatezza.
  Ritiene che la compressione del dibattito parlamentare sia dovuta all'incapacità della maggioranza di sostenere il confronto politico non solo con le opposizioni, ma anche tra le proprie componenti interne, nelle quali pensa vi siano ancora deputati con una cultura democratica e liberale, che immagina essere in grande difficoltà dato il contenuto delle disposizioni che stanno approvando. Sostiene infine che i Presidenti avrebbero potuto esercitare in modo differente le prerogative loro attribuite per garantire un dibattito costruttivo e consentire alle opposizioni di esprimere compiutamente il loro pensiero in merito alle tante disposizioni di cui è stato precluso l'esame.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo per dichiarazione di voto sul conferimento del mandato ai relatori, ritiene che oggi non si possa conferire alcun mandato ai relatori, dal momento che le Commissioni riunite non hanno potuto svolgere il proprio lavoro. Oltre allo «scippo» richiamato altresì dalla collega Boschi, sottolinea come siano ancora da trattare 319 delle 553 proposte emendative segnalate e siano stati discussi – in circa 16 ore di esame – solamente 15 dei 39 articoli che compongono il provvedimento. Non vi è quindi stata la possibilità di trattare temi particolarmente rilevanti e si è disposta la «ghigliottina» persino per le dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori, malgrado gli interventi dei colleghi Fornaro, Zaratti, Boschi e D'Orso avessero evidenziato le criticità di una tale interpretazionePag. 27 del Regolamento, in contrasto con i princìpi della democrazia parlamentare, specialmente con riguardo al ruolo delle opposizioni.
  Tra i temi non trattati in sede referente richiama, in modo particolare, quelli della criminalizzazione della resistenza passiva – tanto negli istituti penitenziari, quanto nei CPR – in aperta violazione dei princìpi sanciti dalla Costituzione e dal Codice penale, dal momento che non può considerarsi concorrente nel delitto di rivolta chi rimanga inerte.
  Per altro verso, menziona la disciplina dell'articolo 18, che reca un pregiudizio enorme alla filiera italiana della canapa, rivelando come il Governo non rispetti le attività economiche.
  Denuncia poi la gravità senza pari delle previsioni contenute nell'articolo 31, che tra gli altri aspetti consentono la direzione e l'organizzazione di associazioni terroristiche da parte dei servizi segreti, autorizzati a compiere azioni in netto contrasto con i princìpi cardine della nostra democrazia. Si tratta di misure vergognose, inconciliabili con le presunte istanze «garantiste» cui ha fatto in precedenza riferimento il collega Calderone. Auspica che i cittadini italiani prestino la massima attenzione su questi temi, che incidono gravemente sulle loro libertà.
  Con riferimento al termine fissato alle ore 17 per il conferimento del mandato ai relatori, stabilito a suo giudizio per impedire la discussione sulle questioni testé ricordate, si appella alla coscienza dei deputati di maggioranza, invitandoli a proseguire l'esame del provvedimento oltre tale termine, in quanto ci sono momenti in cui coloro che svolgono una funzione pubblica, come i parlamentari, devono sacrificarsi per il bene superiore della democrazia.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo per dichiarazione di voto sul conferimento del mandato ai relatori, fa presente di essere stato presente, insieme ai colleghi di opposizione, in tutti i momenti di esame del provvedimento, secondo le modalità decise dalle Presidenze sulla base delle richieste della maggioranza, malgrado la decisione di ricorrere alle segnalazioni degli emendamenti e di disporre il contingentamento dei tempi di intervento sulle proposte emendative, nella convinzione che fosse più importante aprire il dibattito sui contenuti di un decreto-legge che cambia la natura del nostro Paese. Ha quindi accettato tutte le regole imposte dalla maggioranza pur di discutere nel merito, ma ha trovato di fronte a sé completa indisponibilità e silenzio totale, che dimostrano un'arroganza terribile della maggioranza.
  Ritiene che quest'ultima stia attaccando i princìpi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, tra cui la libertà di manifestazione del pensiero e del dissenso politico e il diritto di non acconsentire ad ordini illegittimi, come nel caso della resistenza passiva, che al pari del collega Cafiero De Raho dubita possa dare adito ad un'ipotesi di concorso nel reato.
  Osserva come la Costituzione non abbia previsto di assegnare ai vincitori delle elezioni politiche il cento per cento dei seggi in Parlamento, riconoscendo il valore fondamentale delle opposizioni per il benessere della democrazia. Constata tuttavia come tale valore venga calpestato dall'attuale maggioranza, che rifiuta il confronto democratico ricorrendo agli strumenti della «ghigliottina» in Commissione e, verosimilmente, della questione di fiducia in Assemblea. Questo scenario rappresenta, a suo giudizio, l'anticamera del regime, che il nostro Paese ha già subìto in passato, sorvolando dapprima sui segnali di pericolo e ritrovandosi poi le leggi razziali e il confino. In tal senso ricorda le parole che il senatore e partigiano Vittorio Foa rivolse ad un collega del Movimento sociale: «se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore».
  Sostiene quindi che i Presidenti e i deputati di maggioranza siano responsabili non solo collettivamente, ma anche individualmente, dei contenuti del decreto-legge in esame. Al riguardo, critica aspramente la scelta di riconoscere uno scudo penale agli operatori dei servizi segreti cui si consente di dirigere e organizzare associazioni terroristiche operative nel nostro Paese. Rimpiangendo ironicamente «Gladio», si Pag. 28domanda se la maggioranza si renda conto della tragedia in cui rischia di far sprofondare il Paese. Menziona altresì le disposizioni che aprono le porte del carcere per le donne con figli, nonché quelle che attribuiscono rilievo penale alle condotte di blocco stradale e ferroviario.
  Rivolgendosi ai colleghi di opposizione – ritenuti forse i soli aperti ad un ascolto sincero – dichiara che non avrebbe mai pensato di vivere un momento simile della storia della nostra Repubblica. Non intendendo tuttavia rinunciarvi, rivolge un appello accorato alle coscienze individuali dei colleghi di maggioranza a salvaguardare, per un bene superiore alle logiche di partito, i diritti e le libertà fondamentali delle persone, nonché i princìpi cardine di una democrazia parlamentare, che si sta indebolendo a causa dei provvedimenti adottati dal Governo che sostengono.
  Avverte la maggioranza di non confidare in un nuovo Aventino da parte delle opposizioni, che saranno invece sempre presenti nelle aule parlamentari.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo per dichiarazione di voto, dichiara il voto contrario ed esprime il profondo dissenso del suo gruppo sulla proposta di conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame, sia per ragioni di metodo sia per motivi di merito.
  Quanto al metodo, osserva come il disegno di legge sulla sicurezza, prima di essere trasformato nel decreto-legge in esame, sia stato ampiamente discusso sia alla Camera sia al Senato, il che rende palese l'insussistenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza del provvedimento.
  Osserva come abbiano avuto luogo 160 votazioni a fronte di 553 proposte emendative presentate e come pertanto non sia stato consentito di concludere l'esame delle proposte emendative, nessuna delle quali è stata ritenuta meritevole di accoglimento, nonostante esse, come anche gli interventi nel corso della discussione, non avessero alcun carattere ostruzionistico bensì fossero strettamente attinenti al merito.
  Stigmatizza, quindi, come si sia ricorsi alla «ghigliottina» anche sulle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato ai relatori. Sottolinea come si tratti di una decisione senza precedenti, resa ancor più grave dal fatto che non sarà possibile esaminare il provvedimento neppure in Assemblea, in considerazione della prevedibile posizione della questione di fiducia. Osserva come in tal modo venga leso il ruolo dei parlamentari, non solo dell'opposizione, ma anche della maggioranza.
  Per quanto concerne il merito, rileva come il decreto-legge in esame non risponda alle esigenze di sicurezza ma sia dettato da ragioni propagandistiche e sia ispirato a una logica di «panpenalismo emozionale», in palese contraddizione con le dichiarazioni rese dal Ministro Nordio all'inizio della legislatura.
  Osserva come per mere esigenze di propaganda si riducano gli spazi democratici. Richiama, in particolare, l'attenzione sulle norme che violano la libertà di manifestazione, per cui chi blocca una via di comunicazione nel corso di una manifestazione rischia fino a due anni di reclusione, nonché sulla previsione dell'aggravante della commissione del reato in una stazione ferroviaria o nelle immediate adiacenze, per cui, del tutto irragionevolmente, il reato è aggravato se commesso in una stazione ferroviaria o nelle sue adiacenze ma non lo è se commesso in un parco pubblico o in una scuola. Richiama altresì l'attenzione sulla norma in materia di occupazione arbitraria di immobili, fattispecie che era già opportunamente sanzionata dal codice penale ma che per effetto del provvedimento in esame verrebbe ad essere punita più severamente dell'adescamento di minori; sull'equiparazione della resistenza passiva alla rivolta violenta; sul tema delle detenute madri, chiedendo a quale esigenza di sicurezza possa rispondere la detenzione di un bambino di tre anni o di un neonato; sulla norma sulla coltivazione della canapa, per effetto della quale un'attività finora lecita è resa illegale dall'oggi al domani, senza neppure prevedere una disciplina transitoria.

  Riccardo MAGI (MISTO-+EUROPA), intervenendo per dichiarazione di voto, richiamaPag. 29 l'attenzione, in particolare dei deputati della maggioranza, sulla particolare gravità del provvedimento in esame, sia per ragioni di metodo sia per ragioni di merito.
  Sottolinea come la gravità del provvedimento sia stata segnalata da 300 costituzionalisti e contestualmente sia dall'Associazione nazionale magistrati sia dall'Unione delle camere penali e come tali prese di posizione non possano essere sbrigativamente liquidate come ispirate da pregiudizio politico. Stigmatizza il fatto che, a fronte di un provvedimento composto di 39 articoli recanti norme che incidono sulla libertà individuale e sulle garanzie costituzionali, nel corso delle audizioni siano stati concessi a ciascun audito soltanto sette minuti.
  Rileva come con il provvedimento si affrontino fenomeni sociali con il codice penale, in palese contraddizione con le posizioni garantiste di Forza Italia e con le posizioni del Ministro Nordio, sostenitore del diritto penale minimo e del carcere come extrema ratio.
  In particolare, stigmatizza l'aumento delle pene, la previsione di circostanze aggravanti incongrue quale quella sul luogo di commissione del reato, l'equiparazione della resistenza passiva alla rivolta violenta, e sottolinea come siano già state proposte questioni di legittimità costituzionale. Sottolinea, altresì, come la norma sulla coltivazione della canapa trasformi in narcotrafficante chi ha intrapreso un'attività finora lecita, ricevendo fondi dall'Unione europea e dalle regioni, e come tale repentino cambiamento normativo mini la fiducia del cittadino nello Stato.
  Ricorda come il provvedimento in esame sia nato come disegno di legge propagandistico in vista delle elezioni europee del 2024 e come, dopo aver ignorato, nel corso dell'esame da parte del Senato, i rilievi di costituzionalità mossi dal Presidente della Repubblica, sia stato trasformato in decreto-legge.
  Conclude rivolgendo un accorato appello alla maggioranza affinché riveda le proprie posizioni, in quanto nel momento in cui si intaccano le libertà fondamentali si produce un danno per tutti.
  Dichiara, quindi, il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente all'Assemblea e preannuncia la presentazione di una relazione di minoranza.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo per dichiarazione di voto, sottolinea che il provvedimento in analisi presenta varie storture, inerenti non solo a profili di merito, ma anche di metodo.
  Anzitutto, evidenzia come il Governo abbia umiliato il Parlamento sostituendosi ad esso nel ruolo di legislatore, in quanto il decreto in esame è stato emanato, in sostituzione del disegno di legge sulla sicurezza pubblica, per superare il mancato accordo all'interno della maggioranza parlamentare.
  In secondo luogo, rammenta che lo strumento della decretazione d'urgenza è stato utilizzato pericolosamente e senza i requisiti di straordinarietà e di eccezionalità allo scopo di stravolgere l'impianto del codice penale.
  In terzo luogo, giudica incoerente la scelta del Governo di permettere, in base all'articolo 15 del decreto, l'ingresso in carcere ai bambini di sei mesi, quando la Lega meno di 3 anni fa votava la legge Siani per ridurre al minimo la presenza degli infanti nelle carceri. Ricorda che nemmeno il regime fascista è mai giunto al punto di consentire il carcere a bambini così piccoli.
  Descrive come incoerente anche il comportamento di Forza Italia che, recependo il diktat del Governo, si appresta a modificare il codice penale in senso repressivo, quando invece ha sempre sostenuto che il diritto penale non dovesse sostituire le sanzioni amministrative se non in caso di comprovate necessità.
  In quarto luogo, giudica inaccettabile che l'utilizzo di meccanismi come la «ghigliottina» – peraltro in una fase quale quella delle dichiarazioni di voto sul conferimento del mandato, per la quale non ci sono precedenti – e la posizione della fiducia in Aula impediscano un esame completo del provvedimento da parte del Parlamento.Pag. 30
  Giudica intollerabile la circostanza per cui le Commissioni non siano state in grado di discutere importanti aspetti del provvedimento, tra cui la costituzione di organizzazioni terroristiche da parte dei servizi segreti e lo smantellamento della filiera italiana della canapa per motivi ideologici.
  Essendo la sicurezza pubblica un tema molto complesso, non stupisce che il decreto in esame, già in vigore, non stia avendo effetti positivi: il problema dell'occupazione arbitraria di immobili, ad esempio, non può certo essere risolto con una semplice responsabilizzazione delle forze dell'ordine.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo per dichiarazione di voto, rileva come le forzature istituzionali che hanno accompagnato il decreto in esame non abbiano precedenti. Non solo, infatti, è stato interrotto l'iter legislativo del disegno di legge sulla sicurezza pubblica a seguito dell'emanazione del decreto-legge per problematiche interne alla maggioranza, ma si è assistito altresì ad una forzata interpretazione dell'articolo 79 del regolamento della Camera.
  Nel rammentare che sono state effettuate 160 votazioni e che ne mancano altre 239; fa notare che le Commissioni, al termine dei lavori, non avranno avuto modo di entrare nel merito di molte questioni di primaria rilevanza.
  Aggiunge poi che nella giornata di lunedì si avvierà la discussione del provvedimento in Assemblea e il Governo porrà la fiducia, rendendo così inemendabile il provvedimento medesimo che sarà poi blindato anche durante l'esame presso il Senato. Ritiene che si tratti di un iter parlamentare di carattere autoritario, tipico di una dittatura della maggioranza, e contrario alla Costituzione, che fonda il nostro sistema democratico sulla forma di governo parlamentare. Auspica che la Corte costituzionale possa in futuro censurare le palesi incostituzionalità di cui il decreto in analisi è portatore.
  Conclude ricordando che nella storia parlamentare di questo Paese si è spesso instaurato un dialogo costruttivo che, alle volte, è sfociato in un compromesso fra le diverse forze politiche; l'arroganza politica ed istituzionale del Governo che inibisce qualsivoglia discussione o dissenso sta invece conducendo il Parlamento verso una pericolosa deriva antidemocratica.

  Nazario PAGANO, presidente, pur constatando di essere giunti ormai oltre l'orario previsto per il conferimento del mandato ai relatori, di fronte alla richiesta di intervento della collega Scarpa, le concede la parola per tre minuti.

  Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo in dichiarazione di voto sul conferimento del mandato ai relatori, chiarisce di non essere disposta a limitare il suo intervento a soli tre minuti, rivendicando il diritto di poter parlare per i dieci minuti previsti dal Regolamento.
  Ripercorre, dunque, l'iter parlamentare del disegno di legge C. 1660 – cosiddetto disegno di legge sicurezza – segnalando che esso, iniziato circa un anno e mezzo fa, ha subito un'improvvisa battuta d'arresto non tanto per le posizioni estremamente critiche dell'opposizione – peraltro limitate, anche in quella occasione, da uno stretto contingentamento dei tempi – quanto, piuttosto, a causa di un'autentica spaccatura all'interno dello schieramento di maggioranza.
  Osserva, quindi, che il provvedimento in esame trova spiegazione proprio nella volontà di superare la discordia venutasi a creare tra le forze della maggioranza. Le stesse disposizioni originariamente contenute nel disegno di legge ordinario sono tralatiziamente riportate nel testo del decreto-legge in esame, il cui contenuto ampiamente disomogeneo, peraltro, viene giustificato solamente dietro lo scudo di un'asserita esigenza di sicurezza.
  Ritiene che il provvedimento sia particolarmente odioso sia dal punto di vista del contenuto sia dal punto di vista dal metodo legislativo. Da una parte, infatti, esso impatta su ogni dimensione del vivere sociale, criminalizzando, in particolare, le classi sociali marginalizzate, dall'altra, esso reca una serie di disposizioni formulate in maniera tale da potersi applicare specificatamentePag. 31 a determinate categorie di destinatari. Ritiene che per tale ragione durante il ciclo di audizioni informali qualcuno ha definito quello contenuto nel decreto un «diritto penale d'autore», che punisce i soggetti in quanto tali e non a fronte delle loro condotte.
  Evidenzia che le Commissioni si apprestano a deliberare sul conferimento del mandato ai relatori dopo aver esaminato meno della metà delle proposte emendative che erano state segnalate per la votazione. Non si è giunti, peraltro, ad esaminare le proposte emendative riferite ad alcuni degli articoli più importanti e delicati dell'intero provvedimento, come l'articolo 18, sulla cannabis legale, e l'articolo 31, in materia di servizi segreti.
  Ricorda poi come la discussione sia stata animata dai soli colleghi dell'opposizione, a fronte di una maggioranza che definisce zitta ed inerte, con la sola eccezione degli interventi dei colleghi Calderone ed Enrico Costa. Esprime, in generale, profondo rammarico per il modo con cui si svolgono i lavori delle Commissioni parlamentari in sede referente: se un tempo, da giovane parlamentare neoeletta, poteva pensare che il dibattito potesse giovarsi della dialettica e della contrapposizione di idee fra i vari componenti della Commissione, si dichiara ora totalmente disillusa che ciò possa realmente accadere. A suo giudizio, i contributi che pervengono dalle forze di opposizione, infatti, sono totalmente e regolarmente ignorati da questa maggioranza, come dimostra anche il fatto che i provvedimenti iscritti in quota opposizione solo di rado terminano il proprio iter in Assemblea e mai giungono ad essere effettivamente approvati.
  Sottolinea come vari esponenti della maggioranza e del Governo manifestino sconcerto ogniqualvolta vengono accusati di adottare metodi fascisti ritenendo che questo sia un argomento sterile e anacronistico; eppure ritiene che una tale compressione del dibattito e un tale abuso della decretazione d'urgenza non potrebbe definirsi altrimenti se non fascista.

  Nazario PAGANO, presidente, comunica che il tempo regolamentare a disposizione per la dichiarazione di voto dell'onorevole Scarpa è concluso; quindi fa presente che si è ormai giunti all'orario concordato per la deliberazione sul conferimento del mandato.
  Pone quindi in votazione la proposta di conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento, avvertendo che si considereranno conseguentemente respinte tutte le proposte emendative non ancora esaminate e non già ritirate.

  (Vive proteste da parte dei gruppi di opposizione)

  Le Commissioni approvano la proposta di conferire ai relatori, onorevole Montaruli per la I Commissione, e onorevoli Bellomo e Bisa per la II Commissione, il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento. Deliberano altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Nazario PAGANO, presidente, avverte, infine, che le presidenze si riservano di nominare i componenti del Comitato dei nove per la discussione in Assemblea, sulla base delle designazioni dei rappresentanti dei gruppi.

  La seduta termina alle 17.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 22 maggio 2025.

  Gli uffici di presidenza si sono riuniti dalle 14.40 alle 15.30.