UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 21 maggio 2025.
Gli Uffici di presidenza si sono riuniti dalle 9.45 alle 10.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 21 maggio 2025. — Presidenza del presidente della II Commissione, Ciro MASCHIO. – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'Interno Nicola Molteni.
La seduta comincia alle 14.10.
DL 48/2025: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
C. 2355 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 maggio 2025.
Ciro MASCHIO, presidente, dopo aver dato conto delle sostituzioni pervenute, ricorda che nella seduta di ieri le Commissioni riunite I e II hanno interrotto i lavori con la votazione dell'emendamento D'Orso 10.91. Avverte che si riprende quindi dall'emendamento Zaratti 10.108 sul quale i relatori e il rappresentante del Governo hanno formulato parere contrario.
Dando seguito alla richiesta avanzata per le vie brevi, in assenza di obiezioni, dispone l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Devis DORI (AVS) fa presente che l'emendamento 10.108 del collega Zaratti intende introdurre una precisazione nel testo del terzo comma del nuovo articolo 321-bis del codice di procedura penale, relativamente alla sussistenza di «fondati motivi» che facciano ritenere arbitraria l'occupazione. Considerato che tali fondati motivi Pag. 4verrebbero valutati da ufficiali di polizia giudiziaria e non piuttosto da un organo giurisdizionale, ritiene più corretto che si sottragga il loro apprezzamento ad una valutazione soggettiva, facendo più propriamente riferimento ad «accertati motivi». Rilevando la maggiore correttezza giuridica di tale ultima espressione, che ha riguardo alla tangibilità ed oggettività degli elementi di valutazione, sottolinea come la formulazione del testo attuale costituisca la dimostrazione delle superficialità con cui è stato scritto.
Le Commissioni respingono l'emendamento Zaratti 10.108.
Valentina D'ORSO (M5S) ricordando come non sia stata accolta alcuna delle proposte avanzate dall'opposizione per eliminare le molte storture del testo in esame, fa presente che l'emendamento a sua prima firma 10.139 è almeno volto a differire al 1° luglio 2026 le disposizioni dell'articolo 11.
Rileva come l'abominio più grave, etico oltre che giuridico, sia quello di equiparare il grave fenomeno del racket delle occupazioni con la situazione di chi, per bisogno o per morosità incolpevole intervenuta, si trattenga in un immobile essendo caducato il titolo di detenzione. Chiarisce quindi che il differimento proposto dall'emendamento si fonda sulla speranza che il Governo rinsavisca e si assuma la responsabilità di fornire una risposta al disagio abitativo con misure di protezione dei nuclei familiari fragili, sottolineando come tale condizione non sia limitata a pochi soggetti ma possa inaspettatamente colpire anche coloro che appartengono alla fascia media della popolazione.
Nel censurare il fatto che il Governo non appronti politiche abitative, segnala che il diritto ad una casa dignitosa, pur non essendo citato esplicitamente nella Costituzione, è tuttavia considerato presupposto di tanti altri diritti, quali tra gli altri il diritto al lavoro e il diritto allo studio, come dimostra un'ampia giurisprudenza costituzionale. Rileva come l'emendamento in esame conceda un tempo congruo affinché un Governo capace e sensibile al tema possa adottare soluzioni adeguate, tra cui il finanziamento del fondo per la manutenzione ed il cambio d'uso degli immobili pubblici non utilizzati, da destinare ad abitazioni, o il potenziamento delle risorse dell'Istituto case popolari, in modo da consentire il ripristino degli immobili attualmente non abitabili per reimmetterli nel circuito dell'affitto a canone sociale.
Ciro MASCHIO, presidente, facendo presente alla collega D'Orso che ha superato il limite dei 5 minuti per intervento, le chiede di arrivare alla conclusione. Ricorda infatti che le presidenze nella riunione degli Uffici di presidenza delle Commissioni riunite, integrati dai rappresentanti dei gruppi, tenutasi nella mattinata, hanno stabilito per il prosieguo dell'esame una durata massima di 5 minuti degli interventi in dichiarazione di voto su ciascun emendamento per ciascun gruppo. Inoltre, con riferimento agli interventi a titolo personale, le presidenze hanno fatto presente che, sulla base della prassi, tali interventi sono ammissibili nella misura che la stessa prassi stabilisce in un minuto ciascuno in un numero complessivo inferiore alla metà dei componenti del gruppo.
Valentina D'ORSO (M5S) avviandosi a concludere, precisa che il suo è un intervento ricognitivo rispetto ai contenuti dell'articolo 10, al termine delle proposte emendative ad esso riferite. Riprendendo le proprie considerazioni, aggiunge che vi sarebbero anche tempo e possibilità per censire il patrimonio edilizio abbandonato, in un'ottica di nuovo utilizzo, per incrementare le risorse del Fondo morosità incolpevole, nonché per accogliere una proposta del MoVimento 5 Stelle, in ordine all'istituzione di un fondo tramite il quale lo Stato possa sostenere le famiglie in difficoltà, facendosi garante della loro solidità economica per consentirne l'accesso al mercato degli affitti.
Si rammarica in conclusione che maggioranza e Governo abbiano scelto la soluzione più facile e più cinica al problema, tramite l'illegittima e incostituzionale equiparazione tra situazioni diverse.
Alessandro URZÌ (FDI) ricorda che nel corso della riunione degli Uffici di presidenza delle Commissioni riunite, integrati dai rappresentanti dei gruppi, tenutasi nella mattinata, è stato convenuto, a suo giudizio in modo opportuno, una organizzazione dei lavori volta a consentire l'esame del più ampio numero di proposte emendative, peraltro tutte presentate dai gruppi di minoranza. Nel constatare che i tempi stabiliti per gli interventi non vengono rispettati, preannuncia il rischio di ridurre la discussione a poche proposte emendative.
Ciro MASCHIO, presidente, precisa di aver inteso dalle parole della collega D'Orso che si è trattato di un intervento ricognitivo di carattere generale e che per i successivi emendamenti vi sia l'intendimento di attenersi ai tempi stabiliti.
Le Commissioni respingono l'emendamento D'Orso 10.139.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 11.2, ricorda che l'articolo 11, oltre ad occuparsi di truffa agli anziani, introduce una aggravante di luogo, nel presupposto che il reato sia più grave se commesso in una stazione ferroviaria o metropolitana o nelle immediate adiacenze. Nel sottolineare a tale ultimo proposito come l'espressione «adiacenza» abbia piuttosto una valenza civilistica, rileva come l'articolo 11, per il suo contenuto, violi tutti principi tipici della norma penale.
Ribadendo l'irragionevolezza di punire la condotta non in base alla sua gravità ma piuttosto al luogo in cui è stata commessa, rileva come la vaghezza dell'espressione utilizzata lasci alla più ampia discrezionalità del magistrato stabilire se, nel caso specifico, si configurino o meno le «immediate adiacenze».
Nel far presente che il provvedimento avrebbe dovuto più propriamente occuparsi di temi quali rigenerazione urbana o formazione delle forze dell'ordine, passando al secondo intervento recato dall'articolo 11 rileva che l'incremento della pena di un anno non farà diminuire le truffe agli anziani, dal momento che come dimostrato da un'ampia serie di studi la norma penale non ha effetto deterrente, rammentando l'inefficacia della pena capitale negli Stati Uniti d'America in ordine alla diminuzione dei reati.
Ribadito quindi che con la sola repressione non si risolve il problema, fa presente che occorre al contrario adottare strumenti per la prevenzione dei reati, a cominciare dal presidio del territorio da parte delle forze dell'ordine, rispetto al quale l'attuale Governo sta arretrando.
Aggiunge che intervenire sulla fase patologica della commissione del reato, oltre a non costituire una scelta risolutiva, comporta la conseguenza di mettere in carcere persone che non ricevono aiuto adeguato e che escono peggiori di quando sono entrati. In conclusione, come risulta dai sondaggi, la maggioranza risulta non aver dato adeguate risposte proprio in materia di sicurezza, nonostante abbia fondato sull'argomento la propria campagna elettorale.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Boschi 11.1 e Serracchiani 11.2.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo sugli identici emendamenti Di Biase 11.3, Boschi 11.4 e 11.5 a sua prima firma, considera un vero e proprio «obbrobrio» l'articolo 11, soprattutto con riguardo al comma 1, che introduce la ridicola ed incostituzionale aggravante del luogo in cui viene commesso il reato. Nel riconoscere la sussistenza di una «questione sicurezza» all'interno delle nostre città, si dichiara scoraggiata di fronte alla risposta fornita dal Governo e si domanda per quale motivo dovrebbero essere più gravi un omicidio o uno stupro se commessi in una stazione ferroviaria piuttosto che in qualsiasi altra zona urbana.
Rilevando come, con la nuova aggravante, non si colpisca la condotta sulla base della sua maggiore gravità, aggiunge l'inadeguatezza dell'espressione «immediate vicinanze» che non è oggettivamente quantificabile, si presta ad un'ampia discrezionalità e, oltretutto, non ha precedenti nel panorama penale.Pag. 6
Ritiene che la misura introdotta con il comma 1 costituisca la prova della mancanza di idee della maggioranza che invece di dare risposte alle esigenze di sicurezza dei cittadini utilizza l'argomento a soli scopi elettorali e propagandistici. In conclusione, fa presente che servirebbero invece gesti concreti e meno clamorosi, quali per esempio, il rifinanziamento degli enti locali, in difficoltà nel garantire l'adeguatezza dell'organico della polizia locale, il corretto utilizzo dei sistemi di videosorveglianza e in alcuni persino l'illuminazione pubblica stradale.
Carmela AURIEMMA (M5S), intervenendo a titolo personale e volendo proseguire il medesimo ragionamento del Governo, si domanda per quale motivo siano stati esclusi dall'aggravante luoghi come gli autobus e, paradossalmente, dal tenore letterale della disposizione non si evince se vi sia ricompresa la circumvesuviana. Aggiunge che l'espressione «immediate vicinanze» appare di difficile interpretazione e suggerisce sull'argomento una riflessione anche di natura linguistica.
Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo a titolo personale, fa presente che a suo avviso un'auto della polizia che circoli per le strade costituisce un deterrente decisamente più efficace rispetto ad una circostanza aggravante, tra l'altro prevista dal provvedimento per un'ampia serie di reati. Invita quindi a destinare maggiori risorse alla sicurezza invece di usarla come mezzo di propaganda.
Stefania ASCARI (M5S), intervenendo a titolo personale, ritiene che la disposizione del comma 1 dell'articolo 11 debba essere immediatamente eliminata dal testo e prevede che la sua interpretazione metterà in difficoltà avvocati e magistrati. Nel chiedersi per quale motivo non si siano presi in considerazione, ad esempio, parchi o aeroporti, ritiene che si tratti di una norma ideologica, non fondata su elementi concreti o dati statistici.
Michela DI BIASE (PD-IDP) registra in primo luogo che, pur avendo modificato il testo rispetto all'originario disegno di legge in materia di sicurezza, su cui si è a lungo dibattuto, l'aggravante di cui al comma 1 dell'articolo 11 non è più relativa a tutti i reati ma è comunque applicata ad un'ampia serie di delitti.
Si tratta, secondo il suo gruppo, di una misura priva di buon senso, dal momento che la circostanza aggravante non è legata alla maggiore gravità della condotta ma al luogo in cui essa si verifica. Fa presente che non è un'osservazione del solo Partito democratico e richiama sull'argomento le considerazioni dell'Unione delle camere penali che ravvisa la ratio della circostanza aggravante nella volontà del legislatore di punire in maniera simbolica una specifica categoria.
Nel richiamare l'analoga natura della disposizione in materia di detenute madri, fa presente che in questo caso l'ossessione della maggioranza riguarda le borseggiatrici e da ciò discende l'individuazione dei luoghi dove sarebbe più facile trovarle in azione. Ironicamente, rileva come per fortuna, la maggioranza non abbia dato seguito ai fatti di cronaca in cui i cittadini sono stati borseggiati andando al ristorante o al museo, altrimenti la circostanza aggravante sarebbe stata estesa a tutti i luoghi pubblici in cui si svolge la vita civile. Ribadisce ulteriormente che la maggioranza dovrebbe acquisire la consapevolezza che l'aumento della pena non costituisce in alcun modo un fattore deterrente e che l'unica conseguenza non sarà la diminuzione dei reati ma l'incremento della popolazione carceraria.
Nel sottolineare come maggioranza e Governo evitino di fornire risposte in merito alla soluzione del problema del sovraffollamento carcerario, fa presente che per le ragioni sopra esposte l'emendamento a sua prima firma 1.3 si prefigge di sopprimere il comma 1 dell'articolo 11.
Pasqualino PENZA (M5S) chiede di intervenire a titolo personale.
Ciro MASCHIO, presidente, fa presente di non poter dare la parola al collega Penza in quanto per il suo gruppo si è già raggiuntoPag. 7 il limite massimo di interventi a titolo personale consentiti, alla luce del criterio specificato precedentemente.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Di Biase 11.3, Boschi 11.4 e Giuliano 11.5.
Pasqualino PENZA (M5S), intervenendo sull'emendamento Boschi 11.6, osserva che l'articolo 11 non chiarisce affatto cosa si intenda per «immediate adiacenze» delle stazioni ferroviarie e ritiene che le forze dell'ordine dovranno effettuare una valutazione altamente discrezionale nel momento in cui dovranno contestare tale circostanza aggravante. Evidenzia quindi che la sussistenza di tale circostanza potrebbe essere facilmente confutata dall'avvocato difensore nel corso del procedimento penale.
Reputa infine che tale norma non raggiungerà l'effetto desiderato dal Governo, ossia quello di diminuire il numero di reati commessi all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie, poiché per i criminali costituisce comunque una situazione favorevole quella di agire in luoghi pubblici particolarmente affollati come le stazioni dei treni.
Ritiene pertanto tale disposizione di natura esclusivamente demagogica e di difficile applicabilità, invitando piuttosto il Governo a dotare le stazioni ferroviarie di impianti di videosorveglianza efficienti e ben visibili che costituirebbero un reale strumento di deterrenza alla commissione di reati.
Matteo MAURI (PD-IDP) evidenzia che l'articolo in esame presenta due criticità. In primo luogo, fa presente che la circostanza aggravante della truffa agli anziani era già prevista dall'articolo 640, secondo comma, numero 2-bis e che l'articolo 11 del decreto in esame si limita a collocare la medesima aggravante al terzo comma dell'articolo 640, aumentandone la relativa pena. A suo avviso, ciò dimostra che il Governo emana i provvedimenti al solo scopo di poterli usare per sostenere la propria propaganda politica in merito alle emergenze – vere o false che siano – percepite dalla popolazione.
In secondo luogo, ritiene assolutamente inopportuno che si dia prevalenza al luogo nel quale il reato viene compiuto piuttosto che alla gravità della condotta, ribadendo che tali luoghi non sono nemmeno chiaramente definiti. Nel rammentare che Salvini, pur essendo note le sue aspirazioni di svolgere nuovamente le funzioni di Ministro dell'interno – è attualmente il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ritiene non casuale che la nuova circostanza di luogo di cui all'articolo 61 del codice penale si applichi proprio nelle stazioni ferroviarie.
Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, sottoscrive l'emendamento in esame e sottolinea l'importanza di chiarire la definizione di «immediate adiacenze». Ritiene infatti che tale disposizione lascia ampio spazio al potere interpretativo dei giudici e immagina che fra pochi mesi i magistrati verranno accusati di aver sabotato la nuova circostanza aggravante tramite un'applicazione che il Governo si lamenterà essere eccessivamente restrittiva.
Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, sottoscrive l'emendamento in esame e ribadisce che il fatto che venga usato l'aggettivo «immediate» è di per sé eloquente dell'assoluta indeterminatezza di tale espressione normativa. Ritiene che la maggioranza prima individua le categorie di soggetti da punire e conseguentemente scrive le norme, tentando di colpire in particolare le persone che si trovano in una condizione di marginalità sociale.
Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo a titolo personale, sottoscrive l'emendamento in esame e sottolinea come a suo avviso sull'espressione «immediate vicinanze» si genererà un contenzioso davanti alla Corte di Cassazione, volto a delinearne con esattezza la definizione, e dinanzi alla Corte costituzionale, al fine di porre rimedio alla probabile divergenza di applicazione della stessa norma da parte dei tribunali,Pag. 8 in violazione del principio di ragionevolezza.
Le Commissioni respingono l'emendamento Boschi 11.6.
Devis DORI (AVS), interviene sull'emendamento 11.11 a sua prima firma, volto a riscrivere integralmente l'articolo 640 del codice penale introducendo specifiche circostanze aggravanti più chiare e puntuali rispetto a quelle previste nell'articolo 11 del provvedimento in esame.
Le Commissioni respingono l'emendamento Dori 11.11.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo sull'emendamento Marianna Ricciardi 11.12, ribadisce preliminarmente che la circostanza aggravante della truffa agli anziani era già prevista dall'articolo 640, secondo comma, numero 2-bis, e quindi l'articolo 11 del decreto in discussione si limita semplicemente a ricollocare la medesima aggravante al terzo comma dell'articolo 640 del codice penale, inasprendone la portata.
Sottolinea che la proposta emendativa in esame è volta invece a prevedere specifiche circostanze aggravanti che possano essere applicate negli ambiti in cui sussista effettivamente un allarme sociale, come quello delle truffe informatiche.
Ribadisce l'importanza delle politiche di prevenzione, invitando il Governo ad incrementare le risorse a disposizione della polizia postale.
Le Commissioni respingono l'emendamento Marianna Ricciardi 11.12.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) interviene sull'emendamento 11.13 a sua prima firma, volto a ridurre la pena prevista per il reato di truffa aggravata al fine di renderla compatibile con il principio di proporzionalità rispetto all'offensività della condotta. Ritiene inoltre fondamentale investire risorse nelle politiche di prevenzione della criminalità, implementando l'offerta dei corsi di formazione per le forze dell'ordine che sono quotidianamente impegnati nel contrasto del reato di truffa agli anziani.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, evidenzia che il decreto-legge in esame sia un provvedimento a costo zero e che – soprattutto in un ambito come quello delle truffe agli anziani – occorrono efficaci politiche di prevenzione dei delitti, essendo invece insufficienti solo gli interventi repressivi.
Le Commissioni respingono l'emendamento Serracchiani 11.13.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento 11.19 a sua prima firma, ribadisce la contrarietà del suo gruppo alle disposizioni contenute nell'articolo 11 del decreto-legge e sottolinea come la proposta emendativa in esame sia volta a limitarne almeno la portata prevedendo un miglior coordinamento dello stesso con le disposizioni vigenti.
Essa, infatti, è volta a prevedere la possibilità di accedere per il reato di truffa aggravata anche alla fattispecie dell'arresto obbligatorio in flagranza, prevista finora dall'ordinamento soltanto per particolari reati.
Sottolinea inoltre come le modifiche al codice penale e al codice di procedura penale introdotte dall'articolo in esame, che ritiene non produrranno alcun effetto deterrente, introducano pene non proporzionate, specie se legate all'aggravante di luogo prevista dal comma 1, in base alla quale la medesima azione viene punita in maniera differente a seconda del soggetto che compie l'azione.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, ritiene che il Governo, agendo sulla spinta di una sorta di «panpenalismo emozionale», abbia voluto introdurre un'aggravante legata al luogo nel quale il reato è stato commesso per il solo scopo di far credere ai cittadini di essere in grado di fornire una risposta a specifici casi che le cronache hanno evidenziato.
Marco LACARRA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, sottolinea la contraddittorietàPag. 9 del Ministro della giustizia che, all'inizio del suo incarico, aveva più volte affermato la necessità di ridurre il numero dei reati e che invece ora ha presentato il decreto-legge in esame che introduce numerose nuove fattispecie di reato e che innalza le pene di molti altri reati. Sottolinea, inoltre, come le disposizioni contenute nel decreto-legge in discussione, rendano più difficile l'interpretazione delle norme.
Le Commissioni respingono l'emendamento Serracchiani 11.19.
Carla GIULIANO (M5S), illustra l'articolo aggiuntivo 11.02 a sua prima firma, che è volto a modificare l'articolo 643 del codice penale per tutelare le persone fragili, attraverso l'inasprimento delle pene previste in caso di circonvenzione di persone incapaci. Ritiene infatti che la pena attualmente prevista non sia congrua, specie in relazione all'innalzamento di molte altre pene previsto dal Governo. Raccomanda, quindi, l'approvazione della proposta emendativa in esame.
Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo a titolo personale, sottolinea come l'articolo aggiuntivo Giuliano 11.02 sia volto a sanzionare delle condotte particolarmente odiose e, pertanto, invita il rappresentante del Governo e i relatori a rivalutare il parere già espresso.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), sottoscrive l'articolo aggiuntivo Giuliano 11.02, identico all'articolo aggiuntivo Dori 11.03, sottolineando la particolare odiosità del reato in discussione.
Considera, inoltre, particolarmente singolare che l'Esecutivo, che con il decreto-legge in discussione ha introdotto numerose nuove fattispecie di reato e previsto nuove aggravanti, non si occupi della circonvenzione di persone incapaci che è punita con una pena inferiore rispetto a quella prevista dal provvedimento in esame per l'occupazione arbitraria di immobili.
Ritiene che l'articolo aggiuntivo in esame dovrebbe essere oggetto di un supplemento di riflessione.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Dori 11.03, di cui è cofirmatario, identico all'articolo aggiuntivo Giuliano 11.02, sottolinea come tale proposta emendativa dimostri che i gruppi di opposizione sono spinti nella loro attività parlamentare dall'esigenza di andare incontro ai bisogni del Paese e non dalla volontà pregiudiziale di porsi sempre in contrasto rispetto alle opinioni dell'Esecutivo.
Sottolinea che, sebbene il suo gruppo sia assolutamente contrario ad un generico inasprimento delle pene, per questo reato, particolarmente odioso, ritiene sia necessario prevedere delle pene più severe di quelle attuali. Ritiene, infatti, che, per la specificità del reato, in questo particolare caso, un innalzamento della pena potrebbe avere una funzione deterrente.
Ritiene, quindi, che il parere contrario espresso dal rappresentante del Governo e dai relatori sia la dimostrazione della posizione pregiudizialmente contraria del Governo e della maggioranza rispetto ai contributi costruttivi proposti dalle opposizioni.
Reputa, inoltre, particolarmente grave la prassi che ultimamente si sta instaurando in base alla quale i relatori, nel corso dell'esame di provvedimenti del Governo, esprimono parere contrario su tutti gli emendamenti presentati dai gruppi di opposizione, facendo sorgere il dubbio che su di essi non avviino neanche l'istruttoria.
A suo avviso, si tratta di una modalità di lavoro non rispettosa delle regole che dovrebbero contraddistinguere la dialettica parlamentare tra le forze politiche. Sottolineando come la valutazione di ogni singola proposta emendativa debba essere garantita a tutti i parlamentari, ritiene che i presidenti di Commissione dovrebbero farsi parte attiva di questa esigenza di difesa delle funzioni e delle prerogative parlamentari.
Le Commissioni respingono gli identici articoli aggiuntivi Giuliano 11.02 e Dori 11.03.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo sull'emendamento L'Abbate 12.2, identico Pag. 10agli emendamenti Boschi 12.1 e Zaratti 12.3, ricorda che come l'articolo 12 del decreto-legge preveda, attraverso una modifica dell'articolo 635 del codice penale, un inasprimento delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia.
Evidenzia in primo luogo come tali comportamenti siano già puniti dall'ordinamento.
Rileva, inoltre, che la maggioranza era già recentemente intervenuta sull'articolo 635 del codice penale e che in quell'occasione non aveva ritenuto necessario prevedere la novella che ora si introduce. A suo avviso, tale modus operandi non organico non potrà fare altro che generare confusione nell'ordinamento.
Sottolinea, altresì, come la disposizione sia volta a introdurre una sorta di «aggravante di un'aggravante» della quale ritiene non vi fosse necessità e che considera una misura ideologica finalizzata soltanto a incutere paura nei cittadini e a far loro credere che il Governo garantisca loro la sicurezza, quando invece non è nelle condizioni di assicurarla.
Rileva, infatti, come la sicurezza non si garantisce attraverso l'innalzamento delle pene ma con lo stanziamento delle risorse necessarie per investire in mezzi e personale.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sull'emendamento 12.3 a sua prima firma, identico agli emendamenti Boschi 12.1 e L'Abbate 12.2, ritiene che «l'aggravante di aggravante» prevista dall'articolo 12 del decreto-legge non abbia alcuna funzione deterrente.
Evidenzia come le forze dell'ordine italiane siano particolarmente esperte e come per molti anni, almeno fino a poco fa, abbiano gestito efficacemente le manifestazioni di piazza. Eventuali criticità recenti vanno quindi imputate non a loro ma probabilmente a chi ne dirige l'operato.
Le disposizioni contenute nell'articolo 12 del decreto-legge in esame, invece, non sono utili a tal fine e manifestano, ancora una volta, la volontà della maggioranza e dell'Esecutivo di cercare il consenso attraverso un panpenalismo emozionale.
Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo a titolo personale, sottolinea come la nuova disposizione prevista dall'articolo 12 si sovrapponga all'ipotesi di concorso di reato.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Boschi 12.1, L'Abbate 12.2 e Zaratti 12.3.
Devis DORI (AVS), illustra l'emendamento Zaratti 12.5, che è volto a prevedere che la pena prevista dall'articolo 12 si applichi se l'invito reiterato a disciogliersi da parte dell'autorità di pubblica sicurezza rimanga senza effetto.
Tale previsione ha il pregio di introdurre gradualità in una norma che, a suo avviso, non è prevista per tutelare le vittime di un'azione di danneggiamento ma per limitare il libero svolgimento, costituzionalmente garantito, di una manifestazione.
Le Commissioni respingono l'emendamento Zaratti 12.5.
Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) interviene per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti 13.1 a sua prima firma, Magi 13.2, Zaratti 13.3 e Boschi 13.4, interamente soppressivi dell'articolo 13 del provvedimento, che a suo giudizio presenta una serie di criticità.
In primo luogo, stigmatizza la scelta di attribuire al questore il potere di disporre il divieto di accesso alle aree delle infrastrutture di trasporto, e relative pertinenze, nei confronti di soggetti denunciati o condannati con sentenza non definitiva. Si tratta infatti di persone nei cui confronti vige la presunzione di non colpevolezza, ai sensi dell'articolo 27, secondo comma, della Costituzione.
Ricorda come la maggioranza abbia più volte espresso la volontà di ridurre le misure di prevenzione, ma constata come, nel caso di specie, ne stia ampliando l'ambito di applicazione.
Ritiene poi che sia una misura di grande pericolo l'estensione della facoltà di arresto Pag. 11in flagranza differita anche ai casi di lesioni personali nei confronti di un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, dal momento che tale ipotesi di arresto si fonda sulla visione di documentazione video-fotografica da cui potrebbe in ipotesi essere difficile l'identificazione certa del soggetto. Il conferimento di questo tipo di prerogative alla polizia giudiziaria confligge del resto con l'impostazione di base del codice di procedura penale che, al di fuori dei casi di flagranza, esclude che si possa prescindere da un intervento del giudice o del pubblico ministero, in caso di pericolo di fuga.
Per le stesse ragioni già espresse quando fu introdotta un'analoga previsione con il decreto-legge n. 137 del 2024, in relazione ai casi di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, esprime dunque la propria contrarietà sull'articolo 13 del provvedimento, di cui auspica la soppressione.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Cafiero De Raho 13.1, Magi 13.2, Zaratti 13.3 e Boschi 13.4.
Federico GIANASSI (PD-IDP) interviene per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti Cuperlo 13.6, di cui è cofirmatario, Zaratti 13.7 e Cafiero De Raho 13.8, che mirano a sopprimere la previsione per cui si estende il cosiddetto «Daspo urbano» anche a soggetti denunciati o condannati con sentenza non definitiva. Prende atto che il sottosegretario Molteni sembra intenzionato ad intervenire per evidenziarne le similitudini rispetto al cosiddetto «Daspo Willy» e lo invita a svolgere le sue considerazioni, che certamente sarebbero utili per il dibattito, data la rilevanza dei temi trattati.
Sottolinea comunque che i reati posti a fondamento delle due misure testé citate sono caratterizzati da un disvalore ben diverso.
Si domanda in particolare che efficacia possa avere il suddetto «Daspo urbano» in termini di aumento della sicurezza pubblica. Infatti, seppure manchino ancora dei dati statistici a conferma delle sue previsioni, ritiene che le politiche securitarie del Governo stiano fallendo – come dimostra altresì il travagliato iter di esame dei due provvedimenti in materia assegnati a queste Commissioni – per il semplice fatto che l'Esecutivo non comprende che è necessario stanziare risorse in ottica preventiva e non repressiva, incrementando ad esempio gli organici delle forze dell'ordine e investendo sui cosiddetti «mediatori di strada». Constata invece che il Governo, non ammettendo il proprio fallimento, effettua tagli per 7 miliardi di euro agli enti locali e si rende indisponibile ad un confronto politico costruttivo.
Devis DORI (AVS), intervenendo per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti Cuperlo 13.6, Zaratti 13.7, di cui è cofirmatario, e Cafiero De Raho 13.8, sostiene la necessità di circoscrivere molto di più le ipotesi di applicazione del «Daspo urbano», dal momento che non viene disposto dall'autorità giudiziaria, ma dal questore, e comprime la libertà di circolazione, garantita dall'articolo 16 Costituzione.
Si domanda come sia possibile che deputati di maggioranza che si dichiarano su posizioni garantiste rispetto alle libertà individuali accettino di approvare un articolo che comporta una tale limitazione della libertà personale anche nei confronti di soggetti – solamente – denunciati per delitti contro il patrimonio e non si capacita di come il Governo non abbia provveduto a correggere, in sede di adozione del decreto-legge in esame, questa previsione, a suo giudizio palesemente incostituzionale.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, richiamate le considerazioni del collega Gianassi, evidenzia come la norma sul «Daspo urbano» vìoli palesemente il principio della presunzione di non colpevolezza e comprima i diritti di persone anche solo denunciate per reati tra loro molto eterogenei, caratterizzati da un disvalore che non giustifica una simile limitazione delle libertà costituzionalmente garantite.
Laura BOLDRINI (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, si domanda cosa Pag. 12il Governo pensi di risolvere o ottenere con la suddetta misura, applicabile anche in caso di mera denuncia per reati contro il patrimonio. Considerato che la persona allontanata potrebbe commettere un delitto poco fuori dalle aree indicate dall'articolo 13 del provvedimento, dichiara di non comprendere la ratio della misura, che, oltre ad essere assolutamente inidonea ad assicurare maggiore sicurezza pubblica, appare esclusivamente propagandistica.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo a titolo personale, contesta la formulazione della misura in esame, che amplia a dismisura la discrezionalità delle forze dell'ordine, nella persona del questore, sulla base di una mera denuncia e, di conseguenza, limita i diritti fondamentali senza il previo vaglio dell'autorità giudiziaria.
Ritiene pertanto che si stia consumando la trasformazione della forma di Stato italiano, da Stato di diritto in Stato di polizia, con buona pace dei colleghi di Forza Italia e delle loro rivendicazioni di posizioni garantiste, invitandoli a ripassare le tante lezioni che hanno inteso impartire alle forze di minoranza in passato.
Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti Cuperlo 13.6, Zaratti 13.7 e Cafiero De Raho 13.8, di cui è cofirmataria, ritiene che l'articolo 13 del decreto-legge in esame vìoli i princìpi sanciti dagli articoli 13 e 16 della Costituzione. Si recide infatti il principio di inviolabilità della libertà personale, si trasforma l'Italia da uno Stato di diritto in uno Stato di polizia – per via dell'aumento tanto dei reati quanto della discrezionalità attribuita all'autorità di pubblica sicurezza – e si travolge il principio di presunzione di non colpevolezza, cancellando così le conquiste civili del nostro Paese.
Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo a titolo personale, critica aspramente la norma in esame per la sua ampiezza – molto diversa da quella che disciplina il Daspo per le manifestazioni sportive –, sia con riguardo al novero dei soggetti potenzialmente destinatari, sia con riguardo all'estensione temporale del divieto, sia ancora con riferimento all'estensione delle aree in cui l'accesso sarebbe vietato, che oltretutto non coincidono con i luoghi in cui, forse, è stato commesso il delitto-presupposto della misura.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Cuperlo 13.6, Zaratti 13.7 e Cafiero De Raho 13.8.
Ciro MASCHIO presidente, in considerazione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, convocata per le ore 20.
La seduta termina alle 16.05.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 21 maggio 2025. — Presidenza del presidente della I Commissione, Nazario PAGANO. – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.
La seduta comincia alle 20.20.
DL 48/2025: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
C. 2355 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 maggio 2025.
Nazario PAGANO, presidente, dopo aver dato conto delle sostituzioni pervenute, ricorda che nella seduta odierna delle ore 14 le Commissioni hanno interrotto i loro lavori con la votazione degli identici emendamenti Cuperlo 13.6, Zaratti 13.7 e Cafiero De Raho 13.8.
Dando seguito alla richiesta avanzata per le vie brevi, in assenza di obiezioni, dispone l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.Pag. 13
L'esame riprende quindi dagli identici emendamenti Giuliano 13.13 e Serracchiani 13.14 sui quali i relatori e il rappresentante del Governo hanno formulato parere contrario.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo sugli identici emendamenti 13.13 a sua prima firma e Serracchiani 13.14, giudica inappropriata l'estensione del «Daspo urbano» a coloro che risultino denunciati o condannati nel corso dei cinque anni precedenti, in quanto in tal modo si prescinde da un accertamento pieno da parte dell'autorità giudiziaria.
In accordo con le considerazioni già svolte da alcuni colleghi, ritiene eccessiva la dilatazione della fattispecie in assenza di limitazioni concernenti il luogo di commissione del fatto e la durata del divieto di accesso.
Osserva come la misura introdotta dall'articolo 13 del provvedimento in esame risulti incostituzionale, anche alla luce della violazione del principio di non colpevolezza a cui alcuni soggetti politici dell'attuale maggioranza fanno spesso riferimento.
Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo sugli identici emendamenti Giuliano 13.13 e Serracchiani 13.14, di cui è cofirmataria, evidenzia il netto contrasto tra l'ingiustificata misura introdotta dall'articolo 13 del provvedimento in analisi e il principio di non colpevolezza, nonostante il millantato garantismo sbandierato da componenti dell'attuale Governo.
Quest'ultimo, per di più, continua a ritenere che si debba perseguire l'obiettivo della sicurezza generale per mezzo di misure repressive, proprio come ha fatto tramite l'applicazione delle cosiddette «zone rosse». A questo riguardo riporta l'esempio dell'Arcella, un quartiere della città di Padova nel quale la prefettura, senza alcun coinvolgimento del sindaco Sergio Giordani – esponente del Partito Democratico ed espressione della comunità locale, ha imposto – del tutto ingiustificatamente vista la realtà sociale ivi presente – una zona rossa che ha avuto come unico effetto quello di gettare discredito e recare ingenti danni alla zona in termini di reputazione, commercio e svalutazione degli affitti.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale e illustrando brevemente l'emendamento, sottolinea l'intento del suo gruppo di riaffermate il principio di non colpevolezza, concentrando la misura prevista dall'articolo 13 unicamente sugli individui destinatari di sentenza definitiva, e non anche su coloro che siano stati meramente denunciati.
Michela DI BIASE (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, fa notare come la formulazione dell'articolo 13 appare in netta contraddizione con il sovente millantato garantismo della maggioranza.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sugli identici emendamenti Giuliano 13.13 e Serracchiani 13.14, esprime seri dubbi sulla costituzionalità di una limitazione così significativa della libertà personale in assenza di condanna definitiva.
A tal proposito, osserva che l'articolo 13 del provvedimento concede all'autorità di pubblica sicurezza un potere eccessivo e svincolato dagli accertamenti dell'autorità giudiziaria, contravvenendo ai principi cardine del nostro ordinamento.
Asserisce che le forze di destra stanno sferrando un assalto alla Carta costituzionale, che garantisce l'assetto democratico del Paese che, in un quadro di separazione dei poteri, assegna la tutela dei diritti individuali alla magistratura.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Giuliano 13.13 e Serracchiani 13.14.
Stefania ASCARI (M5S), intervenendo sugli identici emendamenti Mauri 13.10 e D'Orso 13.11, di cui è cofirmataria, sostiene l'incoerenza tra la ratio delle misure in esame – che sostanziano una palese violazione della libertà personale e le martellanti campagne mediatiche con cui la maggioranza si erge a paladina del principio Pag. 14assoluto di presunzione di innocenza di cui all'articolo 27 della Costituzione.
Per rendere l'idea delle distorsioni e delle manifeste criticità costituzionali, giuridiche e sociali che deriveranno dall'applicazione delle misure oggetto del provvedimento, evidenzia come, in ipotesi, l'emissione di un «Daspo urbano» potrebbe discendere da una semplice denuncia pretestuosa.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Mauri 13.10 e D'Orso 13.11.
Devis DORI (AVS), intervenendo sull'emendamento Zaratti 13.16, di cui è cofirmatario, si rivolge ai colleghi di Forza Italia sottolineando come l'articolo 13 determini il superamento della riforma della separazione delle carriere dei magistrati, in quanto non vi sarà neppure bisogno dell'intervento della magistratura inquirente o giudicante: basterà il questore che, anche senza una pronuncia giudiziaria di condanna, basandosi su denunce riferite a ipotesi di reato anche non gravi – come ad esempio il danneggiamento – potrà autonomamente incidere in modo pervasivo sulla libertà costituzionale di movimento.
Fa presente che, al fine di ridurre gli sconvenienti effetti del provvedimento, l'emendamento tenta almeno di circoscrivere i poteri del questore ai soli casi in cui vi sia stata una sentenza definitiva.
Michela DI BIASE (PD-IDP) sottoscrive l'emendamento Zaratti 13.16 e condivide le argomentazioni del collega Dori.
Giudica infatti insensato che l'attuale Governo, sedicente garantista, possa concepire un «Daspo urbano» nei confronti di individui non condannati con sentenza definitiva, in quanto tale limitazione della libertà, conseguendo ad un semplice provvedimento amministrativo, stride con la battaglia che la maggioranza ha promosso per contrastare, ad esempio, la legge Severino.
Ritiene che tali comportamenti configurino un paradosso non solo giuridico, ma anche e soprattutto politico.
Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo a titolo personale sull'emendamento Zaratti 13.16, condivide le parole testé pronunciate dalla collega Di Biase. Afferma, in particolare, che chiunque si professi garantista non può in alcun modo accettare l'equiparazione della posizione del condannato con quella del denunciato: starebbe evidentemente violando il principio della presunzione di non colpevolezza, caposaldo ineludibile del pensiero garantista.
Enrica ALIFANO (M5S) ritiene che le disposizioni recate dall'articolo in esame costituiscono una normativa liberticida, che travolge la nostra tradizione democratica, come neanche la legislazione del ventennio fascista era giunta a fare.
Inoltre, rivolge un appello al rappresentante del Governo, affinché renda noto alle Commissioni il numero di provvedimenti di questa stregua sono stati adottati dai questori nel corso del periodo di vigenza del decreto. Si augura, invero, che non ve ne siano stati, confidando sul fatto che il buon senso, anche dei questori, possa infine prevalere.
Marco LACARRA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale sulla medesima proposta emendativa, si meraviglia che i colleghi di Forza Italia possano consentire ad una tale innovazione normativa. Reputa, infatti, che una forza politica che non manca occasione di definirsi garantista e che si scaglia contro l'abuso del potere cautelare del giudice penale, si possa accontentare di una mera denuncia per giustificare l'adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, rileva che l'articolo in esame prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena non sia rimessa alla valutazione di un giudice, essendo, piuttosto, preclusa automaticamente a fronte dell'inosservanza del divieto imposto dal giudice. Avverte che un tale meccanismo, ponendosi in evidente contrasto con il disposto costituzionale, sarà Pag. 15senz'altro passibile di censura da parte della Corte costituzionale.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo a titolo personale, riprende il ragionamento svolto dal collega Lacarra, al quale fa presente, ironicamente, che i deputati di Forza Italia sembrano attenti all'abuso dei poteri cautelari dei magistrati, ma, allo stesso tempo, totalmente noncuranti se degli stessi poteri vengono dotati i questori.
Le Commissioni respingono l'emendamento Zaratti 13.16.
Valentina D'ORSO (M5S) illustra l'emendamento Giuliano 13.25, di cui è cofirmataria, identico all'emendamento Zaratti 13.26, volti a ridurre l'ambito temporale rilevante ai fini dell'adozione del provvedimento a trentasei mesi in luogo degli attuali cinque anni.
Afferma, inoltre, di non essere per nulla meravigliata dal fatto che i colleghi di Forza Italia concordino con le disposizioni contenute all'interno dell'articolo 13, di natura evidentemente affatto garantista. Quello che professa Forza Italia infatti è, a suo avviso, un «garantismo a corrente alternata», indulgente ed attento per sindaci, governatori di regione o politici e disinteressato, invece, per la gente comune. La strumentalità della pena e la violazione del principio di non colpevolezza sono da loro sempre utilizzati come argomenti in difesa dei potenti e mai una volta a tutela delle classi sociali più indifese. Osserva come questa sia la plastica dimostrazione che il Governo e la maggioranza intendono creare cittadini di serie A e cittadini di serie B, dove i primi non devono essere in alcun modo limitati nel loto malaffare, mentre ai secondi può tranquillamente essere stravolta la vita.
Infine, con riguardo al dibattito svoltosi nel corso della seduta pomeridiana in ordine alle similitudini tra la misura in esame e il cosiddetto «Daspo Willy», tiene a precisare che vi è una fondamentale differenza, data dal fatto che la misura contenuta nell'articolo in esame appare in palese ed ingiustificato contrasto con la libertà di movimento, di primaria rilevanza costituzionale.
Devis DORI (AVS) intervenendo sugli identici emendamenti Giuliano 13.25 e Zaratti 13.26, di cui è cofirmatario, rileva che l'articolo in esame avrà l'effetto di costituire una classe di «superquestori», che, dotati, di inediti poteri, si possono spingere finanche ad esercitare prerogative tipiche dei magistrati.
Specificando che le disposizioni in esame andrebbero in realtà soppresse, invita i colleghi della maggioranza quanto meno ad accogliere la presente proposta emendativa e circoscrivere, dunque, il tempo al quale si può risalire per giustificare l'adozione del provvedimento del questore. In caso contrario, a suo modo di vedere, il cosiddetto «Daspo urbano» potrebbe essere adottato e motivato sulla base di episodi fin troppo risalenti nel tempo e che poco hanno a che fare per i fatti per cui si sta procedendo.
Convinto che anche tali disposizioni saranno presto censurate da parte delle Corte costituzionale, crede che esse trovino spiegazione solamente nella volontà della maggioranza di imputarsi un successo di mera natura propagandistica.
Rachele SCARPA (PD-IDP) associandosi alle considerazioni testé svolte dalla collega D'Orso, osserva come quello dei colleghi di Forza Italia non sia solo un «garantismo selettivo» quanto, ancor di più, un «garantismo di classe». Osserva, infatti, come sia tipico di questa destra intraprendere battaglie di stampo garantista per tutelare la classe dirigente e, quando si tratta, invece, di categorie marginalizzate, spogliarsi di tale logica e adottare, anzi, un approccio marcatamente giustizialista. Ecco che, a suo avviso, per risolvere il problema del degrado intorno alle stazioni ferroviarie – forse anche per fare un favore al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini – questo Governo pensa di introdurre nuovi reati o di aggravare quelli già esistenti. Ritiene che, così facendo, non si vuole risolvere il problema del degrado e della sicurezza pubblica, ma lo si vuole solamente spostare altrove, intestandosi, al Pag. 16contempo, un autoproclamato successo politico.
Avanza, infine, il sospetto che questo Governo sia consapevole di tutto ciò, ma che decida comunque di insistere nella retorica del degrado urbano e dell'aumento dei crimini, allo scopo di aumentare una diffusa percezione di insicurezza, che possa portare l'elettorato impaurito a cercare una risposta securitaria dalla politica e, in particolare, da questo tipo di politica che sta attualmente al Governo.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo a titolo personale, propone di utilizzare lo strumento del «Daspo urbano» anche nei confronti di coloro che vengono condannati o denunciati per reati contro la pubblica amministrazione. D'altronde, dal momento che la corruzione costerebbe al nostro Paese 237 miliardi di euro l'anno, impedire a costoro di entrare nei Ministeri, nelle regioni, nelle province e nei comuni permetterebbe allo Stato di risparmiare un enorme quantità di denaro.
Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo a titolo personale, segnala che, per come congegnato, l'articolo in esame ben potrebbe applicarsi, in effetti, anche nei confronti di coloro che ricoprono cariche di potere.
Carmela AURIEMMA (M5S), intervenendo a titolo personale, sostiene che per i politici si sente, forse ancor di più, l'esigenza di prevedere una sorta di Daspo o una qualche altra misura inibitoria nei casi in cui siano indagati per reati contro la pubblica amministrazione.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli identici emendamenti Giuliano 13.25 e Zaratti 13.26 e l'emendamento Zaratti 13.36.
Carla GIULIANO (M5S) interviene per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti Serracchiani 13.37, D'Orso 13.38, di cui è cofirmataria, e Gianassi 13.39, soppressivi del comma 1, lettera b), e del comma 2 dell'articolo 13.
Reputa totalmente irragionevole considerare rilevante, ai fini dell'applicazione delle misure penali, il luogo della commissione di un reato. Ritiene, peraltro, che le conseguenze previste dalle disposizioni che gli emendamenti propongono di sopprimere sarebbero inopinatamente gravi e quindi giustificabili soltanto da motivazioni ideologiche.
Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo a titolo personale, osserva come non sia affatto chiaro per quanto tempo si debba prolungare il divieto di accesso che il giudice pronuncia ai sensi del secondo comma dell'articolo in esame.
Filiberto ZARATTI (AVS) ritiene priva di qualsiasi fondamento giuridico la caratterizzazione di un reato a seconda del luogo in cui lo si commetta. Osserva che i colleghi di qualsiasi altro parlamento europeo, se leggessero una tale norma, si meraviglierebbero e, anzi, probabilmente si prenderebbero gioco del Parlamento italiano.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Serracchiani 13.37, D'Orso 13.38 e Gianassi 13.39.
Stefania ASCARI (M5S), illustra l'emendamento 13.41 a sua prima firma, volto a sopprimere la lettera c) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto-legge con la quale si prevede che la disciplina dell'arresto in flagranza differita trovi applicazione anche nel caso del delitto di cui all'articolo 583-quater del codice penale quando il fatto è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Rammenta come la normativa attuale preveda l'applicazione della disciplina dell'arresto in flagranza differita soltanto nel caso di lesioni cagionate a personale medico.
L'estensione prevista, quindi, dalla citata lettera c) creerà un problema di coordinamento con la circostanza aggravante di cui all'articolo 576-bis, numero 5-bis) del codice penale – introdotta nel 2008 da un altro decreto-legge sicurezza – che è elencataPag. 17 tra quelle che comportano la pena dell'ergastolo per l'omicidio e che si applica anche alle lesioni personali.
La disposizione della quale l'emendamento in discussione chiede la soppressione, inoltre, creerà anche frequenti problemi di natura interpretativa, in particolare, in rapporto ai non rari episodi di resistenza a pubblico ufficiale con annesse lesioni personali ai danni di questi ultimi.
Rammenta come sul punto la giurisprudenza ritenga configurabile il concorso tra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale e quello di lesioni personali aggravate. Ciò amplificherà gli effetti sanzionatori prodotti dal decreto-legge in esame che, all'articolo 19, introduce anche una nuova aggravante per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
Ritiene, dunque, che sarebbe opportuno effettuare una riflessione ulteriore su tale tematica.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli emendamenti Ascari 13.41, Serracchiani 13.43 e Zaratti 13.47.
Devis DORI (AVS) illustra l'emendamento Zaratti 13.49, sottolineando come essendo stati già respinti gli identici emendamenti di opposizione soppressivi dell'articolo, con la proposta in discussione, il suo gruppo tenta di circoscrivere la portata della norma, relativamente all'arresto ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale, esclusivamente nei casi in cui si siano verificate violenze o danneggiamenti.
Le Commissioni respingono l'emendamento Zaratti 13.49.
Filiberto ZARATTI (AVS) illustra l'emendamento a sua firma 13.56 volto a rimediare a un palese errore nella formulazione del testo che, nel fare riferimento alle aree delle infrastrutture nelle quali vengono commessi reati contro la persona o contro il patrimonio, le qualifica «fisse e mobili». Evidenzia che il ricorso nel testo alla congiunzione «e» rende pleonastico l'inciso in quanto le strutture fisse e mobili sono di fatto tutte le strutture.
Rammentando come solo nella giornata di ieri, nel corso del dibattito in Assemblea sul decreto-legge in materia di acquisto della cittadinanza italiana, diversi colleghi della maggioranza hanno evidenziato come la cittadinanza possa essere concessa soltanto a coloro che «parlano bene l'italiano», ritiene che sarebbe opportuno che anche l'Esecutivo facesse la sua parte, impegnandosi a scrivere correttamente i provvedimenti che licenzia.
Carmela AURIEMMA (M5S), nel sottoscrivere l'emendamento Zaratti 13.56 ne chiede l'accantonamento, sottolineando come esso rimedi ad un evidente errore contenuto nel decreto-legge.
Augusta MONTARULI (FDI), relatrice per la I Commissione, anche a nome degli altri relatori, non accede alla richiesta di accantonamento avanzata dalla collega Auriemma.
Le Commissioni respingono l'emendamento Zaratti 13.56.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP), illustra l'emendamento a sua firma 13.72 volto a prevedere che in caso di condanna per reati contro la persona o il patrimonio commessi nelle aree e nelle pertinenze dei trasporti pubblici la durata del divieto imposto dal giudice di accedere a luoghi o aree specificamente individuati previsto dal comma 2 dell'articolo 13 non sia superiore alla durata della pena detentiva inflitta.
Sottolinea, infatti, come la disposizione contenuta nel decreto-legge preveda un divieto sostanzialmente senza limite di tempo, che contrasta con il principio di ragionevolezza e con quello di tassatività della norma penale. Evidenzia, infatti, che tale disposizione determina una sorta di «fine pena mai» in quanto, nonostante il soggetto abbia scontato la pena che gli è stata inflitta, si troverebbe comunque a dover subire un divieto permanente.
Ritiene che tale previsione, che sarà sicuramente soggetta a censure di legittimità,Pag. 18 avrà come unico risultato quello di intasare maggiormente le aule di giustizia.
Filiberto ZARATTI (AVS) sottoscrive l'emendamento Serracchiani 13.72 sottolineando come i luoghi ai quali verrebbe vietato l'accesso a seguito della norma in discussione sono quelli la cui frequentazione è fondamentale per la vita delle persone.
A suo avviso, è una palese ingiustizia prevedere un divieto perpetuo di accedere, ad esempio, su un mezzo pubblico, ad una persona che sebbene ha commesso un errore, ha comunque già saldato il suo debito con la giustizia. Una previsione del genere può essere infatti accettata come pena accessoria soltanto per un periodo limitato che non può mai essere superiore alla durata della pena stessa.
Carmela AURIEMMA (M5S) sottoscrive l'emendamento Serracchiani 13.72 sottolineando come la limitazione prevista dall'articolo 13 del decreto-legge incida fortemente sulla libera circolazione di un soggetto, che è una libertà costituzionalmente garantita e che può essere limitata o esclusa soltanto per motivi di ordine pubblico e per un periodo limitato. Inoltre, rammenta come la libera circolazione dei lavoratori sia uno dei principi fondamentali dell'Unione europea ed un diritto fondamentale dei lavoratori.
Rachele SCARPA (PD-IDP), intervenendo a titolo personale sull'emendamento Serracchiani 13.72, che sottoscrive, ritiene che la mancanza di un termine finale per l'applicazione della misura in esame avvicini la stessa alla categoria dell'«esilio» più che dell'«ostracismo», considerato che i legislatori dell'antica Atene avevano stabilito per esso una durata massima – di dieci anni – dimostrando con ciò di essere più ragionevoli dell'attuale maggioranza.
Le Commissioni respingono l'emendamento Serracchiani 13.72.
Federico FORNARO (PD-IDP) interviene per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti Boschi 14.1, Ascari 14.2, Zaratti 14.3 e Mauri 14.4, di cui è cofirmatario, interamente soppressivi dell'articolo 14, che a suo giudizio si colloca nella parte alta della classifica delle misure più meschine introdotte dal provvedimento in esame.
Con tale norma infatti si trasforma il blocco stradale e ferroviario da illecito amministrativo a illecito penale, con l'idea di risolvere in tal modo un fenomeno che non desta alcun allarme sociale. Ripercorrendo la storia del nostro Paese, si rinvengono infatti due situazioni che oggi integrerebbero la nuova fattispecie penale: le manifestazioni dei ragazzi del movimento Fridays for Future e le proteste sindacali di lavoratori costretti, come extrema ratio ad esprimere in tal modo il dissenso per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e difendere il proprio posto di lavoro. Ricorda al riguardo il caso degli operai della Whirlpool di Napoli, che dopo anni di battaglia sul fronte sindacale e di lotta condotta in questo modo, sono riusciti a mantenere in vita la loro fabbrica, ora riconvertita.
Osserva come oggi, quegli stessi lavoratori, nonché i tanti giovani che manifestano – anche se talvolta in forme eccessive- sarebbero considerati delinquenti e avrebbero la fedina penale sporca. Si tratterebbe, a suo giudizio, di una profonda ingiustizia, irragionevole e inaccettabile sotto il profilo morale ancor prima che giuridico. Si domanda se sia questo il volto che il nostro Stato vuole mostrare ed invita caldamente la maggioranza a riflettere con attenzione sulla barbarie giuridica che sta ponendo in essere.
Stefania ASCARI (M5S) interviene sugli identici emendamenti Boschi 14.1, 14.2 a sua prima firma, Zaratti 14.3 e Mauri 14.4, soppressivi dell'articolo 14, che considera non riformabile e reputa essere uno dei più pericolosi dell'intero decreto-legge.
Tale norma costituisce infatti, a suo giudizio, un attacco diretto al diritto di protesta e di libera manifestazione del dissenso, come spesso hanno fatto lavoratrici e lavoratori – in tanti iniziative di Pag. 19protesta cui lei stessa ha preso parte –, nonché ragazzi dei movimenti studenteschi e attivisti sociali, tutte categorie di soggetti che denunciano in modo pacifico la violazione di loro diritti e che da oggi verranno sanzionate penalmente.
Ritiene aberrante l'introduzione di questo nuovo reato nel nostro ordinamento, sintomo di una gravissima svolta repressiva, autoritaria e incostituzionale, dal momento che si vìola il principio di proporzionalità e si lede il principio democratico.
Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sugli identici emendamenti Boschi 14.1, Ascari 14.2, 14.3 a sua prima firma e Mauri 14.4, sottolinea come il Governo stia novellando un impianto normativo che risale al 1948 e, con minime modifiche, ha accompagnato la crescita della nostra Repubblica, ed evidenzia come nessun altro Esecutivo abbia mai pensato di modificare tale disciplina, neppure durante le stagioni più violente e burrascose, quando generazioni di contadini, operai e studenti hanno potuto portare avanti le rispettive lotte ricorrendo ad una forma di protesta, tutto sommato pacifica, che ha favorito il rafforzamento della nostra democrazia. Si tratta, ricorda, della stessa democrazia che oggi consente all'attuale maggioranza di governare, ma che la stessa maggioranza vuole ridimensionare, costruendo uno Stato autoritario, che alla libera manifestazione del pensiero e del dissenso – che contribuiscono a far vivere un Paese – preferisce l'omologazione e la dura repressione.
Dal momento che la nuova fattispecie penale sembra costruita per colpire in modo mirato alcune categorie di attivisti – come quelli di Extincion Rebellion – punendo difatti chi attui un blocco stradale con l'utilizzo del proprio corpo, suggerisce ironicamente ai manifestanti di fare uso di trattori, poiché in quel caso verrebbero puniti con la sola sanzione amministrativa.
Ritenendo che la maggioranza debba vergognarsi, conclude ricordando che a inizio legislatura, in modo evidentemente incoerente, la Presidente Meloni aveva dichiarato che sarebbe stata dalla parte dei giovani che manifestano per difendere le proprie idee.
Debora SERRACCHIANI (PD-IDP), intervenendo a titolo personale, condivide la suggestione del collega Zaratti di effettuare i blocchi stradali con i trattori piuttosto che con il proprio corpo, per incorrere al più in sanzioni amministrative ed evitare di soggiacere a sanzioni penali.
Carmela AURIEMMA (M5S), intervenendo a titolo personale, rileva come l'articolo in esame sia tra i più pericolosi, in quanto reca norme volte a reprimere il dissenso e a colpire coloro che manifestano per motivi importanti e a difesa di diritti fondamentali, quale quello al lavoro.
Richiama l'attenzione del sottosegretario Molteni sul sostegno offerto a suo tempo dalla Lega agli allevatori che protestavano, bloccando le vie di comunicazione, nell'ambito della vertenza sulle «quote latte», ed evidenzia come con l'articolo in esame la Lega rinneghi la propria storia.
Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo a titolo personale, rileva la profonda ingiustizia della norma di cui le proposte emendative in esame propongono la soppressione, e come tale norma violi il principio di offensività. In sostanza, si usa lo strumento penale, che dovrebbe invece garantire la sicurezza dei cittadini, per reprimere il dissenso.
Sottolinea come si tratti di una norma liberticida che viola i principi fondamentali dello Stato di diritto e costituisce un arretramento della nostra civiltà giuridica.
Carla GIULIANO (M5S), intervenendo a titolo personale, osserva ironicamente come sarebbe opportuno rendere edotto di tale nuova disciplina come il ministro Salvini dal momento che nel 2019, da leader della Lega, dichiarò di essere pronto a sedersi in mezzo alla strada per bloccarePag. 20 i camion che trasportavano i rifiuti di Roma nelle discariche.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Boschi 14.1, Ascari 14.2, Zaratti 14.3 e Mauri 14.4.
Nazario PAGANO, presidente, avverte che sono intercorse intese affinché la seduta odierna termini alle ore 22.
Filiberto ZARATTI (AVS) tiene a precisare che alle citate intese, non ha preso parte il suo gruppo.
Nazario PAGANO, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame alla prossima seduta.
La seduta termina alle 22.