CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 aprile 2025
483.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
Pag. 11

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 16 aprile 2025. — Presidenza del presidente della I Commissione, Nazario PAGANO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 14.15.

DL 48/2025: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario.
C. 2355 Governo.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che nella riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi ieri martedì 15 aprile, è stato convenuto di avviare nella giornata odierna l'esame del provvedimento e di fissare il termine per la formulazione delle richieste di audizione entro la medesima giornata odierna alle ore 17, al fine di programmarne lo svolgimento la prossima settimana.
  Invita quindi i relatori, onorevole Montaruli per la I Commissione e onorevoli Bellomo e Bisa per la II Commissione, a svolgere le relazioni introduttive.

  Augusta MONTARULI (FDI), relatrice per la I Commissione, anche a nome dei relatori per la II Commissione, onorevoli Bellomo e Bisa, illustra i contenuti del provvedimento.
  Il provvedimento si innesta nell'ambito dei lavori parlamentari relativi al cosiddetto «disegno di legge sicurezza», approvato in prima lettura alla Camera dei deputati in data 18 settembre 2024 (A.C. 1660). Il provvedimento risulta attualmente all'esame dell'Assemblea del Senato (A.S. 1236-A), dopo che le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia ne hanno concluso l'esame in sede referente in data 26 marzo 2025, apportando limitatissime modificazioni al testo già approvato dalla Camera dei deputati in recepimento delle condizioni espresse ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione dalla Commissione Bilancio del Senato, che hanno sostanzialmente determinato l'aggiornamento della decorrenza degli oneri recati dal provvedimento medesimo.
  Confrontando i testi dei due provvedimenti risulta che 12 articoli su 39 hanno subito modifiche, anche minime, rispetto al Pag. 12testo licenziato dalle Commissioni riunite del Senato. Nello specifico, si tratta degli articoli 2 (prescrizioni in materia di contratto di noleggio di autoveicoli per finalità di prevenzione del terrorismo), 10 (contrasto all'occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio), 11 (modifiche al codice penale in materia di truffa), 15 (esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti di donne incinte e madri di prole di età inferiore a un anno o a tre anni), 18 (coltivazione della canapa), 19 (violenza o minaccia a pubblico ufficiale e resistenza a pubblico ufficiale), 25 (inosservanza delle prescrizioni impartite dal personale che svolge servizi di polizia stradale), 26 (sicurezza degli istituti penitenziari);27 (sicurezza delle strutture di trattenimento e accoglienza per i migranti), 31 (potenziamento dell'attività di informazione per la sicurezza), 32 (obblighi di identificazione degli utenti dei servizi di telefonia mobile) e 34 (concessione dei benefìci ai detenuti e agli internati). Nella relazione si segnaleranno le disposizioni non coincidenti con quelle già esaminate dalla Camera.
  Il decreto-legge in esame si compone di 39 articoli, distribuiti in sei Capi, recanti rispettivamente, disposizioni per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata nonché in materia di beni sequestrati e confiscati e di controlli di polizia (articoli da 1 a 9); disposizioni in materia di sicurezza urbana (articoli da 10 a 18); misure in materia di tutela del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché degli organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124 (articoli da 19 a 32); disposizioni in materia di vittime dell'usura (articolo 33); norme sull'ordinamento penitenziario (articoli da 34 a 37); disposizioni finali (articolo 38 e 39).
  L'articolo 1 modifica due articoli del codice penale, riferiti a delitti con finalità di terrorismo e contro l'incolumità pubblica.
  La lettera a) introduce l'articolo 270-quinquies.3 (Detenzione di materiale con finalità di terrorismo), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque – al di fuori dei casi di associazione con finalità di terrorismo e di addestramento ad attività con finalità di terrorismo di cui agli articoli 270-bis e 270-quinquies – consapevolmente si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso di congegni bellici micidiali, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche, batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.
  Nella relazione illustrativa si afferma che l'intervento si rende necessario per colmare un vuoto normativo sulla detenzione di documentazione propedeutica al compimento di attentati e sabotaggi con finalità di terrorismo, in quanto nella prassi operativa, «l'ipotesi della detenzione di materiale informativo concernente l'implementazione di metodi e l'approntamento e l'utilizzo di strumenti terroristici non è agevolmente riconducibile alle fattispecie di cui agli articoli 302 o 414 del codice penale, relativi all'apologia o all'istigazione di reati con finalità di terrorismo, o all'articolo 270-quinquies, nella parte in cui punisce l'auto-addestramento ad attività terroristiche».
  La lettera b) modifica l'articolo 435 del codice penale aggiungendovi un secondo comma, al fine di introdurre un'ulteriore fattispecie del delitto di fabbricazione o detenzione di materie esplodenti.
  Il citato articolo 435 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene materia esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili ovvero sostanza che servono alla loro composizione o fabbricazione. Con la modifica effettuata dal provvedimento in esame viene stabilito che, fuori dei casi di concorso nel reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso delle materie o sostanze indicate al primo comma, nonché su ogni altra tecnica o metodo per Pag. 13il compimento di delitti non colposi contro la personalità dello Stato di cui al libro II, titolo I, del codice penale puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
  L'articolo 2 interviene sull'articolo 17 del decreto-legge n. 113 del 2018 che, al fine di far fronte alle crescenti esigenze di prevenzione del terrorismo, prevede la comunicazione da parte degli esercenti dell'autonoleggio dei dati identificativi del soggetto richiedente il servizio, per il loro inserimento e raffronto nel Centro elaborazione dati.
  L'articolo in commento, in primo luogo, amplia le finalità per le quali è possibile inserire le predette segnalazioni, ricomprendendovi la prevenzione dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Tale innovazione, come riportato nella relazione illustrativa, muove dall'esigenza di agevolare le attività di polizia giudiziaria inerenti alla criminalità di tipo mafioso e al traffico di stupefacenti.
  In secondo luogo, si prevede che siano comunicati per i medesimi fini anche i dati identificativi del veicolo (targa, telaio, passaggi di proprietà e subnoleggio).
  In terzo luogo, si consente che il Centro elaborazione dati proceda al raffronto automatico dei dati comunicati con quelli conservati al suo interno, anche con riguardo alle segnalazioni inserite dalle Forze di polizia in merito ai reati di cui al citato articolo 51, comma 3-bis. Si segnala che la novella in commento non era contenuta nel testo del disegno di legge esaminato dal Parlamento.
  Infine, sempre con riguardo all'articolo 17, si coordina la denominazione della rubrica con i contenuti assunti a seguito della novella in commento.
  L'articolo 3 introduce alcune modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011) in materia di documentazione antimafia riferita ai contratti di rete e di non applicabilità da parte del prefetto dei divieti di contrattare e di ottenere concessioni o erogazioni qualora dall'applicazione di tali divieti derivi il venir meno dei mezzi di sostentamento per l'interessato e la sua famiglia.
  La lettera a) modifica il comma 2 dell'articolo 85 del citato codice, al fine di inserire nel novero dei soggetti sottoposti a verifica antimafia le imprese aderenti al cosiddetto «contratto di rete», in ragione – come si legge nella relazione illustrativa – della sua progressiva diffusione nel tessuto economico-imprenditoriale. In tal caso, le verifiche antimafia si applicano a tutte le imprese partecipanti al contratto di rete, nonché all'organo comune, laddove previsto.
  La lettera b) inserisce nel codice antimafia l'articolo 94.1, volto a prevedere l'esclusione di alcuni divieti e decadenze nei confronti delle imprese individuali. Con l'introduzione del nuovo articolo 94.1 si prevede che – ferma restando la competenza esclusiva del giudice, di cui all'articolo 67, comma 5 dello stesso codice – il prefetto, qualora ritenga sussistenti i presupposti per l'adozione dell'informazione antimafia interdittiva, possa escludere uno o più divieti e decadenze previsti all'articolo 67, comma 1, nel caso in cui accerti che per effetto dei citati divieti verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dell'impresa individuale e alla sua famiglia. L'esclusione de quo ha durata annuale, prorogabile ove permangano i presupposti accertati.
  La mancanza dei mezzi di sostentamento è accertata, su documentata istanza dell'interessato, all'esito di verifiche effettuate dal gruppo interforze istituito presso la prefettura competente ai sensi dell'articolo 90 del codice.
  Il prefetto, quando dispone l'esclusione dei divieti e delle decadenze citati può prescrivere all'interessato l'osservanza di una o più misure amministrative di prevenzione collaborativa previste dall'articolo 94-bis, commi 1 e 2, del codice antimafia. In tal caso si applicano i commi 3, primo periodo, e 5 del medesimo articolo 94-bis.
  Ad ogni modo, le disposizioni dell'articolo 94.1 non si applicano nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti Pag. 14di cui all'articolo 67, comma 8, che richiama i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nonché i reati di truffa commessa a danno dello Stato o di un altro ente pubblico e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui rispettivamente agli articoli 640, secondo comma, numero 1) e 640-bis del codice penale.
  L'articolo 4 interviene sul comma 6-bis dell'articolo 3 del codice antimafia, che riguarda la misura di prevenzione dell'avviso orale disposto dal questore con particolare riguardo al divieto di utilizzare strumenti informatici e telefoni cellulari. Al fine di adeguare la normativa in esame alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale sul punto (sentenza n. 2 del 2023), l'articolo 5 del decreto-legge n. 123 del 2023 aveva previsto un procedimento giurisdizionale per l'adozione di provvedimenti in tale ambito.
  L'articolo in esame incide sull'individuazione dell'organo giurisdizionale competente, con l'introduzione di una distinzione, in forza della quale la competenza ad adottare i divieti rimane in capo al tribunale per i minorenni nel caso in cui il destinatario abbia compiuto il quattordicesimo anno d'età ma sia minore di diciotto anni. Viene attribuita al tribunale in composizione monocratica negli altri casi.
  L'articolo 5 reca disposizioni in materia di condizioni per la concessione dei benefici per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata, con particolare riferimento all'esclusione dai benefici per i parenti o affini entro il quarto grado di soggetti destinatari di misure di prevenzione o sottoposti al relativo procedimento o a procedimento penale.
  In particolare, sostituisce il comma 1 dell'articolo 2-quinquies del decreto-legge n. 151 del 2008 su cui è recentemente intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 122 del 2024, che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui esclude dalla platea dei beneficiari dei parenti o affini entro il quarto grado dei soggetti sopra indicati. Con la nuova formulazione, da un lato si ripristina la previsione dell'esclusione ma dall'altro si prevede che l'esclusione non si applichi qualora risulti che il beneficiario al momento dell'evento abbia interrotto definitivamente le relazioni familiari e affettive e i rapporti di interessi e sociali con i predetti soggetti, ovvero non abbia attuali rapporti di concreta frequentazione con i medesimi. Viene, pertanto, superata l'esclusione assoluta censurata dalla Corte costituzionale.
  Il comma 2 ne quantifica gli oneri. Si segnala che tale copertura finanziaria riproduce il testo licenziato dalle Commissioni del Senato con riguardo al disegno di legge ordinario, che era parzialmente diverso da quello approvato dalla Camera.
  L'articolo 6 introduce alcune disposizioni in materia di protezione di collaboratori e testimoni di giustizia, in particolare per quanto concerne il rilascio delle identità di copertura al fine – esplicitato nella relazione illustrativa – di elevare ulteriormente il livello di protezione per i soggetti che collaborano con la giustizia.
  Il comma 1 modifica i commi 10 e 11 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991. La prima integrazione è finalizzata a consentire l'utilizzazione del documento di copertura anche da parte dei collaboratori e dei loro familiari sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari o che fruiscano della detenzione domiciliare. Sono consentiti inoltre l'utilizzazione del documento di copertura e la creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario, da parte del Servizio centrale di protezione, qualora ciò si renda necessario per il compimento di particolari atti o per lo svolgimento di specifiche attività di natura riservata e al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione nonché la funzionalità, la riservatezza e la sicurezza delle speciali misure di protezione.
  Si prevede inoltre che per l'utilizzazione dei documenti e la creazione delle identità fiscali di copertura il Servizio centrale di protezione si avvalga della collaborazione delle autorità e degli altri soggetti competenti.Pag. 15
  Con la modifica del comma 11 si attribuisce al vertice della Polizia di Stato il potere di autorizzare il Servizio centrale di protezione alla creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario, e si vieta alle autorità e agli altri soggetti destinatari di tale atto di rifiutarsi di predisporre i documenti e di procedere alle registrazioni e porre in essere ogni adempimento necessario. Inoltre, si prevede che presso il medesimo Servizio centrale vi sia un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento e ogni altra documentazione relativa alla creazione di identità fiscali di copertura, anche di tipo societario.
  Il comma 2 reca una modifica di coordinamento.
  L'articolo 7, comma 1, lettera a) aumenta da 10 a 30 giorni il termine di impugnazione dei provvedimenti di applicazione delle misure di prevenzione personali, modificando l'articolo 10 del codice antimafia.
  La lettera b), interviene sull'articolo 36 del codice antimafia in tema di amministrazione di beni sequestrati e confiscati al fine di disporre che la relazione dell'amministratore giudiziario sui beni sequestrati illustri nel dettaglio le caratteristiche tecnico-urbanistiche, evidenziando gli eventuali abusi, di prevedere una rapida interlocuzione con gli uffici comunali competenti e recare disposizioni per i casi di particolare complessità o nei quali si renda necessario il coinvolgimento di altre Amministrazioni o di enti terzi e, infine, prevedendo che l'attività di esecuzione delle verifiche tecnico-urbanistiche e di interlocuzione dell'amministratore giudiziario con gli uffici comunali competenti, debba proseguire sino al suo perfezionamento anche dopo il deposito della relativa relazione.
  Quanto invece al profilo relativo alla gestione di aziende sequestrate e confiscate, la lettera c) modifica l'articolo 38 del codice antimafia, aggiungendo il comma 3-bis, che prevede che le modalità di calcolo e di liquidazione dei compensi dei coadiutori dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) siano individuate con decreto, di natura regolamentare, del Ministero dell'interno, da adottarsi di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia. La disposizione precisa che dall'attuazione del predetto regolamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  La lettera d) del comma 1 dispone l'introduzione, all'articolo 40 (Gestione dei beni sequestrati) del codice antimafia, di un nuovo comma 1-bis, il quale stabilisce che se nell'ambito dell'accertamento tecnico-urbanistico dei beni sequestrati viene accertata la sussistenza di abusi non sanabili, con il provvedimento di confisca il giudice ne ordina la demolizione in danno del soggetto destinatario del provvedimento; si stabilisce, inoltre, che il bene non venga acquisito al patrimonio dell'erario e che l'area di sedime sia acquisita al patrimonio indisponibile del Comune territorialmente competente.
  La lettera e) del comma 1 modifica l'articolo 41 del codice antimafia, relativo alla gestione delle aziende sequestrate, al fine di prevedere che il tribunale aggiorni con cadenza almeno annuale la valutazione con cui il giudice delegato ha autorizzato la prosecuzione o la ripresa dell'attività. Si prevede, inoltre, che se mancano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa e se l'impresa è priva di patrimonio utilmente liquidabile, il tribunale lo comunica all'ufficio del registro delle imprese, che ne dispone la cancellazione entro 60 giorni.
  La lettera f) prevede l'introduzione del comma 2-ter dell'articolo 44 del codice antimafia, disponendo che si provveda alle comunicazioni di cui al nuovo comma 5-bis dell'articolo 41 anche a seguito del decreto di confisca emanato dalla Corte d'appello, previo nulla osta del giudice delegato.
  Con la lettera g) – che aggiunge il comma 1-bis all'articolo 45-bis del codice – si prevede che, dopo il provvedimento definitivo di confisca, non possono prestare lavoro presso l'impresa confiscata i soggetti che siano parenti, coniugi, affini o conviventi con il destinatario della confisca, o Pag. 16coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per il reato di associazioni di tipo mafioso.
  La lettera h) del comma 1 – aggiungendo il comma 15-quater.1 all'articolo 48 del codice antimafia – prevede che, qualora nel procedimento finalizzato alla destinazione del bene sia accertata la sussistenza di abusi non sanabili, l'Agenzia promuova incidente di esecuzione per avviare il procedimento con cui il giudice dispone la demolizione del bene.
  La lettera i) modifica l'articolo 51-bis del codice, in primo luogo introducendo una modifica testuale al comma 1 al fine di stabilire che l'iscrizione del provvedimento di sequestro nei pubblici registri avvenga il giorno successivo alla sua esecuzione e non, come attualmente previsto, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. L'obiettivo è quello di evitare la divulgazione della misura cautelare del sequestro prima della sua esecuzione. La stessa lettera i) introduce inoltre il comma 1-bis, il quale prevede che il tribunale e l'ANBSC richiedano l'iscrizione gratuita presso il registro delle imprese delle modifiche riguardanti le imprese sequestrate e confiscate derivanti dalla loro amministrazione.
  Infine, la lettera l) interviene sull'articolo 54, comma 2, del codice al fine di prevedere che i crediti prededucibili aziendali siano soddisfatti mediante prelievo delle somme disponibili nel relativo patrimonio aziendale.
  Il comma 2 dell'articolo 7 reca delle modifiche all'articolo 1, comma 53, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), in materia di contributi agli enti locali per la progettazione definitiva ed esecutiva per la messa in sicurezza del territorio. In particolare, il citato comma 53 prevede che l'ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale venga determinato entro il 28 febbraio dell'esercizio di riferimento del contributo, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, tenendo conto di un ordine di priorità ivi indicato, che ricomprende la messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, nonché la messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti e la messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell'ente. Il provvedimento in esame prevede che tra questi interventi prioritari debbano essere ricompresi anche gli interventi relativi alla messa in sicurezza e all'efficientamento energetico dei beni destinati all'ente medesimo con provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).
  L'articolo 8 modifica la definizione di «articolo pirotecnico», contenuta nel decreto legislativo 29 luglio 2015, n. 123. Con tale modifica, l'ordinamento interno viene adeguato alla nuova definizione comunitaria di articolo pirotecnico, introdotta nell'anno 2021. Secondo tale nuova definizione, gli effetti calorifici, luminosi, sonori, gassosi e fumogeni sono riferiti non più alle sostanze esplosive contenute nel prodotto, ma al prodotto medesimo.
  L'articolo 9 interviene sulle ipotesi di revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati (articolo 10-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91), stabilendo che si può procedere alla revoca ove l'interessato possieda o possa acquisirne un'altra. Al contempo, si estende da tre a dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna il termine per poter adottare il provvedimento di revoca.
  L'articolo 10 interviene in materia di occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui.
  In primo luogo, si introduce nel codice penale l'articolo 634-bis (occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui), che punisce con la reclusione da due a sette anni la condotta di chi, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile da parte del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente. Alla stessa pena soggiace chi si appropria di un immobile altrui o di sue pertinenze con artifizi o Pag. 17raggiri ovvero cede ad altri l'immobile occupato.
  Ancora, fuori dei casi di concorso nel reato, soggiace alla medesima pena colui che si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione.
  Il terzo comma del nuovo articolo reca una causa di non punibilità a favore dell'occupante che collabora all'accertamento dei fatti e ottempera volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile.
  Il reato è perseguibile a querela della persona offesa salvo il caso in cui sia commesso su immobili pubblici o a destinazione pubblica e il caso in cui sia commesso ai danni di una persona incapace, per età o per infermità.
  L'articolo in esame introduce nel codice di procedura penale, con il nuovo articolo 321-bis (Reintegrazione nel possesso dell'immobile), una procedura volta alla reintegrazione nel possesso dell'immobile o delle sue pertinenze con decreto del giudice – nella fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, provvede il giudice per le indagini preliminari – che siano stati oggetto di occupazione arbitraria.
  Inoltre, se l'immobile occupato corrisponde all'unica abitazione effettiva del denunciante, si disciplina una procedura di rilascio coattivo e di reintegrazione nel possesso ad opera della polizia giudiziaria, previa autorizzazione del pubblico ministero e successiva convalida da parte del giudice.
  L'articolo 11, comma 1, introduce la nuova circostanza aggravante comune dell'aver commesso il fatto nelle aree interne o nelle immediate adiacenze delle infrastrutture ferroviarie o all'interno dei convogli adibiti al trasporto passeggeri. Si segnala che l'ambito applicativo di tale circostanza aggravante viene precisato nel testo del decreto-legge con riguardo ai soli delitti non colposi contro la vita e l'incolumità pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, precisazione che non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
  Inoltre, al fine di rafforzare il contrasto al fenomeno delle truffe agli anziani l'articolo in commento, al comma 2, modifica l'articolo 640 codice penale (truffa) inserendo una specifica ed autonoma ipotesi di truffa aggravata, in caso di cosiddetta «minorata difesa» assistita dalla pena da due a sei anni di reclusione oltre la multa (da 700 a 3.000 euro). L'aumento di pena rende quindi applicabile anche la misura cautelare in carcere.
  Il comma 3 integra l'articolo 380 codice di procedura penale (Arresto obbligatorio in flagranza) al fine di consentire che la misura precautelare ivi disciplinata sia applicabile anche alla descritta truffa aggravata.
  L'articolo 12 prevede un inasprimento delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia. Nelle fattispecie aggravata la pena passa dalla reclusione da 1 a 5 anni alla reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e con la multa fino a 15.000 euro.
  L'articolo 13, al comma 1 lettera a), estende l'ambito della misura di prevenzione del DACUR, cosiddetto «DASPO urbano».
  Tale istituto consente al sindaco di irrogare una sanzione pecuniaria e impartire un ordine di allontanamento dal luogo della condotta illecita, valido quarantotto ore, nei confronti dell'autore di condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione delle infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, o di chi – nei suddetti spazi – viene trovato in stato di ubriachezza, compie atti contrari alla pubblica decenza ovvero esercita il commercio abusivo.
  In caso di reiterazione della condotta, il questore è autorizzato a disporre il divieto di accesso ad una o più delle suddette aree per un periodo non superiore a dodici mesi – la cui violazione è punita con l'arresto da sei mesi ad un anno –, qualora ravvisi un pericolo per la sicurezza. La novella interviene su tale misura, estendendone l'ambito soggettivo, in quanto ne diventano potenzialiPag. 18 destinatari anche soggetti denunciati o condannati anche con sentenza non definitiva nei cinque anni precedenti per delitti contro la persona o il patrimonio. Inoltre, si abroga la norma che prevede la mera possibilità (e non l'obbligo) di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'osservanza del divieto di accesso impartito. Conseguentemente, il comma 2 dell'articolo in commento integra l'articolo 165 codice penale (Obblighi del condannato) prevedendo che, se il divieto di accesso non è osservato, il giudice deve revocare la sospensione condizionale della pena.
  Viene, infine, apportata una modifica al comma 6-quater dell'articolo 10 del decreto-legge n. 14 del 2017 al fine di prevedere che la disciplina dell'arresto in flagranza differita trovi applicazione anche quando il reato di lesioni ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive ovvero al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, di cui all'articolo 583-quater c.p.
  L'articolo 14 trasforma l'illecito amministrativo commesso da chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, a delitto punibile con la reclusione fino a un mese e la multa fino a 300 euro e lo estende anche ai casi di blocco di strada ferrata, novellando in tal senso l'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 66 del 1948.
  Inoltre, inserisce nella citata disposizione un'aggravante speciale ad effetto speciale per l'ipotesi di consumazione del reato da parte di più persone riunite, graduando il trattamento sanzionatorio da sei mesi a due anni di reclusione, mentre sopprime il riferimento all'applicazione della sanzione per i promotori e gli organizzatori.
  L'articolo 15, comma 1, abroga all'articolo 146 codice penale (Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena) la disposizione che obbliga a differire l'esecuzione di una pena non pecuniaria se deve aver luogo nei confronti di donna incinta o madre di infante di età inferiore ad anni uno (attualmente prevista ai nn. 1) e 2) del primo comma).
  L'abrogazione si estende anche alla disposizione – recata dal secondo comma – secondo cui tale obbligo di differimento non opera o viene revocato se la gravidanza si interrompe, o la madre è dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale o, ancora, se il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreché l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.
  Conseguentemente, si modifica l'articolo 147 codice penale (Rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena), al fine di rendere facoltativo il rinvio della pena restrittiva della libertà personale per tali soggetti – come già attualmente previsto per la madre di prole di età superiore a un anno e inferiore a tre anni – e prevedere anche in tale ipotesi la revoca del provvedimento di rinvio qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre. La disposizione in esame integra le ipotesi di revoca, estendendole anche al caso in cui la madre, durante il periodo di differimento, pone in essere comportamenti che causano un grave pregiudizio alla crescita del minore.
  Infine, si vieta il differimento della esecuzione della pena nei confronti di donna incinta o madre di infante di età inferiore ad anni tre, se dal rinvio derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.
  In questo caso di impossibilità di rinvio della pena, riemerge un trattamento differente. Per la madre con figlio tra uno e tre anni l'esecuzione «può» aver luogo, in alternativa rispetto all'istituto penitenziario ordinario, anche presso gli istituti a custodia attenuata per detenute madri. Invece, per la donna incinta o madre di prole fino a un anno, l'esecuzione «deve» comunque avvenire presso gli ICAM, restando quindi fermo il divieto di esecuzione della pena negli istituti penitenziari.
  L'articolo in commento reca gli ulteriori commi da 2 a 7, che non erano presenti nel Pag. 19disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
  Il comma 2 introduce l'articolo 276-bis del codice di procedura penale (Provvedimenti in caso di evasione o di condotte pericolose realizzate da detenuti in istituti a custodia attenuata per detenute madri). In base a tale disposizione, se la persona sottoposta a custodia cautelare in un ICAM evade o tenta di evadere ovvero che tenga condotte che compromettono l'ordine o la sicurezza pubblica dell'istituto stesso, il giudice dispone il trasferimento in carcere.
  Il provvedimento è comunicato ai servizi sociali del comune dove si trovano i figli minori del detenuto, in quanto tale trasferimento non implica che gli stessi seguano il genitore nell'istituto penitenziario, fatta salva l'ipotesi in cui sia il loro preminente interesse a richiedere una simile misura. In tal caso, l'istituto deve essere dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie ai minori. Alla luce delle novelle recate dall'articolo in commento, dunque, la custodia in carcere può essere disposta, al ricorrere delle circostanze indicate da nuovo articolo 276-bis codice di procedura penale, anche nei confronti di donne incinte o madri di figli di età inferiore ad 1 anno.
  Il comma 3 modifica l'articolo 285-bis del codice di rito con riguardo alle ipotesi in cui possa essere disposta la custodia cautelare presso un ICAM. Analogamente a quanto disposto dal nuovo quinto comma dell'articolo 147 codice penale – introdotto dal comma 1, lettera b) dell'articolo in esame – per l'esecuzione della pena, anche per la custodia cautelare viene stabilito un doppio regime: in primo luogo, per le donne incinte o madri di figli di età inferiore ad 1 anno la custodia potrà essere disposta esclusivamente presso un ICAM. In secondo luogo, per le madri di figli di età compresa tra 1 e 6 anni la custodia potrà essere disposta presso un ICAM solo se le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano.
  Il comma 4 inserisce due ulteriori commi all'articolo 293 codice di procedura penale, in materia di adempimenti esecutivi di ordinanza cautelare. In particolare, viene previsto l'obbligo per l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza di dare conto, nel verbale delle operazioni svolte, anche del fatto che tale ordinanza riguardi una donna incinta o una madre (o padre) di prole di età inferiore ai 6 anni, ipotesi che, ai sensi dell'articolo 275, comma 4, codice di procedura penale, escludono la custodia cautelare in carcere; in tal caso il verbale viene trasmesso al giudice prima che il soggetto destinatario dell'ordinanza entri nell'istituto di pena. Conseguentemente, il giudice può sostituire la misura cautelare con una meno grave o disporre l'esecuzione della custodia presso un ICAM prima dell'ingresso del soggetto nell'istituto di pena.
  Il comma 5 integra l'articolo 386 codice di procedura penale con l'aggiunta di due periodi volti a specificare che, in caso di arresto o fermo di una donna incinta o madre di figli di età inferiore ad 1 anno, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria la pongono a disposizione del pubblico ministero conducendola presso un ICAM. Inoltre, si precisa che qualora sia invece madre di figli di età compresa tra 1 e 3 anni, il pubblico ministero può disporre la custodia presso un ICAM.
  Il comma 6 apporta modifiche alla fase della custodia dell'arrestato in caso di giudizio direttissimo, di cui all'articolo 558 codice di procedura penale, al fine di stabilire che, in caso di mancanza o di indisponibilità dei luoghi idonei agli arresti domiciliari di cui all'articolo 284, comma 1, codice di procedura penale o se gli stessi siano ubicati fuori dal circondario in cui è stato eseguito l'arresto, il pubblico ministero dispone la custodia presso un ICAM se l'arrestato è donna incinta o madre di figli di età inferiore ad 1 anno. Il pubblico ministero può, invece, disporre la custodia presso un ICAM se l'arrestato è madre di figli di età compresa tra 1 e 3 anni.
  Il comma 7 interviene sull'articolo 678 codice di procedura penale, comma 1-bis, operando il necessario coordinamento conseguente all'abrogazione dei numeri 1) e 2) dell'articolo 146 del codice penale, da parte del comma 1, lettera a), dell'articolo in esame.Pag. 20
  Il comma 8 prevede infine che il Governo presenti alle Camere, entro il 31 ottobre di ciascun anno, una relazione annuale sull'attuazione delle misure cautelari e dell'esecuzione delle pene non pecuniarie nei confronti delle donne incinte e delle madri di prole di età inferiore a tre anni.
  L'articolo 16 modifica l'articolo 600-octies (Impiego di minori nell'accattonaggio. Organizzazione dell'accattonaggio) al fine di punire l'impiego di minori sino a sedici anni, anziché sino a quattordici anni come prevede la norma vigente. L'attuale limite massimo della reclusione fino a tre anni viene sostituito dalla pena minima di un anno e massima di cinque anni di reclusione.
  Inoltre si novella il secondo comma, che punisce che organizza, si avvale o favorisce la condotta di accattonaggio, al fine di includere nella fattispecie del delitto anche l'induzione all'accattonaggio. Ancora, se il fatto è commesso con violenza o minaccia o nei confronti di persona minore degli anni sedici o comunque non imputabile, è prevista un'aggravante ad effetto speciale che comporta l'aumento della pena da un terzo alla metà.
  L'articolo 17 autorizza ciascuno dei comuni capoluogo di città metropolitana della Regione Siciliana in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (cosiddetto pre-dissesto) e che hanno sottoscritto l'accordo per il ripiano del disavanzo e il rilancio degli investimenti ad assumere 100 vigili urbani.
  L'articolo 18 novella la disciplina relativa al sostegno e alla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa legge n. 242 del 2016), al fine, in particolare, di introdurre, per le infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.), il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché per i prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. Si prevede che, in tali ipotesi, si applicano le sanzioni previste al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
  La lettera b), numero 2) dell'articolo in commento – riferita alla produzione agricola di semi – non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera. Tale disposizione esclude che il predetto divieto ricomprenda la produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione. Inoltre, individua nel Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei carabinieri – e non più nel Corpo forestale dello Stato – l'organo autorizzato ad effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa.
  L'articolo 19 interviene sull'articolo 336 codice penale (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), sull'articolo 337 codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale) e sull'articolo 339 c.p., integrando il novero delle circostanze aggravanti previste per i citati reati.
  Per entrambi i reati è aggiunto un comma, finalizzato a introdurre la circostanza aggravante a effetto speciale dell'aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso nei confronti di (o per opporsi a) un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza.
  Con l'integrazione dell'articolo 339 codice penale si aggiunge per tali reati – nonché per quello di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi componenti – una ulteriore aggravante a effetto comune che ricorre se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
  Si segnala che l'articolo in commento reca disposizioni in parte differenti rispetto a quelle recate nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera: in primo luogo la circostanza aggravante per i reati di cui agli articoli 336 codice penale e 337 codice penale comporta l'aumento della pena fino alla metà (e non fino ad un terzo); inoltre non viene replicato il divieto Pag. 21di prevalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti. Infine, si precisa che l'aggravante riguarda specifiche infrastrutture (mentre nel disegno di legge vi era un generico riferimento alla realizzazione di un'opera pubblica o di un'infrastruttura strategica).
  L'articolo 20 novella l'articolo 583-quater codice penale (lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, nonché a personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali).
  In primo luogo viene esteso l'ambito applicativo del reato, in quanto si sostituisce l'espressione «pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive» con quella più ampia di «ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle sue funzioni». Inoltre, viene introdotta anche una specifica sanzione, da 2 a 5 anni, per le lesioni semplici, attualmente rientranti nella disposizione generale di cui all'articolo 582 c.p.
  L'articolo 21 consente alle Forze di polizia di utilizzare dispositivi di videosorveglianza indossabili nei servizi di mantenimento dell'ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo dei treni. Si prevede inoltre la possibilità di utilizzo dei dispositivi di videosorveglianza nei luoghi e negli ambienti in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della libertà personale.
  L'articolo 22 reca disposizioni concernenti il riconoscimento – a decorrere dal 2025 – di un beneficio economico destinato alla copertura delle spese legali, quando intendano avvalersi di un professionista di fiducia, sostenute da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, nonché dai vigili del fuoco, indagati o imputati nei procedimenti riguardanti fatti inerenti al servizio svolto. Tale beneficio non può superare complessivamente l'importo di 10.000 euro per ciascuna fase del procedimento.
  La disciplina in esame si applica anche al personale convenuto in giudizi per responsabilità civile ed amministrativa e consente di accedere a tale erogazione anche al coniuge, al convivente di fatto e ai figli del dipendente deceduto.
  È fatta salva la rivalsa delle somme corrisposte in caso di accertamento della responsabilità con dolo del beneficiario. Mentre non si procede a rivalsa in caso di archiviazione, di sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, di assoluzione o di estinzione del reato, salvo che per i fatti contestati in sede penale sia stata accertata la responsabilità per grave negligenza in sede disciplinare.
  L'articolo 23 reca una disciplina del tutto analoga a quella descritta nell'articolo precedente, con riguardo al personale delle Forze armate.
  L'articolo 24 modifica l'articolo 639 codice penale (deturpamento e imbrattamento di cose altrui) introducendo un'aggravante di pena – reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro – ove il fatto sia commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione alla quale appartengono.
  Inoltre si interviene in tema di recidiva, introducendo anche in questo caso una specifica aggravante della pena prevedendo la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 12.000 euro.
  L'articolo 25 interviene sull'articolo 192 del codice della strada (Obblighi verso funzionari, ufficiali e agenti) per inasprire le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi ivi previsti da parte dei conducenti dei veicoli, quali quello di esibire documenti, consentire ispezioni del veicolo o arrestare il veicolo. La sanzione prevista è da 100 a 400 euro (attualmente, è da 87 a 344 euro).
  Per la sola inosservanza dell'invito a fermarsi, la sanzione è fissata da 200 a 600 euro e, in caso di reiterazione nel biennio, si applica anche la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da quindici a trenta giorni. Invece, per il caso di forzatura di un posto di blocco si prevede la sanzione del pagamento da euro Pag. 221.500 ad euro 6.000 e la sospensione della patente da tre mesi a un anno.
  Infine, viene ritoccata la tabella dei punteggi prevista dall'articolo 126-bis dello stesso codice della strada, al duplice scopo di adeguarla alla nuova articolazione delle condotte e di graduare la decurtazione alla nuova valutazione di gravità.
  L'articolo 26, al fine di rafforzare le misure riguardanti la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari integra l'articolo 415 codice penale (istigazione a disobbedire alle leggi), per introdurre un'aggravante a effetto comune (aumento della pena edittale fino ad un terzo) se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute. Il citato articolo 415 prevede la reclusione da 6 mesi a 5 anni.
  Ancora, si introduce il nuovo reato di cui all'articolo 415-bis (rivolta all'interno di un istituto penitenziario). La condotta che integra la fattispecie è quella di partecipazione ad una rivolta, attuata mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza. Si segnala che tale ultima locuzione – riferita alla resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti – non era presente nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
  Tali condotte devono essere poste in essere da 3 o più persone riunite. La disposizione in esame qualifica, inoltre, espressamente le condotte di resistenza passiva, quali le condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza, tenendo conto del numero delle persone coinvolte e del contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.
  La pena base è la reclusione da 1 a 5 anni. Il nuovo articolo 415-bis, punisce, altresì, le condotte di promozione, organizzazione o direzione della rivolta, con la reclusione da 2 a 8 anni.
  Inoltre, sono previste alcune aggravanti: la partecipazione alla rivolta con uso di armi è punita con la reclusione da 2 a 6 anni; l'aver promosso, organizzato o diretto la rivolta con uso di armi è punito con la reclusione da 3 a 10 anni; se dal fatto deriva, non volutamente, una lesione personale grave o gravissima la pena è della reclusione da 2 a 6 anni per chi ha partecipato alla rivolta, da 4 a 12 anni per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta; se dal fatto deriva, non volutamente, la morte, la pena è della reclusione da 7 a 15 anni per chi ha partecipato alla rivolta, da 10 a 18 anni per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta. Infine, nel caso di lesioni gravi o gravissime o morte di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo; la pena della reclusione non può comunque essere superiore a 20 anni.
  L'articolo 27 comma 1 interviene sul testo unico immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) per introdurre un nuovo reato – analogo a quello previsto per gli istituti penitenziari dall'articolo 26 –, finalizzato a reprimere gli episodi di rivolta nei centri di trattenimento ed accoglienza da parte di coloro che sono ivi trattenuti.
  Il reato si consuma in caso di partecipazione, promozione, organizzazione o direzione di una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, posti in essere da tre o più persone riunite.
  Anche per tale fattispecie si specifica quali sono le condotte di resistenza passiva: si tratta delle condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza, con riferimento al numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.
  La pena base è la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata da un anno e sei mesi a cinque anni nei confronti di coloro che promuovono, organizzano o dirigono la rivolta.
  Inoltre, sono previste alcune aggravanti: se, il fatto è commesso con l'uso di armi, la pena prevista è della reclusione da uno a cinque anni, aumentata da due a sette anni Pag. 23per chi promuove, organizza o dirige la rivolta. La pena della reclusione da due a sei anni è prevista nelle ipotesi in cui si partecipi ad una rivolta nel corso della quale, quale conseguenza non voluta, taluno riporti lesioni personali gravi o gravissime; nella medesima ipotesi, la pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta è da quattro a dodici anni di reclusione.
  La novella prevede, inoltre, la pena della reclusione da sette a quindici anni nelle ipotesi in cui si partecipi ad una rivolta che provochi la morte, quale conseguenza non voluta; nella medesima ipotesi, la pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta è da dieci a diciotto anni di reclusione. Nel caso di lesioni gravi o gravissime o morte di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo; la pena della reclusione non può comunque essere superiore a venti anni.
  Il comma 2 modifica inoltre il comma 3-bis dell'articolo 19, del decreto-legge n. 13 del 2017, che semplifica le procedure per la realizzazione dei centri di permanenza per i rimpatri attraverso la possibilità di derogare ad ogni disposizione di legge – ad eccezione della legge penale e del codice antimafia – e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Tale disciplina viene estesa anche alle procedure per la localizzazione e per l'ampliamento e il ripristino dei centri esistenti.
  L'articolo 28 contiene disposizioni in materia di licenza, porto e detenzione di armi, autorizzando gli agenti di pubblica sicurezza – carabinieri, agenti della polizia di Stato, della Guardia di finanza e del Corpo della Polizia penitenziaria – a portare alcune tipologie di armi senza licenza, quando non sono in servizio.
  Si tratta, in particolare, in base all'articolo 42 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di cui al Regio decreto n. 773 del 1931) di armi lunghe da fuoco, rivoltelle e pistole di qualunque misura, bastoni animati con lama di lunghezza inferiore ai 65 centimetri. La disposizione autorizza quindi il Governo ad apportare le necessarie modifiche al regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di cui al Regio decreto n. 635 del 1940) con regolamento di delegificazione.
  L'articolo 29 estende l'applicabilità delle pene previste dagli articoli 1099 e 1100 del codice della navigazione ai capitani delle navi, italiane o straniere, che non obbediscano all'intimazione di fermo o che commettano atti di resistenza contro navi della Guardia di Finanza impiegate in attività istituzionali.
  A tal fine, il comma 1 estende l'applicazione degli articoli 5 e 6 della legge n. 1409 del 1956, attualmente applicabili alle sole fattispecie di vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi, anche alle attività del naviglio della Guardia di finanza impegnato in altre funzioni istituzionali nonché ai comandanti di navi straniere.
  Inoltre, modificando con il comma 2 gli articoli 1099 (Rifiuto di obbedienza a nave da guerra) e 1100 (Resistenza o violenza contro nave da guerra) del codice della navigazione, il provvedimento prevede la reclusione fino a 2 anni per il comandante della nave straniera che non obbedisca all'ordine di una nave da guerra nazionale nei casi consentiti dalle norme internazionali di visita e a ispezione delle carte e dei documenti di bordo (modifica dell'articolo 1099) e la reclusione da tre a dieci anni per il comandante o l'ufficiale della nave straniera per gli atti compiuti contro una nave da guerra nazionale (modifica dell'articolo 1100).
  L'articolo 30 è finalizzato alla tutela delle Forze armate impegnate in missioni internazionali, e a tale scopo integra le disposizioni penali applicabili al personale partecipante e di supporto alle missioni, per prevedere la non punibilità dell'utilizzo di dispositivi e programmi informatici o altri mezzi idonei a commettere delitti contro l'inviolabilità del domicilio e dei segreti, ai sensi del codice penale.
  Più in particolare, la norma integra il comma 3 dell'articolo 19 della legge quadro sulle missioni internazionali (legge n. 145/2016), che contiene disposizioni in materia penale applicabili al personale che partecipaPag. 24 a tali missioni. Il comma 3, che già prevede la non punibilità per il personale che, nel corso delle missioni internazionali, in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero agli ordini legittimamente impartiti, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, per le necessità delle operazioni militari, viene integrato estendendo la non punibilità anche all'uso di apparecchiature, dispositivi, programmi, apparati, strumenti informatici o altri mezzi idonei a commettere i delitti di violazione del domicilio, della corrispondenza e delle comunicazioni, di illegittime interferenze nella vita privata nonché di violazione dei segreti (fattispecie di cui agli articoli da 614 a 623-ter del codice penale).
  L'articolo 31 reca disposizioni per il potenziamento dell'attività di informazione per la sicurezza.
  La disposizione rende permanenti le norme introdotte, in via transitoria, dal decreto-legge n. 7 del 2015 – e, per effetto di successive proroghe, vigenti fino al 31 dicembre 2024 –, per il potenziamento dell'attività dei servizi di informazione per la sicurezza, conseguentemente abrogando il comma 2 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2015, recante le medesime disposizioni in via transitoria.
  La prima norma messa a regime riguarda l'estensione delle condotte di reato scriminabili, che possono compiere gli operatori dei servizi di informazione per finalità istituzionali su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, a ulteriori fattispecie concernenti reati associativi per finalità di terrorismo. Il testo non si limita a stabilizzare la normativa già introdotta in via transitoria, ma aggiunge al catalogo delle condotte scriminabili la direzione o l'organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico e la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (reato quest'ultimo introdotto dall'articolo 1 del provvedimento), la fabbricazione o detenzione di materie esplodenti.
  Inoltre, si rende permanente la disposizione relativa all'attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia di prevenzione a personale militare impiegato nella tutela delle strutture e del personale degli organismi di informazione per la sicurezza.
  Ancora, si sottrae alla area delle disposizioni transitorie, la tutela processuale in favore degli operatori degli organismi di informazione per la sicurezza, attraverso l'utilizzo di identità di copertura negli atti dei procedimenti penali e nelle deposizioni, e la possibilità di condurre colloqui con detenuti e internati, per finalità di acquisizione informativa per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
  Infine, il comma 4 prevede la possibilità per AISI e AISE di richiedere, secondo modalità definite d'intesa, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e alla Direzione investigativa antimafia le informazioni e le analisi finanziarie connesse al terrorismo, al fine di prevenire ogni forma di aggressione terroristica di matrice internazionale.
  L'articolo 32, in primo luogo, modifica l'articolo 30 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 2003) e prevede la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per i casi nei quali le imprese autorizzate a vendere schede S.I.M. non osservino gli obblighi di identificazione dei clienti, di cui all'articolo 98-undetricies dello stesso codice (comma 1).
  In secondo luogo, con riferimento alla conclusione di contratti il cui oggetto sia un servizio per la telefonia mobile, viene previsto che al cliente, se cittadino di Paese non appartenente all'Unione europea, sia richiesto copia del titolo di soggiorno di cui è in possesso ovvero del passaporto o del documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento in corso di validità.
  Si segnala che tale ultima previsione – riferita alla possibilità di esibire, in alternativa al titolo di soggiorno, copia del passaporto o del documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento in corso di validità – non era presentePag. 25 nel disegno di legge ordinario approvato dalla Camera.
  Per il caso in cui il cliente lo abbia smarrito o gli sia stato sottratto, è necessario fornire copia della denuncia di smarrimento o furto (nuovo comma 1-bis dell'articolo 98-undetricies). Infine, ai condannati per il reato di sostituzione di persona (articolo 494 del codice penale), commesso con la finalità di sottoscrivere un contratto per la fornitura di telefonia mobile, si applica altresì la pena accessoria dell'incapacità di contrarre con gli operatori per un tempo da fissarsi tra i sei mesi e i due anni. Tale pena accessoria è irrogata nel caso in cui la condotta accertata sia stata animata dal dolo specifico del fine di sottoscrivere un contratto di telefonia mobile (nuovo comma 1-ter dell'articolo 98-undetricies).
  L'articolo 33 introduce nella legge n. 108 del 1996, che detta disposizioni in materia di usura, il nuovo articolo 14-bis, che istituisce un albo di esperti che affianchino gli operatori economici vittime di usura ai fini del reinserimento nel circuito economico legale, stabilendo altresì le norme fondamentali che disciplinano compiti, incompatibilità e decadenza, durata dell'incarico e compenso dei suddetti esperti.
  In particolare, l'esperto deve garantire un efficiente utilizzo delle risorse economiche assegnate e deve essere iscritto in un apposito albo, istituito presso l'Ufficio del Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Possono fare richiesta di iscrizione all'albo, oltre ai revisori legali, agli esperti contabili, agli avvocati e ai dottori commercialisti iscritti ai rispettivi ordini professionali, anche soggetti dotati di specifiche competenze nell'attività economica svolta dalla vittima del delitto di usura e nella gestione di impresa. In base al comma 3, la richiesta di iscrizione deve essere corredata da una autocertificazione che attesti l'assenza di cause di divieto, sospensione o decadenza di cui all'articolo 67 del codice antimafia.
  Il comma 4 dispone che l'incarico di esperto sia conferito dal prefetto della provincia nel cui ambito ha sede l'ufficio giudiziario che procede per il reato di usura ovvero della provincia ove ha sede legale o residenza il beneficiario mentre il comma 5 prevede che del conferimento venga data – tempestivamente – comunicazione alla società CONSAP (Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa), che in base al comma 14 dovrà a sua volta tempestivamente segnalare al prefetto e all'ordine professionale eventuali violazioni dei doveri da parte dell'esperto.
  Il comma 6 prevede che all'atto del conferimento dell'incarico all'esperto le somme erogate attraverso i mutui confluiscano in un patrimonio autonomo e separato costituito all'esclusivo scopo di rilancio dell'attività dell'operatore economico vittima del delitto di usura.
  Il comma 7 aggiunge che nel caso in cui emerga, anche tramite segnalazione dell'esperto, che l'attività svolta con l'utilizzo delle risorse assegnate non realizzi le predette finalità di reinserimento nel circuito dell'economia legale, i relativi provvedimenti di assegnazione dei benefìci possono essere revocati, con recupero delle somme erogate.
  L'esperto, a pena di decadenza, deve attestare di non trovarsi in situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi. Inoltre deve svolgere con diligenza una serie di compiti, puntualmente indicati al comma 8. Nel caso voglia farsi coadiuvare da altri soggetti qualificati, l'esperto deve farne richiesta al prefetto che gli ha conferito l'incarico.
  In base al comma 9, all'esperto si applicano, quali cause di incompatibilità, le cause di ineleggibilità e decadenza stabilite dal codice civile per i sindaci di società per azioni.
  Inoltre, ai sensi del comma 10, l'esperto è tenuto alla riservatezza sui fatti e sui documenti di cui ha conoscenza in ragione delle sue funzioni, adempie ai suoi doveri con la diligenza del mandatario e risponde della veridicità della relazione annuale.
  Il comma 11 fissa la durata dell'incarico in 5 anni e ne prevede la rinnovabilità per una sola volta; sono sempre possibili le dimissioni volontarie dall'incarico, da comunicare, con preavviso di almeno 45 giorni, al prefetto e alla società CONSAP Spa.Pag. 26
  Il comma 12 prevede che l'esperto e il beneficiario possono chiedere di essere ascoltati dal prefetto o da un suo delegato in caso di dissenso, di situazioni di particolare gravità e urgenza, di mancato rispetto degli impegni assunti con il piano di investimento.
  Il comma 13 prevede che l'incarico dell'esperto sia revocabile dal prefetto, ad esempio a fronte di azioni od omissioni contrarie al corretto esercizio dei compiti di cui al comma 8 che, qualora accertate, danno luogo alla cancellazione dell'esperto dall'albo e alla nomina di un nuovo esperto per garantire la continuità nello svolgimento dell'attività di supporto.
  In base al comma 15, il compenso spettante all'esperto è corrisposto annualmente, a seguito della presentazione della relazione annuale a cura del medesimo, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, senza alcuna decurtazione della somma erogata alla vittima del delitto di usura.
  Il comma 16, infine, demanda ad un apposito regolamento, adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la normativa di dettaglio circa i requisiti per l'iscrizione all'albo nonché per la tenuta e la gestione del medesimo, il limite al numero di incarichi ricopribili, le modalità di conferimento secondo criteri di trasparenza e con il rispetto del principio di rotazione degli incarichi, la determinazione del compenso minimo e massimo, anche in relazione all'ammontare del beneficio concesso alla vittima di usura, da aggiornare ogni tre anni nonché le modalità per l'audizione, da parte del prefetto, dell'esperto o del beneficiario ai sensi del comma 12.
  L'articolo 34 modifica l'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), in primo luogo per inserire nel catalogo dei cosiddetti «reati ostativi» – che escludono la concessione di benefici – quello dell'istigazione a disobbedire a leggi aggravato dal fatto di essere commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute, nonché quello di rivolta all'interno di un istituto penitenziario, entrambi oggetto dell'articolo 26 del disegno di legge in esame.
  In secondo luogo, fissa in sessanta giorni il termine entro cui l'amministrazione penitenziaria è tenuta ad esprimersi sul merito e rendere eventuali condizioni e prescrizioni ritenute necessarie ai fini dell'accoglimento della proposta di convenzione di inserimento lavorativo di detenuti e internati, da stipulare con soggetti pubblici o privati.
  L'articolo 35, modifica la legge n. 193 del 2000, recante «Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti» al fine di estendere le agevolazioni già previste dall'articolo 2 della citata legge in favore delle aziende pubbliche o private che organizzino attività produttive o di servizi impiegando persone detenute o internate all'interno degli istituti penitenziari, anche alle attività che prevedano l'impiego di detenuti assegnati al lavoro esterno.
  L'articolo 36 estende la facoltà di assumere in apprendistato professionalizzante, anche ai condannati e agli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e ai detenuti assegnati al lavoro all'esterno.
  L'articolo 37 autorizza il Governo, entro dodici mesi, a modificare il regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative della libertà decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000). La disposizione indica i criteri per la revisione della disciplina relativa all'attività lavorativa dei soggetti sottoposti a trattamento penitenziario accomunati, in sintesi, dalla finalità di favorire l'accesso e il reinserimento lavorativo dei soggetti sottoposti a trattamento penitenziario.
  L'articolo 38, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria del provvedimento, salvo quanto previsto dagli articoli 5, 17, 21, 22, 23 e 36.Pag. 27
  L'articolo 39 dispone sull'entrata in vigore del decreto, il giorno successivo alla sua pubblicazione.

  Valentina D'ORSO (M5S) ritiene doveroso denunciare, sin dall'avvio dell'esame del decreto-legge in esame, la gravità del comportamento del Governo che, con un colpo di mano, ha leso le prerogative parlamentari.
  La scelta di trasporre in un decreto-legge la massima parte dei contenuti del disegno di legge all'esame del Senato, dopo la lunga fase di discussione presso questa Camera e la conseguente inevitabile decisione di mettere su un binario morto un provvedimento che era stato oggetto di lungo e complesso dibattito testimonia un corto circuito istituzionale.
  Rileva come il metodo adottato presenti dei profili di illegittimità, acuiti dal fatto che il testo – che si compone di ben 39 articoli, che riguardano almeno 35 materie diverse – si presenti del tutto eterogeneo e carente dei requisiti di urgenza e necessità che dovrebbero caratterizzare lo strumento della decretazione d'urgenza.
  La sola finalità che appare unificare l'intervento normativo è quella di reprimere le manifestazioni di dissenso e di criminalizzare il disagio sociale e non è certo quella di assicurare maggiore sicurezza, che avrebbe richiesto l'impiego di risorse finanziarie adeguate per incrementare gli organici e gli stipendi delle forze dell'ordine e per effettuare gli opportuni interventi sul sistema carcerario.
  Sottolinea che l'introduzione – evento del tutto inedito – mediante decreto-legge di ben quattordici nuovi reati e almeno nove circostanze aggravanti sollevi finanche dubbi sull'effettivo rispetto della riserva di legge in materia penale sancita a livello costituzionale.
  Rammenta come uno degli aspetti di maggiore delicatezza, in ambito penale, riguardi proprio la conoscibilità delle fattispecie punite e, in tal senso, la fonte legislativa primaria offre una garanzia, dettata dalla vacatio legis che assicura ai cittadini di poter disporre di un tempo congruo per conoscere le norme penali che vengono introdotte nell'ordinamento. Sottolinea invece come, la loro adozione mediante decreto-legge vanifichi tale garanzia.
  Nel caso di specie, appare ad esempio grave l'immediata entrata in vigore delle disposizioni relative alla filiera della canapa industriale, che hanno repentinamente avuto un grave impatto sulla vita degli operatori di tale settore, soprattutto se si considera che non hanno nemmeno potuto avvalersi di una disciplina transitoria per gestire almeno le scorte già presenti nei magazzini.
  Ritiene che la maggioranza e il Governo, rendendo illecite attività economiche che fino al giorno precedente erano legali, si dovranno assumere la responsabilità del danno economico importantissimo che un intero comparto sta subendo esclusivamente per motivi ideologici e auspica che il Governo, prendendo coscienza, ponga in essere un intervento urgente su tale questione.
  Si riserva infine di motivare puntualmente la contrarietà sui singoli articoli del decreto-legge nel prosieguo dell'esame.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) esprime una forte critica nei confronti del provvedimento, in termini sia di metodo sia di contenuto.
  Da un punto di vista metodologico, la riproduzione pedissequa del testo del disegno di legge già approvato dalla Camera e recentemente esaminato dalle Commissioni del Senato in un decreto-legge costituisce una vera e propria aggressione alle prerogative parlamentari.
  Ritiene di poter attribuire tale episodio alle divergenze manifestatesi tra le forze di maggioranza nel corso del procedimento legislativo ordinario, che non si sono dimostrate capaci di concluderne l'iter dopo ben due anni. Osserva quindi che dovrebbero essere le stesse forze di maggioranza le prime a contestare un simile metodo da parte dell'Esecutivo.
  Ritiene inoltre che il decreto in esame – introducendo numerose nuove fattispecie di reato in spregio al requisito della omogeneità dei decreti legge e della loro necessità e urgenza – ponga il delicato tema della conoscibilità delle norme penali, dal momento che non vi è stato alcun periodo Pag. 28di vacatio legis. Ciò, a suo avviso, comporta l'assurda conseguenza che si possa essere puniti per condotte che, legittimamente, non si sapeva costituissero reato. In proposito, si meraviglia come una forza politica che si professa garantista come Forza Italia possa non sollevare obiezioni.
  Dal punto di vista contenutistico, sottolinea che il provvedimento non porterà alcun miglioramento in materia di sicurezza pubblica. Ad esempio, teme che il nuovo reato di «occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui» non ridurrà minimamente le dimensioni del fenomeno e offrirà, al più, al Ministro Nordio la possibilità di fare quanto fatto con riguardo al famoso reato riferito ai rave party, ossia dichiarare che la sua mancata applicazione dipende dal fatto di aver risolto la questione, anche in presenza di un'evidenza diametralmente opposta.
  Infine, confida nel fatto che il sottosegretario Molteni sappia bene che nessun problema possa essere risolto con interventi di bandiera di cui questo provvedimento è costellato. Osserva, infatti, come siano meramente propagandistici alcune misure come la criminalizzazione della resistenza passiva e della partecipazione alle manifestazioni di piazza, oltre a quello che potrebbe condurre in carcere i neonati, rispetto al quale neanche il regime fascista si era spinto a tanto.

  Devis DORI (AVS) ritiene che il decreto-legge in discussione certifichi almeno tre diverse forme di fallimento. In primo luogo, esso cristallizza il fallimento della democrazia parlamentare.
  In secondo luogo, il ricorso al decreto-legge manifesta il fallimento del Governo che, se non avesse registrato divisioni all'interno della maggioranza che lo sostiene, avrebbe potuto approvare in tempi rapidi il disegno di legge in materia di sicurezza pendente presso l'altro ramo del Parlamento.
  Inoltre, prendendo atto dell'ingente quantità di disposizioni repressive contenute nel decreto-legge, sottolinea come esso rappresenti il fallimento dei principi costituzionali di presidio alla libertà personale e di manifestazione del pensiero. In particolare, il provvedimento si accanisce nei confronti dei giovani che manifestano, dei carcerati e finanche delle detenute con neonati e figli in tenera età.
  Dichiara quindi la massima contrarietà del suo gruppo al provvedimento in discussione e non condivide le modalità con la quale il Governo intende mettere in disparte il Parlamento e i principi costituzionali soltanto per fini propagandistici e meramente ideologici.

  Matteo MAURI (PD-IDP), associandosi agli interventi svolti dai colleghi, osserva come il presente decreto-legge sia stato pubblicato esattamente 17 mesi dopo che il Consiglio dei ministri ha licenziato il testo del disegno di legge sulla medesima materia. Ciò, a suo dire, testimonia evidentemente la carenza dei requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero sottendere ogni decreto-legge. Evidenzia, dunque, come l'unica motivazione che ha spinto il Governo sia stata quella di compattare la maggioranza che, come sempre, è divisa in materia di sicurezza e di immigrazione. Denuncia, dunque, un tale modus operandi, che svilisce il Parlamento e lo spoglia della sua funzione costituzionale.
  Sostiene, inoltre, che quella del Governo non sia neanche una scelta logica dal punto di vista dell'economia dei tempi, dal momento che sarebbe stato più veloce modificare il testo del disegno di legge in corso d'esame al Senato e ritrasmetterlo alla Camera per la seconda lettura.
  Pertanto, preannuncia che nel corso dell'esame del provvedimento il Partito Democratico si opporrà alla sua approvazione con la stessa determinazione dimostrata durante l'esame dell'omologo disegno di legge, che, anzi, si fa ancor più necessaria vista la criticità testé denunciata in punto di metodo.

  Nazario PAGANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.