CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 marzo 2025
460.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03654 De Palma: Criticità relative alla riorganizzazione degli uffici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nella regione Umbria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, nel far riferimento al nuovo assetto territoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, rappresentano come sia stata utilizzata una procedura di «pesatura» fondata sulla metodologia Hay che si basa su tre principali driver di valutazione, quali competenza, problem solving e finalità.
  A parere degli Interroganti, per quanto riguarda l'Umbria, la riorganizzazione avrebbe declassato la presenza dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nell'intera regione laddove, nel prevedere la presenza di un solo Ufficio ADM, non avrebbe tenuto conto dell'importanza delle strutture industriali situate in entrambe le province.
  Tanto premesso, gli Onorevoli chiedono di sapere se non si «ritenga opportuno rivedere le decisioni assunte in materia di riorganizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in Umbria, le quali hanno determinato un ingiustificato depotenziamento degli uffici con conseguente grave penalizzazione per l'intero territorio regionale, rivedendo le modalità di implementazione della metodologia Hay utilizzata assicurando un servizio confacente alle esigenze di controllo del territorio e di sviluppo della Regione».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si rappresenta quanto segue.
  Il processo di riorganizzazione territoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – come già evidenziato in risposta a interrogazioni di analogo contenuto – trae origine dalla volontà del legislatore che, nel dicembre 2012, ha disposto la fusione, ai sensi dell'articolo 23-quater, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, di due distinte Amministrazioni dello Stato, entrambe titolari della gestione di interessi di rilevanza strategica e di natura eterogenea per il Paese: l'ex Agenzia delle Dogane e l'ex Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
  L'unificazione delle due Amministrazioni e la conseguente revisione dell'assetto organizzativo a livello territoriale rappresentano un passaggio imprescindibile per l'evoluzione strategica dell'Agenzia e del sistema Paese, in quanto gli Uffici territoriali costituiscono il primo punto di interlocuzione con l'utenza e con gli operatori economici, sia nazionali sia internazionali, nei settori di competenza dell'Agenzia.
  L'elemento centrale della riforma del modello organizzativo territoriale risiede nel superamento dell'attuale suddivisione degli Uffici per materia, attraverso l'istituzione degli Uffici locali ADM, al fine di unificare le competenze attualmente ripartite tra gli Uffici delle dogane e gli Uffici dei monopoli.
  Tale configurazione è finalizzata a garantire una maggiore omogeneità operativa e a valorizzare il personale in servizio presso le suddette strutture, assicurando altresì una più stretta aderenza alle specificità territoriali.
  In virtù di quanto precede, il riordino organizzativo attuato nell'ambito della Regione Umbria ha previsto l'istituzione dell'Ufficio locale ADM sede di Perugia, con le proprie articolazioni, a cui sono attribuite le competenze territoriali dell'Ufficio dei monopoli per l'Umbria.
  Tale unificazione di competenze è pertanto diretta applicazione della normativa vigente sin dal 2012, e non della metodologia Hay, utilizzata per la «pesatura» degli Uffici locali ADM, come già recentemente evidenziato in risposta all'interrogazione n. 5-03297 relativa alla Direzione territorialePag. 63 Puglia, Molise e Basilicata dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  Inoltre, l'unificazione dell'Ufficio delle dogane di Temi con l'Ufficio delle dogane di Perugia si fonda sulla consapevolezza che l'implementazione crescente della digitalizzazione nei servizi pubblici e nell'accesso alle prestazioni da parte dei cittadini impone il superamento della frammentazione dei presidi di livello dirigenziale non generale di ridotte dimensioni, secondo un principio di unificazione organizzativa, in coerenza con il quadro normativo vigente stabilito dall'articolo 23-quinquies del citato decreto-legge n. 95 del 2012 secondo cui «per le Agenzie fiscali (...) il rapporto tra personale dirigenziale di livello non generale e personale non dirigente sia non superiore ad 1 su 40 (rectius, 1 su 44 dalle ss.mm.ii.)».
  Tale riorganizzazione consente, infatti, di superare la frammentazione strutturale a livello locale, determinata dall'assenza di unità organizzative unitarie deputate alla gestione integrata delle competenze in materia di dogane, accise e monopoli.
  Ciò posto, è utile significare che i criteri rappresentati nell'interrogazione – presidio, necessità e potenzialità di sviluppo del territorio – pur non costituendo espliciti criteri della metodologia in argomento, sono tenuti in considerazione dagli indicatori desumibili dalle banche dati dichiarative e di controllo dell'Agenzia e da basi dati certificate rappresentative di tutto il contesto di lavoro dell'Amministrazione per rappresentare la realtà operativa delle articolazioni nei settori dogane, accise e giochi.
  Orbene, i dati relativi alle attività e ai contesti operativi sono soggetti, in realtà, a mutamenti nel tempo, il che rende indispensabile un processo continuo di revisione e aggiornamento delle valutazioni. Tale operazione si configura come essenziale per garantire che la complessità e le responsabilità attribuite rimangano coerenti con le reali esigenze operative del territorio, tenendo conto dello sviluppo espresso dal territorio locale. Considerando la durata triennale degli incarichi assegnati per la gestione degli Uffici locali ADM, l'Amministrazione avrà cura di verificare – attraverso un processo di revisione periodica delle valutazioni – il corretto allineamento di tutte le Strutture organizzative di riferimento.
  Infine, il Regolamento di Amministrazione, approvato con delibera del Comitato di gestione n. 495 del 31 maggio 2024, al fine di implementare un concreto e reale presidio territoriale e di assistenza all'utenza, ha dato rilievo alle posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, di cui all'articolo 1, comma 93, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, incrementandole sul territorio e, di fatto, potenziando l'assetto territoriale. Infatti, a seguito di tale riforma, gli incarichi per le Strutture territoriali sono stati incrementati del 37 per cento a livello nazionale, e per la regione Umbria del 50 per cento.
  In tal senso, l'iter amministrativo condotto dall'Agenzia si configura come coerente sia con il Regolamento di Amministrazione, sia con il modello di «pesatura» e «graduazione» che fonda il proprio percorso istruttorio su principi di massima oggettività.

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ALLEGATO 2

5-03655 Centemero: Chiarimenti circa l'applicazione dell'imposta di bollo sulle cripto-attività nella misura minima.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano in premessa la disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-sexies) del TUIR in materia di applicazione dell'imposta di bollo in relazione alle comunicazioni periodiche alla clientela relative alle cripto-attività.
  Nel far presente che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 48/2012, aveva ritenuto applicabile la regola generale prevista per il settore finanziario, gli stessi evidenziano che con successiva circolare n. 30 del 27 ottobre 2023, la medesima Agenzia ha precisato che «il valore da assoggettare all'imposta di bollo è quello al termine del periodo di rendicontazione o, in caso di mancata rendicontazione, è quello riferibile al 31 dicembre di ogni anno, come rilevabile dall'intermediario o dal prestatore di servizi che applica l'imposta». Rispetto alle modalità e ai termini di versamento dell'imposta, inoltre, l'Amministrazione finanziaria ha chiarito che «[...] sono gli stessi di quelli previsti attualmente per l'imposta di bollo per le comunicazioni relative ai prodotti finanziari».
  Gli Interroganti, quindi, premettendo che «nello specifico settore delle cripto-attività è ben possibile che il valore delle stesse detenute da un determinato utente sia inferiore a 1 euro lungo tutto l'arco dell'anno civile», chiedono di confermare se «nell'ambito della rendicontazione di cripto-attività debba applicarsi il limite minimo di 1 euro, anche nelle ipotesi in cui la giacenza di cripto-attività – al relativo valore di conversione in fiat – sia inferiore a 1 euro».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Com'è noto, l'articolo 1, commi 144 e 145, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per l'anno 2023), ha modificato alcune disposizioni concernenti l'imposta di bollo contenute nell'articolo 13 della parte prima della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 e, in particolare, nel comma 2-ter e nella nota 3-ter relativi alle comunicazioni periodiche alla clientela per i prodotti finanziari al fine di ricomprendere nell'ambito dell'imposta le cripto-attività di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del TUIR.
  Nel dettaglio, il citato articolo 1, comma 144, della legge di bilancio per il 2023, ha modificato il comma 2-ter dell'articolo 13 della parte prima della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, prevedendo l'applicazione dell'imposta di bollo, nella misura del 2 per mille annuo del relativo valore, anche per le comunicazioni periodiche relative alle cripto-attività. Il valore da assoggettare all'imposta è quello risultante al termine del periodo di rendicontazione o, in caso di mancata rendicontazione, è quello riferibile al 31 dicembre di ogni anno, come rilevabile dall'intermediario o dal prestatore di servizi che applica l'imposta. In assenza del predetto valore deve farsi riferimento al costo di acquisto delle cripto-attività.
  Al riguardo, si fa presente che, con la richiamata circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023, è stato chiarito che le modalità e i termini di versamento dell'imposta di bollo relativa ai rapporti riguardanti le cripto-attività, di cui all'articolo 13, comma 2-ter, corrispondono a quelli previsti per l'imposta di bollo dovuta per le comunicazioni relative ai prodotti finanziari (cfr. il paragrafo 3.7.2 della suddetta circolare).Pag. 65
  In materia, sono stati inoltre resi specifici chiarimenti con la citata circolare n. 48/E del 21 dicembre 2012.
  Più in particolare, è stato precisato che, così come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 24 maggio 2012, «Se, in costanza di rapporto, sia all'inizio che al termine del periodo rendicontato, non sono presenti prodotti finanziari, né sono state registrate movimentazioni nel corso del periodo stesso, l'imposta non è dovuta».
  L'esclusione della debenza dell'imposta opera, dunque, per i rapporti che non presentano evidenze di prodotti finanziari e che non sono stati movimentati.
  Al contrario, nel caso in cui non vi siano evidenze di prodotti finanziari, ma il rapporto intrattenuto dal cliente risulti, comunque, movimentato nel periodo rendicontato, l'imposta deve essere applicata.
  Allo stesso modo, nel caso di rendicontazioni di estinzione, ad esempio, di rapporti di deposito titoli, che presentino un valore dei prodotti finanziari pari a zero e che sono stati movimentati nel corso del periodo rendicontato, l'imposta deve essere corrisposta.
  Tanto premesso, si fa presente che al di fuori delle ipotesi di non debenza dell'imposta, trova applicazione l'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, a tenore del quale: «In ogni caso l'imposta è dovuta nella misura minima di euro 1, ad eccezione delle cambiali e dei vaglia cambiari di cui, rispettivamente, all'articolo 6, numero 1, lettere a) e b), e numero 2, della tariffa – Allegato A – annessa al presente decreto, per i quali l'imposta minima è stabilita in euro 0,50».

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ALLEGATO 3

5-03656 Merola: Adeguamento della prassi interpretativa in materia di deducibilità delle spese per l'assistenza ai disabili gravi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano, in premessa, il principio affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 449/2025 con la quale, per quanto attiene alla deducibilità delle spese per l'assistenza ai disabili gravi, la Suprema Corte ha stabilito che il concetto di «assistenza specifica» non deve essere ricondotto alla qualifica del prestatore d'opera bensì alla finalità dell'assistenza stessa.
  Il principio affermato – contrariamente a quanto, invece, ritenuto dall'Agenzia delle entrate – determinerebbe, dunque, la deducibilità integrale anche delle spese sostenute per l'assistenza fornita da collaboratrici domestiche, che altrimenti rientrerebbero tra quelle detraibili nella misura del 19 per cento e, pertanto, agevolabili in misura meno favorevole al contribuente.
  Tanto premesso, gli Interroganti chiedono di sapere «se si intenda aggiornare tempestivamente la prassi interpretativa sulla base della pronuncia della Cassazione anche al fine di sgravare automaticamente i ruoli di coloro che si trovano a pagare cartelle esattoriali per il mancato riconoscimento della citata deducibilità».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  Ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera b), del TUIR, sono deducibili dal reddito complessivo le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
  Tali spese sono interamente deducibili dal reddito complessivo anche se sono sostenute dai familiari dei disabili e anche se questi non sono fiscalmente a carico (cfr. articolo 10, comma 2, del TUIR).
  Al riguardo, come ribadito, da ultimo, nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 15/E del 19 giugno 2023 e nella Guida «Tutte le agevolazioni della dichiarazione 2024», rientrano nelle spese di assistenza specifica le prestazioni rese da personale paramedico abilitato (ad esempio, infermieri professionali) ovvero da personale autorizzato ad effettuare prestazioni sanitarie specialistiche (prelievi ai fini di analisi, applicazioni con apparecchiature elettromedicali, esercizio di attività riabilitativa).
  Rientrano, inoltre, nella medesima categoria dell'assistenza specifica, ad esempio, le prestazioni rese dal personale:

   in possesso della qualifica professionale di addetto all'assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale, esclusivamente dedicato all'assistenza diretta della persona;

   di coordinamento delle attività assistenziali di nucleo;

   con la qualifica di educatore professionale;

   qualificato addetto ad attività di animazione e/o di terapia occupazionale.

  Per le prestazioni sanitarie rese alla persona dalle figure professionali elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001, la loro deducibilità è ammessa anche senza una specifica prescrizione medica (non richiesta nell'ottica di semplificare gli adempimenti fiscali per i contribuenti).
  Ai fini della deduzione, il contribuente deve essere in possesso di un documento di certificazione del corrispettivo, rilasciato dal professionista sanitario, dal quale risultiPag. 67 la figura professionale che ha reso la prestazione e la descrizione della prestazione sanitaria resa.
  Ne consegue che non sono riconducibili all'«assistenza specifica» le prestazioni rese alla persona con disabilità da soggetti che non rientrano nelle figure professionali elencate nel citato decreto ministeriale 29 marzo 2001, quali, ad esempio, le collaboratrici domestiche che, evidentemente, non esercitano «professioni sanitarie» e sono prive della richiesta qualifica professionale.
  Ciò posto, con riferimento all'ordinanza della Corte di Cassazione n. 449 del 2025, richiamata dagli Onorevoli interroganti, appare opportuno evidenziare che la diversa interpretazione in base alla quale, ai fini della nozione di «assistenza specifica», non rileverebbe «la natura specialistica dell'assistenza ovvero la particolare qualificazione professionale del soggetto che presta l'assistenza» quanto piuttosto la finalità dell'assistenza «specificamente diretta alla tutela della persona bisognosa», meriterebbe di essere ulteriormente valutata alla luce di un'interpretazione sistematica della complessiva disciplina delle detrazioni e deduzioni previste per le spese sostenute delle persone più bisognose.
  Nella suddetta prospettiva, la richiamata interpretazione – per la quale non rileva la natura della spesa quanto invece la sua finalità di essere «specificamente diretta alla tutela della persona bisognosa» – non sembra tener conto della circostanza che, per i soggetti non autosufficienti nel compimento degli atti della vita quotidiana, il TUIR prevede, nell'ambito delle detrazioni per oneri di cui all'articolo 15 del TUIR, una dicotomia tra «assistenza specifica» (articolo 15, comma 1, lettera c) e «assistenza personale» (articolo 15, comma 1, lettera i-septies) i cui ambiti non possono che essere definiti valorizzando un criterio diverso da quello fondato sulla finalità della spesa (in entrambe le ipotesi, infatti, le spese avrebbero evidentemente una finalità di assistenza a persone bisognose) e basato sulla diversa tipologia delle spese sostenute.
  Inoltre, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento tra categorie di soggetti ugualmente bisognosi di tutela, la delineata distinzione tra «assistenza specifica» e «assistenza personale» dovrebbe essere riproposta anche nell'ambito della disciplina delle detrazioni e deduzioni previste per i soggetti afflitti da grave e permanente invalidità o menomazione.
  Alla luce di tali considerazioni, l'Agenzia ritiene di confermare la propria prassi siccome coerente con la ricostruzione normativa appena riportata, tenuto conto, altresì, che la citata ordinanza non esprime, al momento, un orientamento consolidato.

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ALLEGATO 4

5-03657 Fenu: Iniziative volte a tutelare i risparmiatori danneggiati di Veneto Banca S.p.A.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, onorevoli colleghi,

  in riferimento al quesito posto dagli onorevoli interroganti, sentiti i competenti uffici nonché la Banca d'Italia, espongo quanto segue.
  Preliminarmente, appare opportuno precisare che l'Asset Management Company S.p.A. – AMCO(1) è un intermediario vigilato dalla Banca d'Italia ai sensi degli articoli 106 e seguenti TUB. La sua attività ha per oggetto l'acquisto e la gestione, con finalità di realizzo e secondo criteri di economicità, di crediti non performing originati da banche e intermediari finanziari.
  Nell'ambito di tale attività, come ricordato dagli stessi interroganti, AMCO ad aprile 2018 ha acquistato i portafogli di crediti deteriorati da Banca Popolare di Vicenza in LCA e Veneto Banca in LCA.
  In tale contesto, la gestione delle singole posizioni creditizie, ivi inclusa l'opportunità di accettare o meno proposte transattive, costituisce «atto d'impresa», come tale rimesso all'autonomia di AMCO o contenuto nel perimetro delle deleghe conferite dal mandante terzo, senza alcuna ingerenza da parte dell'Organo di Vigilanza, in assenza di pregiudizi per la sana e prudente gestione dell'intermediario vigilato.
  Tanto premesso, comunico che la Banca d'Italia segnala di essere stata interessata dall'Associazione «Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto Banca» e ha fornito risposte in due occasioni.
  L'Istituto, in base alle informazioni acquisite e alle valutazioni effettuate, evidenza che non sono emerse anomalie o irregolarità nell'andamento della Liquidazione Coatta Amministrativa di Veneto Banca con riguardo alla definizione delle posizioni creditizie riferibili agli imprenditori Marchi e De Vido e la mancata dismissione della partecipazione in Ferak S.p.A. nonché ai connessi potenziali conflitti di interesse in capo a una componente dell'Organo commissariale.
  Al riguardo, va precisato che le citate posizioni creditizie non sono rientrate nella prevista cessione ad AMCO, ma sono state gestite in continuità dai Commissari liquidatori di Veneto Banca dall'avvio della procedura fino alla realizzazione di tale cessione, come peraltro avvenuto per altre posizioni creditizie di Veneto Banca e della Liquidazione Coatta Amministrativa della Banca Popolare di Vicenza, e ciò è stato fatto in modo da evitare disfunzioni o interruzioni nei rapporti creditizi e consentire il tempestivo compimento degli atti di gestione che non potevano essere differiti senza esporre a rischi le due liquidazioni (anche in relazione a danni potenziali per le loro controparti).
  Per quanto riguarda l'asserito potenziale conflitto di interesse di una commissaria, assumono rilievo dirimente la comunicazione preventiva, da parte della stessa interessata, della posizione ricoperta nella Banca Finint S.p.A. (peraltro cessata nel 2024) e la successiva astensione della stessa dalla deliberazione relativa alla definizione delle posizioni creditizie che potevano generare una situazione di conflitto, con la conseguente rimozione di fatto dei rischi connessi con il possibile coinvolgimento personale.
  Questo comportamento risulta, infatti, conforme alle specifiche linee guida per gli organi liquidatori emanate dalla Banca d'Italia in coerenza con le disposizioni dettate dalle Autorità europee in materia di requisitiPag. 69 degli esponenti bancari e più in generale con le previsioni dettate dalla disciplina codicistica(2).
  In ogni caso, le decisioni assunte dall'Organo commissariale in merito alla gestione dei crediti in questione risultano assistite da valutazioni oggettive a supporto della loro ritenuta convenienza per la Liquidazione Coatta Amministrativa sulla base degli elementi disponibili.
  Infatti, in relazione alla liquidazione della partecipazione in Ferak S.p.A., i Commissari, supportati dalle analisi dell'Advisor incaricato, hanno valutato non congruo il prezzo offerto in esito al sondaggio di mercato.
  Le attività liquidatorie e le interlocuzioni proseguono, con l'obiettivo di massimizzare l'importo del realizzo.
  Da ultimo, segnalo che la gestione degli Organi liquidatori non ha riguardato, invece, il recupero del credito nei confronti della Sipi Investimenti S.p.A., società del gruppo Marchi, pure richiamata nel testo dell'interrogazione, che ha formato oggetto di cessione ad AMCO e il cui recupero è stato gestito, in autonomia, da quest'ultima.

  (1) AMCO sino al 18 settembre 2019 era denominata Società per la Gestione di Attività - S.G.A.

  (2) Articolo 2391 cod. civ. in materia di interessi degli amministratori.