CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 25 febbraio 2025
456.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-pacifico.

PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

SOMMARIO

  1. Il programma dell'indagine conoscitiva

  2. Il Comitato permanente sulla politica estera per l'Indo-Pacifico

  3. I contributi raccolti nel corso delle audizioni

   I rappresentanti delle Istituzioni

   I rappresentanti diplomatici

   Esperti e studiosi

   Giornalisti

  4. La strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica

  5. Atti di indirizzo approvati dalla Commissione Affari esteri nel corso della legislatura

  6. Dibattiti connessi ed eventi di rilievo parlamentare

  7. Conclusioni e proposte di lavoro

1. IL PROGRAMMA DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

  Nella seduta del 17 maggio 2023, la III Commissione Affari esteri e comunitari della Camera ha deliberato all'unanimità, ai sensi dell'articolo 144, comma 1 del Regolamento lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-pacifico.
  Le considerazioni alla base dell'indagine conoscitiva prendono le mosse dal peso che lo scacchiere dell'Indo-Pacifico ha assunto nel contesto della definizione degli equilibri globali. Sul Pacifico si affacciano infatti la prima, la seconda e la terza economia mondiale, che sono quelle degli Stati Uniti, della Repubblica popolare cinese e del Giappone. Tra questi, gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese sono potenze formidabili sul piano militare: le loro spese militari americane superano, in aggregato, i mille miliardi di dollari annui.
  Per altro verso, l'Oceano Indiano è interessato dal tratto marittimo della Nuova Via della seta (Belt and Road Initiative), con la quale Pechino sta cercando di allargare non soltanto i mercati di sbocco della sua industria manifatturiera, ma di dilatare altresì la propria influenza politica e, in prospettiva dal corridoio IMEC, che congiunge il Mediterraneo e l'Oceano indiano.
  In questo contesto, lo sviluppo delle tensioni attorno a Taiwan fa temere lo scoppio di un nuovo conflitto maggiore, questa volta alla periferia orientale dell'Eurasia, e comunque alimenta, assieme alla guerra russo-ucraina, un sensibile incremento delle spese militari. Tale circostanza Pag. 15è causa di preoccupazioni crescenti, ma altresì motivo d'interesse per l'industria nazionale dei materiali d'armamento.
  È in questa prospettiva che vanno valutate la strategia complessiva dell'Italia e le scelte della sua politica estera e di proiezione esterna. Dell'Indo-Pacifico è del resto parte anche la sezione orientale del Mediterraneo allargato, che è considerato sede degli interessi nazionali più importanti del nostro Paese. Infatti, è ormai difficile separare i due ambiti, in ragione delle dinamiche comuni che li coinvolgono.
  Su un piano politico-militare, se l'Indo-Pacifico si confermerà il fulcro della politica di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, per l'Italia diventerà particolarmente urgente valutare l'opportunità di una presenza più strutturata nella regione e allo stesso tempo di un rafforzamento del proprio ruolo nel Mediterraneo e nel cosiddetto «fianco sud» della Nato.
  Tutte queste motivazioni sommariamente elencate hanno reso particolarmente serrata l'attività di indagine, che ha come finalità quella di individuare le basi sulle quali costruire una nuova strategia di presenza dell'Italia nell'Indo-Pacifico, a partire dalla ricognizione delle sfide alla sicurezza e dell'evoluzione geopolitica complessiva.

2. IL COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

  Nel corso della seduta del 27 luglio 2023 la Commissione affari esteri della Camera ha deliberato di istituire al proprio interno il Comitato permanente sulla politica estera per l'Indo-pacifico il (cfr. seduta del 27 luglio 2023). L'ufficio di presidenza del Comitato è composto dai deputati Paolo Formentini (Presidente), Andrea Orsini (Vicepresidente), Emanuele Loperfido (Segretario).
  Nel corso dei propri lavori il Comitato ha approfondito, in particolare, le implicazioni geopolitiche di questa vastissima area che riveste un ruolo sempre più significativo negli equilibri globali, anche al fine di valutare le possibilità per l'Italia di sviluppare sinergie e collaborazioni con i partner della regione che condividono il medesimo quadro di valori e la preoccupazione per i rischi di instabilità che possono prodursi nell'Indo-pacifico. Una parte consistente dell'attività è stata svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva, ma sono state svolte numerose altre audizioni informali ed incontri, con rappresentanti del Governo, diplomatici dei Paesi dell'area, esperti e studiosi.
  Si ricorda che i Comitati permanenti rappresentano articolazioni interne alla Commissione, la cui attività è soggetta alla programmazione da parte dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, della Commissione. Non è ammessa sovrapposizione né tra i lavori della Commissione e quella dei Comitati, né tra quella di un Comitato e dell'altro.
  In merito alle attività ad essi delegate, i Comitati non hanno funzioni deliberative. Su delega della Commissione, svolgono attività di carattere conoscitivo, istruttorio e preparatorio rispetto ai lavori della Commissione.
  Per prassi consolidata, ai Comitati permanenti può essere affidato lo svolgimento di audizioni, formali e informali, di indagini conoscitive, nonché l'esame istruttorio di provvedimenti e atti da sottoporre al successivo esame e deliberazione da parte della Commissione.
  Ai Comitati permanenti può essere, in particolare, delegato lo svolgimento delle indagini conoscitive, ferma restando in capo alla Commissione ogni deliberazione su documenti intermedi o conclusivi, nonché la facoltà di avocare a sé in qualunque momento lo svolgimento di specifiche audizioni, missioni o sopralluoghi da tenersi in tali ambiti.

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TAB. 1 – Audizioni svolte

  Audito

  Titolo

  Seduta

  Gabriele Abbondanza

  Docente presso l'Università di Madrid e l'Università di Sydney e ricercatore presso l'Istituto Affari Internazionali (IAI)

  Seduta del 27 settembre 2023

  Lorenzo Termine

  Ricercatore presso il Centro Studi Geopolitica.info e docente presso l'Università degli Studi Internazionali di Roma

  Seduta del 27 settembre 2023

  Emanuele Rossi

  Analista di politica internazionale

  Seduta del 18 ottobre 2023

  John Delury

  Professore di studi cinesi presso la Yonsei University Graduate School of International Studies (GSIS) di Seul

  Seduta del 18 ottobre 2023

  Alessio Patalano

  Professore di studi dell'Asia orientale presso il King's College di Londra

  Seduta del 18 ottobre 2023

  Giulia Pompili

  Giornalista

  Seduta del 26 ottobre 2023

  Stefano Pelaggi

  Ricercatore presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza»

  Seduta del 8 novembre 2023

  Vas Shenoy

  Esperto di rapporti Europa-India

  Seduta del 22 novembre 2023

  Filippo Fasulo

  Co-responsabile dell'Osservatorio Geoeconomia dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI)

  Seduta del 28 novembre 2023

  Giada Messetti

  Giornalista

  Seduta del 29 novembre 2023

  Simone Pieranni

  Giornalista

  Seduta del 6 dicembre 2023

  Lorenzo Lamperti

  Giornalista

  Seduta del 14 dicembre 2023

  Paolo Dionisi

  Ambasciatore d'Italia in Thailandia

  Seduta del 20 dicembre 2023

  Marco della Seta

  Ambasciatore d'Italia in Vietnam

  Seduta del 20 dicembre 2023

  Sujan R. Chinoy

  Direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses (MP-IDSA)

  Seduta del 25 gennaio 2024

  Giorgio Silli

  Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale

  Seduta del 25 gennaio 2024

  Seong-ho Lee

  Ambasciatore della Repubblica di Corea in Italia

  Seduta del 31 gennaio 2024

  Aurelio Insisa

  Jean Monnet Fellow presso il Centro Robert Schuman per gli studi avanzati dell'Istituto universitario europeo

  Seduta del 6 febbraio 2024

  Giulio Pugliese

  Docente di politica giapponese presso l'Università di Oxford e Direttore studi Europa-Asia presso lo Schuman Centre dell'Istituto universitario europeo

  Seduta del 14 febbraio 2024

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  Zahid Rastam

  Ambasciatore della Malaysia in Italia

  Seduta del 27 febbraio 2024

  Michelangelo Pipan e Romeo Orlandi

  Rappresentanti dell'Associazione Italia-ASEAN

  Seduta del 12 marzo 2024

  Satoshi Suzuki

  Ambasciatore del Giappone in Italia

  Seduta del 12 marzo 2024

  Axel Berkofsky

  Professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia

  Seduta del 21 marzo 2024

  Simona Alba Grano

  Professore associato di sinologia presso l'Università di Zurigo

  Seduta del 4 aprile 2024

  Duong Hai Hung

  Ambasciatore della Repubblica socialista del Vietnam

  Seduta del 10 aprile 2024

  Nguyen Hung Son

  Vicepresidente dell'Accademia diplomatica del Vietnam

  Seduta del 10 aprile 2024

  Marianne Péron-Doise

  Direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-Pacifico dell'Istituto delle relazioni internazionali e strategiche (IRIS)

  Seduta del 16 aprile 2024

  Kaush Arha

  Rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub

  Seduta del 24 aprile 2024

  Céline Pajon

  Ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI)

  Seduta del 24 aprile 2024

  Andrea Margelletti

  Presidente del Centro Studi Internazionali (CeSI)

  Seduta del 15 maggio 2024

  Mark Clifford e
  Mark Sabah

  Rappresentanti del Committee for Freedom in Hong Kong

  Seduta del 22 maggio 2024

  Alison Burrows

  Incaricata d'affari dell'Ambasciata di Australia in Italia

  Seduta del 26 giugno 2024

  Nathaniel Imperial

  Ambasciatore della Repubblica delle Filippine in Italia

  Seduta del 10 luglio 2024

  James Crabtree

  Ricercatore presso lo European Council on Foreign Relations

  Seduta del 17 luglio 2024

  Giuseppe Gabusi

  Professore associato dell'Università degli studi di Torino e responsabile del programma «IndoPacific» del Torino World Affairs Institute

  Seduta del 19 settembre 2024

  Giorgio Silli

  Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale

  Seduta del 24 settembre 2024

  David Burton

  Vice Ambasciatore del Regno Unito

  Seduta del 26 settembre 2024

  Guglielmo Picchi

  Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi politici e strategici Machiavelli

  Seduta del 16 ottobre 2024

  Fabrizio Bozzato

  Direttore della Division of Ocean Vision and Action presso l'Ocean Policy Research Institute della Sasakawa Peace Foundation

  Seduta del 23 ottobre 2024

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  David Capie

  Professore di relazioni internazionali e direttore del Centro di studi strategici alla Victoria University di Wellington, Nuova Zelanda

  Seduta del 14 novembre 2024

  Jason Young

  Direttore del Centro di ricerca sulla Cina contemporanea Kōmaru Kura e professore associato di scienze politiche e relazioni internazionali presso l'Università Victoria di Wellington della Nuova Zelanda

  Seduta del 21 novembre 2024

  Vina Nadjibulla

  Vicepresidente della Asia Pacific Foundation of Canada

  Seduta del 5 dicembre 2024

  Enrico Credendino

  Amm. Capo di Stato Maggiore della Marina militare

  Seduta del 12 dicembre 2024

3. I CONTRIBUTI RACCOLTI NEL CORSO DELLE AUDIZIONI

  Il programma dell'indagine è stato svolto attraverso n. 43 audizioni, che hanno riguardato rappresentanti del Governo e delle istituzioni, rappresentanti diplomatici italiani ed esteri, studiosi ed esperti, che hanno affrontato molteplici temi. Nonostante la grande ricchezza, varietà e articolazione dei contributi offerti, sono emerse diverse linee interpretative comuni.
  Pur nella consapevolezza della difficoltà di raggiungere una definizione univoca di «Indo-Pacifico», tutti gli auditi convergono sull'importanza strategica della regione, divenuta fulcro geopolitico globale in quanto crocevia di sfide di sicurezza e di opportunità economiche.
  Sotto il profilo politico, la competizione tra Cina e Stati Uniti emerge come una delle dinamiche dominanti dell'area. Tre elementi sembrano avere particolare rilievo: la crescente assertività della Cina, che persegue una ridefinizione dell'ordine internazionale attraverso strumenti economici, militari e diplomatici; la strategia degli Stati Uniti, impegnati a rafforzare la propria architettura di sicurezza «a raggiera»; l'impegno degli Stati dell'area nella «tessitura» di alleanze mini-multilaterali e bilaterali. In questo quadro, centrali sono i temi della sicurezza marittima e della libertà di navigazione che, nella valutazione di molti auditi, implicano un impegno degli Stati per il rispetto del diritto internazionale ed alla promozione di un ordine internazionale basato sulle regole.
  Sotto il profilo economico l'Indo-Pacifico ospita il 60 per cento della popolazione mondiale, produce il 60 per cento del PIL globale ed è un'area cruciale per i flussi commerciali internazionali e per la sicurezza economica. Tema trasversale a molte audizioni è quello della gestione della transizione energetica e delle filiere di approvvigionamento di minerali critici, con particolare attenzione al ruolo della Cina in questi settori ed alle implicazioni per la resilienza economica globale. Inoltre, è stato più volte ricordato l'India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC) come alternativa alla Nuova Via della Seta e come strumento per rafforzare i legami economici e commerciali tra Europa e Asia attraverso un'infrastruttura integrata che combina trasporti marittimi, ferroviari e digitali e che potrebbe riservare un ruolo da protagonista all'Italia qualora il porto di Trieste diventasse il terminale finale del corridoio.
  Molti esperti hanno sottolineato la necessità per l'Italia di adottare una propria strategia per l'Indo-Pacifico, collocata all'interno di quella europea oppure autonoma ma coordinata con questa, bilanciando l'attenzione tra Mediterraneo allargato e regioni più lontane. In particolare, è considerato prioritario e necessario aumentare la «presenza» italiana nell'Indo-Pacifico. Ciò, in particolare, promuovendo la diplomazia navale italiana e la partecipazionePag. 19 dell'Italia ad operazioni congiunte di sicurezza, valorizzando il soft power nazionale attraverso la diplomazia culturale e scientifica e rafforzando la partnership con attori regionali chiave quali Giappone, India, ASEAN e Australia, al fine di rispondere efficacemente alle sfide globali, inclusi il cambiamento climatico, l'instabilità politica e la regressione democratica di alcuni Paesi della regione.

I rappresentanti delle Istituzioni

  Giovedì 25 gennaio 2024. Audizione del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Giorgio Silli, sulle recenti missioni istituzionali in Australia e nel Pacifico.
  Il Sottosegretario ha ricordato anzitutto che la sua missione a Canberra, Sydney e Melbourne nel novembre 2023 si è inserita nel contesto di un rinnovato impegno dell'Italia a rafforzare la propria presenza nell'area indo-pacifica. È stata la prima visita di un Governo italiano dal 2017, a riprova di una precedente mancanza di attenzione per quell'area. Il Sottosegretario ha poi sottolineato l'importanza dell'Australia in quel quadrante. Infatti, l'Australia è uno tra i principali difensori dello stato di diritto, della libertà di navigazione, del libero commercio e dello sviluppo infrastrutturale sostenibile, oltre a rappresentare la tredicesima economia al mondo, con un PIL in crescita dal 1991, anche grazie all'abbondanza di risorse energetiche e minerarie. La missione compiuta in Australia si è focalizzata su vari filoni di collaborazione bilaterale, incentrati sul rilancio del dialogo politico e sull'intensificazione della collaborazione economica e commerciale, già molto proficua (sono già presenti circa 250 aziende italiane). Nelle more di un'auspicata conclusione dei negoziati sull'Accordo di libero scambio tra l'Unione Europea e l'Australia, numerose sono le opportunità per gli attori italiani nel campo delle infrastrutture, dei trasporti, della ricerca scientifica, degli scambi culturali e delle energie rinnovabili.
  Nel corso della visita, ampio spazio è stato dato anche ai principali dossier internazionali, fra cui la transizione energetica, la lotta al cambiamento climatico, l'impegno comune a sostegno dell'Ucraina e per una soluzione del conflitto in Medio Oriente, la tutela dell'ordine internazionale basato sulle regole, la difesa dei valori di libertà e democrazia. Il Sottosegretario ha ricordato l'impegno dell'Italia ad attuare la Strategia UE per l'Indo-Pacifico del 2021 ed a preservare la stabilità nel Mar cinese meridionale e nello stretto di Taiwan insieme ai partner UE e G7, opponendosi a ogni tentativo unilaterale di modificazione dello status quo e allo stesso tempo mantenendo un dialogo costruttivo con Pechino, che rimane un interlocutore ineludibile.
  Particolare attenzione è stata poi dedicata alla collettività italiana: l'Australia, con quasi 180 mila iscritti Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) e oltre un milione di italo discendenti, rappresenta un riferimento importante anche per la promozione del turismo delle radici e delle eccellenze italiane in ambito enogastronomico e culturale.
  Il Sottosegretario ha inoltre evidenziato che, oltre al rafforzamento delle relazioni con l'Australia, l'Italia è interessata a divenire sempre più un partner di dialogo per le piccole isole del Pacifico, che presentano problematiche di sviluppo e una fortissima vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Durante la missione sono stati organizzati incontri bilaterali con Micronesia, Nauru, Tuvalu, Isole Figi, Tonga, Isole Marshall, Vanuatu, Isole Cook e Timor Est. In questa cornice, il Sottosegretario ha citato le iniziative di formazione finanziate dalla Farnesina per accrescere le competenze delle piccole isole del Pacifico in materia di protezione civile, sviluppo sostenibile, gestione delle coste e uguaglianza di genere.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, il Sottosegretario ha sottolineato l'importanza della missione svolta per riavviare una collaborazione – anche in funzione di contenimento della Cina – con attori della regione piccoli ma di rilievo geografico strategico, confermando l'opportunità di essere «costantemente presenti» nell'Indo-pacifico,Pag. 20 anche per promuovere in quell'area le nostre eccellenze.

  Martedì 24 settembre 2024. Audizione del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Giorgio Silli.
  Il Sottosegretario ha iniziato il suo intervento ringraziando il Comitato permanente per la sua attività, poiché questa regione è sempre più rilevante anche per il nostro Paese, dal punto di vista geostrategico ed economico. La macroregione ospita, infatti, oltre il 60 per cento della popolazione mondiale e contribuisce per quasi 2/3 alla crescita economica globale. È, quindi, fondamentale che l'Italia vi eserciti un ruolo da protagonista – in linea con la strategia dell'Unione europea per l'Indo-Pacifico del 2021, di cui l'Italia è tra i principali ideatori – e continui a rafforzare la propria presenza nell'area.
  La promozione di un Indo-Pacifico aperto, libero, stabile e sicuro è oggi una priorità italiana, dell'Unione europea e dei partner like-minded, anche al fine di preservare le catene di approvvigionamento globali. La regione è ricca di idrocarburi, minerali critici, terre rare e molte altre risorse naturali. Le aziende italiane sono sempre più interessate ad investire in un'area che riveste importanza strategica anche nei settori ad alta tecnologia e innovazione, imprescindibili nell'era digitale.
  Il Sottosegretario ha sottolineato la preoccupazione scaturita dalla crescente assertività della Cina nell'area indo-pacifica, ribadendo allo stesso tempo la necessità di mantenere un dialogo costruttivo con Pechino ad alto livello, funzionale al perseguimento di una stabilizzazione strategica. La missione in Cina del Presidente del Consiglio, nel luglio scorso, ha suggellato il processo di ridefinizione dei rapporti con Pechino nel quadro del partenariato strategico globale già avviato nel 2004. L'approccio italiano è caratterizzato da una visione inclusiva, che poggia sul rafforzamento dei rapporti con partner regionali cruciali, fra cui: il Giappone, con cui a margine del summit G7 di Borgo Egnazia è stato adottato un piano di azione triennale per l'attuazione del partenariato strategico; l'India, con cui l'Italia intrattiene un partenariato strategico da marzo 2023 e il cui Primo Ministro Modi ha partecipato alla sessione «outreach» a Borgo Egnazia, rafforzando ulteriormente il ruolo dell'Italia di ponte tra il G7 e il G20; la Corea del Sud, partner strategico, con cui ricorre quest'anno il 140° anniversario delle relazioni diplomatiche, inaugurato con la visita di Stato del Presidente Mattarella lo scorso novembre.
  Il Sottosegretario ha ricordato come anche l'azione delle organizzazioni regionali sia preziosa per la promozione della pace e della crescita economica sostenibile ed inclusiva dell'Indo-pacifico. L'Italia sta aggiornando il documento nazionale attuativo della Strategia UE per l'area, pubblicato nel 2022. Su tale base l'Italia continua ad intensificare i rapporti con gli organismi regionali (Associazione delle Nazioni del sud-est asiatico-ASEAN; Associazione rivierasca dell'Oceano Indiano-IORA; Forum delle isole del Pacifico-PIF), favorendo inoltre sinergie con il Global Gateway dell'Unione europea. L'azione italiana si traduce in iniziative di capacity building rivolte a tutti i membri delle diverse organizzazioni regionali e attraverso programmi di cooperazione allo sviluppo volti a colmare il divario con i Paesi più deboli ed a fronteggiare disastri e calamità naturali.
  L'audito ha sottolineato che l'intervento italiano nell'Indo-pacifico è aumentato anche attraverso la presenza navale e il dispiegamento di velivoli dell'Aeronautica militare nel quadro dell'iniziativa Indo-Pacific Jump: dalla campagna dell'anno scorso del pattugliatore d'altura italiano Morosini, alle campagne in corso del gruppo portaerei Cavour e Alpino, del pattugliatore d'altura Montecuccoli e della Nave scuola Vespucci. Le forze navali e aeree italiane, inoltre, a luglio hanno partecipato per la prima volta all'esercitazione multilaterale Pitch Black, con altri venti Paesi, a nord dell'Australia.
  Il Sottosegretario ha poi richiamato la sua missione in Nuova Zelanda dal 22 al 26 luglio 2024, volta a rilanciare i rapporti politici con questo Paese like-minded dopo un'assenza di esponenti del Governo italiano che durava dal 2009. Wellington si Pag. 21colloca tra i principali difensori dello Stato di diritto, della libertà di navigazione, del libero commercio e dello sviluppo infrastrutturale sostenibile. Inoltre, detiene una posizione equilibrata di ricerca del dialogo nella competizione strategica tra Cina e USA nell'area. Il rafforzamento della collaborazione bilaterale a livello politico è prodromico alla migliore penetrazione economica delle imprese italiane, che trovano nella Nuova Zelanda una delle economie più aperte al mondo. Lo scorso 1° maggio, inoltre, è entrato in vigore l'Accordo di libero scambio fra Wellington e l'Unione europea, il primo tra quelli di nuova generazione, con un'attenzione prioritaria allo sviluppo sostenibile e al contrasto ai cambiamenti climatici. Esso comporta la completa rimozione dei dazi sulle esportazioni dai Paesi UE, l'accesso limitato ai prodotti neozelandesi più sensibili per l'Unione europea (manzo e latticini), la parità di trattamento nel settore dei servizi, la protezione delle indicazioni geografiche. Ad avviso del Sottosegretario, l'accordo costituisce un forte segnale dell'impegno comune a favore un sistema commerciale basato sulle regole e testimonia l'ambizione dell'Unione europea di approfondire le relazioni con l'Indo-Pacifico, e con la Nuova Zelanda in particolare. Nel corso della missione il Sottosegretario ha valorizzato con i suoi interlocutori alcune eccellenze italiane, ad esempio nel campo della fornitura di battelli in grado di trasportare veicoli ferroviari e del potenziamento delle strutture portuali. In Nuova Zelanda sono presenti oltre 70 imprese italiane operanti principalmente nei settori dell'automazione meccanica, dell'abbigliamento e delle costruzioni, che impiegano oltre 1.000 addetti, con un fatturato complessivo di circa 670 milioni di euro. L'interscambio tra i due Paesi nel 2023 è ammontato a 860 milioni di euro, con un saldo positivo per l'Italia di 488 milioni. L'Italia è il terzo fornitore UE, dopo Germania e Francia. Per il Sottosegretario esistono ulteriori ampi margini di rafforzamento della presenza economica italiana in Nuova Zelanda, ad esempio nell'industria della difesa, in quella dei macchinari agricoli e tessili e nella produzione e commercializzazione di kiwi (il mercato mondiale è per la stragrande maggioranza in mano a una multinazionale neozelandese).
  Nel prosieguo dell'intervento, il Sottosegretario ha ricordato che l'Italia si appresta ad ospitare la 47° riunione consultiva del Trattato Antartico, che si terrà a Milano dal 23 giugno al 3 luglio 2025. Si tratterà di un'occasione importante per ribadire l'impegno italiano nella governance comune dell'Antartide e nella ricerca scientifica finalizzata alla protezione degli ecosistemi e alla biodiversità del continente.
  In conclusione, il Sottosegretario ha evidenziato che tutti gli interlocutori hanno manifestato apprezzamento per la volontà italiana di essere, insieme con altri Stati, sempre più presenti e attivi nell'Indo-Pacifico, anche attraverso l'approfondimento della cooperazione tra la NATO e i partner regionali per il contrasto alle sfide globali, in particolare in materia di cyber sicurezza, nuove tecnologie e contrasto alla disinformazione. Più in generale, ha affermato che la missione fa parte di un disegno del Governo di ricucitura dei rapporti dell'Italia con i Paesi dell'Indo-pacifico, per fare in modo che l'Italia venga veramente percepita come un Paese vicino. Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il Sottosegretario ha dichiarato che l'Italia sta lavorando per la nomina di un Inviato Speciale per l'IMEC, come richiesto in una risoluzione votata all'unanimità dalla Commissione. Più in generale, ha espresso la convinzione che l'Italia non deve commettere l'errore già fatto con l'America latina – dove ha dato per scontato, per decenni, il rapporto con i Paesi dell'area – e deve essere presente nell'Indo-pacifico, anche se i Paesi sono lontani.

  Giovedì 12 dicembre 2024. Audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, Ammiraglio Enrico Credendino.
  Il Capo di Stato Maggiore della Marina militare ha iniziato il suo intervento con una riflessione generale sull'importanza della «marittimità», sottolineando che ciò che avviene in una specifica area si riverbera in tutto il globo proprio tramite il mare. Non a caso, il 90 per cento dei traffici mondiali Pag. 22avviene via mare. Il Mar Mediterraneo, che è un mare piccolo, rappresenta l'1 per cento della superficie d'acqua mondiale, ma è attraversato dal 25 per cento dei traffici marittimi globali. Attualmente il Mediterraneo è la via più breve per andare dall'Atlantico all'Indo-Pacifico. Se in futuro si dovesse aprire la rotta artica, il Mediterraneo rischierebbe di essere marginalizzato, con un impatto significativo sulla nostra economia. L'Italia è un Paese di trasformazione, che dipende prevalentemente dal mare, importando via mare ciò che poi viene riesportato. Di qui l'importanza della libertà di navigazione. Questa è una delle ragioni per cui l'Italia ha rafforzato la sua presenza nell'Indo-Pacifico, per rimarcare l'importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione e ribadire che l'alto mare è libero nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).
  L'Ammiraglio ha sottolineato come nel mondo ci siano molti «mediterranei», intesi come mari compresi tra terre. C'è un Mediterraneo in senso stretto, che è il nostro, ma anche un «mediterraneo» a Suez, due «mediterranei» nell'Indo-Pacifico e uno nell'Atlantico e sono tutti quadranti economici, geopolitici, sociali e culturali in cui sussistono delicate forme di convivenza tra i popoli. Le trasformazioni geopolitiche mondiali nascono prevalentemente in questi bacini, in cui le dinamiche geopolitiche presentano elementi simili. L'area di prioritario interesse strategico per l'Italia era negli anni Settanta e Ottanta il Mediterraneo in senso stretto. Allora la Marina aveva un ruolo ancillare, di scorta, alle portaerei americane. Poi, l'interesse si è spostato sul Mediterraneo allargato, che abbraccia gran parte del continente africano, ad est e ad ovest, fino all'Artico. Adesso ci si rende conto di quanto il Mediterraneo allargato sia collegato all'Indo-Pacifico, in cui si assiste ad un riarmo di tutti i Paesi soprattutto in termini navali, con la Cina che ha dichiarato di voler diventare la prima Marina del mondo, e probabilmente oggi già lo è, seppure in termini quantitativi e non qualitativi.
  L'Ammiraglio ha sottolineato che le dinamiche che si sviluppano in questi mediterranei sono complesse e molto simili. Ci sono armi nuove, che sono emerse recentemente, in particolare dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Ad esempio i droni: nessuno dava particolare importanza a questa tecnologia militare fino a tre anni fa, adesso invece il drone è l'arma principale degli Houthi. Droni che costano 50 mila euro e contro cui l'Occidente, ancora oggi, è costretto oggi a rispondere con missili che costano fino a 3 milioni di euro ciascuno, anche se l'industria si sta rapidamente attrezzando per produrre droni anti-droni o sistemi ad energia diretta che abbiano un miglior rapporto costi/efficacia nell'impiego. Poi, ci sono i missili balistici e i missili ipersonici, contro i quali non c'è, allo stato, alcuna difesa efficace. Poi, c'è tutta la questione cyber, che rappresenta un nuovo dominio.
  L'audito ha poi illustrato le missioni compiute dalla Marina militare nell'Indo-pacifico. La prima è stata con la nave Morosini, che ha svolto circa sei mesi di attività nell'Indo-Pacifico, ottenendo un successo che è andato al di là delle aspettative. Ciò anche perché i Paesi dell'area conoscevano poco l'Italia dal punto di vista marittimo. Il Morosini, che è una delle ultime navi consegnate alla Marina, ha destato grandissimo interesse in Indonesia, che adesso comprerà due navi della stessa classe. L'Ammiraglio ha ricordato che è in questo modo – mostrando cioè il proprio potenziale – che si riesce ad ottenere una penetrazione industriale. Oltre agli indonesiani sono interessati anche la Malaysia, le Filippine e l'Australia. Quest'ultima, a suo tempo aveva pensato di comprare le nostre della classe FREMM, anche se il progetto non è poi andato a buon fine.
  Il successo del Morosini è stato ripetuto con il veliero Amerigo Vespucci. Infine, c'è stata la missione del Carrier Strike Group, il gruppo portaerei, che è la massima espressione di proiezione di forza e di capacità militari a livello internazionale.
  La portaerei ha imbarcato otto F-35 – sei della Marina e due dell'Aeronautica – alcuni Harrier, e tre elicotteri, inclusi due Pag. 23aerei dell'Aeronautica, il che ha consentito di migliorare ulteriormente l'interoperabilità. Non solo: il Carrier Strike Group ha avuto come scorta molte navi appartenenti a Paesi alleati, che hanno integrato il gruppo, quindi di fatto è stato un gruppo multinazionale, con navi francesi, spagnole e statunitensi, che hanno lavorato in maniera totalmente integrata con la nostra portaerei. Si è così passati da un concetto di interoperabilità – inteso come sistemi simili che consentono di lavorare insieme – ad un concetto di interscambiabilità, con una nave completamente integrata in un gruppo straniero. È la prima volta che c'è questo livello di integrazione. La campagna, che è terminata da poco, ha portato un numero straordinario di persone a visitare le navi italiane, proponendo a un vasto pubblico il sistema-Paese. Questo deployment ha generato effetti su tre direttrici: la crescita di capacità operativa, la cooperazione internazionale e il posizionamento e la promozione industriale.
  L'intervenuto ha continuato ricordando che oggi al mondo ci sono tre Paesi che hanno, di fatto, una portaerei con gli F-35, che è l'aereo di quinta generazione (questo binomio dà un vantaggio operativo assoluto su qualunque altro tipo di capacità): l'Italia, gli Stati Uniti e il Regno Unito. È vero che la Francia ha una portaerei nucleare, ma ha ancora i caccia di quarta generazione. Quindi, il vantaggio tecnologico italiano su altri Paesi oggi è assoluto. Altri Paesi si doteranno di questo sistema. Il Giappone avrà due portaerei, con i caccia di quinta generazione, ma ci metterà del tempo prima di poter disporre di capacità operative come le nostre. La Cina si sta dotando di portaerei con caccia di quinta generazione, ma ci vorrà tempo per averle in esercizio. È la prima volta che l'Italia manda il gruppo portaerei fuori dai normali bacini di navigazione per un periodo così prolungato. Tutto questo ha dato al Paese una credibilità a livello internazionale molto forte.
  Per quanto riguarda la cooperazione internazionale, l'Ammiraglio ha sottolineato che sono stati avviati colloqui con tutte le Marine del Sud-Est asiatico. Sono stati stretti forti rapporti con Francia, Regno Unito e Stati Uniti, impensabili fino a tre anni fa. Dopo lo scoppio della guerra russo-ucraina e l'aumento della flotta russa nel Mediterraneo l'Italia ha fornito una scorta di FREMM agli statunitensi in funzione antisommergibile e la credibilità conseguita ha permesso al Paese di entrare in quel gruppo ristretto. In diversi momenti, da ultimo nella Conferenza navale di Parigi di quest'anno, è stata stabilita una rotazione dei gruppi portaerei europei nell'Indo-Pacifico (non dell'Unione europea, ma europei, dato che sono presenti anche gli inglesi). L'idea è di avere sempre un gruppo portaerei europeo nell'Indo-Pacifico e un gruppo pronto nel Mediterraneo o nell'Atlantico del Nord per qualunque esigenza. Il gruppo italiano è rientrato dopo sei mesi, adesso sono partiti i francesi, che rimarranno nell'Indo-Pacifico sei mesi, poi andranno gli inglesi e così via, mentre gli Stati Uniti mantengono un gruppo portaerei in tutti e tre i quadranti. Questo consente all'Italia di far parte di questo QUAD che stabilisce le regole e l'impiego dei gruppi portaerei, che è il riferimento a livello internazionale per l'uso delle portaerei.
  L'Amm. Credendino ha poi illustrato i colloqui avviati o in fase di avvio con le Marine di quarantaquattro Paesi. Certamente – ha proseguito – questo favorisce il dialogo a livello di difese ed è un unicum, dal momento che uno dei compiti storici della Marina italiana è quello di naval diplomacy.
  Ad avviso dell'Ammiraglio, il nuovo approccio italiano si può apprezzare confrontando il viaggio del Vespucci che si sta concludendo con quello fatto vent'anni fa. Vent'anni fa il Vespucci ha fatto un giro del mondo addestrativo, lasciato un po' a sé stante. Questa volta, invece, è stato deciso dal Ministro della Difesa di mandare «in giro per il mondo» il sistema-Italia. Sono undici i Ministeri rappresentati. C'è una cabina di regia che si muove con il Vespucci e con un Villaggio Italia, che ha riscosso un grande successo. È certamente un viaggio che rimarrà nella storia del nostro Paese.
  Con riferimento al posizionamento industriale dell'Italia, l'Amm. Credendino ha Pag. 24evidenziato come l'Italia costruisca navi efficaci e molto innovative. Sicuramente, Fincantieri e Leonardo oggi sono riconosciuti in tutto il mondo. Nel 2025 la Marina sta ultimando la pianificazione di una nuova campagna, che si farà con una FREMM nell'Indo-Pacifico, da gennaio per sei mesi. La nave parteciperà a tutti i principali saloni internazionali di difesa dell'area e parteciperà anche all'apertura dell'Expo in Giappone l'anno prossimo. A livello mondiale ci sono due simposi sulla marittimità, che si svolgono ad anni alterni, i nostri negli anni pari, negli Stati Uniti negli anni dispari. Grazie ai deployment degli ultimi anni, all'ultimo simposio, che si è svolto due mesi fa a Venezia, vi è stata una presenza notevole di Capi di Marine del mondo.
  Concludendo, l'Ammiraglio ha ribadito che ciò che avviene nell'Indo-Pacifico si riverbera direttamente sulla nostra economia e che la presenza italiana nell'area rimarca l'importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione e la libertà di navigazione, nell'intento specifico di proteggere e garantire i traffici che dall'Indo-Pacifico arrivano al Mediterraneo, fondamentali per l'economia nazionale.
  Rispondendo alle domande poste nel corso dell'audizione, l'Amm. Credendino ha auspicato una difesa europea sempre più integrata. La questione rimane tuttavia essenzialmente politica e sarebbe necessario avere prima una vera politica estera comune e un'industria della difesa comune. Per garantire un futuro al Mediterraneo bisogna investire nella marittimità, iniziando dai porti, che peraltro richiedono un sistema di comunicazioni terrestri integrato.
  Ad avviso dell'audito, il fatto che il Governo abbia istituito il Ministero del Mare è stato un messaggio importante. Bisogna investire molto di più in marittimità, perché attraverso il mare l'Italia può assumere un ruolo guida a livello europeo. Ad esempio, il mondo subacqueo rappresenta una nuova frontiera da esplorare, anche per estrarne cibo. Quello che avviene sott'acqua, inoltre, è molto meno influenzato dagli effetti dei cambiamenti climatici rispetto a quello che avviene sopra la superficie. Ad esempio, i grandi data centers – che saranno sempre più numerosi perché l'intelligenza artificiale richiederà data centers molto energivori – hanno il grande problema di dissipare il calore e, dato che sott'acqua la temperatura è stabile, grandi imprese come Google stanno cominciano a trasferire i data centers sott'acqua. Ancora, i fondali marini (inesplorati per l'80 per cento, per il 97 per cento nel caso di quelli abissali) sono ricchi di terre rare e potrebbero consentire, se opportunamente sfruttati di svincolarsi da Cina e Taiwan su cellulari, microprocessori ecc. I fondali sono poi importanti per le infrastrutture critiche nazionali e quelle italiane sono prevalentemente subacquee (Eni, Terna, Sparkle, cavidotti, condotte che portano elettricità, comunicazioni digitali e così via) e molto vulnerabili. Gli attentati che sono stati realizzati contro cavidotti e gasdotti hanno dimostrato che oggi si riesce ad arrivare a 3 mila metri di profondità in maniera relativamente agevole. Nel Mar Rosso, per citare un termine di comparazione, i fondali sono bassi 100-200 metri. Oggi gli Houthi ancora non sono attrezzati, ma non è difficile portare a termine un attentato a quella profondità. Anche i danneggiamenti a causa di incidenti sono del testo possibili. L'Italia è poco attrezzata per rispondere a tali evenienze, perché ha investito poco. Tuttavia, ha creato una struttura – il Polo nazionale della dimensione subacquea- che mette insieme tutti: Ministeri, piccole e medie imprese, università, industria della difesa, sotto la regia della Marina Militare.
  Infine, l'Ammiraglio ha toccato il tema dell'Artico. Ha rilevato che è difficile fare previsioni sull'apertura o meno della rotta artica, perché dipenderà concretamente da quali saranno gli effetti dei cambiamenti climatici. Nel frattempo, bisogna investire ed essere presenti. La Marina, ad esempio, invia tutti gli anni una nave oceanografica nell'Artico per compiere studi e ricerche e studiare i modelli collegati all'apertura o meno di questa rotta. La Russia è molto avanti nella gestione della rotta artica, certamente anche per questioni geografiche. Anche la Cina è molto avanti, mentre i Pag. 25Paesi occidentali sono rimasti un po' indietro. Da un punto di vista marittimo, la rotta artica è molto complicata, perché la gestione della logistica è complessa per ragioni climatiche. Certamente, se si dovesse aprire in maniera preponderante la rotta artica, questo sarà un grosso problema per l'Italia perché, a quel punto, le rotte che attraversano il Mediterraneo da Est a Ovest potrebbero essere sostituite da una rotta, più rapida e meno rischiosa, in direzione Nord o Sud.

I rappresentanti diplomatici

  Mercoledì 20 dicembre 2023. Audizioni dell'Ambasciatore d'Italia in Thailandia, Paolo Dionisi, e dell'Ambasciatore d'Italia in Vietnam, Marco della Seta.

  Audizione di Paolo Dionisi, Ambasciatore d'Italia in Thailandia.
  L'Ambasciatore, che rappresenta l'Italia in Thailandia, Cambogia e Laos, tre Paesi molto, diversi per storia, tradizione, economia e potenziale, ha avviato il suo intervento sottolineando come la Thailandia goda di una buona stabilità politica: è la seconda economia dell'area ASEAN – dopo l'Indonesia – e punta a divenire un hub dell'innovazione tecnologica (soprattutto nel settore dell'automotive), anche grazie ad investimenti stranieri. Visti i risultati economici molto promettenti (è primo produttore al mondo di tonno e gomma, secondo di zucchero), il Paese rappresenta sicuramente per l'Italia un partner interessante, anche in un'ottica di co-investimento in Africa nel quadro del Piano Mattei. Il Laos, invece, è un piccolo Paese con un'economia sostanzialmente controllata dalla Cina, in cui è difficile trovare spazio di manovra per altri Paesi. La Cambogia, al contrario, potrebbe presentare opportunità maggiori per le piccole e medie aziende italiane.
  L'intervento dell'Ambasciatore è terminato con un riferimento al progetto del Land Bridge, un collegamento ferroviario e stradale che ridurrebbe di circa dodici-quattordici giorni la circumnavigazione dello Stretto di Malacca e consentirebbe il transito anche alle navi di grandi dimensioni, tonnellaggio e pescaggio (mentre nello stretto di Malacca le acque sono basse). Si tratta di un progetto in cui la tecnologia e le eccellenze italiane potrebbero trovare spazio.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, l'Ambasciatore Dionisi ha poi svolto un approfondimento sulla presenza della comunità italiana in Thailandia, Laos e Cambogia e una riflessione sui rapporti della Thailandia con Cina, India, Russia e Stati Uniti.

  Audizione di Marco Della Seta, Ambasciatore d'Italia in Vietnam.
  L'Ambasciatore Della Seta ha ricordato in apertura di intervento che nel 2023 sono stati festeggiati i cinquant'anni di relazioni diplomatiche fra Italia e Vietnam. Ha poi ricordato che il sistema politico vietnamita, basato sul partito comunista unico, è stabile. Il Paese rifugge da un aperto allineamento politico internazionale, preferendo mantenere per quanto possibile una posizione neutrale (bamboo policy, nel senso di flessibilità senza cambiare posizione). Secondo l'Ambasciatore, il Vietnam tende a porsi come cerniera geografica e ideologica fra Cina e Stati Uniti e fra Russia e Occidente, nonché come modello di successo per il Sud globale. Infatti, in Vietnam il reddito pro capite si è triplicato in venti anni, la disoccupazione è bassa e il deficit pubblico contenuto. L'economia ha i suoi punti di forza in innovazione, digitalizzazione, ricerca ed educazione. Il Vietnam ha rinforzato il suo partenariato con gli Stati Uniti, che hanno promosso investimenti nel Paese nel settore dei microprocessori. Le opportunità per l'Italia derivano innanzitutto da una manodopera a buon mercato e dalla crescita della classe media, interessata a beni di consumo, ad esempio nel settore food and beverage.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Ambasciatore Della Seta ha poi sottolineato che i rapporti fra Vietnam e Cina presentano elementi di ambiguità: sono strettissimi a livello economico e di partito, ma più critici in merito ad alcune dispute territoriali nel Mar cinese meridionale o sugli investimenti cinesi in Vietnam. Con riguardo alla Russia, il Pag. 26Vietnam ancora oggi acquista da Mosca il 70 per cento dei propri armamenti. Nei rapporti con gli Stati Uniti, ci sono forti interessi economici (ad esempio nel campo degli investimenti nei microprocessori) ma, allo stesso tempo, la politica estera è improntata ad una grande a prudenza tesa ad evitare «sbilanciamenti» verso l'Occidente.

  Mercoledì 31 gennaio 2024. Audizione dell'Ambasciatore della Repubblica di Corea in Italia, Seong-ho Lee.
  L'Ambasciatore della Repubblica di Corea in Italia ha incentrato il suo intervento sulla valutazione dello scenario geopolitico indo-pacifico, includendovi una descrizione della strategia indo-pacifica della Corea e delle proposte per rafforzare, nel suo ambito, la cooperazione tra Corea e Italia. L'Ambasciatore ha inizialmente fatto riferimento alle attività nucleari e missilistiche della Corea del Nord, che, per loro natura, si estendono oltre la penisola coreana e rappresentano una minaccia per la sicurezza globale. Successivamente, ha evidenziato l'incremento delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale (con riferimento ai conflitti marittimi tra Cina e Filippine) e nello stretto di Taiwan (con riferimento alla crescente assertività cinese a perseguire la politica «una sola Cina»). Come terzo elemento determinante nella regione indo-pacifica, l'Ambasciatore ha ricordato la competizione strategica tra USA e Cina, rimarcando che il mantenimento del dialogo è indispensabile per evitare escalation pericolose.
  In risposta alle sfide descritte, la Corea ha varato nel 2022 la sua strategia per l'Indo-Pacifico, seguita da un piano di azione, che sottolinea l'importanza di rafforzare l'ordine internazionale basato sulle regole e la cooperazione regionale nei settori dell'economia e della sicurezza, come testimoniato dal primo vertice trilaterale tra Corea, Stati Uniti e Giappone tenutosi a Camp David ad agosto 2023. La strategia coreana per l'Indo-Pacifico non mira ad escludere alcuna Nazione, ma ricerca la cooperazione con tutti i partner che condividono la stessa visione e gli stessi principi. Corea e Italia non solo condividono valori comuni, ma occupano anche una posizione strategica simile e ciò amplia il potenziale di collaborazione. Gli scambi commerciali tra i due Paesi hanno superato i 13 miliardi di dollari, raggiungendo livelli record, e si stima che un milione di turisti coreani visitino l'Italia ogni anno. L'Ambasciatore ha proposto di sfruttare il 140° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia (che ricorre nel 2024) per rafforzare il partenariato strategico e delineare nuove direzioni per la cooperazione nel contesto della strategia indo-pacifica, approfondendo in particolare la cooperazione in materia di sicurezza economica e nel campo scientifico e tecnologico.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Ambasciatore ha approfondito il tema delle relazioni della Corea con India e Australia, con cui esiste un consolidato rapporto di cordialità e amicizia. Inoltre, si è soffermato sulla pericolosità della Corea del Nord, che si cerca di contenere con le tre «D» (deterrenza, dissuasione e dialogo).

  Martedì 27 febbraio 2024. Audizione dell'Ambasciatore della Malaysia in Italia, Zahid Rastam.
  L'Ambasciatore ha articolato il suo intervento nei seguenti punti:

   1. l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN);

   2. la politica globale estera della Malaysia;

   3. le relazioni bilaterali tra Malaysia e Italia.

  Innanzi tutto, ha sottolineato il ruolo centrale che l'ASEAN svolge nella gestione delle rivalità e delle tensioni tra le grandi potenze dell'Indo-pacifico, mantenendo la pace e la stabilità nella regione. Gli strumenti di dialogo e cooperazione guidati dall'ASEAN fungono da piattaforme cruciali per affrontare le questioni regionali. Il concetto di centralità dell'ASEAN si impernia sulla stretta interconnessione tra le regioni dell'Asia-Pacifico e dell'Oceano Indiano. Nella prospettiva dell'ASEAN è prioritario: ampliare le aree di cooperazione regionale, promuovere un ambiente favorevolePag. 27 alla pace e alla prosperità e rafforzare la fiducia in un'architettura regionale basata sulle regole.
  Per quanto concerne il secondo punto, le priorità delineate dall'Ambasciatore riguardo alla politica estera della Malaysia sono incentrate su pace, sicurezza e stabilità, accompagnate da valori quali umanità, giustizia e uguaglianza. La principale priorità della Malaysia è il progresso nazionale, che si basa su solide e amichevoli relazioni con gli altri Stati. L'obiettivo è perseguire una politica estera lungimirante e pragmatica, volta a facilitare il commercio e attrarre investimenti esteri. La posizione geografica e strategica del Paese, situato all'incrocio di importanti rotte commerciali tra Oriente e Occidente, al centro del Sud-Est asiatico, rende ancora più rilevanti i principi di coesistenza pacifica e non allineamento. La Malaysia crede fermamente che, data la complessità e la delicatezza della situazione nel Mar Cinese meridionale, essa debba essere affrontata in modo pacifico e razionale, attraverso il dialogo e la consultazione. Le dispute territoriali e marittime devono essere risolte attraverso mezzi pacifici, in linea con i principi del diritto internazionale universalmente riconosciuti. È fondamentale garantire la libertà di navigazione e sorvolo nel Mar Cinese meridionale, in conformità al diritto internazionale e alla Convenzione UNCLOS del 1982, su cui dovrebbero basarsi tutte le rivendicazioni nel Mar Cinese meridionale.
  Per quanto concerne l'ultimo punto, l'Ambasciatore ha sottolineato che le relazioni bilaterali tra Malaysia e Italia sono estremamente cordiali. Ha auspicato, inoltre, l'esplorazione di ulteriori ambiti di cooperazione, come la cybersecurity, la tecnologia avanzata e la diplomazia digitale e culturale. Nel periodo gennaio-novembre 2023 l'Italia si è posizionata come ventiquattresimo partner commerciale della Malaysia, ventiquattresima destinazione delle esportazioni e ventiduesima fonte di importazioni. Viceversa, la Malaysia è stata il cinquantacinquesimo partner commerciale dell'Italia, sessantaduesima destinazione delle esportazioni e cinquantacinquesima fonte di importazioni. Per quanto riguarda gli investimenti, l'Italia si colloca come ventisettesimo investitore in Malaysia e come nono tra gli investitori provenienti dai Paesi dell'Unione europea. I due Paesi hanno instaurato una stretta collaborazione nel settore della difesa, con l'Italia che rappresenta una delle principali fonti di approvvigionamento per le necessità difensive della Malaysia.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Ambasciatore ha auspicato che l'Italia aderisca al TPNW (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) e ha espresso la propria opinione sulla situazione in Medio Oriente, dove ha auspicato un immediato cessate-il-fuoco. Per quel che riguarda le relazioni con Stati Uniti e Cina, ha sottolineato che la Malaysia dialoga con entrambi, soprattutto attraverso l'ASEAN.

  Martedì 12 marzo 2024. Audizione dell'Ambasciatore del Giappone in Italia Satoshi Suzuki.
  L'Ambasciatore ha avviato il suo intervento esprimendo profonda preoccupazione per la situazione internazionale, sottolineando che la comunità internazionale si trova in un momento critico in cui i principi fondamentali dell'ordine internazionale – come il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale, il divieto di alterare lo status quo mediante l'uso della forza e il rispetto dei princìpi della Carta delle Nazioni Unite – sono minacciati. Ha osservato che la sicurezza in Europa e nell'Indo-pacifico sono strettamente legate e che le questioni che riguardano l'Ucraina, il Medio Oriente e l'Asia orientale sono interconnesse.
  Il Giappone, sostenendo la sua visione di un Indo-Pacifico libero e aperto, ha costituito il QUAD con Stati Uniti, Australia e India (dialogo quadrilaterale sulla sicurezza) e adottato iniziative in vari settori, ad esempio per il potenziamento della connettività regionale e della sicurezza marittima. L'India, con la sua vasta popolazione e la robusta crescita economica, condivide con il Giappone valori fondamentali come la democrazia, lo stato di diritto e l'economia di mercato, nonché interessi comuni in materia di sicurezza. Nell'Indo-Pag. 28Pacifico vi sono diverse sfide alla sicurezza, tra cui il tentativo di modificare unilateralmente lo status quo con la forza, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, il terrorismo e i disastri naturali causati dal cambiamento climatico.
  L'Ambasciatore si è poi soffermato sulla Cina, seconda economia mondiale, che sta ampliando la sua influenza economica a livello globale e dimostra una crescente potenza militare. A fronte del tentativo cinese di modificare unilateralmente lo status quo con la forza nei mari orientali e meridionali, provocando dispute territoriali con vari Paesi della regione, il Giappone intende affrontare questa sfida strategica senza precedenti collaborando con gli alleati e i Paesi like minded, al fine di rafforzare un ordine internazionale regionale basato sulle regole. La politica del Giappone nei confronti della Cina mira a costruire una relazione costruttiva e stabile, attraverso un dialogo diretto tra i leader. L'obiettivo è quello di trasmettere a Pechino le preoccupazioni riguardo alla libertà di navigazione, ai diritti umani, all'economia non di mercato e alla coercizione economica, incoraggiando Pechino ad agire come un membro responsabile della comunità internazionale.
  Secondo l'audito, una ulteriore importante sfida alla sicurezza nell'Indo-pacifico è rappresentata dallo sviluppo e dalla proliferazione di armi di distruzione di massa e dei relativi vettori da parte della Corea del Nord. Pyongyang ha recentemente effettuato numerosi lanci di missili balistici intercontinentali che possono raggiungere anche l'Europa.
  Infine, l'Ambasciatore si è soffermato sull'impegno dell'Italia nell'Indo-pacifico, evidenziando il progresso del Global Combat Air Programme (GCAP), progetto congiunto tra Giappone, Italia e Regno Unito di grande rilevanza. Tale iniziativa rafforza le capacità di difesa dei Paesi partecipanti ed ha effetti positivi sui settori della difesa e su altri settori ad alta tecnologia. Si prevede che questo programma contribuirà significativamente all'avanzamento delle tecnologie di ultima generazione sia in Italia che in Giappone. Ferme restando numerose altre opportunità di collaborazione e investimento tra Giappone e Italia in settori come i semiconduttori, lo spazio, i nuovi materiali e la farmaceutica.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Ambasciatore ha espresso la propria convinzione che l'Italia possa contribuire alla pace e al benessere della regione indo-pacifica in molti ambiti di azione, ad esempio nel miglioramento della situazione sanitaria. Inoltre, anche in Africa, oggetto di forte interesse italiano nel «Piano Mattei», esistono possibilità di collaborazione fra Italia e Giappone per migliorare la situazione sociale, economica e politica dei Paesi di quel continente.

  Mercoledì 10 aprile 2024. Audizione dell'Ambasciatore della Repubblica socialista del Vietnam, Duong Hai Hung.
  L'audizione dell'Ambasciatore della Repubblica socialista del Vietnam si è concentrata sulle relazioni, principalmente economiche, tra Vietnam e Italia, le quali sono sempre più profonde e cooperative.
  Il Vietnam segue una politica che attribuisce grande importanza al rafforzamento della partnership strategica, dell'amicizia tradizionale e della cooperazione con l'Italia. L'Ambasciatore ha fornito anche alcuni esempi della forte amicizia che lega i due Paesi: durante la guerra, generazioni di italiani scesero in piazza per sostenere il Vietnam; inoltre, l'Italia ha offerto il proprio sostegno con 2,8 milioni di vaccini durante la pandemia di Covid. Anche le relazioni politiche sono eccellenti, come dimostrato da numerosi scambi e visite. Date le economie complementari dei due Paesi, entrambi possono ricavare valore aggiunto attraverso joint ventures e collaborazioni. Vietnam e Italia condividono valori e principi fondamentali, come il rispetto del diritto internazionale, dell'ordine internazionale, dello stato di diritto e della sovranità e integrità territoriale, nonché la promozione del dialogo e della collaborazione tra le Nazioni per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico e le attività criminali internazionali.

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  Mercoledì 26 giugno 2024. Audizione dell'Incaricata di affari dell'Ambasciata di Australia in Italia, Alison Burrows.
  L'audita ha aperto il suo intervento dichiarando che la pace e la prosperità nelle zone dell'Indo-pacifico ed euro-atlantica sono strettamente legate. Ha ringraziato il Governo italiano per l'importante contributo che l'Italia sta già dando alla regione, ad esempio enfatizzando durante la sua presidenza del G7 la centralità dell'area e la necessità di renderla uno spazio libero e aperto, basato sullo stato di diritto, che sia inclusivo, prospero e sicuro. La diplomatica ha poi sottolineato che, dal punto di vista strategico, l'Italia sta ampliando i legami con l'Australia nel campo della difesa, ad esempio con l'esercitazione Pitch Black e con la visita, prevista ad ottobre, della nave scuola Amerigo Vespucci. L'Australia, come media potenza dell'Indo-pacifico, punta all'equilibrio di potere nella regione, in modo che nessun Paese domini gli altri o sia dominato.
  Per far questo, l'Australia attribuisce grande importanza alla cooperazione con l'ASEAN (ha ospitato nel 2024 il secondo vertice speciale ASEAN-Australia). L'Australia ha adottato un approccio attento per stabilizzare le proprie relazioni con la Cina, approfondendo le relazioni economiche o il comune impegno sul cambiamento climatico e l'energia, ma allo stesso tempo continuando a sostenere gli appelli per il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.
  Questo approccio politico, attentamente considerato e calibrato, ha portato, a giugno, la visita in Australia di un Premier cinese, Li Qiang, la prima dopo il 2017.
  D'altra parte, l'Australia è molto preoccupata per l'assertività mostrata nell'Indo-Pacifico dalla Cina, ma anche da Russia e Corea del Nord. Ciò ha portato ad intensificare partenariati che promuovono l'equilibrio strategico nella regione, in primis il QUAD, composto da Australia, India, Giappone e Stati Uniti. È ancora in negoziazione l'Indo Pacific Framework for Prosperity (IPEF), che riunisce alcune delle economie regionali più grandi e rappresenta uno strumento per rafforzare le catene di approvvigionamento regionali, incentivare gli investimenti verdi e sostenere la transizione a zero emissioni. Nei confronti dei Paesi europei l'Australia ha una forte aspirazione di collaborare per consolidare la resilienza di fronte alle sfide all'ordine internazionale basato sulle regole.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Incaricata di affari ha sottolineato l'interesse dell'Australia a diversificare il proprio commercio, all'interno del WTO come dell'IPEF o nell'ambito di altri accordi di libero scambio negoziati a livello bilaterale o multilaterale. Ha ricordato poi l'Accordo di libero scambio tra Australia e Unione europea, al momento arenatosi, che conteneva una specifica attenzione ai minerali critici, su cui di recente è stato firmato anche un Memorandum d'intesa con l'UE. Inoltre, ha auspicato investimenti italiani per l'estrazione delle terre rare, presenti in grandi quantità in Australia nel sottosuolo, nelle desertiche aree centrali. Ha infine fatto riferimento ai Paesi insulari dell'Indo-Pacifico – che vedono nell'Australia il partner preferito per l'economia, la sicurezza e lo sviluppo – e alla Cina, con cui continua un proficuo rapporto commerciale (nel 2023 è stato approvato più del 90 per cento delle proposte commerciali di investimento provenienti da Pechino) pur se bilanciato da considerazioni di sicurezza nazionale e delle catene di approvvigionamento.

  Mercoledì 10 luglio 2024. Audizione dell'Ambasciatore delle Filippine in Italia, Nathaniel Imperial.
  L'Ambasciatore ha iniziato il suo intervento ricordando che l'Indo-Pacifico abbraccia l'Asia, l'Oceano Pacifico e l'Oceano indiano, includendo quella zona che l'Italia chiama Mediterraneo allargato e che per l'Italia rappresenta un prioritario interesse nazionale. L'Indo-Pacifico ospita quattro delle più grandi economie del mondo (Stati Uniti, Cina, Giappone, India), comprende la maggioranza della popolazione mondiale e produce oltre il 40 per cento del PIL globale. L'Ambasciatore vede con favore l'intenzione dell'Italia di elaborare una propria strategia per l'Indo-Pacifico, che possa Pag. 30sostenere lo stato di diritto e l'ordine internazionale basato sulle regole.
  Le Filippine si trovano nel cuore dell'Indo-Pacifico, al centro di importanti rotte commerciali a livello mondiale. In quanto nazione arcipelagica, che conta 7.600 isole e una delle linee costiere più lunghe al mondo, le Filippine ritengono che mari sicuri e protetti e un ecosistema marino sostenibile siano essenziali per il futuro della Nazione e della regione. La Cina ha avviato una massiccia attività di sottrazione di terre al mare, con la costruzione di isole artificiali e di strutture militari che causano enormi danni ecologici alle barriere coralline e destabilizzano l'area.
  Nel 2016 la Corte permanente di arbitrato dell'Aja ha accolto una petizione delle Filippine, emettendo un lodo arbitrale che ha sconfessato le rivendicazioni di Pechino sul Mar cinese meridionale (c.d. «linea dei nove tratti») e ribadito i diritti sovrani delle Filippine sulla propria zona economica esclusiva. Tuttavia, si sono comunque susseguite provocazioni e pericolose manovre marittime della Cina, che hanno provocato collisioni e incidenti, ma le Filippine continuano ad ancorare la propria reazione pacifica alla Convenzione UNCLOS e al lodo arbitrale, depositando proteste diplomatiche e auspicando la presenza dei partner occidentali nella regione dell'Indo-pacifico per svolgere operazioni a garanzia della libertà di navigazione. Nei rapporti con l'Italia, l'Ambasciatore ha auspicato che si possa presto giungere alla conclusione di un Memorandum d'intesa in materia di cooperazione nel settore della difesa, che vada oltre gli approvvigionamenti e comprenda anche addestramento delle forze ed esercitazioni congiunte.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'Ambasciatore ha sottolineato come le attività cinesi stanno spingendo verso una nuova architettura di difesa nell'Indo-Pacifico, in cui gli Stati più piccoli stanno valutando nuove forme di accordi, mini-laterali oppure bilaterali o trilaterali, come quello che le Filippine sta sondando con Giappone e Stati Uniti. Ciò non dovrebbe comunque portare, nell'opinione dell'Ambasciatore, alla creazione di una NATO asiatica, perché dovrebbe prevalere la centralità dell'ASEAN. Le Filippine, per parte loro, hanno forgiato relazioni più strette con le potenze intermedie dell'area (India, Australia, Giappone, Corea del Sud), importanti per mantenere una certa autonomia strategica e non essere relegate ad una condizione passiva di «pedina» di una delle due superpotenze, Cina e Stati Uniti.

  Giovedì 26 settembre 2024. Audizione del Vice Ambasciatore del Regno Unito, David Burton.
  Il Vice Ambasciatore, da poco entrato in carica, ha iniziato il suo intervento confermando la profonda collaborazione esistente tra i Parlamenti italiano e inglese e la volontà degli esecutivi di lavorare fianco a fianco in molti settori e nella regione dell'Indo-pacifico.
  La strategia per l'Indo-Pacifico del Regno Unito è stata avviata circa cinque anni fa. Nel marzo del 2021 il Governo del Regno Unito ha pubblicato una revisione integrata della politica in materia di sicurezza, difesa, sviluppo ed affari esteri. È stato un tentativo di avere un unicum nel quale poter consultare la strategia per gli affari globali del Regno Unito. Un elemento importante di questa strategia è il c.d. «Indo-Pacific Tilt». Il Regno Unito ha forti legami storici nella regione dell'Indo-Pacifico con i Paesi del Commonwealth. Con l'Indo-Pacific Tilt si è cercato di riconoscere lo spostamento verso est del centro globale della gravità geopolitica, concentrandosi su economia, sicurezza internazionale e valori.
  Innanzi tutto, il Regno Unito ha riconosciuto che l'Indo-Pacifico è la regione che rappresenta il volano per la crescita mondiale: vi vive più della metà della popolazione mondiale, produce il 40 per cento del PIL globale, è il centro dell'innovazione e della tecnologia green. Per questo il Regno Unito ha voluto incrementare l'interscambio e gli investimenti nella regione attraverso nuovi accordi commerciali. Per quel che riguarda la sicurezza, il Regno Unito ha aumentato la presenza delle proprie Forze armate nell'area (portandovi la portaerei UK Carrier Strike Group e navi-Pag. 31pattuglia) e rafforzato partenariati con i partner regionali (AUKUS con USA e Australia e GCAP con Italia e Giappone). Sul fronte dei valori, il Regno Unito intende ampliare i suoi partenariati per promuovere società aperte e sostenere regole e norme internazionali a sostegno del libro interscambio, della sicurezza e della stabilità. Nel 2023 ha concluso i negoziati per entrare a far parte del Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), un accordo organico in materia di partenariato transpacifico volto ad incrementare le opportunità legate agli investimenti e al commercio ed a diversificare le filiere e approfondire la cooperazione nel campo della scienza e della tecnologia.
  Il Regno Unito ha un Ambasciatore dedicato all'Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), nominato nel 2019. Nel 2021 è diventato il primo nuovo dialogue partner dell'ASEAN e sostiene la Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), il programma del G7 per l'infrastruttura e l'investimento. Ha deciso di aprire nuove Ambasciate nell'area indo-pacifica e ha ampliato Ambasciate già esistenti, per rilanciare alcune relazioni bilaterali. Ha concluso accordi bilaterali molto importanti in materia di cooperazione, come la UK-India Roadmap nel 2021 e la UK-Indonesia Roadmap nel 2022, per approfondire la cooperazione in tema di sicurezza, commercio, clima e scienza.
  Il Vice Ambasciatore ha poi sottolineato che l'Esecutivo inglese ha avviato una Strategic Defence Review, nell'intento di reimpostare la politica inglese verso il Sud globale, anche insieme all'Europa e integrando la collaborazione già eccellente con l'Italia e altri Paesi nell'ambito della NATO, del G7 e bilateralmente (ricorda la partecipazione prevista nel 2025 della Marina e dell'Aeronautica italiana alle operazioni della portaerei del Regno Unito). Per quel che riguarda i rapporti con la Cina, il Vice Ambasciatore ha sottolineato l'intenzione del governo britannico di seguire un approccio coerente, di lungo termine, strategico, nella convinzione di base che non è possibile affrontare le sfide globali senza una cooperazione con Pechino.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, l'intervenuto si è detto ansioso di lavorare con l'Italia, per fronteggiare le grandi sfide odierne. Ha d'altronde sottolineato che è importante collaborare anche con Paesi con cui non necessariamente si condivide la stessa visione del mondo, ricordando ad esempio come è stato importante vedere invitati al vertice G7 ospitato in Italia molti leader non occidentali. In merito alla Brexit, ha dichiarato che nel Regno Unito c'è una forte divisione sul tema, ma tutti condividono la convinzione che il Regno Unito ha lasciato l'Unione europea, ma non ha lasciato l'Europa. Anzi tanti programmi – come GCAP – mostrano l'intenzione di rafforzare sempre più le relazioni con i partner europei, anche in materia di politica estera e di sicurezza.

Esperti e studiosi

  Mercoledì 27 settembre 2023. Audizioni di Gabriele Abbondanza, docente presso l'Università di Madrid e l'Università di Sydney e ricercatore presso l'Istituto Affari Internazionali (IAI), e di Lorenzo Termine, ricercatore presso il Centro Studi Geopolitica.info e docente presso l'Università degli Studi Internazionali di Roma.

  Audizione di Gabriele Abbondanza.
  Il Professor Abbondanza ha evidenziato l'importanza per l'Italia di sviluppare una strategia ufficiale, multilaterale e inclusiva per l'Indo-Pacifico. Ciò in ragione della centralità assunta negli equilibri geopolitici globali da questa macro-regione, estesa dalle coste orientali del continente africano alle coste occidentali del continente americano, cruciale per il commercio globale (40 per cento dei traffici passa dal Mar Cinese Meridionale) e molto rilevante per l'Italia, perché la maggior parte delle economie della regione sono complementari a quella italiana.
  Ha inoltre richiamato l'attenzione sul fatto che l'area del Mediterraneo allargato, che si interseca con l'Indo-pacifico, riveste Pag. 32un ruolo fondamentale nella politica estera italiana. Sulla base delle 14 strategie formalizzate sull'Indo-Pacifico (prodotte da Giappone, India, Australia, ASEAN, Stati Uniti, Corea del Sud, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Unione Europea, Italia, Canada e Lituania), ha individuato sette pilastri per una futura strategia italiana: multilateralismo, stabilità, prosperità, cooperazione, sicurezza, sinergia e connettività. Il punto di partenza è un approccio basato sul rispetto del diritto internazionale.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'audito ha evidenziato le differenze fra alcune strategie europee, ad esempio: l'approccio britannico (simile a quello di USA e Australia) è focalizzato sull'hard power allo scopo di mantenere il diritto internazionale, lo status quo, la libertà di sorvolo e di navigazione; quello francese, che è il più antico tra quelli europei, è di più ampio respiro; quello tedesco e olandese è più flessibile. Per l'Italia è prioritario imparare dagli «errori altrui», non focalizzandosi solo sull'hard power, ma concentrandosi anche sugli aspetti economici, culturali e sociali e sul cambiamento climatico, problema estremamente sentito nell'Indo-pacifico e spesso ignorato dai Paesi anglosassoni.

  Audizione di Lorenzo Termine.
  Il dottor Termine ha in primo luogo ricordato che in letteratura è comune definire l'Italia come una media potenza. Le medie potenze occupano una posizione intermedia nella «gerarchia internazionale del potere e del prestigio», in quanto dotate di risorse deficitarie in almeno una delle dimensioni caratterizzanti le grandi potenze internazionali (territorio, popolazione, economia, capacità militari). A causa di questo limite, le medie potenze hanno una capacità di influenza più circoscritta, che diminuisce nella misura in cui si allontanano dalla propria regione d'appartenenza.
  Ad avviso dell'audito, la nuova trazione asiatica della politica internazionale comporta necessariamente una rivalutazione della politica estera delle medie potenze non asiatiche, tra cui appunto l'Italia, come già è stato fatto da attori con interessi strategici globali (ad esempio gli Stati Uniti hanno deciso di disimpegnarsi dalla regione del Medio Oriente e del Nordafrica per concentrare i propri sforzi diplomatici, politici, economici e militari verso l'Indo-pacifico).
  È importante dotarsi di un documento strategico per l'Indo-pacifico per: orientare tutti gli stakeholders nazionali presenti all'estero; informare l'audience esterna sul proprio posizionamento; effettuare il c.d. «signalling», ovvero tracciare nei confronti delle potenze rivali delle vere e proprie linee rosse da non valicare; promuovere una logica di coalizione, in quanto i documenti strategici non hanno come obiettivo solo i potenziali competitors ma anche i partner e gli alleati e sono volti ad evitare il fenomeno del free riding (in cui uno Stato può trarre vantaggio dall'impegno di altri senza sopportarne i costi).
  Nonostante l'Italia abbia un ruolo secondario nell'Indo-pacifico, può interagire in questo teatro distante all'interno di relazioni multilaterali (ad esempio in ambito NATO), attraverso un maggiore attivismo diplomatico, in particolare con la naval diplomacy, soprattutto nelle aree del Golfo Persico e dell'Oceano Indiano in cui vi è sovrapposizione fra Indo-pacifico e Mediterraneo allargato.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il dottor Termine ha sottolineato infine che la bussola fondamentale per una strategia italiana per l'Indo-pacifico dovrebbe essere la strategia dell'Unione europea, orientata nei confronti della Cina al de-risking piuttosto che al de-coupling.

  Mercoledì 18 ottobre 2023. Audizioni dell'analista di politica internazionale Emanuele Rossi, di John Delury, professore di studi cinesi presso la Yonsei University Graduate School of International Studies (GSIS) di Seul e di Alessio Patalano, professore di studi dell'Asia orientale presso il King's College di Londra.

  Audizione di Emanuele Rossi.
  Nella prima parte dell'audizione, il dottor Emanuele Rossi ha sottolineato l'importanza dell'interconnessione tra il Mediterraneo allargato (che include il Medio Pag. 33Oriente, il Nord Africa, il Sahel e Hormuz, fino al Golfo di Guinea e alla Somalia) e l'Indo-pacifico. Egli ritiene che per sviluppare una visione strategica per la regione indo-pacifica l'Italia dovrebbe fondare la sua strategia su valori comuni alle due regioni, come lo sviluppo dei Paesi in difficoltà, la sicurezza marittima, alimentare, sanitaria ed energetica, il controllo degli impatti climatici sulle comunità e la connettività. Sebbene sia evidente che la strategia italiana debba basarsi sulla continuità tra Indo-Pacifico e Mediterraneo, resta da valutare, a suo avviso, il futuro delle relazioni con la Cina, su cui pesa la decisione italiana in merito alla Belt and Road Initiative (BRI).
  L'audito si è poi soffermato sull'importanza del corridoio economico India-Medio Oriente (Mediterranean Economic Corridor IMEC) che, lanciato in occasione del vertice del G20 a Nuova Delhi, dovrebbe fare parte integrante della futura strategia italiana per l'Indo-pacifico. A tal riguardo il dottor Rossi ha spiegato che l'Occidente vede l'IMEC come un mezzo per contrastare l'influenza cinese nella regione e offrire un'alternativa alla BRI. Tuttavia, gli attori del Golfo vedono questo progetto nel contesto di un nuovo ordine globale che si sta disegnando, in cui possono bilanciare i legami con Cina, Occidente e India a proprio vantaggio.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'analista ha poi fornito una sua valutazione sugli effetti dell'adesione italiana alla BRI, che non hanno provocato significativi cambiamenti nelle relazioni con la Cina. Ha inoltre fornito delucidazioni su alcuni aspetti tecnici relativi al funzionamento dell'IMEC, spiegando come il progetto preveda la creazione di un collegamento su tre livelli: 1) marittimo; 2) territoriale; 3) in termini di connettività digitali e di pipelines che trasporteranno, molto probabilmente, le forme di energia che caratterizzano la transizione in corso (elettricità, idrogeno).

  Audizione di John Delury.
  Il professor John Delury ha iniziato il suo intervento con un inquadramento storico, necessario, a suo avviso, per comprendere gli sviluppi attuali della regione indo-pacifica.
  A tal riguardo ha ricordato che nell'ultimo cinquantennio la sicurezza e la prosperità nell'Indo-Pacifico si sono basate sulla stabilità delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Queste relazioni pacifiche ed amichevoli hanno dato vita a un periodo di pace e di grande sviluppo per l'Estremo Oriente ed è proprio per questo motivo che l'attuale peggioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina è fonte di preoccupazione. Il professor Delury si è soffermato poi sulle ragioni dell'attuale deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e la Cina, che si collegano a suo avviso alla piega autocratica assunta dalla leadership di Xi Jinping (si pensi alla decisione di abolire il limite del suo mandato da Presidente). Ha comunque osservato che, diversamente dalla Russia, la Cina non ha invaso altri Paesi ed è molto cauta quando si tratta di impiegare l'Esercito popolare di liberazione all'estero. Per tale motivo, crede che un'invasione di Taiwan da parte dell'Esercito popolare di liberazione non costituisca una reale minaccia. Il professore ha espresso, invece, preoccupazione sulla possibilità che nei confronti di Taiwan venga adottata una strategia analoga a quella adottata nei confronti di Hong Kong, basata su pressione economica, sorveglianza invasiva e repressione transnazionale. Questa è una minaccia non solo per Taiwan ma in generale per l'Indo-Pacifico e tutto il sistema internazionale.
  Infine, l'audito ha proposto tre principi che possono guidare l'Italia nell'elaborazione della propria strategia per l'Indo-Pacifico:

   Trasparenza: contrastare le influenze malevole con regole di trasparenza che garantiscono una protezione delle imprese italiane, delle organizzazioni e degli individui che operano in Cina;

   Solidarietà (militare, economica, diplomatica): la migliore strategia di contrasto alle attività di coercizione economica condotte dalla Cina verso gli altri Paesi è il coordinamento tra le democrazie liberali per contrastarle;

   Tenere fede agli impegni assunti: restare solidali con i Paesi like minded contro Pag. 34le tendenze regressive e allo stesso tempo rimanere impegnati con la controparte cinese nel mondo degli affari, dell'istruzione, della cultura e delle arti.

  Concludendo, il professore ha richiamato l'attenzione del Comitato sul fatto che, a suo avviso, «sarebbe un errore prendere le distanze dalla Cina, in quanto la cultura europea ha un grande rispetto per la civiltà cinese», pur potendo l'Italia irrigidire, in linea con quanto hanno fatto da altri Paesi (come l'Australia), alcune delle proprie politiche per mandare dei segnali a Pechino.

  Audizione, in videoconferenza, di Alessio Patalano, professore di studi dell'Asia orientale presso il King's College di Londra.
  Il professor Alessio Patalano, nel corso del suo intervento si è soffermato, in particolare, sui seguenti punti:

   Evoluzione in ambito europeo dell'interesse per l'Indo-Pacifico: in Europa c'è stato un cambio di atteggiamento nei confronti dell'Indo-Pacifico, in primis da parte di alcuni Paesi come Inghilterra, Francia, Olanda, Germania e Lituania. Tale cambiamento si è basato sulla consapevolezza della sempre maggiore rilevanza (innanzi tutto economica) e influenza di questa macro-regione sugli interessi nazionali di carattere strategico, economico e diplomatico.

  Gli strumenti di ingaggio con i Paesi dell'Indo-Pacifico: fra questi, oltre a forme di collaborazione su problemi condivisi, si annovera anche l'impiego dello strumento militare (mantenere degli assetti militari nella regione in modo più o meno stabile).
  Il summit che ha avuto luogo tra Rishi Sunak ed Emmanuel Macron è, ad avviso dell'audito, una prova di come Francia e Inghilterra intendono rappresentare, insieme, lo scheletro di una più stabile presenza europea per la difesa e sicurezza dell'Indo-Pacifico.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il professore ha svolto un approfondimento sulla maritime security e su come la Brexit abbia influito sulla strategia inglese per l'Indo-Pacifico, orientando il Regno Unito alla ricerca di opportunità al di fuori del contesto europeo.

  Mercoledì 8 novembre 2023. Audizione di Stefano Pelaggi, ricercatore presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza».
  Nel corso dell'audizione sono state affrontate principalmente due tematiche. In primo luogo il significato del concetto di Indo-pacifico, in secondo luogo, la questione di Taiwan, cruciale per gli equilibri nella regione.
  In relazione al primo di questi due temi l'audito ha chiarito che, prima ancora di essere una definizione geografica, l'Indo-Pacifico è un concetto operativo, che implica una prospettiva economica, strategica e valoriale. È stato definito come un quadro concettuale che tenta di combinare due quadranti apparentemente distanti, sia geograficamente sia culturalmente, come l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico, anche se rimane difficile poterne definire i confini. Determinare quali Paesi fanno parte dell'Indo-pacifico è un'attività complicata, però sono attori sicuramente importanti: Vietnam e Corea del Sud, Indonesia e Filippine, Malaysia e Thailandia, Giappone e Singapore. Particolarmente rilevanti sono poi le relazioni di questi Stati con la Repubblica popolare cinese.
  Venendo al secondo tema, l'audito ha fatto presente che Taiwan è l'unico territorio conteso al mondo che ha piena sovranità all'interno dei propri confini. Ha pieni rapporti diplomatici con 12 Paesi più la Santa Sede. Secondo indicatori economici, militari e strategici, Taiwan è classificata come media potenza. Ad avviso dell'audito, ormai un conflitto per Taiwan è uno scenario quasi scontato. A tal riguardo ha osservato che molti Paesi, al momento di elaborare una strategia per l'Indo-pacifico, hanno scelto di inserire Taiwan nel documento. Ad esempio, il documento strategico tedesco sull'Indo-pacifico ha sottolineato come Berlino «lavora per allentare la tensione attorno a Taiwan, poiché la sicurezza nello Stretto è di cruciale importanza per la pace e la stabilità, sia regionale sia globale. Lo status quo nello Stretto di Taiwan può essere cambiato solo con mezzi Pag. 35pacifici e con il consenso reciproco». Il documento strategico dell'UE sostiene la necessità di una stabilizzazione delle tensioni nel Mar Cinese meridionale e nello Stretto di Taiwan. Anche il documento del Regno Unito ha diversi paragrafi che delineano in maniera chiara l'impegno di Londra al mantenimento dello status quo e alla centralità di Taiwan.
  Rispondendo alle domande poste dai commissari, l'audito ha fornito una sua opinione sul possibile esito delle prossime elezioni e sul futuro dei rapporti tra Unione europea e Italia e Taiwan, soprattutto in campo tecnologico (si pensi che a Taiwan si produce il 70-80 per cento dei chip di altissima velocità).

  Mercoledì 22 novembre 2023. Audizione di Vas Shenoy, esperto di rapporti Europa-India.
  Vas Shenoy, imprenditore ed esperto dei rapporti italo-indiani, ha iniziato l'audizione dando una definizione dell'Indo-Pacifico e chiarendo che il passaggio da «Asia-Pacifico» a «Indo-Pacifico» è stato prospettato dal Primo ministro giapponese Shinzo Abe nei primi anni Duemila. L'obiettivo principale dei diversi Paesi nella regione indo-pacifica è quello di proteggere uno spazio libero dalle politiche aggressive della Cina. Con l'India al centro della regione, l'Indo-Pacifico si divide in due zone politiche: quella Indo-Mediterranea, che va dal Mediterraneo all'Oceano indiano; e quella che inizia con la costa orientale indiana e va fino alla costa pacifica americana.
  Successivamente, l'audito ha esaminato dettagliatamente le particolarità dell'IMEC, osservando che, mentre solitamente un progetto inizia con un annuncio politico e poi con la costruzione di una infrastruttura, nel caso dell'IMEC è iniziato con infrastrutture già presenti. Ad esempio, già esistevano i porti indiani, degli Emirati Arabi e dell'Arabia Saudita e l'autostrada da Fujairah a Haifa, che rappresenta il collegamento ferroviario. L'unica cosa che va effettivamente costruita è la ferrovia giordana, lunga circa 200 chilometri.
  Ad avviso dell'audito, benché l'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre abbia ritardato questa iniziativa, è abbastanza prevedibile che in breve si possa trasportare in Europa merce indiana con una riduzione dei tempi di trasporto del 40 per cento, aprendo grandissime opportunità per l'Italia, perché i suoi porti possono diventare i terminali finali di questa nuova via che, in realtà, segue il tracciato di un'antica via di commercio, che negli ultimi secoli è rimasta inutilizzata per motivi politici. L'obiettivo del progetto è quello di contrastare la Cina creando un'alleanza in un'area geografica – l'Oceano indiano – in cui l'India controlla lo Stretto di Malacca, dove passa la maggior parte della merce e più del 50 per cento dell'energia diretta in Cina.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'esperto ha analizzato il ruolo dell'India all'interno dei BRICS – in particolare la possibilità che questa appartenenza possa depotenziare il ruolo che l'India può avere per l'Occidente – e alcune differenze tra l'IMEC e la Via della seta cinese. In conclusione, l'audito ha auspicato una strategia europea congiunta per l'Indo-pacifico, diversa dalle sparse iniziative realizzatesi in passato, con risultati modesti e non definitivi.

  Martedì 28 novembre 2023. Audizione di Filippo Fasulo, Co-responsabile dell'Osservatorio Geoeconomia dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI).
  L'audito si è concentrato sulla connotazione politica del concetto di Indo-Pacifico. Mentre l'Asia-Pacifico è soltanto l'area costiera dell'Asia orientale, con la nozione di Indo-Pacifico il Giappone ha cercato una sponda politica con l'India, per trovare un alleato nel contenimento dell'espansionismo della Cina. La connotazione politica sta proprio nella proposta da parte del Giappone di un coinvolgimento dell'India nel contenimento della Cina.
  Rispetto alla più stringente definizione di Asia-Pacifico – che designava soltanto il margine orientale dell'Eurasia e alcuni Paesi del Sud-Est asiatico – nel concetto di Indo-Pacifico non esiste una delimitazione univoca della regione. Secondo alcuni si estende sino all'India e poco oltre, secondo altri addirittura alle sponde del Sudamerica o anche dell'America del Nord, tant'è Pag. 36vero che lo stesso Canada viene talora indicato come un Paese dell'Indo-pacifico.
  Per quanto riguarda invece l'Unione europea, l'inquadramento dell'Indo-Pacifico non è stato chiaramente definito all'interno della Strategia europea, ma si può desumere dalla partecipazione ad una serie di fora ministeriali che si sono tenuti a partire dal 2022 a Parigi, nella Repubblica Ceca e a Stoccolma e che hanno visto la partecipazione di Paesi del Sud-Est asiatico, dell'Asia meridionale, del Pacifico, dell'Australia, della Nuova Zelanda, di Paesi delle coste africane orientali (ad esempio Kenya, Oman, Emirati Arabi Uniti). Si tratta di una geografia estremamente ampia che permette all'Unione europea di potersi presentare come un attore residente. In queste occasioni, l'Indo-pacifico è stato descritto come un concetto politico che ha due anime: una legata al contenimento della Cina e l'altra che mira a sviluppare una maggiore integrazione con l'area.
  Sono poi da considerare altri due elementi: quello della economic security e quello della weaponized interdipendence, basati sulla considerazione che l'interdipendenza economica, se asimmetrica, può essere utilizzata come arma di coercizione.
  Attualmente, gli Stati generalmente ritengano che occorra ridurre la loro dipendenza economica dagli altri attori internazionali potenzialmente ostili attraverso tre tipi di azioni:

   Build capacity: costruire capacità industriali nei settori chiave;

   Build alliances: costruire alleanze con Paesi amici e dei quali ci si possa politicamente, anche in caso di dipendenza economica;

   Mantenimento del gap tecnologico nei confronti dei Paesi non allineati politicamente.

  Sotto il profilo dell'economic security quello che avviene, dal punto di vista teorico, è che il c.d. Washington consensus, che presupponeva la promozione del libero mercato, in qualche modo viene riscritto per dare priorità nella politica economica internazionale non tanto alla ricerca dell'interdipendenza quanto alla ricerca della sicurezza economica. Il de-risking è proprio, ad avviso dell'audito, la messa in pratica del concetto di economic security, che implica di ridurre la propria esposizione verso la Cina e delocalizzare le supply chains verso altri Paesi. Questo elemento è anche centrale all'interno della strategia europea del 2021, che aspira a costruire catene del valore resilienti e diversificate. A tal riguardo l'Indo-Pacifico risulta essere la prima area verso cui diversificare la produzione, perché in quella regione ci sono competenze adatte per costruire prodotti di alta qualità, costi del lavoro ancora inferiori rispetto agli Stati Uniti e all'UE e una visione politica più in linea con quella dei Paesi occidentali rispetto ad altre parti del mondo.
  L'esperto ha concluso l'intervento con una propria riflessione sulla necessità per l'Italia di elaborare una strategia per l'Indo-Pacifico che non si discosti troppo da quella europea, puntualizzando le priorità italiane. Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato ha infine formulato alcune ipotesi come potrebbe cambiare lo scenario nell'Indo-pacifico in base ai risultati delle prossime elezioni presidenziali americane e ha definito le principali differenze nelle visioni all'interno dell'UE rispetto all'Indo-Pacifico.

  Giovedì 25 gennaio 2024. Audizione del Direttore generale del think tank indiano Manohar Parrikar Institute for defence studies and analyses (MP-IDSA), Sujan R. Chinoy.
  Il direttore Chinoy ha innanzi richiamato la vastità dell'area indo-pacifica, che collega l'Oceano indiano all'Oceano Pacifico settentrionale e meridionale. Il concetto è legato all'ascesa dell'Est asiatico (Giappone, Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong) nella seconda metà del ventesimo secolo. Alcuni tra i Paesi più popolosi al mondo si trovano in questa zona (che ospita circa il 50 per cento della popolazione mondiale), che produce il 60 per cento del PIL globale. L'ascesa militare (specialmente navale, aerea e missilistica) ed economica della Cina nel Pacifico ha destato le preoccupazioni americane. In Pag. 37particolare, la tensione è costantemente alta nello stretto di Taiwan, Paese che ormai mantiene relazioni diplomatiche con solo 11 Paesi e che la Cina intende ricongiungere al proprio territorio.
  Il dottor Chinoy individua sette fattori di tensione e instabilità (le sette «T») dell'Indo-pacifico ovvero 1) Trade: i Paesi non vogliono concentrare le forniture critiche in una sola zona e stanno delocalizzando (de-risking); 2) Technology: le tecnologie hanno ormai un uso duale, sono infatti spesso usate come arma politica (attraverso embarghi e altre limitazioni); 3) Territory: nell'Indo-Pacifico esiste un gran numero di dispute territoriali; 4) Terrorism: la Cina sfrutta il proprio status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle NU per opporsi alle proposte di Stati Uniti, India e altri Paesi di inserimento di alcuni soggetti in una lista globale dei terroristi; 5) Tenets: vi è una grande divisione fra sistemi di governance democratici e autocratici e ciascuno rivendica la propria superiorità rispetto all'altro; 6) Transparency: manca trasparenza sulle intenzioni e motivazioni degli attori del quadrante indo-pacifico; 7) Trust: la Cina nutre profonda sfiducia nei confronti delle potenze occidentali presenti nell'Indo-Pacifico, in primis Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania.
  Protagonista nel quadrante indo-pacifico è l'India. Poiché il 95 per cento dei suoi flussi commerciali si svolge sul mare, questo Paese ha bisogno di stabilità nell'Oceano indiano. India e Unione europea convergono dunque nel desiderio di avere un Indo-Pacifico multipolare. L'Italia ha un partenariato strategico con l'India e partecipa ad un dialogo trilaterale per la stabilità nel Pacifico, partito nel 2021 con Giappone e India.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'audito ha fatto presente che dopo secoli di assenza, la Cina sta incrementando la propria presenza nell'Oceano indiano e ha sottolineato la necessità di controllare con prudenza le mosse di Pechino, che, ad esempio, sta cercando di acquisire relazioni speciali con alcuni attori locali e diritti di operazioni portuali e accesso all'Oceano indiano, oltre a mantenere un'ampia occupazione illegale di territorio indiano nel Ladakh orientale e in Kashmir. Il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, lanciato durante il vertice del G-20 nel settembre 2023 e noto con l'acronimo IMEC, sarà importante per realizzare connettività fisica e corridoi infrastrutturali nella regione, pur dovendosi attendere gli sviluppi del conflitto in Medio Oriente.

  Martedì 6 febbraio 2024. Audizione di Aurelio Insisa, Jean Monnet Fellow presso il Centro Robert Schuman per gli studi avanzati dell'Istituto universitario europeo.
  L'intervento ha fornito un'analisi dei recenti sviluppi occorsi a Taiwan, del loro impatto sull'Indo-pacifico e del loro significato per gli interessi italiani nella regione, anche alla luce delle elezioni svoltesi a gennaio 2024, che hanno visto la vittoria del candidato a Presidente del Partito democratico progressista (PDP) William Lai Ching-Te (mentre le elezioni legislative sono state vinte dal Partito nazionalista cinese).
  Con riferimento al contesto in cui si sono svolte le elezioni, il relatore ha menzionato il «Consensus del 1992», la cui principale conseguenza era il riconoscimento di Taiwan come parte inalienabile di una sola Cina, all'interno del quadro di «un Paese, due sistemi». Questo «consenso», proposto da Pechino in seguito al ritorno al potere a Taiwan del PDP nel 2016, implica l'eventuale assorbimento dell'isola alla Cina sulla falsariga della retrocessione di Hong Kong ed è stato successivamente rifiutato dall'Amministrazione Tsai, provocando in risposta una campagna di pressione (economica, diplomatica, politica e militare) da parte di Pechino.
  L'esperto ha fatto anche riferimento al 2027 come possibile data per l'attuazione di un'azione coercitiva da parte cinese con l'obiettivo di riunificare l'isola, poiché, simbolicamente, quell'anno ricorre il centenario dell'Esercito Popolare di Liberazione. Secondo l'audito, questa data potrebbe intendersi come una scadenza che la leadership cinese si sia posta per la conquista di Taiwan.
  Nella seconda parte dell'intervento sono state illustrate le implicazioni che il risultatoPag. 38 delle elezioni presidenziali a Taiwan dello scorso gennaio potrebbe avere sull'Indo-Pacifico e sull'Italia. L'esperto ha espresso la convinzione che la nuova presidenza Lai seguirà una linea di continuità con l'amministrazione precedente: Taipei continuerà a sottolineare il suo ruolo di baluardo liberal-democratico contro le autocrazie, cercherà di approfondire i rapporti non solo con partner consolidati come gli Stati Uniti e il Giappone, ma anche con l'Unione europea e i suoi Stati membri, inclusa l'Italia, con l'obiettivo di negoziare accordi di libero scambio sia con l'UE che con i suoi vicini regionali. Per quanto riguarda il rapporto con Pechino, non vi sono al momento elementi che facciano presagire mosse provocatorie da parte di Taipei sulla questione dell'indipendenza. Sempre tenendo a mente che la Cina ha dichiarato in maniera assolutamente esplicita che un'eventuale cessazione della Repubblica di Cina – che si trasferì a Taiwan dalla Cina continentale alla fine della guerra civile nel 1949 – e lo stabilimento di una Repubblica di Taiwan comporterebbe un'invasione militare (la cessazione della Repubblica di Cina è espressamente individuata in una legge cinese del 2005 come casus belli).
  Più in generale, l'audito ha suggerito di considerare due aspetti: il primo riguarda la reazione cinese alla vittoria di Lai, per cui si prevede un intensificarsi delle provocazioni cinesi in quella che Taiwan definisce come la propria zona di identificazione di difesa aerea (Air Defence Identification Zone, ADIZ); il secondo è il possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che non ha garantito un impegno degli Stati Uniti nel difendere Taiwan in caso di azione coercitiva cinese e ha criticato la scelta di delocalizzazione nell'isola l'industria americana dei semiconduttori. Una seconda presidenza Trump potrebbe quindi indebolire le capacità dissuasive di Taiwan, basate sul sostegno americano, e aprire la strada a un'azione decisa da parte della Cina.
  L'ultima parte dell'intervento ha riguardato alcune raccomandazioni sulla posizione che l'Italia dovrebbe assumere, sia nel breve che nel medio termine. Nel breve termine, l'Italia dovrebbe continuare a contribuire alla stabilità nello Stretto di Taiwan in maniera indiretta, attraverso una maggiore presenza in Asia sudorientale ed orientale. L'Italia può anche dare un contributo continuando a pianificare sia per il worst-case scenario – un conflitto a larga scala tra Cina e Stati Uniti – che per un assorbimento coercitivo dell'isola a seguito del suo abbandono da parte di una seconda Amministrazione Trump. Infatti, vista la centralità di Taiwan nelle catene globali del valore, i suoi destini avranno un enorme impatto su un Paese trasformatore quale l'Italia, che deve cercare di non trovarsi impreparato di fronte ad un eventuale sconvolgimento dello scenario.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'esperto ha formulato alcune considerazioni sul possibile restringimento dello spazio di manovra della Cina determinato dal rallentamento della propria economia. Ha inoltre sottolineato l'importanza della diplomazia parlamentare nel mantenere i rapporti con Taiwan, che in Europa ha rapporti diplomatici solo con la Santa Sede.

  Mercoledì 14 febbraio 2024. Audizione di Giulio Pugliese, docente di politica giapponese presso l'Università di Oxford e Direttore studi Europa-Asia presso lo Schuman Centre dell'Istituto universitario europeo.
  L'intervento ha cercato di offrire spunti di riflessione, soprattutto dal punto di vista politico e strategico, sulla proiezione italiana ed europea nella regione indo-pacifica. Ciò a partire dall'individuazione dell'obiettivo centrale dell'UE e dell'Italia nella regione indo-pacifica: aumentare la presenza politica, economica e militare, per motivi legati all'appeal economico e politico di nuovi attori globali emergenti nella zona.
  Particolare attenzione è stata riservata alle relazioni Italia-Giappone e all'Asia Orientale. Il prof. Pugliese ha evidenziato che il concetto di Indo-Pacifico è stato introdotto dal Giappone come controprogetto alla Nuova Via della Seta cinese, con l'obiettivo di contenere l'influenza cinese in ambito tecnologico, economico, politico e Pag. 39strategico. La definizione di questa regione varia in base alle strategie adottate dai diversi Paesi. Si dovrebbe, dunque, parlare di «indo-pacifici», al plurale. Particolare attenzione merita il fatto che, il Giappone, Paese che ha coniato il concetto, non ha ancora elaborato la propria strategia per un Indo-Pacifico libero e aperto.
  Il Governo giapponese intende raggiungere una serie di traguardi: in particolare, aumentare la deterrenza marittima e la resilienza nei confronti della proiezione navale cinese e mitigare le asimmetrie economiche tra Cina e Paesi terzi emergenti, in quanto queste facilmente si traducono in un'influenza politica di Pechino. La strategia dell'Unione europea prevede un'espansione dell'impegno europeo per la sicurezza della regione indo-pacifica. L'Italia, che nel gennaio del 2022 ha presentato un documento che evidenzia il contributo nazionale alla strategia europea, vorrebbe essere non solo fruitrice passiva ma anche apportatrice attiva di sicurezza (si pensi al recente invio nella regione indo-pacifica della nave Francesco Morosini e della nave ammiraglia Cavour). Tale diplomazia navale potrebbe spianare la strada a commesse e sinergie nel comparto di sicurezza e allo sviluppo di nuove piattaforme, tecnologie e sistemi nel contesto del Global Combat Air Programme, dedicato alla creazione di un caccia di nuova generazione. In prospettiva, secondo l'audito, proprio la cooperazione Italia – Giappone in ricerca e sviluppo sarà la più fruttuosa, con ricadute su difesa, osservazione del territorio, lotta al cambiamento climatico e, potenzialmente, contrasto alle calamità naturali (caratteristica che accomuna i due Paesi).
  Per concludere, il Professore ha suggerito, per la strategia italiana, una «terza via», che mantenga un saldo rapporto con il nostro tradizionale alleato transatlantico nella competizione strategica con la Cina, ma che esalti l'importanza di mantenere un ordine multilaterale basato su beni pubblici internazionali. L'Italia dovrebbe promuovere un approccio dialogante che dissuada le pressioni unilaterali delle grandi potenze – che potrebbero portare ad una logica di blocchi contrapposti – e incentivi un'azione multilaterale capace di mantenere relazioni politiche stabili con la Cina e un interscambio commerciale importante.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il Direttore ha espresso valutazioni sulle future elezioni in America e su come la politica statunitense nell'Indo-pacifico potrebbe cambiare sensibilmente a seconda del vincitore. Inoltre, ha approfondito la situazione di Taiwan.

  Martedì 12 marzo 2024. Audizione di rappresentanti dell'Associazione Italia-ASEAN.
  Il primo intervento è stato svolto da Michelangelo Pipan, ex diplomatico e Presidente dell'Associazione Italia-ASEAN, il quale ha sintetizzato le finalità, delle attività e dell'oggetto dell'associazione. L'obiettivo primario dell'associazione è promuovere e sviluppare le relazioni tra l'Italia e i 10 Stati membri dell'ASEAN attraverso una maggiore reciproca comprensione. L'associazione, fondata nel 2015, è nata dalla consapevolezza del vasto potenziale offerto dai Paesi ASEAN e dalla percezione di un'inadeguata attenzione da parte italiana nei loro confronti.
  Per raggiungere tali obiettivi, l'associazione si impegna in iniziative che spaziano nei settori economico, culturale, formativo, scientifico e artistico. Queste iniziative includono la promozione di studi e ricerche, l'organizzazione di eventi e la collaborazione con altre organizzazioni, nazionali e internazionali, e con altri attori tra cui il Ministero degli Affari Esteri, l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, l'Unione europea.
  L'associazione ha organizzato numerosi convegni e presentazioni per informare e sensibilizzare l'ambiente imprenditoriale a livello nazionale e locale, in collaborazione con vari enti nazionali e internazionali. Tra gli eventi più significativi vi è l'High level dialogue on ASEAN-Italy economic relations, che si tiene annualmente in una capitale dell'ASEAN e mira a promuovere il dialogo tra istituzioni, imprenditoria e finanza italiana e dei Paesi ASEAN e favorire lo sviluppo di iniziative congiunte.Pag. 40
  Inoltre, l'associazione svolge un'intensa attività editoriale, pubblicando monografie, volumi e una rassegna stampa giornaliera sui Paesi ASEAN.
  L'audizione è proseguita con l'intervento di Romeo Orlandi, Vicepresidente dell'Associazione Italia-ASEAN, il quale ha fornito un dato di natura economica: se l'ASEAN fosse considerata come un singolo Paese, rappresenterebbe la quinta economia mondiale in base al suo PIL e sarebbe il quarto Paese più coinvolto nel commercio internazionale. Tuttavia, l'ASEAN non è uno Stato unitario; al contrario, presenta una varietà di forme di governo e religioni, non emette leggi, né ha una moneta unica. Pertanto, l'ASEAN rappresenta un contesto estremamente eterogeneo. La sua vasta diversità, costituisce allo stesso tempo anche una grande opportunità.
  Dalla diversità dell'ASEAN, soprattutto dal punto di vista economico, l'Italia ha tratto vantaggio, poiché la presenza italiana nel sud-est asiatico, nei dieci Paesi membri, è prevalentemente orientata verso l'ambito economico. Vi sono scambi commerciali, investimenti, missioni e naturalmente una rete istituzionale. L'ASEAN, con i suoi 670 milioni di cittadini e potenziali consumatori, rappresenta una destinazione per l'1,7 per cento delle merci italiane esportate all'estero. Quindi, pur essendo un valore relativamente basso, è comunque superiore alla media dell'esportazione italiana verso l'Asia, che si attesta intorno all'1 per cento. Le aziende italiane presenti nei dieci Paesi ASEAN superano da tempo le cinquecento unità. Queste sono attratte dal fatto che la leva negoziale è migliore rispetto a giganti come la Cina e l'India, dal rispetto dello stato di diritto in termini commerciali e di investimento, dall'uso diffuso della lingua inglese come mezzo di comunicazione e dall'apertura dei mercati.

  Giovedì 21 marzo 2024. Audizione di Axel Berkofsky, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia.
  Il tema principale dell'intervento è stato il ruolo della Cina e il suo espansionismo nell'Indo-pacifico, in particolare nel Mar Cinese meridionale e orientale. Il punto di partenza prospettato è che vi è un rapporto diretto tra le politiche interne della Cina la postura assunta nell'Indo-pacifico. La missione che si è data Xi Jinping è quella di proteggere gli interessi esteri cinesi contro l'Occidente, non tanto contro l'Europa, quanto contro gli Stati Uniti. Xi Jinping vorrebbe cambiare l'attuale ordine globale e regionale in fretta, ricostruendo i confini della dinastia Qing terminata nel 1912. L'importanza del Mar Cinese meridionale per la Cina è dovuta al fatto che il valore delle merci che ogni anno vengono trasportate in quelle acque è di 5 mila miliardi di dollari. Ma le ambizioni della Cina non si limitano al Mar Cinese meridionale, rivolgendosi anche al Mar Cinese orientale, dove già da anni sta sfidando l'integrità territoriale del Giappone sulle isole Senkaku.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il professore ha indicato le politiche olandese, tedesca e francese come modelli a cui l'Italia può ispirarsi per definire una propria strategia per l'Indo-pacifico. Ha inoltre fornito un approfondimento sulla posizione della Cina rispetto alla guerra tra Russia e Ucraina.

  Giovedì 4 aprile 2024. Audizione di Simona Alba Grano, professore associato di sinologia presso l'Università di Zurigo.
  L'intervento è iniziato con un focus sullo Stretto di Taiwan, dal momento che secondo la prof. Grano esso rappresenta un possibile elemento scatenante di un grande conflitto tra Cina e Stati Uniti. L'audita ritiene che, per progettare una strategia efficace nell'Indo-Pacifico, sia indispensabile capire come essere presenti in quell'area e come ridurre le tensioni e contrastare le azioni della Cina. È fondamentale dare particolare rilievo all'importanza geopolitica e geostrategica di Taiwan per l'Indo-pacifico, gli Stati Uniti e il sistema internazionale in generale.
  Riprendendo uno studio del dicembre 2022, la professoressa ha dichiarato che un eventuale embargo di Taiwan provocherebbe perdite economiche annue per il mondo pari a 2,5 trilioni di dollari. Il danno economico che ne deriverebbe per la Cina sarebbe immenso, di conseguenza, data l'importanza della Cina come partner economicoPag. 41 per molti Paesi in via di sviluppo, un simile shock potrebbe spingere circa una dozzina di mercati emergenti in una crisi economica. Gli Stati Uniti e l'Europa – Italia inclusa – dovrebbero elaborare una strategia chiara per promuovere la deterrenza e la de-escalation, mentre la neutralità non può essere un'opzione.
  La professoressa ha suggerito anche che la chiave per fornire supporto ai Paesi dell'Indo-pacifico è quella di investire in programmi come il Global Gateway dell'Unione europea, che prevedono aiuti monetari e infrastrutturali nella zona da parte di Europa e Stati Uniti per contrastare l'influenza cinese e offrono un'alternativa alla Via della seta, attraverso la quale la Cina costruisce infrastrutture, ma dissemina anche la propria influenza.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, la professoressa Grano ha approfondito la possibilità che un eventuale conflitto tra Cina e Taiwan si espanda in tutto il mondo. Inoltre, ha fornito una propria visione su quanto l'evoluzione della situazione Russia-Ucraina può avere un impatto sulla situazione a Taiwan e infine ha prospettato alcune ipotesi su quale potrebbe essere l'impatto di una vittoria del Presidente Trump sulle relazioni Cina-USA.

  Mercoledì 10 aprile 2024. Audizione del Vicepresidente dell'Accademia diplomatica del Vietnam, Nguyen Hung Son.
  Il Vicepresidente dell'Accademia diplomatica del Vietnam, Nguyen Hung Son, che ha descritto la rilevanza dell'Indo-pacifico attraverso una lista di dieci punti:

   1. l'Indo-Pacifico è la regione a più alto tasso di popolazione;

   2. comprende circa la metà della superficie terrestre;

   3. include tre delle economie più grandi del mondo;

   4. include quattro delle più grandi democrazie del mondo;

   5. include cinque grandi potenze nucleari;

   6. produce circa il 60 per cento del PIL globale;

   7. include sette dei più forti eserciti militari al mondo;

   8. possiede l'80 per cento della concentrazione globale di litio e nichel (fondamentali per l'economia);

   9. include nove dei più grandi porti marittimi al mondo;

   10. include dieci dei Paesi più piccoli del mondo.

  Successivamente, ha illustrato le sfide che coinvolgono l'Indo-pacifico e riguardano: visioni conflittuali su come debba essere definito l'ordine globale; idee confliggenti su come raggiungere la sicurezza; cruciali focolai di crisi, come nel Mar cinese meridionale, nello stretto di Taiwan e in Corea del Nord; la corsa al nucleare.
  Il Vietnam gioca un ruolo-chiave nell'Indo-pacifico. Posizionato al centro di questa regione, rappresenta uno dei membri più influenti dell'ASEAN e ha un'economia «verde» e sempre più digitalizzata, con risorse umane di alta qualità e una notevole concentrazione di minerali critici per l'energia pulita. Il Vietnam offre dunque molteplici opportunità alla comunità internazionale e ai suoi partner, compresa l'Italia, con cui ha un rapporto strategico.
  Infine, ha delineato le aspettative del Vietnam riguardo al ruolo dell'Italia nell'Indo-Pacifico. Vi sono varie opinioni riguardo al coinvolgimento dell'UE e dell'Italia in questa regione. Alcuni ritengono che un maggior coinvolgimento sia auspicabile per favorire la multipolarità e creare un equilibrio vantaggioso per tutti. Tuttavia, altri temono che il coinvolgimento di potenze esterne possa complicare la situazione e causare divisioni.
  Il Vicepresidente ha concluso con alcune raccomandazioni:

   il dialogo parlamentare è essenziale per promuovere il collegamento fra i popoli e la consapevolezza delle reciproche opportunità e sfide;

   il supporto all'ASEAN serve a promuovere l'ordine basato sulle regole;

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   partendo dall'interesse italiano a promuovere la sicurezza alimentare in Africa, si potrebbe pensare a una cooperazione trilaterale in quell'ambito Italia – Sud est asiatico – Africa.

  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, il Vicepresidente ha approfondito alcuni aspetti come lo Stato di diritto in Vietnam e la situazione nello stretto di Taiwan e nel Mar cinese meridionale.

  Martedì 16 aprile 2024. Audizione di Marianne Péron-Doise, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS).
  La direttrice dell'Osservatorio Geopolitico dell'Indo-Pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS) ha offerto un'analisi sull'interesse crescente della Francia, dell'Europa e degli attori globali verso la regione dell'Indo-pacifico. Ha sottolineato come questa regione sia da tempo al centro dell'attenzione della Francia, che ha da sempre interessi strategici nella zona. Questo interesse si è poi esteso a tutta l'Europa, culminando nella formulazione di una strategia indo-pacifica adottata non solo dall'UE, ma anche da alcuni Stati membri come la Germania, i Paesi Bassi e recentemente la Lituania.
  La direttrice ha evidenziato l'importanza della sicurezza nell'Indo-pacifico sia per l'Europa che per i partner della regione. Il Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, Josep Borrell, ha ribadito l'interesse dell'Europa a essere coinvolta nella sicurezza regionale, con particolare attenzione alle sfide marittime ed alla libertà di navigazione.
  La direttrice ha poi analizzato la rivalità crescente tra Stati Uniti e Cina nell'Indo-pacifico, sottolineando come si possono distinguere due visioni geografiche della regione: una prima visione molto ampia che ingloba, ad ovest, gli Stati dell'Africa orientale, quindi la globalità dell'Oceano Indiano fino al Mar Rosso, e arriva, ad est, fino alle coste dell'America Latina, includendo Canada e Stati Uniti; un'altra molto più ridotta, sostenuta in primis dagli Stati Uniti, che inizia alla frontiera occidentale dell'India e si concentra sul Pacifico occidentale, ovvero l'Asia sud-orientale ed il Pacifico meridionale (l'Oceania) e settentrionale. Ci sono qui una serie di basi militari e installazioni importanti per gli Stati Uniti, come il comando militare di Guam e il comando americano per l'Indo-pacifico (nelle Hawaii).
  Successivamente, la direttrice è passata alla individuazione di tre «famiglie indo-pacifiche» che definiscono in modo diverso le loro politiche estere:

   1. una famiglia molto attenta al dato normativo – rappresentata da Stati Uniti, Giappone e Australia – che mette l'accento sul concetto di potere e sulla difesa dei valori e che si ritiene siano minacciati dall'ascesa della Cina, che rifiuta il quadro normativo derivato dalla seconda guerra mondiale. Questa famiglia predispone una serie di strumenti e di quadri operativi (QUAD, AUKUS) per dare attuazione alla propria visione dell'Indo-Pacifico;

   2. una famiglia che mette al centro il dialogo e una visione più cooperativa e inclusiva dell'Indo-pacifico – promossa dall'ASEAN, dall'Unione europea e da alcuni Stati membri dell'ASEAN come l'Indonesia – puntando a partenariati e iniziative per rafforzare la connettività nella regione e la costruzione di infrastrutture (ad esempio i cavi sottomarini);

   3. un'ultima famiglia – che include India e Francia – che mette sullo stesso piano la proiezione di potenza e il dialogo, rifiutando una logica di scontro con la Cina, ma esigendo il rispetto del diritto internazionale, della libertà di navigazione e di un multilateralismo molto ampio.

  Oltre al quadro generale, vi sono le posizioni nazionali: ad esempio, l'India fa parte del QUAD ma è anche molto distante rispetto ad alcune iniziative assunte dal QUAD; la Francia è un alleato degli Stati Uniti ma ha interessi molto specifici per alcuni territori (come Singapore, Malesia e Indonesia); la Germania ha una visione più economica dell'Indo-pacifico.Pag. 43
  La sicurezza marittima dell'Indo-pacifico è emersa come una priorità-chiave, data l'importanza delle rotte commerciali e delle infrastrutture portuali della zona. L'Unione europea ha dimostrato un impegno continuo in tal senso attraverso operazioni navali e iniziative per garantire la sicurezza e promuovere la cooperazione regionale. Da ultimo, ad esempio, con il lancio dell'operazione Aspides, che intende proteggere le navi mercantili contro gli attacchi degli Houthi. La direttrice ha sottolineato che preoccupa la capacità cinese di espansione marittima in quanto dal 2015 Pechino ha fatto della modernizzazione della sua Marina un elemento essenziale della sua strategia indo-pacifica, in diretta competizione con gli Stati Uniti, che sono presenti in tutti i mari del mondo e hanno nell'Indo-pacifico 11 portaerei e una sessantina di sottomarini nucleari. Oltre alla Marina, la Cina ha anche una flotta di guardia-coste molto attiva e aggressiva nel Mar cinese meridionale.
  L'audita ha poi evidenziato l'interazione tra sicurezza dell'Indo-Pacifico e sicurezza dell'Europa e la necessità di dialogare con le organizzazioni regionali, come la Commissione per l'Oceano indiano e il Forum delle Isole del Pacifico.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, la direttrice ha affrontato il tema delle relazioni tra la Francia e la Cina, delineando l'approccio realistico adottato dalla Francia. Nonostante la cooperazione e i dialoghi con la Cina, la Francia mantiene infatti una posizione chiara su questioni non negoziabili. La Francia vuole presentarsi come un interlocutore privilegiato, che possa essere intermediario fra Stati Uniti e Cina, e offrire ai Paesi della regione un'alternativa fra l'opzione cinese e quella americana, ribadendo comunque il legame di solidarietà con gli Stati Uniti in caso di crisi.

  Mercoledì 24 aprile 2024. Audizioni di Kaush Arha, rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub, e di Céline Pajon, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI).

  Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Atlantic Council's Global China Hub.
  L'audizione di Kaush Arha si è concentrata sull'importanza della regione dell'Indo-Pacifico e sul ruolo che l'Italia e altri Paesi europei possono svolgere in questa zona. Si è sottolineata la vastità geografica e il peso economico di questa regione, che rappresenta oltre il 50 per cento della popolazione e del PIL globali e più della metà dei flussi commerciali mondiali. Inoltre, la popolazione giovane e l'economia in crescita la rendono fulcro degli equilibri geopolitici e geoeconomici. Questo spiega perché più di venti Paesi europei hanno adottato strategie per l'Indo-Pacifico e alcuni di essi hanno anche Inviati speciali per l'Indo-Pacifico.
  Guardando al futuro, l'audito prevede una maggiore integrazione tra l'Indo-Pacifico e il Mediterraneo-Atlantico. In questo contesto, l'Italia può essere attore chiave, perché ha un ruolo forte nel Mediterraneo e interagisce molto bene con i Paesi dell'Indo-pacifico, in particolare con l'India. Grazie alla sua posizione geografica, l'Italia può presentarsi come principale via di accesso europea all'Indo-pacifico (si pensi al porto di Trieste).
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, il dottor Kaush Arha ha sottolineato il ruolo proattivo della Francia, che ha mantenuto nell'Indo-Pacifico una posizione avanzata rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea e ha stretto legami importanti con l'India, specialmente nel settore militare. Ha inoltre menzionato gli sforzi della Germania nel posizionarsi economicamente nella regione, attraverso investimenti e presenza fisica. Ha poi evidenziato l'importanza dell'accordo India-Medio Oriente-Europa come un potenziale percorso di collaborazione economica – sottolineando il ruolo dell'Italia come Stato-chiave di questo corridoio (si pensi ancora al porto di Trieste) – e infine suggerito l'idea di istituire un forum imprenditoriale tra Italia e India, che potrebbe svolgersi ad anni alterni a Mumbai e Trieste, con l'obiettivoPag. 44 di rafforzare i reciproci legami economici.

  Audizione, in videoconferenza, di Céline Pajon, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI).
  La dottoressa Pajon ha illustrato la strategia per l'Indo-Pacifico adottata nel 2018 dalla Francia, che è il primo Paese europeo ad essersene dotato. La visione francese dell'Indo-pacifico è ampia e comprende non solo l'Oceano Pacifico ma anche l'Oceano Indiano e i Paesi della costa est dell'Africa. L'audita ha evidenziato l'importanza economica della regione, che rappresenta fino al 40 per cento del PIL mondiale e una percentuale significativa (circa 20 per cento) degli scambi commerciali della Francia. La Francia possiede alcuni territori (île de La Réunion, Mayotte, le Isole Sparse, la Nuova Caledonia, la Polinesia francese, Clipperton, Wallis e Futuna) che rappresentano il 90 per cento della ZEE francese, in cui vivono 1,6 milioni di francesi e sono di stanza 7 mila soldati. La Francia mira in primis a tutelare i propri interessi sovrani, ridurre i rischi di instabilità, promuovere lo sviluppo della regione e promuovere il rispetto delle norme internazionali e dei principi liberali attraverso un approccio inclusivo e un dialogo con tutti gli attori della regione.
  La dottoressa Pajon ha poi esaminato i punti di forza e di criticità della strategia francese per l'Indo-Pacifico. Fra i primi vi sono la presenza militare nella regione, un grande interscambio commerciale, l'aiuto allo sviluppo, gli interventi dopo le catastrofi naturali e un approccio diplomatico basato sull'autonomia strategica, particolarmente apprezzato dagli Stati che non vogliono scegliere se schierarsi con gli Stati Uniti o con la Cina. Fra i secondi si annoverano le tensioni diplomatiche con alcuni partner che male interpretano la posizione di equilibrio fra USA e Cina, la modestia dei mezzi rispetto ad un territorio tanto vasto e il risorgere di spinte indipendentistiche, come in Nuova Caledonia o nella Polinesia francese. L'audita ha suggerito che la Francia potrebbe riorientare il suo approccio, concentrandosi su regioni specifiche e aumentando la cooperazione con altri attori europei al fine di massimizzare l'impatto delle sue azioni nella regione.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, la ricercatrice ha poi approfondito ulteriori argomenti. Riguardo all'aiuto allo sviluppo come strumento strategico, ha chiarito che il 25 per cento degli aiuti allo sviluppo francesi (pari a 2,95 miliardi di euro) è destinato all'Indo-pacifico, con focus particolare su India, Bangladesh e Kenya e su progetti di sviluppo sostenibile e lotta al cambiamento climatico. Con riferimento al ruolo e all'azione della Cina nella regione, la dottoressa Pajon ne ha evidenziato la complessità, essendo Pechino al tempo stesso un partner ineludibile per affrontare alcune sfide (come il cambiamento climatico) e un rivale strategico. Ha sottolineato la necessità di una visione europea coerente e di misure per ridurre la dipendenza economica e strategica dell'UE sia dalla Cina che dagli Stati Uniti.

  Mercoledì 15 maggio 2024. Audizione del Presidente del Centro Studi Internazionali (CeSI), Andrea Margelletti.
  Il relatore ha rilevato che l'Europa non è più il centro del mondo mentre l'Asia è diventata il fulcro di opportunità e sfide globali, menzionando la Cina come esempio principale. Se il XX è stato il secolo degli Stati Uniti, Pechino punta a far sì che il XXI sia il secolo cinese, e per questo sta cercando di espandere la sua influenza economica e militare. Per affermarsi come superpotenza, potrebbe anche cercare lo scontro militare con gli Stati Uniti.
  Il tallone d'Achille della Cina è l'approvvigionamento alimentare, vista la carenza di coltivatori legata allo spostamento in massa della popolazione dalle campagne alle città, ragion per cui Pechino sta acquisendo milioni di acri di terreno in Africa per garantirsi l'approvvigionamento alimentare. Se in altre aree del pianeta, il conflitto verte spesso sull'acqua o sull'energia, nell'Asia orientale il cibo ha un'importanza decisiva.
  Il presidente Margelletti ha sottolineato l'esistenza di un blocco securitario tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia nel Pacifico meridionale che tende ad escludere l'Europa.Pag. 45 Tale blocco si basa su due pilastri: il riconoscimento della Cina come una criticità per la propria sicurezza e il fatto che l'Australia ha scelto di diventare una potenza regionale, convertendosi in un partner securitario e industriale degli americani e degli inglesi. In questo quadro, proprio con l'Australia l'Italia ha perso una grande occasione, non avendo saputo valorizzare la presenza della nostra immigrazione in quel Paese, che poteva rappresentare una enorme capacità di lobby.
  Il dott. Margelletti sostiene che i Paesi dell'Indo-pacifico chiedono una presenza istituzionale costante. Questo significa che l'Italia deve essere più presente e attiva nelle relazioni internazionali, superando una politica di visite saltuarie e prive di continuità.
  Sia l'India che la Cina condividono una frustrazione nei confronti degli occidentali, ritenendo che gli europei e gli americani li abbiano esclusi dai tavoli importanti per troppo tempo. Questo sentimento, pur non traducendosi in ostilità aperta, riflette una percezione di ingiustizia. Tuttavia, al di là dell'avversione comune verso l'Occidente, l'India e la Cina sono in competizione tra loro per il controllo dell'Asia. Entrambi i Paesi cercano di stabilire nuove modalità di relazioni internazionali, ad esempio con l'India che ha recentemente iniziato una collaborazione significativa con l'Iran, visto come un mercato potenziale ricchissimo grazie ai suoi 80 milioni di abitanti. Un problema critico dell'India è il suo sistema di governance verticale (opposto a quello orizzontale rappresentato dal Partito comunista cinese), influenzato dalle caste nonostante queste siano state dichiarate illegali.
  Per il dottor Margelletti si sono aperte questioni molto importanti per l'Italia, come la crisi provocata dalle azioni degli Houthi e la necessità di garantire la sicurezza del Mediterraneo, vitale per il nostro commercio. L'espansione verso l'Indo-Pacifico è anch'essa cruciale per il benessere economico dell'Italia e richiede una forte presenza commerciale e militare. In un contesto di fragilità della sicurezza, la diplomazia militare – come la visita in Asia della portaerei Cavour – diventa essenziale per creare nuove opportunità e alleanze. L'Italia deve superare la sua provincialità per sostenere le sue imprese, specialmente le piccole e medie imprese che dipendono dalle catene di fornitura globali. Una strategia italiana per l'Indo-pacifico è fondamentale per permettere all'Italia di espandersi oltre il Mediterraneo e di ricostruire una parte della filiera nazionale dei beni strategici per ridurre la dipendenza da altri Paesi.
  Il centro CeSI presieduto dal relatore crede molto nella necessità di sviluppare nuove vie commerciali oltre a Suez, per evitare i blocchi anche di settimane verificatesi nel Mar Rosso, e non solo per i più recenti attacchi degli Houthi. Successivamente, il presidente è passato ad elencare alcuni Paesi con cui, a suo parere, l'Italia dovrebbe approfondire le relazioni: l'Indonesia, il più grande paese islamico del mondo; le Filippine, in cui l'Italia potrebbe sfruttare il leverage religioso; il Vietnam, per cui l'Italia non rappresenta un'ex potenza coloniale.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il Presidente ha auspicato la nascita di una governance europea che permetta all'Unione, anche nella regione indo-pacifica, di competere con le grandi Nazioni. Ha poi approfondito come l'UE e l'Italia possano migliorare l'uso delle risorse a disposizione, soprattutto nell'ambito della spesa militare, e il tema del fallimento della Via della Seta, la quale, nonostante l'entusiasmo iniziale e gli accordi firmati, non ha avuto in Italia il successo sperato. Il dottor Margelletti ha dato, infine, un proprio punto di vista su come le comunità italiane all'estero possano essere meglio indirizzate per promuovere gli interessi italiani.

  Mercoledì 22 maggio 2024. Audizione di Mark Clifford e Mark Sabah, rappresentanti del Committee for Freedom in Hong Kong.
  Il dottor Clifford ha fornito una panoramica della situazione attuale a Hong Kong, collegandola al contesto geopolitico globale. Inizialmente ha ricordato le assicurazioni fornite dalla Cina nel Trattato internazionale del 1984, di garantire la democrazia, i diritti e le libertà nell'ex colonia Pag. 46britannica per cinquant'anni. Tali promesse non sono state mantenute perché è evidente a tutti che vi è stato un progressivo deterioramento delle libertà a Hong Kong. L'audito ha evidenziato come a partire dal 2019 la Cina abbia intensificato la repressione contro le richieste di maggiore democrazia a Hong Kong. Questo ha portato a proteste di massa, alcune delle quali hanno coinvolto milioni di persone.
  La situazione è peggiorata con l'adozione della legge sulla sicurezza nazionale nel 2020, che ha trasformato Hong Kong da società libera a regime dispotico. Prova ne è stata l'aumento drammatico dei prigionieri politici, da zero a 1800 in pochi anni, e delle persecuzioni di giornalisti e attivisti. L'audito ha auspicato che si prenda coscienza della minaccia rappresentata dalla Cina per la libertà e la democrazia a livello globale, anche con riferimento alla sua intenzione di riappropriarsi di Taiwan, sottolineando che l'acquiescenza a regimi autoritari non è mai riuscita, storicamente, a fermare le loro politiche aggressive. Ha poi espresso preoccupazione per il futuro della libertà religiosa a Hong Kong.
  Mark Sabah, altro rappresentante del Committee for Freedom in Hong Kong, ha sottolineato l'intento della Cina e del Partito Comunista Cinese (PCC) di estendere la propria influenza in Europa, in particolare nei Paesi economicamente più deboli. Ha descritto le venature autoritarie della leadership di Xi Jinping, criticando la mancanza di una forte presa di posizione da parte della comunità internazionale contro le sue iniziative, ad esempio quella di aver modificato la Costituzione cinese per poter essere rieletto Presidente a vita. Ha inoltre denunciato i rapimenti di cittadini stranieri da parte della Cina, usati come strumenti di pressione. Ha poi aggiunto che Xi Jinping persegue i suoi nemici ovunque, in spregio delle norme internazionali sulla protezione dei cittadini, e insistito sulla necessità di ricordare i casi dei detenuti come Lee Cheuk-yan e Jimmy Lai durante i negoziati con la Cina. L'audito ha poi messo in guardia rispetto alle interferenze del Partito comunista cinese nelle aziende, anche attraverso le rappresentanze commerciali cinesi.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, i due auditi hanno affrontato ulteriori temi. Mark Clifford ha discusso l'arresto di Jimmy Lai in Cina e il suo trasferimento in una struttura psichiatrica a Hong Kong – facendo cenno ai casi di tortura e condizionamento che avvengono in questi luoghi – e menzionato un rapporto di Frances Way che descrive come il Partito Comunista Cinese stia gradualmente prendendo il controllo delle chiese, imponendo simboli patriottici accanto a quelli religiosi e infiltrando l'educazione patriottica. Mark Sabah ha parlato dell'incerto destino di Hong Kong come centro finanziario in quanto le transazioni necessitano di libertà di informazione e di espressione e di informazioni non manipolate, mentre ad Hong Kong la libertà diminuisce a vista d'occhio. A titolo di esempio, ha criticato la richiesta del Partito Comunista Cinese di inserire un membro del Partito nei consigli di amministrazione delle aziende.

  Mercoledì 17 luglio 2024. Audizione di James Crabtree, ricercatore presso lo European Council of Foreign Relations.
  L'audizione si è articolata nelle risposte dell'audito ad alcuni quesiti formulati dal Presidente:

   1. Il primo riguarda gli elementi essenziali per costruire una strategia italiana per l'Indo-pacifico, considerato che l'Italia è una media potenza che non ha una tradizione di presenza politico-militare nella zona, contrariamente, ad esempio, a Francia e Regno Unito. Il dottor Crabtree ritiene che l'Italia possa prendere come riferimento per la costruzione della propria strategia quelle adottate da altri Paesi europei, per avviare una diplomazia economica e della difesa attraverso, ad esempio, visite istituzionali e riunioni di alcuni esportatori nel settore della difesa (come Leonardo);

   2. Il secondo riguarda la direzione che sta prendendo la riarticolazione delle politiche dei Paesi democratici dell'Indo-Pacifico in conseguenza della crescente assertivitàPag. 47 cinese, ovvero se in direzione della creazione di una NATO asiatica o piuttosto verso una rete di accordi bilaterali e multilaterali. L'audito ritiene molto improbabile che possa esistere nell'Indo-pacifico un'alleanza equivalente alla NATO, che gli americani hanno anche cercato di promuovere in passato ma senza successo. Invece, negli ultimi anni si è assistito a un proliferare di piccole organizzazioni multilaterali – dei quali il QUAD e l'AUKUS sono esempi rilevanti – e di gruppi trilaterali, per esempio fra Filippine, Giappone e Australia o Filippine e altri Paesi. Per quel che riguarda la NATO, i quattro Paesi (Corea del Sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, i c.d. AP4) sono oggi più coinvolti anche nel teatro europeo, alla luce della nuova consapevolezza che le azioni della Cina nell'Indo-pacifico hanno dirette ripercussioni sulla sicurezza e stabilità economica in Europa, in particolare per via del supporto implicito dato da Pechino a Mosca nella guerra in Ucraina;

   3. Il terzo riguarda il tema della libertà di navigazione Su questo punto il dottor Crabtree ritiene che i Paesi europei possano fare molto per promuovere il rispetto del diritto internazionale del mare, da una posizione più neutra rispetto a quella degli Stati Uniti;

   4. Il quarto riguarda le opportunità che per l'Italia può rappresentare il corridoio IMEC lanciato al G20 di Nuova Delhi. L'audito ha sottolineato come, in ragione della sua posizione geografica, l'Italia è naturalmente candidata a rappresentare un terminale importante del corridoio. Dal punto di vista geostrategico, è interessante il fatto che si tratta di un'iniziativa guidata dall'Occidente, o comunque co-guidata insieme a India, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Sono ancora aperte molte questioni su come l'IMEC funzionerà e si finanzierà, ma rimane ad ogni modo un progetto infrastrutturale ambizioso e originale, ad esempio, rispetto a quelli che negli ultimi decenni sono stati finanziati dalla Cina attraverso la sua Nuova Via della Seta.

  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il dottor Crabtree ha sottolineato un'analogia fra quello che oggi la Cina sta cercando di fare – definire una sfera di influenza intorno alle proprie acque territoriali – e ciò che avevano fatto gli Stati Uniti all'inizio della loro ascesa a potenza globale (si pensi alla «dottrina Monroe»). In senso militare, la Cina sta cercando uno spazio strategico e tollera con difficoltà la presenza di Nazioni alleate degli Stati Uniti vicine alla sua costa. Come la storia insegna, l'impronta militare della Cina tende ad espandersi di pari passo con l'espansione dei suoi interessi economici in tutto il mondo, al fine di tutelarli al meglio. Per quel che riguarda l'attitudine dell'Italia nell'Indo-Pacifico, considerata la limitatezza dei mezzi a disposizione e la necessità di promuovere gli interessi nazionali soprattutto in altre aree nel mondo (specificamente in Africa), secondo l'audito potrebbe essere più fruttuoso per l'Italia non disperdere le proprie risorse, ma piuttosto specializzarsi nelle aree di tradizionale interesse della nostra politica estera, nelle quali si potrà offrire un contributo più sostanzioso. In altre parole, anziché farlo nell'Indo-pacifico, le potenze mediterranee potranno creare partenariati strategici nell'Oceano indiano occidentale – nel caso dell'Italia con India e Medio Oriente – che saranno più facilmente sviluppabili data la vicinanza geografica. Nell'area indo-pacifica, le relazioni più utili per l'Italia riguarderanno gli aspetti commerciali, soprattutto con le principali democrazie asiatiche (Giappone, India, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda).

  Giovedì 19 settembre 2024. Audizione di Giuseppe Gabusi, professore associato dell'Università degli studi di Torino e responsabile del programma «Indo-Pacific» del Torino World Affairs Institute.
  Il professor Gabusi ha avviato il suo intervento a partire dalla constatazione che l'Italia ha per lungo tempo trascurato la regione indo-pacifica. A suo avviso, per formalizzare un'efficace strategia italiana per l'area occorre: 1) definire i confini dell'Indo-pacifico della nostra visione; 2) stabilire per l'Italia ruoli che essa sia in Pag. 48grado di svolgere, considerando i mezzi a sua disposizione; 3) investire su partner imprescindibili come India e Paesi ASEAN.
  L'audito ha evidenziato come ogni Paese che ha adottato una strategia nazionale per l'Indo-pacifico vi abbia riversato una propria visione dell'estensione dell'area, dei partner – chiave (di primo e secondo livello), degli attori destabilizzanti e delle aree di preoccupazione. Ad esempio, per l'Australia gli Stati Uniti non fanno parte dell'Indo-pacifico, che secondo l'India include tutto il Medio oriente; ancora, la Germania ha una visione più limitata rispetto a quella molto ampia della Francia, che è potenza residente. L'Unione europea adotta una visione ampia dell'Indo-pacifico, di cui tecnicamente non fanno parte gli Stati Uniti e in cui la Cina non è considerato un attore destabilizzante.
  La strategia italiana per l'Indo – pacifico deve partire dal riconoscimento del fatto che l'Italia è una media potenza, con risorse limitate. Deve quindi comportarsi come tale. Sulla base degli studi di Shaun Breslin, dell'università di Warwick, l'audito ha identificato cinque «C» per il successo della politica estera di una media potenza: 1) Capacity (le medie potenze devono commisurare i ruoli che intendono rivestire alle loro risorse in termini istituzionali, finanziari, di popolazione); 2) Concentration (non possono avere troppi obiettivi, ma devono selezionarne alcuni); 3) Creativity (la loro leadership in alcuni campi può fondarsi sulla capacità di innovare); 4) Coalition-building (hanno bisogno di costruire relazioni per il raggiungimento degli obiettivi di politica estera); 5) Credibility (per guadagnare spazio nello scenario internazionale devono essere considerate partner affidabili).
  L'audito ha poi ripreso una analisti dei «ruoli» (National Role Conceptions, NRCs) che l'Italia aspira a ricoprire in politica estera, sulla base di un'analisi dei discorsi inaugurali dei Presidenti del Consiglio dal 2001 al 2022: 1) Mediator/integrator (mediatore); 2) Regional/subsystem collaborator (attore in ambito regionale); 3) Developer (fautore dello sviluppo dei PVS); 4) (Faithful) ally (alleato affidabile); 5) Bridge (ponte, ad esempio fra Est e Ovest o Nord e Sud); 6) The effective multilateralist/responsible State (promotore del multilateralismo); 7) Globalization surfer/economic networker (sostenitore di mercati regolamentati ma aperti); 8) Cultural power (diffusore di soft power); 9) Principle actor (difensore di principi, come lo stato di diritto e i diritti umani).
  Si è poi osservato che nell'Indo-pacifico non vi è perfetta sovrapposizione fra intese commerciali (ASEAN, CPTTP, USMCA) e accordi di sicurezza (Five Eyes, AUKUS, QUAD) e che non è ancora chiaro quale sarà il ruolo dell'IPEF, che al momento non è ancora un concreto strumento innovativo (basato sui quattro pilastri commercio-catene del valore-energia pulita-economia pulita), rimanendo piuttosto ancora un annuncio politico.
  Secondo il prof. Gabusi l'Italia dovrebbe decidere a quale concezione di ruolo vuole attingere per orientare il cambiamento in atto nell'ordine indo-pacifico – in una direzione in linea con i propri valori e interessi – e dovrebbe darsi obiettivi realistici in rapporto ai mezzi di cui dispone. In particolare, a suo avviso, l'Italia dovrebbe creare un meccanismo di dialogo strutturato e multi-stakeholder con l'India attraverso: investimenti nella conoscenza dell'India; rafforzamento della collaborazione nell'Oceano indiano e in Medio Oriente con focus su economia e sicurezza; formulazione di iniziative di co-branding in Africa; azioni in ambito comunitario di promozione di accordi bilaterali su commercio e investimenti; valorizzazione della diaspora indiana nel contesto italiano come spazio di reciproca comprensione.
  In conclusione, si ritiene importante investire in una partnership con l'ASEAN, che rimane il riferimento centrale per ogni discorso sull'Indo-pacifico.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il prof. Gabusi ha ribadito la necessità per l'Italia di essere presente nell'Indo-pacifico, abbandonando un approccio troppo difensivo al cambiamento. Punto di debolezza dell'Italia nell'Indo-Pacifico è di essere arrivata tardi rispetto ad altri Paesi. Essere «nuovi arrivatiPag. 49» è però anche un punto di forza perché i Paesi dell'Indo-Pacifico guardano all'Italia con curiosità e interesse, ritenendo di poter avere dal nostro Paese, che fra l'altro nella regione non è stato potenza coloniale, un contributo diverso. Sarà importante promuovere il soft power italiano, ad esempio anche valorizzando aspetti culturali, come l'interesse asiatico per l'opera lirica. Anche se per molto tempo l'approccio italiano all'Indo-pacifico è stato solo economico, andrà ora maggiormente rafforzata la connessione economia – sicurezza.
  Rispetto all'IMEC, ora in stallo per la crisi mediorientale, esso potrebbe in futuro permettere una ampia proiezione dell'Italia (si pensi al porto di Trieste). In questa prospettiva, permane la possibile «concorrenza» del porto del Pireo, che vede la presenza di una nutrita comunità cinese e indiana, tuttavia, a giudizio dell'audito, una crescita dei flussi commerciali beneficerà comunque tutti gli attori coinvolti. Riflettendo sul dialogo avuto con alcuni colleghi australiani nel corso di un suo viaggio, il professor Gabusi ha riferito che gli australiani credono di aver perso con la Brexit le «lenti» con cui guardavano l'UE, quindi sarebbe interessante per l'Italia inserirsi in questo vuoto e assumere un ruolo da facilitatore nella relazione dell'Australia con la realtà unionale. Infine, il professore ha commentato la vicenda dell'adesione alla «via della Seta», rilevando che il governo italiano la presentò a suo tempo all'opinione pubblica come una grande opportunità economica con qualche leggerezza, o meglio sottovalutando la forte valenza politica dell'iniziativa che ha poi creato all'Italia imbarazzo politico verso gli alleati occidentali.

  Martedì 16 ottobre 2024. Audizione del Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi politici e strategici Machiavelli, Guglielmo Picchi.
  L'audito ha sottolineato che l'Italia ha una proiezione nel Mediterraneo allargato e nell'Oceano Indiano, mentre più complesso è l'approccio al Pacifico, che è un'area molto distante ed estremamente variegata. Geograficamente, la ripartizione dell'Oceano Pacifico corrispondeva alle sfere di influenza del post seconda guerra mondiale e identificava tre regioni: la Micronesia sotto influenza USA (nord-ovest); la Melanesia nell'area di interesse dell'Australia (Isole Salomone, Nuova Caledonia, Vanuatu, Fiji, e Papua Nuova Guinea); la Polinesia di interesse della Nuova Zelanda (l'area più ampia e più dispersa geograficamente, che include le isole Hawaii, che fanno parte degli Stati Uniti, Tuvalu, Kiribati, l'Isola di Nauru, Tonga, Samoa, le Isole Cook, Niue e la Polinesia francese propriamente detta).
  Il dottor Picchi ha avuto modo di poter viaggiare estensivamente all'interno del Pacifico nel corso del 2023 per il Comitato di Expo Roma 2030. Nel corso delle sue missioni sono state visitate Australia, Nuova Zelanda, Fiji, Tuvalu, Kiribas, Samoa, Tonga, Cook, Nauru, Vanuatu, le Marshall, Micronesia, Palau. Questi viaggi sono culminati con la partecipazione al Pacific Islands Forum, meeting dei leaders cui ha partecipato anche il sottosegretario Giorgio Silli, e al Leaders Forum alle Isole Cook, fornendo un'occasione unica per incontrare non solo i Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell'area, ma anche personalità del mondo economico e religioso ed esponenti della comunità italiana presente su quei territori. Il dottor Picchi ha sottolineato che l'area è vastissima, composta di territori molto diversi l'uno dall'altro, piccoli, isolati, affetti dal cambiamento climatico e dotati di una fortissima identità nazionale. Una caratteristica che li accomuna, è che la religione svolge un ruolo molto importante all'interno della società del Pacifico. La cristianità è presente sotto una diversità di declinazioni, che vanno dall'anglicanesimo ai protestanti, ai cattolici, seguendo la tradizione dell'area culturale a cui facevano riferimento nel periodo coloniale.
  Il dottor Picchi ha proseguito indicando che, dal punto di vista diplomatico, l'Italia segue: dalle Filippine gli Stati federati di Micronesia, Palau e le Isole Marshall; dall'Australia Nauru, Vanuatu, Salomone e le isole Fiji; dalla Nuova Zelanda le Isole Cook, Niue, Samoa, Tonga, Tuvalu e Kiribati. Il Ministero degli Affari esteri ha un Pag. 50Inviato Speciale che si occupa del Pacifico, con base a Roma. L'Italia ha lo status di osservatore al Pacific Islands Forum, anche se non è dotata di presenza continua ai loro incontri. Gran parte dell'attività diplomatica si svolge presso le Nazioni Unite e l'Unione europea, considerato che molti di questi Paesi hanno rappresentanze a Bruxelles. L'Unione europea ha una sua delegazione alle isole Fiji e da qui copre tutte le isole del Pacifico. Secondo l'audito, tuttavia, sebbene l'UE abbia una presenza di personale e di investimento rilevante, con un impatto forte nei bilanci di quei Paesi, la sua influenza politica è pari a zero e sconta una considerazione estremamente negativa. Per questo motivo, mentre si possono instaurare eccellenti i rapporti bilaterali, più complicati sono quelli attraverso l'Unione europea.
  L'Italia ha un partenariato di cooperazione allo sviluppo, instaurato tramite il Ministero dell'agricoltura, con tutti questi Paesi, firmato a New York nel 2007 e rinnovato nel 2023 fino al 2028. Si tratterebbe di un programma multilaterale, con multi-donatori e multi-percettori beneficiari, ma, in realtà, l'Italia contribuisce in modo significativo, realizzando fino ad oggi cinquantuno progetti, per un importo superiore a 20 milioni di euro. Il dottor Picchi ha evidenziato che sono progetti piccoli di per sé, ma che su queste comunità hanno un effetto molto importante, che viene apprezzato dai Governi. La capacità dell'Italia di impattare in Paesi molto lontani con progetti efficaci, però, non si accompagna sempre alla capacità di raccoglierne il capitale politico. I progetti attualmente in corso – disseminati fra Palau, Micronesia, Kiribati, Tonga, Tuvalu – vanno da impianti di protezione delle aree marine, per aiutare i Paesi destinatari a proteggere le proprie coste e il proprio ambiente marino, all'installazione di impianti fotovoltaici nelle zone più remote e al trattamento delle acque.
  Il dottor Picchi ha poi passato in rassegna gli attori più presenti nell'area Indo-pacifica: nella parte nord-occidentale gli Stati Uniti, cui dopo la seconda guerra mondiale l'ONU aveva affidato tutte le isole che erano state occupate dai giapponesi, tramite la Pacific Trust Administration. Successivamente, quando gli USA hanno concordato l'indipendenza con gli Stati Federati della Micronesia, la Repubblica delle Isole Marshall e Palau, hanno stipulato l'accordo ventennale Compacts of Free Association, rinnovato di recente a novembre 2023, che prevede, sostanzialmente, che la difesa di questi Paesi sia affidata agli Stati Uniti. In cambio c'è una notevole assistenza economica da parte statunitense. I cittadini di questi Paesi hanno la possibilità di muoversi liberamente verso gli USA e addirittura di arruolarsi nelle Forze armate. Inoltre, lo US Postal Service svolge l'attività postale per queste isole e la United Airlines fornisce un servizio aereo di continuità territoriale che si chiama Island Hopper tra Guam (territorio non incorporato degli Stati Uniti) e le Hawaii, passando da un'isola all'altra. La presenza degli Stati Uniti nell'Indo-pacifico si concretizza in un numero di basi molto ampio, in attività di genio e infrastrutturali e in attività di intelligence. Gli arcipelaghi del Pacifico occidentale – e in particolare Isole Marshall, Palau e Micronesia – sono considerati dagli Stati Uniti la prima linea di difesa in caso di qualsiasi tipo di conflitto proveniente, molto probabilmente, dalla Cina.
  Infatti, da alcuni anni la Cina sta accrescendo la propria influenza e presenza economica, soprattutto in Polinesia e in Melanesia, ma anche alle Isole Salomone, in cui l'Australia non è riuscita ad evitare l'installazione di basi militari cinesi. La Cina sta svolgendo anche attività di soft power, ad esempio inviando navi-ospedali per fornire assistenza sanitaria gratuita alla popolazione degli atolli. Oltre a Cina e Stati Uniti, altri attori importanti nella regione Indo-pacifica sono Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Regno Unito. Tutti questi Paesi hanno una forte presenza, sia diplomatica che di investimenti, particolarmente visibile soprattutto per Australia e Nuova Zelanda. In Australia, il nuovo governo sta cercando un maggiore engagement con l'area, ad esempio attraverso l'iniziativa Pacific Step-up e il QUAD. La Nuova Zelanda svolge da sempre un ruolo di potenza pacifica,Pag. 51 tant'è vero che durante le elezioni delle Isole Salomone ha mandato anche degli osservatori e dei militari per proteggere le operazioni di voto.
  Il Direttore ha poi approfondito la ragione dell'interesse strettamente economico per l'Indo-pacifico. Sul fondo dell'Oceano Pacifico, infatti, sono presenti dei noduli metallici, ovvero delle concrezioni di lava solidificata ricchissime non solo di minerali critici, ma anche di terre rare, nichel e cobalto. Solo nella zona dell'atollo di Clipperton sono presenti 21 miliardi di tonnellate di questi noduli polimetallici, che sono superiori a tutta la produzione attuale e potrebbero soddisfare per decenni tutta l'industria tecnologica. A New York è stata istituita l'International Seabed Authority, che dovrebbe regolare l'estrazione di questi minerali fuori dalle acque territoriali, dove invece ogni Paese può operare, come stanno facendo le Isole Cook, senza bisogno di alcuna autorizzazione. L'Italia è presente nell'International Seabed Authority attraverso l'Ambasciatore accreditato alle Nazioni Unite.
  Concludendo, il dottor Picchi riconosce che il Pacifico non può essere una vera priorità per l'Italia, vista la distanza e le risorse a disposizione del Paese, che vanno concentrate sulla parte «Indo». D'altra parte, però, si possono impiegare nell'Indo-pacifico risorse mirate, ad esempio attraverso le Nazioni Unite e, come già fatto, attraverso il Ministero dell'ambiente, nonché rafforzare la rete diplomatica, perché essa potrebbe garantire, con un investimento modesto, elevati ritorni. In quest'ottica, potrebbe essere utile aprire – seguendo l'esempio della Spagna – un desk Italia all'interno della delegazione dell'Unione europea delle Fiji. L'audito ha segnalato che tutti i piccoli Paesi dell'area votano negli organismi multilaterali; ed essere presenti in un'area dove ci sono ben quattordici voti per le Nazioni Unite è qualcosa di geopoliticamente utile all'Italia. Nell'ambito economico, l'Italia potrebbe giocare un ruolo mettendo a sistema la presenza già in essere a Wellington e a Canberra, con le proprie Camere di commercio, magari creando una Camera di commercio Italia-Pacifico, per attrarre ulteriori investimenti. Ad esempio, il dott. Picchi ha sottolineato che le centrali idroelettriche alle isole Fiji sono state realizzate negli anni Settanta-Ottanta da imprese italiane e la nuova centrale è stata disegnata da uno studio tecnico italiano, a dimostrazione che c'è una presenza dell'Italia, che dovrebbe essere ampliata all'esplorazione ed estrazione dei noduli metallici (si pensi a Saipem).
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'audito ha evidenziato come l'Italia supporti i piccoli Stati del Pacifico nella loro lotta al cambiamento climatico in tutte le risoluzioni ONU e in tutti gli organismi multilaterali. La proiezione nell'area e la costruzione di una strategia richiedono di aumentare la presenza diplomatica italiana, non essendo possibile seguire le complesse dinamiche dell'area dalla nuova Zelanda.

  Mercoledì 23 ottobre 2024. Audizione di Fabrizio Bozzato, Direttore della Division of Ocean vision and action presso l'Ocean policy research Institute della Sasakawa peace Foundation.
  L'intervento si è articolato in tre parti. La prima parte ha evidenziato alcuni tratti salienti della macroregione dell'Indo-Pacifico. Il concetto di Indo-Pacifico si è affermato nel discorso geopolitico globale nel decennio che va dal 2007, con un discorso dell'allora Premier giapponese Shinzo Abe, all'adozione del concetto nella Strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti nel 2017. Il concetto riformula la mappa geopolitica globale identificando l'Asia, in particolare l'Asia marittima che si affaccia sugli oceani Pacifico e Indiano, come il suo fulcro. Questa riconcettualizzazione porta alla ricalibrazione degli spazi economici, industriali e strategici che sono cruciali a livello globale e collega politicamente e geo-strategicamente il Transatlantico con l'Indo-Pacifico. È certo possibile considerare il concetto di Indo-Pacifico come un'evoluzione di quello di Asia-Pacifico, includendo i vicinati naturali di quest'ultimo. Tuttavia, tale evoluzione permette di compiere un salto di livello, generando un effetto aggiuntivo fondamentale, creando collegamentiPag. 52 operativi transcontinentali e multidimensionali per il raggiungimento di obiettivi di sicurezza cooperativa. Pertanto, l'Indo-Pacifico è al contempo uno spazio geografico dai confini fluidi e una concezione normativa, costellata da una vasta gamma di ordini, architetture e complessi di sicurezza. A questo proposito l'audito ha sottolineato che si dovrebbe parlare più propriamente di «Indo-Pacifici» al plurale; infatti, vi sono tanti «Indo-Pacifici» quanti sono gli attori che si affacciano nella regione (ad esempio il Giappone ha la visione più comprensiva di tutte, mentre quelle dell'Australia e dell'India sono decisamente più ridotte dal punto di vista geografico).
  Negli ordini di sicurezza dell'Indo-pacifico gli Stati Uniti occupano indiscutibilmente la posizione apicale, tramite un'architettura di sicurezza che è ibrida e interconnessa – nota come sistema di alleanze a raggiera (hub and spokes) – guidata operativamente dagli USA quale continuazione di quello che viene identificato come San Francisco System, creato nei primi anni Cinquanta. Il dott. Bozzato evidenzia che, a differenza delle alleanze multilaterali di difesa collettiva basate sui trattati, come la NATO, il sistema di alleanze a raggiera nell'Indo-Pacifico è prevalentemente strutturato su accordi bilaterali, pur comprendendo anche alcune intese multilaterali e transcontinentali (ne è un esempio l'AUKUS tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia).
  Nell'Indo-Pacifico gli Stati Uniti sono il fornitore di sicurezza di prima e ultima istanza. La Cina ha il ruolo di potenza sfidante, che sta preparando il terreno per un ordine politico e di sicurezza parallelo. Come nel sistema di alleanze a raggiera, anche questo ordine guidato dalla Cina è strutturato prevalentemente su base bilaterale ed ha una forte connotazione, che l'audito definisce «sviluppista»; infatti, Pechino utilizza il partenariato per lo sviluppo come base narrativa per la cooperazione in materia di sicurezza (si pensi alla Nuova Via della Seta, alla Global Development Initiative o alla Global Security Initiative).
  La seconda parte dell'intervento ha toccato alcuni aspetti del ruolo dell'Italia nell'Indo-Pacifico. Nonostante l'Italia stia ancora sviluppando una strategia, il suo coinvolgimento nella regione è ormai consolidato e allineato alle priorità strategiche dell'Unione europea, riconoscendo che la regione rappresenta il fulcro geopolitico globale. Di conseguenza, l'Italia ha avviato un approccio di proattività diplomatica con i principali attori regionali – in quest'ottica l'elevazione delle relazioni con il Giappone a livello di partnership strategica nel gennaio 2023 e la successiva visita a marzo della Premier Meloni – ricordando che suo interesse fondamentale è quello di sostenere l'ordine internazionale basato sulle regole. Dal 2017 il Dialogo economico di alto livello ASEAN-Italia ha creato un canale istituzionale per incrementare gli scambi commerciali e promuovere la cooperazione economica (il 5 e 6 novembre p.v. si terrà a Manila l'ottava edizione) e dal 2020 l'Italia è development partner dell'ASEAN. Si registra anche una crescente presenza militare italiana, in particolare navale, come la partecipazione della nave Morosini all'esercitazione multinazionale di ricerca e soccorso Komodo 23 nel 2023, a guida indonesiana, e la partecipazione della carrier strike group della portaerei Cavour al RIMPAC 2024 e al Pitch Black 2024 in Australia. Dal 2007 l'Italia è poi dialogue partner del Pacific Islands Forum e partner dell'Indian Ocean Rim Association. È poi importante la partecipazione italiana al Global Combat Air Programme (GCAP), l'accordo bilaterale firmato con Giappone e Regno Unito per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione che rappresenta una delle punte di lancia dell'industria della difesa italiana. Tutto ciò ha permesso all'Italia di sviluppare un profilo diplomatico distintivo nella regione. Vanno però segnalate alcune questioni aperte: in primo luogo, vi è il rischio che l'attenzione e le risorse italiane possano spostarsi di nuovo verso il Mediterraneo allargato a causa della crisi in Ucraina e delle dinamiche geopolitiche europee; in secondo luogo, nel rapporto con la Cina, il Governo italiano non ha rinnovato il Protocollo della nuova Via della seta Pag. 53ma intende mantenere buoni rapporti con Pechino, anche al di fuori di questo quadro; l'assenza di una strategia italiana formale rende difficile prevedere una risposta concreta all'assertività cinese nel Mar cinese meridionale.
  Nella terza parte dell'intervento, l'audito ha offerto una proposta per l'articolazione della strategia italiana per l'Indo-pacifico, lungo quattro direttrici: 1) l'Italia dovrebbe incrementare la propria presenza navale partecipando alle operazioni navali e di sicurezza nella regione, collaborando con alleati come Australia, Giappone e India per garantire la sicurezza marittima e la libertà di navigazione; 2) l'Italia dovrebbe rafforzare le relazioni economiche, promuovendo accordi di libero scambio e sviluppando partenariati economici nel settore della tecnologia, delle infrastrutture e dell'energia verde (la cooperazione con l'India e gli 11 Paesi dell'ASEAN, a questo riguardo, dovrebbe essere una priorità; 3) l'Italia dovrebbe espandere la diplomazia culturale e scientifica perché la promozione degli scambi accademici e culturali tra l'Italia e i Paesi dell'Indo-pacifico può rafforzare i legami bilaterali e promuovere la cooperazione nei settori della scienza, della tecnologia e dell'innovazione; 4) l'Italia dovrebbe promuovere un approccio multilaterale, lavorando all'interno di quadri multilaterali, come l'Unione europea e le Nazioni Unite, per promuovere la stabilità e la cooperazione nella regione e sostenere il diritto internazionale e la risoluzione pacifica delle dispute.
  In conclusione, l'articolazione della strategia ufficiale per l'Indo-pacifico costituisce un passo fondamentale per l'Italia che consentirebbe a rafforzare il profilo italiano nella regione, delineando obiettivi chiari per l'impegno futuro nell'area.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il dottor Bozzato ha sottolineato che l'Italia dovrebbe continuare a rafforzare la cooperazione, soprattutto in settori chiave, con i partners consolidati nell'area – quali Vietnam, Corea del Sud e Giappone – ma anche prestare attenzione alle economie in esplosione. Soprattutto quelle che sono, come l'Italia, democrazie, per quanto imperfette e non di tipo occidentale: ad esempio Indonesia, Bangladesh e Malesia sono economie emergenti che, per demografia, risorse e livello di sviluppo (o proiezione di sviluppo) si riveleranno attori principali, quindi partners essenziali per l'Italia nei vari quadranti regionali (essendo l'Indo-pacifico una macroregione, è necessario adottare una prospettiva a livello sub-regionale). Visto che l'Italia ha avviato il «Piano Mattei» e considera la proiezione indo-pacifica come un'espansione della proiezione del Mediterraneo allargato, ad avviso dell'audito dovrà poi considerare attori che si affacciano sull'Oceano Indiano dal litorale africano.
  Per quel che riguarda il Giappone, il dott. Bozzato ha sottolineato l'interesse di Tokyo ad aumentare la cooperazione con l'Italia in materia di sicurezza, che comprende quella dell'innovazione nell'industria della difesa. L'Italia è ben posizionata e ci sono molte opportunità e possibilità in Giappone per l'industria della difesa italiana perché i giapponesi sono impegnati nello sforzo di innovazione tecnologica per recuperare il terreno perso con la Cina. Con l'India, occorrerebbe approcciarsi in maniera selettiva, identificare quali sono i settori sui quali è pronta a collaborare e quali no e riconoscere che l'India è un partner solo su alcune questioni, ponendo massima chiarezza di obiettivi quando si va a trattare a New Delhi.

  Giovedì 14 novembre 2024. Audizione di David Capie, Professore di relazioni internazionali e Direttore del Centro di studi strategici alla Victoria University di Wellington, Nuova Zelanda.
  In premessa, l'audito ha affermato di voler presentare tre punti principali. In primo luogo, il motivo per cui è importante la regione dell'Indo-Pacifico; in secondo luogo, quali sono i cambiamenti che si stanno verificando in questa regione; in terzo luogo, il punto di vista della Nuova Zelanda sull'importanza dell'Indo-Pacifico per l'Unione europea e per l'Italia.
  Quanto al primo, ha rilevato che l'Indo-Pacifico è importante perché rappresenta il 60 per cento della popolazione mondiale (6 miliardi di persone), il 60 per cento del PIL Pag. 54mondiale e la metà dei commerci internazionali. Per quanto riguarda la popolazione, vi sono due Stati molto demograficamente molto consistenti (India e Cina) e Stati dove la natalità è molto rapida (Corea, Cina, Giappone). L'economia globale dei dieci Stati dell'ASEAN vale 3,6 trilioni di dollari e, in un momento in cui la maggior parte dell'Occidente e la Cina stanno progredendo lentamente, quest'area cresce e diventa più ricca.
  L'Indo-Pacifico è poi importante sotto il profilo della sicurezza globale. Ci sono cinque Stati che hanno armi nucleari. Sebbene questa regione sia libera e non ci siano state guerre tra gli Stati dal 1979, ci sono dei «flash points» dove i conflitti sono un rischio.
  In questa cornice, l'Indo-Pacifico è una regione che sta vivendo profondi cambiamenti, su tre direttrici: uno spostamento dalle norme al potere, uno dall'economia alla sicurezza e un terzo dall'efficienza alla resilienza. Quanto al primo aspetto, l'hard power è ormai diventata una parte sempre più significativa della politica mondiale. Questo è vero, in particolare, per la Cina, dove c'è un aumento notevole delle capacità militari. La Cina ora ha la Marina più grande del mondo: più di 350 navi, molte di più della Russia, e ne sta costruendo altre. La Marina cresce dell'equivalente intera flotta francese ogni quattro anni. La Cina investe enormemente nelle tecnologie avanzate. Porterà anche gli arsenali nucleari al livello di quelli della Russia e degli Stati Uniti nei prossimi anni. Gli Stati Uniti stanno rispondendo alla volontà cinese di cambiare lo status quo nell'Indo-pacifico creando maggiori partenariati con i propri alleati (ad esempio nuove basi sono state costituite nelle Filippine). Alcuni degli Stati della regione si stanno organizzando in chiave anti-cinese attraverso alleanze come il QUAD, ma la gran parte degli Stati del sud-est asiatico non vuole scegliere uno dei partecipanti della competizione geostrategica e, se da un lato considerano la Cina vitale per il proprio sviluppo, dall'altro non sono convinti dell'affidabilità degli Stati Uniti. Ad avviso dell'audito, nell'attuale competizione fra Cina e Stati Uniti occorre evitare conflitti accidentali, comprendere gli scopi e le ambizioni della Cina e anche i suoi timori, promuovendo il dialogo.
  Il secondo grande cambiamento nell'area indo-pacifica – lo spostamento dall'economia alla sicurezza – porta i Paesi a considerare sempre di più il proprio interesse a livello di sicurezza piuttosto che i propri interessi economici. Non si tratta solo degli Stati Uniti, che si sono ripiegati su sé stessi e potrebbero accentuare questa postura nella seconda Presidenza Trump; anche la Cina sta facendo lo stesso. Piuttosto che parlare di integrazione economica adesso si avverte una tendenza al de-risking e al de-coupling.
  Rispetto al terzo cambiamento menzionato – dall'efficienza alla resilienza – gli Stati stanno rispondendo investendo sempre di più nella resilienza piuttosto che dando priorità all'efficienza.
  Il dottor Capie è passato poi a considerare perché l'Indo-pacifico è importante per l'Italia e per l'Unione europea. Oltre ad essere un enorme mercato, in termini strategici la regione indo-pacifica e i teatri indo-atlantici sono collegati. La Cina e la Corea del Nord sono fondamentali nel sostenere la guerra della Russia in Ucraina. L'India ha rifiutato di partecipare alle sanzioni, ottenendo in cambio petrolio a basso prezzo dalla Russia. Come sottolineato da un analista indiano, gli Stati asiatici sono oggi in grado di prendere delle decisioni che hanno una diretta influenza in Europa.
  Inoltre, la regione indo-pacifica è molto importante per l'Italia e per l'Unione europea per la difesa della democrazia. Paesi come la Nuova Zelanda, promuovono la risoluzione pacifica delle controversie, il rispetto del diritto internazionale, il rispetto del diritto del mare, in sintesi un ordine internazionale basato sulle regole. L'Italia potrebbe lavorare con i partners dell'Indo-Pacifico per essere una voce forte a tutela del diritto internazionale. Tramite l'Unione europea si può sostenere la sicurezza marittima e la consapevolezza dell'importanza del mare e attraverso il Global gateway si possono aiutare gli Stati in via di sviluppo della regione a fare le scelte corrette per le infrastrutture. L'audito ha Pag. 55elogiato le iniziative italiane a livello bilaterale e regionale (ad esempio nel 2017 ha inviato i Carabinieri e una fregata nell'Indo-Pacifico, la portaerei Cavour ha partecipato alle esercitazioni «Pitch Black» in Australia). L'Italia e l'Unione europea dovrebbero continuare a sostenere le istituzioni regionali quali l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico, la Indian Ocean Rim Association, il Forum delle isole del Pacifico nonché il sistema dei Trattati per l'Antartico.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'audito ha evidenziato che l'India tradizionalmente si concentra, più che sull'Indo-pacifico, sul suo vicinato immediato e sulla regione dell'Oceano Indiano. Pertanto, se da una parte l'India sembra ora più attiva nel Sud-Est asiatico – per esempio ha venduto recentemente missili alle Filippine, ha un intavolato una cooperazione di difesa con il Vietnam, ha approfondito i legami con il Giappone – dall'altra parte il suo interesse prioritario resta per la regione dell'Oceano Indiano. L'India, però, ha obiettivi più ampi quando si parla dell'emersione di un mondo multipolare, in cui Delhi sia uno dei poli dell'ordine internazionale. Per quanto riguarda la Nuova Zelanda, il dottor Capie ha sottolineato come un quarto delle esportazioni del Paese sia diretto in Cina, rendendola un partner estremamente importante dal punto di vista commerciale. Tuttavia, la Nuova Zelanda sta cercando di diversificare il proprio commercio, rivolgendosi al mercato indiano.
  In merito al cambiamento climatico, l'audito ha sottolineato l'impatto drammatico che sta avendo sui confini marittimi di alcuni Stati del Pacifico, con alcuni piccoli Paesi insulari che stanno perdendo parte del loro territorio perché aumenta il livello del mare. Una delle questioni che il diritto internazionale deve esaminare è quello che può succedere ai diritti marittimi di questi Paesi quando parti del proprio territorio vengono sommerse.

  Giovedì 21 novembre 2024. Audizione di Jason Young, Direttore del Centro di ricerca sulla Cina contemporanea Kōmaru Kura e Professore associato di scienze politiche e relazioni internazionali presso l'Università Victoria di Wellington della Nuova Zelanda.
  L'audito ha iniziato il suo intervento sottolineando l'importanza per l'Europa di conoscere la realtà dell'Indo-Pacifico, che è strettamente connesso ad essa. In questo senso, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Nuova Zelanda sono Paesi partner della NATO.
  Il dottor Young ha particolarmente sottolineato tre elementi della attuale postura della Cina. Innanzitutto, la Repubblica popolare cinese si è radicalmente trasformata e ha anche trasformato l'ordine internazionale. In secondo luogo i rapporti con Pechino possono essere difficili. In terzo luogo ogni strategia per l'Indo-Pacifico dovrebbe tenere in debito conto il ruolo della Cina.
  Quanto al primo punto, la Cina rappresenta più del 50 per cento del PIL asiatico. È un hub per l'innovazione e il settore manifatturiero, nonché un leader della transizione nell'impiego delle rinnovabili. Non è più il primo Paese per peso demografico, ma si trova al secondo posto, con una popolazione più ricca, meglio istruita, meglio formata che in passato. La Repubblica popolare cinese ha il più grande numero di Ambasciate e Consolati all'estero e ha investito moltissimo nella rappresentanza a livello internazionale. Questo rapido sviluppo ha promosso attività di investimenti, di ammodernamento, iniziative sul fronte della difesa, come si può vedere nella recente esercitazione Joint Sword intorno a Taiwan. Questa crescita ha prodotto uno spostamento del potere dall'Occidente, che secondo la Cina è in relativo declino, verso l'Oriente, che è considerata una regione del mondo in ascesa.
  Ad avviso dell'audito, pertanto, occorrerebbe considerare con più attenzione la posizione cinese, riducendo anche la presenza militare statunitense. La Cina ha lanciato nel settembre 2021 l'iniziativa per lo sviluppo globale nota con la sigla GDI (Global Development Initiative), che proponeva come priorità per tutti i Paesi lo sviluppo economico. Una seconda iniziativa per la sicurezza globale è stata lanciata nell'aprile 2022, in cui la Cina si propone Pag. 56come leader sul fronte della sicurezza internazionale e fornitore netto di sicurezza. Una terza iniziativa è la Global Civilization Initiative lanciata nel marzo 2023, che critica l'universalità dei diritti e valorizza la diversità delle civiltà, sostenendo che l'ammodernamento non significa necessariamente «occidentalizzazione». L'ultima iniziativa citata è la Via della seta, il cui obiettivo è quello di riformare la governance globale promuovendo le imprese cinesi all'estero. In questo quadro, la Repubblica popolare cinese ha elaborato visioni alternative per l'ordine internazionale, avanzando una sorta di revisionismo selettivo. Al contempo, la crescita dell'economia e dell'influenza cinesi ha già trasformato l'ordine regionale nell'Indo-Pacifico.
  Passando al secondo punto, il dottor Young ha ricordato che dal 2016 in poi la Nuova Zelanda ha conosciuto una serie di sfide nei propri rapporti con la Cina. Sul fronte dei diritti umani, sono state molte le preoccupazioni espresse in Nuova Zelanda circa il trattamento delle comunità nello Xinjiang e dei manifestanti a Hong Kong, ma anche in generale per quanto attiene alla libertà di parola e alla libertà di pensiero e della stampa. Per quel che riguarda il diritto internazionale, ad esempio, la Nuova Via della seta ha presentato alcune problematiche. Per quanto concerne il commercio, pur essendo la Cina il principale partner commerciale della Nuova Zelanda, i livelli di esportazioni sono calati di quasi un terzo rispetto al passato. Alcune preoccupazioni sono sorte soprattutto dopo che l'Australia ha subito misure punitive per una richiesta di indagine sul COVID-19. In ambito di sicurezza, per la Nuova Zelanda si pongono numerosi interrogativi sulla fornitura da parte della Cina di beni e prodotti impiegati nel campo della sicurezza e delle forze dell'ordine. Attualmente il Parlamento neozelandese sta discutendo una legge per sanzionare penalmente eventuali tentativi di ingerenza da parte di forze estere ed è in atto una strategia di diversificazione delle collaborazioni in campo tecnologico e scientifico, con il potenziamento dei partenariati con altri Paesi, soprattutto Australia e Stati Uniti, ma anche europei.
  Passando al terzo punto, il dottor Young ha sottolineato che una qualunque strategia nell'Indo-Pacifico deve tenere in seria considerazione il ruolo della Cina. Occorre promuovere la conoscenza della Cina, anche con l'opinione pubblica, e lavorare in modo più attivo anche con altri partners, come Unione europea, Stati Uniti d'America, Australia e altri Paesi nella regione.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il dott. Young ha evidenziato che, soprattutto per un Paese come la Nuova Zelanda, che è un player di minore importanza sullo scenario internazionale, è importante pensare ad un interesse nazionale più ampio, che vada oltre gli interessi settoriali. Ad esempio, occorrerebbe non lasciare l'economia solo al settore privato e vedere l'economia non soltanto nella sua dimensione commerciale, ma come un insieme di attività che comportano un grande impatto rispetto al ruolo del Paese sul piano internazionale.
  Il dottor Young ha rilevato che in Asia l'elemento chiave consiste nel fatto di essere presenti, tanto a livello militare, quanto a livello economico, politico e diplomatico, per far sentire la propria voce. Questa voce deve essere rappresentata attraverso organizzazioni regionali, oppure fora internazionali come l'Associazione dei Paesi del Sud-Est asiatico e il Dialogo di Shangri-La, ma può consistere ad esempio, per quanto riguarda l'Italia, nell'incoraggiare gli scambi culturali e di istruzione Bisogna poi riconoscere che la realtà della precedente architettura di sicurezza dell'area, basata sul cosiddetto «sistema hub and spoke» – a raggiera, con al centro gli Stati Uniti e alleanze bilaterali con il Giappone, Corea del Sud, Filippine, Thailandia e Australia – è cambiato e ora parti diverse di questa «ruota» iniziano a creare propri collegamenti (per esempio tra Giappone e Corea del Sud, con il QUAD, tra Nuova Zelanda e Giappone). Di questo fenomeno si parla spesso utilizzando il termine «tessitura», con collegamenti stabiliti su basi formali o anche informali, su piccoli raggruppamenti o mini rapporti bilaterali.Pag. 57
  Ad avviso dell'intervenuto, il tema della sicurezza nella regione dell'Indo-Pacifico difficilmente si evolverà verso quella che alcuni definiscono una NATO asiatica. Più probabilmente vi saranno delle aggregazioni minori che puntano su un tema particolare. Per la Nuova Zelanda è importante puntare sui cosiddetti «quattro» dell'Indo-Pacifico – Nuova Zelanda, Australia, Giappone e Corea del Sud – che rappresentano un gruppo di partners della NATO, stante la stretta interconnessione fra quello che succede in Asia e quello che succede in Europa.

  Giovedì 5 dicembre 2024. Audizione di Vina Nadjibulla, Vicepresidente della Asia Pacific Foundation of Canada.
  L'audita ha iniziato il suo intervento sottolineando come il Canada, riconoscendo l'importanza dell'Indo-pacifico a livello politico ed economico, abbia adottato nel 2022 una strategia per la regione, che tiene conto della posizione geografica del Canada e del rapporto con gli Stati Uniti. Ci sono tre caratteristiche peculiari del Canada: innanzi tutto, è una nazione del Pacifico; in secondo luogo, è una nazione del continente americano e il rapporto con gli USA è il più importante dal punto di vista economico e della sicurezza, quindi qualunque attività è strettamente coordinata con il vicino americano; infine, il Canada ha una diaspora di persone provenienti dall'Indo-pacifico, soprattutto dall'India e dalla Cina.
  La strategia canadese dedica ampio spazio alla Cina, con cui il Canada vive una crisi diplomatica iniziata nel 2018, con interruzione dei rapporti nel 2021. Quando il documento è stato presentato, la parte sull'India, con cui il Canada ha relazioni tese, era più ristretta, ma durante gli ultimi diciotto mesi il dibattito sull'India è molto cambiato. La strategia canadese, finanziata da più di 2 miliardi di dollari, ha visto il contributo di diciassette enti governativi ma, dalla sua entrata in vigore, il Governo sta cercando di coinvolgere tutta la società civile, gli imprenditori, l'industria e anche gli enti locali. Il Canada ha tentato di collegare la propria postura nell'Indo-Pacifico all'impegno nell'Atlantico e nell'Artico, zona in cui il Canada può svolgere una funzione di leadership.
  La strategia è basata su cinque pilastri fondamentali: 1) la pace, la resilienza e la sicurezza; 2) l'aspetto economico e commerciale e la resilienza della catena di approvvigionamento; 3) i rapporti tra i popoli, per favorire scambi culturali e di istruzione; 4) la sostenibilità, con focus sulla sicurezza energetica, il gas liquido naturale, l'energia nucleare, le energie rinnovabili, la tecnologia verde; 5) l'aspetto diplomatico nella regione.
  La dottoressa Nadjibulla ha sottolineato come un elemento centrale della strategia canadese sia quello di aumentare l'impronta diplomatica del Paese nell'Indo-pacifico, ad esempio attraverso: l'apertura di un ufficio a Manila, nelle Filippine, che si occupa di agricoltura (perché il Canada ha un rapporto molto stretto con coloro che producono nel rispetto dell'ambiente e del clima); l'aumento del numero di addetti dedicati alla sicurezza informatica (perché il Canada ha qualcosa da offrire a questa regione da questo punto di vista) e di addetti militari ubicati nel sud-est o nel nord-est asiatico (estendendo quindi la presenza al di fuori della Cina, per monitorare l'influenza di Pechino Cina nella regione); la collaborazione con altri partners (tra cui la Fondazione sull'Asia-Pacifico, che avrà un ufficio a Singapore, le Camere di commercio ed altri enti dedicati allo sviluppo) e lo sviluppo del partenariato con l'ASEAN, di cui il Canada è divenuto partner strategico due anni fa.
  Ad avviso dell'audita, la reputazione del Canada di partner affidabile è incerta, perché per lungo tempo ha dedicato scarsa attenzione all'area indo-pacifica Il Paese ha una forte vocazione commerciale (il 60 per cento del suo PIL proviene dal commercio) e sta negoziando accordi di libero scambio nella regione, soprattutto con l'Indonesia e l'ASEAN. Più difficile, tuttavia, è proporsi come partner strategico sul fronte della sicurezza e della difesa, che è ciò che molti Paesi, in particolare quelli nel sud-est asiatico, cercano, per gestire questioni come le tensioni nel Mar Cinese meridionale o situazioni contingenti che possono nascere Pag. 58attorno a Taiwan. Gli Stati Uniti, ovviamente, sono molto più attivi in tal senso.
  La strategia canadese risulta datata rispetto a rapporti bilaterali con l'India, che devono essere rivisti, mentre quelli con la Cina si imperniano sulla resilienza delle filiere di approvvigionamento, sulla sicurezza economica, sulle interlocuzioni all'interno del G7 e, soprattutto, sulla forte integrazione del Canada all'interno dell'economia statunitense attraverso l'accordo NAFTA (North American Free Trade Agreement), stipulato tra Stati Uniti, Canada e Messico. Ad esempio, sui dazi sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, il Canada ha dovuto seguire strettamente la posizione statunitense.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, l'audita ha auspicato che anche l'Italia si doti di una propria strategia per l'Indo-Pacifico, nonostante le sue priorità siano nel Mediterraneo. Ciò in ragione della centralità assunta economicamente dalla regione indo-pacifica, che avrà un impatto significativo sulla prosperità globale e presenta numerose sfide per l'ordine internazionale liberale. È quindi importante per una nazione del G7 come l'Italia avere una visione articolata di come intende portare avanti i propri interessi nella regione, evitando di concentrarsi solo sulla Cina perché rivestono particolare importanza, ad esempio, anche i rapporti con il Giappone e con la Corea del Sud.
  Rispondendo ad una domanda sulle popolazioni native, che vantano diritti su aree ricche di risorse naturali e minerali critici e sono nelle mire di Pechino per realizzare investimenti in infrastrutture, la dottoressa Nadjibulla si è rammaricata che la strategia canadese elaborata due anni fa non tratti questo tema e ha suggerito di inserire le comunità di nativi della diaspora all'interno del dibattito canadese.
  L'audita ha proseguito ricordando che nel 2025 il Canada avrà la presidenza del G7 e che sicuramente l'area dell'Indo-Pacifico sarà inserita in agenda, anche se si tratterà di un contesto in cui gli Stati Uniti saranno un partner meno prevedibile di prima per quanto riguarda l'ambito diplomatico, che potrebbe richiedere un maggiore coordinamento tra le potenze intermedie, incluso il Giappone. Con riguardo all'Italia, sarebbe auspicabile un partenariato congiunto nel sud-est asiatico e la partecipazione dell'Italia al CPTPP. Ha sottolineato inoltre l'importanza di un approccio basato sulla cooperazione piuttosto che, come nell'approccio statunitense, sull'attuazione di una deterrenza nei riguardi della Cina, a rischio di trascurare altri elementi importanti per i Paesi dell'Indo-pacifico, che devono necessariamente bilanciare gli interessi occidentali con la realtà cinese, dal momento che la Cina è l'attore economico più importante nella regione.
  In chiusura, la dottoressa Nadjibulla ha sottolineato come il conflitto ucraino abbia inasprito la minaccia russo-cinese nell'Artico, permettendo a Pechino di ottenere l'avallo di Mosca alle proprie pretese economiche e militari in quella regione. Ciò ha implicazioni rilevanti per uno Stato artico come il Canada, ma anche per l'intera alleanza occidentale (si pensi ai sabotaggi dei cavi sottomarini recentemente attuati dalla Cina). In tale cornice, sarà essenziale una risposta NATO, ma anche il coinvolgimento di partners dell'Indo-Pacifico quali Giappone e Corea del Sud.

Giornalisti

  Giovedì 26 ottobre 2023. Audizione della giornalista Giulia Pompili.
  Nel corso dell'audizione, si è dedicato particolare spazio alle aree ed ai fattori di crisi della regione dell'Indo-pacifico. Il primo fattore determinante è stato individuato nelle dispute territoriali. La Cina rivendica gran parte del Mar cinese meridionale e parte del Mar cinese orientale. Per quanto riguarda il Mar cinese meridionale si è registrata, negli ultimi mesi, un'intensificazione delle crisi e delle frizioni a livello internazionale. Una vicenda importante è quella delle isole Spratly, parte del territorio delle Filippine, rivendicate dalla Cina. Si ricordano anche le pretese cinesi sulle isole Senkaku in Giappone, inaccessibili da più di dieci anni a causa di uno stand off creato da Pechino. Senza poi dimenticare la questione di Taiwan. Oltre alle dispute Pag. 59territoriali esistono, in Asia orientale, diversi elementi di destabilizzazione che provengono da altri Paesi, come la Corea del Nord. In particolare, il Giappone in questo momento subisce una triplice minaccia da parte di Russia, Cina e Corea del Nord.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, la giornalista si è soffermata sul ruolo che l'Italia potrebbe avere nell'Indo-pacifico nel prossimo futuro e sui momenti di dialogo diplomatico che potrebbero avviarsi fra la Cina e altri Stati, come l'Australia.

  Mercoledì 29 novembre 2023. Audizione della giornalista Giada Messetti.
  L'audita ha osservato in via preliminare che, per individuare una strategia efficace per l'Indo-Pacifico, è indispensabile capire come essere presenti in quell'area, per offrire sostegno ai Paesi che ne fanno parte e che sono sempre più preoccupati per la crescente assertività della Cina.
  L'audita ha richiamato l'attenzione del Comitato sulla mancanza di una conoscenza approfondita della Cina, Paese su cui la narrazione è spesso semplificata e bidimensionale. È passata poi ad elencare le criticità della Cina di Xi Jinping: a fronte dell'affermazione di tendenza marcatamente autoritarie, nazionaliste e aggressive, sta subendo un forte rallentamento economico, un calo delle esportazioni e degli investimenti esteri, nonché una grande crisi immobiliare e demografica.
  Nonostante un crescente malcontento da parte dei cittadini, la Cina si sente una grande potenza ed è orgogliosa del percorso intrapreso. Rivendica di aver sollevato dalla soglia di povertà 700 milioni di persone e di aver costruito un modello economico e di governance efficace. La Cina non vuole più sentirsi trattata da junior partner, perché dal suo punto di vista è cresciuta ed è diventata grande. Infatti, negli ultimi anni ha cominciato esplicitamente a proporsi al cosiddetto «Sud globale» come guida alternativa all'Occidente, lanciando prima la nuova Via della Seta e poi tutta una serie di iniziative, come quella di sicurezza e sviluppo globale, che trovano spazio in quella parte del mondo in cui l'Occidente ha perso un po' di autorevolezza.
  La dottoressa Messetti ha osservato, che ad oggi, l'Indo-pacifico rappresenta il campo di battaglia tra Cina e Stati Uniti e che la maggior parte dei Paesi dell'area non è intenzionata a schierarsi con l'una o con l'altro. La soluzione per ridurre la rivalità è, a giudizio dell'audita, quella di coltivare i canali di comunicazione e dialogo, ambiti questi in cui l'Italia potrebbe avere un ruolo fondamentale, vista la lunga storia di rapporti amichevoli con la Cina. In questo quadro, tuttavia, l'Italia dovrebbe acquisire una maggiore comprensione della Cina, attraverso uno studio approfondito e «ravvicinato», condotto attraverso costanti visite, anche perché in Cina i cambiamenti avvengono in modo velocissimo.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, la giornalista ha presentato una sua opinione sul modo migliore per approcciare la questione di Taiwan – non sottovalutando l'importanza che quell'isola ha per la Cina dal punto di vista identitario – e una riflessione sui rapporti fra la Cina e alcuni Stati del vicinato. Ad esempio, ha sottolineato le preoccupazioni cinesi per l'avvicinamento di Russia e Corea del Nord. Ancora, ha osservato come la Cina stia cercando di trarre vantaggio dall'indebolimento russo in Asia centrale, ma non può vantare veri alleati, anche considerato che molti Paesi della zona vorrebbero scegliere di avvicinarsi, da un lato, agli Stati Uniti per le questioni di sicurezza e, dall'altro, alla Cina per quelle economiche.

  Mercoledì 6 dicembre 2023. Audizione del giornalista Simone Pieranni, fondatore dell'agenzia editoriale China Files.
  L'audizione ha luogo a pochi giorni dalla decisione del Governo italiano di non rinnovare il Memorandum of understanding firmato con la Cina nel 2019 e noto come «Via della Seta». Prendendo spunto da questo evento, il dottor Pieranni si è soffermato sull'interesse cinese a sviluppare una Via della Seta digitale, come modello di sviluppo tecnologico e gestione delle informazioni da parte di Pechino in Asia e, più in generale, nel Sud globale, area cui anche Pag. 60l'Italia riserva una prioritaria attenzione. Il progetto tende ad affermare il ruolo della Cina come superpotenza non solo manufatturiera ma anche tecnologica, in diretta competizione con gli Stati Uniti (ad esempio nel campo dell'intelligenza artificiale, del 5G, della gestione dei big data).
  L'audito ha poi ricordato che l'approccio degli Stati Uniti sotto l'Amministrazione Biden e dell'Unione europea verso la Cina è profondamente cambiato: pur abbandonando l'idea di una netta separazione dall'economia cinese (decoupling) – che, vista la profonda integrazione dei mercati, si sarebbe rivelata sia difficilmente praticabile sia dannosa per tutti – si è deciso di mantenere i rapporti commerciali fra Occidente e Cina, ponendo al contempo l'accento sul contenimento dei rischi di sicurezza che Pechino rappresenta (derisking). In questo contesto, il fatto che fra Stati Uniti e Cina è in corso una guerra commerciale imperniata sul primato tecnologico rende ancora più interessante vedere come si svilupperà la Via della Seta digitale.
  Diverso è l'atteggiamento della Comunità internazionale verso un altro gigante dell'Indo-pacifico, l'India, percepita in questo momento come un alleato occidentale proprio in funzione anti-cinese, pur non potendosi negare che l'India ha un'attitudine internazionale ambigua: ad esempio, è parte del dialogo quadrilaterale di sicurezza (QUAD) con Australia, Giappone e Stati Uniti, ma, d'altra parte, è anche uno dei fondatori dei BRICS, consesso inteso dalla Cina in modo antagonista al G7 che, fra l'altro, ha visto di recente l'ingresso di membri dall'alto potenziale «energetico» come l'Arabia Saudita e l'Iran. Il dottor Pieranni ha poi ricordato che, sebbene spesso l'India venga definita la più grande democrazia del mondo, il progetto indiano Aadhaar – il più grande sistema di identificazione biometrica esistente, che contiene i dati di oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone – potrebbe mettere in discussione questa affermazione. Infatti, la registrazione nel sistema, necessaria per godere di alcune prestazioni come lo stipendio o la pensione, permette al governo di Modi, espressivo di un nazionalismo molto marcato, un penetrante controllo sociale sulla popolazione.
  Il dottor Pieranni ha evidenziato come durante la pandemia di COVID-19 la Cina era vista in modo meno ostile, come potenza in qualche misura responsabile, mentre con l'Amministrazione Biden si sono accentuati la retorica della divisione tra democrazie e sistemi autoritari e il tentativo di contenere l'ascesa tecnologica cinese. Ciò ha spinto la Cina a promuovere ancora di più la digital silk road, oltre lo scopo commerciale, vendendo prodotti ad alta tecnologia a partner stranieri, principalmente asiatici. A questo progetto si è aggiunto quello dello yuan digitale, moneta emessa dalla Banca centrale cinese con l'obiettivo di soppiantare il dollaro negli scambi transfrontalieri.
  Il dottor Pieranni ha accennato poi alla difficile congiuntura economica cinese attuale, caratterizzata da una disoccupazione giovanile al 20 per cento, da una diffusa sfiducia in miglioramenti futuri e dalla crisi del welfare (anche dovuta alla politica del figlio unico, abbandonata solo nel 2015).
  Paradossalmente, la Via della seta digitale è figlia proprio della cooperazione tecnologica e scientifica degli anni Novanta fra Cina e Stati Uniti. Infatti, in quegli anni la Cina divenne un Paese in cui esportare la tecnologia statunitense e capitali e reperire una immensa forza-lavoro a buon mercato. L'amministrazione Clinton riteneva che questa cooperazione avrebbe anche portato a riforme democratiche del sistema cinese, ma ciò non è avvenuto. Anzi, la Cina ha voluto usare le sue nuove conquiste tecnologiche per aumentare il controllo del Partito comunista sulla popolazione.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato nel corso dell'audizione, l'esperto ha accostato la Cina all'Arabia Saudita nel campo dei big data (intesi metaforicamente come «nuovo petrolio») in quanto la Cina ha un'enorme popolazione ed ha avuto per molto tempo un contesto privo di norme che ha permesso una libertà totale nella raccolta e utilizzo dei dati, sia da parte di aziende private che del Governo. Il dottor Pieranni ritiene che Pag. 61la Cina non voglia soppiantare gli Stati Uniti nel ruolo di «poliziotto del mondo» e che, a differenza della Russia, cerchi spazi commerciali piuttosto che militari. Xi Jinping ha chiesto agli USA una relazione fra grandi Potenze sullo stesso piano e più spazio negli organismi internazionali (FMI e Banca Mondiale) e, non avendolo ottenuto, ha avviato la nuova Via della seta, che è una strategia commerciale ma anche un Fondo e una Banca a guida cinese. Per l'Unione europea la Cina è ancora un'opportunità, anche considerata l'incertezza delle prossime elezioni presidenziali americane: l'UE dovrebbe trattare la Cina come un partner commerciale e perseguire un'autonomia strategica anche dall'Alleato d'oltreoceano. Secondo l'audito, bisogna inoltre tenere presente che la Cina agisce con flessibilità nei rapporti internazionali perché, in base al principio di non interferenza negli affari interni, è disposta ad instaurare intense relazioni con governi di ogni colore politico. Per quel che riguarda il tema delle minoranze sollevato, il dottor Pieranni si è soffermato sulla repressione della minoranza musulmana sunnita degli uiguri nello Xinjiang (con arresti arbitrari, arresti di massa, sterilizzazioni forzate), sottolineando come la Cina abbia enfatizzato il pericolo di terrorismo proveniente da quella etnia in un clima internazionale, dopo l'11 settembre, che poteva quasi ritenere accettabili alcuni comportamenti statuali discriminatori al fine di mantenere la sicurezza nazionale.

  Giovedì 14 dicembre 2023. Audizione di Lorenzo Lamperti, giornalista, direttore editoriale della piattaforma China Files e coordinatore editoriale dell'Associazione Italia-ASEAN.
  Ad avviso del dottor Lamperti l'area dell'Indo-pacifico ha acquisito una rilevanza internazionale centrale già da tempo, ma tale rilevanza è esponenzialmente aumentata con la pandemia, la conseguente necessità di riorganizzare le catene di approvvigionamento e la guerra in Ucraina, che ha spinto gli Stati Uniti a mostrare una maggiore presenza nella zona al fine di scongiurare un allineamento tra Cina e Russia e di rispondere alle richieste degli alleati asiatici. In particolare, il Giappone si è da subito mosso per rafforzare i legami difensivi con gli alleati occidenti, in primis Stati Uniti e NATO. La Corea del Sud ha aderito alla linea di Kishida e avviato un disgelo con il Giappone in merito a storiche frizioni, commerciali e non. Facendo ciò, ha anche accettato le conseguenze negative che il rafforzamento della partnership con l'America produce sulla questione nord-coreana, rendendo la Cina meno incline a svolgere il ruolo di mediatore fra le due Coree. Nelle Filippine il passaggio da un governo filo-cinese (Duterte) ad uno filo-americano (Marcos) ha portato all'apertura di nuove basi militari USA e all'aumento delle dispute con la Cina nelle acque contese del Mar cinese meridionale. Vietnam e India – entrambi hanno dispute territoriali con la Cina – hanno scelto di non inserirsi in un confronto tra blocchi o in un confronto aperto con la Cina, pertanto rimangono restii a partecipare ad iniziative che vengano percepite come ostili o comunque di contenimento nei confronti di Pechino. Taiwan, dove le elezioni di gennaio 2024 hanno confermato al potere il Partito progressista democratico, cerca di resistere alla crescente pressione militare cinese rafforzando i legami con gli Stati Uniti. Indonesia e Malesia, invece, sono Paesi a maggioranza musulmana e ciò li porta a sentirsi vicini alla Cina con riferimento alla situazione a Gaza.
  Il dottor Lamperti ritiene che la presenza europea sia generalmente ben vista nell'area indo-pacifica, perché rappresenta un'alternativa all'allineamento a Stati Uniti o Cina. Quest'ultima, in particolare, si propone come leader del Sud globale, sia attraverso la presenza fisica – ad esempio di navi o jet nel suo vicinato – sia attraverso iniziative diplomatiche, ad esempio facendosi portavoce dei Paesi a maggioranza musulmana sulla questione palestinese.
  Rispondendo alle domande poste dai membri del Comitato, il giornalista ha toccato il tema della regressione democratica di alcuni Paesi dell'Indo-pacifico, quali India, Thailandia e Myanmar.

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4. LA STRATEGIA DELL'UE PER LA COOPERAZIONE NELLA REGIONE INDO-PACIFICA

  Il 16 settembre 2021 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (JOIN(2021)24 final) recante la strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica, proiettata nel lungo periodo e finalizzata a:

   consolidare e difendere l'ordine internazionale basato su regole, promuovendo una cooperazione multilaterale inclusiva ed efficace, fondata su valori e princìpi comuni, anche attraverso l'impegno a rispettare la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto;

   promuovere parità di condizioni e un contesto aperto ed equo per gli scambi commerciali e gli investimenti, nonché stabilire con la regione relazioni commerciali ed economiche reciprocamente vantaggiose e agevolare la connettività;

   contribuire a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, ad affrontare i cambiamenti climatici e il degrado ambientale terrestre e marino, a promuovere uno sviluppo socioeconomico sostenibile e inclusivo, nonché avviare una cooperazione bilaterale e multilaterale con i partners per conseguire gli obiettivi dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e della Convenzione sulla biodiversità.

  Le azioni fondamentali individuate per rafforzare la cooperazione con la regione si articolano nei seguenti sette settori prioritari:

   1. prosperità sostenibile e inclusiva;

   2. transizione verde;

   3. governance degli oceani;

   4. governance e partenariati digitali;

   5. connettività;

   6. sicurezza e difesa;

   7. sicurezza umana.

  In particolare, l'azione dell'Unione in materia di prosperità sostenibile e inclusiva intende creare catene del valore più resilienti e sostenibili diversificando le relazioni commerciali ed economiche, anche per ovviare a dipendenze strategiche nelle catene di approvvigionamento (nel settore dei semiconduttori, ad esempio, si intende sviluppare una cooperazione con partners quali il Giappone, la Repubblica di Corea e Taiwan), e a rafforzare le norme che tutelano il commercio internazionale a fronte di pratiche sleali.
  Oltre a sottolineare la rilevanza di finalizzare la negoziazione di accordi commerciali con diversi partners regionali, con specifico riferimento ai rapporti con la Cina la comunicazione evidenzia che l'UE proseguirà il suo dialogo con Pechino per promuovere soluzioni a sfide comuni, cooperando sulle questioni di interesse comune e incoraggiando la Cina a svolgere il proprio ruolo in una regione indo-pacifica prospera e in pace, tutelando, allo stesso tempo, i propri interessi fondamentali e i propri valori e prendendo le distanze laddove sorgano disaccordi di fondo con la Cina, ad esempio in materia di diritti umani.
  In materia di sicurezza e difesa, che comprende anche la lotta al terrorismo e la cyber-sicurezza, l'azione dell'UE intende garantire un maggiore dispiegamento delle forze navali da parte degli Stati membri dell'Unione per proteggere le rotte marittime di comunicazione e la libertà di navigazione nella regione indo-pacifica, potenziando nel contempo la capacità dei partners regionali; nel contempo, si prevede di promuovere la cooperazione in tema di non proliferazione di armi nucleari, chimiche e biologiche.
  La concreta declinazione di questi principi molto generali rimane, allo stato, alquanto problematica, in particolare sul terreno della sicurezza e della libertà di navigazione.
  Il terzo Forum ministeriale indo-pacifico dell'UE – che si è svolto a Bruxelles il 2 febbraio 2024 ed ha visto la partecipazione di circa settanta rappresentanti delle istituzioni dell'UE e dagli Stati membri, dei Paesi dell'Indo-pacifico e di numerose organizzazioni regionali – è stata l'occasione per fare il punto sui progressi nell'attuazionePag. 63 della strategia dell'Unione, tra cui: la firma dell'Accordo di Samoa da parte dell'UE e dei suoi partners africani, caraibici e del Pacifico; le numerose intese sugli investimenti infrastrutturali da realizzare nella regione nell'ambito del Global Gateway; la decisione dell'Indian Ocean Rim Association (IORA) di accogliere l'UE come partner di dialogo; la decisione dell'Unione di aderire all'Indo-Pacific Oceans Initiative (IPOI); e, infine, il rafforzamento del partenariato strategico UE-ASEAN ribadito durante la riunione ministeriale tenutasi contemporaneamente al Forum indo-pacifico.
  Il Contributo italiano per la Strategia europea per l'Indo-Pacifico del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, datato 20 gennaio 2022, si colloca in questa cornice, sul presupposto che l'Italia vede «nella strategia europea la cornice ottimale nella quale realizzare le politiche nazionali nell'Indo-Pacifico, da tempo avviate nella consapevolezza dell'importanza geopolitica della macro-regione».
  Il documento ministeriale elenca poi una serie di azioni, collocate entro i sette settori prioritari individuati dalla Strategia UE. Il contributo italiano si manifesta particolarmente robusto per quanto riguarda il terreno più propriamente economico e il rapporto con i partner regionali, a partire dall'ASEAN, come pure per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e lo sviluppo di partnership nelle reti di comunicazione. Nell'ambito della difesa e sicurezza è significativo l'esplicito sostegno al quadro giuridico internazionale fondato sulla Convenzione ONU sul Diritto del Mare, come pure l'impegno a sviluppare forme di dialogo e partenariato, in particolare in direzione di Giappone e Corea del Sud. Manca però una esplicita tematizzazione dei rischi geopolitici della regione e una valutazione del ruolo della Cina nella questione della libertà di navigazione.
  La comunicazione sulla Strategia UE per l'Indo-Pacifico è stata esaminata dalla Commissione Affari esteri e comunitari nella scorsa legislatura: in esito all'esame, la Commissione ha approvato, all'unanimità, il 15 febbraio 2022, un documento finale che, tra le altre cose, invitava il Governo ad agire in sede europea per i seguenti obiettivi:

   a) promuovere un approccio globale e sistemico alla nuova strategia, assicurando coerenza tra le azioni condotte dall'UE e le iniziative dei singoli Stati membri;

   b) promuovere un dialogo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti volto alla definizione di un approccio comune e comuni obiettivi, che includa un sistema di consultazione reciproca;

   c) dare seguito alle azioni volte a: promuovere la conclusione dei negoziati commerciali dell'UE con i partners della regione;

   d) rafforzare il ruolo e la posizione dell'Italia nella macro-regione dell'Indo-Pacifico, in particolare promuovendo il rafforzamento delle relazioni bilaterali con i Paesi dell'area sia sul piano politico che economico-commerciale, nonché iniziative per la tutela dell'economia marittima e della libertà di navigazione, la lotta ai cambiamenti climatici, le migrazioni e la tutela dei diritti umani e della libertà religiosa;

   e) partecipare attivamente ai fora multilaterali regionali e, in particolare, l'Indian Ocean Rim Association (IORA), l'Associazione degli Stati del Sud-Est asiatico (ASEAN) e il Pacific Islands Forum (PIF).

  Sempre sul finire della scorsa legislatura, la Commissione ha inoltre approvato, il 5 aprile 2022, la risoluzione 8-00161, Formentini e altri, Sulla strategia italiana per la regione dell'Indo-Pacifico, che invitava il Governo ad aumentare le dotazioni delle sedi diplomatiche istituite nella regione dell'Indo-Pacifico; a continuare ad adottare iniziative per il rafforzamento della collaborazione con i principali organismi regionali dell'Indo-Pacifico nell'ambito delle forme di partenariato già avviate; ad assumere le opportune iniziative in ambito europeo ed atlantico utili a promuovere una riflessione più approfondita sulle sfide connesse alle differenze di governance e valori tra occidente e Repubblica Popolare Cinese, mantenendo l'approccio che contraddistinguePag. 64 il ruolo e la visione dell'Italia nell'Indo-Pacifico.

5. ATTI DI INDIRIZZO APPROVATI DALLA COMMISSIONE AFFARI ESTERI NEL CORSO DELLA LEGISLATURA

  a) Approvazione della risoluzione 7-00214 Formentini: Sulla creazione di un nuovo corridoio infrastrutturale India-Medio Oriente-Europa (IMEC)
  Il 14 maggio 2024 la Commissione affari esteri e comunitari ha approvato, all'unanimità, la risoluzione n. 7-00214, a prima firma dell'onorevole Formentini, nella quale, preso atto della rilevanza del nuovo corridoio infrastrutturale India-Medio Oriente-Europa (IMEC) – destinato, nelle intenzioni dei proponenti, a costituire un'alternativa ad altri progetti esistenti di connessione tra Asia ed Europa – impegna il Governo a seguire con attenzione lo sviluppo del progetto, approfondendo i rapporti con gli Stati coinvolti e a valutare la possibilità di nominare un Inviato Speciale, come già fatto, peraltro, da altri Paesi (la Francia ha nominato Gerard Mestrallet, ex presidente del gruppo energetico Engie).
  Un forte impegno rispetto al corridoio IMEC costituirebbe il naturale esito di un processo avviatosi con la scelta di non rinnovare il Memorandum of understanding sulla Belt and road iniziative siglato nel 2019, aprendo opportunità commerciali nei settori marittimo, ferroviario, energetico e delle telecomunicazioni, anche con importanti partner mediorientali.

  b) Approvazione della risoluzione 8-00064 Formentini: Sulla piena partecipazione di Taiwan alle agenzie e ai meccanismi specializzati delle Nazioni Unite.
  La risoluzione in titolo, approvata dalla Commissione Affari esteri il 18 settembre 2024 con voto unanime, impegna il Governo ad intraprendere iniziative al fine di sostenere la partecipazione significativa di Taiwan alle agenzie e ai meccanismi specializzati delle Nazioni Unite, tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità, l'Organizzazione internazionale per l'Aviazione civile internazionale e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in qualità di membro nei casi in cui la statualità non costituisca un requisito per la membership e come osservatore od ospite laddove lo sia, e sostenendo inoltre ogni iniziativa volta alla cessazione dell'isolamento diplomatico di Taiwan.
  La risoluzione prende atto del fatto che Taiwan è una delle democrazie più sviluppate nell'Asia orientale e meridionale, ha un ruolo cruciale nell'Indo-Pacifico, ha stretti legami economici, culturali e politici con molti Paesi della regione e ha rafforzato i rapporti con l'Unione europea e i suoi Stati membri. Si tratta, dunque, di un passo in direzione della difesa di uno status quo, che appare, allo stato, minacciato dalle interferenze della Cina.

6. DIBATTITI CONNESSI ED EVENTI DI RILIEVO PARLAMENTARE

  Si segnala che il 14 novembre 2024 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge C. 2100 recante ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'istituzione dell'organizzazione governativa internazionale GCAP: costituita da Italia, Regno Unito e Giappone (ma in futuro potrebbe accogliere altri Paesi), l'organizzazione è incaricata di gestire la progettazione e sviluppo di una piattaforma aerea di 6a generazione programma GCAP consiste in un sistema di aerei da combattimento, integrato con sistemi cooperanti non pilotati, satelliti ed altri assetti militari. Il progetto prevede che tutti gli elementi del sistema siano collegati da una rete «intelligente», basata su un'architettura cloud dedicata, intelligenza artificiale e datalink di nuova generazione. Per l'Italia i nuovi velivoli sono destinati a sostituire gli Eurofighter, a partire dal 2035, con una vita operativa estesa fino alle ultime decadi del secolo. Il programma ha l'obiettivo di instaurare «un processo di cooperazione che coinvolgerà, oltre alle aziende leader nel settore, centri di ricerca e università, formando così un network di competenze capace di mettere a sistema le eccellenze nazionali attive sia in ambito industriale che accademico», con rilevanti ricadute in Pag. 65termini di occupazione, competenze e know-how per tutto l'ecosistema industriale nazionale.
  Come emerso nel corso del dibattito in Commissione, si tratta di un valido esempio di collaborazione con i partners like minded, che condividono il medesimo quadro di valori e la preoccupazione per i rischi di instabilità che possono prodursi nell'Indo-pacifico.

  Nel corso della XIX legislatura la Commissione ha esaminato numerosi disegni di legge di ratifica relativi ad accordi con Paesi dell'Indo-Pacifico. Si ricordano in particolare: l'AC. 1040, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Singapore, dall'altra, fatto a Bruxelles il 19 ottobre 2018 (approvato definitivamente, legge 139/2023); l'AC. 1039, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto ad Hanoi il 30 giugno 2019 (approvato definitivamente, legge 117/2023); l'AC. 1267, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Singapore, dall'altra, fatto a Bruxelles il 19 ottobre 2018 (approvato definitivamente, legge 53/2024); l'AC. 1686, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno di Thailandia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022 (Concluso l'esame da parte della commissione); l'AC. 1915, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica d'India sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 9 ottobre 2023 (in corso di esame in Commissione); l'AC 1746, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone, con Allegato, fatto a Tokyo il 28 giugno 2023 (approvato definitivamente, legge 66/2024); l'AC 1687, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Governo della Malaysia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022 (concluso l'esame da parte della Commissione); l'AC. 2030, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare cinese per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, con Protocollo, fatto a Roma il 23 marzo 2019 (approvato definitivamente, legge 182/2024).

  La Commissione ha svolto inoltre, in seduta plenaria, diverse audizioni informali su tematiche relative all'Indo-Pacifico. Si ricorda in particolare l'audizione della Sottosegretaria per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale, Maria Tripodi, sulla strategia complessiva dell'Italia nell'area indo-pacifica, svolta il 16 novembre 2023. Nell'ambito dell'audizione, strettamente connessa all'indagine conoscitiva, è stato in particolare sottolineata l'intensificazione degli sforzi dell'Italia per una presenza attiva nella regione, attraverso un approccio inclusivo, che mira alla collaborazione con tutti i partner, comprese le Organizzazioni regionali, e ad assicurare la libertà e la sicurezza delle vie di comunicazioni marittime ed aeree.

7. CONCLUSIONI E PROPOSTE DI LAVORO

  L'attività conoscitiva svolta ed il presente documento conclusivo intendono offrire un quadro di riferimento per il rafforzamento dell'azione italiana nell'Indo-pacifico, che potrà svilupparsi nei prossimi anni, anche attraverso l'aggiornamento della strategia dell'Italia per l'Indo-Pacifico, delineata nel Contributo italiano per la Strategia europea per l'Indo-Pacifico del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, pubblicato a gennaio 2022.
  L'elemento che più è emerso nella nuova fase apertasi nel febbraio 2022 con l'aggressione della Russia all'Ucraina è l'esistenzaPag. 66 di minacce sistemiche verso il sistema delle democrazie a cui l'Italia appartiene. Le operazioni ostili degli Houthi nel Mar Rosso hanno confermato, ammesso che ce ne fosse bisogno, la delicatezza dei corridoi che collegano l'Italia e l'Indo-Pacifico e la necessità di una strategia che integri la componente militare e di sicurezza e la componente commerciale. In questo quadro, desta particolare preoccupazione la possibilità che Cina e Russia convergano nello sfidare l'Occidente nell'Indo-Pacifico e, in prospettiva, nell'Artico, anche se va comunque riconosciuto che l'economia cinese continua a fondarsi su una forte interrelazione con i mercati europei e statunitensi.
  Nel complesso, l'attenzione dell'Europa verso la regione indo-pacifica non appare ancora all'altezza delle sfide geopolitiche. Come hanno evidenziato le audizioni, l'interesse europeo verso l'area è stato inizialmente trainato da Francia e Regno Unito, che vi posseggono alcuni territori, zone economiche e basi militari. Non a caso, la Francia ha elaborato già nel 2018 un Libro bianco sulla strategia in Asia-Oceania e, nel 2022, una vera e propria Strategie de la France dans l'Indopacificique. Linee guida sono state elaborate anche dalla Germania e dai Paesi Bassi (2020), anche se si riscontra un certo disallineamento tra i Paesi Europei sul tema, cruciale, del rapporto con la Cina. Alcuni Paesi, come la Germania, sono notevolmente esposti su quel versante e l'approfondimento della rivalità sino-americana potrebbe condurli a sacrificare importanti interessi, con conseguenze non marginali anche per gli altri partner europei. In questo contesto, emergono dubbi sulla reale capacità dei Paesi europei di mantenere un approccio all'Indo-Pacifico basato su principi cooperativi e di coordinamento strategico, specialmente nel momento in cui manca un approccio della Spagna e dell'Italia codificato in una vera e propria strategia.
  Alla luce di quanto precede, l'elaborazione di Una strategia nazionale italiana per l'Indo-Pacifico appare opportuna per diverse ragioni. In primo luogo, razionalizzerebbe gli sforzi compiuti, talora in maniera autonoma, dalle diverse componenti del Sistema Paese. In secondo luogo, valorizzerebbe rispetto agli alleati e ai partner regionali l'approccio multilaterale dell'Italia, rendendolo più riconoscibile e più strutturato. Inoltre, terrebbe conto dell'evoluzione geopolitica recente, innovando rispetto a una strategia dell'Unione europea che appare sotto diversi aspetti datata. Infine, una strategia formalizzata costituirebbe un framework per l'azione dei Governi su un arco di medio termine, scoraggiando iniziative estemporanee o contingenti.
  La politica estera italiana tradizionalmente si dispiega su tre assi prioritari: Europa ed Unione europea; relazioni con gli Stati Uniti e la NATO; e il Mediterraneo, in cui persegue un ruolo di primo piano. In questo quadro, l'Indo-Pacifico è stato, fino ad anni recenti, relativamente poco presente nel dibattito politico, nonostante le grandi capacità navali del nostro Paese. L'approccio con cui l'Italia si è avvicinata a questa macroregione è stato tradizionalmente guidato dalla volontà di promuovere le esportazioni nazionali.
  Un asse centrale di questo approccio è stato, ovviamente, il rapporto con la Cina, che è stata tradizionalmente considerata un partner commerciale significativo in ragione della sua forza economica. Tuttavia, rispetto alla firma del memorandum d'intesa che nel marzo 2019 aveva sancito la partecipazione dell'Italia alla nuova Via della Seta, l'approccio verso la Repubblica popolare cinese si è fortemente evoluto, caratterizzandosi per una maggiore consapevolezza. Del resto, proprio, la mancanza di una chiara China policy era stata alla base dell'adesione alla Belt and Road Initiative, rivelatasi una soluzione inadeguata a colmare il divario negli scambi commerciali con la Cina rispetto ad altri Paesi europei. Non a caso, nel «Piano d'azione per il rafforzamento del Partenariato strategico globale Cina-Italia (2024-27)», sottoscritto nel luglio 2024, in esito alla visita a Pechino del Presidente del Consiglio Meloni, è stata ribadita l'importanza della parità di condizioni di accesso ai rispettivi mercati per tutte le aziende, sottolineando la differenza Pag. 67fra lo stock degli investimenti italiani in Cina (circa 15 miliardi di euro) con quello degli investimenti cinesi in Italia (circa 5 miliardi di euro).
  Sul piano della bilancia commerciale, la Cina resta una destinazione strategica per il nostro export, primo mercato in Asia e secondo tra i Paesi extra-europei, dopo gli Stati Uniti. Sul piano geopolitico, la Cina, con la sua postura assertiva, appare tuttavia come il principale elemento destabilizzante della regione indo-pacifica: le ricorrenti minacce alla sovranità sulle acque territoriali non solo di Taiwan, ma anche delle Filippine, del Vietnam e del Giappone dovrebbero indurre la Comunità internazionale ad assumere iniziative risolute in difesa della libertà di navigazione e dei commerci, in conformità dei vincoli previsti dal diritto internazionale del mare e, in particolare, dalla Convenzione di Montego Bay del 1982. In particolare, le reiterate provocazioni di Pechino nello Stretto di Taiwan – pur non mettendo in discussione il principio «una sola Cina» all'interno del quadro di «un Paese, due sistemi» – generano l'urgenza di adoperarsi per evitare il riassorbimento dell'isola nella Repubblica Popolare, sulla falsariga della retrocessione di Hong Kong. Infatti, da un lato, Taipei rappresenta un baluardo liberal-democratico nel quadrante indo-pacifico; dall'altro, svolge una funzione essenziale nelle catene di approvvigionamento dei semiconduttori, fondamentali per l'industria tecnologica di punta.
  Considerando che la Cina esercita già un predominio di fatto nella estrazione e lavorazione delle materie prime critiche, l'ipotesi di un colpo di mano di Pechino con conseguente rovesciamento delle istituzioni democratiche a Taiwan potrebbe determinare uno shock politico ed economico dalle conseguenze imprevedibili, ma sicuramente significative dal momento che le democrazie occidentali sono ben lungi dall'aver completato i processi di reshoring e friendshoring necessari a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. Peraltro, il destino di Taiwan non è solo una questione geopolitica, ma tocca direttamente i valori e gli interessi delle democrazie e della legittimità del sistema internazionale nel suo complesso.
  Dal momento che l'Italia opera all'interno di un più ampio contesto europeo, sarebbe opportuno anche promuovere una complessiva revisione della strategia dell'UE verso la Cina, che attualmente è considerata, allo stesso tempo, un partner, un concorrente e un rivale sistemico: se, da un lato, è comprensibile che l'Unione europea continui a dialogare con Pechino per affrontare sfide globali – cambiamenti climatici e biodiversità, preparazione sanitaria e alle pandemie, sicurezza alimentare, alleviamento del debito e assistenza umanitaria – non si può eludere il fatto che le azioni di coercizione economica della Cina e il suo sostegno alla Russia nella guerra contro l'Ucraina dimostrano che la Cina stessa è una potenziale minaccia alla sicurezza dell'Unione europea.
  Appare particolarmente urgente, in questo contesto, una riflessione sull'approccio e il modello di sicurezza che l'Occidente – e l'Italia al suo interno – intende attuare nell'Indo-Pacifico. Come emerso dalle audizioni, allo stato attuale operano:

   a) il QUAD – ovvero, il Dialogo quadrilaterale di sicurezza istituito tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti;

   b) AUKUS – il partenariato per la sicurezza firmato nel settembre 2021 tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito;

   c) e Five Eyes (FVEY), un'alleanza di sorveglianza che comprende Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti.

  In aggiunta, occorre menzionare l'esercitazione biennale Pitch Black, organizzata dall'Australia a partire dagli anni Ottanta a cui, con il passare degli anni, hanno aderito diversi altri Paesi: Stati Uniti, Francia, Regno Unito e altre medie potenze regionali come Singapore, Malesia e Thailandia. L'esercitazione ha l'obiettivo di mantenere e migliorare l'operatività dell'arma aerea in condizioni di scarsa visibilità e, con la partecipazione di forze aeree alleate, consente anche di migliorare l'interoperabilità tra le forze coinvolte. L'edizione del 2024, Pag. 68svoltasi tra il 12 luglio e il 2 agosto alla base aerea di Darwin, è stata la più grande mai organizzata, e ha visto per la prima volta anche la partecipazione di assetti aeronavali, uno su tutti Nave Cavour, della Marina militare italiana.
  È legittimo interrogarsi se questo tipo di esperienze possano condurre alla creazione di nuova «NATO asiatica», che in passato si è cercato di promuovere senza grande successo. Sembra più realistica l'ipotesi di un rafforzamento dei meccanismi di coordinamento tra la NATO stessa ed i partner asiatici dell'Alleanza (Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda, i c.d. AP4). La NATO, già nel 2022, ha approvato due documenti fondamentali. Ad aprile 2022, l'Agenda per approfondire la cooperazione in una serie di settori, tra cui la difesa informatica, la tecnologia e il contrasto alle minacce ibride, nonché la sicurezza marittima e l'impatto sulla sicurezza dei cambiamenti climatici. Inoltre, al Vertice di Madrid del giugno 2022, i Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza hanno adottato il concetto strategico NATO 2022, che per la prima volta menziona l'importanza dell'Indo-Pacifico, osservando che «gli sviluppi in quella regione possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica». Da ultimo, al Vertice svoltosi a luglio 2024 a Washington, D.C. sono stati lanciati nuovi progetti in materia di assistenza sanitaria militare e difesa informatica, contrasto alla disinformazione e tecnologie come l'intelligenza artificiale. Un ulteriore impulso alla cooperazione con i Paesi dell'Indo-Pacifico potrebbe venire dall'apertura di un ufficio di collegamento della NATO a Tokyo, su cui, tuttavia, i partner dell'Alleanza non hanno ancora raggiunto un accordo. Per l'Italia, che ha sempre promosso coerentemente il rafforzamento della presenza NATO nell'area del Mediterraneo allargato – anche attraverso l'istituzione dell'hub di Napoli – è essenziale che l'ampliamento dell'area di interesse dell'Alleanza verso l'Estremo Oriente non comporti un disimpegno dal quadrante mediterraneo.
  L'attività conoscitiva, avendo evidenziato la necessità di affiancare alla politica commerciale una più forte attenzione per gli aspetti geopolitici e di sicurezza, ha evidenziato l'urgenza di un aggiornamento della strategia italiana, all'interno di una strategia europea che è essa stessa per vari aspetti superata dagli eventi post 2022. Va peraltro rilevato che, anche indipendentemente da una strategia «nazionale» strutturata, l'azione dell'Italia nell'area è in crescita e una più chiara enunciazione degli obiettivi che essa si pone avrebbe effetti largamente positivi, anche in termini di riconoscibilità delle posizioni italiane.
  Il primo cardine di una strategia strutturata sull'Indo-Pacifico dovrebbe senz'altro essere il tema della stabilità e della sicurezza, che comporta una chiara affermazione del primato del diritto internazionale e la difesa di un ordine regionale stabile, rispetto alle minacce alla libertà di commercio, ma anche la difesa dei diritti umani e delle piccole realtà statuali dell'area da minacce di attori regionali e non. Come affermato anche in diverse audizioni, nel contesto attuale la promozione degli interessi economici dell'Italia non è separabile dalla promozione di una condizione di sicurezza, il che comporta non solo una presenza militare nell'area, ma anche la collaborazione con le potenze regionali interessate al mantenimento dello status quo marittimo e alla difesa di assetti tutelati dal diritto internazionale.
  Un secondo elemento che andrebbe affermato con maggiore forza di quanto si sia fatto in passato è il legame tra il Mediterraneo allargato e l'Oceano indiano, nell'ambito di una concezione «larga» dell'Indo-pacifico. Le vicende degli attacchi Houthi nel Mar rosso hanno reso ancora più evidente che le prospettive di stabilizzazione e sviluppo della regione mediterranea sono strettamente connesse agli equilibri dell'Indo-Pacifico.
  Centrale in questo ambito è il progetto del corridoio IMEC, un progetto infrastrutturale che perfeziona vari corridoi esistenti e li fa confluire in un unico corridoio, seguendo la strada di antiche vie di traffico. Esso costituisce un'opportunità anche per l'Italia che, in ragione della propria posizione geografica, è naturalmente candidata a rappresentarne un terminale, presumibilmentePag. 69 con il porto di Trieste. L'Italia dovrebbe quindi assumere l'IMEC come parte integrante della sua strategia indo-pacifica, in quanto si allinea con gli obiettivi in termini di interessi marittimi e relazioni con gli attori mediorientali. Più in generale, IMEC può servire gli interessi europei cementando i partenariati economici esistenti o in via di negoziazione e creando un effetto leva per incoraggiare i Paesi del Golfo a rinunciare al rischio, percepito soprattutto nell'Occidente, dell'eccessiva esposizione a Pechino in alcuni settori.
  Nell'ambito del progetto IMEC un ruolo di primo piano spetta all'India: è assai apprezzabile, in questo contesto, che il 18 novembre 2024, a margine della riunione dei Leader del G20, sia stata annunciata la prossima firma di un Piano d'azione strategico congiunto 2025-2029. Il Piano favorirà collaborazioni, programmi e iniziative congiunte in settori chiave come: commercio e investimenti, scienza e tecnologia, tecnologie nuove ed emergenti, energia pulita, spazio, difesa, connettività e rapporti tra i due popoli.
  Un ultimo aspetto che il Comitato ha approfondito, anche al di fuori del perimetro dell'indagine conoscitiva, è la costruzione di partnership solide con Paesi like-minded, accomunati dall'interesse per la stabilità e la prosperità dell'area indo-pacifica. Oltre a consolidare la cooperazione già esistente con le organizzazioni regionali – Associazione delle Nazioni del sud-est asiatico-ASEAN; Associazione rivierasca dell'Oceano Indiano-IORA; Forum delle isole del Pacifico-PIF – appare opportuno promuovere le relazioni bilaterali non solo con Paesi saldamente radicati nel sistema delle democrazie liberali, come Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del Sud, ma anche con quegli Stati – Vietnam, Indonesia, Filippine, Malesia – che pur avendo sistemi politici diversi dal modello occidentale, difendono la legalità internazionale, a partire dalla libertà di commercio e di navigazione.
  Il rafforzamento dei rapporti bilaterali con gli Stati dell'area ha molteplici dimensioni (politica, commerciale, culturale etc.). Particolarmente promettente si è rivelata la cooperazione in materia di industria della difesa, da ultimo con il progetto Global Combat Air Programme (GCAP), per la costruzione di un caccia multiruolo di sesta generazione, che unisce un consorzio europeo anglo-italiano al Giappone e realizza un modello di proiezione industriale e strategica verso l'Indo-Pacifico. Non casualmente, l'esame del disegno di legge di ratifica della Convenzione istitutiva dell'organizzazione GCAP (ora legge 18 novembre 2024, n. 184) ha coinciso in parte con lo svolgimento dell'indagine conoscitiva.
  In questo ambito bilaterale, è quanto mai opportuno prevedere un deciso rafforzamento del personale della rete-diplomatico consolare presente nella regione.
  Anche se l'Italia rimane una media potenza priva di una propria tradizione di presenza politico-militare nell'Indo-Pacifico, a differenza di Francia e Regno Unito che vantano invece importanti trascorsi, il nostro paese non è privo di leve d'influenza e ha interessi nazionali da tutelare nella regione.
  Anche per questo motivo, appare opportuna una evoluzione della postura adottata dall'Italia. Le audizioni svolte dal Comitato hanno in particolare evidenziato i vantaggi che avrebbe l'elaborazione di una Strategia indo-pacifica italiana che contempli anche il ricorso alle leve del soft power, che rappresentano un rilevante valore aggiunto, affiancando al commercio, al business ed alla partecipazione alle esercitazioni militari, iniziative di maggior impatto nei campi della cultura e dell'istruzione, a partire dall'attivazione di progetti di scambio tra le università italiane e quelle dell'area.