CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 febbraio 2025
449.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 49

SEDE REFERENTE

  Martedì 11 febbraio 2025. — Presidenza del vicepresidente Pietro PITTALIS. – Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Ostellari.

  La seduta comincia alle 14.

Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione.
C. 2084, approvata dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 28 novembre 2024.

  Pietro PITTALIS, presidente, avverte che sono state presentate 47 proposte emendative (vedi allegato), che la presidenza ritiene tutte ammissibili.
  Ricorda che il provvedimento figura nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 17 febbraio. Fa presente, pertanto, che, come preannunciato nella scorsa riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, oggi la Commissione avvierà l'esame delle proposte emendative, le cui votazioni proseguiranno anche in seduta serale, per poi procedere nel corso della settimana alla votazione del mandato ai relatori.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo sul complesso degli emendamenti, sottolinea come il suo gruppo abbia presentato diverse proposte emendative al provvedimentoPag. 50 in esame perché ritiene che esso non possa essere approvato definitivamente nel testo trasmesso dal Senato.
  In primo luogo, sottolinea come tale provvedimento introduca un termine perentorio di 45 giorni per le attività di intercettazione eccessivamente stringente, fatte salve soltanto alcune circostanziate previsioni per ulteriori 15 giorni. Tale limite temporale – dettata dalla volontà della maggioranza di limitare l'attività captatoria – a suo avviso sembra tuttavia essere ispirata da una scelta priva di una sua logica.
  Rammenta come nel corso dell'attività conoscitiva diversi auditi abbiano evidenziato come spesso per ottenere risultati significativi sia necessario svolgere per un tempo non così breve le intercettazioni. Considera, pertanto, una vera e propria «mannaia» per tale tipo di attività la previsione di un limite così ridotto. Evidenzia inoltre come il citato limite di 45 giorni appaia distonico rispetto a quello previsto per la durata delle attività di indagine.
  Le proposte emendative del suo gruppo sono volte quindi ad allungare tale termine che – da un esame comparato degli altri ordinamenti – appare eccessivamente ristretto.
  Rileva pertanto come l'approvazione del provvedimento porrebbe l'Italia, così come già avvenuto per quanto riguarda l'abolizione del reato di abuso d'ufficio – in una posizione isolata rispetto agli altri Stati dell'Unione europea.

  Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) interrompendo l'intervento del collega Gianassi, chiede che la pubblicità dei lavori della Commissione sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  Pietro PITTALIS, presidente, non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) sottolinea inoltre come un altro gruppo di proposte emendative del suo gruppo sia volto a contrastare l'eccessiva limitazione delle eccezioni previste alla nuova regola che si riferiscono principalmente ai delitti di criminalità organizzata.
  Rileva, infatti, come l'approvazione definitiva del testo trasmesso dal Senato farebbe interrompere le intercettazioni dopo 45 giorni anche nel caso di reati gravi come l'omicidio o di reati continuati, a meno che non emergano ulteriori elementi specifici e concreti che ne consentirebbe un prolungamento, peraltro di soli 15 giorni.
  Sottolinea l'impegno del Parlamento per contrastare alcuni reati particolarmente odiosi come quelli relativi al cosiddetto «codice rosso» e rammenta che anche il Ministro della giustizia si fosse dimostrato disponibile ad includerli nel novero delle eccezioni. Constata tuttavia come né il Governo né i gruppi di maggioranza abbiano presentato alcun emendamento in tal senso.
  Ritiene, quindi, che quello in esame sia un provvedimento ideologico sul quale l'Esecutivo dovrebbe svolgere un'ulteriore riflessione. Osserva, infatti, che, sebbene non sia scandaloso voler introdurre un limite massimo alla durata delle intercettazioni, lo è certamente prevederne uno così stringente ed arbitrario.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) non considera coerente con l'interesse di una forza di governo come Fratelli d'Italia – che da sempre si proclama paladina del contrasto alla criminalità – l'introduzione di un così stringente limite all'attività captatoria che, di fatto, soffoca gli sviluppi investigativi.
  Ritiene, inoltre, che la norma in esame sia incostituzionale, in quanto contraria al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale di cui all'articolo 112 della Costituzione, da cui deriva anche l'esigenza che siano anche pienamente sviluppate le relative indagini e che sia individuato l'eventuale autore del reato.
  Ritiene particolarmente allarmante l'atteggiamento della maggioranza che, nel legiferare, non riflette sull'importante supporto che le intercettazioni telefoniche e telematiche offrono alla polizia giudiziaria nella ricerca di indizi di reato.
  Rileva inoltre come il termine di 45 giorni previsto dal provvedimento non sia nemmeno coerente con quello stabilito dall'ordinamentoPag. 51 per la durata delle indagini, di cui le intercettazioni costituiscono un elemento fondamentale.
  Non condivide, inoltre, il limitatissimo ambito di applicazione della deroga prevista dal provvedimento e prefigura che la sua entrata in vigore avrà come effetto la riduzione del numero dei processi. Si domanda, quindi, ironicamente, se l'Esecutivo intenda risolvere il problema delle spese della giustizia rinunciando a perseguire determinati gravi reati e impedendo lo svolgimento delle indagini.
  Ricorda come in questa legislatura sia già stata approvata una norma che, introducendo l'interrogatorio preventivo, consente di fatto agli indagati di precostituirsi le prove a discarico. Sottolinea, inoltre, come con l'abrogazione del reato d'abuso d'ufficio e con la mancata firma al documento contro le sanzioni di Trump alla Corte penale internazionale, l'Italia si stia distanziando dagli altri Paesi dell'Unione europea.

  Devis DORI (AVS) esprime la contrarietà di Alleanza Verdi e Sinistra rispetto alla compressione di uno strumento fondamentale per l'attività dei pubblici ministeri nell'individuazione delle prove. Nel riservarsi di intervenire sui singoli emendamenti, sottolinea in particolare che la limitazione a 45 giorni della durata delle intercettazioni rende di fatto inutile tale mezzo. Fa presente, inoltre, che il suo gruppo ha presentato alcune proposte emendative volte a innalzare il termine previsto dal provvedimento a 180 giorni o, in subordine, a 90 giorni.

  Carla GIULIANO (M5S) manifesta la preoccupazione del suo gruppo nei confronti di un provvedimento la cui approvazione potrebbe determinare effetti devastanti sulla vita dei cittadini.
  Sottolinea quindi come il testo in esame intervenga in maniera significativa su uno dei più importanti strumenti di indagine. In proposito, lamenta come ai commissari non siano stati forniti gli elementi necessari ad una corretta valutazione dell'impatto della nuova norma sull'ordinamento come, a titolo esemplificativo, il numero delle intercettazioni, l'indicazione dei reati che vengono maggiormente accertati attraverso le intercettazioni e la durata media delle stesse.
  Rammenta, inoltre, come nel corso delle audizioni – delle quali sottolinea l'esiguità della durata dettata dalla fretta della maggioranza di approvare definitivamente il testo in esame – sia stato più volte evidenziato che il provvedimento si pone in contrasto con i principi di cui agli articoli 3 e 112 della Costituzione e come sia stato possibile perseguire numerosi reati, in particolare quelli connessi alla violenza domestica, proprio grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche. Ricorda, altresì, come nel corso delle audizioni sia emerso che dal tenore della norma non si comprende quali siano effettivamente gli ulteriori elementi concreti cui essa fa riferimento e che il termine di 45 giorni determina l'impossibilità di accertare i reati continuati, nonché ad indebolire il contrasto ai delitti contro la pubblica amministrazione.
  Inoltre, evidenzia che la deroga prevista dal provvedimento per i reati di terrorismo e mafia non è assolutamente sufficiente, non includendo nel suo ambito alcuni reati gravissimi quali l'omicidio, il sequestro di persona e i reati intrafamiliari.
  Paventa la possibilità che la reale finalità del provvedimento non sia quella dichiarata di assicurare la tutela della riservatezza bensì quella di impedire l'accertamento di alcuni particolari reati rendendo di fatto inutilizzabile lo strumento delle intercettazioni.
  Nel riservarsi di intervenire nel prosieguo dell'esame sui singoli emendamenti, fa presente che il suo gruppo ha presentato numerose proposte emendative nel tentativo di arginare un provvedimento scellerato che, qualora approvato, porrà i cittadini in balia dei delinquenti.

  Valentina D'ORSO (M5S) rammenta che la proposta di legge in esame ha avuto una genesi singolare. Infatti il testo originario recava modificazioni alla disciplina delle intercettazioni tra l'indagato e il proprio difensore, che sono poi confluite nella legge n. 114 del 9 agosto 2024, recante «ModifichePag. 52 al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare». L'attuale contenuto del provvedimento in esame è stato invece integralmente introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, in sostituzione del testo originario.
  Rileva, inoltre, come attualmente il pubblico ministero possa richiedere la proroga delle attività di intercettazione al giudice per le indagini preliminari ogni 15 giorni e come non vi sia alcun limite massimo allo svolgimento di tali attività. Ricorda, altresì, come tutti i soggetti auditi nel corso dell'esame preliminare abbiano osservato che, ponendo un limite di quarantacinque giorni alle attività di captazione, si genera un disallineamento tra tale termine e quello previsto per la conclusione delle indagini preliminari.
  Ritiene che, così facendo, si impedirebbe ai magistrati di espletare adeguate attività di indagine, che non possono essere determinate ex ante dato che le esigenze investigative emergono nel corso delle indagini stesse.
  Evidenzia, ancora, come alcuni delle proposte emendative presentate dal suo gruppo siano volte a rendere maggiormente chiara la formulazione delle modalità di proroga del termine, poiché allo stato attuale si presta ad una molteplicità di interpretazioni possibili, come osservato anche da numerosi soggetti auditi.
  Sottolinea che tale intervento normativo è sintomatico della mancanza di fiducia che la maggioranza ed il Governo ripongono nell'attività del giudice per le indagini preliminari, cui la normativa vigente attribuisce il potere di autorizzare la suddetta proroga.
  Rileva, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, modificando l'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, esclude i delitti di criminalità organizzata e di terrorismo dall'ambito di applicazione del limite di durata complessiva delle intercettazioni, evidenziando tuttavia come la giurisprudenza si sia interrogata circa la possibilità di ricomprendere nella nozione dei delitti di criminalità organizzata anche i delitti monosoggettivi aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis.1 del codice penale ovvero le ipotesi di mero concorso nei delitti facenti capo a un'associazione a delinquere.
  Evidenzia, a tal proposito, che il suo gruppo ha presentato una serie di emendamenti volti ad esplicitare che dall'ambito di applicazione del limite di durata complessiva delle intercettazioni sono esclusi anche i procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione, i delitti di violenza di genere, i delitti di usura e di estorsione, i delitti di sequestro di persona nonché di traffico di stupefacenti.
  Sottolinea, infine, come gli emendamenti presentati dal gruppo del Movimento 5 Stelle siano sostanzialmente volti a non rendere vane gli sforzi investigativi posti in essere dalle forze dell'ordine, cui i membri dei gruppi di maggioranza plaudono ma poi, nei provvedimenti come quello in esame, ne indeboliscono di fatto l'incisività dell'azione.

  Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) non comprende quali siano le ragioni sulla base delle quali è stato determinato il limite massimo di durata complessiva delle operazioni di intercettazioni pari a 45 giorni, rammentando che tale mezzo di ricerca della prova sia stato fondamentale in rilevanti processi come quelli nei confronti delle mafie affidati ai magistrati Falcone e Borsellino.
  Fa presente che il gruppo del Partito Democratico ha sempre ritenuto opportuno prestare particolare attenzione alla disciplina delle attività di intercettazione, facendosi promotore di interventi volti a regolarne la pubblicazione.
  Evidenzia, pertanto, che il proprio gruppo avrebbe volentieri intrapreso una discussione con la maggioranza al fine di valutare l'opportunità di prefissare o meno un limite temporale adeguato alle attività di intercettazione, purché non si arrivasse ad una vera e propria «tagliola» ai poteri di indagine del pubblico ministero.
  Sottolinea inoltre che, se si vuole porre un limite come quello pari a 45 giorni, è necessario prevedere numerose deroghe al Pag. 53fine di evitare che reati di particolare allarme sociale siano sottoposti a tali stringenti limitazioni.
  Rileva, quindi, che il proprio gruppo ha presentato numerose proposte emendative volte a migliore il contenuto del provvedimento in esame che ritiene troppo limitativo dei poteri di indagine a disposizione dei magistrati.
  Richiamando la documentazione predisposta dagli uffici, osserva come la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione abbia affermato che per delitti di «criminalità organizzata», di cui all'articolo 13 decreto-legge 13 maggio 1991 n. 152, devono intendersi tutti i reati di tipo associativo, anche comuni, correlati ad attività criminose più diverse, ai quali è riferito il richiamo ai delitti elencati nell'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, codice di procedura penale, con esclusione delle ipotesi di mero concorso nei delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis codice penale ovvero al fine di agevolarne l'attività.
  Auspica che la maggioranza ed il Governo non intendano indebolire i poteri di indagine della magistratura perché, così facendo, diventerebbero garantisti nei confronti della criminalità organizzata piuttosto che delle vittime dei reati.
  Rileva, inoltre, che spesso un determinato fatto non viene iscritto come delitto di criminalità organizzata all'inizio del procedimento di indagine ma solo a seguito dei successivi atti di indagine. Osserva, pertanto, come la maggioranza ed il Governo, dopo aver recentemente abolito il reato di abuso d'ufficio che era uno dei reati spia dei delitti di criminalità organizzata, intendano altresì limitare la possibilità di indagare su tali delitti tramite le attività di intercettazione di conversazioni e comunicazioni.
  Si domanda, infine, se i gruppi di Fratelli d'Italia e della Lega intendano veramente limitare il potere dei magistrati nei procedimenti volti a perseguire i membri della criminalità organizzata.

  Pietro PITTALIS, presidente, non essendovi altre richieste di intervento, invita i relatori, onorevoli Calderone e Varchi, a formulare i pareri sulle proposte emendative comprese nel fascicolo.

  Tommaso Antonino CALDERONE (FI-PPE) relatore, anche a nome della relatrice, onorevole Varchi, formula un invito al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario su tutte le proposte emendative presentate.

  Il Sottosegretario Andrea OSTELLARI esprime parere conforme a quello dei relatori.

  Stefania ASCARI (M5S), intervenendo sull'emendamento soppressivo D'Orso 1.1, del quale è cofirmataria, rammenta come a Reggio Emilia si sia svolto il processo Aemilia, il più grande processo di 'ndrangheta al Nord Italia, e come in tale procedimento sia stato fondamentale l'utilizzo delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova.
  Osserva, inoltre, come la finalità della proposta emendativa in esame sia quella di evitare che, dopo aver abolito il reato di abuso d'ufficio, la maggioranza ed il Governo limitino ulteriormente gli strumenti in possesso della magistratura per indagare sulle attività illecite dei membri della criminalità organizzata.

  Devis DORI (AVS), raccomanda l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.3, soppressivo dell'articolo unico del provvedimento in discussione ed identico agli emendamenti D'Orso 1.1 e Gianassi 1.2, ribadendo la volontà del suo gruppo di non voler procedere all'approvazione del provvedimento in discussione, non condividendo le tempistiche massime in esso previste per la durata delle intercettazioni.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) intervenendo sull'emendamento D'Orso 1.1, del quale è cofirmatario, ribadisce alcuni punti specifici della norma prevista dal provvedimento in discussione che ne rendono inaccettabile l'introduzione. In primo luogo, la disposizione non precisa il momento in cui debbano emergere gli ulteriori elementi specifici, né chiarisce se l'emersionePag. 54 di nuovi elementi debbano intervenire per ogni successiva proroga necessaria per la prosecuzione delle intercettazioni.
  Rileva, inoltre, che l'ambito di applicazione della deroga deve essere ampliato a tutti i reati per i quali si prevede lo svolgimento di indagini della durata di 24 mesi.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 1.2, identico agli emendamenti D'Orso 1.1 e Dori 1.3, condivide le osservazioni svolte dai colleghi ma sottolinea come la scrittura della norma appaia ancora più problematica di quanto rilevato dal collega Cafiero De Raho. Evidenzia come, infatti, la disposizione consenta la proroga di 15 giorni soltanto qualora in quel lasso di tempo subentrino ulteriori elementi specifici e come per ottenere una successiva proroga sia necessario l'emergere di nuovi elementi.
  La maggioranza, approvando il provvedimento in discussione, si sta assumendo la responsabilità di stravolgere delle norme che metteranno in grave difficoltà i cittadini verso i quali il suo gruppo la inviterà a fornire le dovute spiegazioni.
  Auspica, quindi, che il Governo rivaluti il contenuto del provvedimento, anche alla luce delle dichiarazioni che aveva reso il Ministro della giustizia con riferimento alla possibilità di includere nella deroga anche altri reati tra cui quelli previsti dal «codice rosso».
  Ricordando come già sulla proposta di legge in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti la maggioranza sia tornata sui propri passi proponendo la modifica del testo attraverso la presentazione di numerosi emendamenti dei relatori, ritiene che anche in questo caso ci sia ancora lo spazio per effettuare una nuova valutazione e per predisporre le necessarie modifiche da parte del Governo o dei relatori volte a rendere più coerente il termine in esame.

  Carla GIULIANO (M5S) suggerisce alla maggioranza e all'Esecutivo di effettuare una attenta riflessione sull'impatto nell'ordinamento della proposta in esame. A suo avviso, un intervento così invasivo avrebbe dovuto essere accompagnato da un'adeguata documentazione statistica, quantomeno per quanto attiene ai reati di maggiore allarme sociale. Si domanda, quindi, se la maggioranza scaricherà sulla magistratura anche la responsabilità del depotenziamento di questo strumento d'indagine, peraltro l'unico a disposizione degli inquirenti per elaborare un quadro completo, a garanzia anche dell'indagato stesso.
  Ritiene che l'unica conseguenza sarà l'utilizzo di strumenti ancora più invasivi e meno efficaci. Si pensi all'utilità delle intercettazioni nell'ambito di indagini relative ai maltrattamenti in famiglia, dove spesso a farne le maggiori spese sono soggetti minori.

  Valentina D'ORSO (M5S) rileva come le intercettazioni siano un mezzo di ricerca della prova e che, pertanto, tale strumento di indagine sia proprio volte allo scopo di ricercare la prova. Rammenta, infatti, come alcuni soggetti auditi abbiano osservato che i primi 30 giorni delle attività di captazione sono necessari semplicemente per comprendere il contesto in cui si muove il soggetto intercettato. Non comprende, pertanto, chi teme che le persone possano essere intercettate finché non emerga la prova, poiché lo scopo dello strumento delle intercettazioni è proprio quello di trovare elementi probatori.
  Evidenzia, quindi, che il provvedimento in esame sia profondamente sbagliato anche per l'errato inquadramento dello strumento delle intercettazioni, oltre che per il limite massimo di 45 giorni, che impedisce sostanzialmente l'utilizzo di tale mezzo di ricerca della prova.
  Sottolinea, infine, come la maggioranza ed il Governo stiano privando le vittime di reato della tutela giudiziaria con particolare riferimento ai minori e alle donne vittime di violenza nonché gli imprenditori vittime di estorsione.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti D'Orso 1.1, Gianassi 1.2 e Dori 1.3.

  Stefania ASCARI (M5S), intervenendo sull'emendamento soppressivo D'Orso 1.4, Pag. 55del quale è cofirmataria, rammenta un caso giudiziario nel quale grazie alle attività di intercettazione disposte dal magistrato si è evitato di procedere nei confronti di un soggetto innocente, che, senza l'utilizzo di tale strumento investigativo, sarebbe stato vittima di un errore giudiziario.
  Osserva, altresì, che numerosi soggetti auditi hanno manifestato forti dubbi sull'opportunità del limite massimo pari a 45 giorni prorogabile solo in determinate e stringenti ipotesi, evidenziando che in tal modo il quadro probatorio potrebbe essere frammentato a discapito sia della difesa che dell'accusa.

  Pietro PITTALIS, presidente, essendo prossimo l'inizio dei lavori dell'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame alla seduta serale già convocata al termine delle votazioni dell'Assemblea.

Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento.
C. 1866 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 15 gennaio 2025.

  Pietro PITTALIS, presidente, ricorda che la scorsa settimana si è concluso il ciclo di audizioni e che ai soggetti indicati dai gruppi è stata inviata la richiesta di trasmettere eventuali contributi e memorie entro la settimana in corso. La medesima richiesta è stata rivolta all'ANCI e all'Unione nazionale camere minorili che hanno manifestato la richiesta di partecipare all'attività conoscitiva.
  Fa presente che, come convenuto nella scorsa riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta odierna si concluderà la fase di esame preliminare per poi definire, nel prossimo Ufficio di presidenza il termine per la presentazione degli emendamenti.

  Nessuno chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 11 febbraio 2025. — Presidenza del vicepresidente Pietro PITTALIS. – Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Ostellari.

  La seduta comincia alle 15.25.

Modifiche all'articolo 9 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di semplificazione delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni per le competizioni sportive su strada.
C. 1976.
(Parere alla IX Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Tommaso Antonino CALDERONE (FI-PPE), relatore, sottolinea che il provvedimento in esame mira ad agevolare l'attività sportiva in strada attraverso una semplificazione delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni in materia di competizioni sportive su strada, fermo restando il pieno rispetto della sicurezza stradale.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata analisi dei contenuti della proposta di legge, precisa che nella relazione si soffermerà sulle disposizioni che contengono profili di interesse della Commissione Giustizia.
  Il provvedimento, composto da un solo articolo, introduce diverse novelle all'articolo 9 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, relativo alle competizioni sportive su strada.
  In particolare, la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 interviene in materia di sanzioni, aggiungendo un periodo al comma 9 dell'articolo 9 del citato codice della strada. La modifica è finalizzata a prevedere che, Pag. 56nel caso di violazione del provvedimento di sospensione temporanea della circolazione in occasione del transito dei partecipanti alla competizione sportiva prevista dal comma 7-bis del medesimo articolo 9, si applicano le sanzioni amministrative previste dall'articolo 6, comma 12, del codice della strada.
  Rammenta che il citato comma 12 prevede che chiunque non ottemperi ai provvedimenti di sospensione della circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 ad euro 694; se la violazione è commessa dal conducente di un veicolo adibito al trasporto di cose, la sanzione amministrativa varia da euro 430 ad euro 1.731 e dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a quattro mesi, nonché della sospensione della carta di circolazione del veicolo per lo stesso periodo.

  Pietro PITTALIS, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 11 febbraio 2025.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 19.20 alle 19.40.

TESTO AGGIORNATO AL 12 FEBBRAIO 2025

SEDE REFERENTE

  Martedì 11 febbraio 2025. — Presidenza del presidente Ciro MASCHIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Ostellari.

  La seduta comincia alle 19.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Ciro MASCHIO, presidente, avverte che l'on. Serracchiani ha chiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche attraverso il sistema di ripresa audiovideo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione.
C. 2084, approvata dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta antimeridiana odierna.

  Ciro MASCHIO, presidente, comunica che nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, testè svoltasi, è stato convenuto di svolgere i lavori oggi, fino alle ore 21, per proseguire domani, mercoledì 12 febbraio, dalle 13.30. Resta inteso che – in ossequio a quanto determinato dalla Conferenza dei presidenti di Gruppo – la Commissione concluderà entro giovedì 13 febbraio, l'esame in sede referente, ponendo in votazione il conferimento del mandato non oltre le ore 14, anche ove non fossero esaminate tutte le proposte emendative, che dovranno considerarsi respinte.
  Ricorda quindi che nella seduta antimeridiana è stato avviato l'esame delle proposte emendative e sono stati respinti gli identici emendamenti D'Orso 1.1, Gianassi 1.2 e Dori 1.3.
  Successivamente è stato avviato l'esame dell'emendamento D'Orso 1.4, su cui è già intervenuta la collega Ascari.

  La Commissione respinge l'emendamento D'Orso 1.4.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) illustra l'emendamento 1.5 a sua prima firma, con il quale esprime ancora una volta la richiesta di soddisfare l'esigenza pressante di apportare modifiche sostanziali all'attuale testo della proposta di legge.
  Per quanto attiene all'emendamento in esame, afferma che, se è vero che dopo 45 giorni potrebbero non essersi realizzate le condizioni alle quali il testo in esame subordina la proroga, è altrettanto vero che Pag. 57occorre prevedere l'ipotesi nella quale il pubblico ministero porti all'attenzione del giudice specifiche motivazioni – sia pure di diverso tipo rispetto a quelle previste – sulla base delle quali questi possa disporre eventuali ulteriori proroghe. Segnala che, in tal modo, la formulazione complessiva del testo ne uscirebbe migliorata: in effetti, al momento, il riferimento a «elementi specifici e concreti» appare quantomeno generico.
  Porta l'esempio di un'eventuale indagine complessa, nel corso della quale siano sottoposte a intercettazione varie utenze telefoniche, e ove improvvisamente emerga da una di esse l'importanza di monitorare un soggetto che colloquia con colui che è sottoposto a intercettazione, ma a carico del quale nulla sia emerso. Ritiene che, se il testo fosse approvato nell'attuale formulazione, si dovrebbe interrompere l'intercettazione in corso, laddove si adottasse un'interpretazione restrittiva della norma, intendendosi «gli elementi specifici e concreti» di cui essa parla come riferiti alla specifica utenza intercettata.
  Concludendo, ribadisce il carattere assai impreciso dell'attuale testo della proposta di legge, e la necessità di approvare un emendamento che ne chiarisca le incertezze.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero de Raho 1.5.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) illustra l'emendamento 1.6 a sua prima firma, teso a restringere la portata dell'attuale proposta di legge. Afferma che tale proposta mira a conciliare le esigenze di specifiche attività di captazione con l'obiettivo dichiarato dalla maggioranza di voler rafforzare il rispetto della riservatezza delle persone sottoposte a indagini, valore ovviamente condivisibile.

  Devis DORI (AVS), illustra il proprio emendamento 1.7, affermando che esso è volto a limitare la portata della norma sulla quale interviene, e in riferimento alla quale il suo gruppo ha espresso un giudizio assai negativo.

  Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo sugli identici emendamenti Cafiero de Raho 1.6 e Dori 1.7, ritiene che tali proposte non stiano ricevendo la necessaria attenzione da parte della maggioranza che non sembra apprezzare la ricerca di una sintesi tra le diverse posizioni.
  Da un certo punto di vista per il suo gruppo si tratta di una sorta di riduzione del danno ma sperava almeno che la maggioranza accogliesse questa proposta che – con riguardo alle intercettazioni tra presenti, ovvero quelle più invasive – risponde alla finalità di tutelare la riservatezza delle persone sottoposte a indagini.
  Stigmatizza, di conseguenza, questo atteggiamento della maggioranza, pervicace nell'ostinarsi a sostenere il testo del provvedimento in esame senza accogliere contributi dell'opposizione, nemmeno quando intendono sviluppare esigenze garantiste di cui la maggioranza si fa paladina a parole.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Cafiero de Raho 1.6 e Dori 1.7.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustrando l'emendamento 1.8 a sua prima firma, ne raccomanda l'approvazione in quanto ricondurrebbe a coerenza l'intero sistema, allineando la durata delle intercettazioni a quella massima delle indagini preliminari.
  In tal senso, fa presente che il richiamo all'articolo 407 del Codice di procedura penale consentirebbe di recepire anche la differenziazione che tale norma opera circa la diversa gravità delle varie condotte penalmente sanzionate, cui corrisponde una diversa durata massima delle indagini preliminari.
  Ritiene che sottoporre reati di ben diversa gravità ad un medesimo termine massimo di durata delle intercettazioni equivarrebbe a infliggere una ferita ulteriore alle vittime dei suddetti reati: si pensi agli omicidi, al terrorismo, agli abusi sui minori, alla violenza sessuale e di genere e, non da ultimo, alla criminalità informatica. Peraltro, esprime forte perplessità sulla circostanza che una qualche differenziazione di questo tipo possa essere garantita, come Pag. 58sembra sostenere la maggioranza, dall'intervento sull'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991; anzi, pare proprio che la criminalità informatica non sia ricompresa nell'intervento normativo, per come esso è proposto dai relatori.
  Concludendo, ricorda come già questo problema fosse stato sollevato anche da alcuni soggetti auditi durante la fase istruttoria del provvedimento in esame.

  La Commissione respinge l'emendamento D'Orso 1.8.

  Devis DORI (AVS) illustra l'emendamento a sua firma 1.9, che condivide la medesima ratio di altri suoi emendamenti successivi, ossia l'intento di estendere a 180 giorni il termine che nel testo approvato dal Senato è fissata a 45 giorni. L'emendamento inoltre, esclude l'applicazione del suddetto termine a indagini riguardanti fattispecie delittuose particolarmente gravi, come il delitto di associazione a delinquere di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione dei reati previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis dello stesso codice, come la corruzione, il peculato e la concussione. Osserva altresì che la proposta di fissare il termine di 180 giorni – seppure è avanzata in subordine alla richiesta di non fissare alcun termine – potrebbe comunque apparire congrua alla maggioranza.

  Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) osserva che l'emendamento Dori 1.9 e altri presentati dal proprio gruppo mirano a sollecitare una revisione, se non una modifica della durata dei 45 giorni, almeno del regime delle deroghe alle limitazioni temporali previste per le operazioni delle intercettazioni.
  In tale contesto, invita a una riflessione su quanto disposto dall'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, quale riferimento richiamato dall'articolo 1, comma 2 della proposta di legge in esame. Sottolinea, in particolare, come nonostante due pronunce della Corte di Cassazione, che hanno esteso l'applicazione delle deroghe di cui al citato articolo 13 alle fattispecie legate alla criminalità organizzata, permane l'impossibilità di disporre intercettazioni per i delitti monosoggettivi aggravati dall'essere commessi con metodo mafioso.
  Osserva inoltre come tale limitazione finirebbe per escludere dal regime delle deroghe quei reati di particolare gravità che giustificherebbero l'applicazione dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, con riferimento a soggetti affiliati a organizzazioni mafiose.
  Esprime altresì preoccupazione per l'impatto che avrebbe una simile restrizione, evidenziando come l'attuale formulazione della norma rischi di ostacolare indagini particolarmente delicate, come quelle che, in data odierna, hanno condotto all'adozione di oltre 180 ordinanze di custodia cautelare nella città di Palermo, volte a sgominare tentativi di utilizzo in ambito carcerario di strumenti di comunicazione verso l'esterno per la gestione di attività criminose.
  Invita pertanto a riflettere circa una attenta revisione dell'articolo 1, comma 2, della proposta di legge, con particolare attenzione al tema delle deroghe, in quanto la formulazione attuale potrebbe precludere l'utilizzo delle intercettazioni per numerosi casi significativi.
  Rileva inoltre che l'articolo 13 non copre adeguatamente tutte le fattispecie delittuose, in particolare quelle che possono evolversi in attività di criminalità organizzata.
  Esprime altresì preoccupazione per il rischio di generare confusione interpretativa sulla durata delle operazioni di intercettazione nel corso delle indagini preliminari, una fase cruciale del procedimento penale.
  Pur riconoscendo che si possa aprire un dibattito e che sia legittimo per la maggioranza realizzare l'intento politico di limitare la durata delle intercettazioni, ribadisce la necessità di una riflessione approfondita sul regime delle deroghe, evidenziando che il rinvio all'articolo 13, nella sua attuale formulazione, non solo risulta insufficiente, ma potrebbe anche essere dannoso,Pag. 59 in quanto escluderebbe dall'ambito di applicazione delle intercettazioni fattispecie criminose gravi, con il rischio di creare vuoti normativi che ostacolerebbero le indagini e l'efficace contrasto alla criminalità organizzata.

  La Commissione respinge l'emendamento Dori 1.9.

  Devis DORI (AVS) illustra l'emendamento a sua firma 1.10, evidenziando come la sua finalità sia analoga a quella di altri suoi emendamenti, ossia quella di estendere la durata massima complessiva da 45 giorni a 180 giorni, ma con riferimento specifico a delitti particolarmente gravi, come quelli di associazione a delinquere. Sottolinea che tale estensione sarebbe necessaria per consentire un tempo adeguato per l'approfondimento di indagini su reati che, per la loro complessità e gravità, richiedono più tempo per essere adeguatamente trattati.
  Osserva, inoltre, che il rigetto di emendamenti come questo denota una mancanza di interesse da parte della maggioranza nei confronti della lotta a reati particolarmente gravi, come quelli legati alle associazioni a delinquere, un'intenzione che appare in contrasto con le dichiarazioni del Governo secondo cui tale lotta sarebbe una sua priorità, soprattutto in ambito penitenziario. Invita, dunque, ad una riflessione più approfondita su questo punto, ritenendo fondamentale che il legislatore faccia fronte a questi reati con gli strumenti adeguati.

  La Commissione respinge l'emendamento Dori 1.10.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), nell'illustrare l'emendamento a sua prima firma 1.11, sottolinea che l'obiettivo dello stesso è quello di estendere, da un lato, il termine per la durata delle intercettazioni, e, dall'altro, introdurre un'ulteriore deroga per i reati previsti dall'articolo 362, comma 1-ter, codice penale, tra cui omicidio, estorsione, maltrattamenti, violenza sessuale di gruppo, corruzione di minorenni, atti persecutori e lesioni gravi e aggravate. In tal modo, l'emendamento amplia la deroga anche ai reati c.d. di «codice rosso», rispondendo alle sollecitazioni del legislatore per affrontare in modo più efficace tali gravi reati. Ribadisce, inoltre, l'importanza di conferire una priorità a queste fattispecie criminose, in quanto si inseriscono in una strategia condivisa dal Governo per rafforzare la risposta istituzionale contro tali reati.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero de Raho 1.11.

  Devis DORI (AVS) illustra contestualmente gli emendamenti a sua firma 1.12 e 1.13, evidenziando che entrambi perseguono la stessa finalità, ossia l'estensione del termine massimo a 180 giorni, con una attenzione particolare ai reati contro la Pubblica amministrazione. Rileva come, in questo caso, si faccia riferimento ai reati previsti dall'articolo 362, comma 1-ter del codice di procedura penale, che comprendono violenza di genere, reati c.d. di «codice rosso», maltrattamenti in famiglia, stalking, lesioni gravi e simili. Ribadisce l'importanza di dedicare una particolare attenzione a questi reati, sottolineando la necessità di un approccio mirato tanto per quelli contro la pubblica amministrazione quanto per quelli legati alla violenza di genere.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Dori 1.12 e 1.13.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 1.14, sottolinea che la finalità dello stesso è quella di estendere il termine per la durata delle indagini preliminari prima della prima proroga. Ricorda che le indagini preliminari, comprensive di tutte le proroghe, possono arrivare a durare fino a 18 mesi, mentre nei casi di reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), si arriva addirittura a 24 mesi. In questo contesto, si propone di modificare la durata da 45 giorni a 180 giorni, poiché le indagini preliminari costituiscono un obbligoPag. 60 per il pubblico ministero, ma soprattutto rappresentano uno dei cardini dello Stato di diritto nonché uno strumento attuativo del principio costituzionale espresso dall'articolo 112 Cost.
  Infatti, la limitazione della durata delle intercettazioni e l'introduzione di condizioni specifiche e restrittive potrebbero contrastare con il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale, nella misura in cui, limitando lo strumento più efficace per le indagini – ovvero le intercettazioni telefoniche – si rischia di compromettere la possibilità di proseguire le indagini e di violare il predetto principio costituzionale.
  Avverte che il termine di 45 giorni potrebbe rendere incostituzionale la norma e ritiene necessario che venga esteso, come proposto nell'emendamento, per consentire lo sviluppo delle indagini e l'acquisizione di ulteriori elementi concreti e specifici che potrebbero portare a nuovi sviluppi investigativi.
  Sottolinea pertanto che l'ampliamento della durata ordinaria delle intercettazioni è necessario per rendere il quadro normativo coerente con i principi della nostra Costituzione.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Cafiero de Raho 1.14 e Dori 1.15.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento 1.16 a sua prima firma, finalizzato, in primo luogo, a ampliare il limite massimo di durata complessiva delle operazioni di intercettazione da 45 a 90 giorni, sottolineando come esso sia comunque particolarmente stringente, anche comparandolo con la normativa in materia degli altri paesi europei.
  Evidenzia, in secondo luogo, come l'emendamento in esame sia volto ad estendere le deroghe previste a tale disciplina, includendovi altresì i delitti di violenza sessuale e di violenza di genere. Rammenta, a tal proposito, come il Ministro Nordio si era pubblicamente dichiarato favorevole ad un intervento correttivo in tal senso.
  Raccomanda, quindi, l'approvazione dell'emendamento in esame, osservando come i membri di tutti i gruppi parlamentari – anche appartenenti alla maggioranza – si sono impegnati a combattere in ogni modo la violenza di genere. Si domanda, pertanto, come i membri dei gruppi della maggioranza potrebbero giustificare l'interruzione dell'attività di intercettazione nell'ambito di un'indagine che abbia ad oggetto reati che rientrano nel «codice rosso».

  Valentina D'ORSO (M5S) sottoscrive l'emendamento Gianassi 1.16, affermando che con la sua approvazione si porrebbe rimedio ad errori molto gravi occorsi nella formulazione del testo del provvedimento in esame soprattutto con riguardo alla inoperatività del termine delle operazioni di intercettazione per alcuni gravi reati, obiettivo che intendeva conseguire anche l'emendamento Cafiero De Raho 1.12, che faceva un rinvio implicito alle medesime fattispecie di reato attraverso l'articolo 362, comma 1-ter del codice di procedura penale.
  Osserva, infatti, che l'emendamento in esame riguarda reati particolarmente odiosi, come lo stalking e il revenge porn, sottolineando come sia particolarmente complesso che in soli 45 giorni di attività captatoria emergano significativi elementi di prova.
  Ritiene, pertanto, che la maggioranza ed il Governo si stanno assumendo la responsabilità di consentire l'interruzione delle intercettazioni dopo un breve lasso temporale anche nel corso di indagini che hanno ad oggetto reati che potrebbero avere come conseguenza particolarmente gravi, come l'omicidio della vittima di stalking o il suicidio della vittima di revenge porn.

  Stefania ASCARI (M5S) evidenzia come l'emendamento Gianassi 1.16 proponga un correttivo ragionevole rispetto al termine di 45 giorni previsto dalla proposta di legge in esame. Sottolinea, comunque, la necessità che si deroghi al termine massimo di svolgimento delle operazioni di captazione quando si svolgano indagini aventi ad oggetto i reati del «codice rosso», rammentando che in Italia ogni tre giorni una donna è vittima di femminicidio.Pag. 61
  Osserva che i reati previsti all'interno dell'emendamento in esame sono tra i reati spia di delitti ancora più gravi e ricorda come il Ministro Nordio avesse pubblicamente affermato che occorreva modificare il provvedimento su questo punto, al fine di includere nell'ambito della deroga alla disciplina prevista nel provvedimento in esame, i delitti di violenza sessuale e di violenza di genere nonché – a suo avviso – anche le indagini riguardanti la pedopornografia.

  La Commissione respinge l'emendamento Gianassi 1.16.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento 1.17 a sua prima firma, che ha le medesime finalità dell'emendamento precedente, ma che tuttavia è volto ad estendere le deroghe previste a tale disciplina, includendovi, oltre ai delitti di criminalità organizzata, anche i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
  Evidenzia, infatti, che recentemente la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la pronuncia delle Sezioni Unite «Scurato», nel richiamare l'articolo 51, comma 3-bis e 3-quater codice di procedura penale, avrebbe inteso riferirsi solo ai delitti associativi annoverati nel relativo elenco e non anche ai reati monosoggettivi aggravati dal metodo mafioso. Rileva, quindi, che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, per delitti di «criminalità organizzata», di cui all'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991 n. 152, devono intendersi tutti i reati di tipo associativo, anche comuni, correlati ad attività criminose più diverse, ai quali è riferito il richiamo ai delitti elencati nell'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, codice di procedura penale, con esclusione delle ipotesi di mero concorso nei delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolarne l'attività. Osserva, quindi che in questo modo è stata esclusa la possibilità di disporre intercettazioni sulla base della disciplina derogatoria in esame per i delitti aggravati ai sensi dell'art. 416-bis.1 del codice penale, perché commessi con metodo mafioso o con la finalità di agevolare un sodalizio mafioso.
  Auspica, pertanto, che la maggioranza ed il Governo si rendano disponibili ad approvare l'emendamento in esame al fine di evitare che il provvedimento in esame produca gli effetti appena illustrati.
  Ritiene che vi sarà un grande imbarazzo da parte degli esponenti di Fratelli d'Italia e della Lega a giustificare dinanzi all'opinione pubblica un siffatto indebolimento degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata la cui funzione preventiva è oggetto in questi giorni di particolare attenzione da parte della Commissione antimafia, con particolare riguardo alla disciplina di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

  Devis DORI (AVS) interviene sull'emendamento a sua firma 1.18, identico all'emendamento Gianassi 1.17, sottolineando che tale proposta emendativa, come anche l'emendamento a sua firma 1.20, è volta in primo luogo ad aumentare a 90 giorni il termine di 45 giorni previsto dal provvedimento, non avendo ricevuto accoglimento la proposta emendativa che ampliava il termine fino a 180 giorni.
  Evidenzia infatti come la previsione di un termine di 45 giorni non sia in grado di soddisfare le effettive necessità investigative ed avrà come unico effetto quello di generare una totale impunità, essendo la durata delle operazioni così ridotta da rendere sostanzialmente impossibile fornire ai pubblici ministeri elementi utili a fini probatori.
  In secondo luogo, sottolinea come con l'emendamento in esame si intenda ampliare il novero delle eccezioni ai delitti di associazione a delinquere e ai reati commessi dai pubblici ufficiali o dagli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Precisa di aver presentato anche l'emendamento 1.20 che invece fa riferimento ai procedimenti in materia di criminalità organizzata e ai casi Pag. 62in cui emergano ulteriori elementi tali da ritenere indispensabile la prosecuzione delle intercettazioni ai fini dell'accertamento del reato.
  Considera il provvedimento in esame un grave errore su cui la maggioranza – ove perseveri nella volontà di approvarlo senza modifiche – sarà ben presto costretta a correre ai ripari con i necessari correttivi.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Gianassi 1.17 e Dori 1.18.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento a sua prima firma 1.19, identico all'emendamento Dori 1.20, sottolineando che tale proposta estende il tetto temporale delle intercettazioni da 45 a 90 giorni ed è volta a modificare le condizioni per l'ottenimento della proroga prevista dal provvedimento che ritiene eccessivamente ridotta.
  Sottolinea infatti che la formulazione del testo in ordine alla proroga rende pressoché impossibile ottenere una seconda proroga. La proposta emendativa a sua prima firma, invece, propone, per non determinare un arresto delle indagini per alcuni reati gravissimi e spesso continuati, che sia sufficiente che gli ulteriori elementi siano tali da far ritenere indispensabile la prosecuzione ai fini dell'accertamento del reato. Inoltre, evidenzia come la struttura del giudice per le indagini preliminari non sarebbe allo stato in grado di procedere all'accertamento delle condizioni che il provvedimento in esame prescrive ai fini della proroga.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Gianassi 1.19 e Dori 1.20.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento a sua prima firma 1.21 con cui si estende il tetto temporale delle intercettazioni da 45 a 90 giorni e si propone di escludere dall'ambito della deroga il reato di omicidio.
  Non comprende infatti come sia possibile limitare a 45 giorni il termine per le intercettazioni riferite ad un reato imprescrittibile e rispetto al quale la prassi ha dimostrato come spesso siano necessari diversi anni per giungere all'imputazione. Osserva, infatti, come non si possa addure come giustificazione per l'introduzione di un così ridotto limite temporale la tutela della privacy che – con riguardo alle intercettazioni – deve essere assicurata dando applicazione all'attuale disciplina in merito alla rilevanza delle comunicazioni, alla protezione dell'archivio in cui sono custodite e alla loro distruzione ove irrilevanti.
  Segnala, altresì, che l'emendamento in discussione si riferisce anche alle ipotesi aggravate di omicidio di cui all'articolo 576, comma 1, numeri 2 e 5.1 del codice penale.
  Si tratta di ipotesi di reato particolarmente odiose ed efferate oggetto tra l'altro dell'indignazione, spesso manifestata sui social media dagli stessi leader politici della maggioranza.
  Certo che nessuno voglia favorire gli autori di omicidio, non comprende inoltre le ragioni del parere contrario espresso sulla proposta emendativa in esame. A suo avviso, la vera finalità del provvedimento, lungi dall'essere quella di tutelare la privacy delle persone intercettate, è quella di limitare l'azione dei pubblici ministeri.
  Rammenta, inoltre, come nel corso dell'attività conoscitiva sia emerso chiaramente come le indagini relative ai casi di omicidio si risolvano o in tempi rapidissimi o molto dilatati durante i quali il ricorso allo strumento delle intercettazioni risulta irrinunciabile.

  Valentina D'ORSO (M5S) sottoscrive, a nome del suo gruppo, l'emendamento Gianassi 1.19 che interviene in maniera puntuale sul provvedimento per inserire nell'ambito di applicazione della deroga il reato di omicidio e le relative ipotesi aggravate tra cui quella dell'omicidio in conseguenza del reato di stalking. Ritiene che se la maggioranza vuole effettivamente perseguire i reati di femminicidio dovrebbe approvare tale proposta emendativa dal momento che, in caso contrario, non sarebbe più possibile perseguire alcun autore di un siffatto odioso reato per la cui individuazione le intercettazioni sono necessarie.

Pag. 63

  La Commissione respinge l'emendamento Gianassi 1.21.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento a sua prima firma 1.22 che, oltre a proporre l'ampliamento del termine delle intercettazioni da 45 a 90 giorni, inserisce tra le eccezioni che la norma introduce il sequestro di persona. Infatti, in base al testo del provvedimento, si creerebbe la irragionevole situazione in base alla quale in sede di indagini le intercettazioni su un determinato soggetto non potrebbero proseguire per più di 45 giorni. Si domanda come la maggioranza intenda spiegare tale abnormità ai cittadini, sottolineando come un tale limite introdotto risulti distonico con altre recenti iniziative legislative come il cosiddetto disegno di legge «sicurezza» con il quale si mostra invece il pugno duro nei confronti delle detenute madri o si introducono aggravanti nel caso in cui taluni delitti vengano commessi in prossimità delle stazioni ferroviarie.

  La Commissione respinge l'emendamento Gianassi 1.22.

  Ciro MASCHIO, presidente, essendo in prossimità dell'orario di chiusura dei lavori della giornata odierna concordato in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 20.55.