CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 ottobre 2024
384.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Atto n. 196.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione II,

   esaminato il provvedimento in titolo;

   premesso che:

    il provvedimento è adottato in attuazione dell'articolo 4 della legge di delegazione europea 2022-2023 (legge 21 febbraio 2024, n. 15);

    l'articolo 4 della citata legge di delega definisce l'oggetto della delega, che è volta all'adeguamento dell'ordinamento interno alla direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, anche al fine di integrare quanto disposto dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188, nonché di assicurare l'effettivo rispetto dell'articolo 27, secondo comma, della Costituzione;

    il citato articolo 4, al comma 3 stabilisce uno specifico principio e criterio direttivo, volto a modificare l'articolo 114 del codice di procedura penale prevedendo, nel rispetto dell'articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della Costituzione, il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343;

    l'articolo 1 individua l'oggetto dell'intervento normativo nell'introduzione di disposizioni «integrative» volte a rafforzare alcuni aspetti della presunzione di innocenza nell'ambito dei procedimenti penali, in attuazione della direttiva (UE) 2016/343;

    l'articolo 2 modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale, che reca la disciplina in merito alla possibilità di pubblicare gli atti del procedimento penale, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione;

    l'articolo 3, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria;

   manifestato l'apprezzamento nei confronti di un provvedimento atto, tra l'altro, ad evitare distorsioni delle regole dibattimentali e posto a tutela di una decisione effettivamente «terza» da parte dell'organo giudicante,

   preso atto degli esiti dell'attività conoscitiva svolta in Commissione e del parere favorevole espresso dalla V Commissione Bilancio il 1 ottobre 2024,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   a) nei limiti del principio di delega, valuti il Governo – sotto il profilo del limite del divieto di pubblicazione alle sole ordinanze custodiali – come i relativi presupposti applicativi siano i medesimi rispetto a quelle cautelari in generale, ovvero la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari; le ragioni tecniche della reintroduzione del divieto di pubblicazione dell'ordinanza di custodia cautelare appaiono, dunque, le medesime che Pag. 31dovrebbero portare all'estensione di tale divieto a tutte le misure cautelari personali, ovvero ad altri analoghi provvedimenti che, eventualmente, possono essere emessi nel procedimento cautelare, ovvero comunque a quei provvedimenti che, nella loro funzione, comportino una valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e la cui pubblicazione, dunque, produca analoghi effetti sovrapponibili a quelli della sola ordinanza di custodia cautelare;

   b) fermo restando il significato della riaffermazione – già solo in linea di principio – della circostanza che la pubblicazione si pone in contrasto con le regole minime di tutela dei diritti dell'indagato, valuti il Governo ulteriori interventi correttivi in punto di correlato presidio sanzionatorio:

    1) ferma restando l'esclusione di sanzioni detentive a carico del contravventore, il complessivo sistema sanzionatorio andrebbe comunque ripensato di modo da conferire effettività al divieto, e costituire un ragionevole argine alla sistematica violazione del medesimo, tanto alla luce della sperimentata ineffettività della attuale sanzione che presidia la violazione del divieto di pubblicazione, dettata dalla fattispecie contravvenzionale delineata dall'articolo 684 del codice penale (che si risolve nella possibilità di estinguere il reato attraverso l'oblazione con il versamento di una somma irrisoria) o dell'illecito disciplinare, raramente perseguito, previsto dall'articolo 115 del codice di procedura penale a carico degli impiegati dello Stato o di persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato;

    2) in relazione a quanto sopra esplicitato, valuti il Governo l'individuazione di profili sanzionatori nuovi, anche attraverso il ricorso ad ulteriori strumenti, non esclusi quelli posti a presidio dal decreto legislativo n. 231 del 2001 recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive della personalità giuridica.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Atto n. 196.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO
MOVIMENTO 5 STELLE

  La II Commissione, in sede di esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (Atto Governo n. 196);

   premesso che:

    il presente decreto reca disposizioni integrative, finalizzate, secondo l'intento del legislatore, al rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza delle persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale, in attuazione della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, nonché al rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali;

    secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, l'atto in esame si pone l'obiettivo di garantire una più precisa e completa conformità del nostro ordinamento alla direttiva 2016/343/UE, come previsto dall'articolo 4 della legge 21 febbraio 2024, n. 15 (Legge di delegazione europea 2022-2023);

    il provvedimento modifica il regime di pubblicazione degli atti del procedimento penale: in particolare, l'articolo 2 modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo – da un lato – la soppressione dell'inciso: «fatta eccezione per l'ordinanza indicata dall'articolo 292», contenuto nel comma 2 della disposizione codicistica (lettera a)), e – dall'altro – l'inserimento di un nuovo comma 6-ter che, nel mantenere ferma la regola generale della pubblicabilità del contenuto degli atti non più coperti da segreto, introduce un divieto di pubblicazione delle ordinanze che applicano una misura di custodia cautelare fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare;

   considerato che:

    la citata direttiva europea 2016/343UE al considerando n. (16), statuisce che «la presunzione di innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l'indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l'idea che una persona sia colpevole. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato, come l'imputazione, nonché le decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono gli effetti di una pena sospesa, purché siano rispettati i diritti della difesa. Dovrebbero altresì restare impregiudicate le decisioni preliminari di natura procedurale, adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità, quali le decisioni riguardanti la custodia cautelare, purché non presentino l'indagato o imputato come colpevole. Prima di prendere una decisione preliminare di natura procedurale, l'autorità competente potrebbe prima dover verificare che vi siano sufficienti prove a carico dell'indagatoPag. 33 o imputato tali da giustificare la decisione e la decisione potrebbe contenere un riferimento a tali elementi»;

    coerentemente, l'articolo 3 della citata Direttiva impegna gli Stati ad assicurare che agli indagati e agli imputati «sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza» (da intendere «provata con sentenza irrevocabile»: cfr. articolo 2);

    l'articolo 4, poi, pretende che «le dichiarazioni pubbliche delle autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole». Aggiungendo che «ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza» e «le decisioni preliminari di natura procedurale fondate sul sospetto o su indizi di reità»;

    ancora, il considerando n. (17) afferma che per «dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche» dovrebbe intendersi «qualsiasi dichiarazione riconducibile a un reato e proveniente da un'autorità coinvolta nel procedimento penale che ha ad oggetto tale reato, quali le autorità giudiziarie, di polizia e altre autorità preposte all'applicazione della legge, o da un'altra autorità pubblica, quali ministri e altri funzionari pubblici, fermo restando che ciò lascia impregiudicato il diritto nazionale in materia di immunità»;

    del pari, il considerando n. (18) della direttiva specifica che «l'obbligo di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli non dovrebbe impedire alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all'indagine penale, come nel caso in cui venga diffuso materiale video e si inviti il pubblico a collaborare nell'individuazione del presunto autore del reato, o per l'interesse pubblico, come nel caso in cui, per motivi di sicurezza, agli abitanti di una zona interessata da un presunto reato ambientale siano fornite informazioni o la pubblica accusa o un'altra autorità competente fornisca informazioni oggettive sullo stato del procedimento penale al fine di prevenire turbative dell'ordine pubblico. Il ricorso a tali ragioni dovrebbe essere limitato a situazioni in cui ciò sia ragionevole e proporzionato, tenendo conto di tutti gli interessi. In ogni caso, le modalità e il contesto di divulgazione delle informazioni non dovrebbero dare l'impressione della colpevolezza dell'interessato prima che questa sia stata legalmente provata»;

   rilevato che:

    da quanto emerge a chiare lettere dalla direttiva, in realtà la medesima lungi dal disporre o suggerire agli Stati membri di introdurre norme procedimentali che vietino la pubblicazione dell'ordinanza di custodia cautelare, nemmeno laddove ciò fosse giustificato dalla garanzia del principio di presunzione di non colpevolezza;

    ciò, in primis, in quanto non solo la novella contenuta nel provvedimento in esame non può dirsi attuativa di una tale prescrizione, ma in teoria risulterebbe con essa in aperto contrasto, là dove prevede che l'ordinanza si possa poi pubblicare a indagini o a udienza preliminare concluse. Se il divieto di pubblicazione fosse davvero funzionale al rispetto della presunzione di innocenza, invero, dovrebbe perdurare sino all'accertamento definitivo della colpevolezza;

    piuttosto, l'atto europeo si preoccupa di richiedere alle «autorità» la corretta individuazione delle categorie dei soggetti coinvolti nel procedimento penale, ovvero se si tratti di soggetto ancora indagato e per il quale, dunque, ancora non si sia raggiunto un accertamento giudiziale della responsabilità penale, vi è l'obbligo di non utilizzare riferimenti che possano farlo considerare colpevole;

    a tacer d'altro, si ritiene opportuno rilevare in questa sede come anche il riferimento letterale alle «autorità» escluda sic et simpliciter ogni riferimento agli organi di stampa, per i quali non dovrebbe valere, in ogni caso, il contenuto della direttiva;

    non solo, a ben guardare, al considerando n. (19), viene precisato che dalla applicazione del principio di presunzione d'innocenza viene «fatto salvo il diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media»;

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    il considerando n. (18) consente, invece, alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all'indagine penale, ovvero quando lo chieda l'interesse pubblico. Ne deriva, che alcuna limitazione alla facoltà dei giornalisti di pubblicazione dell'ordinanza cautelare possa dirsi discendere dalla direttiva cui l'atto in esame dichiara di conformarsi, purché sia rispettato l'obbligo – imposto pur sempre alle autorità pubbliche e non già agli organi di stampa – di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli finché non venga accertata la responsabilità penale degli stessi;

   considerato che:

    l'articolo 4 comma 3 della legge 21 febbraio 2024, n. 15 (Legge di delegazione europea 2022-2023) che vieta la pubblicazione delle ordinanze che dispongono le misure cautelari fino all'udienza preliminare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, lungi dal rappresentare la giusta attuazione del principio di presunzione di innocenza, ben può rappresentare un'ipotesi di «eterogenesi» dei fini, oltre a tradursi, piuttosto, in una pesante limitazione del diritto di cronaca, rappresentando un grave passo indietro per la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati, anche in presenza di un indiscutibile interesse pubblico;

    sotto il primo profilo, non solo la norma in questione non attua alcun presidio della presunzione di non colpevolezza e non si adegua ad alcun obbligo imposto dalla su citata direttiva, ma si tradurrà al contrario, in un pregiudizio maggiore nei confronti del soggetto indagato, posto che sarà consentita la pubblicazione della ricostruzione di una parte o dell'altra appresa dal giornalista, ovvero una mera sintesi fatta dal professionista, ma senza la possibilità di far conoscere al lettore gli indizi, le intercettazioni o le testimonianze: dunque, l'effetto che ne deriva è perspicuo, non giovando neanche agli stessi soggetti coinvolti nell'indagine la circostanza che ciò che viene posto a conoscenza del pubblico è una ricostruzione «mediata» dei fatti d'indagine, suscettibile di una valutazione personale da parte dello scrivente, un quadro quindi, molto più stigmatizzante di quello che offrirebbe la pubblicazione dell'ordinanza, i cui contenuti sono rigorosamente e restrittivamente disciplinati dalla legge. Si ricordi, invero, come il codice di rito imponga al giudice, nella compilazione dell'ordinanza cautelare, di specificare, tra gli altri, i motivi per cui non abbia ritenuto rilevanti gli elementi a difesa. Inoltre, attraverso tale perverso meccanismo si impedisce il controllo da parte dell'opinione pubblica nei confronti degli atti emanati dell'autorità giudiziaria;

    viceversa, l'ostensione integrale dell'ordinanza cautelare è la vera garanzia della protezione della presunzione di non colpevolezza, in quanto garantisce una informazione corretta e completa, scevra da influenze e ricostruzioni soggettive del giornalista, a maggior tutela della onorabilità dello stesso indagato;

    far conoscere, invero, i motivi per i quali un giudice decide di privare una persona della cosa più importante ovvero la sua libertà, non è solo una questione di trasparenza nei confronti dei cittadini, ma anche una forma di garanzia per lo stesso indagato, in quanto le ordinanze sono basate su elementi oggettivi e su valutazioni di un soggetto terzo ed imparziale, che fotografa al meglio l'ambito di una determinata fase di indagine;

    l'elenco delle vicende di cronaca giudiziaria che i giornali non avrebbero potuto raccontare se fosse stata già in vigore la «legge bavaglio» è copioso: dalla gestione dei vertici di Autostrade svelata dopo il crollo del ponte Morandi, allo schianto della funivia del Mottarone. Oltre a numerosi femminicidi e alle modalità dell'arresto dell'ex capo di Cosa Nostra, allo spaccio e gli orrori alla Caserma Levante dei Carabinieri di Piacenza, dove le pratiche illegali venivano consumate «con l'arroganza e la convinzione che le vittime non avrebbero avuto voce»; in ultimo, il caso che ha coinvolto l'ex Governatore della Liguria e l'inchiesta che ha portato agli arresti recenti di numerosi ultras delle squadre di calcio Milan e dell'Inter per presunti affari con la 'ndrangheta;

    sotto altro profilo, come emerso altresì in sede di audizioni, il testo risulta ambiguoPag. 35 e suscettibile di differenti interpretazioni con riguardo al perimetro di applicazione del divieto di pubblicazione: non si comprende, infatti, se la scelta del legislatore del divieto di pubblicazione si limiti alla sola ordinanza di custodia cautelare, ovvero se riguardi anche le ordinanze applicative di tutte le misure cautelari personali, sia quelle coercitive diverse da quelle custodiali, sia le misure cautelari personali interdittive, posto che le modifiche che il provvedimento in esame propone si riferiscono, alla lettera a) a tutte le ordinanze di cui all'articolo 292 del codice di procedura penale, mentre alla lettera b) alle sole ordinanze che applicano la custodia cautelare. Per fugare il dubbio interpretativo non pare risolutivo quanto si legge nella relazione introduttiva che illustra il testo dello schema di decreto legislativo;

    l'incertezza interpretativa qui rilevata dagli scriventi non è di poco conto, atteso che dall'una o dall'altra interpretazione potranno discendere rilevanti conseguenze anche sul piano sanzionatorio nei confronti di chi violerà quel divieto;

   considerato ancora che:

    con il decreto legislativo n. 188 del 2021 l'ordinamento italiano ha recepito adeguatamente la direttiva 2016/343, introducendo, tra gli altri, nel codice di procedura penale l'articolo 115-bis, rubricato «Garanzia della presunzione di innocenza» (articolo 4), che, con riguardo ai provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato e che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza (tra i quali è ricompresa l'ordinanza cautelare), impone all'autorità giudiziaria di limitare i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento;

    in base a tale previsione: nei provvedimenti adottati nel corso del procedimento penale l'indagato/imputato non può essere indicato come colpevole;

   rilevato che:

    sotto altro profilo, di non meno rilevanza, non può sottacersi come la direzione cui va l'atto in esame – imponendo una seria e preoccupante limitazione alla libertà di stampa – sia diametralmente opposta rispetto a quella assunta ormai da tempo dell'Europa nella medesima materia. Si ricordi, al riguardo, la Raccomandazione sulla protezione, la sicurezza e l'emancipazione dei giornalisti, la Raccomandazione (UE) 2022/758 del 27 aprile 2022 sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi (contro le c.d. SLAPP);

    nell'ultimo Report sullo Stato di diritto la Commissione ha ribadito come permangano preoccupazioni in merito alla mancanza di trasparenza nella distribuzione della pubblicità statale, ai conflitti di interessi e all'accesso ai documenti pubblici: sono tra le questioni oggetto di maggiore attenzione tra quelle evidenziate nella relazione; in particolare, le constatazioni sulla libertà dei media esposte nella relazione si basano su diverse fonti, tra cui l'Osservatorio del pluralismo dei media (Media Pluralism Monitor, MPM 2023), la piattaforma del Consiglio d'Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti e la piattaforma per la mappatura della libertà dei media (Mapping Media Freedom);

    la Commissione ha nuovamente formulato una serie di raccomandazioni che riguardano tra l'altro la distribuzione equa e trasparente della pubblicità statale, la governance indipendente dei media del servizio pubblico e le misure volte ad aumentare la sicurezza dei giornalisti e il diritto di accesso ai documenti pubblici. Nel settembre 2022 la Commissione ha proposto la legge per la libertà dei media (EMFA, attualmente in fase di negoziazione, che stabilisce garanzie a livello dell'UE per proteggere il pluralismo dei media e l'indipendenza editoriale;

    in particolare, con quest'ultima proposta, che è stata oggetto di recente di parere da parte del Parlamento italiano, l'Unione intende rafforzare il quadro normativo europeoPag. 36 affinché tutti gli Stati membri adottino un sistema di maggior tutela della libertà di stampa, del lavoro di giornaliste e giornalisti, e la garanzia dell'indipendenza del servizio pubblico dal condizionamento dell'autorità politica;

    mentre la proposta di direttiva contro le SLAPP prevede garanzie per coloro che sono bersaglio di procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi, la legge europea per la libertà dei media istituirà un quadro comune per i servizi di media nell'ambito del mercato interno dell'UE, attraverso l'introduzione di misure volte a proteggere i giornalisti e i fornitori di servizi di media da ingerenze politiche, rendendo nel contempo più agevole per loro operare attraverso le frontiere interne dell'UE;

   rilevato, infine che:

    non solo il legislatore, con l'adozione della c.d. norma bavaglio contenuta nell'atto sottoposto a parere, non recepisce alcun principio contenuto nella direttiva 2016/343, introducendo un divieto che impedisce una corretta informazione per il cittadino, ma si allontana anche dagli obiettivi europei, che vanno verso una maggiore tutela della libertà di stampa e di informazione e, conseguentemente, degli operatori del settore della stampa;

    lo stop alla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare appare antidemocratico, oltre che controproducente: imbavaglia solo la democrazia, mentre la trasparenza è sempre la massima garanzia del corretto esercizio del potere giudiziario;

    ogni tentativo di limitare la libera informazione e, di conseguenza, la disinformazione che viene generata dall'uso distorto dei media, in particolare i social media, di fatto, erodono le fondamenta della democrazia perché compromettono la capacità dei cittadini di valutare i fatti e di orientare le proprie scelte;

    in ultimo, il provvedimento in esame tanto più desta preoccupazione ai firmatari del presente atto quanto più si consideri che è attualmente in esame al Senato il disegno di legge (A.S. 466 Balboni – Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione e di condanna del querelante nonché di segreto professionale, e disposizioni a tutela del soggetto diffamato) che interviene sulla diffamazione a mezzo stampa, eliminando la pena del carcere per i colpevoli di questo reato, in massima parte giornalisti, e aumentando le multe da un minimo di 5 mila euro a un massimo di 50mila euro se la pubblicazione diffamatoria è consapevolmente falsa. Tra le altre novità introdotte dal ddl Balboni c'è l'estensione esplicita del reato alle pubblicazioni realizzate con un qualsiasi mezzo di pubblicità. Inoltre l'ambito di applicazione delle norme sulla diffamazione viene esteso alle testate giornalistiche online e radiotelevisive. Orbene, a ben guardare, tra gli effetti critici derivanti dal disegno di legge in esame al Senato, vi sarebbe il rischio di incentivare gli intrecci tra politici e grandi editori, posto che, la sanzione pecuniaria rilevante introdotta dall'atto in esame in caso di inosservanza del divieto di pubblicazione, potrebbe essere messa a bilancio di un grande editore, ove vi fossero interessi maggiori derivanti dallo screditare un determinato soggetto pubblico;

    a parere dei presentatori di questa proposta di parere, il Governo in carica, piuttosto che dare seguito ad una vera e propria lesione del diritto costituzionale alla libertà di stampa e allo speculare diritto dei cittadini ad essere informati, dovrebbe impegnarsi, nel primo provvedimento utile:

     1) a tutelare la libertà di stampa e il diritto di cronaca, quale strumento di estrinsecazione anche del fondamentale diritto di informazione per il cittadino, astenendosi dal portare a compimento tutte quelle riforme che possano comportare una compressione di tali diritti costituzionalmente garantiti, nonché a ripristinare la normativa precedente alla «norma Bavaglio» contenuta all'art. 4 comma 3 della Legge di Delegazione europea approvata definitivamente lo scorso 14 febbraio al Senato;

     2) ad adottare misure volte a rafforzare la libertà della stampa e dei media, la Pag. 37tutela del giornalismo in tutte le sue forme ed espressioni, a salvaguardare i diritti, la sicurezza e le condizioni di lavoro dei giornalisti, anche preservandoli da querele temerarie o altre forme di pressioni indebite, a contrastare le discriminazioni professionali, al fine di garantire pienamente la dignità dei giornalisti e la libertà di informazione;

     3) nel quadro di garanzia a tutela della libertà dei media, ad attuare e dare seguito alle raccomandazioni della Commissione europea contenute nella Relazione annuale sullo Stato di Diritto 2024 e a quelle di prossima pubblicazione, con particolare riguardo all'introduzione di garanzie per il regime di diffamazione, alla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, all'indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, alla trasparenza dell'assetto proprietario, alla protezione dei media dalle pressioni e dalle influenze politiche – compresi i media del servizio pubblico;

     4) a sostenere, nelle competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, la conclusione dei negoziati relativi alle proposte normative riguardanti la libertà dei media e, in particolare, le nuove norme dirette all'efficace protezione dell'autonomia e dell'indipendenza dei giornalisti, quali condizioni indispensabili per garantire un'informazione corretta, la diversità di opinioni e l'assenza di qualsiasi tipo di discriminazione nella narrazione dei fatti, a garanzia dello stesso pluralismo e indipendenza del settore;

     5) ad intervenire, con il primo provvedimento utile, per scongiurare, nel caso di azione per presunta diffamazione commessa con il mezzo della stampa o con gli altri prodotti editoriali registrati di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 8 febbraio 1948, n. 47, eventuali azioni pretestuose ponendo a carico dell'attore che abbia agito in giudizio civile ai fini risarcitori con mala fede o colpa grave, il pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende determinata in via equitativa non inferiore ad un quarto di quella oggetto della domanda risarcitoria; nonché a prevedere la condanna al pagamento di una pena pecuniaria adeguata in caso di querele temerarie e pretestuose per il delitto di diffamazione;

     6) a riformare, alla luce dei principi fissati di recente dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la fattispecie di diffamazione, escludendo la pena detentiva, in quanto incompatibile con l'articolo 10 CEDU, e prevedendosi la comminazione di pene pecuniarie che non risultino eccessive e che siano proporzionate all'offesa cagionata, affinché le stesse non si traducano in concreto in una limitazione della libertà di stampa;

     7) ad aggiornare tutta la normativa in materia di rafforzamento delle tutele per chi esercita la professione giornalistica, anche in forma freelance;

     8) ad adoperarsi, adottando le opportune misure, nell'adempiere pienamente alla costante giurisprudenza costituzionale, affinché sia garantito il pluralismo nella sua qualità di valore primario sotteso all'intero sistema dell'informazione, assicurandone l'imparzialità, l'obiettività, la correttezza e la completezza.

  Per i motivi su esposti, dichiara

PARERE CONTRARIO

D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Atto n. 196.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO PARTITO DEMOCRATICO – ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA

  La II Commissione,

   premesso che:

    l'intervento normativo in esame introduce disposizioni «integrative» in merito all'applicazione della presunzione di innocenza nell'ambito dei procedimenti penali, in attuazione della direttiva (UE) 2016/343; la presunzione di innocenza e il diritto a un equo processo sono sanciti negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali «CEDU», nell'articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e nell'articolo 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;

    come evidenziato anche dagli autorevoli auditi in merito, è necessario notare come la direttiva 2016/343, che con tale, ulteriore, intervento normativo si intenderebbe rafforzare, non contenga disposizioni che impongano, ma nemmeno suggeriscano, un divieto di pubblicazione dell'ordinanza di custodia cautelare; la presunzione di innocenza deve essere infatti tutelata impedendo che soggetti pubblici, attraverso atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni, o pubbliche dichiarazioni, rappresentino o presentino un soggetto non ancora condannato in via definitiva come colpevole: la direttiva pone, invece, un tema di rappresentazione del materiale investigativo che non deve mai essere fuorviante rispetto alla presunzione di innocenza di chiunque sia sottoposto ad un procedimento penale;

    l'inciso dell'attuale articolo 114 sulle modalità di pubblicazione degli atti che viene soppresso, «fatta eccezione per l'ordinanza di cui all'articolo 329», fu introdotto al fine di chiarire che le ordinanze non erano, e non sono tuttora, atti coperti da segreto ex articolo 329, al fine di fare chiarezza anche in raccordo con la normativa del 2017, intervenuta ad innovare la disciplina delle intercettazioni, dunque sancendone la pubblicabilità secondo la più stringente disciplina relativa alla loro pubblicabilità unicamente laddove strettamente essenziali, anche con riferimento ai brani di intercettazione presenti nella medesima ordinanza; con il provvedimento in esame viene meno proprio l'inciso relativo alla pubblicabilità e si conserva la possibilità della pubblicazione per contenuto;

    nella sistematica del codice la pubblicazione per contenuto non risponde assolutamente ad esigenze di tutela dell'onorabilità e dell'immagine del soggetto sottoposto a procedimento penale; il segreto degli atti rappresenta dunque un'eccezione nel sistema, poiché l'interesse della collettività e del soggetto sottoposto a procedimento penale, in una democrazia, va ritrovato invece nella piena conoscenza degli atti;

    l'impedimento dunque di pubblicare l'atto per intero rischia di risultare, dunque, non soltanto del tutto inidoneo allo scopo, non rispondente all'obiettivo, in più crea irragionevolmente delle asimmetrie tra ordinanze pubblicabili e ordinanze non pubblicabili; si corre il rischio Pag. 39dunque di risultare persino per molti aspetti controproducente e sistematicamente contraddittorio; non si comprende per quale ragione, infatti, dovrebbe risultare meno pregiudizievole per l'immagine dell'indagato una sintesi dei motivi che ne hanno determinato la custodia cautelare rispetto alla motivazione del giudice, tanto più se si considera che il decreto legislativo 188/2021, emanato in attuazione della stessa direttiva europea, vieta all'autorità giudiziaria (e non all'operatore dell'informazione) di indicare pubblicamente come colpevole l'indagato «fino a quando la colpevolezza non sia stata accertata con sentenza irrevocabile» e se si considera altresì che il medesimo decreto legislativo 188/2021 ha introdotto l'articolo 115-bis del codice di procedura penale (Garanzia della presunzione di innocenza) che dispone tra l'altro: «nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato, che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento»;

    i rischi dunque non derivano dalla pubblicazione integrale del provvedimento (peraltro nel caso di specie non cancellata ma rinviata), viste le modalità di redazione, che debbono escludere nel testo espressioni o elementi che la escludano;

    con lo schema di decreto legislativo in esame, dunque, lungi dall'addivenire ad una maggiore coerenza nell'interpretazione e nello spirito della direttiva, si compie invece un – ulteriore – passo nella direzione della limitazione di quegli imprescindibili bilanciamenti che caratterizzano uno Stato di diritto, non rafforzando dunque in alcun modo la presunzione di non colpevolezza, ma serrando invece ancora di più le maglie della libera, puntuale e corretta informazione, così come non viene tutelato il diritto di essere informati da parte dei cittadini, previsto dall'articolo 21 della Costituzione; la direttiva europea fa, inoltre, esplicito riferimento alle dichiarazioni pubbliche rilasciate da pubbliche autorità escludendo, non a caso, gli organi di informazione; la direttiva UE n. 343/2016, ispiratrice del provvedimento in esame, infatti non si occupa di questioni attinenti all'esercizio dell'attività giornalistica: al contrario, nella parte introduttiva, al Considerando numero 19 della medesima, precisa che dalla applicazione del principio di presunzione d'innocenza viene «fatto salvo il diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media»;

    le modifiche proposte dunque non appaiono affatto coerenti con il dettato degli articoli 3 e 4 della direttiva e vanno oltre al dato letterale, e allo spirito, della medesima, che non dispone affatto limitazioni all'informazione, tanto meno censure: invero, non solo l'articolo 4 si riferisce, come detto in precedenza, alle dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche, bensì fa salvi gli «atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità», in concordanza con il Considerando n. 16 della direttiva, secondo cui «La presunzione di innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l'indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l'idea che una persona sia colpevole. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato, come l'imputazione, nonché le decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono gli effetti di una pena sospesa, purché siano rispettati i diritti della difesa. Dovrebbero altresì restare impregiudicate le decisioni preliminari di natura procedurale, adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità Pag. 40competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità, quali le decisioni riguardanti la custodia cautelare, purché non presentino l'indagato o imputato come colpevole. Prima di prendere una decisione preliminare di natura procedurale, l'autorità competente potrebbe prima dover verificare che vi siano sufficienti prove a carico dell'indagato o imputato tali da giustificare la decisione e la decisione potrebbe contenere un riferimento a tali elementi»,

  esprime

PARERE CONTRARIO.

Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa, Serracchiani.

Pag. 41

ALLEGATO 4

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l'integrazione e l'armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali. C. 30 Brambilla, C. 468 Dori, C. 842 Rizzetto, C. 1109 Bruzzone e C. 1393 Zanella.

PROPOSTA DI RIFORMULAZIONE

ART. 10.

  Dopo l'articolo 10 aggiungere il seguente

Art. 10-bis.
(Divieto di detenzione di animali d'affezione a catena)

  1. Al proprietario o al detentore, anche temporaneo, di animali di affezione è fatto divieto di custodirli nel luogo di detenzione e dimora tenendoli legati con la catena o con altro strumento di contenzione similare che ne impediscano il movimento, salvo che ciò sia imposto da documentate ragioni sanitarie, certificate dal medico veterinario, o da temporanee esigenze di sicurezza.
  2. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque viola il divieto di cui al comma 1 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 5000 euro.
10.015. (Nuova formulazione) La Relatrice.

Pag. 42

ALLEGATO 5

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l'integrazione e l'armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali. C. 30 Brambilla, C. 468 Dori, C. 842 Rizzetto, C. 1109 Bruzzone e C. 1393 Zanella.

ARTICOLO AGGIUNTIVO DELLA RELATRICE

ART. 10.

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

Art. 10-bis.
(Modifiche all'articolo 20 del decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 134 in materia di sanzioni amministrative)

  1. All'articolo 20 del decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 134, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente comma:

   «1-bis. Il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 non è dovuto nelle ipotesi in cui il proprietario, il detentore o l'operatore di un animale da compagnia adempia volontariamente all'obbligo di identificazione previsto all'articolo 16, comma 1, sempreché la violazione non sia stata già constatata».
10.0100. La Relatrice.