CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 settembre 2024
370.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di lavoro. C. 1532-bis Governo.

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

   esaminato il disegno di legge C. 1532-bis, recante «Disposizioni in materia di lavoro»;

   rilevato che:

    il provvedimento risulta dallo stralcio, disposto, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, degli articoli 10, 11 e 13 del disegno di legge n. 1532 e consta di 20 articoli che intervengono in materia di istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura (articolo 1); modifica alla disciplina generale in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori (articolo 2); sospensione della prestazione di cassa integrazione (articolo 3); modifiche alla disciplina in materia di fondi di solidarietà bilaterali (articolo 4) modifiche alla disciplina in materia di somministrazione di lavoro (articolo 5); durata del periodo di prova nell'ambito del rapporto di lavoro a tempo determinato (articolo 6); termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile (articolo 7); misure in materia di politiche formative nell'apprendistato (articolo 8); norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro (articolo 9); disciplina transitoria sulla possibilità di assunzioni a tempo indeterminato (articolo 12); attività dell'Istituto nazionale della previdenza sociale per la promozione dell'adempimento spontaneo degli obblighi contributivi (articolo 14); dilazione del pagamento dei debiti contributivi (articolo 15); potenziamento dell'attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e della riscossione degli importi non versati (articolo 16); disposizioni concernenti la notificazione delle controversie in materia contributiva (articolo 17); attività della società INPS Servizi Spa a favore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle sue società e degli enti da esso vigilati e in house (articolo 18); apertura strutturale dei termini di adesione alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali (articolo 19); uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso all'APE sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto (articolo 20); contributi pensionistici, non versati per inadempimento del datore di lavoro e caduti in prescrizione (articolo 21); svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni degli organi di enti previdenziali (articolo 22); disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento presso le istituzioni scolastiche (articolo 23);

   ritenuto che:

    per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite:

    le disposizioni recate dal provvedimento sono riconducibili prevalentemente alla materia dell'ordinamento civile, oggetto di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto intervengono sulla regolazione del rapporto di lavoro, sui diritti e obblighi che insorgono tra lavoratore e datore di lavoro nell'ambito del rapporto giuridico costituitosi con la sottoscrizione del contratto di lavoro;

    risulta inoltre investita anche la materia inerente la previdenza sociale, anch'essa oggetto di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera o), della Costituzione;

    sono altresì presenti disposizioni riconducibili alla competenza concorrente Pag. 20Stato-regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro (articolo 117, terzo comma, della Costituzione);

    nell'ambito della materia del lavoro, la giurisprudenza costituzionale distingue gli aspetti correlati alla materia ordinamento civile (come quelli inerenti alla disciplina del contratto di lavoro e al diritto sindacale), oggetto di competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione), da quelli relativi alle materie tutela e sicurezza del lavoro, rientranti nella competenza legislativa concorrente (sentenze della Corte costituzionale n. 359 del 2003 e nn. 50 e 384 del 2005);

    ulteriori disposizioni del provvedimento recano profili riconducibili alla competenza esclusiva statale in materia di sistema tributario dello Stato e di norme generali sull'istruzione (articolo 117, comma secondo, lettere e) e n) della Costituzione);

    in tale ultima materia, la Corte costituzionale – intendendo distinguere le «norme generali sull'istruzione», di competenza esclusiva dello Stato, dai «principi fondamentali» in materia di istruzione, destinati ad orientare le regioni negli ambiti di competenza concorrente – ha precisato che «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale». In tal senso, le norme generali si differenziano dai «principi fondamentali», i quali, «pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in sé stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose» (sentenza n. 279 del 2005),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alla manutenzione ordinaria e all'esercizio del tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, fatta a Milano il 12 aprile 2024, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno. C. 1922 Governo.

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

   esaminato il disegno di legge C. 1922, di ratifica ed esecuzione Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alla manutenzione e all'esercizio della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, fatta a Milano il 12 aprile 2024;

   rilevato che:

    la Convenzione, composta da 15 articoli, è volta, da un lato, a determinare una più equa ripartizione dei costi di manutenzione del tratto francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, nonché una diversa suddivisione dei compiti e delle responsabilità tra le due Parti e, dall'altro lato, ad abrogare la legge 18 giugno 1973, n. 475, di ratifica della precedente Convenzione tra le due Parti, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, in quanto ritenuta non più conforme al diritto dell'Unione Europea e, in particolare, alla Direttiva 2012/34/UE;

    il disegno di legge di autorizzazione, che si compone di 5 articoli, prevede l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la clausola di invarianza finanziaria, l'abrogazione della legge n. 475 del 1973 e il termine di entrata in vigore della Convenzione;

   ritenuto che:

    per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite:

    il provvedimento s'inquadra nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» che l'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione demanda alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 3

Indagine conoscitiva in materia di attività
di rappresentanza di interessi.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO

1. Introduzione

  L'ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 1° marzo 2023, ha convenuto di proporre alla Commissione lo svolgimento di una indagine conoscitiva sull'attività di rappresentanza di interessi.
  Acquisita l'intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, la Commissione, nella riunione dell'8 marzo 2023, ha deliberato in senso favorevole allo svolgimento dell'indagine.
  Come richiamato nel programma, l'indagine conoscitiva si colloca dopo ripetute iniziative parlamentari in materia, nonché a seguito della raccomandazione di rafforzare le norme applicabili alle relazioni dei parlamentari con rappresentanti di interessi rivolta all'Italia da parte del gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) del Consiglio d'Europa nel giugno 2022.
  La decisione di avviare un'indagine conoscitiva su tale tema è nata dalla consapevolezza della necessità di procedere a una regolamentazione della rappresentanza di interessi che contemperi adeguatamente esigenze diverse: da un lato, la garanzia del riconoscimento della rappresentanza di interessi quale elemento del più generale sistema della partecipazione al processo democratico di decisione politica, assicurando e tutelando l'eguaglianza, il pluralismo, la valorizzazione delle competenze tecniche; dall'altro, la necessità di evitare, anche tramite il rafforzamento degli strumenti finalizzati ad acquisire valutazioni di impatto economico, amministrativo e politico della decisione pubblica in un'ottica di efficacia e di migliore qualità della legislazione, che la decisione politica sia formata sulla base di interessi settoriali non trasparenti.
  In tale contesto, l'indagine conoscitiva ha inteso approfondire, anche attraverso un'analisi delle discipline vigenti in altri Paesi europei ed extraeuropei e nell'ambito delle istituzioni dell'Unione europea, i seguenti quattro specifici profili:

   1. l'ambito soggettivo dell'intervento normativo, con riferimento all'individuazione tanto del «decisore pubblico» quanto del «soggetto portatore di interessi»;

   2. le diverse modalità di regolazione del fenomeno, con particolare riferimento all'opportunità di ricorrere a uno o più registri pubblici dei soggetti portatori di interesse e a un'agenda pubblica degli incontri tra questi ultimi e i decisori pubblici;

   3. l'individuazione dell'autorità di vigilanza, con particolare riferimento alla sua più adeguata collocazione presso autorità amministrative indipendenti o strutture di Governo;

   4. la natura (penale, amministrativa o disciplinare) dell'apparato sanzionatorio da prevedere per la violazione della normativa.

  Le audizioni svolte hanno coinvolto principalmente professori universitari di diritto costituzionale e di diritto pubblico ed esperti della materia. A causa della ristrettezza dei tempi, la Commissione non ha avuto modo di audire tutti i soggetti che erano previsti nel programma, procedendo pertanto ad acquisire i rispettivi contributi scritti, che hanno costituito anch'essi oggetto di valutazione ai fini del presente documento conclusivo.

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2. Il quadro normativo e le esperienze straniere

  L'indagine conoscitiva ha preso le mosse dalla constatazione dell'assenza di una specifica disciplina legislativa in materia di rappresentanza di interessi. Al tempo stesso, merita rilevare che la Costituzione offre un preciso ancoraggio per la disciplina della materia. Ciò avviene in particolare all'articolo 54, secondo comma, in base al quale i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, all'articolo 97, secondo comma, in base al quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, e all'articolo 98, primo comma, in base al quale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
  Nelle passate legislature il tema è stato in più occasioni affrontato nei lavori parlamentari. In particolare, nella XIII legislatura, è stato avviato in sede referente, ma non concluso, l'esame della proposta di legge C. 244-ter, frutto dello stralcio (nella seduta del 21 gennaio 1998) in Assemblea dalla proposta di legge C. 244 e abbinate, recante misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione elaborata dalla Commissione speciale anticorruzione; nella XIV legislatura la proposta di legge C. 1567 elaborata dalla I Commissione Affari costituzionali e trasmessa, nella seduta del 30 novembre 2005 ai pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, non è stata poi esaminata dall'Assemblea; nella XVII legislatura il disegno di legge S. 1522 è stato adottato come testo base dalla 1ª Commissione Affari costituzionali del Senato nella seduta dell'8 aprile 2015, ma anch'esso non è giunto all'esame dell'Assemblea; nella XVIII legislatura una proposta di legge è stata approvata dalla Camera in prima lettura nella seduta del 12 gennaio 2022 e trasmessa al Senato (S. 2495) senza essere però poi definitivamente approvata.
  In assenza di una disciplina legislativa statale, alcune istituzioni e alcuni enti territoriali hanno adottato una propria normativa interna in materia di rappresentanza di interessi.
  In particolare, nel 2016, la Camera dei deputati ha adottato un Codice di condotta per la rappresentanza di interessi e un regolamento interno che ha istituito un registro pubblico con l'elenco di tutte le persone fisiche e giuridiche che svolgono rappresentanza di interessi all'interno del ramo (ad oggi 361 le persone giuridiche e 88 le persone fisiche). Nel 2017, l'ufficio di presidenza della Camera ha adottato (con decisione n. 208/2017) la «Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi nelle sedi della Camera dei deputati», definendo quindi le modalità attuative del regolamento del 2016; nel 2019, infine, una decisione del Collegio dei Questori ha obbligato i rappresentanti di interesse a fornire report contenenti i nomi dei deputati incontrati, e non più generiche informazioni. Il Senato ha invece approvato, nel 2017, linee guida per le consultazioni pubbliche che disciplinano la partecipazione di cittadini e delle parti interessate nei procedimenti parlamentari; tali linee guida coinvolgono quindi anche le modalità con le quali i rappresentanti di interessi possono far giungere le loro istanze agli organi parlamentari. È inoltre previsto un sistema di accredito e di permessi per i rappresentanti di interessi, non esiste però un registro pubblico che sia accessibile da sito web del Senato come nel caso della Camera.
  Per quanto riguarda i Ministeri, tra quelli «con portafoglio», sono cinque ad avere un sistema di registro delle attività dei rappresentanti d'interesse (Ministero dall'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; Ministero delle imprese e del made in Italy; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; Ministero della cultura e Ministero dell'università e della ricerca).
  Per quanto riguarda le regioni, le normative in materia di attività di rappresentanza di interessi sono nella quasi totalità dei casi contenute all'interno di leggi regionali. La Regione Siciliana rappresenta un'eccezione disciplinando la materia attraverso l'articolo 12 dello Statuto del 1946 e gli articoli 71, 72 e 73 del Regolamento dell'Assemblea Regionale Siciliana. La prima regione, al di là del caso siciliano, a dotarsi di una normativa specifica è stata la ToscanaPag. 24 con la L.R. 18 gennaio 2002, n. 5 (Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana) sul cui modello è stata poi approvata dal Consiglio Regionale del Molise l'identica L.R. 22 ottobre 2004, n. 24 (Norme per la trasparenza dell'attività politica ed amministrativa del consiglio regionale del Molise.). In seguito, anche la regione Abruzzo si è dotata di una normativa in materia con la L.R. 22 dicembre 2010, n. 61 (Disciplina sulla trasparenza dell'attività politica e amministrativa e sull'attività di rappresentanza di interessi particolari). Le normative successivamente adottate dalle altre regioni hanno introdotto fattori innovativi. Si tratta, in particolare: della Calabria con L.R. 12 febbraio 2016, n. 4 (Disciplina sulla trasparenza dell'attività politica e amministrativa della regione Calabria e dei suoi enti strumentali sull'attività di rappresentanza di interessi particolari); della Lombardia con la L.R. 20 luglio 2016, n. 17 (Disciplina per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi nei processi decisionali pubblici presso il Consiglio regionale); della Puglia con la L.R. luglio 2017, n. 30 (Disciplina dell'attività di lobbying presso i decisori pubblici); e dell'Emilia-Romagna con L.R. 29 novembre 2019, n. 27 (Norme per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi nel processo legislativo e amministrativo). L'Emilia-Romagna contiene, in realtà, anche alcune disposizioni statutarie in materia di partecipazione delle associazioni richiedenti alla fase istruttoria del procedimento decisionale di atti normativi o amministrativi generali.
  Le leggi regionali più recenti presentano tutte un elenco di definizioni utili ad individuare con maggiore chiarezza le attività, i soggetti e le reciproche relazioni all'interno del processo decisionale. Inoltre, risulta più marcato e più evidente il collegamento con i principi della trasparenza e della partecipazione. Le normative regionali, a partire dalla legge calabrese, hanno contribuito in particolare a definire il fenomeno delle lobbies come un metodo di gestione di rapporti da regolamentare e proceduralizzare. Le leggi più recenti hanno, poi, considerevolmente aumentato la platea dei soggetti definibili come decisori pubblici. Questo punto è di particolare rilevanza considerando che le nuove forme di governo regionali, adottate a seguito della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle regioni), tendono a spostare il baricentro decisionale verso il ramo esecutivo-amministrativo rendendo, dunque, essenziale regolamentare la partecipazione dei portatori o gruppi di interessi non soltanto all'interno degli organi legislativi. Inoltre, tra i decisori politici sono stati inseriti anche quei soggetti deputati ad attività della c.d. alta amministrazione o di gestione strategica delle attività regionali tenendo conto del mutato contesto istituzionale e della rilevanza da questi acquisita nell'ambito della decisione pubblica. In alcune regioni – Molise, Calabria ed Emilia-Romagna – la normativa risulta sostanzialmente inattuata dal momento in cui i registri previsti non sono mai stati pubblicati.
  Meritevole di attenzione è poi la disciplina dell'Unione europea in materia. Essa si basa su specifiche disposizioni dei Trattati. In primo luogo, l'articolo 11, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea (TUE), dispone che le istituzioni dell'Unione diano ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione. Inoltre, l'articolo 11, paragrafo 2, dispone che le istituzioni dell'Unione mantengano un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. L'articolo 15, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede ancora che, al fine di promuovere il buon governo e di garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione debbano operare nel modo più trasparente possibile. Ai sensi dell'articolo 298 TFUE, infine, nell'assolvere i loro compiti, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione si basano su un'amministrazione europea aperta, efficace e indipendente.Pag. 25
  In questo quadro, il Parlamento europeo, il Consiglio dell'UE e la Commissione europea hanno firmato, il 20 maggio 2021, l'accordo interistituzionale su un registro per la trasparenza obbligatorio. Tale accordo, oltre a rendere obbligatorio il registro per la trasparenza, ne amplia l'ambito di applicazione anche al Consiglio dell'UE e prevede la registrazione dei rappresentanti di interessi nel registro per la trasparenza quale condizione preliminare per lo svolgimento di determinate attività volte a influenzare le politiche, la legislazione e i processi decisionali nelle relazioni con una delle tre istituzioni. Si tratta in particolare delle attività concernenti l'organizzazione di riunioni, conferenze o eventi, la partecipazione agli stessi nonché l'instaurazione di contatti analoghi con le istituzioni dell'Unione; i contributi a consultazioni, audizioni o altre iniziative simili, o la partecipazione alle stesse; l'organizzazione di campagne di comunicazione, piattaforme, reti e iniziative a livello locale; la preparazione di documenti orientativi e di sintesi, emendamenti, sondaggi di opinione, indagini, lettere aperte e altro materiale di comunicazione o informazione, come pure lo svolgimento di ricerche. Sono, invece, esclusi dall'obbligo di registrazione le pubbliche autorità degli Stati membri, incluse le loro rappresentanze permanenti e ambasciate, a livello nazionale e subnazionale; le associazioni e reti di pubbliche autorità a livello dell'Unione, nazionale o subnazionale, a condizione che operino esclusivamente a nome degli enti pubblici interessati; le organizzazioni intergovernative, inclusi le agenzie e gli organi che emanano dalle stesse; le pubbliche autorità di paesi terzi, incluse le loro missioni diplomatiche e ambasciate, salvo laddove tali autorità siano rappresentate da soggetti giuridici, uffici o reti senza status diplomatico, o da un intermediario; i partiti politici, a eccezione di qualsiasi organizzazione creata da partiti politici o ad essi affiliata; le chiese e associazioni o comunità religiose, nonché le organizzazioni filosofiche e non confessionali di cui all'articolo 17 TFUE, a eccezione degli uffici, delle persone giuridiche o delle reti creati per rappresentare chiese, comunità religiose od organizzazioni filosofiche e non confessionali nelle loro relazioni con le istituzioni dell'Unione, come pure le loro associazioni.
  Le principali caratteristiche del registro per la trasparenza sono un sito web pubblico dove i rappresentanti di interessi riportano informazioni aggiornate sulle loro attività a livello dell'UE; un codice di condotta, che disciplina le modalità di interazione dei rappresentanti di interessi con le istituzioni dell'UE, e un meccanismo di denuncia che consente a chiunque di avviare un'indagine amministrativa su presunti casi di inosservanza del codice di condotta da parte dei rappresentanti di interessi.
  Il codice di condotta prevede una serie di principi e obblighi da parte delle persone registrate nel registro per la trasparenza, tra cui: obbligo di identificarsi sempre con il proprio nome, facendo riferimento all'organismo per cui si lavora o è rappresentato; obbligo di dichiarare gli interessi, gli obiettivi e le finalità promosse e i clienti rappresentati; divieto di ottenere o cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera disonesta, esercitando pressioni indebite o comportandosi in modo inadeguato; divieto di utilizzare indebitamente la registrazione a fini di lucro, falsando o snaturando l'effetto della registrazione; divieto di indurre i membri delle istituzioni dell'Unione europea a contravvenire alle disposizioni e alle norme di comportamento a essi applicabili; in caso di assunzione di ex deputati al Parlamento europeo, membri della Commissione o funzionari delle istituzioni dell'Unione, obblighi di riservatezza e delle norme applicabili a tali persone dopo che esse hanno lasciato l'istituzione in questione, al fine di evitare conflitti di interesse; se impegnati in un rapporto cliente-intermediario, obbligo di garantire che le parti di tale rapporto siano registrate, e, in veste di clienti o di intermediari, assicurare che siano pubblicate le pertinenti informazioni concernenti tale rapporto inserite nel registro.
  Inoltre, in risposta alle indagini sui casi di corruzione (cosiddetto «scandalo Qatargate») che hanno coinvolto membri ed ex Pag. 26membri del Parlamento europeo, la Presidente del Parlamento europeo (di seguito PE) Metsola ha presentato, il 12 gennaio 2023, alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi politici della medesima istituzione un Piano per la trasparenza delle attività dei membri del PE e per il contrasto dei fenomeni di corruzione. Il piano, denominato «Strengthening integrity, independence and accountability – First Steps», include una serie di misure, articolate in 14 punti, per rafforzare la trasparenza, responsabilità e l'integrità delle attività dei membri ed ex membri del Parlamento europeo.
  Assume rilievo anche la disciplina di alcuni Stati europei e degli Stati Uniti d'America.
  In particolare, la Francia, nel 2016, ha approvato una legge che istituisce un registro digitale dei rappresentanti di interessi presso i poteri pubblici. La legge definisce la rappresentanza di interessi (représentation d'intérêts) e il perimetro degli attori pubblici per i quali l'esercizio di tale attività comporta l'iscrizione obbligatoria in un registro pubblico, la cui tenuta è affidata all'Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica (HATVP). L'iscrizione implica un certo numero di esigenze deontologiche per i rappresentanti, allo scopo di assicurare la trasparenza delle loro relazioni con gli attori pubblici, la cui inosservanza può comportare una sanzione pecuniaria da parte dell'Alta autorità.
  Anche in Germania il 1° gennaio 2022 è entrata in vigore la Legge federale che introduce un registro delle lobby per i rappresentanti di interessi nei confronti del Bundestag e del Governo federale. La legge definisce «rappresentanza di interessi» qualsiasi contatto finalizzato a influenzare direttamente o indirettamente il processo decisionale degli organi, dei comitati, dei membri e dei gruppi del Bundestag o a influenzare direttamente o indirettamente il processo decisionale del Governo federale. Per «rappresentanti di interessi» si intendono tutte le persone fisiche o giuridiche, le società di persone o altre organizzazioni, anche sotto forma di reti, piattaforme o altre attività collettive, che svolgono o commissionano un'attività di lobbying. Viene introdotta per i rappresentanti di interessi l'iscrizione obbligatoria in un registro pubblico. La registrazione va effettuata qualora: l'attività di lobbying sia esercitata su base regolare, sia di natura permanente, sia svolta a livello professionale per conto di terzi, sia commissionata in cambio di un corrispettivo oppure siano stati stabiliti più di 30 contatti di rappresentanza di interessi negli ultimi tre mesi. Nel medesimo articolo sono elencati nel dettaglio tutti i casi di esenzione dalla registrazione, come ad esempio i sindacati, le associazioni dei datori di lavoro, i partiti politici e le fondazioni politiche, le chiese e le comunità religiose, le organizzazioni culturali e le minoranze etniche riconosciute. Sono invece obbligati a registrarsi gli studi legali e le società di consulenza. I rappresentanti di interessi esenti dall'obbligo di registrazione possono comunque registrarsi volontariamente. La legge prevede anche una serie di disposizioni sanzionatorie che prevedono, a seconda dei casi, pene pecuniarie fino a 20.000 o a 50.000 euro nei confronti di chi non effettui una registrazione corretta, completa o nei tempi stabiliti o non aggiorni le informazioni richieste.
  Nel Regno Unito la legge del 2014 ha introdotto un registro degli esercenti professionali di attività di lobbying e ne disciplina le forme di pubblicità, con riguardo, tra l'altro, ai rapporti con i committenti e ai limiti di spesa per le campagne elettorali che si applicano ai candidati e alle organizzazioni non appartenenti a partiti politici registrati, questi ultimi altrimenti soggetti a particolari regole di trasparenza e contabilità. Sotto il profilo soggettivo, per consultant lobbyist si intende la persona – fisica o giuridica – che, nell'esercizio di un'attività professionale, per conto di terzi e dietro remunerazione, effettui comunicazioni, in forma scritta od orale, personalmente a un membro del Governo del Regno Unito (o ai titolari di posizioni equivalenti) in materia di politiche del Governo, legislazione, conclusione di contratti pubblici, rilascio di autorizzazioni e concessioni, o relativamente all'adozione di ogni altro atto da parte della pubblica amministrazione. Alcune esenzioni dall'obbligo di registrazionePag. 27 sono previste dal testo normativo (oltre che per i funzionari o rappresentanti di Stati esteri) in relazione all'ipotesi in cui il lobbying, benché svolto in forma professionale, abbia carattere residuale o incidentale nel quadro di attività professionali considerate nel loro complesso. La tenuta del registro è affidata a un organo monocratico di nuova istituzione e posto in condizione di autonomia dal Governo e dal settore industriale di riferimento, il Registrar of Consultant Lobbyists, il cui Ufficio vigila sul possesso dei requisiti da parte degli operatori che vi sono iscritti, nonché sull'osservanza degli obblighi di trasparenza relativamente alla pubblicazione dei dati dei loro clienti, di cui è prescritto l'aggiornamento su base trimestrale. L'esercizio dell'attività suddetta senza previa registrazione, oppure la comunicazione a tal fine di dati incompleti o inaccurati, costituiscono comportamenti dalla legge qualificati come reati (articolo 12); il Registrar è tuttavia abilitato, nei casi meno gravi, a irrogare sanzioni pecuniarie (a titolo di civil penalty, fino a 7.500 sterline) anziché a deferire gli interessati all'autorità giudiziaria.
  In Spagna non è stata ancora approvata una legge nazionale che regolamenti il lobbying e stabilisca chiaramente le condizioni per il suo esercizio legittimo. L'attuale disciplina consiste in legislazioni approvate dalle Comunità autonome di Catalogna, Castiglia e Mancia, Asturie, Madrid e Valencia. In particolare, nella Comunità di Catalogna è stato istituito nel 2017, sulla base di una precedente legge del 2014, un registro dei gruppi di interesse dell'Amministrazione della Generalitat, degli enti locali e dell'insieme delle istituzioni e degli enti obbligati.
  Una più antica tradizione di regolazione della materia è invece rinvenibile negli USA: una prima organica disciplina fu introdotta con il Federal Regulation of Lobbying Act del 1946. La legislazione è stata da ultimo riformata nel 1995. L'impianto della legge del 1995 si caratterizza per l'obbligo di registrazione imposto a qualunque soggetto eserciti attività di lobbying dietro remunerazione, indipendentemente dal fatto che la svolga all'interno o all'esterno delle istituzioni interessate, e per l'inclusione nell'ambito applicativo del lobbying nei confronti dell'Esecutivo, prima escluso. Sono stati inoltre tipizzati i contenuti della registrazione e dell'obbligo di rendiconto periodico, per introdurvi la puntuale indicazione delle generalità del cliente del lobbista, dell'eventuale esistenza di finanziamenti versati da altri soggetti, del concorso di enti stranieri in qualche modo collegati al cliente o in posizione di controllo sullo stesso, dell'ammontare delle somme guadagnate dal lobbista e delle spese da questo sostenute nell'attività prestata per il cliente. Le stesse modalità di registrazione e di disclosure sono state riformulate in modo da fare riferimento al cliente interessato, comprendendo tutti i lobbisti impiegati per la prestazione del servizio; le modalità della registrazione e le conseguenze dell'inottemperanza a tale obbligo sono oggetto di disposizioni assai specifiche e minuziosamente articolate. Sul piano sanzionatorio, l'opzione legislativa si è concentrata prevalentemente su sanzioni civili anziché penali, assegnando più incisivi poteri di intervento al Secretary of the Senate e al Clerk of the House e comunque riservando all'autorità giudiziaria (nella figura dell'Attorney for the District of Columbia) il compito di perseguire le eventuali infrazioni.
  Merita infine segnalare come l'adozione di una disciplina in materia di attività di rappresentanza di interessi sia sollecitata da organismi internazionali. Si tratta in particolare della Commissione europea che si è espressa in tal senso nella relazione 2024 sullo Stato di diritto. Al tempo stesso, la relazione registra tra gli elementi positivi l'utilizzo, alla Camera dei deputati, del registro sulla rappresentanza di interessi. Le medesime valutazioni sono giunte, negli ultimi anni, nei rapporti periodici del gruppo GRECO del Consiglio d'Europa, il «gruppo di Stati contro la corruzione» istituito nel 1999 all'interno del Consiglio per monitorare il rispetto, all'interno degli Stati, degli standard e delle norme anticorruzione elaborate dall'organizzazione.

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3. Gli elementi emersi nel corso dell'indagine

  3.1 L'importanza della regolamentazione della rappresentanza di interessi

  L'indagine conoscitiva ha preso avvio sulla base del riconoscimento comune a tutte le forze politiche dell'importanza di una regolamentazione della rappresentanza di interessi in considerazione del fatto che si tratta di un tema di particolare complessità per le democrazie contemporanee nella cui disciplina è necessario procedere al delicato bilanciamento tra esigenze assai diverse. Come già evidenziato, il programma dell'indagine ha evidenziato che, da un lato, occorre garantire la rappresentanza di interessi quale elemento del più generale sistema della partecipazione al processo democratico di decisione politica, assicurando e tutelando l'eguaglianza, il pluralismo, la valorizzazione delle competenze tecniche, e che, dall'altro, è necessario evitare che la decisione politica sia formata sulla base di interessi settoriali non trasparenti, anche attraverso il rafforzamento degli strumenti finalizzati ad acquisire valutazioni di impatto economico, amministrativo e politico della decisione pubblica in un'ottica di efficacia e di migliore qualità della legislazione. È stato quindi sottolineato come nelle democrazie avanzate il punto di equilibrio tra queste diverse esigenze sia individuato nell'adozione di procedure trasparenti e regolate che rendano chiaro l'apporto dei diversi gruppi di interesse.
  Partendo da tale presupposto, nel corso delle audizioni è stato sottolineato che l'attività di lobbying, oltre che lecita, è utile per il decisore pubblico, in quanto consente di acquisire informazioni tecniche, altrimenti difficilmente comprensibili, e di prevenire impatti economicamente e socialmente insostenibili delle decisioni che si vogliono adottare: in tal modo il decisore pubblico è nelle condizioni di realizzare una legislazione di qualità anche attraverso l'expertise, la competenza di coloro che svolgono proprio come attività professionale quella di portare l'interesse all'attenzione di chi poi dovrà decidere (Prof. Frosini, Prof.ssa Nicotra), interesse che non necessariamente deve essere un interesse economico potendo avere molteplice natura (Prof.ssa Nicotra). In particolare è stato evidenziato che i gruppi di pressione sono un elemento indefettibile del sistema democratico in quanto coadiuvano le istituzioni e le amministrazioni nel processo di composizione degli interessi, offrendo un apporto conoscitivo ai decisori funzionale ad adempiere al meglio alla «scelta pubblica» (Comin, Ferpi, #Lobbying4Change) e che la loro partecipazione a tale sistema deve emergere per evitare che nell'oscurità si celino situazioni patologiche (Prof. Petrillo). Il Prof. Bilancia ha ricondotto la rappresentanza di interessi all'articolo 50 della Costituzione, in base al quale «Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità», considerando gli interessi quali «comuni necessità» che vengono portate all'attenzione delle istituzioni rappresentative per essere assunte e metabolizzate nei processi decisionali pubblici, mentre altri auditi hanno sostenuto come in presenza della crisi dei partiti politici, tradizionali mediatori degli interessi della società civile presso le istituzioni pubbliche, la rappresentanza degli interessi abbia assunto un'importanza maggiore (Prof.ssa Lorello e Prof. Frosini). In particolare il Prof. Frosini ha parlato della rappresentanza politica come macrocategoria nella quale confluiscono sia la rappresentanza parlamentare che la rappresentanza di interessi, secondo una declinazione costituzionale della sovranità popolare (articolo 1, comma secondo, Cost.) e dell'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articolo 3, comma secondo, Cost.), mentre la Prof.ssa Lorello ha rilevato come anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 379 del 2004, relativa proprio all'introduzione della partecipazione dei portatori di interesse nel processo di decisione pubblica, sia legislativa che amministrativa, della regione Emilia-Romagna, abbia visto nella partecipazione dei portatori di interesse proprio lo strumento attraverso cui supplire alle eventuali carenze che la rappresentanza politica presenta in considerazione della crisi del sistema dei partiti.Pag. 29
  Ponendosi in tale solco interpretativo la Prof.ssa De Minico ha invece evidenziato come rappresentanza di interessi e rappresentanza politica, pur avendo un minimo comune denominatore, in quanto creano forme di interposizione di persona e rendono quindi presente a un atto un soggetto che non voglia o non possa essere presente, abbiano natura diversa. La rappresentanza politica raccoglierebbe le domande che vengono dagli elettori e poi le mescolerebbe per dar vita a un progetto politico nel quale l'uomo non è preso in considerazione per una sua semplice manifestazione, come frazione, ma è preso in considerazione come persona nella sua integrità costituzionale, come uomo economico, come uomo politico, come uomo sociale, motivo per cui l'atto è imputabile a un soggetto terzo che è appunto il Parlamento e l'interesse che il rappresentante fa valere certamente non è l'interesse del rappresentato ma è l'interesse della Nazione. Diversamente la rappresentanza di interessi sarebbe una sorta di rappresentanza negoziale: l'interesse rappresentato può non essere riferito a un individuo, può essere riferito anche a un gruppo di soggetti, ma comunque non assurge a dignità di interesse pubblico. Da qui la necessità di disegnare con una apposita regolamentazione la rappresentanza di interessi anche per valorizzare la rappresentanza politica e non per sostituirla.
  La necessità di una specifica disciplina è stata rilevata in considerazione della frammentarietà dell'attuale disciplina sui gruppi di pressione (data l'esistenza solo di alcune normative regionali e di norme all'interno del Regolamento della Camera dei deputati sulle quali si è soffermato il SI.RI.P) e dell'assenza di una legge organica (Prof. Frosini, Prof.ssa Nicotra, Prof. Petrillo, Ferpi); in particolare il Prof. Bilancia ha ricordato come anche la Corte costituzionale si sia dotata nel 2020 di una normativa che promuove la rappresentanza di interessi attraverso l'ammissione nel processo costituzionale delle opinioni degli amici curiae, e come quindi sia stata avvertita l'esigenza di una relativa disciplina anche in un procedimento che non è certo un procedimento legislativo parlamentare che alla mediazione tra gli interessi è invece espressamente votato.
  È stato inoltre rilevato che, pur nella diversità delle forme di regolamentazione, in tutti i Paesi democratici (con l'eccezione di Italia, Grecia e Spagna) esistono norme puntuali che disciplinano la relazione tra interessi privati e soggetti pubblici, nella consapevolezza che i primi hanno tutto il diritto di influenzare i secondi a condizione che sia assicurata la parità di accesso e la trasparenza del processo decisionale (Ferpi). Le analisi di diritto comparato evidenziano come nei sistemi in cui il Parlamento è «forte» – nel senso che gioca un ruolo chiave nei processi politici – esista una regolamentazione della rappresentanza parlamentare delle lobbies; all'opposto, al Parlamento debole corrispondono interessi oscuri (Prof. Frosini).
  È quindi emerso che l'attività di lobbying deve però essere svolta all'interno di un quadro regolatorio definito, che ponga l'accento sugli eguali diritti di ogni portatore di interessi e sulla piena trasparenza dei processi decisionali: in assenza di tale quadro si penalizza la qualità della politica e si contribuisce a demonizzare un'attività che è invece legittima, utile e parte integrante della democrazia (Prof. Frosini, Lobbying4Change, Ferpi). L'istituzionalizzazione della rappresentanza di interessi garantisce così, da un lato, l'accesso dei gruppi di interesse ai procedimenti decisionali e, dall'altro, rende trasparenti i rapporti tra le parti, divenendo uno dei maggiori indicatori della democraticità di un sistema politico, perché influisce positivamente sulla partecipazione alla formazione delle politiche pubbliche, sul pluralismo e sul bilanciamento di interessi diffusi, nonché sulla trasparenza delle politiche pubbliche (Open gate Italia, UNA). Il lobbying, se correttamente canalizzato, configura pertanto uno strumento funzionale ad approfondire sul piano materiale i diversi ambiti oggetto dell'intervento politico-normativo e, quindi, la portata pratica e tecnica delle misure in corso di definizione (Confartigianato, CNA e Casartigiani).

  3.2. L'ambito soggettivo della regolamentazione

  Come evidenziato, in primo luogo l'indagine conoscitiva è stata volta ad approfondirePag. 30 l'ambito soggettivo dell'intervento normativo, tanto con riferimento all'individuazione del «decisore pubblico» quanto in riferimento all'individuazione del «soggetto portatore di interessi».
  Per quanto riguarda il decisore pubblico, tutti gli auditi hanno convenuto sull'esigenza di applicare la disciplina della rappresentanza degli interessi non solo ai decisori politici – quindi a parlamentari, ministri, sottosegretari – ma anche al personale delle pubbliche amministrazioni. In particolare, la Prof.ssa Nicotra ha affermato che l'ambito di riferimento del decisore pubblico deve essere allargato, ad esempio, ai vertici delle autorità amministrative indipendenti, ma anche alle figure apicali della pubblica amministrazione, cioè a tutte quelle figure che in qualche modo contribuiscono al processo decisionale, a partire dai Capi di gabinetto e dai Capi dipartimento dei ministeri.
  Più specificamente, alcuni auditi hanno inoltre invitato a includere nella regolamentazione anche i dirigenti generali della pubblica amministrazione, in quanto soggetti che svolgono maggiormente il lavoro di elaborazione dei testi (in questo senso si è espressa la Prof.ssa Catelani, oltre a Telos analisi e strategie, Il Chiostro e rappresentanti di TIM).
  Un ulteriore profilo di indagine ha riguardato la possibilità di includere nella regolamentazione statale della rappresentanza di interessi anche le istituzioni regionali e locali. In tal senso si sono espressi – confermando la definizione di «decisore pubblico» elaborata nella scorsa legislatura (A.S. 2495) – il Prof. Bilancia, il Prof. Ceccanti, Telos analisi e strategie e Open Gate Italia e l'Autorità nazionale anticorruzione. Sul punto, l'ANAC ha in particolare auspicato una integrazione dei Codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, prevedendo una specifica sezione concernente la regolamentazione dei rapporti con i portatori di interessi, che recepisca un sistema di regole di comportamento comuni. La Prof.ssa Poggi, inoltre, dopo aver evidenziato che quasi tutte le regioni hanno affrontato il fenomeno delle lobbies nella propria normazione, sia a livello di statuto sia con molte leggi, con soluzioni in parte comuni e in parte differenti, ha invitato a riflettere sul titolo competenziale di cui all'articolo 117 della Costituzione sul quale fondare una legge del Parlamento, mentre il Prof. Luciani ha invitato a un intervento in due passaggi: anzitutto, l'approvazione di una legge generale, che riguardi solo il livello statale, poi l'approvazione di una legge-quadro per l'esercizio delle funzioni legislative regionali. Sul punto, la Prof.ssa Catelani ha ritenuto invece più ragionevole il modello adottato già nella scorsa legislatura, con la previsione di un'unica legge nella quale ribadire i principi generali diretti al contesto regionale.
  Relativamente invece alla definizione dei soggetti portatori di interessi, l'indagine ha riguardato, da una parte, l'estensione della categoria, con particolare riferimento alla possibilità di considerare anche gli interessi non esclusivamente economici, e dall'altra la possibilità di escludere specifici portatori istituzionali di interessi, come i sindacati, ai quali il nostro ordinamento già riconosce uno specifico status.
  Se in esito all'indagine è risultata prevalente la convinzione che la regolamentazione debba includere i cosiddetti lobbisti conto terzi, quelli che hanno diversi clienti o che lavorano presso un'agenzia che ha diversi clienti, oltre che i lobbisti in house, strutturati presso grandi società (cfr. Prof. Longo, Telos analisi e strategie, Open Gate Italia), più controversa è risultata la possibilità di ricomprendere nella definizione di rappresentante di interessi i sindacati, Confindustria, le confessioni religiose o le associazioni di enti pubblici, come l'ANCI, che hanno rapporti consolidati con Parlamento e Governo. Sul punto, l'indagine ha sostanzialmente confermato la soluzione adottata nella scorsa legislatura, con una definizione ampia dei rappresentanti di interessi e una parallela elencazione tassativa dei soggetti esclusi: si sono espressi in questo senso i Professori Bilancia, Ceccanti, Lippolis, Luciani e Poggi, ma anche Confartigianato, CNA e Casartigiani ed altri; hanno caldeggiato invece l'inclusione di tali rappresentanti di interessi nella regolamentazionePag. 31 generale Telos analisi e strategie e SECNewgate Italia. Telos analisi e strategie ha in particolare affermato l'esigenza di escludere dal novero dei rappresentanti di interessi gli iscritti all'ordine degli avvocati e all'ordine dei giornalisti. Il Prof. Lupo, invece, sottolineando la molteplicità dei soggetti che rappresentano interessi, i quali hanno uno status giuridico e costituzionale molto diverso tra di loro – dalle società che fanno lobbying professionalmente alle grandi imprese pubbliche e private, dalle confessioni religiose alle associazioni di categoria, per arrivare agli Stati stranieri, agli stessi parlamentari, ai loro collaboratori, ai giornalisti e agli ex parlamentari – ha criticato le definizioni contenute nel progetto di legge che fu approvato alla Camera nella scorsa legislatura, ritenendole poco precise. American chamber of commerce in Italy ha proposto invece di far ricadere nella disciplina della rappresentanza di interessi anche l'attività svolta da albi e ordini professionali, sindacati, ecc., con la sola esclusione dell'attività svolta da organi costituzionali o rappresentativi della sovranità popolare – nonché dai partiti politici – e di quella svolta da esponenti sindacali e imprenditoriali, nell'ambito dei processi decisionali esclusivamente vincolati all'attività di concertazione giuslavoristica.
  Un profilo particolare è stato affrontato dalla Prof.ssa De Minico, che ha sottolineato l'esigenza di definire non solo chi è il lobbista e chi è il cliente che sta dietro il lobbista, ma anche chi finanzia quel cliente, facendo un parallelo con quanto previsto dall'articolo 21 della Costituzione circa l'esigenza di rendere pubblici i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
  Infine, per quanto riguarda la definizione del soggetto portatore di interessi, una specifica attenzione nell'ambito dell'indagine è stata dedicata alla opportunità, ed eventualmente alle modalità, del coinvolgimento nell'attività di rappresentanza di interessi di soggetti che abbiano ricoperto in precedenza incarichi istituzionali o comunque abbiano rivestito ruoli nell'ambito delle istituzioni pubbliche. La quasi totalità dei soggetti auditi ha evidenziato l'esigenza di prevedere una sorta di divieto del cosiddetto pantouflage o delle porte girevoli – rappresentanti di interessi privati che diventano dirigenti pubblici e viceversa, personale politico o funzionari pubblici che diventano portatori di interessi o rappresentanti di interessi – imponendo un periodo di «raffreddamento» tra un incarico politico ed eventualmente un'attività di carattere lobbistico (in questi termini si è espressa la Prof.ssa Nicotra, ma analogamente si sono espressi anche il Prof. Bilancia, il prof. Lippolis e la Prof.ssa Poggi); la Professoressa Poggi, in particolare, ha ipotizzato un periodo di freezing che non superi l'arco della legislatura successiva, G. Comin e Telos analisi e strategie hanno suggerito un periodo di 2 anni mentre Nuove Reti ha suggerito di prevedere periodi di cooling-off differenziati in ragione dell'incarico pubblico originariamente ricoperto. Una posizione diversa è stata espressa dal Prof. Luciani, che ha evidenziato come le norme sul pantouflage renderebbero complicato l'esercizio di diritti fondamentali da parte di ex decisori politici, invitando alla prudenza e al rispetto degli stretti limiti costituzionali.

  3.3. Le modalità della regolamentazione

  Il secondo oggetto di approfondimento dell'indagine conoscitiva ha riguardato l'esame delle diverse modalità di regolazione del fenomeno, in particolare l'opportunità di ricorrere a un registro dei soggetti portatori di interesse e a un'agenda pubblica degli incontri tra questi ultimi e i decisori pubblici nonché le caratteristiche che tali strumenti dovrebbero avere. Con l'indagine conoscitiva ci si è quindi prefissi in particolare di valutare l'istituzione di un unico registro nazionale o di più registri delle diverse istituzioni o amministrazioni interessate, così come la natura volontaria o obbligatoria dell'iscrizione e i diritti e gli obblighi derivanti da essa. Inoltre, con riguardo all'ipotesi di un'agenda pubblica degli incontri tra soggetti portatori di interessi e decisori pubblici, la valutazione ha riguardato in particolare la necessità di mantenerla aggiornata e di contemperarne l'utilizzo con esigenze di riservatezza e di Pag. 32tutela della privacy, nonché le modalità di pubblicità dei dati (mediante l'eventuale ricorso a piattaforme informatiche ed open data).
  In merito al primo aspetto, la quasi totalità dei soggetti auditi si è espressa in senso favorevole all'istituzione di un registro dei portatori di interesse, pur con posizioni differenziate con riguardo alle sue caratteristiche (professori De Minico, Sassi, Poggi, Luciani, Longhi e Lippolis, ANAC nonché G. Comin, Telos, American chamber of commerce in Italy, Di Giacomo, Ferpi, #Lobbying4Change, SECNewgate Italia, Open Gate Italia, Nuove Reti, Il Chiostro, UNA – Aziende della Comunicazione Unite). In particolare, secondo il prof. Longhi l'istituzione di un registro dei lobbisti potrebbe rivelarsi una misura essenziale a salvaguardia dei principi di trasparenza, pubblicità e partecipazione, verso i quali a suo parere si rivolge opportunamente sempre di più negli ultimi decenni l'attività dei pubblici poteri. Sull'importanza del ricorso al registro pubblico ai fini di garantire la massima trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi si sono espressi anche American chamber of commerce in Italy e Open Gate Italia, mentre G. Di Giacomo (TIM) ritiene che l'iscrizione al registro e dunque la chiara identificazione dei lobbisti possa consentire loro di essere i garanti di un processo etico, trasparente ed efficace per il raggiungimento della miglior scelta possibile da parte del decisore pubblico, una volta che quest'ultimo avrà ascoltato tutte le posizioni. Come rilevato da ANAC, l'introduzione di un registro dei rappresentanti di interessi si inserisce nella più ampia prospettiva di ricondurre l'attività lobbistica nell'ambito della trasparenza dei processi decisionali e si configura quale utile strumento di prevenzione della corruzione. Sempre ANAC ricorda che anche al suo interno è stato adottato un regolamento disciplinante i rapporti tra decisori pubblici dell'Autorità (presidente, componenti del Consiglio, segretario generale e dirigenti) e portatori di interessi particolari.
  Quanto all'opportunità di istituire un unico registro nazionale o più registri delle diverse istituzioni o amministrazioni interessate, soltanto un numero limitato di auditi si è espresso esplicitamente sulla questione (Comin, Telos, analisi e strategie, American chamber of commerce in Italy SECNewgate Italia, Open Gate Italia, Il Chiostro), manifestando la propria propensione per la prima delle due ipotesi. In particolare Telos, analisi e strategie ritiene che il registro nazionale dovrebbe sostituire tutti i registri in qualsiasi forma e a qualsiasi titolo istituiti fino ad oggi dalle Camere, dalle Amministrazioni centrali, dalle Autorità indipendenti e dagli enti territoriali, mentre American chamber of commerce in Italy propende per un registro centralizzato dei lobbisti per tutte le pubbliche amministrazioni statali che offra anche un quadro di riferimento per la legislazione regionale.
  Più diversificate le posizioni in merito alla natura obbligatoria o volontaria dell'iscrizione al registro da parte dei portatori di interesse. La maggioranza dei soggetti espressisi sull'argomento, per la quasi totalità esponenti di società di consulenza, organizzazioni o di professionisti che si occupano di lobbying (Comin, Telos analisi e strategie, American chamber of commerce in Italy Lobbying4Change SECNewgate Italia, Il Chiostro), sostiene l'obbligatorietà dell'iscrizione al registro per poter esercitare l'attività di rappresentante di interessi, costituendo quindi tale iscrizione il riconoscimento ufficiale del soggetto come portatore di interessi particolari. ANAC rileva come la previsione dell'obbligatorietà o meno dell'iscrizione incida notevolmente sull'efficacia dello strumento in termini di trasparenza e di risultato da raggiungere, richiamando le critiche alla natura volontaria dell'iscrizione al registro istituito a livello europeo, secondo cui le lobbies veramente attive in Europa non vi comparirebbero. Sempre ANAC evidenzia che, se facoltativa, l'iscrizione a un registro non permette di monitorare e misurare efficacemente la portata e l'intensità del fenomeno, sia nella tipologia dei gruppi e dell'attività svolta dai lobbisti, sia nella qualità e quantità delle informazioni fornite alle istituzioni.Pag. 33
  In favore di un'iscrizione di natura non obbligatoria si sono espresse in particolare le prof.sse De Minico e Sassi, le quali hanno inteso sottolineare la preferenza rispettivamente per una soluzione caratterizzata da una maggiore flessibilità delle forme e per un sistema basato sulla premialità. In particolare, secondo la prof.ssa De Minico non deve in alcun modo essere obbligatorio per il Parlamento – che rimane il dominus dell'istruttoria – attingere soltanto dal registro.
  Con riguardo ad un sistema basato sulla premialità, ha manifestato il proprio scetticismo il prof. Lippolis, unico tra i docenti universitari a sostenere l'obbligatorietà dell'iscrizione al registro sia perché in caso contrario si perderebbe a suo avviso molta dell'incisività della normativa sia perché egli non ritiene vi siano vantaggi talmente significativi da indurre il portatore di interesse ad iscriversi volontariamente. Anche il professor Luciani, pur essendosi dichiarato favorevole all'istituzione di un registro, ha evidenziato la necessità di tenere in conto le esigenze di efficienza e snellezza della normativa in materia.
  In ogni caso la grande maggioranza degli auditi ritiene che dall'iscrizione (volontaria o obbligatoria che sia) al registro dovrebbero discendere vantaggi per i rappresentanti di interesse in termini di accesso alle informazioni e di partecipazione all'iter legislativo. ANAC fa presente che l'obiettivo del registro dovrebbe essere quello di garantire che più soggetti possibili siano in grado di stabilire un contatto con il decisore pubblico e che ai fini del raggiungimento di tale obiettivo è necessario creare un meccanismo incentivante all'iscrizione. In sostanza, sulla base dei diversi suggerimenti dei soggetti auditi (American chamber of commerce in Italy, Comin, Telos analisi e strategie, FERPI, #Lobbying4Change), soltanto agli iscritti dovrebbe essere consentito di: accedere ai locali dei decisori pubblici; partecipare alle attività degli intergruppi e di altri raggruppamenti non ufficiali organizzate nei locali del Parlamento; incontrare i diversi capi di gabinetto dei Ministeri; partecipare ad alcune fasi dell'iter legislativo; assistere alle procedure decisionali e acquisire i documenti relativi alla fase istruttoria (bozze, note, lavori preparatori) anche attraverso l'accesso ad aree specifiche dei siti web istituzionali. Secondo Nuove reti, agli iscritti al registro dovrebbe essere garantito un vero e tempestivo accesso alle informazioni mediante l'istituzione di una piattaforma digitale dedicata tramite la quale, in relazione ad esempio all'attività parlamentare, poter consultare atti e proposte normative contestualmente al loro deposito e seguire i lavori delle Commissioni parlamentari. In maniera analoga, secondo Comin, il registro dovrebbe essere organizzato come una piattaforma abilitante, ad esempio prevedendo sezioni ad hoc per le consultazioni pubbliche e la partecipazione al ciclo programmatico delle politiche pubbliche (policy). Alcuni auditi (Comin, Telos analisi e strategie) ritengono inoltre che andrebbero rese obbligatorie le procedure di consultazione di un atto normativo o regolatorio di carattere generale (fatta salva l'esclusione di alcune tipologie di atti predeterminati dal legislatore) e andrebbe prevista la possibilità per i portatori di interessi di contribuire alle attività di analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) e di verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR) riguardanti gli atti normativi del Governo, compresi gli atti adottati dai singoli Ministri e i provvedimenti interministeriali. Secondo Telos analisi e strategie ogni contributo fornito dai rappresentanti di interessi alla formazione di un atto normativo deve essere adeguatamente rendicontato e reso accessibile al pubblico in un'apposita sezione del registro. L'opinione di #Lobbyng4Change è che debbano essere i decisori pubblici e le loro strutture operative a rendere noti i processi decisionali con apposite sezioni dei siti web, preferibilmente riservate agli iscritti dal registro, che informino sull'iter decisionale e sui soggetti responsabili e mettano a disposizione la documentazione pertinente e quant'altro utile a conoscere il processo e a contribuirvi.
  Sempre con riguardo all'istituzione del registro, alcuni auditi si sono soffermati sulle questioni relative ai dati da inserirvi e alle modalità di accesso. Quanto al primo aspetto, nell'iscrizione al registro dovrebbero essere riportati – per ogni soggetto – la società di appartenenza e i settori di interesse; allo Pag. 34stesso tempo, si dovrebbe rendere pubblica la sua storia professionale, con l'indicazione di eventuali incarichi pubblici ricoperti (SECNewgate Italia), e giudiziaria del professionista, valutandone la non ammissione in caso di condanne per reati di mafia o corruzione ai danni dello Stato (American chamber of commerce in Italy). ANAC, nel riconoscere che requisiti troppo restrittivi per l'iscrizione potrebbero restringere la platea di quanti possano accedere ai decisori pubblici ed escludere i rappresentanti di interessi meno organizzati, ritiene comunque imprescindibile ottenere le informazioni chiave, e quindi sapere con chiarezza chi è il soggetto che chiede di iscriversi, quali sono gli interessi rappresentati nonché le risorse finanziarie e umane coinvolte nell'attività di lobbying.
  Secondo SECNewgate Italia, in capo al professionista deve essere l'onere di aggiornare a cadenza definita il proprio profilo mentre UNA – Aziende della Comunicazione Unite ritiene si debba sempre tenere conto che le agenzie che svolgono attività di relazioni istituzionali rappresentano un numero cospicuo di aziende e organizzazioni, anche con interessi divergenti e con progetti diversi, e per tali motivi nelle modalità di redazione del registro si dovrà tenere conto della possibilità di un'interazione agevole e semplificata. Il medesimo audito sottolinea inoltre che l'eccessiva trasparenza può dare vita a una mole di dati e informazioni che rischiano di generare confusione e difficoltà di interpretazione. A parere di #Lobbying4Change il registro dovrebbe essere facilmente consultabile in rete e le informazioni in esso contenute dovrebbero essere rese disponibili in formato «dati aperti» come previsto dal codice dell'amministrazione digitale.
  La prof.ssa Poggi ritiene che un aspetto delicato e meritevole di grande attenzione della previsione del registro riguardi le modalità di accesso, vale a dire se l'accesso debba essere riservato o pubblico. A suo parere, con un bilanciamento delle diverse esigenze, bisognerebbe garantire l'accessibilità del registro, senza tuttavia consentire la sua totale pubblicità verso l'esterno, come invece previsto nel più volte richiamato disegno di legge della scorsa legislatura. In maniera analoga, secondo il prof. Lippolis va valutato con prudenza l'aspetto relativo ai dati che devono essere inseriti nel registro e alla loro ostensibilità.
  Sull'ipotesi di un'agenda pubblica degli incontri tra i soggetti portatori di interessi e i decisori pubblici si è registrato un ampio consenso, benché alcuni dei soggetti auditi abbiano invitato a privilegiare, in particolar modo su questo aspetto, una normativa quanto più possibile snella e leggera. La sollecitazione è volta a evitare da un lato un aggravio di obbligazioni per il decisore pubblico e nello specifico per colui che gestisce l'agenda (prof. Luciani) e dall'altro un'eccessiva procedimentalizzazione che potrebbe favorire fenomeni di aggiramento della normativa piuttosto che il suo rispetto (prof. Poggi). Su tale aspetto è stato richiamato, quale esempio da non riprendere, il contenuto del disegno di legge S. 2495, che, a detta della prof. Poggi, prevedeva addirittura la possibilità di instaurare un contraddittorio tra il decisore pubblico e il portatore di interessi sulle informazioni contenute all'interno dell'agenda, vigilata da un comitato di sorveglianza formato quasi completamente da magistrati.
  Quanto al contenuto di tale agenda, la prof.ssa Nicotra, nel ricordare che essa esiste già presso alcune amministrazioni indipendenti e che è prevista in particolare nel regolamento dell'ANAC dal 2019, ritiene che al suo interno si debbano indicare il nome del rappresentante di interessi, il nome del decisore pubblico con il quale lo stesso rappresentante ha avuto il contatto, il luogo dell'incontro e anche una sintesi di quanto è stato detto in quel particolare contesto. Con riguardo alla richiamata esperienza dell'ANAC, l'agenda pubblica degli incontri con i portatori di interessi riporta le informazioni sui soggetti incontrati e sulle modalità e sulle finalità degli incontri ed è pubblicata sul sito dell'Autorità nella sezione «Amministrazione trasparente» a cura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ed è aggiornata settimanalmente. Secondo ANAC, l'agenda, al pari del registro, concorre a un sistema trasparente di assunzioni delle decisioni pubbliche, in Pag. 35quanto tende a rendere pubbliche le posizioni di cui i rappresentanti sono portatori.
  Quanto alla pubblicazione di tali informazioni e alla loro accessibilità, si pongono evidentemente problemi di privacy e quindi di tutela dei dati personali, ai quali – secondo la prof.ssa Nicotra – si potrebbe ovviare prevedendo che il rappresentante di interessi sia messo previamente a conoscenza da parte del decisore pubblico della pubblicazione delle informazioni relative all'incontro.
  Quanto a chi spetti l'onere di compilare l'agenda, rendicontando gli incontri avvenuti, la maggior parte dei soggetti che si sono espressi specificamente sul tema propende per il decisore pubblico. Sul punto il prof. Longo considera preferibile tale soluzione rispetto invece a quella adottata nel progetto di legge della scorsa legislatura, che attribuiva l'onere di rendicontare gli incontri con il decisore pubblico in gran parte ai rappresentanti di interessi. Telos analisi e strategie rileva in particolare che, coerentemente con quanto previsto dalla normativa dell'Unione Europea (si veda, ad esempio, la decisione della Commissione Europea 2014/839/UE del 25 novembre 2014 relativa alla pubblicazione delle informazioni riguardanti le riunioni tra i membri della Commissione e le organizzazioni o i liberi professionisti), la rendicontazione degli incontri e della documentazione ricevuta dai rappresentanti di interessi dovrebbe spettare al decisore pubblico. Analoga la posizione di #Lobbing4change secondo cui parlamentari, membri del Governo e loro collaboratori diretti nonché alti dirigenti pubblici dovrebbero pubblicare su una pagina istituzionale unica gli incontri con i portatori di interessi, corredandoli possibilmente di informazioni relative alla data e al luogo, ai temi in discussione e ai partecipanti. Sempre secondo #Lobbing4change dovrebbero essere registrati anche gli incontri effettuati in videochiamata o con altri sistemi digitali.
  In un'ottica di non integrale pubblicità dell'incontro si sono espressi altri soggetti. Open gate Italia suggerisce che il decisore aggiorni con cadenza settimanale l'elenco degli incontri svolti, inserendo le relative informazioni (rappresentante di interessi incontrato, luogo dell'incontro, argomento trattato) in formato aperto e riutilizzabile, nella parte del Registro ad accesso pubblico, e fornisca una sintesi dei contenuti dell'incontro, entro quarantacinque giorni dalla data di svolgimento. Secondo il Chiostro sia registro che agenda potrebbero essere aggiornati con cadenza temporale quadrimestrale, indicando soltanto i temi generali di trattazione negli incontri per contemperarne l'utilizzo con esigenze di riservatezza e tutela della privacy. Diversamente dagli altri soggetti, SEcNewgate ha proposto che sia il rappresentante di interessi a provvedere a una rendicontazione annuale degli incontri svolti e degli interessi rappresentati, mediante redazione di un'apposita relazione da inviare all'ente titolare della gestione del registro, che provvederà alla pubblicazione.

  3.4 L'autorità di vigilanza

  Il terzo oggetto di approfondimento dell'indagine conoscitiva ha riguardato l'individuazione dell'autorità alla quale attribuire le funzioni di vigilanza e, conseguentemente, il potere sanzionatorio.
  In merito, nel corso delle audizioni sono state considerate diverse possibilità: dall'attribuzione di questo compito a un'autorità indipendente, scegliendo tra quelle già istituite, all'istituzione di una autorità indipendente ad hoc, all'attribuzione di queste funzioni a una struttura governativa oppure al Parlamento.
  L'ipotesi dell'istituzione di un'autorità apposita, con proprio personale e sufficienti stanziamenti di spesa (avanzata dalla prof.ssa Sassi, oltre che da American chamber of commerce in Italy, da #Lobbying4Change e da SECNewgate Italia), è stata valutata negativamente dalla maggior parte degli auditi (cfr. Prof.ssa Catelani, Prof. Ceccanti, Prof.ssa Fabrizzi, Prof. Lippolis, Prof. Luciani, Prof. Pastore). In particolare, la Prof.ssa Fabrizzi e il Prof. Pastore hanno evidenziato che la creazione di un organismo ad hoc determinerebbe un ulteriore peso sul bilancio dello Stato e contravverrebbe alle esigenze di economicità dell'azione amministrativa, oltre ad andare in direzione contraria rispetto all'obiettivo di uno snellimento della macchina amministrativa statale.Pag. 36
  Maggior seguito ha avuto la proposta di attribuire le funzioni di vigilanza a una autorità indipendente già istituita, non fosse altro perché alcune di queste, come ad esempio l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ma anche l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), hanno proprio il compito di rendere le relazioni istituzionali e le relazioni pubbliche trasparenti (così si è espressa la Prof.ssa Nicotra).
  Per quanto riguarda, in particolare, l'attribuzione delle funzioni di vigilanza all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Prof.ssa Fabrizzi ha sottolineato che ciò avrebbe l'indubbio vantaggio di ricondurre la regolazione della rappresentanza degli interessi nell'ambito delle lecite attività commerciali, anche tenuto conto che nella regolazione della rappresentanza degli interessi vi è un importante profilo di tutela della concorrenza e della parità di accesso al decisore pubblico, che ben potrebbe sposarsi con la mission dell'Antitrust. Peraltro, già il progetto di legge approvato nella scorsa legislatura (AC 196-721-1827-A) affidava all'Autorità garante della concorrenza e del mercato questa competenza, creando all'interno dell'Autorità un comitato di sorveglianza composto da un magistrato di Cassazione, un magistrato della Corte dei conti e un membro del CNEL. Sul punto, se il Prof. Ceccanti ha sostenuto la bontà di quella scelta, suggerendo di integrare la composizione del comitato con qualche membro eletto dal Parlamento, il Prof. Lippolis ha invece sostenuto l'opportunità di affidare la competenza direttamente all'Autorità per la concorrenza, senza la creazione di ulteriori organi interni (stessa soluzione proposta da G. Comin e da Open Gate Italia). Alcuni auditi, invece, hanno contestato l'attribuzione delle funzioni di vigilanza all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sottolineando che gli interessi oggetto della regolazione non sono necessariamente solo di natura economica (in questi termini si sono espressi la Prof.ssa Catelani e il Prof. Luciani).
  Non ha trovato sostenitori la possibilità di attribuire le funzioni di vigilanza all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), avendo molti auditi sottolineato che il fine ultimo dell'intervento normativo non dovrebbe essere quello di prevenire fenomeni corruttivi e che, conseguentemente, non è opportuno attribuire al lobbying una connotazione negativa (Prof.ssa Fabrizzi, Prof. Longo, Prof. Luciani, G. Comin). Di contro, nella memoria fatta pervenire alla Commissione, l'Autorità nazionale anticorruzione si è resa disponibile a svolgere un ruolo di supervisione del sistema, candidandosi alla tenuta di un eventuale registro di chi svolge l'attività di rappresentanza degli interessi, richiamando l'esperienza già maturata nella tenuta di albi ed elenchi nel settore dei contratti pubblici.
  È stato peraltro evidenziato che le stesse autorità indipendenti, in virtù delle loro competenze regolatorie e a volte decisorie, hanno una continua prossimità con gli stakeholder e quindi sono in realtà esse stesse soggette al lobbying (Prof. Longo).
  Ciò ha indotto a considerare ipotesi diverse e segnatamente l'attribuzione delle funzioni di vigilanza alla Presidenza del Consiglio – opzione poi rigettata da pressoché tutti gli auditi – ovvero al Parlamento. A favore della tenuta in Parlamento sia dell'agenda che del registro si sono espressi tanto il Prof. Clementi quanto il Prof. Bilancia, sottolineando che se si discute di attività di rappresentanza degli interessi all'interno dei processi decisionali parlamentari è essenziale evitare l'interferenza sui lavori parlamentari di autorità esterne, siano esse il Governo o le authorities.
  Più ampia convergenza si è registrata però su una diversa ipotesi, non considerata nei progetti della scorsa legislatura: l'attribuzione delle funzioni di vigilanza al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (in questo senso si sono espressi la Prof.ssa Fabrizzi, il Prof. Longhi, il Prof. Longo, il Prof. Luciani, il Prof. Pastore, ma anche FERPI). In particolare, mentre il Prof. Longo ha evidenziato che il CNEL non vive le stesse pressioni che vivono le autorità indipendenti, è un organo di rilevanza costituzionale pensato dai costituenti come sede naturale dell'intermediazione tra Pag. 37le parti e consentirebbe, dal punto di vista simbolico, di inquadrare il fenomeno del lobbying come un fenomeno di naturale espressione delle parti rispetto al potere pubblico, il Prof. Pastore ha sottolineato che il CNEL ha già una dotazione organica, una struttura amministrativa e una composizione che potrebbero favorire un proficuo e corretto svolgimento dei compiti in esame. Circa la necessità di una legge costituzionale per poter attribuire al CNEL le funzioni di controllo sulla tenuta del registro e dell'agenda, evidenziata nel corso dell'audizione, il Prof. Pastore ha risposto negativamente, sottolineando che per il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in quanto organo a rilevanza costituzionale, la Costituzione devolve al legislatore il compito di disciplinare in via prevalente quelli che sono i meccanismi costitutivi e le attribuzioni dell'organo. Ha negato l'esigenza di una riforma costituzionale anche la Prof.ssa Fabrizzi, mentre alcune perplessità sono state avanzate dalla Prof.ssa Catelani, che ha rimarcato come l'articolo 99 della Costituzione affidi al CNEL funzioni di consulenza e di iniziativa legislativa, e non funzioni di controllo.

  3.5 L'apparato sanzionatorio

  L'ultimo ambito di intervento dell'indagine ha riguardato la natura delle sanzioni da prevedere in caso di violazione della disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi, potendosi valutare le diverse ipotesi di previsione di illeciti penali, illeciti amministrativi o di natura disciplinare.
  La maggior parte degli auditi si è anzitutto espressa a favore della previsione di un apparato sanzionatorio estremamente leggero, incentrando la disciplina della rappresentanza degli interessi su una regolamentazione incentivante più che repressiva (in questi termini si sono espressi la Prof.ssa Catelani, il Prof. Ceccanti, la Prof.ssa De Minico, la Prof.ssa Fabrizzi e la Prof.ssa Poggi).
  Se FERPI ha proposto di valutare l'estensione del reato di esercizio abusivo della professione anche all'attività del rappresentante di interessi, assolutamente contrario alla previsione di ulteriori sanzioni penali si è dichiarato il Prof. Pastore (pur avendo contestualmente rilevato che in molti ordinamenti, come il francese, lo statunitense, l'inglese e il tedesco, la legislazione in materia è presidiata da una serie di reati). Egli ha evidenziato, infatti, che nel nostro ordinamento sono già presenti fattispecie di reato che possono essere utilizzate per contrastare la violazione delle disposizioni sulla rappresentanza degli interessi e si avverte invece più forte l'esigenza di una depenalizzazione. In merito alle fattispecie astrattamente applicabili, il Prof. Bilancia ha invitato a valutare una diversa definizione del reato di traffico di influenze illecite, di cui all'articolo 346-bis del codice penale, al fine di evitare il rischio che una qualunque violazione di una disposizione della disciplina di regolamentazione delle lobbies integri automaticamente tale reato (questo prima delle modifiche apportate a tale reato dalla legge di riforma del codice penale approvata definitivamente dalla Camera il 10 luglio 2024, cosiddetto DDL Nordio).
  Alcuni auditi hanno proposto che le sanzioni derivanti da una mancanza nella rendicontazione o dalla contravvenzione rispetto a un eventuale codice etico si risolvano in primo luogo in un danno reputazionale o di responsabilità politica, in termini di assenza di trasparenza e, in secondo luogo, nella esclusione del lobbista dal registro (si è espresso in questi termini il Prof. Longo).
  Questa soluzione è stata però ritenuta un po' troppo blanda dal Prof. Pastore, che ha invece proposto di ricorrere a sanzioni amministrative, che vadano dalle più lievi a quelle più gravi – quindi dalla censura per passare alle sanzioni pecuniarie, alla sospensione, eventualmente anche alla cancellazione dal registro, all'inibizione dall'esercizio della professione, per i casi più gravi. Opinione analoga ha manifestato l'Autorità nazionale anticorruzione.
  Sanzioni disciplinari e amministrative sono state proposte anche dal Prof. Bilancia, da FERPI, da SECNewgate Italia, da UNA – Aziende della Comunicazione Unite e da American chamber of commerce in Italy, che ha altresì sottolineato l'esigenza Pag. 38di garantire il pieno diritto al contraddittorio nell'ambito delle procedure di erogazione delle suddette sanzioni.

4. Conclusioni

  Dall'attività svolta in sede di indagine conoscitiva è emerso un comune consenso degli auditi sul fatto che la trasparenza dei processi decisionali pubblici sia un'esigenza consustanziale ai regimi democratici, che ne hanno bisogno sia nella fase ascendente (della trasmissione delle domande dalla società civile alla società politica) che in quella discendente (della trasmissione delle decisioni dalla società politica alla società civile). È soprattutto in questa prospettiva che gli auditi hanno messo in luce la necessità di una regolazione legislativa della materia. Un'esigenza che è da ultimo ribadita anche dalla relazione della Commissione europea sullo stato di diritto in Italia pubblicata il 24 luglio 2024.
  Anche le recenti modifiche al reato di traffico di influenze illecite, operata dalla legge di riforma del codice penale approvata definitivamente dalla Camera il 10 luglio 2024 (cosiddetto «DDL Nordio») spingono verso una regolazione del fenomeno della materia della rappresentanza degli interessi.
  Sebbene la politica non possa essere integralmente condotta nello spazio pubblico e per quanto abbia bisogno anche di riserbo, gli auditi non hanno ritenuto che l'esigenza di riservatezza possa prevalere indiscriminatamente su quella di trasparenza, specie sul terreno della rappresentazione degli interessi sociali al decisore politico. Si potrebbe dire che il rendere conto delle scelte pubbliche ai cittadini non è pienamente possibile se gli elementi di quel rendi-conto non sono altrettanto adeguatamente palesati.
  Questo peraltro costituisce uno dei fattori di perdurante forza dei processi decisionali che si svolgono nelle democrazie pluraliste e nei parlamenti democratici.
  La libera deliberazione parlamentare garantisce infatti comunque, attraverso il pubblico confronto delle diverse posizioni nelle Commissioni e nelle Assemblee, una trasparenza delle decisioni che non potrà mai essere raggiunta da procedure di altra natura, tecnocratiche o di presunta «democrazia diretta». Nella deliberazione parlamentare già oggi confluiscono le istanze degli interessi organizzati, sia nella misura in cui queste istanze sono fatte proprie dal sistema dei partiti e dai meccanismi della rappresentanza democratica sia attraverso le procedure di istruttoria legislativa (audizioni, indagini conoscitive, consultazioni pubbliche).
  Inoltre, anche da parte di altre forme di regolazione pubblica (come quelle svolte dalle autorità indipendenti) già attualmente si tenta di superare l'originario e ineliminabile deficit democratico rispetto alla deliberazione parlamentare attraverso il ricorso a strumenti di better regulation come le consultazioni pubbliche.
  Si tratta quindi di potenziare ed aggiornare questi strumenti sia nel procedimento legislativo sia nelle altre forme di regolazione.
  L'attenzione degli auditi per questa esigenza sembra pertanto connettersi al generale principio della trasparenza della fase istruttoria del processo decisionale.
  Il punto cruciale, al riguardo, sembra quello di individuare il punto di equilibrio fra la necessaria riservatezza che talora – in alcuni snodi particolarmente delicati del processo decisionale – deve caratterizzare il dialogo fra i decisori politici e l'altrettanto necessaria trasparenza che deve caratterizzare l'immissione degli interessi economico-privati (o anche genericamente sociali) nel processo decisionale pubblico.
  Dall'indagine conoscitiva è emersa l'importanza di una chiara definizione delle nozioni fondamentali che entrano in giuoco in una normativa sulla rappresentanza degli interessi innanzi il decisore politico.
  Quanto, appunto, alla nozione di «decisore pubblico» è pacifico che debba trattarsi anzitutto del decisore «politico». In tale definizione possono rientrare i componenti del Governo, i parlamentari, i presidenti e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome, i componenti dei consigli regionali e delle province autonome, i sindaci, i componenti delle giunte e dei consigli dei comuni di maggiori dimensioni (ad esempio quelli capoluogo di regione, ovvero quelli superiori a 100.000 abitanti).Pag. 39
  Soggetti alla disciplina legislativa della materia dovrebbero essere poi anche altri «decisori pubblici» che siano comunque titolari di autonomi poteri di regolazione, quali ad esempio i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti, gli organi di vertice di Agenzie e di altri enti pubblici.
  Soggetti alla disciplina dovrebbero infine essere i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei decisori fin qui richiamati.
  Il modello che sembra maggiormente condiviso appare quello di una legge che per un verso determini norme direttamente applicabili a livello di amministrazioni centrali e di enti locali e per l'altro valga da legge-quadro per le regioni a statuto ordinario e da legge di principio per le regioni a statuto speciale.
  Per il necessario rispetto dell'autonomia delle Camere, la legge dovrebbe poi stabilire che le Camere si adegueranno ai principi da essa stabiliti nell'ambito appunto della propria autonomia regolamentare.
  Quanto alla nozione di «portatore di interessi», sembra maggiormente condivisa l'idea che debba trattarsi di qualunque soggetto privato che intenda promuovere interessi diffusi, categoriali o collettivi, di qualunque genere, con l'esclusione di alcune figure caratterizzate da peculiarità o da autonomi circuiti di dialogo e concertazione con il decisore pubblico quali confessioni religiose, partiti o movimenti politici, organizzazioni sindacali dei lavoratori o degli imprenditori, etc.
  Discussa è la questione del trattamento degli ex decisori pubblici e probabilmente le proposte che tendono a escluderli da attività di rappresentanza degli interessi per un lunghissimo periodo di tempo appaiono eccessive mentre più ragionevole appare una moratoria più breve, ad es. di un anno, come già previsto dalla disciplina interna della Camera dei deputati e in analogia a quanto previsto dalla legge n. 215 del 2004 in materia di incompatibilità di determinati incarichi successivamente alla cessazione degli incarichi di governo.
  Essenziale l'istituzione di un registro dei portatori di interessi privati. Numerosi auditi hanno optato per la previsione di un'iscrizione su base volontaria, ma in questo caso la mancata iscrizione dovrebbe precludere l'accesso al decisore pubblico nel rispetto della nuova disciplina. In ogni caso, pur se l'iscrizione si costruisse come onere e non come obbligo, l'inosservanza di tale onere dovrebbe essere assistita da idonea sanzione.
  Come risulta da quanto si è sopra riportato, è stata molto discussa la questione di quale dovrebbe essere l'autorità chiamata alla tenuta del registro e alla vigilanza sulla corretta applicazione della nuova disciplina (mantenendo inalterate le competenze spettanti all'autorità giudiziaria e alle singole amministrazioni). Fermo restando che tutte le posizioni sostenute sono meritevoli di considerazione e attenzione, la soluzione del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) sembra essere coerente con l'idea che del CNEL avevano i Costituenti, i quali lo immaginarono (anche) come sede di moderazione del conflitto sociale.
  La legge potrebbe quindi prevedere che presso il CNEL sia istituito il registro dei portatori di interessi; anche in questo caso, la Camere dovrebbero poi valutare, nella loro autonomia, l'opportunità di aggiornamenti della propria disciplina interna, apportando eventualmente, con riferimento ad esempio alla Camera dei deputati, gli adeguamenti e i coordinamenti che si riterranno opportuni alla disciplina già esistente in materia a partire dal 2017.
  Snello, è stato osservato da molti, dovrebbe essere infine l'eventuale apparato sanzionatorio, che potrebbe essere utilmente affiancato, ancorché non interamente sostituito, da adeguati incentivi.