ALLEGATO 1
5-02650 Congedo: Chiarimenti in merito all'accertamento nei confronti dei soci di società a ristretta base partecipativa.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento al trattamento ai fini fiscali dei maggiori utili non contabilizzati da parte delle società a ristretta base sociale, richiamando la giurisprudenza secondo cui, in materia di imposte sui redditi, nell'ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione pro quota ai soci di utili extracontabili accertati nei confronti della società.
Gli interroganti osservano, altresì, che l'articolo 17, comma 1, lettera h), n. 4) quale criterio direttivo in materia di procedimento accertativo, di adesione e di adempimento spontaneo quello «di assicurare la certezza del diritto tributario, attraverso, tra l'altro: la limitazione della possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a ristretta base partecipativa ai soli casi in cui è accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l'esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti, ferma restando la medesima natura di reddito finanziario conseguito dai predetti soci.».
A parere degli Onorevoli, detto principio sarebbe da ritenersi immediatamente esecutivo, e dunque immediatamente applicabile anche con riferimento ai giudizi pendenti.
Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono quale sia l'orientamento del Ministero dell'economia e delle finanze «in relazione alle osservazioni in premessa citate, con riferimento all'accertamento nei confronti dei soci di una società a ristretta base societaria e il principio contenuto nell'articolo 17 della legge n. 111 del 2023».
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
Il tema in argomento, vale dire la questio iuris della operatività della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa è stato di recente approfondito dalla Suprema Corte di cassazione che si è recentemente espressa con tre ordinanze di analogo contenuto (cfr. Cass. civ. nn. 12575/2024, 12466/2024, 12439/2024), statuendo che: «che l'accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa legittima la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e pertanto prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell'Amministrazione finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell'ente sono stati accantonati o reinvestiti (ex plurimis, Cass. 20/12/2018, n. 32959, Cass. 07/12/2017, n. 29412)».
Con specifico riferimento alla dimostrazione che l'Amministrazione finanziaria deve fornire a fondamento della pretesa impositiva avanzata nei confronti del contribuente, la Corte di cassazione, (sez. V, con ordinanza del 19 luglio 2024, n. 19993) ha espressamente statuito che non si rinvengono «limiti di sorta al modo in cui l'anzidetta dimostrazione deve essere fornita, né questi sono rinvenibili nell'articolo 17 della legge delega n. 111 del 2023 e nella posteriore normativa di attuazione, onde deve senz'altro ritenersi consentito il ricorso alle presunzioni semplici, ossia a quegli indizi che, se gravi, precisi e concordanti, integrano ex articoli Pag. 1122727 e 2729, comma 1, del codice civile la prova richiesta dall'articolo 2697 dello stesso codice».
Vale in aggiunta precisare che il cennato articolo 17, comma 1, lettera h), numero 4), in ragione della sua dignità di norma di delega è volta esclusivamente a conformare l'esercizio della funzione normativa primaria del Governo.
L'attuazione del suddetto principio non è stata inserita nel recente decreto legislativo 2 febbraio 2024, n. 13, ma sarà recepita in prosieguo nel rispetto della tempistica assegnata dalla legge delega.
ALLEGATO 2
5-02651 Cavandoli: Chiarimenti circa l'applicabilità della quota fissa della TARI alle aree produttive di rifiuti speciali.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito della tassazione, ai fini della TARI, delle aree destinate alla lavorazione industriale e dei connessi magazzini in quanto superfici destinate a produrre rifiuti speciali.
Gli Onorevoli segnalano che alcuni comuni hanno avviato un'azione di accertamento retroattivo per il recupero della quota fissa della TARI nei confronti dei contribuenti titolari di capannoni di produzione e di depositi connessi alle aree di lavorazione.
Tale contegno degli enti locali, a parere degli Onorevoli interroganti, contrasterebbe con il dettato normativo in materia e con i chiarimenti ermeneutici espressi, anche di recente, nella circolare MITE/MEF n. 37259 del 12 aprile 2021.
Tanto premesso, gli interroganti chiedono che, sulla questione, vengano confermate «le precedenti posizioni interpretative della normativa, ovvero che la quota fissa della TARI, al pari di quella variabile, non è applicabile alle superfici di lavorazione industriale e magazzini funzionalmente connessi, in quanto aree produttive di rifiuti speciali».
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 641, della legge n. 147 del 2013, presupposto della TARI è il possesso o la detenzione di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Il successivo comma 649 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 prevede che: «Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».
Sulla base del tenore letterale di tale disposizione l'Amministrazione finanziaria nei documenti di prassi richiamati dagli interroganti ha chiarito che le superfici produttive di rifiuti speciali sono escluse completamente dalla TARI, quindi sia per la parte fissa sia per quella variabile.
La norma, nel prevedere che ai fini della determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali ancora l'esenzione dall'imposta in argomento in stretta relazione alle aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industrialiPag. 114 o artigianali imponendo ai titolari l'onere di allegare la prova dell'avvenuto trattamento di detti rifiuti.
Come evidenziato nella risoluzione n. 2 del 9 dicembre 2014 da parte del Dipartimento delle finanze l'applicazione del prelievo sui rifiuti sulle superfici specificamente destinate alle attività produttive potrebbe generare «un ingiustificata duplicazione dei costi, poiché i produttori di rifiuti speciali oltre a far fronte al prelievo comunale, dovrebbero anche sostenere il costo per lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti».
Detto indirizzo interpretativo non è tuttavia conforme al filone ermeneutico della Corte di cassazione, che si sta affermando di recente, sulla base del quale alcuni comuni hanno avviato un'attività di recupero della quota fissa TARI non versata dai contribuenti titolari delle aree in argomento.
La Suprema Corte nella sentenza 4 ottobre 2023, n. 28017, rileva che, con riferimento alle aree in argomento è dovuta la quota fissa della TARI in quanto detto prelievo attiene alla contribuzione generale ai costi complessivi del servizio e prescinde dalla effettiva produzione di rifiuti urbani o speciali, assimilabili o no.
Tanto premesso, vale osservare che, rispetto allo specifico quesito sollevato qualsiasi documento di prassi confermativo della posizione assunta dall'Amministrazione finanziaria non genererebbe un effetto vincolante nei confronti dei comuni, né tantomeno potrebbe condizionare l'esegesi del dato normativo svolta in piena autonomia dagli organi giurisdizionali.
Al fine di chiarire l'ambito applicativo dell'esenzione di cui si discute sarà valutata l'opportunità di introdurre una norma di natura interpretativa.
ALLEGATO 3
5-02653 Merola: Misure di agevolazione fiscale in favore dei comuni dell'Emilia-Romagna colpiti dal sisma del 2012.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, con riferimento ai comuni emiliani del cosiddetto «cratere ristretto», rappresenta come la legge di bilancio 2024 non abbia previsto alcuna proroga delle misure di esenzione IMU dei fabbricati inagibili.
Soggiunge che, a differenza di quanto previsto in favore dei comuni dei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, non sia stata ugualmente prevista, in materia di Superbonus, una deroga al blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito per gli interventi realizzati nei comuni del «cratere ristretto» dell'Emilia-Romagna.
Tanto premesso, l'interrogante chiede di sapere se non si ritenga opportuno adottare misure che, ripristinando parità di trattamento per tutte le aree terremotate del Paese, prevedano di prorogare all'anno 2024 l'esenzione IMU per i fabbricati inagibili a seguito degli eventi sismici dell'anno 2012 e, in relazione al Superbonus, di estendere la deroga al blocco dello sconto in fattura e alla cessione del credito alle aree terremotate dell'Emilia-Romagna.
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 74 del 2012 ha introdotto, per i fabbricati dichiarati totalmente o parzialmente inagibili ubicati nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, l'esenzione dal pagamento dell'imposta municipale unica a decorrere dal 2012 e fino alla definitiva ricostruzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2018. La misura è stata prorogata da ultimo con il comma 768 dell'articolo 1 della legge n. 197 del 2022, fino al 31 dicembre 2023.
Tanto premesso l'eventuale proroga al 2024 dell'agevolazione in argomento potrebbe comportare la necessità di rimborsare i contribuenti per il versamento della prima rata IMU i cui termini sono scaduti il 16 giugno 2024.
Per quanto concerne il secondo punto, giova preliminarmente osservare che l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, è intervenuto sulla disciplina dell'articolo 121, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, al fine di prevedere, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (17 febbraio 2023), il divieto generalizzato di esercitare l'opzione per il cosiddetto sconto in fattura o per la cessione del credito. Il medesimo articolo 2 ha introdotto, tuttavia, alcune deroghe al divieto introdotto dal comma 1.
Ulteriori deroghe sono state introdotte dal decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2024, n. 67.
In particolare, l'articolo 1, comma 1, lettera b), del citato decreto-legge n. 39 del 2024 ha inserito il nuovo comma 3-ter.1, al fine di prevedere che il divieto di optare per lo sconto in fattura e per la cessione del credito non si applica agli interventi di cui all'articolo 119, commi 1-ter, e 4-quater, del decreto-legge n. 34 del 2020, effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria il 6 aprile 2009 e a far data dal 24 agosto 2016.
Tutto ciò premesso, si evidenzia che l'estensione della deroga al blocco dello sconto in fattura e alla cessione dei crediti Pag. 116maturati a seguito di interventi di ristrutturazione e riqualificazione sugli immobili presenti nelle aree terremotate dell'Emilia-Romagna determinerebbe oneri non quantificabili in mancanza di elementi di dettaglio sulla platea oggettiva beneficiaria, che andrebbero in ogni caso contenuti in un limite di spesa come previsto dal decreto-legge n. 39 del 2024 per le zone interessate dal sisma de L'Aquila e del Centro Italia.
ALLEGATO 4
5-02652 De Palma: Dati per gli anni 2022 e 2023 relativi al regime di imposta sostitutiva per i titolari di redditi di pensione estera che trasferiscono la residenza fiscale nel Mezzogiorno.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame l'Onorevole interrogante fa riferimento alle disposizioni relative al regime fiscale opzionale introdotto dall'articolo 24-ter del TUIR in favore delle persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che trasferiscono la residenza fiscale in Italia in uno dei comuni del Mezzogiorno con popolazione non superiore a 20.000 abitanti.
Tale regime – che prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'Irpef con aliquota al 7 per cento a qualsiasi categoria di reddito prodotto all'estero, per ciascuno dei nove periodi d'imposta di validità dell'opzione – è stato esteso dall'articolo 6-ter del decreto-legge n. 4 del 2022 anche ai comuni colpiti da eventi sismici nel 2009, 2016 e 2017 purché aventi comunque popolazione inferiore a 20.000 abitanti.
Premesso che, con precedente atto di sindacato ispettivo (interrogazione n. 5-00929 del 31 maggio 2023), erano già stati forniti i dati relativi ai soggetti aderenti al nuovo regime ripartiti per regione e per anno con riferimento al triennio 2019-2021, l'interrogante chiede che vengano forniti i dati relativi agli anni 2022 e 2023 con particolare riferimento ai comuni di cui al citato articolo 6-ter del decreto-legge n. 4 del 2022.
Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si fa presente quanto segue.
Dai dati statistici delle dichiarazioni dei redditi 2023 relativi all'anno d'imposta 2022, ultimo anno disponibile, risultano 474 beneficiari della misura.
Nella tabella seguente sono riportati i «Pensionati che hanno trasferito la residenza fiscale nel Mezzogiorno» disaggregati per regione:
REGIONE* |
Frequenza |
Piemonte |
* |
Valle d'Aosta |
* |
Lombardia |
* |
Liguria |
* |
Trentino-Alto Adige (P.A.Trento) |
* |
Trentino-Alto Adige (P.A.Bolzano) |
* |
Veneto |
* |
Friuli Venezia Giulia |
* |
Emilia-Romagna |
* |
Toscana |
* |
Umbria |
* |
Marche |
11 |
Lazio |
* |
Abruzzo |
125 |
Molise |
7 |
Campania |
41 |
Puglia |
97 |
Basilicata |
9 |
Calabria |
23 |
Sicilia |
78 |
Sardegna |
75 |
TOTALE |
474 |
* Nella banca dati statistica si considera la residenza fiscale al 31 dicembre dell'anno di presentazione della Dichiarazione, pertanto possono esserci delle differenze rispetto alla residenza riferita all'anno imposta.
Le frequenze inferiori alle quattro unità sono state omesse per motivi di riservatezza.
Focalizzando l'analisi sui soli comuni «sismici», i beneficiari possono essere suddivisi per regione secondo la seguente tabella:
REGIONE |
Frequenza |
Abruzzo |
5 |
Campania |
* |
Marche |
10 |
Molise |
* |
Sicilia |
* |
Umbria |
* |
Totale |
22 |
Infine, nella tabella che segue sono riportati i «Pensionati che hanno trasferito la residenza fiscale nel Mezzogiorno» per Stato estero di provenienza. In particolare, sono evidenziati i principali paesi di provenienza mentre gli altri Stati sono raggruppati nella voce «Altri Paesi».
STATO ESTERO DI
|
Frequenza |
GERMANIA |
118 |
STATI UNITI
|
78 |
REGNO UNITO |
77 |
BELGIO |
58 |
SVIZZERA |
33 |
PAESI BASSI |
30 |
FRANCIA |
28 |
Altri Paesi |
52 |
Totale |
474 |
* Il dato si riferisce al campo RM36. Le frequenze inferiori alle quattro unità sono state omesse per motivi di riservatezza.
ALLEGATO 5
5-02654 Fenu: Dati concernenti i crediti di imposta richiesti e i relativi progetti di investimento nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES unica).
TESTO DELLA RISPOSTA
Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano il provvedimento prot. n. 305765 del 22 luglio 2024 con il quale l'Agenzia delle entrate ha determinato la percentuale del credito d'imposta effettivamente fruibile per gli investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno-ZES unica di cui all'articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124.
Tanto premesso, gli interroganti chiedono di sapere «quali siano le caratteristiche dei progetti di investimento risultanti dalle comunicazioni acquisite distinguendo, per ciascuna regione e per dimensione di impresa, il numero di domande pervenute, la tipologia di investimento e l'ambito di attività, l'ammontare dell'investimento e del credito d'imposta richiesto».
Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, ha previsto un contributo sotto forma di credito d'imposta per le imprese che effettuano investimenti dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024, relativi all'acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nella ZES unica. I requisiti oggettivi e soggettivi sono espressamente previsti dalla suindicata disciplina che ha individuato altresì le risorse disponibili per l'agevolazione nella misura di 1.670 milioni di euro.
Prima di fornire indicazioni più puntuali occorre precisare che i dati indicati nell'interrogazione fanno riferimento alle domande presentate, ma che ai fini dell'effettivo riconoscimento del credito d'imposta, sarà necessario che le spese ammissibili siano effettivamente sostenute e che vi sia perfetta corrispondenza delle stesse con la documentazione contabile predisposta dall'impresa.
La norma, infatti, prevede che i soggetti che hanno validamente presentato la comunicazione e hanno realizzato investimenti per un ammontare inferiore a quello ivi indicato debbano comunicarlo all'Agenzia delle entrate, dal 3 febbraio 2025 al 14 marzo 2025. Sulla base di tali dati l'Agenzia delle entrate rideterminerà la percentuale di spettanza del credito, rendendola nota con provvedimento del direttore da emanare entro il 24 marzo 2025.
Le comunicazioni sono state inviate dal 12 giugno 2024 al 12 luglio 2024.
L'ammontare complessivo dei crediti d'imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 12 giugno 2024 al 12 luglio 2024 è risultato pari a 9.452.741.120 euro, per un numero di richiedenti pari a 16.064.
Il numero delle domande per regione riflette la dimensione e la popolosità delle stesse. La gran parte delle domande presentate proviene da imprese con dimensione piccola o micro.