ALLEGATO 1
Documento di economia e finanza 2024. Doc. LVII, n. 2, e Allegati.
PARERE APPROVATO
La XI Commissione,
esaminato, per quanto di competenza, il Documento di economia e finanza 2024 (Doc. LVII, n. 2) e i relativi Allegati;
considerato che, in vista dell'entrata in vigore delle nuove regole europee e in considerazione dell'attuale fase di transizione verso le nuove regole delle governance economica europea e quindi della predisposizione di un quadro programmatico coerente con tali nuove regole, il DEF 2024 illustra i contenuti e le informazioni di carattere essenziale sull'andamento tendenziale dei principali dati della finanza pubblica;
osservato che in un simile contesto, il DEF 2024 sottolinea come l'economia italiana nel corso del 2023 abbia dimostrato una resilienza superiore alle attese, nonostante un quadro macroeconomico connotato da instabilità politica, elevata inflazione e da un ciclo restrittivo di politica monetaria, registrando un incremento del PIL dello 0,9 per cento, in decelerazione rispetto al 2022, ma superiore a quello della media dell'area euro (+0,4 per cento) e che, in tale contesto, la previsione tendenziale del tasso di crescita del PIL si attesta, per il 2024, all'1,0 per cento, mentre si prospetta pari all'1,2 per cento nel 2025, e all'1,1 e allo 0,9 per cento, rispettivamente, nei due anni successivi;
rilevato che, secondo le previsioni del DEF, la crescita del PIL sarà sostenuta, in particolare, dagli investimenti connessi al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e da un graduale recupero del reddito reale delle famiglie;
osservato che l'aggiornamento del quadro di finanza pubblica a legislazione vigente fissa l'indebitamento netto della PA per il 2024 al 4,3 per cento del PIL, in linea con le previsioni contenute nella NADEF 2023 e in netta diminuzione rispetto al consuntivo dello scorso anno (7,2 per cento) e che la previsione per il quadriennio 2024-2027 indica un progressivo rientro dell'indebitamento netto sul PIL lungo tutto l'orizzonte di previsione;
rilevato che la nuova proiezione macroeconomica tendenziale per il 2024 si caratterizza altresì per un tasso di inflazione significativamente inferiore a quanto previsto nella NADEF 2023;
segnalato, in particolare, che, con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione lavoro, e con riferimento, in particolare, alle tendenze recenti dell'occupazione e delle retribuzioni, il Documento sottolinea i risultati positivi registrati nel 2023 con riferimento all'andamento del mercato del lavoro, pur evidenziando che ancora non sono stati recuperati i livelli precedenti alla pandemia e che la produttività del lavoro, misurata come rapporto tra PIL e ore lavorate, ha continuato a diminuire, contraendosi complessivamente dell'1,6 per cento rispetto al 2022;
rilevato che, per quanto concerne il tasso di occupazione, questo nel 2023 ha subito un ulteriore incremento, attestandosi al 61,5 per cento (+1,3 per cento rispetto al 2022), con un aumento del numero di occupati pari al 2,1 per cento (+481 mila unità, in lieve rallentamento rispetto al 2022) che ha riguardato maggiormente i lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi;
preso atto che risultati positivi hanno riguardato anche il tasso di disoccupazione che, anche a causa della riduzione delle persone in cerca di occupazione (-4 per cento), a gennaio 2024 ha raggiunto il valorePag. 314 minimo degli ultimi 15 anni, pari al 7,2 per cento;
rilevato che il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) risulta in diminuzione rispetto al 2022, attestandosi nel 2023 al 22,7 per cento e che si registra una riduzione pari a circa 0,8 milioni degli inattivi nella fascia d'età 15-64 anni da fine 2019 a febbraio 2024, di cui 0,5 milioni di genere femminile;
osservato che, per quanto riguarda le tendenze dei salari, il Governo sottolinea la ripresa, sia pur moderata, della dinamica salariale registrata nel 2023, registrando una crescita delle retribuzioni di fatto per dipendente del 3 per cento, rispetto allo 0,3 per cento del 2022, un incremento determinato sia dalla corresponsione di importi una tantum che dall'innalzamento dei minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva nazionale;
segnalato poi che, per quanto riguarda i valori tendenziali del mercato del lavoro, il Documento sottolinea come, nonostante una leggera revisione verso il basso della previsione di crescita rispetto alle ultime stime ufficiali, l'occupazione e la disoccupazione siano attese, rispettivamente, in aumento e in diminuzione nell'intero periodo analizzato, prevedendo altresì un moderato aumento della produttività nel periodo 2024-2027, con riferimento sia a quella misurata sugli occupati (+0,4 per cento nel 2027) sia a quella misurata sulle ore lavorate (+0,3 per cento nel 2027);
rilevato che il Documento analizza altresì gli effetti sull'occupazione del Programma GOL (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), previsto dal PNRR, stimando che circa 1,5 milioni di persone inattive vengano coinvolte dal programma;
osservato che, sempre riguardo al mercato del lavoro, il Documento riporta gli interventi adottati in materia di lavoro nel corso del 2023 e nei primi mesi del 2024 volti – in linea con quanto raccomandato all'Italia nel corso degli ultimi anni dal Consiglio dell'UE – ad una maggiore inclusione di donne e giovani nel mercato del lavoro, nonché ad una protezione sociale adeguata, in particolare per i lavoratori atipici, obiettivi perseguiti attraverso il rafforzamento delle politiche attive, con l'attuazione del già citato programma «Garanzia per l'occupabilità dei lavoratori» (GOL), del Piano nazionale giovani, donne e lavoro, nonché l'istituzione dell'Assegno di inclusione ed il supporto per la formazione e il lavoro;
ricordata poi, al riguardo, l'implementazione del Sistema della certificazione della parità di genere, come previsto dal PNRR, il potenziamento delle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro, la previsione di nuovi sgravi contributivi, o la conferma di alcuni già esistenti, al fine di incentivare nuove assunzioni, e la proroga di talune indennità volte a favorire la protezione sociale di talune categorie di lavoratori, anche atipici;
segnalato che l'analisi delle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano è operata dal Documento in esame in base alla legislazione vigente, e quindi tenendo conto degli istituti transitori solo per l'orizzonte di applicazione vigente, rilevando che il rapporto tra spesa per pensioni e PIL, previsto in crescita fino ad un valore del 15,6 per cento alla fine dell'anno in corso, si mantiene stabile nel quadriennio successivo e riprende a crescere nel 2029, fino a raggiungere un picco nel 2040, con un valore pari al 17,0 per cento, per poi decrescere dal 2044 prima gradualmente e poi rapidamente, in ragione della scomparsa delle generazioni del baby boom;
preso atto degli obiettivi di policy raggiunti negli ultimi mesi dal Governo, evidenziati nel Programma nazionale di riforma 2024, in tema di riforme volte a proseguire l'azione di modernizzazione ed efficientamento della pubblica amministrazione, nonché dei risultati raggiunti in tema di semplificazione;
rilevato che il Documento ricorda che, nella modifica del PNRR, è stato previsto che i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) includano lo sviluppo di azioni a favore del lavoro autonomo, l'auto-impresa e l'imprenditorialità;
Pag. 315osservato che il Documento provvede poi a confermare l'elenco di disegni di legge da qualificare come collegati alla manovra di bilancio, con riferimento ai quali giova ricordare, per le materie di interesse della Commissione, la previsione di un disegno di legge recante misure a sostegno delle politiche per il lavoro, un disegno di legge recante interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà, un disegno di legge recante interventi in materia di disciplina pensionistica, un disegno di legge recante disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale e non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni,
esprime
PARERE FAVOREVOLE.
ALLEGATO 2
Documento di economia e finanza 2024. Doc. LVII, n. 2, e Allegati.
PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO PD-IDP
La XI Commissione,
esaminato, per quanto di competenza, il Documento di economia e finanza 2024 (Doc. LVII, n. 2 e Allegati);
premesso che:
nel contesto del cosiddetto Semestre europeo, il Documento di economia e finanza traccia una prospettiva di medio-lungo termine degli impegni, sul piano della politica economica e della programmazione finanziaria, e degli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, al fine di promuovere il coordinamento e la convergenza delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea e garantire la stabilità;
in questo contesto il Governo Meloni ha presentato per il 2024 un Documento con il solo quadro tendenziale senza offrire, come invece dovrebbe, a norma dell'articolo 10, comma 2, lettera e) della legge di contabilità e finanza pubblica (la legge 31 dicembre 2009, n. 196) un quadro programmatico di finanza pubblica per i prossimi tre anni che è stato invece rinviato al prossimo Piano fiscale-strutturale di medio termine che sarà presentato il prossimo 20 settembre;
il Governo non offre alcun dettaglio delle misure da confermare denotando qui l'incapacità di affrontare il futuro e dimostrando di avere idee poco chiare nel merito;
se come affermato in conferenza stampa dal Ministro dell'economia e delle finanze il Governo non intende incidere sul disavanzo, mantenendo perciò i saldi sui valori del tendenziale, occorre che il Governo fornisca un quadro delle misure di entrate e di spesa necessaria a reperire per il 2025 coperture finanziarie ad oggi ancora non definite;
il rifinanziamento delle politiche invariate non tiene nemmeno conto delle spese per la sanità che nel tendenziale proposto dal Governo scende ancora rispetto ad oggi al 6,2 per cento del Pil alla fine del periodo;
già nel quadro tendenziale è evidente che la crescita 2024 sarà più debole del previsto; il Governo aveva programmato una crescita del Pil dell'1,2 per cento e il documento riduce all'1 per cento la previsione che comunque è un dato superiore e ottimistico rispetto a quello dei principali previsori che si attestano tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento per il 2024 (Banca d'Italia ad inizio aprile stima 0,6 per cento la crescita per il 2024);
nel 2024 l'impatto del PNRR è stimato in 0,9 punti percentuali di Pil aggiuntivi rispetto lo scenario base; pertanto la quasi totalità della crescita è dovuta sostanzialmente all'attuazione del PNRR e anche per gli anni successivi la crescita è dovuta sostanzialmente all'effetto positivo dovuto all'attuazione del PNRR che però terminerà nel 2026;
sul fronte della finanza pubblica, l'Istat ha rilevato che il rapporto tra l'indebitamento delle amministrazioni pubbliche e il Pil è stato pari al 7,2 per cento nel 2023; i dati Istat riportati nel Def risultano molto peggiorati rispetto le previsioni programmatiche della Nadef 2023 che stimavano un rapporto deficit/Pil 2023 al 5,3 per cento;
il peso del debito, torna a salire, di circa 2,5 punti percentuali dal 2023 al 2026, passando dal 137,3 per cento del Pil del 2023 al 139,6 per cento del 2026 e Pag. 317modificando il sentiero di stabilizzazione tracciato lo scorso settembre nella Nadef che riportava un obiettivo per il 2026 in diminuzione in rapporto al Pil di mezzo punto rispetto al dato del 2023;
la procedura di infrazione per deficit eccessivo (PDE) annunciata sia dal Ministro dell'economia e delle finanze, sia dal Commissario europeo potrebbe chiedere una correzione di almeno lo 0,5 per cento del Pil sul disavanzo primario (quindi senza considerare le variazioni dei tassi di interesse) all'anno per i prossimi tre anni;
il Governo non esplicita alcuna decisione sulle grandi priorità di politica economica sul versante delle spese per quanto riguarda la sanità, la scuola, le politiche per il lavoro, gli investimenti e la politica industriale e gli enti locali che saranno anch'essi interessati dalla declinazione nazionale delle nuove regole del patto di stabilità e crescita;
l'intenzione di confermare anche per il prossimo anno le misure relative al taglio dei contributi previdenziali, così come l'accorpamento dei primi due scaglioni Irpef comportano la necessità di recuperare risorse pari a 15 miliardi di euro, mentre altri interventi quali la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività, la riduzione del canone Rai, il differimento di sugar e plastic tax, l'azzeramento dei contributi previdenziali per le sole lavoratrici a tempo indeterminato con due figli a carico o il credito di imposta per investimenti nella Zes del Mezzogiorno o, ancora, il rifinanziamento della legge Sabatini per gli investimenti e la proroga dei bonus edilizi Ecobonus e Sismabonus che in assenza scenderanno al 36 per cento, impegnerebbero altri 5 miliardi di euro;
a fronte di tali elementi, le disponibilità finanziarie per la politica economica per il prossimo anno appaiono del tutto insussistenti, evidenziando una sostanziale impossibilità di azione del Governo, per il momento mascherata con l'espediente di limitarsi all'illustrazione del quadro tendenziale – soluzione che, in precedenza, è stata adottata solo da governi dimissionari –, con il sostanziale obiettivo di nascondere la realtà dei conti pubblici in vista delle prossime consultazioni elettorali europee ed amministrative;
questa impossibilità di azione o, peggio, la prospettiva di ulteriori tagli alla spesa sociale si inserisce in una congiuntura che ha visto un'inflazione al consumo dell'8,7 per cento nel 2022 e del 5,9 per cento nel 2023, rispetto alla quale si registra una parziale crescita della dinamica salariale del 3,0 per cento nel 2023, dovuta in gran parte alla corresponsione di importi una tantum e all'innalzamento dei minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva. Elemento che evidenzia ancora una volta l'importanza di una iniziativa, tutt'ora mancante, volta a favorire il rinnovo dei contratti per le tante categorie che ancora ne sono sprovviste;
per quanto attiene alle dinamiche del mercato del lavoro, lo stesso Documento nell'evidenziare un aumento del numero degli occupati pari al 2,1 per cento (+481 mila unità), con un tasso di occupazione che sale al 61,5 per cento, per altro verso ammette che «, in un contesto di moderata crescita economica e dinamismo dell'occupazione, la produttività del lavoro, misurata come rapporto tra PIL e ore lavorate, ha continuato a diminuire, contraendosi complessivamente dell'1,6 per cento rispetto al 2022». E ancora ricorda come la distribuzione settoriale degli incrementi di occupazione, dal recupero post-pandemico «si sono concentrati soprattutto in settori ad alta intensità di lavoro e basso valore aggiunto»;
si tratta di andamenti che non sembra possano trovare una inversione di tendenza qualora si consideri che si stima una lieve crescita dei redditi da lavoro dipendente nel 2024, pari al 9,1 per cento, a cui seguirebbe una flessione nel triennio successivo, sino ad attestarsi all'8,4 per cento nel 2027;
ben altre misure andrebbero affrontate per migliorare la condizione economica di milioni di lavoratori che non possono contare su salari dignitosi, come l'introduzionePag. 318 del salario minimo e una norma che riconosca la reale rappresentatività delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro e la conseguente estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle medesime organizzazioni. Proposte avanzate dal PD e da tutte le opposizioni e su cui, sinora, il Governo e la maggioranza hanno saputo dimostrare solo una pregiudiziale indisponibilità;
anziché portare avanti politiche per rafforzare i diritti e la condizione economica dei lavoratori, il Governo prosegue con una strategia di precarizzazione del mercato del lavoro. Dapprima con la reintroduzione dei voucher lavoro, poi con la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato e ora anche della somministrazione. Misure che colpiranno soprattutto i giovani e le donne, contribuendo a rendere sempre più incerto il futuro di tanti lavoratori, precarizzandone non solo la condizione economica, ma anche quella esistenziale;
in particolare, con riferimento ai temi del DEF di più stretta competenza della XI Commissione, va rilevata innanzitutto l'esclusione di ogni margine per la tanto auspicata riforma del sistema pensionistico, sia nella versione elettorale delle diverse forze della maggioranza, sia rispetto alle stesse parole della Presidente del Consiglio che nella conferenza stampa di inizio anno parlava di una riforma previdenziale costruita con equilibrio;
stando alle cifre riportate dal Documento, l'unica prospettiva realistica in materia previdenziale è quella di un ulteriore rinvio di ogni intervento strutturale e una probabile ulteriore stretta sulle forme di uscita pensionistica rimaste in vigore. L'analisi delle dinamiche della spesa pensionistica di lungo periodo evidenzia un incremento del rapporto tra il numero delle pensioni e il numero degli occupati indotto dalla transizione demografica, solo parzialmente compensato dall'innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. Una valutazione che indurrebbe qualsiasi Governo non condizionato dalla demagogia elettoralistica a rivedere le politiche dell'accoglienza e per il riconoscimento della cittadinanza per i nati nel nostro Paese. Una scelta ancora più miope, laddove si consideri il dato elaborato dal recente studio pubblicato dalla Fondazione Nord Est e dall'associazione TIUK, in base al quale tra il 2011 e il 2021 almeno 1,3 milioni i 18-34enni sono emigrati;
a conferma della tale impossibilità di intervento in materia previdenziale, va ricordato come il confronto con le parti sociali su questo tema non abbia più avuto un seguito;
anche per quanto concerne il comparto del pubblico impiego, le prospettive di bilancio non offrono le condizioni per il perfezionamento e il rafforzamento del rinnovo dei contratti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni centrali, regionali e degli enti locali, così come per la proroga del processo di stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione. Per converso, con diversi provvedimenti il Governo nel suo complesso e i singoli Ministri hanno provveduto a far lievitare le spese per gli organici degli uffici di diretta collaborazione,
esprime
PARERE CONTRARIO.
ALLEGATO 3
Documento di economia e finanza 2024. Doc. LVII, n. 2 e Allegati.
PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO M5S
La XI Commissione,
esaminato, per i profili di competenza, il Documento di economia e finanza 2024 (Doc. LVII, n. 2, e Allegati);
premesso che:
il Documento di Economia e Finanza (Def) 2024 riflette una situazione economica e di finanza pubblica incerta e delicata ed appare inadeguata ad invertire la preoccupante attuale tendenza al ritorno a stagioni segnate dalla stagnazione, dall'erosione degli stipendi a causa del caro vita e dalla riduzione delle prestazioni sociali effettive;
come annunciato dal Governo, questo Def non riporta il profilo programmatico, limitandosi a confermare il quadro tendenziale prospettato con la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanze 2023, ossia deficit al 4,3 per cento al 2024, 3,7 per cento al 2025, 3 per cento al 2026, 2,2 per cento al 2027;
la previsione tendenziale di crescita del PIL in termini reali per il 2024 si attesta all'1,0 per cento, al ribasso rispetto allo scenario programmatico della NaDef (1,2 per cento) e anche queste previsioni rischiano di essere riviste e ridimensionate a settembre, come annunciato dallo stesso Ministro;
in merito all'attuazione del PNRR, si esprime inoltre preoccupazione per il rischio, non trascurabile, che la revisione complessiva del Piano, che inserisce nuove spese nel Piano senza cancellare quelle già previste, ma «esternalizzandole» a carico del bilancio nazionale, generi un cospicuo aumento della spesa, salvo che l'impegno a mantenere la realizzazione delle spese originarie non vada inteso come meramente programmatico e privo di contenuto fattivo;
l'articolo 10 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196), prevede espressamente che il Def contenga gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico nonché le previsioni di finanza di lungo periodo e gli interventi che si intendono adottare per garantire la sostenibilità;
nel Def oggi al nostro esame viene meno l'essenza stessa del documento di programmazione, limitandosi a fornire una fotografia dell'esistente, una replica di quanto già annunciato con la NaDef 2023;
non appaiono affatto convincenti le motivazioni fornite dal Ministro dell'economia e delle finanze legate alla riforma della governance economica europea, dal momento che allo stato attuale vige ancora il citato articolo 10 della legge di contabilità nazionale e pertanto Governo e Parlamento sono tenute a rispettare i contenuti e le prescrizioni di programmazione economica in esso contenuti;
considerato che:
il complesso di tutte le prestazioni sociali necessarie ad alleviare la povertà, non rappresenta per il Governo, anche nel Def 2024, una priorità. Parallelamente, la caotica gestione della revisione del PNRR e il decreto conseguente hanno dimostrato una scarsa capacità – se non addirittura la precisa volontà – di non rilanciare gli investimenti nei territori e di non considerare l'emergenza climatica ed ambientale un elemento verso cui orientare le politiche pubbliche di bilancio, facendole tornare ad un passato che non ha mai prodotto risultati soddisfacenti per i cittadini e col rischio stavolta di accompagnare gradualmentePag. 320 l'Italia verso una fase quasi pre-recessiva;
la povertà in Italia è ormai un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4 per cento della popolazione residente vive infatti, secondo l'Istat, in una condizione di povertà assoluta. In termini assoluti si contano in Italia più di cinque milioni di persone in stato di povertà assoluta;
l'impennata dei prezzi che ha caratterizzato l'area dell'Euro ha contribuito a ridurre drasticamente il potere d'acquisto dei lavoratori italiani. Si stima che negli ultimi due anni il salario reale dei lavoratori sia sceso in Europa di circa il 6 per cento. In Italia si riscontrano dati peggiori rispetto alla media continentale, facendo registrare un -7,5 per cento (dati OCSE 2023). Tale contrazione si è tradotta in un significativo peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone, spesso costrette a rinunciare anche a beni di prima necessità o a dover rinviare spese relative a servizi essenziali per la persona;
particolarmente preoccupanti sono i dati relativi ai consumi alimentari delle famiglie, l'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea, marzo 2024) informa che il carrello alimentare nel 2023, è costato agli italiani l'8,1 per cento in più rispetto al 2022 e che l'incremento della spesa nel 2023 resta il più alto degli ultimi anni. In termini assoluti, si tratta di un incremento di oltre 8,2 miliardi di euro. Risorse queste, che hanno profondamente inciso sul portafoglio delle famiglie, segnate da una spirale inflazionistica che l'attuale Governo non pare in grado di gestire con una programmazione pertinente e con strumenti adeguati;
i costi di benzina e diesel riscontrato nelle ultime settimane, con il prezzo della benzina, nella modalità self-service, che ha toccato la media di 1,911 euro per litro, e quello del diesel, self-service, 1,811 al litro (Quotidiano Energia, aprile 2024), destano grande inquietudine, avendo raggiunto i livelli dello scorso ottobre;
il comparto dei prezzi servizi ha segnato un'accelerazione nel 2023, con una crescita annua superiore al 4 per cento, rispetto al 3 per cento del 2022. A livello di singole componenti, spiccano i servizi ricreativi e alla persona, al 5,9 per cento dal 4,4 per cento del 2022, e quelli relativi all'abitazione, al 3,6 per cento dall'1,6 per cento del 2022 (DEF 2024);
alla luce delle considerazioni sin qui esposte e dei dati forniti, pare quanto mai irrealistico il paventato graduale recupero del reddito reale delle famiglie che, sempre secondo le stime dell'Esecutivo, dovrebbe essere sostenuto dagli investimenti connessi al PNRR che sconta lacune, ritardi e contraddizioni che rischiano di inficiarne completamente l'efficacia;
lo stesso Governo, all'interno del Documento in esame, pur auspicando l'aumento del potere d'acquisto delle famiglie, con un impatto positivo sull'evoluzione dei consumi, ammette che nel 2024 il valore annuo della spesa delle famiglie «risentirà del calo registrato nell'ultimo trimestre del 2023, a causa di un effetto statistico di trascinamento negativo. La domanda interna, nel complesso, risulterebbe leggermente meno dinamica rispetto all'anno precedente»;
rilevato che:
a fronte di una situazione di tale gravità, e dell'immobilismo del Governo – che si limita a «fotografare» l'esistente senza approntare nuove e più incisive misure di rilancio dell'economia e dei consumi, di investimento nella crescita del sistema Paese –, l'introduzione del salario minimo legale costituirebbe un argine all'impoverimento dei lavoratori e allineerebbe l'Italia alla gran parte dei Paesi europei, restituendo garanzie minime, in termini economici ma anche di dignità delle persona, a milioni di lavoratori;
la garanzia di una retribuzione dignitosa e adeguata per tutti i lavoratori favorirebbe senz'altro la realizzazione di un mercato del lavoro più inclusivo, equo e paritario, abbattendo le disuguaglianze, anche in termini di divario retributivo di genere (gender pay gap). Pertanto, resta incomprensibile, se non si ragiona in terminiPag. 321 meramente ideologici, l'ostilità del Governo rispetto alle proposte di legge presentate in Parlamento negli scorsi mesi a favore di tale misura;
la necessità di dotarsi di un salario minimo è avvalorata da recenti studi (INAPP 2023) che evidenziano quanto in Italia il problema della stagnazione dei salari sia centrale: tra il 1991 e il 2022 i salari italiani sono cresciuti dell'1 per cento a fronte di una media europea del 32,5 per cento;
la recente direttiva europea 2022/2041, inoltre, indica l'esigenza di definire un salario minimo per legge laddove la contrattazione collettiva non garantisca almeno l'80 per cento dei lavoratori. Sebbene il nostro Paese presenti un tasso di copertura contrattuale superiore al livello minimo previsto dalla direttiva (circa il 95 per cento), in molti casi i CCNL prevedono soglie minime retributive inferiori ai 9 euro. L'innalzamento della retribuzione oraria minima a tale soglia, come prevista nella proposta del M5S, comporterebbe un incremento della retribuzione annuale per 3,6 milioni di persone, che beneficerebbero mediamente di un incremento medio annuale di circa 804 euro (Istat, luglio 2023);
il salario minimo definito per legge non costituirebbe un salario sostituivo dei salari definiti dalla contrattazione collettiva, ma rappresenterebbe una soglia minima invalicabile al di sotto della quale le retribuzioni non possono scendere. Come autorevolmente affermato dagli esperti del settore (INAPP, gennaio 2024), i due sistemi – salario minimo e contrattazione collettiva – possono convivere e rafforzarsi a vicenda, stabilendo dei parametri oggettivi che abbiano il fine di tutelare tutti i lavoratori;
valutato che:
stante quanto sopra esposto, nel Def 2024 non si rileva la volontà di procedere:
a) con la massima sollecitudine, a dare piena e tempestiva attuazione ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;
b) per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, alla definizione di una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale, in particolare valorizzando i contratti collettivi «leader», ossia quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale che presentino maggiore connessione, in senso qualitativo, all'attività produttiva del luogo di lavoro, nonché definendo specifici criteri atti a misurare il grado di rappresentatività sia delle organizzazioni sindacali che datoriali e tenendo in debita considerazione i criteri autoprodotti dall'ordinamento intersindacale negli accordi interconfederali stipulati dalle confederazioni maggiormente rappresentative;
c) a ripristinare il Reddito di cittadinanza, prevedendo il rafforzamento e la riorganizzazione delle politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente Pag. 322di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà;
d) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;
e) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà e l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne e coerente con la transizione e conversione ecologica;
f) a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; a contrastare le crescenti disparità generazionali, di genere e territoriali, in particolare con interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e delle donne; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extra curriculari in forma gratuita;
g) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
h) a completare il sistema di tutele in favore dei lavoratori autonomi, avviato con l'introduzione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, attraverso l'estensione delle misure già previste per i lavoratori dipendenti;
i) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata, nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;
j) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso;
k) a riconsiderare ogni ipotesi di privatizzazione in atto di aziende controllate e/o partecipate dallo Stato, che, oltre a rappresentare la perdita di asset strategici per il Paese, spesso determinano, come accaduto in passato, fenomeni di precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali;
l) a ripristinare il lavoro agile quantomeno in favore dei lavoratori fragili per rendere pieno e garantito il diritto al lavoro,
esprime
PARERE CONTRARIO.