FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 336

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
DONZELLI, LA PORTA, MICHELOTTI, FABRIZIO ROSSI, AMORESE, GIORGIANNI, ZUCCONI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto»

Presentata il 13 ottobre 2022

  Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge si intende istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che esamini i fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto» di Firenze. La proposta dà seguito alla Commissione istituita nella XVIII legislatura, con legge 8 marzo 2019, n. 21, che non ha portato ad una relazione conclusiva e i cui atti si intende acquisire.
  Nello specifico, tenendo presenti anche i risultati della commissione regionale d'inchiesta istituita sul medesimo oggetto, la nuova Commissione intende portare a termine il lavoro di indagine sui fatti avvenuti nella comunità-cooperativa «Il Forteto», che tutt'oggi prosegue nelle sue attività sotto forma di cooperativa agricola, dalla sua fondazione fino ad oggi, ricercando le responsabilità istituzionali nella vicenda: un vero e proprio blackout costato violenze, maltrattamenti ma anche abusi sul lavoro, in un sistema nel quale sono state rilevate numerose anomalie. La Commissione intende proseguire il lavoro in tutto il territorio nazionale sulle attività e sul funzionamento delle comunità e dei centri a cui vengono affidati i minori e sui criteri di scelta, valutazione e controllo delle famiglie affidatarie e del contesto in cui vivono. Scopo della Commissione è anche quello di individuare eventuali lacune o difetti della legislazione a livello nazionale che hanno permesso che vicende come quelle della comunità «Il Forteto» non solo accadessero, ma si prolungassero per decenni. Gli abusi e le violenze avvenuti all'interno della comunità «Il Forteto» richiedono che l'inchiesta della Commissione prevista dalla presente iniziativa si estenda sia alle comunità o centri ai quali vengono affidati i minori, sia soprattutto alle famiglie affidatarie, che devono essere in grado di assicurare al minore affidato il mantenimento, l'educazione, l'istruzione, le relazioni affettive e l'ambiente di cui il minore stesso ha bisogno per il corretto sviluppo della sua personalità. L'obiettivo politico che la Commissione si prefigge è in particolare quello di fornire, attraverso un accurato lavoro di inchiesta, indicazioni utili a rendere sempre più efficienti le attività di affidamento di minori sul territorio nazionale, partendo dalle criticità che sono emerse e stanno tuttora emergendo dalla vicenda de «Il Forteto». Unica e incredibile è la cecità di chi doveva garantire l'affidabilità delle famiglie residenti all'interno de «Il Forteto»: i giudici del tribunale per i minorenni, gli assistenti sociali, la regione e le amministrazioni locali, che in trentacinque anni hanno elargito fondi e riconoscimenti a una realtà così negativa. Se infatti appare scontato porre la competenza del tribunale in posizione preminente rispetto alle attività svolte sia dai servizi sociali che dai servizi sanitari, dalle vicende in questione è emerso un rapporto di collaborazione tra i vari soggetti istituzionali sbilanciato, troppo spesso incancrenito, basato su anni e anni di collaborazione fiduciaria. La legge 4 maggio 1983, n. 184, modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, è chiara nell'individuare il soggetto che deve disporre l'affidamento del minore: ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 4 spetta al servizio sociale del luogo in cui il minore risiede disporre l'affidamento consensualmente con i genitori; laddove non sia possibile pervenire a questo accordo, il servizio segnala il caso al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, così da ottenere quanto prima il provvedimento da parte del giudice. Quindi, il tribunale non opera la scelta delle famiglie e non ha competenza per i processi di verifica. In definitiva, e senza volersi sovrapporre ai procedimenti penali, è nelle smagliature del sistema che bisogna trovare le responsabilità. Presso «Il Forteto» c'erano ancora dei minori collocati in affidamento anche dopo il secondo arresto, avvenuto il 20 dicembre 2011, di Rodolfo Fiesoli, detto il «profeta», allora settantunenne, fondatore della comune e della cooperativa agricola di Vicchio del Mugello, capo carismatico di quella comunità. I reati riscontrati sono maltrattamenti e violenza sessuale anche ai danni di un minore. Il 23 dicembre 2011 Fiesoli fu posto agli arresti domiciliari e il 28 dicembre la procura della Repubblica di Firenze iniziò ad avanzare i primi dubbi sulle procedure di affidamento. Il 16 ottobre 2012 la procura della Repubblica dispose la chiusura delle indagini e la notifica di altri ventidue avvisi di garanzia, con l'accusa di maltrattamenti e, in due casi, di omesso controllo, ad altrettante persone all'interno de «Il Forteto». Inoltre, in quella stessa occasione si apprese che la procura fiorentina aveva disposto la trasmissione di parte degli atti alla procura della Repubblica di Genova, ufficio requirente competente per le indagini su ipotesi di reato a carico di magistrati del distretto di corte di appello di Firenze. Il 27 dicembre 2012, i magistrati depositarono la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di tutti i ventitré indagati. Il 17 giugno 2015 il processo di primo grado si chiuse con la condanna del «profeta» Roberto Fiesoli a diciassette anni e mezzo di reclusione per abusi sessuali e maltrattamenti; con lui furono condannati altri sedici imputati. Il tribunale ha inoltre stabilito provvisionali per complessivi 1.260.000 euro immediatamente esecutive in favore delle vittime. Ad alcuni risarcimenti è obbligata in solido anche la cooperativa agricola, a dimostrazione del fatto che non era estranea alle vicende e che quello de «Il Forteto» era un vero e proprio sistema. La corte di appello di Firenze, il 15 luglio 2016, ha confermato quasi interamente le condanne riducendo la misura delle pene. La sentenza è stata quasi interamente confermata nel 2017 dalla Corte di cassazione, che per alcuni imputati ha tuttavia dichiarato l'intervenuta prescrizione. Dopo un passaggio ulteriore in corte di appello per la rideterminazione della pena, Rodolfo Fiesoli è stato condannato in via definitiva il 6 novembre 2019 con sentenza della Corte di cassazione e si trova oggi agli arresti: 14 anni e 10 mesi la pena complessiva comminata. Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, altro leader storico nonché fondatore della comunità «Il Forteto», avevano già avuto nel 1985 una sentenza definitiva di condanna per vari capi d'imputazione, tra cui corruzione di minorenne, sottrazione consensuale di minorenne, atti di libidine violenta e usurpazione di titolo. Dalla sentenza emergeva anche l'«istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici». Nel 1998 la Corte europea dei diritti dell'uomo ricevette un ricorso contro l'Italia a causa dell'operato del tribunale per i minorenni di Firenze, presentato da due madri con doppia cittadinanza italiana e belga, alle quali il tribunale per i minorenni di Firenze aveva imposto di interrompere ogni relazione con i rispettivi figli, collocati presso la comunità «Il Forteto». Le donne, inoltre, denunciarono trattamenti violenti e inumani nei confronti dei minori, nonché una frequenza scolastica pressoché nulla. Il 13 luglio 2000 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a pagare una multa di 200 milioni di lire come risarcimento dei danni morali per l'affidamento dei due bambini alla comunità. Nonostante i precedenti giudiziari e la condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, esponenti — tecnici e politici — della regione Toscana, così come di numerose altre istituzioni locali e nazionali, hanno continuato a elargire fondi e riconoscimenti a «Il Forteto», elogiandone, tra l'altro, i metodi educativi e frequentando e visitando spesso la comunità. Inoltre, anche gli affidamenti sono incredibilmente proseguiti nella comunità, che sembra avere tutte le caratteristiche per potersi qualificare come una setta. Nel dicembre 2018 il Governo ha commissariato la cooperativa «Il Forteto» utilizzando i poteri nelle prerogative del Ministero dello sviluppo economico. Un commissariamento proseguito fino al giugno del 2020. Tutt'oggi compito della Commissione sarà quello di verificare la completa discontinuità de «Il Forteto» con il passato, fra governance, metodi di lavoro e rapporti organizzativi, nella ricerca della verità e per dare giustizia e verità alle vittime. Occorre istituire un'apposita Commissione parlamentare di inchiesta perché ciò che è accaduto a «Il Forteto» non accada mai più, ma anche e soprattutto per accertarsi che in tutto il territorio nazionale non siano in corso altre vicende simili. Per tale motivo, alla Commissione è affidato il compito di accertare i fatti avvenuti presso «Il Forteto» e in altri luoghi analoghi o simili in tutto il territorio nazionale, di individuare eventuali lacune nella legislazione nazionale che abbiano permesso il verificarsi e il protrarsi di fatti e situazioni contrari agli obiettivi perseguiti dalla stessa legislazione statale in materia di tutela e promozione dei minori, nonché di proporre possibili soluzioni per le criticità riscontrate.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e funzioni della Commissione parlamentare di inchiesta)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto», di seguito denominata «Commissione», con il compito di svolgere accertamenti sulle eventuali responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti di minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.

Art. 2.
(Compiti della Commissione)

  1. La Commissione esamina la gestione della comunità «Il Forteto» dalla sua istituzione ad oggi, con particolare riguardo all'accertamento dei fatti e delle ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità competenti interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale la comunità «Il Forteto», anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti abusi sessuali e maltrattamenti riferiti a condotte all'interno de «Il Forteto».
  2. Al fine di impedire il riprodursi del fenomeno di inadempimenti dei princìpi di tutela delle vittime di illegalità nonché di evitare che quanto accaduto ne «Il Forteto» possa ripetersi, la Commissione ha inoltre il compito di formulare proposte in ordine:

   a) all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale;

   b) al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.

Art. 3.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da quindici senatori e da quindici deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, e in modo che sia assicurata, comunque, la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno un ramo del Parlamento.
  2. I componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta.
  3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  5. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

Art. 4.
(Poteri e limiti della Commissione)

  1. La Commissione procede, nell'espletamento dei suoi compiti, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  2. Per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Si applica altresì l'articolo 203 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione può richiedere, sulle materie attinenti alle finalità della presente legge, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti o a inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
  4. La Commissione può opporre motivatamente all'autorità giudiziaria il vincolo del segreto funzionale che abbia apposto ad atti e documenti.
  5. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copia di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
  6. La Commissione individua gli atti e i documenti che non devono essere divulgati, anche in relazione ad altre istruttorie o a inchieste in corso. Sono in ogni caso coperti da segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
  7. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  8. La Commissione può richiedere, nelle materie attinenti alle finalità della presente legge, anche mediante sopralluogo, copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari condotte in Italia.
  9. La Commissione acquisisce gli atti prodotti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto» istituita con legge 8 marzo 2019, n. 21.
  10. La Commissione può avvalersi della collaborazione di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di qualsiasi pubblico dipendente e delle altre collaborazioni che ritenga necessarie. Il rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini di esibizione di documenti o di consegna di atti, di cui al presente articolo, è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa nella seduta successiva a quella di elezione dell'ufficio di presidenza.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione medesima disponga diversamente.
  3. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite annuo massimo di 100.000 euro e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

Art. 6.
(Obbligo del segreto)

  1. I membri della Commissione, i funzionari ed il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta ovvero ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui al comma 3.
  2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita a norma dell'articolo 326 del codice penale.
  3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene di cui al comma 2 si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione ai sensi del comma 6 dell'articolo 5.

Art. 7.
(Durata)

  1. La Commissione completa i suoi lavori entro quarantotto mesi dalla sua costituzione.
  2. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, la Commissione presenta alle Camere una relazione sulle sue attività di indagine. Possono essere presentate relazioni di minoranza.

Art. 8.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.