FRONTESPIZIO

RELAZIONE

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1917

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(MELONI)

e dal ministro della giustizia
(NORDIO)

Norme in materia di ordinamento giurisdizionale
e di istituzione della Corte disciplinare

Presentato il 13 giugno 2024

  Onorevoli Deputati! – Il presente intervento di riforma costituzionale trae origine dal riconoscimento dei princìpi del giusto processo nel novellato articolo 111 della Costituzione, dall'evoluzione del sistema processuale penale italiano verso il modello accusatorio e da obiettivi di miglioramento della qualità della giurisdizione.
  In continuità con la storia costituzionale italiana e con l'interpretazione della Corte costituzionale, questo disegno di legge costituzionale conferma la compiuta assimilazione tra i magistrati del pubblico ministero e i giudici rispetto alle garanzie offerte dai princìpi di autonomia e indipendenza: si tratta di un assetto che qualunque ipotesi di riforma ordinamentale deve rispettare.
  Ferma restando, dunque, l'esigenza di non limitare in alcun modo l'indipendenza dei magistrati requirenti e giudicanti, si dà attuazione alla separazione delle loro carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale, mantenendo altresì il presidio costituito dal Consiglio superiore della magistratura in una sua nuova duplice conformazione.
  Nel quadro di una rivisitazione della forma di autogoverno, è valorizzata la funzione disciplinare nei riguardi degli appartenenti alla magistratura giudicante e a quella requirente, conferendo a tale funzione valore giurisdizionale e istituendo un organo indipendente deputato ad amministrarla.
  In particolare, con l'articolo 1 si apporta una modifica al decimo comma dell'articolo 87 della Costituzione. La disposizione risulta necessaria in ragione della riorganizzazione dell'assetto della magistratura con l'istituzione di due distinti Consigli superiori, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente. La norma, tuttavia, in ragione delle esposte premesse, preserva integre le attuali funzioni del Presidente della Repubblica, al quale viene attribuita la presidenza sia del Consiglio superiore della magistratura giudicante sia del Consiglio superiore della magistratura requirente.
  L'articolo 2 incide sull'articolo 102 della Costituzione, allo scopo di concretare con disciplina costituzionale il principio della separazione delle carriere dei magistrati.
  La norma modifica il primo comma del citato articolo 102, prevedendo che la legge sull'ordinamento giudiziario disciplini le carriere – separate – dei magistrati requirenti e dei magistrati giudicanti. L'intervento, peraltro, conferma che la funzione giurisdizionale è esercitata dalla categoria dei magistrati ordinari, che comprende così coloro che esercitano funzioni requirenti come coloro che esercitano funzioni giudicanti.
  L'articolo 3, in coerenza con il principio della separazione delle carriere ma curando di evitare che l'intervento possa in qualche modo indebolire l'indipendenza dei magistrati requirenti, modifica, sostituendolo integralmente, l'articolo 104 della Costituzione per realizzare un nuovo assetto organizzativo dell'autogoverno della magistratura ordinaria, articolato distintamente per la magistratura giudicante e per quella requirente.
  In particolare, il primo comma del novellato articolo 104 ribadisce i princìpi dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, nel suo insieme, da ogni altro potere. Si conferma, così, che la separazione delle carriere non intende in alcun modo attrarre la magistratura requirente nella sfera di controllo o anche solo di influenza di altri poteri dello Stato, perché anche la magistratura requirente rimane parte dell'ordine autonomo e indipendente, com'è oggi, al pari della magistratura giudicante.
  Anche dal punto di vista sistematico, con la modifica in esame si è inteso esprimere la continuità rispetto all'attuale ordinamento, inserendo i due Consigli superiori nel tessuto del vigente articolo 104 della Costituzione. Si rende chiaro, così, che i due Consigli sono esattamente sovrapponibili tra loro – per caratteristiche, funzioni e garanzie – e anche all'attuale Consiglio superiore, con una soluzione idonea a garantire appieno l'indipendenza di entrambe le magistrature anche nel nuovo assetto delle carriere separate.
  Il secondo comma attribuisce la presidenza di entrambi i Consigli al Presidente della Repubblica, confermando l'equilibrio costituzionale esistente.
  Il quarto comma conferma per ambedue i Consigli la proporzione oggi esistente tra i membri scelti mediante elezione dal Parlamento in seduta comune e quelli provenienti dalle magistrature e disciplina – in modo identico per i due Consigli – i meccanismi di selezione dei componenti non di diritto.
  Con riferimento a questo aspetto, l'innovazione, che riguarda ambedue i Consigli, attiene alla modalità di selezione sia dei componenti cosiddetti «laici» sia dei componenti provenienti dalle magistrature giudicante e requirente.
  Quanto ai primi, si prevede che, entro sei mesi dall'insediamento, il Parlamento in seduta comune predisponga, mediante elezione, un elenco composto da professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che costituirà la base per procedere alla successiva estrazione a sorte. Si è previsto, in proposito, che la compilazione dell'elenco non sia coeva all'effettiva necessità di selezione dei componenti laici, per evitare che essa possa essere eccessivamente influenzata dalla contingenza costituita dalla concreta formazione dei Consigli superiori.
  Quanto invece ai componenti cosiddetti «togati», si prevede il passaggio da un'elezione a una designazione mediante sorteggio fra tutti i magistrati appartenenti alle rispettive categorie. Quest'innovazione muove dalla considerazione virtuosa che l'autogoverno, proprio per il suo rilievo costituzionale, deve costituire patrimonio fondamentale di ogni magistrato e appartenere ai suoi caratteri costitutivi; indiscutibilmente, peraltro, trova fondamento anche nell'esigenza di assicurare il superamento di logiche legate alla competizione elettorale, che non hanno offerto buona prova di sé, indebolendo la stessa affidabilità dell'autogoverno all'interno e all'esterno della magistratura. La norma rimette al legislatore ordinario il compito di determinare le procedure di sorteggio e il numero dei componenti. Già l'attuale legge per l'elezione del Consiglio superiore della magistratura, come riformata dalla legge 17 giugno 2022, n. 71, ha introdotto un meccanismo di sorteggio, seppure residuale e tra i soli candidati, che ha operato senza alcuna difficoltà.
  Il quinto comma prevede, esattamente come oggi, che ciascun Consiglio elegga un proprio vicepresidente tra i componenti «non togati».
  Il sesto comma stabilisce che i membri non di diritto durano in carica per quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
  L'ultimo comma, infine, pur esso senza innovare il testo vigente, vieta ai componenti in carica l'iscrizione agli albi professionali e stabilisce l'incompatibilità con le funzioni di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale, come già nel sistema in vigore.
  L'unica novità, rispetto alla struttura vigente del Consiglio superiore della magistratura, è il nuovo terzo comma, che determina i membri di diritto dei due collegi: essi sono, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione, collocato nel Consiglio superiore della magistratura giudicante, e il procuratore generale della Corte di cassazione, collocato nel Consiglio superiore della magistratura requirente. Si tratta di una soluzione obbligata, in quanto la previsione per cui i vertici delle due magistrature sono membri di diritto soltanto del rispettivo organo costituisce uno degli elementi coessenziali alla separazione delle carriere e alla conseguente autonomia dei rispettivi organi di autogoverno.
  L'articolo 4 modifica, sostituendolo integralmente, l'articolo 105 della Costituzione. L'intervento è reso necessario, in primo luogo, dall'esigenza di chiarire che le originarie competenze unitarie sulle materie indicate dalla norma sono ora distribuite tra i due autonomi Consigli superiori. In secondo luogo, la modifica deriva dalla sottrazione al Consiglio superiore della magistratura della competenza a decidere sull'azione disciplinare, in correlazione con l'istituzione di un'apposita Corte, prevista dal presente disegno di legge costituzionale. Con l'occasione, si provvede inoltre a eliminare, nell'enunciazione delle competenze degli organi di autogoverno, l'anacronistica espressione di «promozioni», sostituendola con le locuzioni: «valutazioni di professionalità» e «conferimenti di funzioni», più coerenti con il principio di indipendenza e con il connesso assetto ordinamentale.
  L'articolo 105 viene modificato, inoltre, al fine di collocare in questa sede le norme sull'Alta Corte disciplinare. La scelta è conseguente al fatto che già in questo contesto era definita la competenza del Consiglio superiore della magistratura nella materia disciplinare, che ora viene attribuita all'Alta Corte.
  La materia disciplinare presenta, rispetto alle funzioni attinenti all'amministrazione della giustizia, un rilievo fondamentale: da un lato, ha lo scopo di garantire nel massimo grado la qualità professionale e deontologica di chi esercita funzioni caratterizzate da un'estrema delicatezza; dall'altro, deve essere organizzata in modo tale da evitare di compromettere l'indipendenza e l'autonomia dei magistrati, prevenendo ogni possibile rischio di condizionamenti esercitabili attraverso l'uso strumentale del controllo disciplinare.
  Per questa ragione, ancor prima dell'approvazione della Costituzione, nel momento in cui si intese ripristinare le guarentigie della magistratura, con il regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, si attuò un radicale ripensamento della materia disciplinare, fra l'altro assegnando la competenza a un'apposita Corte disciplinare, composta in modo identico al Consiglio superiore della magistratura, contestualmente ricostituito con tratti di indipendenza.
  Successivamente, la scelta dei Costituenti fu, invece, di assegnare direttamente al Consiglio superiore della magistratura la competenza per «i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati» (articolo 105 della Costituzione).
  Pur a fronte di quest'opzione, tuttavia, la legge ordinaria ha da sempre attribuito la competenza in materia disciplinare non all'organo di autogoverno nel suo insieme, bensì ad un'apposita sezione, istituita all'interno del Consiglio superiore ma del tutto autonoma, rispetto sia alla sua composizione sia ai suoi meccanismi deliberativi (si vedano gli articoli 4 e 6 dell'originaria legge 24 marzo 1958, n. 195, ma anche le modifiche recate dagli articoli 1 e 2 della successiva legge 18 dicembre 1967, n. 1198): una soluzione che, contro iniziali dubbi manifestati soprattutto dalla dottrina, la Corte costituzionale ha sempre ritenuto legittima (già con la sentenza n. 12 del 1971, ma anche, più recentemente, con la sentenza n. 262 del 2003), tanto che quello è ancora oggi l'impianto vigente.
  Anzi, è significativo il fatto che, con le recenti innovazioni apportate dalla legge n. 71 del 2022, l'autonomia strutturale della sezione disciplinare sia stata rafforzata, introducendo un rigido sistema di incompatibilità tra l'appartenenza a quella sezione e l'inserimento in alcune commissioni del medesimo Consiglio superiore (si veda il nuovo articolo 3 della legge n. 195 del 1958) e formalizzando in modo più stringente la sua composizione, anche con riferimento all'individuazione dei componenti supplenti (si veda il nuovo articolo 4 della legge n. 195 del 1958, conseguente anche alla pronuncia della Corte costituzionale n. 262 del 2003). D'altro canto, è facile intendere come tale scelta derivi dal particolare rilievo della materia disciplinare e dalla connotazione giurisdizionale che il relativo procedimento ha assunto.
  L'istituzione di una Alta Corte disciplinare, dunque, viene a costituire l'esito di uno sviluppo naturale. Per quanto riguarda la magistratura ordinaria, che è l'unica di cui tratta espressamente la Costituzione in relazione alla materia disciplinare, il percorso verso una più radicale autonomia istituzionale dell'organo della relativa giurisdizione si può ritenere in corso da sempre, e l'istituzione di un'autonoma Corte serve anche a definire una chiara distinzione della funzione disciplinare, che è propriamente giurisdizionale, dagli altri compiti dell'organo di autogoverno, che sono di tutt'altra natura.
  Per questa ragione, dunque, il disegno di legge prevede l'istituzione di un nuovo organo di rilievo costituzionale, al quale assegnare la giurisdizione disciplinare nei confronti di tutti i magistrati ordinari. È significativa anche la scelta della denominazione dell'organo quale Alta Corte disciplinare, in quanto funzionale a segnalare la rilevanza assegnata al profilo deontologico e professionale dei magistrati dalla Costituzione.
  Si realizza così anche il valore aggiunto di promuovere un livello professionale e deontologico omogeneo per tutti gli appartenenti alle carriere giudicante e requirente della magistratura.
  È evidente che il nuovo assetto delle competenze nella materia disciplinare deve risultare coerente anche con il principio, confermato dalla presente riforma, secondo il quale «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» (articolo 104), che resta quindi un valore portante.
  Proprio in ragione di questa consapevolezza, nella redazione del disegno di legge costituzionale si è prestata particolare cura nel delineare una composizione dell'Alta Corte idonea a garantire all'organo l'indispensabile autonomia e indipendenza da altri poteri e la prevalenza della componente «togata».
  Infatti, la Corte è composta da quindici giudici, di cui tre nominati dal Presidente della Repubblica e tre dal Parlamento in seduta comune, in ambedue i casi tra professionisti di particolare affidabilità, individuati in professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio. Gli altri nove giudici sono designati tra gli appartenenti alla magistratura con almeno venti anni di esercizio delle funzioni e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
  La ripartizione dell'organo assicura la maggioranza dei componenti di provenienza togata e, inoltre, per quanto riguarda i componenti «laici», prevede – con assetto innovativo e di maggiore garanzia rispetto all'attuale Consiglio superiore della magistratura – che per metà siano nominati dal Presidente della Repubblica.
  Il modello di selezione sia dei componenti «togati» sia dei «laici» di provenienza parlamentare è identico a quello introdotto per la composizione dei Consigli superiori della magistratura. Per i primi, la previsione muove dalla considerazione che anche la funzione disciplinare, in quanto espressione massima dell'autogoverno, debba essere patrimonio di ogni magistrato e che l'esercizio della relativa giurisdizione debba avere carattere diffuso. Per quanto riguarda la componente laica proveniente dalla procedura parlamentare, invece, il sorteggio mira ad assicurare una scelta non completamente influenzata da indicazioni di natura politica. L'esigenza di un livello professionale adeguato si riflette nei requisiti previsti per partecipare alla selezione: quanto agli avvocati, è richiesta un'esperienza professionale di almeno venti anni; quanto ai magistrati, occorre che, oltre ad aver svolto funzioni giudiziarie per eguale periodo di tempo, abbiano in corso o abbiano svolto in passato funzioni di legittimità (giudicanti o requirenti).
  La durata complessiva dell'incarico di giudice dell'Alta Corte è fissata in quattro anni, in analogia a quanto già oggi previsto per il Consiglio superiore della magistratura.
  La norma chiarisce – sul modello delle previsioni dettate per il Consiglio superiore della magistratura e per altri organi di garanzia come la Corte costituzionale, ma con estensione maggiore – che l'ufficio di giudice dell'Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo o di un Consiglio regionale e di membro del Governo nonché con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
  Dal punto di vista organizzativo, inoltre, la norma costituzionale stabilisce che l'Alta Corte elegge il proprio presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, con una disposizione che rispecchia quella prevista per il Consiglio superiore della magistratura dal vigente articolo 104, quinto comma, della Costituzione in relazione, in quel caso, alla figura del vicepresidente.
  Sul piano più strettamente procedurale, la norma costituzionale prevede un duplice grado di giudizio di merito, chiarendo che alla decisione di secondo grado non possano partecipare i componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata.
  L'intervento di riforma attribuisce, infine, alla legge ordinaria il compito di determinare gli illeciti disciplinari, le relative sanzioni, la composizione dei collegi e le forme del procedimento disciplinare nonché di stabilire le norme necessarie per il funzionamento dell'Alta Corte.
  L'articolo 5, intervenendo sull'articolo 106 della Costituzione, ha lo scopo di confermare l'assoluta autonomia della carriera dei magistrati requirenti rispetto a quella dei giudicanti, prevedendo, di conseguenza, anche per i primi, analogamente alle altre professioni indicate nella norma, la possibilità di essere ammessi, in via straordinaria, alla funzione giudicante di legittimità. Peraltro, in modo connesso all'istituzione di due Consigli superiori della magistratura, si è ritenuto opportuno chiarire che la competenza a deliberare l'accesso alle funzioni di legittimità per meriti insigni spetta, come è ovvio, al Consiglio superiore competente per la magistratura giudicante.
  L'articolo 6 modifica l'articolo 107 della Costituzione, al solo fine di chiarire che le originarie competenze unitarie indicate dalla norma sono ora distribuite tra i due Consigli superiori, in relazione, rispettivamente, alla magistratura giudicante e a quella requirente.
  L'articolo 7 modifica l'articolo 110 della Costituzione per chiarire che, in conseguenza della distribuzione tra due Consigli superiori delle originarie funzioni unitarie, la competenza del Ministro della giustizia in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi si esercita rispetto ad ambedue gli ambiti di competenza.
  L'articolo 8, infine, introduce due norme transitorie: la prima diretta a imporre, entro un termine breve, l'adeguamento delle norme che attualmente disciplinano il Consiglio superiore della magistratura nonché di quelle in materia di ordinamento giudiziario e in materia disciplinare; la seconda diretta a mantenere in vigore l'ordinamento vigente fino all'adozione delle nuove disposizioni.
  Si segnala, infine, che, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2017, n. 169, al disegno di legge costituzionale oggetto della presente relazione non si accompagna l'analisi dell'impatto della regolamentazione, espressamente esclusa per i disegni di legge costituzionale.

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

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DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 87 della Costituzione)

  1. All'articolo 87, decimo comma, della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 102 della Costituzione)

  1. All'articolo 102, primo comma, della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti».

Art. 3.
(Modifica dell'articolo 104 della Costituzione)

  1. L'articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:

   «Art. 104. – La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
   Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica.
   Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
   Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge.
   Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti designati mediante sorteggio dall'elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
   I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
   I componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale».

Art. 4.
(Modifica dell'articolo 105 della Costituzione)

  1. L'articolo 105 della Costituzione è sostituito dal seguente:

   «Art. 105. – Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme sull'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
   La giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all'Alta Corte disciplinare.
   L'Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
   L'Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o quelli estratti a sorte dall'elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
   I giudici dell'Alta Corte durano in carica quattro anni. L'incarico non può essere rinnovato.
   L'ufficio di giudice dell'Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del Governo, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
   Contro le sentenze emesse dall'Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata.
   La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell'Alta Corte e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio».

Art. 5.
(Modifiche all'articolo 106 della Costituzione)

  1. All'articolo 106, terzo comma, della Costituzione, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo le parole: «della magistratura» è inserita la seguente: «giudicante»;

   b) dopo le parole: «materie giuridiche» sono inserite le seguenti: «, magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni».

Art. 6.
(Modifica all'articolo 107 della Costituzione)

  1. All'articolo 107, primo comma, della Costituzione, le parole: «del Consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «del rispettivo Consiglio».

Art. 7.
(Modifica all'articolo 110 della Costituzione)

  1. All'articolo 110, primo comma, della Costituzione, le parole: «del Consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascun Consiglio».

Art. 8.
(Disposizioni transitorie)

  1. Le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull'ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare sono adeguate alle disposizioni della presente legge costituzionale entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.
  2. Fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi, nelle materie ivi indicate, le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.